Nella ricorrenza del maggior indicente aereo del Belpaese, Sky trasmette: Linate una tragedia italiana. A undici anni dal disastro Aerohabitat rinnova l'esigenza di riaprire l'inchiesta e di verificare lo scenario di "errore consapevole del pilota" in luogo dell'errore "involontario".
A undici anni dalla tragedia Aerohabitat ripropone le considerazioni correlate agli standard aeronautici dell'infrastruttura aeroportuale cittadina, circondata, affossata, circoscritta in un sedime, tra Viale Forlanini, un distributore di carburante quasi in asse pista ed edificazioni rilevanti allineati con le piste di volo, quindi lungo i percorsi delle traiettorie di decollo ed atterraggio.
Gli standard aeronautici prescritti di ENAC - ICAO relativamente alla RESA, alla Strip Area, alla Clear and Graded Area, alla localizzazione dell'Apron - Area parcheggi, al Piano di rischio per incidente aereo (zone A, B, C e D), al rischio terzi, per uno scalo metropolitano non dovrebbero essere quelle integrali? Senza alcuna deroga?
Ebbene di tutto questo parleremo ancora. Illustreremo la necessità di ridurre la pista operativa di Linate sotto la distanza di 1800 metri: predisponendo il lay out di un City Airport.
In attesa di formulare e argomentaare, ancora una volta questo doppio obiettivo, la riapertura dell'inchiesta e la messa in totale sicurezza Linate, aspettiamo la seconda puntata della trasmissione Sky aeroportuale, in onda su National Geographic Channel il 7 ottobre e oggi 8 ottobre, nella speranza di rilevare una qualche notizia, informativa aggiuntiva a quanto rappresentato dalla investigazioni tecniche e quelle della Procura. 8 ottobre 2012
Ma nessuno parla della sostenibilità e coesistenza aeronautica con il territorio. Ma qualé il limite operativo di Linate? Quanti voli ora, voli/giorno, voli/anno sono compatibili con elevati livelli di sicurezza delle operazioni aeree? Certo, in passato il Forlanini ha ospitato anche 140mila movimenti/anno. Ma erano altri tempi. Ben prima dell'incidente del 8 ottobre 2001. Prima della elaborazione della elaborazione del Regolamento per la Costruzione e l’Esercizio degli Aeroporti ENAC, Prima della revisione del Codice della Navigazione e della nuova formulazione dell'Art. 707 e Art. 715. Che ha, infine, recepito il “Airport Planning Manual - Doc 9184/part 2” che al paragrafo “Risk of Aircraft Accident around Airports”.
Il Piano Aeroporti di ENAC, elaborato da Nomisma, Kpmg e One Works, appare datato.
Per l’aeroporto di Linate descrive ancora una vocazione di “City Airport”, i volumi di traffico stimati al 2030 confermano valori intorno a 10/11 milioni di passeggeri. Lo studio Ambrosetti, dopo aver rilevato come " La situazione di Milano, con un aeroporto come quello di Linate che drena traffico importante a discapito di Malpensa, non favorisce certamente lo sviluppo ottimale di quest’ultimo come hub multivettore", propone di " Agire velocemente e con decisione sul sistema aeroportuale milanese, riportando l’aeroporto di Linate alla configurazione prevista dal Primo Decreto Burlando, concentrando tutti i voli di breve e medio raggio su un’unica grande infrastruttura strategica: l’aeroporto di Malpensa"
Per la SEA invece Linate non si tocca e, sostiene come, non è prevista una diversa distribuzione del traffico tra Linate e Malpensa.
Anche l' Alitalia difende l'attuale assetto operativo. Lo scenario di una grande Malpensa la penalizzerebbe, con un impatto economico che potrebbe pregiudicare la sopravvivenza dell'azienda.
