Come stanno gli aeroporti italiani con l’impatto atmosferico?
Quali procedure stanno adottando o hanno svolto per fronteggiare le emissioni gassose generate dagli aeromobili on ground ed in volo (in aggiunta all’inquinamento prodotto dal sistema terrestre correlato all’air side e land side dell’infrastruttura aeroportuale)?
Sulla materia l’ICAO nel febbraio 2004 ha emanato la circolare 303 AN/176 diretta agli Stati ed agli esercenti aviation e aeroportuali.
Il target è di offrire le procedure operative e le tecniche disponibili per contenere il consumo di carburante e quindi delle emissioni, non solo nelle operazioni dell’aviazione civile ma anche nell’intero apparato aviation correlato.
La circolare è ICAO è stata coordinata con il Committee on Aviation Environmental Protection (CAEP).Un organismo specializzato sulle emissioni gassose, su mandato dell’ UNFCCC. Il contesto rimanda allo Special Report annuale dell’Intergovernamental Panel on Climate Change (IPCC) .
Il comparto aviation a livello aeroportuale influenza l’ambiente attraverso i cosiddetti inquinanti primari, quali l’ossido di azoto (NOx), l’HC e le polveri sottili (PM10 e PM 2.5); oltre alle emissioni derivate dal traffico veicolare e ad altre sorgenti aeroportuali ed extra.
E come valutare e verificare gli inquinanti secondari?
Sappiamo come una tonnellata di combustibile consumato equivale a 3,16 tonnellate di CO2, ecco che diventa primario ridurre la produzione di anidride carbonica associate al contenimento del carburante anche per mezzo della cosiddetta efficiency fuel.
Ma se l’impatto acustico è l’oggetto specifico de target della Commissione aeroportuale insediata sulla scorta del D.M. 31 ottobre 1997 quali soggetti istituzionali e d esercenti e quali obiettivi specifici di mappatura gassosa e limiti dovrebbero essere perseguiti?
Aerohabitat non è a conoscenza di una quale organismo specifico dedicato allo scopo e, in assenza di ulteriori indicazioni, sembrerebbero esistere esclusivamente delle linee guida di massima. Ovvero con imperativo generico, ridurre l’impatto gassoso, in genere.
Ebbene, quali interventi urgenti sono stati adottati sugli aeroporti del Paese?
Inoltre, che cosa accade quando le misure antirumore, in altre parole i percorsi, le traiettorie e le procedure adottate per ridurre l’impatto acustico, allungano il tempo di volo e causano maggiori consumi di carburante in volo?
Perseguire la riduzione del rumore aereo potrebbe compromettere il contenimento dell’impatto in atmosfera?
E’ palese come ciascun aeroporto debba individuare uno specifico ”approccio integrato” tra impatto atmosferico e acustico ma qual è il criterio? Eventuali linee guida senza riscontri precisi e in mancanza di una validazione comparata dei dati, non avrebbero un senso effettivo e pratico.
Il rischio è quello che l’intervento “aeroportuale” sulla riduzione delle emissioni gassose possa apparire, almeno al momento, del tutto contraddittorio. 04 novembre 2010
Aeroporti e l'opzione sulla coesistenza e compatibilità con il territorio e la comunità insediata nelle zone circostanti si misura innanzi tutto con l'impatto atmosferico: un dato spesso difficile da acquisire e verificare.
Solitamente le valutazioni dell'impatto atmosferico sono analizzate con previsioni e stime derivate da modelli matematici quali lo standard USA EDMS.
A Fiumicino stavolta è disponibile un rapporto emanato dalla Provincia di Roma.
E' da questo testo, ancora preliminare, che il Comitato FuoriPista avvia legittimi interrogativi e perplessità, prefigurando soluzioni e tutele per l'ambiente ed i cittadini.
Dopo le prime allarmanti misurazioni sui livelli d'inquinamento acustico ed atmosferico, il Comitato FuoriPISTA chiede a Comune, Provincia, Regione ed ARPA il ripristino della legalità a tutela della salute pubblica attraverso le verifiche e gli interventi previsti dalla normativa in vigore per contenere gli effetti dell'attività aeroportuale.
I cittadini residenti nel territorio del Comune di Fiumicino sono sempre più preoccupati e allarmati per l'inquinamento acustico ed atmosferico subìto, come risulta evidente da una serie di rilevamenti effettuati nel mese di giugno 2010.
