Una vittima. Un sottufficiale del 17/o Stormo, delle forze speciali dell’Aeronautica militare, è la sola vittima dello schianto al suolo accaduto nel pomeriggio di martedì 28 Novembre, a Guidonia, nei pressi di Roma.
La nota stampa AMI riporta come il sergente maggiore Mirko Rossi, di 41 anni, nel corso di una “attività addestrativa di lancio con paracadute pre-pianificata che si stava svolgendo presso l’aeroporto militare di Guidonia”, a causa della mancata apertura del paracadute si sia schiantato nel terreno. Era una specifica training - esercitazione.
L’Aeronautica Militare Italiana ha aperto una inchiesta per appurare quale siano le cause/causa dell’incidente. Tra di queste non si può escludere un eventuale malfunzionamento dello stesso paracadute e/o ragioni riconducibili al human factor.
La vittima era considerato un professionista esperto e in forza al 17/o Stormo dell’Aeronautica, reparto delle Forze speciali italiane e i militari. Un corpo di personale incursori super-addestrati, pronti ad intervenire nelle situazioni operative più a rischio e in condizioni estreme.
Il Ministro della Difesa Roberta Pinotti, il capo di stato maggiore della Difesa Claudio Graziano e dell’Aeronautica, Enzo Vecciarelli hanno manifestato il loro cordoglio per l’accaduto. 30 Novembre 2017
Lo scorso 21 Giugno 2016 nel sito del Centro Studi STASA il Com.Te Renzo Dentesano ha trattato nell'articolo "Termini e definizioni aeronautiche: problematiche di comprensione nei giudizi" questioni rilevanti riguardanti legislazione aeronautica, procedimenti giudiziari e penali derivati da incidenti aerei.
Per quali ragioni un incidente occorso ad un aeromobile non debba essere investigato come quando concerne un drone o un ultraleggero? Incongruità e anomalie nelle trascrizioni dalle regolamentazioni ICAO-FAA-CAA, perciò dall'inglese-americano all'italiano sarebbero alla base delle complicazioni interpretative e giudicanti dei Tribunali italiani.
Aerohabitat propone integralmente tali considerazioni. Rappresentano, ancora una volta una realtà, probabilmente, misconosciuta e ignorata dagli stessi "legislatori aeronautici" ufficiali.
"Termini e definizioni aeronautiche: problematiche di comprensione nei giudizi"
(http://www.centrostudistasa.eu/8-news/71-vocaboli-e-definizioni-aeronautiche-problematiche-di-comprensione-nei-giudizi-considerazioni-del-com-te-renzo-dentesano:
"Alcuni giorni orsono è stata data notizia [AEROHABITAT 16/6/2016] che il Pilota di un ultraleggero P.62 Eaglet, precipitato nel Dicembre del 2013 su di una casa di Resana (TV), è stato assolto dal Tribunale di Treviso dall’accusa del reato di “disastro aereo”, su richiesta dello stesso P. M. che ne aveva promosso il procedimento penale, perché il fatto “non sussiste”.
Il fatto:- l’ultraleggero dopo aver colpito il comignolo sul tetto di una casa è, come dinamica conseguente, precipitato nelgiardino dello stesso edificio scavando una buca di circa 40 cm di profondità, il pilota nell’urto aveva riportato alcune lesioni (non specificate). Siamo in presenza di un ferito non lieve e dei danni alla proprietà di terzi al suolo. Con evidenza del reato ben documentabile dato che l’ala dell’ultraleggero che aveva abbattuto il comignolo era rimasta sul tetto. Il pilota aveva nel frattempo risarcito il danno causato ai legittimi proprietari.
Siccome l’ultraleggero non è considerato “aeromobile” per l’art. 743 del vigente Codice della Navigazione – Parte Aerea –nessuna inchiesta tecnica aeronautica era stata aperta dalle competenti autorità del settore, ma soltanto quella penale della Procura della Repubblica, competente per territorio, che aveva agito … “per dovere d’ufficio”. E’ doveroso qui rilevare che nel suddetto articolo del CdN è specificato che “sono altresì considerati aeromobili i mezzi aerei a pilotaggio remoto” vale a dire i droni mentre non sono menzionati gli ultraleggeri.
Se da un lato possiamo rallegrarci per il fatto che possa essersi stabilito un precedente giuridico in tema della configurazione del reato di “disastro aereo” a carico dei piloti di ultraleggeri e cioè che debba esser stabilita preliminarmente una qualche responsabilità del pilota nel caso d’incidente aereo che debba essere investigato e adeguatamente valutato in base alla preparazione e all’addestramento del pilota, non possiamo ugualmente nascondere il nostro sconcerto e la nostra meraviglia per il fatto che operatori di diritto e legislatori nazionali non si siano ancora posti il problema di armonizzare termini e definizioni aeronautiche al mutato scenario dell’Aviazione Civile, attivandosi opportunamente affinché alcuni articoli del codice della navigazione, Parte Aerea, vengano conseguentemente aggiornati.
Un esigenza fortemente sentita dagli operatori aeronautici se si pensa che a non molta distanza, né di tempo né di luogo, ben diverso era stata l’azione penale promossa dal PM di Gorizia, (competente per territorio) per l’evento che il 20 Aprile 2004 aveva visto un aeromobile MD 82 di Alitalia, regolarmente atterrato sulla pista dell’aeroporto di Trieste-Ronchi dei Legionari, che mentre si stava dirigendo verso il piazzale di sosta dell’aerostazione percorrendo una via di rullaggio regolarmente aperta andava a urtare con l’ala destra un grosso camion carico di materiali di scavo, fermo fuori dal bordo del raccordo in posizione pericolosa senza alcuna segnalazione. A seguito dell’urto l’ala destra dell’aeromobile si era spezzata spargendo del carburante dal relativo serbatoio, ma fortunatamente senza incendiarsi, tanto che tutti gli occupanti uscirono illesi dall’aeroplano, immediatamente arrestatosi.
Nonostante questo fortunato esito e questo chiaro e documentabile stato di cose, il Procuratore di Gorizia competente per territorio promosse a carico di ben 19 imputati compresi i due piloti dell’alitalia, un procedimento penale per il reato di disastro aereo, sebbene non vi fossero stati feriti, ma solo danni all’aeromobile. Procedimento penale che è andato avanti per 8 anni, al termine del quale nel Marzo 2012 il Tribunale di Gorizia dopo un lungo processo ha dovuto alla fine riconoscere, che per un errata interpretazione della definizione del volo - protrattasi per anni nel corso del giudizio - in realtà non configurabile nella movimentazione di un aereo lungo le vie di rullaggio, che non si era trattato di disastro aereo (non trattandosi di volo), bensì di disastro colposo, comunque alla fine assolvendo tutti gli indiziati !
Questi due casi danno l’occasione allo scrivente di ritornare a trattare un vecchio e caro ”cavallo da battaglia” personale, ovvero di riesumare il problema rappresentato dal fatto che la nostra lingua, l’italiano e in particolare quello giuridico-aeronautico ha nel tempo mutuato molti termini aeronautici dalla lingua inglese, nella quale si esprime per lo più il diritto e la regolamentazione aeronautica dell’ICAO. Ad esempio, il vocabolo inglese “air-craft”, usato per definire gli aeroplani, che come radice ha il significato di “manufatto per l’aria”, ovvero di un prodotto dell’industria fatto per volare; in italiano è stato a suo tempo tradotto con il vocabolo generico di “aeroplano” o velivolo e nel CdN come “aeromobile”, salvo poi a essere integrato con varie specificazioni come ad es., apparecchio, ultraleggero, aliante, ecc.
Tutto ciò è dato dal fatto che esiste una certa anarchia linguistica che consente continuamente di tradurre e coniare nuovi termini di derivazione anglosassone senza alcun rispetto vero e profondo che questi hanno nella loro lingua originale che li ha coniati e ufficializzati in un certo contesto legale e normativo a livello mondiale.
Questo è il parere dello scrivente, ben lieto di essere smentito se qualcuno tra gli illustri legislatori e normatori del diritto aeronautico vorrà farlo.
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A integrazione di questo articolo riteniamo utile riproporre per i lettori quanto a suo tempo documentammo a margine della sentenza sull’incidente di Ronchi dei Legionari:"
SENTENZA
ESTRATTO MOTIVAZIONI SENTENZA
OSSERVAZIONI STASA SU MOTIVI SENTENZA
ORDINE AVVOCATI ROMA SU SENTENZA - 23 giugno 2016
E’ il titolo di un romanzo satirico ed antimilitarista del famoso scrittore americano Joseph Heller, pubblicato nel 1963, che però sembra calzare molto bene in situazioni quali quelle scatenate nell’opinione pubblica dal suicidio/omicidio plurimo perpetrato dal pilota tedesco Andrea Lubiz della compagnia aerea GermanWings, che un anno fa, il 24 Marzo 2015, causò volontariamente la caduta sulla Alpi francesi del volo 9525.
La traduzione letterale del titolo del romanzo sarebbe appunto quella di “Comma 22”, ovvero, in italiano, quella suddivisione che nel testo di un articolo di legge separa ciascun capoverso dal successivo, mentre in un inglese gergale, proprio in virtù della celebrità raggiunta da tale opera, ha trovato il significato di “situazione senza via d’uscita”. Infatti nel romanzo di Heller, che ha coniato il termine “Catch 22”, questo assume il connotato di una situazione paradossale nella quale un medico militare psicoanalista di Stormo, durante il secondo conflitto mondiale, non riesce a sottrarre dall’attività di voli di guerra un pilota combattente, mentalmente instabile, perché la necessaria firma del soggetto malato in calce alla richiesta relativa di inabilità al volo, starebbe a provare che la mente di tale soggetto invece è “capace d’intendere e di volere” e quindi sana, ma soltanto angosciata delle conseguenze di dover continuare a combattere !
L’attualità della situazione descritta nel romanzo è data dal fatto che a seguito del disastro aereo provocato scientemente dalla volontà suicida del co-polota del noto volo 9525 di GermanWing, le Autorità dell’Aviazione Civile internazionale hanno provato a sollecitare tutti i medici, aeronautici o privati che siano, incaricati di valutare lo stato mentale della salute dei piloti commerciali, ad informare i rispettivi datori di lavoro di quegli aeronaviganti che fossero risultati avere qualsiasi problema di instabilità o invalidità mentale, legata o meno a problemi di droga/alcoolismo o di semplice depressione.
Nel settore dell’aviazione commerciale ci si aspetterebbe dunque che i piloti siano talmente validi anche nelle malattie per cause naturali o per stress eccessivo, da essere in grado di dichiararsi ammalati, anche se ciò fosse contrario ai propri interessi personali e finanziari e contemporaneamente ai medici, specialisti e generici, di dover rinunciare al segreto professionale.
Ancora più di recente, in merito al gravissimo evento del volo GermanWing 9525, si accendono accesi e profondi dibattiti sul fatto che, sebbene l’atto compiuto da quel co-pilota (peraltro di scarsa esperienza ma di molta perversità) sia definito “mostruoso”, la successiva inchiesta abbia potuto conoscere lo stato della sua storia medica in ogni dettaglio soltanto perché egli aveva comunque cercato l’aiuto dei medici ancorché privati consultati, atto questo notevole, data la propensione di tutti gli esseri umani ad aver paura delle conseguenze dei loro verdetti, tanto da far scrivere agli investigatori nel loro rapporto sull’accaduto, di aver notato < … l’encomiabile motivazione e l’attiva partecipazione del soggetto nel contribuire al suo trattamento medico iniziale>.
Ciò che porta inevitabilmente a concludere che l’instabilità mentale è la prima conseguenza del comparire nell’uomo di quella terribile e subdola malattia che è la depressione, che molto facilmente viene mascherata da altri comportamento anomali del soggetto.
Il co-pilota di quel disgraziato volo infatti temeva la cecità e di conseguenza mostrava spesso comportamenti aggressivi nei confronti di chi gli stava accanto, mentre sul lavoro cercava di mostrarsi serio e motivato nell’ansia di fare carriera.
Come si può desumere da quanto finora noto, il materiale per scrutare la mente umana di chi è addetto a lavori concettuali ed operativi, per effettuare seri studi clinici dal parte dei migliori psicanalisti di questo mondo non manca, solo che tali specialisti, dovrebbero essere in grado di calarsi effettivamente nei panni di chi devono osservare ed analizzare. 31 marzo 2016
Al testo seguono le puntualizzazioni del Com.te Renzo Dentesano.