Chi si pone invece l'interrogativo basilare: gli standard e vincoli aeronautici previsti dal Regolamento per la Costruzione e l’Esercizio degli Aeroporti ENAC per lo scalo metropolitano sono adeguati?
I parametri esistenti di RESA, SMS, Risk assessment, Rischio Terzi, Piano di Rischio, Strip area sono adeguati ad un traffico di 10/11 milioni di passeggeri? Lo sono anche senza deroghe? 28 settembre 2012
Senza deroghe, occorre tutelare la sicurezza di passeggeri, staff e cittadini residenti. Porre in massima considerazione la sicurezza dello staff aeroportuale, dello staff di volo, dei passeggeri e dei cittadini residenti è un target primario, fondamentale.
Il Piano Aeroporti, probabilmente, non ne tiene adeguatamente conto, ma lo dovrebbe fare.
E preliminarmente. Prima di designare il prossimo e tanto atteso Piano Aeroporto Nazionale.
Che senso ha, infatti, identificare uno scalo come Strategico, Primario e altro se l'attuale pista di circa 2400 metri di lunghezza non risolve la sua compatibilità con il territorio circostante?
Qualora la R.E.S.A. (Runway End Safety Area) ovvero gli spazi di sicurezza di 240 metri prima e dopo le due testate pista 36 destra e 18 sinistra non sono adeguati?
Cosa fare inoltre del distributore di carburante oltre il viale Forlanini? E del "Dedalo" di Andrea Cascella?
Qualora Il Piano di Rischio per incidente aereo negli spazi di sicurezza prima e dopo le due testate pista, ovvero le zone A, B e C, siano autorizzate in deroga nonostante la presenza di:
- insediamenti ad elevato affollamento (centri commerciali, alberghi, stadi, …);
- edificazioni che se coinvolte in un eventuale incidente possono creare pericolo di incendio o comunque di amplificazione del danno sia all’ambiente che all’aeromobile stesso, quali ad esempio distributori di carburante, depositi di liquidi infiammabili, industrie chimiche e consistenti insediamenti ubicati lungo le direzioni di atterraggio e decollo ed in prossimità dell’aeroporto in aree ancora sostanzialmente libere
Qualora anche lo stesso Piano di Rischio laterale per incidente aereo di 1000 metri simmetrici alla pista coinvolga edificazioni in deroga non occorrerebbe forse adottare l'art. 715 del Codice di Navigazione e verificare il risk assessment di uno scalo con quasi 100mila voli/anno?
L'elenco dei Comuni interessati al Piano di Rischio sono cinque, ovvero, Milano, Segrate, S. Donato M., S. Giuliano M. e Peschiera Borromeo. L'elenco dei Comuni coinvolti dalla proiezione delle superfici di delimitazione ostacoli alla navigazione aerea dovrebbero essere invece 73 e impattano ben cinque Provincie: Milano, Lodi, Pavia, Cremona e Agrate Brianza.
ENAC sostiene "In particolare la nuova versione dell’articolo 715 prevede:
Valutazione di rischio delle attività aeronautiche
“Al fine di ridurre il rischio derivante dalle attività aeronautiche per le comunità presenti sul territorio limitrofo agli aeroporti, l’ENAC individua gli aeroporti per i quali effettuare la valutazione dell’impatto di rischio. Nell’esercizio delle proprie funzioni di pianificazione e gestione del territorio, i comuni interessati tengono conto della valutazione di cui al primo comma.”
E noto e riconosciuto, le aree ad esso limitrofe sono esposte al rischio derivante da un eventuale incidente aereo. . Per ogni tipologia d’incidente (landing undershoot, landing or take off overrun, veer-off) le curve di isorischio caratterizzate dai valori di 1x10-4 ,1x10-5, 1x10-6... le curve di iso-livello caratterizzate da valori di rischio individuale che vanno da 1x10-4 a 1x10-6; tali valori si riferiscono alla probabilità che un individuo, residente permanentemente nei dintorni di un aeroporto, ha di rimanere coinvolto dalle conseguenze di un incidente aereo. Gli studi elaborati per la conduzione del “risk assessment” prevedono di norma due scenari di traffico, quello attuale e quello previsto su un arco temporale di media durata (tipicamente 15 anni), al fine di fornire ragionevole certezza agli strumenti di pianificazione territoriale in ragione dello sviluppo della funzione aeroporto.