Il Comitato FuoriPISTA, insieme a Legambiente, ha infatti effettuato un monitoraggio acustico in sei diversi siti fra Maccarese, Fregene e Focene: zone abitate e limitrofe all'aeroporto Leonardo da Vinci. I risultati di questa prima indagine (cfr. www.comitatofuoripista.it/documentivari/comunicatoLegambiente.pdf ) documentano una situazione insostenibile per i cittadini sottoposti quotidianamente al rumore prodotto dagli aerei in fase di decollo e atterraggio. In tutti e sei i siti monitorati risulta che i limiti al rumore previsti per i centri abitati vengono continuamente superati, in alcuni casi con delle emissioni in decibel doppie rispetto ai limiti consentiti.
Le informazioni contenute nella documentazione prodotta relative ai disturbi provocati alla salute dall'esposizione al rumore, specificati a seconda delle varie fasce di intensità di inquinamento acustico, devono costituire un campanello d'allarme per le autorità preposte alla tutela della salute dei cittadini.
Siamo convinti che anche un monitoraggio sulla qualità dell'aria darebbe risultati analoghi documentando, se venisse svolto nelle zone abitate e circostanti l'aeroporto, il superamento degli indici consentiti dalle norme vigenti in materia, così come già riscontrato in Fiumicino paese attraverso la Valutazione della qualità dell'aria effettuata a giugno 2010 dall'Assessorato alle Politiche della Tutela Ambientale, Servizio Tutela Aria ed Energia (cfr www.comitatofuoripista.it/documentivari/Valutazione_aria_Fiumicino_2010.pdf ). Da quanto riportato emerge in maniera evidente che l'inquinante più critico risulta essere il PM10 con diversi superamenti del valore di legge. Ricordiamo che il PM può essere distinto in primario e secondario in base ai processi che lo hanno prodotto: primario è anche il particolato immesso in atmosfera attraverso processi di combustione ad alta temperatura tra i quali il traffico aereo.Così come per l'inquinamento acustico anche nel caso dell'inquinamento atmosferico le autorità preposte alla tutela della salute dei cittadini dovrebbero prenderne in seria considerazione i potenziali effetti sulla popolazione. Nella sintesi prodotta dal Comitato (cfr www.comitatofuoripista.it/documentivari/sintesi_studio_provincia.pdf ) allo studio della Provincia di Roma riportiamo quanto pubblicato sul sito Arpa Emilia Romagna circa gli Effetti sulla salute del PM10.
In queste condizioni prospettare un raddoppio dell'aeroporto risulta del tutto impensabile, oltre che impraticabile. E' invece necessario ripristinare la legalità a tutela della salute pubblica predisponendo i piani previsti dalla normativa per contenere i livelli d'inquinamento prodotti dall'attività aeroportuale, effettuando e rendendo pubblici i controlli dell'inquinamento acustico e dell'aria, che la normativa prevede e che per il più grande aeroporto italiano, qual è il Leonardo da Vinci, sono a tutt'ora mancanti.
Comitato FuoriPISTA
"Più efficiente non più grande" 04 ottobre 2010
Stavolta in discussioni non sono le case automobilistiche che non segnalano dati veritieri sulle emissioni di C02, ma fatto sconcertante, secondo la Ue, sarebbero sottostimati i dati sullo smog rilevato in alcune città della Lombardia.
I dati che l'ARPA Lombardia ha reso disponibili, secondo un dossier europeo sulle centraline di monitoraggio, sarebbero inferiori ai valori reali, ad esempio, del Pm10, per valori fino al 40%.
Notizie di stampa hanno, infatti, riportato come tre anni addietro, esattamente il 31 gennaio del 2007 la centralina dell’Arpa di Monza avrebbe registrato 101 microgrammi per metro cubo di polveri sottili. Ebbene in quella stessa giornata, in prossimità di quella postazione, era stato installato un laboratorio mobile di tecnici inviati per una specie di audit, ovvero per un cross check sulla validità ed affidabilità delle centraline di rilevamento lombarde.
Il dato della seconda centralina, supplementare, che si sostiene incorporasse tecnologie di rilevamento avanzate e all’avanguardia, avrebbe registrato circa 180 microgrammi di Pm10: quasi 80% in più di quanto conosciuto dai cittadini monzesi.
E' mai possibile? Anomalie equivalenti sarebbero state registrate per il periodo tra il 30 gennaio e il 2 febbraio 2007. Arpa Lombardia avrebbe, in ddefinitiva, divulgato dati inferiori a quello registrati dalle centraline UE, ovvero ai dati supposti reali.