Interrogazione a risposta scritta 4-12096 presentato da FAVA Claudio
testo di Lunedì 15 febbraio 2016, seduta n. 569
FAVA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia . — Per sapere – premesso che:
il 5 maggio 1972 si verificava, in contrada Montagnalonga, in territorio di Carini (in provincia di Palermo), un disastro aereo che cagionava il decesso di 115 persone;
in esito al disastro, la procura di Catania, competente territorialmente in quanto a bordo dell'aereo si trovava anche un magistrato in servizio presso gli uffici giudiziari di Palermo, ha, a suo tempo, avviato un procedimento penale per disastro e omicidio colposo, conclusosi con l'assoluzione di tutti gli imputati;
le conclusioni dell'inchiesta hanno stabilito che la strage di MontagnaLonga dovesse essere archiviata come una tragica sciagura attribuibile a cause naturali o a errori umani dei piloti;
nel 1976 un rapporto giudiziario a firma del vice questore di Trapani Giuseppe Peri indicava taluni elementi che consentirebbero di ipotizzare che la causa del disastro possa essere attribuita a un attentato;
nel rapporto si faceva «espresso riferimento alla caduta dell'aereo come episodio inquadrabile nella c.d. strategia della tensione ed espressione di un vero e proprio attentato finalizzato ad indebolire la credibilità dello Stato»;
altre circostanze, certamente degne di approfondimento, sono state offerte nel corso di spontanee dichiarazioni alla procura della Repubblica di Palermo dai familiari di alcune delle vittime;
in particolare:
il nastro della scatola nera dell'aereo era stato sostituito il 30 aprile 1972 e contestualmente strappato in modo da non potere più ricostruire le fasi antecedenti all'incidente, come risulta dalla sentenza della corte di appello di Catania, sez.l, del 13 giugno 1983 in cui, in relazione alla scatola nera, si afferma che «risulta che il nastro è stato trovato strappato in corrispondenza di un tempo di volo di circa sette ore dalla installazione»;
non era stata svolta una perizia balistica sui corpi delle vittime;
alcuni passeggeri erano stati ritrovati disintegrati, mentre altri, che sedevano nella parte della coda dell'aereo, erano integri;
i piloti dell'ANPAC non avevano potuto visionare gli altimetri di bordo ed altri pezzi del relitto dell'aereo, perché il direttore dell'aeroporto di Boccadifalco non li aveva posti a loro disposizione;
le perizie svolte ed acquisite nell'ambito del processo erano tra loro contraddittorie su vari punti, ed in particolare sulla ricostruzione dei percorsi e del piano di volo, come risulta dalle sentenze del tribunale penale di Catania, sez.I del 27 aprile 1982 e della corte di appello di Catania, sez.1, del 13 giugno 1983;
l'inchiesta ministeriale fu svolta in appena nove giorni ed apparve fortemente sommaria nelle conclusioni a cui giunse;
vi era stata anche la cancellazione e la manomissione dei nastri registrati dalla torre di controllo con cui il velivolo era in contatto;
numerose testimonianze raccolte subito dopo i fatti convenivano sul fatto che si sarebbe verificato un incendio a bordo dell'aeromobile, evento perfettamente compatibile con l'esplosione a bordo di un ordigno, o con l'abbattimento dell'aeromobile da parte di ignoti;
le numerose istanze per una riapertura dell'indagine, presentate nel corso degli anni dai familiari di alcune delle vittime, sono fondate su una serie, a giudizio dell'interrogante, assolutamente convergente, di prove dichiarative e di elementi fattuali;
nessun seguito è stato offerto a queste istanze, nonostante l'imprescrittibilità dell'eventuale reato ipotizzato di strage;
sarebbe opportuno effettuare, al fine di accertare l'eventuale matrice dolosa del disastro, ulteriori accertamenti e approfondimenti tecnici, chiesti dai familiari, e in particolare:
1) esame dei rilievi di sopralluogo: i monconi, qualora l'aereo fosse giunto integro all'impatto con la montagna, si sarebbero dispersi su un'area relativamente ristretta, in caso di esplosione su un'area più ampia; in quest'ultimo caso, peraltro, anche i corpi dei passeggeri sarebbero stati oggetto di una «dispersione» di tipo casuale che potrebbe non seguire necessariamente la disposizione dei passeggeri secondo i posti assegnati all'imbarco;
2) esame dei rilievi cadaverici e degli esami autoptici dei piloti all'epoca espletati, per verificare la lesività riscontrata e la natura delle lesioni, nonché di apprezzare eventuali segni indicativi di caduta dall'alto, proiezione o propulsione fuori dal mezzo;
3) esame dei resti dell'aeromobile e del terreno, onde verificare lo stato dei resti (ad es., dei sedili, per accertare l'eventuale presenza di frammenti metallici di natura ultronea) ed effettuare indagini strumentali per la determinazione di eventuali residui di esplosivi;
4) esame dei bagagli ed effetti personali delle vittime, per valutare lo stato al momento dell'impatto, nonché condurre esami tesi a verificare la presenza di eventuali residui di esplosivi;
5) esame dei cadaveri, applicando tecniche medico-legali di indagine radiologica (Rx, TC spirale, RMN), ai tempi del disastro non in uso, onde accertare se nei corpi siano reperibili eventuali frammenti metallici o materiali ultronei ritenuti nelle varie sedi corporee;
6) ricostruzione del volo sulla base di tutti i dati disponibili e su tecniche moderne di simulazione e algoritmi di calcolo aereomeccanico al fine di verificare tempi e rotta dell'aeromobile e modalità spazio temporali del disastro –:
se risulti al Governo se su uno o più atti relativi al disastro di Montagnalonga sia stato posto il vincolo del segreto di Stato;
se siano state disposte indagini amministrative ulteriori in ordine alle cause del disastro aereo, e quali ne siano eventualmente gli esiti;
se il Governo non intenda fornire alla magistratura ogni elemento utile in suo possesso, al fine di ogni iniziativa di competenza volta a chiarire la tragica vicenda.
Puntualizzazioni del Com.te Renzo Dentesano
To whom it may concern
ovvero quanto c’è da dire in merito ad una Interrogazione Parlamentare
sul disastro di Montagna Longa (PA) del 1972.
Dalle notizie di Avionews del 19/2/16, leggo con somma meraviglia di un’interrogazione parlamentare rivolta alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Ministro della Giustizia da part del deputato C. Fava della Sinistra-SEL.
Il lungo testo dell’interrogazione è molto articolata e chiaramente scritta da un legale che si è avvalso di atti del Tribunale di Catania che nel 1976 aveva condotto un processo a carico di certi imputati, poi tutti assolti. E’ chiaramente volto a rinvangare argomenti triti e ritriti, già in voga negli anni successivi al “disastro di Montagna Longa” sovrastante l’aeroporto di Palermo Punta Raisi, sulla quale si infranse il volo Roma Palermo del 5 maggio 1972 (DC 8/43 I-DIWI, da poco declassato ai trasporti nazionali)con la perdita di 115 persone tra passeggeri e membri dell’equipaggio.
Ho partecipato a questa inchiesta con la qualifica di Ufficiale alla Sicurezza dei Voli per conto del Ministro dell’Aviazione Civile (già, perché allora l’Aviazione Civile italiana era dotata di un Ministro ad hoc, con tanto di Commissione tecnico-formale per le inchieste sugli incidenti aeronautici, a norma del Codice della Navigazione – Parte Aerea), presieduta dall’allora famoso Colonnello Lino per il successivo libro bianco sugli aeroporti italiani (che portò a tanti miglioramenti sulle infrastrutture e relative dotazioni aeroportuali e di navigazione allora esistenti). A suo tempo ho seguito le polemiche sorte a proposito di certi fatti che indussero la Procura catanese ad aprire un processo indiziario a carico di certi presunti possibili mandanti di fantomatici attentati, come ho riferito in apertura di questo scritto, mi meraviglio ancora come si possa tentare di riaprire presunte piste criminali su un fatto che si rivelò palesemente come un tragico errore umano, di cui l’Alitalia di allora e la sua assicurazione, dovettero risarcire i congiunti delle vittime.
Adesso con questa interrogazione, a distanza di 44 anni dall’evento, si tenta di coinvolgere la responsabilità dello Stato in modo da mungere un’altra volta le sue esauste casse, così come si continua a fare dopo oltre 36 anni con l’altro incidente, noto come “Strage di Ustica”.
Tanto premesso, mi accingo, per amor di verità, a commentare soltanto quelle parti dell’interrogazione Fava che chiaramente mi constano, basate soltanto su illazioni e sospetti interessati e non obiettivi.
L’interrogazione esordisce dichiarando che la Procura di Catania, competente in
quanto a bordo dell’aereo si trovava un Magistrato di quella Procura, aveva avviato un
procedimento penale per disastro ed omicidio colposo, conclusosi con l’assoluzione degli imputati (non nominati), mentre nel capoverso successivo si parla di conclusioni
dell'inchiesta che avrebbe stabilito che la strage di Montagna Longa dovesse essere archiviata come una tragica sciagura attribuibile a cause naturali o ad errori umani dei
piloti, con evidente contraddizione dei termini utilizzati.
Nel successivo capoverso si rammenta che nel 1976, un rapporto giudiziario (di
chiaro stampo poliziesco) a firma del Vicequestore di Trapani, tale G. Peri, ipotizzava che la causa del disastro potesse essere attribuita ad un attentato, inquadrabile nella strategia della tensione e finalizzato ad indebolire la credibilità dello Stato. A sostegno
si citano dichiarazioni spontanee dei familiari delle vittime del disastro, che non si vede cosa ne potessero sapere di strategie della tensione e quant’altro. Tuttavia l’interrogazione prosegue nominando alcuni particolari, secondo l’estensore, adatti a
spiegare l’evento.
Si parla di “nastro della scatola nera dell’aeromobile”, mentre l’apparato del Flight Data Recorder a quei tempi era costituito da uno speciale rotolo di carta argentata speciale, sul quale una corretta punta lasciava impressi soltanto quattro parametri essenziali del volo, oltre al tempo di funzionamento dell’apparato stesso.
Ora l’apparato stesso era stato sì sostituito dalla manutenzione di Fiumicino cinque giorni prima della sciagura, ma la banda della carta argentata che doveva scorrere dentro l’apparato si era soltanto accartocciata e ne aveva bloccato il funzionamento poche ore dopo l’intervento manutentivo di cinque giorni prima del sinistro.
Prosegue poi citando il fatto che i corpi dei passeggeri dell’aereo disintegratosi nell’urto contro il crinale di Montagna Longa, che si affaccia sul sottostante abitato di
Carini, erano in parte gravemente offesi ed altri erano integri, come integri erano gli impennaggi di coda ed il troncone posteriore rimasto sul crinale dell’impatto, il tutto per poi avanzare il sospetto che potesse essersi trattato di un’esplosione a bordo d’un ordigno, con conseguente incendio in volo.
Mentre è vero che gli occupanti del velivolo erano stati in parte espulsi dal velivolo stesso al momento dell’impatto con il crinale ed erano stati catapultati lungo il
sottostante vallone che si apre verso Carini, altri invece erano stati sfracellati nell’impatto contro le rocce del crinale. Pertanto i primi avevano riportato anche delle bruciature dovute alla deflagrazione del carburante fuoriuscito dai serbatoi disintegratisi nell‘urto ed incendiatosi nebulizzato a causa dei motori distaccatisi ancora in piena funzione e precipitati assieme a piccole parti della struttura lungo il pendio del vallone già citato.
Infine si conclude criticando il fatto che l'inchiesta ministeriale fosse stata conclusa in appena nove giorni ed agli occhi dell’interrogante apparirebbe fortemente sommaria nelle conclusioni a cui giunse.
Orbene, sull’argomento, io so solo questo:- nella tarda serata del 5 Maggio 1972 fui convocato all’aeroporto di Fiumicino, dove trovai il Presidente e i componenti la Commissione ministeriale pressoché al completo e dopo un briefing su quanto al momento noto ci imbarcammo con le nostre attrezzature su di un DC 9 dell’Alitalia alla volta dell’aeroporto di Palermo Punta Raisi. Al nostro arrivo, dopo un altro briefing di aggiornamento anche sulle carte topografiche della zona, ci imbarcammo su alcune Campagnole militari che ci condussero alle prime luci dell’alba in cima a Montagna Longa, dove ebbe inizio il nostro lavoro di ricognizione e di raccolta delle evidenze disponibili sul campo. Così disposti a raggiera, scendemmo lentamente lungo il ripido canalone, per poi, una volta giunti alla base pianeggiante, risalire un’altra volta fino alla cima, raccogliendo ancora quanto già prima segnato come utile all’inchiesta e fotografando tutto accuratamente con la collaborazione di fotografi messi a disposizione dalle Forze dell’Ordine che avevano presidiato la zona fin dalla notte. Nei
giorni successivi e in ore serali corrispondenti vennero effettuati anche voli di prova e
di controllo a Punta Raisi, con la collaborazione di alcuni testimoni attendibili ed altri ancora anche a Fiumicino.
Infine lavorando incessantemente ogni giorno, dopo nove lunghi giorni, la Commissione, supportata anche da esperti della Douglas Aircraft e da motoristi del fabbricante dei motori, la Commissione fu in grado di stilare le conclusioni dell’inchiesta tecnico-formale, come da mandato; conclusioni volte, si badi bene, a stabilire le cause del mortale incidente onde prevenirne l’eventuale ripetizione ed a firmare all’unanimità il relativo verbale, compreso il rappresentante dell’ANPAC, chiamato a farne parte.
Che cosa abbia disposto la Magistratura competente in merito ad una propria indagine
sul disastro non era nostro compito.
Che adesso, a distanza di ben 44 anni dall’evento, in base a considerazioni veramente tendenziose e volta a coinvolgere la responsabilità dello Stato, che poi dovrebbe risponderne risarcitoriamente, non sarebbe affare mio, ma il desiderio di far finalmente desistere da questi tentativi di strategia della tensione, sempre in atto fin da quei tempi, mi ha spinto a provare a mettere i puntini sulle i, per quanto di mia conoscenza.
Del resto anche tra gli altri Colleghi Commissari dell’epoca ci devono essere ancora dei viventi (io ne so per certo almeno di uno). Spero proprio che qualcuno, fra le attuali Autorità competenti, sia in grado di fornire elementi utili a far cessare questa strategia di assalto alla diligenza. 25 febbraio 2016
Quante volte è successo a Meduno in Friuli? Quanti incidenti ogni mese? Dove si vola con il parapendio? On line sono disponibili elenchi e mappe in ogni regione del Belpaese e volare parapendio è diventato una realtà alla portata di quasi tutti. Volano italiani che si spostano da una regione all'altra ed anche stranieri (nordeuropei, balcanici, slavi e tedeschi) che da vacanzieri si spostano per questa fantastica e appassionante attività di volo libero. Da una zona di lancio a un'altra.
La cronaca di ieri descrive ancora una volta il caso di un parapendista, stavolta straniero, caduto poco dopo il lancio, dal decollo dal monte Valinis (1102 metri) nel territorio comunale di Meduno in provincia di Pordenone. Era il primo pomeriggio e precipitato da una quindicina di metri. Il pronto intervento del Soccorso Alpino di Maniago con l'elisoccorso ha permesso il ricovero del pilota in condizioni gravi.
Ma non sono solo nel Friuli che le zone di volo e punti di decollo sono ambiti dai "piloti" italiani e non.
I punti/zone più frequentati/e sono i seguenti:
Monte Bernadia con atterraggio a Torlano di Nimis;
Monte Quarnan con atterraggio a Godo di Gemona del Friuli;
Monte S. Simeone con atterraggio a Bordano;
Monte Valinis con atterraggio a Meduno;
Piancavallo (PN) decollo dalle Antenne, sulla strada che sale a Piancavallo e atterraggio al Campo Delta di Aviano. In ogni regione italiana le zone di lancio sono numerose e frequentatissime.
La ricerca di maggiori dati sull'ultimo incidente di Meduno per mezzo di Goggle presenta un campionario statistico/casistico degli incidenti di parapendio avvenuti in questa località!
Possibile che siano tanti? Certo l'incidente - solitamente - si registra con la buona stagione: durante il maltempo invernale/autunnale il numero degli incidenti si azzera. Il parapendio non vola.
Ma quando la bella stagione invoglia i "volanti" a lanciarsi anche il numero degli incidenti, minori e tragici, trova spazio nella cronaca locale. Avviene altrettanto a livello centrale da parte degli enti/agenzie deputate allo scopo? Qualcuno ha un quadro effettivo degli incidenti?
A Meduno, tuttavia, non passa mese che non sia registrato un incidente di parapendio.
Per quale ragione non è adeguatamente monitorata questa bellissima attività di volo libero assicurando una maggior sicurezza e minor rischio? 17 luglio 2015
Se verranno definitivamente confermate le prime rivelazioni emergenti dall’ascolto delle registrazioni del Cockpit Voice Recorder dell’Airbus A320 di GermanWings sugli intendimenti autodistruttivi del Copilota rimasto inspiegabilmente asserragliato da solo dentro la cabina di pilotaggio dopo pochi minuti dal raggiungimento della quota di crociera, bisognerà dire cinicamente che è andata ancora bene per il numero delle vittime, perché qualora invece di andarsi a schiantare contro una parete rocciosa delle Alpi Marittime francesi costui avesse voluto infrangersi indisturbato contro un obiettivo molto più grosso di quanto non fossero perfino le Twin Towers di New York per i terroristi del 2001, avrebbe avuto a disposizione obiettivi ancora più importanti quali la città di Marsiglia oppure la Flotta francese nel porto di Tolone !
Comunque vada a finire quest’inchiesta in mano alla Procura Generale francese, una triste e preoccupante realtà affiora alla luce fin da ora.
I sistemi di reclutamento del personale aeronavigante e particolarmente dei piloti in vigore nell’Aviazione Civile Internazionale non sono più adeguati ai tempi, perché annacquati o inibiti da assurde norme di privacy che vietano di assumere informazioni sulla condotta di vita dei candidati e perfino sulle loro famiglie d’origine; norme che poi sono disattese da tutte le parti, visti i tempi in cui viviamo. I relativi accertamenti sanitari, in tempi in cui i costumi sono quelli della massima rilassatezza e di libero consumo di sostanze stupefacenti anche alla guida di autovetture, sono ancora peggio.