Se l'ENAC rileva come la Policy di attuazione dell'art. 715:
"Al fine di tutelare l’interesse primario dello Stato a garantire la mobilità dei cittadini e la crescita economica del Paese attraverso lo sviluppo delle infrastrutture aeroportuali, il Codice della Navigazione (artt. 707 e 715) preserva la capacità di sviluppo degli aeroporti, garantendo al contempo i più elevati livelli di sicurezza al territorio."
Non dovrebbe allora l'ENAC, e senza indugi, - per Linate - ridimensionare la lunghezza pista sotto 1800 metri, riducendo il numero dei voli/giorno e annuali, qualificando le tipologie delle flotte aeree operative, assicurando nel contempo la sicurezza del territorio circostante? 20 aprile 2012
Sono i piloti a trasgredire o sono normali dispersioni delle traiettorie? E' da sempre una questione irrisolta. Quando gli aeromobili sono troppo bassi e/o appaiono distanti da una rotta di decollo ritenuta ideale quali sono le cause?
E' il pilota che vola distratto o poco consapevole delle esigenze di mitigazione acustica sul territorio circostante, sono i controllori di volo che non verificano l'accuratezza procedurale o è semplicemente uno standard del volo? Le dispersioni laterali e verticali non sono forse un dato operativo ricorrente?
Un aeromobile può essere più o meno carico e pesante, la virata può avvenire con un raggio di virata ed una angolazione (bank) più o meno accentuato. I venti possono favorire una virata stretta e larga. Ma la traiettoria di decollo potrebbe essere impostato con pilotaggio manuale e/o automatico (autopilota), con procedura computerizzata o meno.
La variabili sono davvero numerose.
I decolli possono avvenire con la piena potenza dei propulsori, anche con la spinta ridotta. Talvolta la spinta e ridotta non solo per opzione operativa (limitare lo stress dei motori diluendo gli interventi di manutenzione) ma anche per l'utilizzo degli impianti antighiaccio dei motori e alle ali.
La variabili sono davvero numerose.
Ecco, una procedura di decollo, l'elaborazione di una standard instrument departure (SID) dovrebbe aver analizzato, contestualmente e preliminarmente, questi parametri.
Almeno quando il target è la mitigazione acustica del territorio circostante.
Dovrebbe essere attrezzato, inoltre, un rigoroso sistema per verificare l'esatta corrispondenza tra SID da applicare e quella attuata dal pilota e dalla aerolinea. Stabilendo un sistema di sanzioni per i trasgressori occasionali e recidivi. Con un criterio progressivo.
Ecco, tutto questo dovrebbe essere adeguatamente predisposto.
In numerosi aeroporti della Ue avviene. In Italia, probabilmente, ancora no! 14 aprile 2012
"Linate, ovvero un aeroporto fuorilegge", una nota di Marco Bergamini di Associazione Aeroporti Lombardi.
Malpensa hub appare un progetto superato da una realtà di traffico che penalizza lo scalo varesino per varie ragioni. Quale sarà il suo futuro? Tra il progetto della terza pista, tra avversari e sostenitori, l'esodo dei voli verso Fiumicino, Linate e Bergamo, l'attesa del Piano Aeroporti e le problematiche correlate agli standard aeroporti (Piano di Rischio, sostenibilità e coesistenza con il territorio circostante dei singoli scali) la discussione sembra appena all'inizio.
Le note di un sostenitore di Malpensa - Marco Bergamini di Associazione Aeroporti Lombardi - apre un interessante confronto riguardante le prospettive degli scali lombardi e nazionali.
