E' una “policy” inevitabile, qualche scalo cittadino non avrà futuro! Prima o poi, uno o più tra i tanti scali affossati tra borghi cittadini, in prossimità di infrastrutture ad elevato “rischio-Art.715 CdN”, localizzati presso aziende e/o attività a rischio rilevante, con ricadute ambientali evidenti, quanto riscontrate, non potrà conservare il “Certificato di Aeroporto”, così come definito dai parametri disposti da EASA – European Union Aviation Safety Agency (EU 139/2014 e altri).
Inevitabilmente e, fatalmente, posti di lavori, economia e commerci inside/outside dell'intorno aeroportuale saranno coinvolti nelle ricadute negative. Indotte dal blocco dei voli e dalla cessazione delle attività dentro e fuori dal sedime aeroportuale.
Lo stop delle attività di volo su uno scalo, peraltro, potrebbe essere “decretato” da un Piano Nazionale Aeroporti-PNA che ridisegna i “bacini di traffico” attualmente configurati, accompagnati da una razionalizzazione delle infrastrutture di volo ed il taglio di aeroporti geograficamente posizionati: troppo vicini.
Uno scenario che l'Interrogazione presentata dal senatore Massimo Candura (Lega) potrebbe anticipare, innescato le conseguenze sul territorio circostante.
"Al ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare.
Premesso che:
l'aeroporto 'Antonio Canova' di Treviso-Sant'Angelo è un'infrastruttura di importanza strategica per il bacino del nord-est del Paese;
i dati evidenziano una tendenza incrementale significativa del numero di passeggeri in transito nello scalo, escludendo il solo periodo di chiusura del 2011 per interventi strutturali;
nel 2010 l''Antonio Canova' si è piazzato al 16esimo posto tra gli aeroporti italiani, mentre, insieme allo scalo di Venezia, ha contribuito a collocare il 'Sistema aeroportuale Venezia' al terzo posto tra i poli aeroportuali italiani, dopo quelli di Roma (Fiumicino e Ciampino) e Milano (Malpensa, Linate ed Orio al Serio);
l'andamento positivo registrato ha portato Enac (Ente nazionale aviazione civile), insieme alle società di gestione Save (Venezia) ed AerTre (Treviso), a progettare interventi di sviluppo e potenziamento dello scalo di Treviso, per adeguarlo al traffico aereo in costante aumento, lavori che sono stati valutati dalla Commissione tecnica per la Valutazione impatto ambientale (Via) nel 2017, ricevendo parere positivo con prescrizioni;
nel 2019 i proponenti hanno presentato un masterplan modificato per la pianificazione e l'ottimizzazione al 2030 dell'aeroporto di Treviso, sul quale si è espresso nuovamente la commissione Via fornendo un parere positivo con prescrizioni;
il settore dei trasporti aerei è tra quelli che maggiormente hanno subito gli effetti negativi del lockdown, visto il consistente blocco dei voli; nello specifico l'aeroporto di Treviso è stato chiuso nel mese di marzo e ad oggi, dopo 7 mesi, non ci sono indicazioni per la sua riapertura;
lo scalo necessita di strutture accessorie migliorative anche in termini di sicurezza, pertanto l'approvazione del progetto rappresenta un presupposto per la sua riapertura e, considerando la chiusura per il lockdown, altri ritardi non sarebbero sostenibili e renderebbero concreto il rischio di chiusura permanente dell'infrastruttura;
l'eventualità, piuttosto concreta, di non riapertura dell'aeroporto di Treviso rappresenterebbe un danno economico enorme per tutti i lavoratori che a vario titolo ruotano intorno ad essa ed un grave pregiudizio per lo sviluppo del territorio, incluso il settore turistico dell'intera provincia;
gli stessi lavoratori hanno manifestato a più riprese le proprie preoccupazioni; a gennaio una delegazione ha consegnato al sindaco di Treviso Conte ed al vicesindaco di Quinto Mauro Dal Zilio 550 firme in rappresentanza di oltre mille addetti, che operano a vario titolo in 30 diverse aziende e società al servizio dello scalo, per 'chiedere alla politica di difendere lo sviluppo futuro dell'aeroporto';
il periodo è particolarmente delicato, anche alla luce degli importanti eventi internazionali che interesseranno il Veneto nel prossimo futuro, uno tra tutti le Olimpiadi invernali, e che rappresenteranno un importante contributo al rilancio economico del territorio e del Paese tutto,
si chiede di sapere:
quali siano i motivi che hanno indotto il ministro in indirizzo, anche alla luce dell'ultimo parere della commissione Via, a non procedere con la firma del decreto ed a richiedere un supplemento istruttorio;
se non siamo di fronte ad un ingiustificato eccesso di burocrazia o di rigida ideologia, che mina lo sviluppo di un territorio e mette migliaia di lavoratori, tra quelli diretti e l'indotto, in gravi difficoltà economiche;
come il ministro intenda procedere al fine di assicurare l'approvazione in tempi strettissimi del progetto per l'aeroporto 'Canova' di Treviso, quale infrastruttura strategica per il territorio, per scongiurare conseguenze estremamente pesanti sull'occupazione e sul rilancio del turismo, già allo stremo per l'emergenza Covid-19 e per la situazione dell'economia in generale". 24 Settembre 2020
Posto l'interrogativo sull'adeguatezza delle Reti di Monitoraggio. E' merito del Codacons - Coordinamento delle associazioni per la difesa dell'ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori – che ha segnalato e coinvolto la Corte dei Conti.