I sistemi di valutazione caratteriale dei candidati rimangono pertanto relegati a pure valutazioni teoriche basate su colloqui con psicologi incaricati, che però non possiedono alcuna esperienza o professionalità aeronautica.
I sistemi di addestramento, basati in buona parte sull’utilizzo di addestratori in realtà virtuale, come ad esempio quelli su computers e schermi televisivi con joystick piuttosto che su aeromobili con pratiche di volo reali, anche acrobatiche o perlomeno di conoscenza reale di recupero da assetti inusuali assunti dall’aeromobile, sono un’altra falla nella preparazione pre e post-professionale, come pure i relativi riscontri sanitari psichiatrici e comportamentali ricorrenti.
I sistemi di accertamento psicofisico a seguito d’intensa e prolungata attività di servizio in volo, accertamenti neppure suffragati da valutazioni scientifico-sanitarie riconosciute, sono altrettanto carenti e possono raggiungere in soggetti particolarmente fragili mentalmente, dei livelli non più recuperabili di irrazionalità e di desideri di “auto-flagellazione” o di “auto-distruzione”.
E ancora, l’eccessiva fiducia che viene instillata nei piloti fin dagli inizi della carriera professionale sulla bontà e affidabilità sui sistemi automatici delle macchine aeree che vengono loro affidate, può far la differenza fra coloro che riescono a comprendere ed a seguire ciò che i programmi inseriti nei computers di bordo stanno facendo fare alle macchine stesse, oppure determinano un grado di rilassamento che sfiora l’incoscienza e che sommerge coloro che si fidano senza comprendere.
Queste, per sommi capi, le prime conclusioni e riflessioni che si dovrebbero trarre a seguito della tragedia delle Alpi francesi … e non solo di quella !
E tutto ciò ha valore fino ad oggi, perché fra poco, quando verranno liberalizzati e voleranno nei cieli sopra le nostre teste senza protezione giocattoli:comandabili a distanza (già in vendita) e droni in miniatura e non in miniatura, (del peso/massa che va da pochi grammi fino a decine di chilogrammi), inclusi nella Categoria “Open” delle recenti proposte normative emanate dall’EASA (European Aviation Safety Agency), anch’essi comandabili a distanza da manovratori al sicuro al suolo, che non necessiteranno, secondo le norme liberalizzatici, nemmeno d’essere in possesso di un patentino che li identifichi e che li abiliti. allora sì che ne vedremo … delle brutte! 28 marzo 2015
Devo innanzitutto fare ammenda e rettificare parzialmente alcune informazioni non esatte contenute nel mio pezzo di aggiornamento sulle ricerche del relitto del volo MH 370 di Malaysian Airlines.
L’Arcipelago Kerguelen o dell’isola principale, denominata Isola della Desolazione, che avevo attribuito erroneamente appartenere alla Repubblica del South Africa, situato a 4.800 km dall’Australia e a 5.300 km dal Capo di Buona Speranza ed a circa 2.000 km dalla più vicina costa settentrionale del Continente Antartico, in realtà fin dal 1893 è stato dichiarato possedimento delle Terre Australi e Antartiche Francesi –(French Southern & Antarctic Lands).
L’Arcipelago dell’emisfero australe, formato dall’Isola della Desolazione (5.820 km²) e da centinaia di isolotti e scogli di origine vulcanica (per un totale di 6.232 km²) è una delle terre più desolate del mondo per il clima reso rude dal soffiare del vento perenne di ponente, la cui temperatura media annuale è di soli 3°C. Perciò è popolata soltanto da un centinaio di pescatori.
Come ho già detto in precedenza, devo chiarire che l’area geografica (consistente in un arco di cerchio) da cui sono stati captati da un satellite geostazionario di Inmarsat, posizionato nello spazio sopra il Central Indian Ocean, gli ultimi segnali utili del volo MH 370, consistenti in una serie di ecosegnali Doppler a cadenza oraria, rilevati e poi abilmente elaborati dagli analisti della stessa Inmarsat, è approssimativamente situata a metà della ideale congiungente la città di Perth (Australia) e l’Arcipelago Kerguelen, per l’appunto.
Ciò ha poi consentito agli Investigatori internazionali che stanno seguendo il caso, di indirizzare le ricerche (ancora una volta, solo satellitari, per ora) verso l’area geografica dell’Oceano Indiano meridionale, zona che prima o poi sarà raggiunta dalle numerose navi annunciate di far rotta verso tale obiettivo, mentre le ricerche aeree sono ostacolate dal maltempo. Tuttavia, tra gli squarci pazientemente attesi fra le nubi, il satellite australiano che per primo aveva avvistato due rottami di grosse dimensioni non identificati, in seguito ha registrato la presenza in mare di altri numerosi relitti non identificati, delle dimensioni che variano dalla grandezza di un solo metro ad una ventina di metri.
Questo lo stato attuale delle ricerche alla data odierna, mentre continuano le proteste, soprattutto cinesi, per i modi con i quali sono state condotte le prime fasi di allarme e di ricerca da parte delle autorità malesi.
Oltre a ciò, prendono sempre più corpo le critiche per l’attuale stato di sorveglianza dei voli consentita dall’attuale tecnologia aeronautica riguardante i voli dei velivoli commerciali, del resto già avvenute anche al tempo del disastro dell’Airbus A. 330/200 – volo AF 407 – del 31 Maggio – 1 Giugno 2009, precipitato in Atlantico. 28 marzo 2014 (by Com.te Dentesano)
Considerazioni del Com.te Renzo Dentesano. Stando alle notizie finora disponibili e rese note dal presente comunicato pubblicato dall’Agenzia di stampa AVIONEWS, si deve constatare che la zona di ricerca di relitti dell’aeroplano B. 777/200 – volo MH 370 – della Malaysia Airlines si trova pressappoco sulla direttrice che congiunge la città australiana di Perth con le Isole Kergueles (appartenenti al South Africa) e a circa metà percorso fra i due punti nominati, praticamente al confine ideale tra l’Oceano Indiano meridionale ed il Southern Ocean orientale ed all’incirca 3.000 miglia nautiche dalla costa più settentrionale dell’Antartide.
Da notare che le citate Isole Kergueles stanno quasi alla stessa latitudine sud delle Isole Falkland o Malvinas, soltanto a 150° di longitudine di differenza !
L’aeroplano, con il suo carico umano (forse cosciente) a bordo, avrebbe pertanto volato in modo intenzionale per circa 7 ore delle sue complessive 8 ore di volo verso una meta volutamente irraggiungibile a Sud proprio per terminare la sua corsa nelle acque oceaniche, ma in modo da rendere impossibile qualsiasi collegamento con telefoni cellulari da parte dei passeggeri, avendo volato sempre al di fuori di qualsiasi stazione di collegamento con la rete telefonica terrestre e forse anche da quella telefonica satellitare, tant’è che verso la fine del percorso anche i messaggi automatici dell’ACARS di bordo non sono stati più ricevuti.
Soltanto l’occhio vigile di un attento satellite australiano (presumibilmente di difesa) ha potuto fornire, quando interrogato, delle tracce che hanno permesso al Governo australiano, dopo circa 8 giorni dalla scomparsa, di dare l’allarme alle organizzazioni che stavano cercando inutilmente l’aeroplano malese diretto a Pechino ! 26 marzo 2014
A margine della recente sentenza emessa dal Tribunale Penale di Palermo a carico dell’equipaggio di condotta dell’Airbus A. 319 della fallita Compagnia siciliana WindJet, avvenuto sull’aeroporto di Palermo Punta Raisi nella serata del 24 settembre 2010, non possiamo che gioire da un lato per l’assoluzione penale del Co-pilota di quel volo (già abbondantemente punito dall’aver perduto il posto di lavoro con la sospensione della validità della sua licenza professionale) e, contemporaneamente, non possiamo che rattristarci e commentare negativamente la mentalità giustizialista di quelle due “libere associazioni di perbenisti”, della controversa pubblicità e dalla condanna pecuniaria a loro favore inflitta al Comandante del volo, forse colpevole professionalmente per non aver saputo gestire la situazione venutasi a creare dalle esistenti condizioni meteorologiche perturbate presenti al momento dell’incidente, ma comunque risoltasi fortunosamente senza vittime e soltanto con qualche lieve contuso … o mentalmente provato!
Ma allora, perché la sentenza definirebbe, “sic et simpliciter”, il loro comportamento errore umano? Forse che non esiste la distinzione tra errore operando in buona fede ed errore di negligenza o violazione intenzionale a fine delittuoso ?
La notizia è stata data molto sommessamente solo localmente ed ha trovato eco nazionale, come al solito, soltanto su certa stampa; un esempio di cui diamo qui di seguito riproduzione, con evidenziati in neretto in certi punti particolari su “licenza” di chi scrive e firma queste considerazioni sempre in tema di sicurezza del volo e del trasporto aereo.
Ed ecco la notizia come pubblicata da uno dei maggiori fogli d’informazione (la Repubblica - cronaca Palermo 12 dicembre):-
L'aereo finì fuori pista a Punta Raisi: condannato solo il comandante.
<Il GUP ha inflitto un anno e otto mesi all'ex pilota Windjet Raul Simoneschi. Assolto il suo vice, Fabrizio Sansa. Niente windshear: fu un errore umano a provocare l'incidente, nel settembre 2010. Secondo il giudice, la responsabilità dell'incidente all'Airbus A319 della Windjet in servizio da Roma a Palermo, che il <strong>24 settembre 2010 finì fuori pista nello scalo di Punta Raisi, fu solo del comandante Raul Simoneschi: a conclusione del processo col rito abbreviato, il GUP di Palermo Cesare Vincenti lo ha condannato a un anno e otto mesi, pena sospesa. E' stato invece assolto, come aveva chiesto il pm Carlo Lenzi, il primo ufficiale Fabrizio Sansa. Erano accusati di "caduta di aeromobile" e lesioni colpose.
L'inchiesta, che si è basata prevalentemente su consulenze tecniche, ha escluso che a provocare l'incidente sia stato il "wind shear", il fenomeno consistente nell'improvviso cambiamento di direzione delle correnti d'aria. Gli esperti nominati dai pm, Luigi La Franca e Caterina Grillo, hanno stabilito che fu un errore umano dei due piloti.
Il volo Windjet Roma-Palermo atterrò prima che iniziasse la pista, mandò in frantumi il carrello e finì la sua corsa sul prato. A bordo c'erano 123 passeggeri e sei membri dell'equipaggio. Alcuni riportarono lievi traumi.
Agli atti dell'inchiesta anche la concitata discussione tra Simoneschi e il suo vice, avvenuta prima dell'atterraggio. Al processo si sono costituiti parte civile alcuni passeggeri, assistiti dagli avvocati Mauro Torti e Vincenzo Zummo; la Gesap, società che gestisce i servizi a terra nell'aerostazione (avvocato Fabio Ferarra), L’Associazione Nazionale per la Sicurezza del Volo (avvocati Torti e Corrado Nicolaci), la "Fondazione 8 ottobre 2001 per non dimenticare" che riunisce i familiari delle vittime della strage all'aeroporto di Milano Linate (avvocato Salvatore Forello).
All'Associazione nazionale per la sicurezza del volo sono andati 15 mila euro, così come alla Fondazione 8 ottobre.
Per gli altri, il GUP ha rinviato al giudice civile perché quantifichi la liquidazione del danno>.
In attesa di conoscere le motivazioni sulle quali si è basata la decisione della Corte, abbiamo tuttavia qualcosa da commentare.
Non riusciamo infatti a comprendere, la costituzione quali Parti Civili di un’Associazione autonominatasi “nazionale per la sicurezza del volo”, certo liberamente costituitasi, ma non che per questo possa vantare diritti di “parte lesa” (di che ?), che invece, molto giustizialisticamente le sono stati accreditati quali “indennizzo” (di che ?) sia dai P. M. dell’inchiesta inquirente che dalla Corte giudicante.
L’altra Associazione, quella dei famigliari delle vittime del triste avvenimento di Linate, costituitasi proprio per ricordare le Vittime di allora, nata per far sì che certe condizioni, non si avessero a ripetere e quindi con scopi altamente nobili, adesso, costituendosi Parte Civile in un giudizio penale che ben poco dovrebbe aver a che fare con i propri fini, se non per quelli “per non dimenticare”, con questo atto, si è trovata su di un evento ben diverso, salvo che non volesse illudersi che con la propria costituzione in “libera associazione”, automaticamente gli incidenti aerei fossero banditi dai cieli e dagli aeroporti italiani. Di contro, - si potrebbe ipotizzare - non si è mai preoccupata di perseguire quelle istituzioni locali o nazionali che non provvedono ad intervenire tempestivamente a salvare le vite degli eventuali superstiti negli incidenti sopravvivibili o prevenibili !
E quest’ultimo commento ci porta subito a chiederci perché sia stata ammessa come “parte civile lesa” la Società di gestione dell’aeroporto di Punta Raisi, la Gesap, che può aver sì subito qualche danno materiale per la necessaria riparazione di qualche luce di pista dell’aeroporto o di qualche pezzo del manto della pista, ma invece (a mio parere) avrebbe dovuto aspettarsi d’essere chiamata sul banco degli imputati per la mancata tempestività nei soccorsi ai sopravvissuti all’incidente; incidente che, solo per fortunate circostanze, non si è risolto in una tragedia ben più grande di qualche persona contusa o traumatizzata tra gli occupanti, che, nella gran parte, si son ritenute fortunate d’esser scampate a qualcosa di peggio d’essersi infradiciate sotto la pioggia battente per raggiungere l’aerostazione e non si sono costituite parti lese neppure per la mancata assistenza locale.
Devo rilevare ancora che dal comunicato stampa sopra riprodotto si può evincere il fatto che «l'inchiesta si è basata prevalentemente su consulenze tecniche». Non si conoscono nomi, qualifiche professionali aeronautiche e numero dei Periti utilizzati dai P. M. dell’inchiesta penale per raggiungere le convinzioni poi fatte proprie dalla Corte e neppure le identità e le qualifiche di coloro utilizzati come Consulenti dalla Corte stessa, ma una cosa si sa per certo:- che non si è potuto (anche volendo) utilizzare alcuna ulteriore evidenza tecnica sulle cause prossime o remote raccolte dagli Investigatori dell’Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo, in quanto, la doverosa investigazione indipendente dell’ANSV, prontamente aperta con la costituzione di una Commissione cui partecipano anche gli esperti aventi internazionalmente diritto all’investigazione, non si è mai conclusa, prima della conclusione giudiziaria a sentenza !
E dunque, collateralmente alla sentenza della Corte del Tribunale Penale di Palermo, mi sento di dover, ancora una volta, rimarcare la riprovevole realtà consistente nel fatto che, dopo oltre trentanove (39) mesi dall’evento del 24 settembre 2010, non risultano ancora pubblicate le risultanze e le cause tecnicamente accertate dall’investigazione.