In questi giorni in cui si parla di intrecci tra politica ed il destino di SEA, non si può ignorare quello che è un’anomalia tutta italiana e che coinvolge oramai da più di un decennio gli scali milanesi.In tutta Europa ed anche nel mondo, laddove si è deciso di costruire un nuovo aeroporto si è optato allo stesso tempo per la chiusura del vecchio scalo cittadino. A tal proposito possiamo citare esempi come Monaco di Baviera, Oslo, Stoccolma, Atene, Hong Kong e a breve Berlino. I motivi di questa scelta sono operativi ed economici per la compagnia di riferimento che vi opera e di conseguenza per lo sviluppo dell’aeroporto interessato.
E’ quasi inutile ricordare che Malpensa è nata per poter connettere con voli diretti Milano ed il Nord Italia al resto del mondo, cosa impossibile da attuare a Linate essendo stato inglobato dalla città e quindi senza possibilità di sviluppo. Affinché il sistema detto hub & spoke possa funzionare, occorre alimentare i voli di lungo raggio con voli di breve e medio raggio.
Prendiamo in considerazione un ipotetico volo Trieste-Malpensa di una ipotetica compagnia di riferimento. Una parte dei passeggeri avrà come destinazione finale Milano mentre la rimanente (transiti) si imbarcherà su altri voli. Ebbene, con un volo solo si riescono a soddisfare le esigenze di entrambe le tipologie di passeggeri, mantenendo un alto coefficiente di riempimento (load factor). In questo caso il volo risulta economicamente sostenibile. Nell’attuale configurazione degli scali milanesi, la nostra compagnia è costretta ad alimentare due scali distinti sdoppiando i voli, ossia scendere a Linate per chi si ferma in città, Malpensa invece per chi prosegue con voli di lungo raggio. In questo modo il coefficiente di riempimento per ogni singolo volo si riduce notevolmente che unito ad un aggravio dei costi operativi rende tale collegamento antieconomico.
Questa situazione insostenibile per chiunque, è stata una delle cause che ha portato alla rottura tra KLM ed Alitalia nel 2000 e che ha costretto al de-hubbing la stessa Alitalia otto anni più tardi oltre, ed ultimo in ordine cronologico, all’annullamento dell’ambizioso “Piano Scala” da parte di Lufthansa che avrebbe dovuto risollevare le sorti di Malpensa. Il problema si è aggravato quando lo scorso autunno Air France ha deciso di spostare a Linate tutti i collegamenti con Parigi mentre lo stessa cosa si appresta a fare KLM con Amsterdam, guarda caso entrambe partner di Alitalia. In questo modo le compagnie straniere continuano a sottrarre traffico pregiato e a indirizzarlo verso i propri hub , non da Malpensa, dove tutti i vettori si confronterebbero in regime di sana concorrenza, bensi da Linate. Questa è una delle cause per cui, chiunque abbia voluto basarsi a Malpensa sia fuggito ritenendo poco conveniente investire in brughiera.
Tale situazione già di per sé critica, è ulteriormente aggravata dallo scandaloso aggiramento di quelli che sono i Decreti Bersani e Bersani Bis, scandalo di cui tutti sono al corrente ma che nessuno per convenienza ha mai denunciato. In questo scenario, vettori che dal Forlanini potrebbero operare solo due voli al giorno, con l’escamotage dei finti code share riescono ad effettuare anche cinque/dieci collegamenti giornalieri con la stessa città. Succede cosi che CAI, detenendo 5 COA ( certificato di operatore aereo) utilizza i codici di volo delle sue 5 compagnie (ex Alitalia, ex Airone, ex Airone Cityliner, ex Volare, ex Alitalia Express) ma solo sulla carta perché in realtà trattasi sempre del solito vettore, ossia CAI. Lo stesso avviene anche per altre compagnie British e Lufthansa, le quali volano su Londra e Francoforte più del consentito utilizzando code share di Eurofly ed Air Dolomiti.
