E' una miscela di particelle solide e liquide, con concentrazioni maggiori in inverno. Sono identificate anche come PTS (Polveri Totali Sospese) e si distinguono tra quelle assorbibili attraverso naso, faringe, laringe e quelle che raggiungono l’apparato respiratorio trachea, bronchi, alveoli polmonari. Le prime hanno diametro inferiore a 10 μm (PM10), le seconde particelle sono invece inferiori a 2.5 μm (PM2.5).
PM2,5: particelle con un diametro aerodinamico ≤ a 2,5 μm (più precisamente, particelle in grado di passare attraverso un orifizio con un grado di efficienza di separazione del 50 per cento delle particelle con un diametro aerodinamico di 2,5 μm).
PM10 («particulate matter»): particelle con un diametro aerodinamico ≤ a 10 μm (più precisamente, particelle in grado di passare attraverso un orifizio con un grado di efficienza di separazione pari al 50 per cento delle particelle con un diametro aerodinamico pari a 10 μm).
Le dinamiche delle emissioni di PM 10 e 2.5 sono cicliche e variano con le condizioni meteo.
Le concentrazioni maggiori di PM10 di registrano principalmente nei mesi più freddi. La fonte aeroportuale si somma alle attività antropiche che insistono nell’area (viabilità, riscaldamenti domestici) e peggiorano con la riduzione dello strato di rimescolamento dell'aria. Perciò è associato alla diminuzione delle temperature. Le condizioni meteo climatiche della giornata sono determinate dalla minor dispersione nell'atmosfera, perciò l'accumulo delle sostanze sono influenzate anche dalla direzione ed intensità del vento.
Uno studio svizzero in materia, analizzando le fonti di traffico prossimo e/o coincidente con un aeroporto ha identificato percentuali diversificate e solo il 20% delle particelle PM 2.5 e PM 10 sarebbe attribuibile ai sistemi di comunicazione terrestre ed aereo.
Se le fonti del traffico stradale rappresentano il 13%, quello ferroviario produce il 6% e solo 1% sarebbe imputabile al trasporto aereo come valutare l'impatto delle particelle negli scali?
Certo occorrerà valutare ed accorpare l'apporto della viabilità stradale esterna al sedime aeroportuale (viabilità di transito e quella con destinazione aeroportuale, oltre alle attività dei mezzi all'interno dello stesso sedime di scalo. Le auto, i mezzi avio, le autobotti ed i restanti attrezzi e macchinari per handling nell'air side.
Il restante 80% di produzione di PM 10 e PM 2.5 deve essere attribuito alle tante attività antropiche territoriali dell'intorno aeroportuale e/o trasportato da venti. Anche a distanza di 30-40 km.
Come verificare allora l'impatto specifico PM 10 e PM 2.5 nei sistemi aeroportuali? Il problema della qualità dell’aria e di estrema attualità e le sorgenti emissive a livello locale e territoriale globale dovrebbero essere campionate adeguatamente. Ma ci sarà qualcuno che lo fa? 29 gennaio 2013
Uno scalo è un sistema complesso e determina un impatto significativo sull’ambiente circostante: ma quale? Sono due i parametri che caratterizzano, tra gli altri, le ricadute aeroportuali. Sono le “emissione di CO2” e il “consumo di energia”. Occorre tuttavia distinguere tra un impatto locale quello globale.
Solitamente è la qualità dell’aria ha definire il livello degli effetti collaterali generati da un aeroporto sul territorio e sull'ambiente circostante.
La stima dell'impatto è sostanzialmente derivato dalle fonti interne al sedime aeroportuale:
- le emissioni degli aeromobili a terra e nelle fasi di atterraggio e decollo sotto i 1000 metri di altezza;
- le emissioni dovute a tutte le attività accessorie alle operazioni aeroportuali quali, ad esempio: gli impianti termici a servizio delle costruzioni o per la produzione di energia, i mezzi di pista utilizzati per la movimentazione di passeggeri, merci, carburanti, eccetera.
L'incidenza a livello locale si allarga alle attività, alla viabilità, alle attività antropiche prossime, a ridosso del medesimo scalo sottoposto a questa analisi.
Strumenti d'indagine è ad esempio INEMAR, secondo i criteri e la classificazione prevista dal modello europeo Corinair. (EMEP/EEA Air pollutant emission inventory guidebook – www.eea.europa.eu).
Nel quadro delle linee guida dell’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) contenute nell'Atmospheric Emission Inventory Guidebook sono analizzate le fasi Landing/Take off cycles (LTO): include tutte le attivita e le operazioni di un aereo al di sotto del limite dei 1000 m., che corrisponde all’altezza standard della zona di rimescolamento, quella cruise: comprende le fasi di volo al di sopra dei 1000 m. e le emissioni dei mezzi di supporto a terra.
Le emissioni aeree stimate conseguenti alla sono legate ai processi di combustione svolta nel ciclo LTO, mentre emissioni della fase “cruise”, sono tuttavia escluse a livello locale.
Se il ciclo LTO è frazionato in cinque fasi, in relazione alla spinta dei propulsori, perciò in grado di verificare i livelli di NOx, HC, CO, CO2, SO2, PTS:
- Approach: misurato dal momento in cui l’aereo entra nella “zona di rimescolamento” al momento dell’atterraggio;
- Taxi/idle in: tempo trascorso dopo l’atterraggio fino a quando l’aereo viene parcheggiato e i motori vengono spenti;
- Taxi/idle out: periodo che intercorre tra l’avvio del motore e il decollo;
- Take off: corrisponde alla fase di regolazione finche l’aereo raggiunge i 150-300 m. di quota;
- Climb out: periodo successivo al decollo che termina quando l’aereo supera la zona di rimescolamento.
Sono stime semplici, verificabile e di routine per qualsivoglia soggetto e/o agenzia ARPA regionale. Ecco perché tali stime non sono, nel dettaglio, raccolte in Report periodici e resi disponibili alla popolazione?
Ai cittadini dell'intorno aeroportuale afflitti, legittimamente, da numerosi interrogativi sugli effetti collaterali delle infrastrutture aeroportuali?
Nei dibattiti e nelle osservazioni attinenti ai masterplan e/o alle procedure di Valutazione di Impatto Ambientale, VAS o VAI, si possono leggere alcuni dati e altrettante stime di impatto: ma non sembrano essere adeguatamente trasparenti e dettagliati.
Certo, alle stime delle emissioni generate dai sistemi aeroportuali, occorrerebbe addizionare anche le fonti esterne al sedime aeroportuale. Aggiungendo le estese viabilità, le autostrade, le zone industriali prossime, e le rimanenti attività antropiche. 15 gennaio 2013