Sarebbe stato oltremodo interessante poterne disporre, a discrezione della Corte, in sede dibattimentale, ma comunque sarebbe stato, ma lo sarà ancora quando l’ANSV dovrà pubblicare le proprie conclusioni, poter confrontare quanto hanno accertato gli Investigatori indipendenti dell’Agenzia, rispetto a quanto prospettato dai Periti dell’Accusa nell’impianto circostanziale proposto ai P. M. e da questi presentato alla Corte giudicante.
Comunque, quello che a mio avviso, in un Paese aeronauticamente più progredito anche giudiziariamente, avrebbe dovuto comportare soltanto l’apertura di un procedimento disciplinare amministrativo aeronautico per la distruzione di un aeromobile, oltre che l’apertura di un procedimento civile per le responsabilità dell’equipaggio di condotta connesse con le lesioni ed i danni provocati dall’incidente, nel nostro Paese di giustizialisti e di dubbia inadempienza ai doveri d’ufficio internazionalmente sanciti da Convenzioni e Trattati internazionali, si è trasformato in un processo penale che, dopo aver sancito una condanna penale ed un’assoluzione (oltre che parziali ed immotivati indennizzi), ha rimesso proprio la faccenda degli indennizzi ai reali aventi diritto alle decisioni del Tribunale Civile, che chissà quando arriveranno, mentre finisce completamente ignorata ogni omissione di soccorso locale agli occupanti del velivolo.
Vedremo se anche il “Rapporto finale dell’investigazione” aperta da ANSV sarà capace d’ignorare questo fatto, denunciato da molti nell’immediatezza dell’evento e poi stranamente passato sotto silenzio, allorquando tale doveroso Rapporto sarà finalmente reso di pubblica ragione e, vogliamo sperare, sottoposto al vaglio della vigilante Presidenza del Consiglio dei Ministri in carica e delle Commissioni del Parlamento nazionale competenti a giudicare i casi inerenti al Trasporto Pubblico !
E con la fine dell’anno in corso, ci auguriamo che finiscano anche certe storture in un Paese contradditorio in tutti i campi, ma che trova il modo di risarcire chi non ha alcun diritto e rimanda di riconoscere il dovuto a coloro che ne hanno bisogno e diritto. 1 gennaio 2014
Che dire ancora ? Gridare allo scandalo ?
A fronte del desolante silenzio dell’ANSV (Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo) e perfino di quei Parlamentari sempre attenti alle “riattaccate” eseguite da Piloti scrupolosi nell’attenersi alla massima sicurezza per i passeggeri trasportati, in atterraggio sui malandati aeroporti italiani, ecco che anche a fronte dei pubblici appelli lanciati dalle pagine di questo benemerito sito web che si occupa di sicurezza del volo in modo proattivo, oltre della salvaguardia del rispetto ambientale, siamo costretti, a trentasei, dico trentasei (!) mesi di distanza da quel fortunoso evento, a dover rimarcare che ben 1095 giorni non son bastati all’ANSV per completare e pubblicare, come doveroso, le risultanze dell’investigazione tecnica di sicurezza sull’incidente del volo WindJet del 24 Settembre 2010 all’aeroporto di Palermo – Punta Raisi ed emettere le relative raccomandazioni correttive per fare in modo che incidenti del genere e le relative manchevolezze al suolo non abbiano a ripetersi !
Ed invece … silenzio ! A parte un’addolcita relazione intermedia ancora silenzio tombale sulla dinamica dell’incidente gravissimo (accident).
E sì che non si trattava di un’investigazione complessa, difficile o mancante di qualche elemento essenziale per stabilire i fatti, le circostanze, le prove … anche di quanto è mancato al suolo, in termini di assistenza/soccorso, … ai miracolati che si trovavano a bordo … e che forse nemmeno hanno capito quanto sono stati … fortunati, proprio in rapporto alla mancanza di solerti soccorsi !
In tre anni il "BEA" (Bureau d'enquêtes et d'analyses pour la sécurité de l'aviation civile) francese ha pubblicato la relazione finale del gravissimo incidente del volo Air France Rio Parigi sprofondato in mezzo all’oceano atlantico. Noi, invece, con testimoni viventi siamo ancora negli abissi dell’oceano.
E l’ANSV … niente (salvo scopiazzare una raccomandazione già emessa negli USA per un altro incidente, riguardante … il pavimento della cabina passeggeri!). Come a dire, insomma, che tutto è andato bene (in mancanza di vittime), che non è successo nulla di grave, … tanto ci pensa la Magistratura a stabilire responsabilità e relative pene, com’è ormai adusa da anni a fare ANSV, cioè a non pubblicare le proprie Relazioni finali d’inchiesta se non dopo sentenze decise dalla Magistratura penale.
Già perché il pericolo corso dai passeggeri di quel volo, conclusosi fortunosamente con la distruzione dell’aeromobile A. 319 e qualche contuso fra gli occupanti (che non sono stati mai adeguatamente soccorsi ed assistiti a seguito dell’evento, in completo fallimento degli interventi di soccorso previsti per tali casi, procedure che dovrebbero entrare immediatamente in azione da parte delle organizzazioni della Gestione aeroportuale di Punta Raisi, così come approvata da ENAC).
A tre anni di distanza, a fronte dell’indifferenza perfino dei Parlamentari che dovrebbero approvare annualmente l’operato della Presidenza dell’ANSV e della mancata sorveglianza dell’Agenzia da parte degli ultimi Presidenti del Consiglio sulle attività di prevenzione non esercitate nei tempi previsti dagli standard ICAO (ANNESSO 13), non rimane che attendere, mal rassegnati, le conclusioni giudiziarie del Tribunale di Palermo (che purtroppo non saranno quelle che c’interessano ai fini della Safety), non appena la solerte Magistratura italiana ce le farà conoscere.
Ma intanto trentasei mesi son passati invano. E a questo tipo di violazione ingiustificata delle norme internazionali dell’ICAO ed anche del recente Regolamento n. 996/2010 della Comunità Europea nessuno ha sentito il dovere di porre rimedio !
Codesta Agenzia, inoltre, ha impiegato altri 3 anni e 10 mesi, per pubblicare lo scorso 13 Dicembre soltanto una Relazione Intermedia sul grave incidente avvenuto il 7 febbraio 2009, in località Trigoria (Roma) al Cessna 650 marche I-FEEV.
Come al solito siamo sempre in presenza di tempi biblici.
Dalla lettura di questa relazione emerge che il ritardo sarebbe dovuto all’intervento della competente Autorità giudiziaria che ha subito messo sotto sequestro tutto il materiale ed i documenti dell’aeromobile incidentato. Aeromobile che, ricordiamo, doveva effettuare un semplice volo di trasferimento a Bologna per un successivo volo sanitario.
In questa relazione ci sono dettagliate informazioni sullo stato del FDR e del CVR e sulle modalità di elaborazione dei dati forniti, nonché la disposizione dei rottami dell’aeromobile, ma l’analisi delle evidenze sull’evento è del tutto carente.
Dopo quasi 4 anni sembra un po’ poco, anche in questo caso !
A questo punto meglio sarebbe delegare l’EASA con le sue strutture europee allo svolgimento delle indagini e alla pubblicazione dei dati relativi, guadagneremmo in tempo ed in denaro. 23 settembre 2013
Le prime notizie di stampa disponibili (dato che quelle di ANSV ancora latitano Domenica 3 Febbraio) informano che il volo Pisa-Roma AZ 1670 esercito con velivolo ATR 72 dalla Compagnia romena CARPATAIR per conto di ALITALIA/CAI durante la manovra d’atterraggio sull’aeroporto di Fiumicino la sera del 2 febbraio si schiantava al suolo, finendo fuori pista e causando un certo numero di feriti, dei quali alcuni gravi. Il volo veniva operato in wet-leasing (aereo più equipaggio forniti da altra compagnia) dal neo-vettore romeno per accordo del Settembre 2011 con ALITALIA/CAI.
Quando se ne saprà di più sulle possibili cause e soprattutto sugli interventi di salvataggio, le prenderemo in esame e le commenteremo.
Comunque da notizie di stampa si apprende che alcuni sindacati di piloti e di assistenti di volo italiani hanno già proclamato un’astensione dal lavoro per Lunedì 4 Febbraio, in segno di protesta contro quell’accordo operativo-commerciale tra le due nominate Compagnie aeree, in quanto risulterebbe che il Vettore romeno sia già incorso in numerosi “mancati incidenti di volo” nel periodo di validità dell’intesa commerciale, due dei quali accaduti nell’appena trascorso mese di Gennaio 2013.
Ora ciò non sorprende chi vi scrive, in quanto questo neo-Vettore aereo non sarebbe altro che la resurrezione (diretta o indiretta) sotto diverse “spoglie mortali” della gestione di capitali d’una vecchia impresa, già brutta conoscenza dei cieli italiani.
Dico questo perché il modo di condurre l’attività operativa-commerciale della Compagnia romena, in base alle denunce effettuate da diversi responsabili di diverse organizzazioni sindacali italiane del settore ed inviate a suo tempo all’attenzione degli Enti istituzionali di sorveglianza del settore dell’Aviazione Civile italiana avrebbe dovuto già mettere in atto alcune misure particolari di ispezione e sorveglianza sul Vettore romeno per le sue operazioni sul territorio italiano. Siccome le denunce in questione sono state indirizzate ad ENAC, nella sua qualità di Ente pubblico dotato di potere regolamentare, concessorio e sanzionatorio e ad ANSV, Agenzia con compiti investigativi e di prevenzione degli incidenti aeronautici civili, ancora una volta si dimostra che l’organizzazione dell’Aviazione Civile in Italia non è sufficientemente unitaria e neppure efficiente per prevenire gli incidenti aeronautici dovuti a carenze conosciute dei Vettori autorizzati ad operare sugli aeroporti italiani in generale ed in particolare su quelli autorizzati a gestire porzioni di voli tra scali nazionali.
Se si dà credito alle informazioni disponibili in merito a segnalazioni già fatte seppure da rappresentanti di sindacati riconosciuti a tali Enti ed ai passi di protesta avanzati nei confronti di ALITALIA/CAI per l’affidamento di Voli al Vettore romeno in base ai precedenti conosciuti ed anche in base alla Legge 196, allora bisogna dire che vi è stata addirittura negligenza e omissione di doveri d’ufficio.
Anche ALITALIA/CAI avrebbe dovuto valutare più attentamente i precedenti tecnici accaduti di recente al Vettore prescelto per l’accordo di wet-leasing ed agire precauzionalmente di conseguenza.
Alla fine del 2001 su AIRMANSHIPONLINE, sito di sicurezza del volo con il quale allora collaboravo, scrivevo in merito al disastro del velivolo AN 24 esercito in wet-leasing da ROMAVIA per conto della Compagnia romena BANAT AIR – volo BAT 166 - accaduto a Verona la sera del 13 Dicembre 1995, che causava la morte di tutti i 49 occupanti (41 passeggeri e 8 membri d’equipaggio), 34 dei quali italiani:
« Ancora una dimostrazione che la nostra AVIAZIONE CIVILE NON E’ un "SISTEMA".
Il 13 dicembre 1995, un Antonov AN 24 della Compagnia aerea Romavia, noleggiato da una Società fantasma (cioè senza aeromobili e senza organizzazione) rumena, la BANAT AIR, alla quale dalla D.G.A.C. del Ministero dei Trasporti era stato concesso di esercire "una linea aerea stagionale" da/per Verona precipitò al suolo dopo il decollo.»
Ma sembra che per nessuno degli attuali responsabili dell’A. C. italiana e della Compagnia ex di bandiera i corsi e ricorsi storici e i precedenti operativi conosciuti dicano niente in materia di prevenzione degli incidenti. 5 febbraio 2013
Così come subito dopo il 27 Giugno c.a. avevo commentato la celebrazione del “vuoto e ritrito rito politico del 27 Giugno”, non mi posso ora esimere dal commentare, con rigoroso rispetto della realtà e della verità la notizia del 12/9/2011:- «Ustica, condannato lo Stato. Negligenza e indagini depistate» !
Dunque, con rara sensibilità e … “chiaroveggenza”, il Tribunale Civile di Palermo questa volta, dopo ben 31 anni dall’evento del 27 Giugno 1980, sentenziato tout court (in attesa di partorire le motivazioni) che ai figli ed ai familiari degli aventi diritto delle 81 vittime del disastro aereo del DC 9 I-TIGI dell’Itavia (ma forse anche della parte lesa come proprietà di Itavia, fallita a seguito del fatto) spettino complessivamente 100 milioni di Euro di risarcimento da parte dei Ministeri dei Trasporti e della Difesa-Aeronautica.
Non è ancora noto, quindi, in quali parti verrà attribuito l’esborso della somma complessiva e come poi la torta verrà divisa, come pure in base a quale reato colposo, doloso o di alto tradimento spetti rispettivamente il salasso, in quanto per ora non è dato di apprendere coma mai sia stato tirato in ballo adesso il Dicastero dei Trasporti, anche se l’inchiesta tecnico-formale (ex articolo 827 del Codice della Navigazione allora vigente) non fu mai completata a causa del mancato recupero (fino al 1986) del relitto dell’aeroplano dal Mar Tirreno.
Mentre per quanto attiene il Ministero Difesa-Aeronautica, è facilmente intuibile che l’attribuzione sarà fatta in base agli ultimi rigurgiti “complottistici” attribuiti, per l’appunto, proprio ai Generali dell’Aeronautica Militare a suo tempo lungamente indagati e processati per aver «occultato la verità» e per «non aver saputo difendere il cielo della Patria» dall’ignoto killer straniero, ma alla fine pienamente assolti !
In quest’Italia del “di tutto, di più”, ci si può attendere veramente di tutto !
Attendiamo le motivazioni ! 25 dicembre 2012
Il 15 Dicembre 2012 è stata, finalmente, resa pubblica da ANSV una tardiva ed incompleta Relazione Intermedia sulla caduta del velivolo biretattore Cessna 650 - immatricolato I-FEEV – a Trigoria (Roma) avvenuta solo 3 minuti dopo il decollo dalla pista 15 dell’aeroporto di Ciampino.
Il fatto più grave che risalta da una prima lettura di questa relazione, resa ad oltre 34 mesi dall’evento, è che la causa o le cause di tale mortale (per i due piloti) incidente di volo rimangono a tutt’oggi sconosciute, o meglio indeterminate, e perciò sussiste l’impossibilità di prevenire eventuali difetti o malfunzionamenti di quel tipo di aeromobile o delle sue componenti essenziali. Pertanto ancora oggi le cause NON possono essere indicate all’attenzione della comunità aeronautica internazionale per possibili tempestivi interventi correttivi.
Risultato di questa gravissima e protratta deficienza [tutta italiana, quando si pensi che il recupero dei rottami del volo Air France dal fondo dell’Oceano Atlantico è stato più rapido di questa relazione interlocutoria – ndr] risulta, secondo ANSV, tutta da ascriversi principalmente a carico della competente per territorio [ma non per capacità investigativa – ndr] Autorità giudiziaria, che direttamente sul luogo dell’impatto al suolo del velivolo ha provveduto a sequestrare il relitto e tutte le possibili evidenze, registratori di volo dell’aeromobile inclusi.