Va da sé che in queste condizioni Malpensa è sempre più indebolita e riesce a mantenere solo quei voli di lungo raggio originanti da Milano e zone limitrofe, mentre voli che per poter stare in piedi hanno bisogno di essere alimentati da passeggeri provenienti da altre parti d’Italia ed anche dal resto del Continente, non hanno ragione di esistere in quanto la clientela si appoggia altrove, utilizzando hub del Nord Europa i quali dispongono di un ventaglio di collegamenti diretti in tutto il mondo ed a tutte le ore del giorno e guarda caso molti di questi passeggeri si imbarcano proprio da Linate.
Se è vero, come dice uno studio della IATA (International Air Transport Association) che ogni milione di passeggeri genere qualcosa come 4000 posti tra lavoro diretto ed indotto, si capisce molto bene quanta ricchezza stiamo regalando ed abbiamo regalato a paesi come Francia, Germania, Inghilterra e molti altri. Occorre a questo punto una seria e profonda riflessione da parte delle autorità locali e nazionali, affinché venga una volta per tutte definito Il ruolo di Linate e Malpensa all’interno del sistema aeroportuale milanese in modo che si fermi questo assurdo cannibalismo dove a trarne vantaggio sono solo i ns competitors d’oltralpe. Marco Bergamini 4 aprile 2012
Amianto ed altri materiali tossici, pericolosi, sono forse bruciati nella combustione? Con quali effetti collaterali?
"C'è un principio di incendio al capannone dello smistamento bagagli".
Sono le 8.21 dell'8 ottobre 2001 a Linate.
La torre di controllo trasmette questo messaggio ai vigili del fuoco dell'aeroporto Forlanini.
Negli esemplari MD 80 - si è scoperto in seguito ma forse era ben noto anche prima - l’utilizzazione dell’amianto sugli aeromobili civili - commerciali (oltre a quelli militari) era assai diffusa.
Sulle flotte DC-8, DC-9, C-9, MD-80, DC-10, KC-10 e MD-11, almeno in fase di costruzione la presenza di sezioni, parti e materiali includente amianto, probabilmente, negli spazi antistanti zone ad elevata temperatura come i propulsori, l'APU reattore ausiliario, le condutture dell’aria calda e altro.
Nei sistemi frenanti. Anche per l'isolamento, le guarnizioni, i pannelli ed equivalenti in prossimità delle aree calde. Forse anche nei forni per il riscaldamento e nella conservazione del catering a bordo.
Probabilmente anche come materiale per l'insonorizzazione della fusoliera e del cockpit.
Ma anche per ottenere l'isolamento termico o acustico o a scopi antincendio.
Come materiali fonoassorbenti e termoisolanti.
La capacità termoisolante dell'amianto ne ha consentito - almeno in passato - una estesa e vasta diffusione.
Ma ecco che le recenti notizie relative alla presenza di amianto su nove carcasse di MD80 nella zona Alitalia di Fiumicino, in corso di smantellamento, della rottamazione per il recupero di pezzi di ricambi e lo smaltimento dei materiali pericolosi, hanno riproposto considerazioni obbligate.
Se a Fiumicino si evidenza il pericolo per la salute del personale occupato nello smontaggio dei velivoli cosa accade in un crash aereo? Qualora un aeromobile si incendia?
Quali sostanze, quale tossicità viene liberata, si sprigiona da una prolungata combustione di un MD 87?
Cos'è avvenuto a Linate l'8 ottobre 2001?
Quel MD87 della SAS - com'è tragicamente noto - è finito contro l'edificio di smistamento dei bagagli, una costruzione che potrebbe anch'essa, il Toboga, non poteva essere uno dei tanti edifici contenenti amianto? Friabile e/o compatto? Con pannelli ad alta densità (cemento-amianto), pannelli a bassa densità (cartoni)?