Questa comparazione tra dati ARPA e quelli delle centraline UE, dopo aver consentito di evidenziare discrepanze sistematiche e significative, obbligano Aerohabitat a porre alcune, preoccupanti, interrogativi che riguardano le infrastrutture aeroportuali della Lombardia.
L'operazione di controllo della qualità dell'aria era stata condotta, secondo scadenze semestrali, dal novembre 2006, da un team di esperti del Joint Research Center, dal Centro comune di ricerca di Ispra (ente della Commissione europea) e sembrerebbe scaturita da un specifico accordo con la stessa Regione Lombardia.
Il punto chiave, tuttavia, non è sola la marcata differenza dei dati registrati dalle centraline della JRC, che rimanda a considerazioni più varie sull'impatto reale delle emissioni gassose ed i riflessi sulla popolazione e sull'ambiente, ma occorre inquadrare la possibile causa degli errati - supposti - dati rilevati.
E' davvero solo questione di una diversificata tecnologia delle centraline utilizzate?
E' forse, invece, una questione di dati meteo di input della caratterizzazione metoclimatica?
Qualora risultasse un "deficit" correlato ai dai meteoclimatici delle centraline, la stessa questione potrebbe essere avvenuta, ovvero sussistere anche per le centraline di monitoraggio acustico ed atmosferico (qualora installate) dell'intorno aeroportuale dei quattro aeroporti lombardi?
E' forse possibile, ad esempio, che la caratterizzazione meteoclimatica delle centraline di monitoraggio di Linate, Malpensa, Orio al Serio e Montichiari, non corrisponda a quello dello stesso aeroporto di riferimento?
Che i dati meteo di input possano essere di postazioni geoclimatiche diverse.
Derivati da altre stazioni meteo, magari in quota e magari a chilometri dalla stessa pista di volo.
Ma ecco una prima conclusione.
Qualora fosse stato commesso un qualche errore di impostazione di input, ma sopratutto fosse stata rilevata e documentata questa eventuale evidenza, non si potrebbe tranquillamente sostenere che la zonizzazione acustica di un qualche aeroporto debba essere, inevitabilmente, aggiornata?
Uno scenario di impugnazione della zonizzazione acustica aeroportuale, deliberata in sede di Commissione Aeroportuale, da parte di un qualche soggetto e/o cittadino, non è, forse, a questo punto, del tutto plausibile? 11 febbraio 2010
Il 22 febbraio scorso un articolo di la Repubblica, a cura di Vincenzo Borgomeo, dal titolo "Falsi i dati sulle emissioni di C02 - Le auto in realtà inquinano di più" agevola un commento relativo anche alle fonti inquinanti derivate dall'attività di volo e di terra delle infrastrutture aeroportuali.
Se quanto affermato dall'articolo di Repubblica, al quale rimandiamo gli interessati, i dati falsati riguarderebbero quindi le auto, l'analisi va, inevitabilmente, allargata anche al sistema aeroportuale.
L'inchiesta proposta dal quotidiano italiano riprende lo studio dalla maggior rivista tedesca automobilistica, ovvero Auto Motor und Sport, e concerne i dati sui consumi medi di carburante dichiarato da numerose auto. I dati in questione, infatti, non corrisponderebbero a quelli rilevati per una differenza sostanziale: tra il 17 e 47%.
Il dato concreto è che un maggior tasso di consumo del carburante si rapportano emissioni gassose incrementate. Quindi anche l'impatto gassoso complessivo si dilata con tutte le inevitabili conseguenze per la qualità della vita, la salubrità ambientale e le malattie per l'ambiente, la fauna ed i cittadini.
Alle maggior tasso di emissioni gassose lungo le strade di maggior viabilità, a quelle concentrate nelle piccole e grandi cittadini ed agglomerati urbani, è quindi evidente come anche il parco auto/macchine che opera entro il sedime aeroportuale, così come quello delle auto, dei mezzi, che hanno per destinazione l'aeroporto abbiano ricadute incrementate.
Quali interrogativi si possono porre?
Il primo è scontato, l'analisi del carico delle emissioni gassose generate da un aeroporto, spesso modelizzato con il sistema EDMS (Emissions and Dispersion Modelling System), non dovrebbe essere ricalcolato e reso funzionale con le evidenze emerse con lo studio tedesco?
Se a questo - com'è ben noto - occorrerebbe aggiungere l'aumento dei consumi di carburante correlato all'uso, ovvero all'anzianità di servizio, usura, scadente manutenzione dei motori degli stessi autoveicoli , ecco come il solo dato delle emissioni di CO2 e altro, dovrebbe essere corretto.