A sostegno di quanto affermato risulta infatti che alla data di pubblicazione di questa Relazione Intermedia da parte di ANSV, la Magistratura inquirente ancora trattiene sotto sequestro [ma senza le dovute cure – ndr] parte dei rottami fisici di parti della struttura disintegrata e degli equipaggiamenti del velivolo, argomento sul quale saremo costretti a ritornare tra poco. Così soltanto dopo sei mesi l’Agenzia investigativa ha potuto avere finalmente accesso ai dati delle registrazioni delle comunicazioni e della traiettoria di volo dell’aeromobile, dati che purtroppo non rendono palese l’origine dell’improvvisa perdita di controllo dell’aeromobile.
Né risulta che ANSV abbia saputo opporsi a questo assurdo sequestro ricorrendo direttamente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per questa palese violazione delle norme contenute nell’Annesso 13 dell’ICAO in merito alle investigazioni tecniche. Norme da applicarsi, obbligatoriamente, da parte dello Stato [al pari di quelle della Magistratura – ndr], che fanno parte del Trattato internazionale conosciuto come “Convenzione sull’Aviazione Civile Internazionale”, sottoscritto da lungo tempo dallo Stato italiano ed inoltre con il rispetto del Regolamento n. 996 della Comunità europea, in vigore ormai fin dal 2010.
Nella ricostruzione della traiettoria seguita del velivolo durante gli scarsi tre minuti successivi al decollo, quel che risulta per il momento anomalo ed inspiegabile agli occhi di un investigatore è la virata a sinistra, quasi a voler rientrare a Ciampino, fatta dall’aeromobile [comandata o meno dal pilota ai comandi – fatto che dovrebbe essere accertabile dai dati del Registratore di volo – ndr], quando – secondo la clearance di Roma Radar – avrebbe dovuto continuare in direzione N-NW per Bolsena. Ma questo fatto non viene in alcun modo commentato da ANSV, neppure come ipotesi di lavoro da fare.
Per ora, su questa misera vicenda di conflitti di competenza, l’altro sorprendete fatto da sottolineare è che a pagina 24 di questa Relazione è scritto che «… lo stato di conservazione dei rottami [documentata dalle foto – ndr] è veramente deplorevole» e, a parere dello scrivente, compromette, nel prosieguo dell’investigazione, anche la possibilità di ricavare informazioni e dati utili, anzi indispensabili, ancora necessari, come commenta ANSV.
Comunque, personalmente, faccio carico al Presidente di ANSV di non essersi rivolto per tempo, direttamente o per il tramite del Capo dello Stato, garante della Costituzione e dei Trattati internazionali sottoscritti dallo Stato, per chiedere di intervenire sul caso presso il Consiglio Superiore della Magistratura – CSM – che deve servire anche a questo:- garantire il rispetto delle leggi da parte dei Magistrati. 19 dicembre 2012
Considerazioni dei Com.ti B. Bosello e R. Dentesano.
In merito alla notizia pubblicata su Avionews sull’incidente di Palermo avvenuto più di 2 anni fa, NON ci sorprende che il magistrato abbia deciso di indagare anche sull’operato degli assistenti di volo (omessa assistenza), ma comunque è doveroso rilevare che ciò nulla ha a che fare con l’assenza dapprima ed il ritardo poi con cui si sono attivati i soccorsi dell’aeroporto di Palermo-Punta Raisi, così come stabilito inequivocabilmente dal Capitolo 9 “Piani di emergenza” del Regolamento per la costruzione e l’esercizio degli aeroporti, approvato dall’ENAC secondo la normativa ICAO relativamente alle emergenze derivanti da incidente aereo che interessino l’aeroporto o le sue immediate vicinanze.
Sulla materia l’Enac ha anche pubblicato la Circolare APT – 18A di cui riproduciamo alcuni passi:
“In tale contesto normativo [CdN – ndr] è stato mantenuto in capo all’ENAC (art. 727) il compito di provvedere a che sia fornito all’aeromobile oggetto di incidente, il necessario soccorso con la facoltà di ordinare la messa a disposizione di aeromobili e di ogni altro mezzo di trasporto, presente sull’aeroporto, con il relativo personale, qualora i mezzi e le dotazioni dell’aeroporto risultassero insufficienti o mancanti (art. 726).
In relazione al quadro normativo così delineato, considerate le attribuzioni generali conferite ad ENAC dal D. Lg n. 250/97, appare coerente che il citato art. 727 trovi piena giustificazione nelle azioni preventive di analisi e di programmazione degli interventi e nell’attività di supervisione sui soggetti pubblici e di vigilanza e controllo sui soggetti privati coinvolti nella gestione dell’emergenza….
PIANO DI EMERGENZA
Generalità
Il Piano di emergenza, predisposto in coerenza con il contenuto del “Regolamento per la Costruzione e l’esercizio degli aeroporti”, consente di affrontare in modo organizzato eventi potenzialmente pericolosi che si possono verificare in ambito aeroportuale, individuando le procedure per programmare le azioni di risposta di Enti diversi o servizi interni o esterni all’aeroporto. Trattasi cioè di stabilire, “chi faccia cosa” in caso di emergenza, verificando che ciascun soggetto sia armonicamente inserito in un quadro complessivo. L’efficacia del Piano è verificata attraverso esercitazioni programmate, trattate al paragrafo 6.
La tipologia dell’incidente cui si fa riferimento è quindi l’incidente aeronautico nel sedime o nelle immediate vicinanze.
Si precisa che l’emergenza in corso ha la priorità rispetto ad un'altra solo ipotetica, e che l’obbligo di procedere al soccorso della vita umana in pericolo prevale su ogni altra considerazione. E’ opportuno rendere il Piano agile, di facile ed immediata lettura. Il linguaggio utilizzato deve essere semplice, i concetti chiari, per quanto possibile sotto forma di elencazione di azioni da compiere o di informazioni da fornire.”
Quindi ci sembra lapalissiano che se c’è qualcuno da indagare si trova ancora ben oltre gli assistenti di volo che hanno probabilmente fatto del loro meglio per la corretta evacuazione dall’aeroplano.
Non entriamo nel merito dell’interim report di ANSV, anch’esso pubblicato, solamente dopo due anni dall’evento, ma ci sembra di poter ritenere, leggendo il testo e le raccomandazioni emesse da ANSV (allegato 1) che per fare Giustizia, oggetto dell’indagine giudiziaria dovrebbero essere, piuttosto, gli Enti ed il personale aeroportuale in servizio sull’aeroporto di Punta Raisi, per omesso o ritardato intervento in presenza di incidente aereo (per la Magistratura:- per concorso in disastro aereo).
Come succede frequentemente nelle indagini giudiziarie del nostro Paese, su parziali indicazioni di periti auto-referenziati o comunque digiuni di cultura aeronautica internazionale, sugli incidenti aerei si cerca di tutto e su tutti, esclusi gli Enti preposti alle attività di gestione, ma anche a quelle responsabilità ispettive, sanzionatorie, di certificazione, di autorizzazione, di coordinamento e di controllo dell’attività aeronautica. 7 dicembre 2012
In attesa che tra una decina di giorni circa e comunque prima del 27 Giugno si compiano le rituali celebrazioni retoriche sulla pretesa “strage di Ustica”, mai provata in termini degni d’una investigazione di tipo criminale con competenze aeronautiche, ma proclamata a tutti i livelli politico-istituzionali, per ottenere da “qualcuno” quella “pecunia che non-olet”, prima di ciò e precisamente il 24 Giugno invece andrà completamente ignorato (salvo che dallo scrivente) la ventunesima ricorrenza mensile del fortunoso (ma non per questo meno allarmante in termini di safety) dell’incidente aereo accaduto il 24 Settembre 2010 sull’aeroporto di Palermo Punta-Raisi ai danni dei passeggeri dell’Airbus A. 319 della Compagnia aerea WindJet.
E ciò senza che la nostra Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo – ANSV –si sia finora degnata di emettere, entro il termine fissato dall’ICAO in 12 mesi, – non dico una doverosa “Relazione finale d’incidente” - del resto di abbastanza facile chiusura, dato che TUTTE le evidenze relative all’evento erano TUTTE chiaramente disponibili in loco fin da… subito, comprese le necessarie attribuzioni in merito al ritardato intervento dei soccorsi agli sventurati passeggeri, ma quanto meno un altrettanto doveroso Rapporto Intermedio, anch’esso disposto dalle norme ICAO in caso di ritardo nella chiusura dell’investigazione tecnica per investigazioni difficili e complesse, come potevano essere quelle del volo AF 447 del 2009.
Ciò nell’intento di prevenire l’accadimento di altri casi similari o analoghi di “Controlled Flight Into Terrain - CFIT”, vale a dire che un aereo perfettamente “controllabile” possa venir portato a sbattere al suolo invece che atterrare sulla pista (se l’aeroporto è agibile in relazione alle condizioni meteorologiche essenziali per l’avvicinamento).
Tutto ciò continua ad avvenire (o meglio: a NON avvenire) nonostante le nostre reiterare e pubbliche segnalazioni perfino all’attenzione del Presidente del Consiglio incaricato, al quale il Parlamento ha affidato la responsabilità del controllo sull’operato dell’Agenzia. Ma del resto pure il Parlamento non ha sollevato alcuna critica o mosso alcun richiamo nel ricevere il Rapporto annuale del Presidente dell’Agenzia, nel quale si poteva benissimo rilevare l’omissione, nei confronti delle norme ICAO, in merito alla mancata chiusura dell’investigazione tecnica sull’incidente di WindJet, anche in relazione alle notizie di stampa che davano per avviata l’istruttoria dei due piloti dell’A. 319 rinviati a giudizio dalla Procura della Repubblica di Palermo. E questo infine per far notare quanto conta questo Parlamento, rissoso ed inconcludente, così voluto dagli innumerevoli partiti e partitini insignificanti.
Parlamento nel quale i “cosiddette competenti”, nominati a far parte delle Commissioni dove le specifiche materie vengono discusse, sono evidentemente digiuni di qualsiasi interesse per i problemi della sicurezza dei voli, ritenuta una sinecura delegata ad altri.
Di converso, nella Relazione sul “controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell’ENAC 2008- 2010 ”, trasmessa nei giorni scorsi al Parlamento, la Corte dei Conti, in merito alla ventilata dismissione dell’aeroporto civile/militare di Napoli Capodichino in favore del trasferimento del traffico civile sull’aeroporto tuttora militare di Grazzanise e relativo impegno finanziario per rendere questa infrastruttura aeronautica agibile per il traffico civile, scrive quanto segue:- «Specie nell’attuale congiuntura economica del Paese, caratterizzata come è ben noto, da una scarsità di risorse finanziarie pubbliche, desta qualche perplessità l’eventualità di una sostanziale dismissione di un aeroporto di notevole rilievo e recentemente radicalmente ristrutturato con fondi strutturali affidati dal Ministero dei Trasporti all’ENAC», come dimostra l’inaugurazione del nuovo terminal dell’aeroporto di Capodichino, avvenuta appena nel gennaio del 2010.
Dopo alcune considerazioni sulla capacità operativa di Capodichino d’accogliere il traffico civile e perfino sul parere positivo di conformità ai fini della valutazione d’impatto ambientale (VIA) per il “Master Plan” valido fino al 2020 (!), ma , si noti bene, senza alcun riferimento tecnico all’aspetto della safety di tale aeroporto (e NON “scalo”), la Corte - «Sembra pertanto a questa Corte che la pianificazione dell’allocazione di risorse finanziarie ulteriori per il nuovo hub nell’area napoletana [leggasi:- Grazzanise – ndr], che determinerebbe la marginalizzazione dell’utilità delle risorse già ivi impegnate, andrebbe meditata. Più in generale, sembra condivisibile l’ipotesi di non procedere alla realizzazione di nuovi “scali” [sic !]. malgrado diffuse istanze localistiche di vario genere ……- Tuttavia il progetto non sarebbe completo se non si estendesse, come sembra e come dovrebbe essere indicato in sede di revisione del “Piano Aeroporti”, anche alla rimeditazione della situazione degli “scali” attuali, non pochi …»!
Ebbene, a queste “rampogne” della Corte dei Conti, (rivolte nel testo anche al costoso studio affidato a suo tempo al Consorzio formatosi per sopperire alla mancanza di competenze in ENAC ed in MIT) come reagiscono i vertici del Ministero e quelli dell’ENAC ? Semplicissimo, con il silenzio più assoluto!
Così va l’Italia, governata a questo modo, anche nel delicato campo dell’Aviazione Civile, laddove chi dovrebbe operare fattivamente, si rifugia dietro la comoda cortina del pretesto d’essere sott’organico nello staff tecnico – peraltro profumatamente pagato – oppure lamentando di non avere al proprio interno le competenze per effettuare specifici studi di propria competenza istituzionale, così com’è avvenuto per lo sbandierato “Piano aeroporti”, finito poi in qualche polveroso archivio.
E tanta inefficienza di questi “managers”, buoni per tutte le “stagioni politiche” ben meriterebbe almeno qualche tentativo di censura o di richiamo, quanto meno per l’accusa di aver sperperato così il pubblico denaro, senza assicurare quella produttività necessaria ad un Paese stremato dalle tasse e dai soprusi della “casta”.
E invece no ! In soccorso dei “managers spendaccioni” arriva in data odierna l’attuale Ministro pro-tempore per lo “Sviluppo economico” (anch’egli proveniente da quelle fila …), intervenuto durante la presentazione del Presidente dell’ENAC del “Rapporto ENAC 2011 ”, per annunciare che « … Entro l’estate l’Italia avrà il “Piano nazionale degli Aeroporti». Alleluja ! 16 giugno 2012
Lo schianto è avvenuto prima della Zona C del Piano di Rischio. L'impatto del Boeing 737 Bhoja Airline stava atterrando all'aeroporto internazionale Benazir Bhutto di Islamabad. Proveniva da Karachi con 127 tra passeggeri ed equipaggio.
Le condizioni meteo registravano la presenza di pioggie per un temporale ed alcuni cumulinembi.
Il Boeing 737 - 200 operava sul volo B4 213, immatricolato PA-BKD, aveva una attività di servizio di oltre 27anni e si schiantato intorno alle 18.40 locali del 20 aprile, su un'area residenziale.
L'impatto con il suolo ed una esplosione hanno provocato un immediato incendio con fiamme investendo l'intera zona abitata.
L'aerolinea, una low cost, aveva ripresa l'attività dopo una sospensione dei voli per criticità economiche.
"Residents said they had seen a ball of fire in the sky when the plane crashed. Parts of the aircraft crashed into electricity poles, blanketing the area in darkness".
I media pakistani riportano come almeno 5-10 caseggiati dell'area residenziale sarebbero stati distrutti, in una zona di circa 1000 metri. Lo scenario dell'incidente sarebbe localizzabile ad una distanza di circa 3 miglia dalla testata pista. In una posizione anteriore all'inizio della Zona verde C del Piano di Rischio per incidente aereo predisposto da ENAC in Italia. 21 aprile 2012
“Serve conoscere per prevenire”.
Questo è ciò che scienza e conoscenza della prevenzione degli incidenti aerei indicano, ma evidentemente non è ciò che pensano il Presidente ed il Collegio direttivo in carica dell’Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo”.
Nel frattempo la Magistratura italiana (notoriamente non un fulmine di velocità) ha già provveduto a far partire i suoi avvisi di garanzia, a quanto è dato di sapere, solamente nei confronti dei due piloti, responsabili della condotta dell’aeromobile incidentato la sera del 24 Settembre 2010 toccando terra prematuramente prima dell’inizio della pista 07 dell’aeroporto Falcone Borsellino di Punta Raisi.