La sezione del Veneto del Codacons ha ipotizzato il possibile danno erariale a causa del mancato rispetto della normativa anti-rumore da parte dell’aeroporto “Antonio Canova” di Treviso-Sant’Angelo. L'oggetto della disputa è l'ipotizzata mancanza delle centralline di tipo V (violazione) nella rete di monitoraggio dell'aeroporto di Treviso-Canova. In attesa di qualche altro “significativo” riscontro, proponiamo una delle tante news che Aerohabitat ha proposto su questa questione:
Aeroporti, rumore aereo e reti di monitoraggio: ma sono dati affidabili?
I Comitati aeroportuali sembra ignorino conformità, efficacia ed efficienza!
Da oltre 20anni sugli aeroporti del Piano Nazionale Aeroporti-PNA (speriamo almeno su quelli) dovrebbero essere state insediate le cosiddette stazioni/centraline delle reti di monitoraggio.
L'autorità dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) e le Agenzie Regionali per la Protezione dell'Ambiente (ARPA), dovrebbero aver verificato la piena conformità dei sistemi di monitoraggio realizzati e la loro operabilità ed efficienza.
Le “Linee guida per la progettazione e la gestione delle reti monitoraggio acustico aeroportuale”, nelle 94 pagine del documento ISPRA hanno da tempo inquadrato le modalità:
“Il D.M. 20/05/1999 individua due obiettivi fondamentali delle azioni di monitoraggio del rumore
aeroportuale:
(a) la verifica delle fasce di pertinenza;
(b) l’individuazione di violazioni alle procedure antirumore.
Il monitoraggio di cui alla lettera (a) ha come scopo la determinazione, in uno o più punti rappresentativi di una data zona, del valore di diversi descrittori acustici del rumore aeroportuale. La determinazione comprende i livelli sonori causati dal singolo evento, quelli relativi ai periodi di una giornata oppure quelli che, con le opportune elaborazioni, permettono di ricavare i valori di specifici descrittori per periodi di riferimento più estesi per verificare la corretta localizzazione spaziale delle curve di isolivello del relativo descrittore acustico (attualmente l’indice LVA, determinato su base annua).
“Componenti del sistema di monitoraggio
Ai sensi del D.M. 20/05/1999 si devono distinguere tre componenti del sistema di monitoraggio:
(a) Le stazioni di rilevamento dei livelli sonori;
(b) Le stazioni meteo per la determinazione dei parametri di interesse (temperatura, pressione, umidità, velocità del vento);
Il centro elaborazione dati.
Le caratteristiche specifiche di ciascun componente sono stabilite dalla legislazione attualmente in vigore. Nel seguito saranno illustrati i requisiti generali delle stazioni di misura e del centro di elaborazione dati. Le stazioni di rilevamento dei livelli sonori si possono distinguere in tre categorie, in funzione degli scopi specifici:
A: Stazioni di monitoraggio ambientale, sono stazioni dove è incerto il contributo relativdelle diverse sorgenti e per le quali non è necessario attribuire a ogni evento rumoroso la specifica causa.
M: Stazioni di monitoraggio del rumore aeroportuale, dove è necessario distinguere gli eventi di origine aeronautica da quelli dovuti ad altre sorgenti; deve, quindi, essere determinato in modo preciso e accurato il contributo del rumore di origine aeronautica ai fini della valutazione dell’indice LVA e/o dell’estensione delle zone A, B, C.
V: Stazioni per la determinazione delle violazioni delle procedure antirumore, dove è necessario rilevare, in modo preciso e accurato, i diversi parametri che caratterizzano il singolo evento rumoroso e attribuirlo correttamente, in maniera univoca, all’aeromobile responsabile”.
Quante sono le reti di monitoraggio conformi allo standard sopra citato? Quante centraline e di quale tipologia sono state installate? Le stazioni/centraline sono posizionate in modo corretto e che rilevi in maniera efficace i sorvoli aerei? Quante violazioni sono state rilevate se, spesso, le stazioni di tipo V (violazione) non sono state insediate?
Se la verifica dell’efficienza della gestione, in ottemperanza del D.P.R. 11/12/1997, spetta all'ARPA Regionale che deve svolgere un’attività periodica di controllo della rete di monitoraggio per verificare l’effettiva continuità e significatività dei rilevamenti, anche la stessa validazione dei dati,
dei risultati ottenuti mediante il sistema di monitoraggio, che convalida i dati ottenuti dalle singole stazioni e conferma il calcolo dell’indice di valutazione aeroportuale LVA.
In merito al primo punto, ARPA provvede a effettuare periodicamente delle campagne di misura in affiancamento alle centraline della rete di monitoraggio. Questa procedura permette di accertare che la centralina sia posizionata in modo corretto e che rilevi in maniera efficace i sorvoli aerei.
ARPA deve anche, come previsto dal D.P.R. 496/97, inviare un rapporto al Ministero dell’Ambiente con cadenza semestrale sulla propria attività di controllo dei sistemi di monitoraggio degli aeroporti di propria competenza e sulle sanzioni applicate alle violazioni delle procedure antirumore (stabilite dalla Commissione Aeroportuale).
La stessa ARPA, infine, deve informare il pubblico. “I dati ambientali ottenuti attraverso il sistema di monitoraggio devono essere resi accessibili al pubblico”. Il compito di divulgare i dati inerenti al sistema di monitoraggio compete, come previsto dal D.Lgs. 195/2005, all’autorità pubblica, cioè al Gestore della rete stessa, alle Agenzie Regionali e al Ministero dell’Ambiente.
In conclusione l'interrogativo da porre a sintesi di questa breve analisi è:
quante centraline di tipo V sono state installate negli aeroporti italiani?
quali e quante conformità di “rete di monitoraggio” sono state certificate da ISPRA e/o ARPA? 1 Settembre 2020