L'amianto è termostabile fino a 2000°C - sostengono alcuni esperti - probabilmente anche a temperature maggiori non brucia mai, al massimo diventa incandescente e poi fonde.
Ma potrebbe aver generato particelle tossiche, pericolose? Occorre tuttavia preoccuparsi anche del dopo.
I vigili del fuoco potrebbero aver respirato quelle fibre? Sono stati esposti? Ad incendio spento i soccorsi - mentre operavano in sito - avevano adeguate protezioni? Elmetto maschera e mascherine possono bastare?
Ma interessati sono anche altri soggetti e tante persone che, nelle ore e giorni seguenti, hanno perlustrato, investigato, analizzato, sorvegliato e monitorato - per obblighi istituzionali - il luogo del vasto, prolungato e letale incendio.
Un resoconto del post incidente, delle conseguenze dell'incendio, degli eventuali effetti collaterali, è stato mai fatto? 20 marzo 2012
Lo scenario rischio incidente rilevante per cause aeronautiche è una questione che riguarda anche altri scali.
Con il comunicato stampa del 28 febbraio 2012 relativo alla interrogazione UE relativa all'insediamento della Ex SISAS, alla sostanze stoccate ancora da rimuovere ed alla bonifica dell'intera area viene riproposta, implicitamente, anche la questione del sorvolo di fabbriche, di zone ad elevata rischio di incidente rilevante (Direttiva Seveso II).
Discarica ex Sisas: interrogazione alla Commissione europea
Andrea Zanoni (IdV) chiede alla Commissione europea di far luce sullo smaltimento dei rifiuti pericolosi dell'ex-Sisas nei comuni di Pioltello e Rodano (MI). Anche a Istrana (TV) sono arrivati i rifiuti di questa discarica. Zanoni: “È arrivata l'ora che l'Italia adotti un approccio responsabile alla gestione dei propri rifiuti”
“L'Ue faccia luce sul presunto smaltimento delle 25.000 tonnellate di rifiuti pericolosi provenienti dallo svuotamento delle discariche illegali della ex-Sisas nei comuni di Pioltello e Rodano (MI)”. Lo chiede Andrea Zanoni, eurodeputato IdV, con un'interrogazione alla Commissione europea in merito alla violazione della normativa europea in materia di discariche e spedizione di rifiuti pericolosi. “Alcuni rifiuti pericolosi provenienti dall'ex Sisas sono finiti addirittura nella discarica della ditta Geo Nova di Istrana (TV) secondo quanto è stato certificato il 18 gennaio 2011 dalla Provincia di Treviso”. Nello specifico si trattò di rifiuti catalogati con codice CER 19 13 02 e contenenti Benzo(a)pirene, sostanza cancerogena, in concentrazione superiore a 1/10 della Concentrazione Limite riportata all'art. 2 della Decisione 2000/532/CE.
Associazioni come Greenpeace denunciano l'assoluta mancanza di trasparenza delle operazioni di bonifica delle tonnellate di rifiuti pericolosi e contaminate da mercurio, idrocarburi policiclici aromatici e ftalati accumulate nel corso di decenni. Greenpeace ha denunciato che questi i rifiuti provenienti dalla ex Sisas sono stati smaltiti senza la prevista inertizzazione nella discarica di Befesa di Nerva (Andalusia) temporaneamente posta sotto sequestro nel luglio del 2011, e anche in altre parti d'Italia.
“Non ritiene la Commissione che in mancanza di una chiara e risolutiva risposta da parte delle autorità competenti italiane, e anche spagnole, sulle operazioni di pretrattamento e smaltimento dei rifiuti, lo svuotamento delle discariche illegali della ex-Sisas debba configurarsi come spedizione illegale ai sensi del Regolamento (CE) n.1013/2006?”, chiede Zanoni. “Quali misure intende prendere nei confronti delle autorità locali italiane che da anni continuano a non far rispettare la normativa comunitaria in materia di rifiuti?”.