Nulla però è dato sapere di altre possibili indagini giudiziarie nei confronti dell’organizzazione della Compagnia aerea esercente l’aeromobile, che pure, a mio parere, qualche problema nella preparazione e nell’addestramento dei piloti lo deve avere, per aver consentito che due di essi si siano comportati come risulterebbe dalle trascrizioni delle registrazioni delle voci delle persone presenti in cabina di pilotaggio.
Indiscrezioni di stampa, trapelate in barba sia al “segreto istruttorio” che, soprattutto, in violazione del Regolamento europeo in materia (n. 996/2010).
Intanto il 24 Marzo saranno trascorsi ben 18 diciotto mesi dall’incidente dell’Airbus A319 marche EI-EDM ed ancora non è dato sapere nulla sulle cause di questo drammatico evento.
L’ANSV, l’Agenzia Nazionale Sicurezza Volo ha fornito solo scarne comunicazioni e due raccomandazioni (allegato 1) di nessun valore preventivo per incidenti similari, senza neppure pubblicare un “Interim report” e tantomeno il “Final Report”, così come stabilito dall’Annesso 13 ICAO e dal richiamato Regolamento europeo n. 996/2010.
L’Annesso 13 ICAO, infatti, afferma che lo Stato che conduce l’investigazione tecnica ha la responsabilità di pubblicare un “Final Report” appena possibile. E raccomanda che, nell’eventualità non sia possibile emetterlo entro i primi 12 mesi dall’evento, si debba provvedere a rilasciare un “Interim report” che renda noti i progressi dell’investigazione e gli eventuali problemi di sicurezza emersi dalle indagini. Il rapporto finale deve inoltre contenere le raccomandazioni correttive e preventive atte a migliorare la sicurezza del volo.
Anche il Regolamento europeo n. 996/2010 all’articolo 16 sotto la voce “Rapporto sull’investigazione” conferma che l’Autorità investigativa deve render pubblico il “Final Report” nel periodo più breve possibile e comunque entro 12 mesi dall’evento. Se questo non fosse possibile, l’Autorità investigativa deve provvedere a rilasciare un “Interim report” almeno ad ogni anniversario dell’incidente, dettagliando i progressi dell’investigazione tecnica e gli eventuali problemi di sicurezza emersi.
Alla luce di quanto abbiamo potuto conoscere attraverso interviste ed articoli dei media, comprese alcune trascrizioni, in merito alle quali condividiamo con l’ANSV i motivi della condanna circa l’utilizzazione impropria delle registrazioni della cabina di pilotaggio, fatta in violazione delle norme ICAO, dobbiamo però evidenziare che sono emersi alcuni dati importanti sui quali la pubblica opinione gradirebbe avere lumi non di tipo scandalistico, bensì per conoscere quelle raccomandazioni pubbliche che siano utili ad evitare il ripetersi di simili gravi incidenti.
In particolare, visto che quale causa dell’evento è stato escluso il fenomeno denominato “wind shear”, sarebbe utile sapere se qualche altro fenomeno ha contribuito al verificarsi dell’evento. Se si è trattato del fenomeno del ”duck under”, come noi supponiamo, allora sarebbe utile conoscere quanto ciò possa aver contribuito all’evento assieme all’eventuale troppo intensa illuminazione del sentiero di avvicinamento. Considerato che il Comandante del volo ed il Co-pilota non svolgono più la loro attività di volo in Compagnia, sarebbe opportuno sapere per quali motivi è stata adottata questa drastica decisione o se piuttosto sarebbe stato sufficiente migliorare quell’addestramento che la Compagnia ha impartito a quell’equipaggio.
È poi lecito anche domandare quali fossero le direttive operative di Compagnia date all’equipaggio al presentarsi di situazioni meteorologiche come quelle esistenti quella sera?
Ed infine, come ha funzionato il piano di emergenza aeroportuale, visto che molti passeggeri (anche contusi) sono arrivati a piedi, sotto la pioggia, fino all’aerostazione, almeno 20 minuti dopo il fortunoso incidente.
L’incidente si è concluso senza vittime e solamente con qualche passeggero ferito ma la gravità dell’evento avrebbe dovuto sollecitare la pubblicazione di informazioni atte ad individuare le cause dell’incidente e dei mancati soccorsi e quindi fornire quelle raccomandazioni che potrebbero prevenire il ripetersi di simili gravi eventi.
Tutto questo in una investigazione tecnica molto facilitata, oltre che dalla partecipazione di esperti stranieri aventi diritto (come quelli, ad esempio, del Costruttore dei motori e del Costruttore dell’aeroplano, ecc.), soprattutto dall’esistenza dei Piloti, degli occupanti del velivolo, delle registrazioni del volo e delle comunicazioni, dei tracciati Radar, ecc., ecc., e chi più ne ha più ne metta !
Ecco perché sono imperdonabili queste omissioni e questi ritardi nel comunicare le evidenze riscontrate e le cause accertate, che, dalla “lezione ricavabile”, potrebbero forse salvare centinaia di vite in Italia o nel mondo del trasporto aereo.
Ed anche questo riteniamo di dover segnalare all’attenzione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, incaricata della sorveglianza sull’Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo.
Nella nostra qualità di commentatori interessati unicamente ad assicurarci che la prevenzione degli incidenti sia un fattivo dovere dell’Agenzia a ciò destinata quale “conduttrice di indagini tecniche … con il solo obiettivo di prevenire incidenti aerei”, siamo ancora aperti alla speranza che ANSV cambi definitivamente rotta e ci voglia stupire con il pubblicare il dovuto “Final report” prima che anche questa volta la Giustizia italiana emetta un suo giudizio penale. Vorremmo proprio che non si ripetesse quanto è avvenuto per altri incidenti gravi, dove, come per quelli di Linate e di Cagliari, è stata fatta una “giustizia sommaria” che ha colpito innocenti e meno colpevoli, lasciando “impuniti” i veri responsabili delle deficienze organizzative ed operative, erroneamente imputate agli “addetti di prima linea”.
Comunicati ANSV
24/09/2010
A 319 fuori pista a Palermo. Indagine ANSV
L’Agenzia nazionale per la sicurezza del volo (ANSV) comunica di aver avviato l’inchiesta tecnica di propria competenza sull’evento che ha coinvolto, questa sera, l’aeromobile Airbus A319 marche EI-EDM. L’aeromobile, decollato da Roma con destinazione Palermo, usciva fuori pista durante l’atterraggio sullo scalo siciliano. I passeggeri sono stati fatti sbarcare con gli scivoli d’emergenza.
25/09/2010
A 319 fuori pista a Palermo. Indagine ANSV (2)
Un team investigativo dell’ANSV sta raccogliendo a Palermo le evidenze necessarie all’inchiesta tecnica di competenza. Dal sopralluogo operativo è emerso che il velivolo ha impattato violentemente prima della soglia pista 07. Sono stati recuperati i registratori di bordo, le cosiddette “scatole nere”.Con l’occasione si rappresenta che è decisamente prematuro formulare ipotesi sulle cause dell’incidente; soltanto dopo aver completato la raccolta di tutte le evidenze si potrà iniziare a ragionare sulle cause.Se ne emergesse la necessità, l’ANSV, già durante l’inchiesta, potrebbe emanare delle raccomandazioni di sicurezza, senza attendere la fine dell’inchiesta.
06/10/2010
Incidente A319 a Palermo. Scaricati i dati dai registratori di bordo
L’Agenzia nazionale per la sicurezza del volo (ANSV) informa che, oggi 6 ottobre 2010, nella propria sede, si è proceduto all’estrazione dei dati contenuti nei registratori di bordo (Flight Data Recorder e Cockpit Voice Recorder) dell’aeromobile A319 marche EI-EDM, incidentato lo scorso 24 settembre sull’aeroporto di Palermo.Le operazioni, iniziate alle 11.30 e protrattesi per l’intera giornata, sono state svolte dagli investigatori ANSV alla presenza dei consulenti tecnici della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, che, si ricorda, ha aperto una propria inchiesta sull’evento.Prossimamente si procederà all’analisi dei dati estratti.
17/11/2010
Incidente a Palermo del 24.9.2010: diffusione contenuti CVR (Cockpit Voice Recorder) - La posizione dell’Agenzia nazionale per la sicurezza del volo (ANSV)
Con riferimento alle odierne notizie di stampa relative ad alcuni contenuti di una delle due “scatole nere” (il CVR) dell’aeromobile A319 marche EI-EDM coinvolto nell’incidente di Palermo del 24 settembre scorso, l’ANSV - senza entrare nel merito della veridicità di quanto asserito, in quanto la propria inchiesta è ancora aperta - rileva comunque come la diffusione dei contenuti dei CVR sia in contrasto con quanto previsto dall’ordinamento internazionale in materia (Allegato 13 alla Convenzione relativa all’aviazione civile internazionale, attinente le inchieste di sicurezza). L’ANSV, pertanto, come ha già fatto in passato in circostanze analoghe, si riserva di intraprendere tutte le iniziative necessarie affinché venga adeguatamente tutelato il contenuto dei CVR, che può essere utilizzato soltanto a fini di prevenzione, nei limiti consentiti dal citato Allegato 13.
01/02/2012
L’ANSV stigmatizza la diffusione dei contenuti del CVR (Cockpit Voice Recorder) dell’aeromobile Airbus A319 marche EI-EDM coinvolto nell’incidente di Palermo del 24.9.2010
Con riferimento a quanto riportato in data odierna da alcuni quotidiani, che pubblicano stralci delle trascrizioni del CVR (Cockpit Voice Recorder) dell’aeromobile A319 marche EI-EDM coinvolto nell’incidente di Palermo del 24 settembre 2010, l’ANSV (Agenzia nazionale per la sicurezza del volo) stigmatizza nuovamente l’utilizzazione impropria che a livello italiano viene fatta delle registrazioni della cabina di pilotaggio. L’utilizzazione di tali registrazioni per finalità diverse da quelle consentite dall’ordinamento internazionale e comunitario in materia rischia infatti di minare fortemente l’attività di prevenzione per migliorare la sicurezza del volo. Si ricorda infatti che l’Allegato 13 alla Convenzione relativa all’aviazione civile internazionale attinente alle inchieste di sicurezza (in Italia di competenza dell’ANSV) ed il recente regolamento UE n. 996/2010 prevedono espressamente che le registrazioni audio della cabina di pilotaggio e le relative trascrizioni non possano essere utilizzate per scopi diversi dall’inchiesta di sicurezza. L’ANSV si farà conseguentemente parte attiva presso il Governo affinché quest’ultimo intraprenda le azioni opportune per assicurare, in futuro, il pieno rispetto di quanto contemplato in materia dalle citate fonti normative ed evitare allo Stato italiano ricadute negative in termini di immagine a livello internazionale e comunitario.
30/11/2011
Raccomandazione di sicurezza indirizzata dall’ANSV all’EASA e alla FAA a seguito dell’incidente occorso il 24 settembre 2010, sull’aeroporto di Palermo Punta Raisi, all’Airbus A319 marche EI-EDM.
A seguito delle evidenze acquisite l’ANSV ha ritenuto opportuno emanare - prima della conclusione dell’inchiesta relativa all’incidente occorso il 24 settembre 2010, sull’aeroporto di Palermo Punta Raisi, all’Airbus A319 marche EI-EDM, l’allegata raccomandazione di sicurezza, indirizzata alla European Aviation Safety Agency (EASA) e alla statunitense Federal Aviation Admnistration (FAA). 17 marzo 2012
in qualità di referente in merito alla vigilanza sull’ANSV-Agenzia Nazionale Sicurezza Volo.
Quali contribuenti ed esperti di sicurezza del volo intendiamo segnalare pubblicamente all’Autorità preposta alla vigilanza sull’operato dell’Agenzia Nazionale Sicurezza Volo – ANSV - in base al D. Lgs. 25 febbraio 1999 n. 66, la nostra preoccupazione in merito al modus operandi di detta Agenzia.
In particolare desideriamo esternare le nostre preoccupazioni relative al ritardo nella pubblicazione del Final Report dell’investigazione sul grave incidente aeronautico di Palermo Punta Raisi del 24 settembre 2010.
A 15 mesi dall’evento ed in contrasto con la normativa internazionale ICAO - Annesso 13 e del Regolamento (UE) n. 996/2010 che dispongono la pubblicazione della Relazione Finale d’inchiesta o comunque una Relazione intermedia entro 12 mesi dall’evento, l’ANSV fino ad oggi si è limitata a diffondere solo 5 cinque scarni comunicati e due raccomandazioni (all. 1) che, a nostro parere, sono estremamente marginali rispetto alla gravità dell’evento. Ben altre dovrebbero essere le raccomandazioni che dovrebbero riguardare sia l’addestramento dei piloti che la gestione operativa della Compagnia aerea senza escludere anche il conosciuto grave fatto riguardante il lacunoso funzionamento del piano di emergenza aeroportuale.
Quali cultori della prevenzione e della sicurezza del volo, dopo 17 mesi esatti dall’evento, non ci tranquillizza questa tardiva sensibilità che l’ANSV dimostra proprio nei confronti della prevenzione degli incidenti. L’emettere una seconda “Raccomandazione di sicurezza” per narrarci che <l’adeguata evidenziazione grafica delle informazioni essenziali sulle cartine aeronautiche “per l’effettuazione di una procedura strumentale, favorirebbe l’incremento della sicurezza del volo> [versione del testo da noi ritoccata per rispetto della lingua italiana – ndr] sarebbe alla base di un incidente del quale ancora non viene fornito almeno un rapporto intermedio che consenta di capire la causa o le cause dell’evento stesso, per adottare le necessarie misure preventive e correttive nelle operazioni di quella Compagnia esercente quel tipo di operazioni.
Ci si vuol far credere che questa Raccomandazione, qualora attuata, avrebbe evitato il disastro? Ma chi l’ha scritta sa almeno che selezionare la frequenza di un apparato radio appropriato per ricevere i segnali di un VOR o TVOR comporta l’automatica accensione e presentazione dei dati anche del collegato DME (Distance Measurement Equipment) ?
E siccome il DME del VOR utilizzato non è risultato essere in avaria, allora i piloti di quel volo avevano ben visibili sia le indicazioni azimutali del VOR che quelle di distanza fornita dal DME.
E non ci si venga a dire che due piloti certificati per il volo strumentale ed abilitati alla guida di un A. 319 non sapevano di dover utilizzare anche di dati del DME per effettuare quella procedura !
Purtroppo già in altre occasioni la durata delle investigazioni da parte dell’Agenzia sono risultate eccessivamente lunghe (incidenti di Linate, Picco 7 Fratelli - Cagliari) o addirittura non completate (Trigoria) e sicuramente protrattesi oltre i termini stabiliti dalla regolamentazione internazionale e sono state esiziali per le conseguenze penali prodotte, non tecnicamente provate.
Infine, il punto che più ci preme sottolineare è quello che la pubblicazione delle risultanze dell’investigazione tecnica servono primariamente e solamente per identificare quali siano state le cause per poter prevenire il ripetersi di tal genere di gravi incident. F.to:- Com.ti Renzo Dentesano e Bernardino Bosello.