La mappa delle emissioni atmosferiche aeroportuali ha, tuttavia, come prima cause le emissioni correlate alle flotte aeree che vi operano.
Gli aeromobili che atterrano, decollano, rullano, fanno le prove motori, per lunghi periodi a terra e fino alla quota di 3000 piedi (1000 metri di altezza), perciò del ciclo LTO (Landing Take Off - atterraggio/decollo da terra fino a 3000 piedi come previsto dall'utilizzo del modello matematico EDMS e similari) non sono forse imputabili delle stesse incertezze legate ai consumi di carburante dichiarati dai costruttori dei propulsori degli aerei e dal loro invecchiamento e usura?
Ma è una materia e una questione che gli aeroporti italiani (ma anche gli amministratori dei comuni aeroportuali e limitrofi), probabilmente, non sembrerebbero aver identificato ancora come fondamentale o emergenziale non solo per uno scalo aereo, ma neppure - come Aerohabitat ha segnalato - per l'impatto sul territorio circostante. 8 marzo 2010
Aerohabitat propone un altro interessante articolo pubblicato su www.greenreport.it , apparso il 17 febbraio 2010, dal titolo " Emissioni in atmosfera e rumore: il Tar conferma le competenze della Provincia". L'articolo è di Eleonora Santucci.
"Anche quando la competenza ad adottare provvedimenti definitivi appartenga ad altri enti, il sindaco può inibire le attività che producono emissioni in atmosfera ed emissioni rumorose dannose per la salute della collettività. Ma solo se l'autorità competente, come può esserlo la Provincia, non si sia attivata.
Per questo il Tribunale amministrativo regionale dell'Emilia Romagna (Tar) ha ritenuto insussistente i presupposti per un intervento d'urgenza da parte del sindaco di Modena e dunque ha annullato l'ordinanza. Perché, comunque, in tema di gestione di rifiuti ed emissioni in atmosfera, la provincia aveva già adottato un provvedimento di diffida, intimando la sospensione dall'utilizzo degli impianti dell'azienda che si occupa di smaltimento e recupero di scarti legnosi.
Il Comune, infatti, è intervenuto sulla base di una serie di sopralluoghi effettuati a seguito di segnalazioni di disturbo da parte dei residenti. In particolare ha tenuto conto del contenuto del verbale di sopralluogo dell'Arpa, da cui risulta lo svolgimento di attività di macinazione di legno a cielo aperto in assenza di qualsiasi tipo di dispositivo di abbattimento.
Ma all'epoca dell'adozione dell'ordinanza del comune di Modena, era in corso un'indagine da parte della provincia - l'amministrazione competente - che aveva già adottato due provvedimenti di diffida inerenti alla gestione dei rifiuti e alle emissioni in atmosfera.
Dunque, l'autorità competente non solo si era attivata adottando un provvedimento di diffida ai sensi del Dlgs 152/2006 (il così detto Testo unico ambientale) e della legge regionale, ma aveva anche intimato, di sospendere l'utilizzo degli impianti preposti all'attività di macinazione del legname che viene esercitata all'esterno dello stabilimento.
Il comune di Modena, quindi, nell'esaminare gli esposti dei residenti e la documentazione proveniente dall'Arpa doveva tenere conto dell'attività in corso da parte della provincia. Perché è l'autorità preposta per legge ad autorizzare e controllare le attività che comportano immissioni nell'atmosfera. Ecco perché non sussistevano i presupposti per un intervento d'urgenza del comune." 26 febbraio 2010
E' mai possibile che gli aeroporti, come primaria fonte di emissioni gassose per un area ben più vasta del sedime aeroportuale, siano ancora trascurati nei provvedimenti a tutela dei cittadini e per la riduzione dell'impatto in atmosfera, PM 10 compreso?
Anche per il programmato il blocco delle auto, previsto per il prossimo 28 febbraio, dopo il continuo sforamento del PM 10, con la partecipazione di una rilevante maggioranza dei capoluoghi delle provincie del Nord, pur risultando una lodevole iniziativa, trascura completamente i sistemi aeroportuali quali rilevanti fonti inquinanti per la città limitrofe.
Quando il sindaco Chiamparino - che ha ideato il blocco con il sindaco di Milano Moratti - sostiene che l'obiettivo "non è solo quello del blocco del traffico", ma di lanciare "un messaggio di sensibilizzazione nei confronti dei cittadini ma anche del parlamento e del governo perché si adottino delle misure a breve termine di carattere strutturale"..."sappiamo bene che l'inquinamento si batte in questo modo e non certo soltanto con dei blocchi, che hanno un effetto temporaneo", manifesta una contraddizione ed una carenza basilare.