Proprio ieri la Commissione europea ha comunicato l'apertura di una procedura d'infrazione ai danni dell'Italia per “almeno 102 discariche, di cui tre di rifiuti pericolosi, non conformi alla direttiva Ue del 1999”. “E' arrivata l'ora che sull'ex Sisas e su quello che è finito nella discarica della ditta Geo Nova di Istrana di Treviso venga fatta finalmente luce – conclude l'Eurodeputato - E' arrivata l'ora che l'Italia maturi un approccio responsabile ed efficiente alla gestione dei rifiuti, nel rispetto delle normative comunitarie ma soprattutto della salute dei suoi cittadini”. 29 febbraio 2012
Ancora uno sforzo e, in attesa di rimuovere Dedalo, sarà, infine, spostato. Si spera!
Nel luglio 2010, dopo aver atteso a lungo la loro rimozione, Aerohabitat ha segnalato con la news Linate, quei distributori di benzina in asse pista, oltre il recinto, la persistenza di ben due stazioni di servizio. Nella zona che il Piano di Rischio per incidente aereo identifica come zona A.
Distribuivano carburante per gli automobilisti. Carburante, benzina verde, diesel e similari ed erano posizionate oltre allo stradone del Forlanini che collega la città di Milano con il terzo aeroporto del Paese.
Da qualche mese il distributore più distante dalla testata pista sembrerebbe dismesso.
Quando e su quale risoluzione adottata? Da ENAC o per il concessionario l'utilizzo della pompa non era più commerciabile?
Comunque e qualsiasi sia la ragione il risultato è innegabile: il livello di rischio di dimezza.
Ora il distributore di carburante da delocalizzare è rimasto unico.
Ma quando sarà completata l'opera di messa in sicurezza definitiva?
A riguardo è sempre utile ricordare ribadire come:
"L'articolo 707 del Codice della Navigazione Aerea è stato modificato da tempo. Con il D.Lgs n. 151 del 15 marzo 2006. Anche il Regolamento per la costruzione e l'esercizio degli Aeroporti è stato aggiornato, anche recentemente.
L'analisi sul modello del rischio incidentali è stato definito e reso trasparente:
- modello probabilistico degli incidenti,
- modello di localizzazione degli incidenti,
- modello per le conseguenze degli incidenti.
"Per ogni tipologia d’incidente (landing undershoot, landing or take off overrun, veer-off) si ha una diversa distribuzione sia in funzione della natura stessa dell’incidente, che della distanza longitudinale e trasversale dalla pista".
ENAC è stata circostanziata:
Si precisa che nella redazione dei piani di rischio oltre a seguire le indicazioni contenute al paragrafo 6 del capitolo 9 del Regolamento, massima attenzione va posta sulle attività sensibili quali:
- insediamenti ad elevato affollamento (centri commerciali, alberghi, stadi, …);
- nuove edificazioni che se coinvolte in un eventuale incidente possono creare pericolo di incendio o comunque di amplificazione del danno sia all’ambiente che all’aeromobile stesso, quali ad esempio distributori di carburante, depositi di liquidi infiammabili, industrie chimiche e consistenti insediamenti ubicati lungo le direzioni di atterraggio e decollo ed in prossimità dell’aeroporto in aree ancora sostanzialmente libere.
In occasione della presentazione dei piani di rischio l’Enac si riserva la facoltà di verificare la presenza di opere, impianti ed attività che possono costituire pericolo per la navigazione aerea ai sensi dell’articolo 711 del Codice della Navigazione ai fini della loro eliminazione.
Rientrano tra tali pericoli ad esempio distributori di carburante e depositi di liquidi e gas infiammabili e/o esplosivi, in particolare se ubicati in zona A e B." 19 gennaio 2012