5 marzo 2012
Flight International dà notizia che gli Investigatori norvegesi che hanno indagato sullo stallo di un bi-turboelica Fairchild SA 226 Merlin, hanno trovato che questo incidente mortale ha qualcosa da insegnare in merito alla necessità di cambiamento della tecnica correntemente applicata per il recupero degli aeroplani dallo stallo di bassa velocità.
Questo aeroplano veniva adoperato per delle prove di idoneità al volo strumentale di due candidati di un Esercente basato nella cittadina di Trodheim, sul difficile omonimo fiordo situato sulla costa settentrionale della Norvegia, poco distante in latitudine dal circolo polare artico.
Il primo giorno, alla prima candidata fu richiesto da parte dell’esaminatore di dimostrare il recupero dallo stallo, ma le sfavorevoli condizioni atmosferiche – turbolenza, pioggia e nubi basse sul mare concorrevano ad attivare l’allarme di pre-stallo e perciò il p-i-c estrasse dalla sua sede il relativo interruttore elettrotermico di protezione dell’impianto onde eliminarne il disturbo sonoro provocato dalla sua attivazione precoce.
Questa candidata ha successivamente testimoniato di aver trovato “agghiacciante” questo esercizio (… e per dirlo una che vive nel Nord della Norvegia!) per le grosse difficoltà incontrate in quelle condizioni di volo ed avendo dovuto esercitare tutta la propria forza fisica per recuperare l’assetto normale dell’aeroplano, pur applicando tutta la potenza dei motori ed in condizioni strumentali dentro le nubi !!!
Il secondo giorno, il candidato seguente, sempre in condizioni strumentali e con forte vento, fu richiesto, sempre dallo stesso esaminatore, di effettuare «un volo lento, fino al primo avvertimento di scuotimento pre-stallo dell’aeroplano prossimo allo stallo» e di effettuare il recupero dell’assetto «con il minimo di perdita dell’altitudine», il tutto senza aver mai reinserito il circuito dall’allarme con l’interruttore termico automatico.
Così, allorché ci fu il pre-stallo, il candidato cercò di non perdere la quota assegnata e …, mentre il p-i-c applicava potenza ai motori e su richiesta del candidato retraeva gli ipersostentatori utilizzati, «… il pilota ai comandi perdette il controllo sia dell’assetto che della velocità» - come hanno accertato gli Investigatori. Tutto questo avveniva il 19 Giugno 2008 !
Adesso, recuperati dal relitto i registratori di bordo, gli Investigatori hanno accertato che in quel momento «l’altitudine aumentò di circa 400 piedi (circa 120 m) e la velocità decadde fino a circa 30 nodi (56 km/h) e sebbene venisse applicata tutta la potenza dei motori, l’aeroplano incominciò a” spanciare” raggiungendo una velocità di caduta di 10.000 piedi/minuto (3.300 m/minuto), tanto che entro 37 secondi di tempo il turboelica si schiantò sulla superficie del mare in assetto pressoché orizzontale, a 18 miglia nautiche ad Ovest della città di Bergen (situata sulla costa occidentale norvegese), causando la morte delle tre persone a bordo».
Gli Investigatori norvegesi han concluso che queste prove di addestramento allo stallo, volute dall’esaminatore, erano troppo concentrate sul mantenimento dell’altitudine [anche se comprensibili per chi debba volare su di un’area orografica come la Norvegia – ndr] – notando però che «… lo stesso problema è venuto significativamente alla ribalta con il disastro dell’Airbus A.330 dell’Air France durante lo stallo sull’Atlantico del 1 Giugno 2009, conclusosi anch’esso tragicamente» [e del quale, sebbene sia note alcune delle possibili origini e cause, si attende però ancora la pubblicazione della Relazione finale d’inchiesta – ndr].
Dunque anche questo incidente norvegese sottolinea la necessità d’un cambiamento delle norme sull’addestramento alle tecniche di rimessa dalle situazioni di pre-stallo e di stallo di velocità e della relative prove di accertamento dell’idoneità dei candidati, in quanto vengono giudicate eccessivamente concentrate sulla minima perdita di altitudine, invece di focalizzarsi in primis «sull’interruzione della condizione di stallo, abbassando prontamente il muso dell’aeromobile [e con ciò il suo assetto – ndr] e così riducendo “l’angolo di attacco”».
Già … “l’angolo di attacco “! Forse sarebbe giunta l’ora di adottare obbligatoriamente e definitivamente per gli aeromobili da trasporto pubblico un indicatore dell’angolo di attacco visibile in cabina di pilotaggio per entrambi i piloti. Così forse si eviterebbero più facilmente questo tipo di “incidenti annunciati” – a mio modesto parere.
Perché la sicurezza sta nel non andare in istallo, non nell’addestrarsi ad uscirne !
Tanto che finora non c’è riuscito neppure Messieur Ziegler con il suo “sistema anti pilota stupido”, come a suo tempo aveva presentato il suo sistema all’uscita della sua creatura, l’Airbus A. 320 ! 31 dicembre 2011
Avevamo il torto di ritenerla … in catalessi … ed invece il “Presidente a vita” stava lavorando a scrivere … almeno una raccomandazione di sicurezza, da noi insistentemente invocata in quanto ritenevamo, forse ingenuamente, che ci fosse qualcosa da produrre per prevenire atterraggi condotti da parte di piloti commerciali che finiscono fatalmente per impattare prima della soglia fisica della pista in condizioni meteorologiche marginali, spesso solo per soddisfare certi pressanti e condizionanti interessi commerciali.
Ed invece… ecco che ANSV ed il suo Presidente si destano e scrivono … e per giunta in un tentativo d’inglese tecnico/aeronautico … una Raccomandazione in termini di sicurezza, indirizzata niente po’ po’ di meno che … a quelle che, tutti noi poveri ingenui, riteniamo essere i detentori dei massimi consensi, ovvero le massime autorità, in tema di sicurezza operativa e di prevenzione tempestiva nell’ambito dell’aviazione civile e della certificazione delle costruzioni aeronautiche del mondo occidentale, cioè la FAA per gli USA e l’EASA per l’Unione Europea.
Il fulcro della raccomandazione riguarda un elemento strutturale che ha perforato il pavimento della parte posteriore della cabina passeggeri nell’incidente dell’Airbus A 319 di Windjet all’aeroporto di Palermo nel Settembre del 2010, elemento che era già stato oggetto di raccomandazione di sicurezza emessa da parte della FAA/USA nel caso dell’ammaraggio (15 gennaio 2009) di un Airbus della stessa famiglia, un A. 320, finito senza vittime nel fiume Hudson (N. Y.) per la bravura del suo Comandante, dopo aver avuto l’avaria di entrambi i reattori a causa dell’impatto in volo con uno stormo di oche canadesi.
Adesso l’Agenzia nazionale, avvalendosi di quella raccomandazione, ha ritenuto opportuno ribadirla, specificando soltanto che in base alle risultanze dell’inchiesta in corso, dopo oltre 14 mesi dall’evento, ha scoperto che l’evacuazione dei passeggeri dell’A 319 di WindJet è stata rallentata da un travetto di metallo di sostegno all’impalcatura sottostante che regge il pavimento e fa da soffitto ai bagagliai ventrali, che ha perforato il pavimento stesso a causa del severo impatto con il terreno prima della pista ed al successivo slittamento sul ventre dell’aeroplano fino al punto del suo arresto dopo quasi 900 metri dal punto iniziale.
Pertanto ha ritenuto opportuno sottoporre all’attenzione delle autorità di certificazione dei prodotti aeronautici, europee e statunitensi, la propria raccomandazione ANSV-18/1836-10/1/A/11 per rendere “obbligatoria” la modifica del travetto metallico “pericoloso” con un nuovo sostegno che sia frangibile e non possa perforare il pavimento della cabina.
Ed ecco la traduzione completa della raccomandazione, per chi ne sia interessato:
- ANSV dopo aver valutato le conseguenze, sotto il profilo della sopravvivenza, relative ai danni riportati dalla cabina passeggeri per la perforazione del compartimento stesso da parte dell’elemento strutturale “travetto verticale FR 65”metri, che può causare lesioni e che in aggiunta può rallentare eccessivamente la procedura di evacuazione,
- dopo aver considerato le Raccomandazioni di Sicurezza A-10-92 per EASA e A-10-77 per la FAA riguardo al medesimo elemento e
- dopo aver considerato che la reazione ad esse da parte della FAA e dell’EASA riguardo alla modifica in corso adottata dal Costruttore, di “ridisegnare il travetto verticale FR 65” in modo tale che esso abbia a spezzarsi anziché perforare il pavimento della sezione posteriore della cabina,
- dopo aver considerato che la menzionata modifica verrà presentata come “miglioramento del prodotto” e come “modifica retroattiva”,
- raccomanda all’EASA e alla FAA che:-
- scopo di tale modifica sia quello di evitare il verificarsi di condizioni poco sicure per i passeggeri e per tale ragione la modifica deve essere intesa come “obbligatoria” per tutta la flotta della famiglia di aeromobili A. 320 ora in attività (come stabilito dalla Parte 21A.3B di EASA:- «un documento emesso o adottato da EASA … con il quale si ordinano interventi da effettuare su di un aeromobile per ristabilire un livello accettabile di sicurezza quando l’evidenza dimostra che il livello di sicurezza di questo aeroplano può essere altrimenti compromessa») (ANSV-18/1836-10/1/A/11).
Ma andiamo con ordine e rivediamo un momento ciò che è dato finora di conoscere in merito all’incidente del 24 settembre 2010 sull’aeroporto di Palermo Punta Raisi, così come presentato da ANSV nella sua lettera di accompagnamento alla Raccomandazione inviata ad EASA ed a FAA in data 30 novembre 2011 e così come letta e completata con note dello scrivente:-
- Alle 18.08 UTC (20.08 ore locali), durante il finale in condizioni meteorologiche definite “avverse” all’aeroporto di Palermo l’aeromobile Airbus A. 319 – marche EI-EDM – in leasing presso l’Esercente WindJet, impattava il suolo “poco prima” della testata pista 07.
L’aeromobile, avendo sradicato nell’impatto tutto il treno dei carrelli d’atterraggio, strisciando sulla parte ventrale di fusoliera colpiva l’antenna dell’ILS/LOC [di pista 25– ndr] e scivolando sulla pista bagnata si arrestava dopo circa 900 metri sul prato fuori dal bordo settentrionale della pista. Veniva effettuata l’evacuazione [non assistita – ndr] di tutti gli occupanti. L’aeromobile è stato gravemente danneggiato e soltanto alcuni passeggeri rimasero contusi e/o lievemente feriti.
Nel corso dell’investigazione è stato accertato che il travetto verticale di sostegno della struttura del pavimento alla stazione di fusoliera FR 65 aveva perforato il pavimento in corrispondenza del centro del corridoio d’uscita verso la parte posteriore della cabina passeggeri. Sono state acquisite testimonianze degli occupanti che alcuni di essi sono inciampati e caduti a causa dell’ostacolo presentato dal travetto protruso dal pavimento che così ha ritardato l’operazione di evacuazione che avveniva senza l’assillo di fiamme visibili, sotto un violento scroscio di pioggia. L’investigazione ha accertato che il pavimento della cabina ha dimostrato un buon assorbimento all’impatto ventrale dell’aeromobile, con l’unica eccezione del danno al travetto della stazione 65, divenuto così un pericolo per la sopravvivenza degli occupanti per la ritardata evacuazione [di quanto non è dato di sapere per la mancanza di qualsiasi assistenza esterna di soccorso – ndr].
Lo stesso difetto era accaduto anche il 15 gennaio 2009 durante l’evacuazione seguita all’ammaraggio nel fiume Hudson a New York quando un A. 320 era stato magistralmente posato sull’acqua dal suo Comandante e nel quale l’unico ferito in modo serio era stato un assistente di volo che riportò una profonda ferita alla tibia della gamba destra.
Ora la conclusione dell’ANSV, nella sua lettera di accompagnamento alla raccomandazione di sicurezza inviata a EASA e FAA, è stata quella di sottolineare che la posizione nella quale è avvenuto l’unico danno rilevante al pavimento della cabina passeggeri può penalizzare l’ordine e la rapidità della procedura di evacuazione dell’aeromobile.
Bisogna però sapere che la “scopiazzatura” del travetto FR 65 fuoriuscito dal pavimento che avrebbe ritardato l’evacuazione (e ci ripromettiamo di verificare all’uscita della Relazione finale di ANSV, come e da chi sia stato verificato l’intralcio all’evacuazione) e l’idea, altrettanto scopiazzata, relativa alla raccomandazione in merito che teneva occupata ANSV, è avvenuta solo due giorni prima che i periti incaricati del PM di Palermo indicassero le cause dell’incidente al Magistrato che ha fatto iscrivere nel registro degli indagati le generalità del Comandante e del Co-pilota (nel frattempo licenziati dalla Compagnia) per poterli “avvisare” del reato di ”disastro aereo colposo” come nelle migliori tradizioni dell’ordine giudiziario nazionale. Così il 28 Novembre, un po’ sottotono rispetto ad altre incalzanti notizie ben più preoccupanti per il Paese, usciva solo su certi giornali la notizia della decisione del PM del Tribunale di Palermo, in verità un po’ “snobbata”, in quanto mancate per i nostri media del “pepe” di morti e di feriti da sbandierare sulle prime pagine di giornali e telegiornali.
Però questo “avviso di garanzia” fa capire che i Consulenti d’ufficio della Magistratura ritengono d’avere in mano delle prove di reato quanto meno colposo a carico dei due Piloti e questo si conoscerà non appena saranno rese note le motivazioni del rinvio a giudizio.
Comunque vada il processo penale, a noi interessa invece il decorso dell’investigazione tecnica. Visto che i passeggeri si sono salvati (anche se qualcuno era uscito ammaccato dall’aeroplano e tutti erano abbondantemente inzuppati dalla pioggia), che i piloti erano fisicamente incolumi (anche se bisognosi di cure psicologiche), che i registratori di bordo (e quelli delle comunicazioni di Torre) sono stati recuperati intatti ed utilizzabili, che i bollettini e le osservazioni meteorologiche locali erano disponibili come pure le testimonianze degli occupanti, sarebbe stato più che ragionevole attendersi una rapida effettuazione dell’investigazione da parte di ANSV ed un’altrettanto celere emissione della relativa relazione finale d’inchiesta, completa magari di ben altre raccomandazioni di sicurezza.
Un altro aspetto saliente di questo incidente, perché ufficialmente finora ignorato, è costituito dall’assenza totale di qualsiasi raccomandazione di sicurezza dell’Agenzia in merito alla mancanza di assistenza e soccorso esterno agli occupanti di questo aeromobile, tanto che molti di essi, se non addirittura tutti, sembrano (dalle loro dichiarazioni a caldo) essere arrivati a piedi e sotto la pioggia scrosciante fino all’aerostazione, distante non meno di 1 km. dal punto di arresto del velivolo.
Da sussurri fatti a mezza voce nell’immediatezza dell’incidente tra il personale aeroportuale è stato detto che la Torre di Controllo non aveva visto l’aeromobile incidentato sul prato all’intersezione con la pista 20 a circa 1 km di distanza a causa della fitta pioggia che cadeva e perciò il personale di Torre non aveva potuto allertare i mezzi di soccorso ed indirizzarli verso il luogo dove s’era arrestato il velivolo.