Gli aeroporti a ridosso delle città e dell'autostrada che corre da Torino verso Trieste, perciò da ovest ad est, nella cosiddetta Padania inquinata, sono numerosi.
Il carico inquinante degli aeroporti di Caselle, Malpensa, Linate, Bergamo, Verona Catullo, Treviso, Venezia Tessera e Ronchi dei Legionari, quando si delineano politiche di mitigazione ambientale, non può essere ignorato. Perché scaricano sulle città, sugli abitati e sulle metropoli il loro carico gassoso. Trasportato dai venti, dalle masse d'aria in movimento e dalle perenni inversioni termiche dei bassi strati dell'atmosfera.
Possibile che nessuno conosca neanche la prudenziale informativa Tecnica ENAC, ovvero le linee guida relative ad interventi per minimizzare l’uso di carburante e ridurre le emissioni gassose derivate dai sistemi aeroportuali?
L'inquinamento causato dagli scarichi degli aerei nelle fasi di terra, in decollo ed in atterraggio, oltre a quello correlato alla movimentazione della viabilità di sedime ed esterno, determinano vaste e continue emissioni.
Possibile che venga ignorato anche il Protocollo di Kyoto che impegna le nazioni industrializzate a ridurre, nel periodo 2008-2012, la produzione di emissioni. Nel febbraio 2004, l’ICAO ha emanato la circolare 303 AN/176 diretta agli Stati ed agli stakeholders interessati, con l’obiettivo di raccomandare le varie opportunità operative e le esistenti tecniche disponibili per minimizzare il consumo di combustibile, e quindi le emissioni, nelle operazioni dell’aviazione civile.
L'infrastruttura aeroportuale, infatti, influenza l’ambiente anche con il contributo dell’ossido di azoto (NOx), dell’HC e delle polveri sottili (PM10 e PM 2.5); vanno considerati, inoltre, anche i contributi dovuti al traffico veicolare e ad altre sorgenti presenti in aeroporto.
E' ben noto, una tonnellata di combustibile consumato equivale a 3,16 tonnellate solo di CO2. 22 febbraio 2010
Le vicende associate alle ripercussioni all'impiego dell'uranio impoverito sono note da tempo è Aerohabitat le ha ampiamente documentate.
Nel dopo incidente del Lockheed C 130J dell'Aeronautica Militare Italiana (23 novembre 2009, vedi news) precipitato a Pisa e l'interrogazione relativa ai rischi associati dal persistente utilizzo dell'uranio impoverito sulla flotta di 1, 2 e 3 generazione (spesso di aerolinee extraeuropee) oltre alla flotta militare che non hanno, a tutt'oggi sostituito i componenti "pericolosi" con il, più costoso e non altrettanto sconsigliabile, tungsteno.
Quanti sono i velivoli militari che atterranno e decollano sulle aerobasi militari Italiane e sulle piste degli aeroporti a traffico misto civile/militare (Capodichino, Pisa, Ciampino e altri) della Penisola?
Quanti, invece, le flotte di velivoli cargo e dell'aviazione civile/commerciale che continuano ad operare sulle piste di volo degli scali aerei Italiani?
La problematica con gli inevitabili rischi per equipaggi, staff aeroportuale e cittadini residenti nell'intorno aeroportuale, quindi, persiste ancora.
Probabilmente anche per gli anni a venire, anche perché, almeno in Italia, le zone/aree limitrofe alle piste di volo ed all'aeroporto, ovvero quelle associate al Piano di Rischio per incidente aereo, non sono state ancora adottate.
L'impiego tipico dell'uranio impoverito nelle flotte aeree (civili e militari) è come contrappeso sui piani di coda. Nella flotta civile/commerciale il contrappeso del Boeing 747, prima della sostituzione con il tungsteno, era di circa 300 chili di uranio impoverito.
Le conseguenze incidentali maggiori e severe di un aeromobile di questo tipo, probabilmente, sono quelle derivate dal crash del Boeing cargo 747 avvenuto su una palazzina abitata, ad Amsterdam, nel 1992.
La questione relativa all'uranio impoverito in Italia, ha uno spazio specifico, al quale rimandiamo gli interessati, sul sito www.vittimeuranio.com,
Un testo determinate per la conoscenza dell'uso e dei rischi dell'uranio impoverito sono ampiamente descritti da “URANIO IMPOVERITO. IL LIBRO NERO DEL “PRESUNTO” KILLER”. 02 febbraio 2010