Ed allora v’è legittimamente da chiedersi se non sia giunto finalmente il momento per ANSV di investigare anche questo aspetto dell’incidente (dato che anch’esso ha condizionato i soccorsi e l’evacuazione) e di emanare una di quelle raccomandazioni tecniche di sicurezza (da me da tempo invocate come indispensabili) nei confronti di ENAV e di ENAC per far presente che sarebbe giunta l’ora o di sospendere le operazioni di Torre quando piove a dirotto, tanto da ridurre la visibilità dalla Torre a meno di quella che sarebbe necessaria per l’occhio umano di vedere e controllare piste, vie di rullaggio e raccordi di tutto l’aeroporto, oppure di dotare la stessa Torre di radar ASDE (in italiano ASMI) per la sorveglianza delle operazioni sull’aeroporto in caso di visibilità ridotta per pioggia o nebbia o per qualsivoglia altro fenomeno meteorologico.
Ma comunque, in merito, rimangono tuttavia alcuni quesiti ai quali bisogna che chi di dovere risponda in modo esauriente:- come mai dalla Torre dell’aeroporto non ci si è allarmati allorché, dopo l’autorizzazione emessa nei confronti di quell’aeroplano ad atterrare, non si è scorto neppure il chiarore dei fari d’atterraggio dell’aeromobile sulla pista?
E come mai le stazioni dei mezzi di soccorso non erano quanto meno in pre-allarme, date le condizioni meteo in cui stavano svolgendosi le operazioni di volo su quell’aeroporto ? E quali norme sulle operazioni in visibilità ridotta, contemplate nel Manuale per i casi di emergenza di quell’aeroporto, non sono state rispettate?
Ed infine, quand’è che si può sperare di apprendere le vere cause “ufficiali” di questo incidente, che dovrebbero permettere di emettere raccomandazioni atte a prevenire il ripetersi di un tale evento?o Ricordiamo che son ben 15 i mesi trascorsi dalla data del grave incidente.
Vogliamo ancora sperare di poter leggere le risultanze dell’investigazione condotta da ANSV ben prima di quanto successo finora, che in vari casi di incidenti aeronautici si debbano conoscere sentenze di condanne da parte dei Tribunali della Repubblica oppure di omissioni nell’individuazione di altri “responsabili” aeronautici”, all’infuori dei soliti “responsabili di prima linea” come Piloti e Controllori del Traffico Aereo, tenendo presente che essi sono “addetti ad un’attività a rischio autorizzato” e spesso prime vittime di errori ed omissioni attribuibili all’organizzazione, come ormai la casistica aeronautica è in grado di ben documentare! 21 dicembre 2011
Soltanto 33 giorni per conoscere dagli investigatori polacchi le apparenti arcane cause che avevano costretto l’equipaggio di un B. 767-300 della Compagnia Aerea LOT all’atterraggio senza carrello su una pista dell’aeroporto di Varsavia lo scorso 1° Novembre.
L’aeromobile era partito da Newark (N. J.) per Varsavia allorché, dopo la retrazione del carrello e dei flaps dopo il decollo, sul display dedicato alle informazioni ai piloti sullo stato degli impianti di bordo compariva l’avviso di malfunzionamento dell’impianto idraulico centrale che dava segnalazione d’un calo della pressione idraulica e che pertanto veniva prontamente escluso.
Attenendosi alle possibilità offerte dal Manuale di volo, il Comandante decideva di proseguire per la Capitale polacca, contando, per l’atterraggio, di utilizzare il sistema di estensione alternata del carrello, sistema che sblocca le gambe dei singoli carrelli dai ganci di ritenzione in posizione retratta e li fa scendere e bloccare per caduta libera.
Ma, a Varsavia il treno d’atterraggio rifiutò di sbloccarsi con il sistema alternato e l’equipaggio ha richiesto di attendere in un circuito d’attesa sia per consumare il carburante e ridurre quindi i rischi d’incendio, sia per permettere che la pista più lunga dell’aeroporto venisse cosparsa di schiuma antincendio per un atterraggio senza carrello, dopo che due aerei militari avevano confermato che il carrello era completamente retratto.
Il B.767 effettuava l’atterraggio dopo 1 ora e 15 minuti dalla dichiarazione dell’emergenza, posandosi dolcemente sulla parte ventrale di fusoliera e sulla parte inferiore delle cappottature dei due reattori sub alari e così “scivolando” sulla pista 33 dell’aeroporto cosparsa d’una coltre di schiuma antincendio e si arrestava dopo circa 2000 metri di percorso altamente spettacolare, tanto da venir ripreso da diverse posizioni, senza alcun ferito o contuso tra le 231 persone presenti a bordo.
Ad evacuazione avvenuta sono iniziate le operazioni necessarie per sollevare e spostare l’aeromobile in modo da poter liberare la pista. Appena l’aeroplano fu sollevato con gli appositi cuscini pneumatici, fu subito accertata la perdita dal sistema idraulico centrale causata da una tubazione danneggiata del carrello destro. Ma la sorpresa maggiore doveva ancora avvenire.
Con l’aeromobile finalmente sollevato, è stato possibile estendere tutto il treno d’atterraggio con il sistema di estensione alternato, ma solo dopo aver scoperto che nel pannello del cockpit riservato ai ”circuit breakers” dell’impianto elettrico di bordo l’interruttore automatico di protezione del sistema alternato risultava inserito, ma non era inserito l’interruttore automatico della barra elettrica della batteria e quindi il comando non poteva funzionare.
Ciò che continuava ad impedire il funzionamento dell’apposito interruttore di comando dell’abbassamento alternato dei carrelli, consisteva nel fatto che il “circuit breaker della barra elettrica della batteria” era fuoriuscito per proteggere la barra stessa che è collegata a numerosi impianti di bordo e dovrebbe sempre funzionare anche nella peggiore delle emergenze elettriche !
Ed invece il cortocircuito su quella barra essenziale aveva interrotto anche l’alimentazione al comando elettrico dell’interruttore di abbassamento alternato dei carrelli, facendo fuoriuscire appunto l’interruttore automatico, ma senza dare nessun avviso ai piloti e senza nessuna segnalazione sul registratore di bordo !
Dunque sembrerebbe che un impianto elettrico così concepito sia forse ottimo per la protezione dei circuiti elettrici ma non sia poi la miglior soluzione per l’affidabilità operativa di un impianto essenziale come quello del comando del carrello d’atterraggio … e forse … anche di qualche altro impianto importante !
Confidiamo in un’investigazione approfondita e magari argomentata con una raccomandazione di sicurezza alla FAA ed alla Boeing nella relazione finale d’inchiesta per questo “incidente” definibile come “grave”, pur non avendo provocato lesioni agli occupanti. 17 dicembre 2011
Può succedere … anzi è successo, ma non dovrebbe !
Ogni analisi investigativa di qualsiasi evento aeronautico, va raffinata di lima e cesello in base alle informazioni rese disponibili al momento del commento, salvo essere riviste quando nuovi elementi divengano usufruibili.
L’evento eccezionale, anche se nel caso fortunoso e fortunato come quello avvenuto sull’aeroporto di Varsavia su di un Boeing B. 767-35DER, matricola SP-LPC dell’Aerolinea polacca LOT come volo 16, era partito il 1 Novembre dall’aeroporto di Newark (NJ-USA) con 220 passeggeri e 11 membri d’equipaggio, quando – secondo le prime notizie – accingendosi all’atterraggio per la pista 33 dell’aeroporto della Capitale polacca, l’equipaggio di condotta scopriva che il treno dei tre carrelli d’atterraggio non poteva essere esteso, a causa d’una avaria non specificata, ma forse d’origine idraulica.
Decideva allora di entrare in un circuito d’attesa, all’altitudine di 2.750 piedi (850 m.) per cercar di risolvere l’avaria. Ma dopo aver constatata l’impossibilità di risolvere il guasto (qual che fosse), il Comandante prendeva la decisione di atterrare sulla parte ventrale della fusoliera eseguendo un belly - landing.
Pertanto, dopo aver consumato quasi tutto il carburante rimanente nei serbatoi durante circa 90 minuti di volo a quell’altezza, mentre la pista principale dell’aeroporto veniva coperta con un tappeto di schiuma estinguente sul quale far posare strisciando l’aeromobile, il Comandante procedeva all’atterraggio.
Con una manovra veramente a regola d’arte, il Comandante riusciva a posare dolcemente l’aeroplano sulla pista così preparata. Le scintille provocate dall’attrito del metallo delle capottature dei due motori appesi alle gondole alari e del ventre della fusoliera, che innescavano qualche piccolo principio d’incendio del poco carburante che ancora alimentava i motori fino al contatto con la pista, venivano estinte dalla schiuma ed il tutto si concludeva felicemente con l’ordinata evacuazione degli occupanti per mezzo degli scivoli d’emergenza della dotazione delle porte di bordo.
Questa la prima versione del fatto, del resto documentata per la parte dell’atterraggio da molte riprese filmate rese disponibili sul web e dai media internazionali.
Nonostante i progressi tecnologici conseguiti nella costruzione e nella manutenzione degli aeromobili civili del tipo “glass-cockpit” e considerato che su questo aeromobile esistono tre distinti circuiti idraulici indipendenti, messi in pressione da due pompe idrauliche anch’esse indipendenti, da quattro pompe elettriche e da una air drive pump (di emergenza) si deve, di conseguenza, dedurre che il difetto che ha colpito il B. 767 della LOT non è stato un’avaria totale dell’impianto idraulico, altrimenti l’aeroplano non sarebbe potuto esser magistralmente posato dolcemente sul suo letto di schiuma estinguente dal Comandante con tanto di slats, flaps e spoilers estesi (manualmente), bensì sia stato probabilmente affetto da un’avaria meccanica del complesso di comando dei complicati leveraggi di retrazione e di blocco dei tre carrelli in posizione retratta e di chiusura dei relativi portelloni dei vani di alloggiamento dei carrelli del velivolo.
Secondo le seguenti notizie tratte da “The Aviation Herald” (che di seguito riproduciamo nel testo originale in lingua inglese) risulterebbe che alla fine delle operazioni di sollevamento dell’aeromobile dalla pista medianti i famosi materassi pneumatici, i tecnici abbiano potuto far uscire i carrelli dell’aeromobile per poterlo trainare fuori dalla pista fino ad una aviorimessa per constatare i danni riportati.
Ecco il testo originale:
The Aviation Herald.
A LOT Polish Airlines Boeing 767-300, registration SP-LPC performing flight LO-16 from Newark,NJ (USA) to Warsaw (Poland) with 220 passengers and 11 crew, was on approach to Warsaw's runway 33 when the crew aborted the approach at 3000 feet reporting an unsafe gear indication for all three gear struts at about 13:10L (12:10Z) and entered a holding to troubleshoot the problem for about 80 minutes. Visual verification by fighter aircraft showed none of the gear struts was down, attempts to lower the gear alternatively failed. The aircraft subsequently performed a text book gear up landing on runway 33 at 14:40L (13:40Z), the aircraft was evacuated after stand still. No injuries occurred.The airport was kept sterile for the arrival of the emergency aircraft, roads around the airport closed to accomodate emergency services. Flights inbound to Warsaw were diverted or returned to their point of departure (e.g. Kiev).On Wednesday cranes and air cushions were able to lift the aircraft off the runway with the engines remaining attached to the wings, the gear could subsequently be released and the aircraft was towed to a hangar for further assessment of the damage, which after a first check is said to be surprisingly small. Warsaw Chopin Airport was closed until Nov 2nd 20:00L (19:00Z), it's website was down due to overload. The airport announced to re-open on Thursday (Nov 3rd) at 04:00L (03:00Z), but as result of recovery of the aircraft during Wednesday (Nov 2nd) was able to resume operation by 20:00L.The airline reported the aircraft was piloted by Captain Tadeusz Wrona and First Officer Jerzy Szwarc, an experienced crew with the captain having more than 20 years of experience on the Boeings. About 30 minutes after departure from Newark the crew reported the failure of the center hydraulic system. It is unclear why the gear could not be lowered, this is being investigated. The aircraft will be moved to a hangar later today (Nov 1st). The fate of the airframe has not yet been determined, the damage to the structure and engines will be assessed before a decision is being made.
Ora, stante il fatto che l’equipaggio di condotta ha avuto 80 o 90 minuti di tempo durante il quale far consumare dai motori il carburante presente a bordo e per provare altre manovre, stupisce il fatto che non abbia avuto successo neppure una manovra che sicuramente avrà provato, cioè quella dell’estensione dei carrelli mediate l’impianto “Landing Gear Alternate Extension”, comandabile tramite un interruttore elettrico (posizionato subito sotto la leva di comando normale del carrello), azionando il quale parte un motore elettrico che sblocca il meccanismo di ritenzione di ciascun carrello. Infatti, portando in posizione “Down” tale interruttore, questo comanda lo sgancio in apertura dei portelloni e dei ganci di ritenzione in posizione retratta dei carrelli, permettendo alle gambe di ciascun carrello di estendersi per caduta libera (dato il peso di ciascun complesso) ed il bloccaggio in posizione di sicura estensione per l’atterraggio.
Invece nulla di tutto questo è avvenuto in volo, ma … a terra sì !
E questo dopo un atterraggio veramente magistrale effettuato dal Comandante, il quale è riuscito a tenere dritto l’aeroplano sulla pista irrorata di schiumogeno, senza neppure danneggiare l’attacco dei motori appesi sotto l’ala, tanto che al momento del sollevamento del velivolo alle ore 19.00/UTC del 2 Novembre (dopo cioè 19 ore della posa dell’aeroplano sulla pista), i motori sono risultati ancora saldi sotto le ali.
Perché allora il treno d’atterraggio non è uscito in volo ?
Incuria ? Rottura per usura di qualche parte ? Sequenza di movimento delle parti errata ?
Questo lo potrà dire solo l’inchiesta subito avviata dalla competente autorità investigativa polacca con la partecipazione degli Investigatori del NTSB e dei tecnici della FAA degli USA, in quanto Paese costruttore dell’aeroplano.
Molto bene ha fatto il mio Collega e Webmaster titolare del sito Aerohabitat.eu (con il quale mi pregio di collaborare) a pubblicare il 4 Novembre sulla sua rubrica “Incidenti” (alla quale rimando) il proprio pensiero ed il proprio commento, che qui di seguito riproduco, separato in due parti, per i miei opportuni commenti:-
Boeing 767 - 300 atterra sulla pancia, senza carrello e ruotino
Una avaria idraulica costringe il velivolo ad atterrare in emergenza, ma dopo otto ore, tutti salvi.
Alla fine tutto è finito bene. Almeno non ci sono state conseguenze per gli 11 membri di equipaggio ed 220 passeggeri partiti da New York Newark il 1 novembre 2011.
Alcune indiscrezioni riportano che il volo LOT 16, un Boeing 767 - 300 SP-LPC, con destinazione Varsavia, avrebbe registrato una avaria idraulica appena dopo il decollo e, dopo la traversata Atlantica, una attesa di circa 90 minuti, aver esaurito il carburante imbarcato, è atterrato senza carrello principale e ruotino anteriore sulla pista 33 della capitale Polacca. I passeggeri sono stati rapidamente evacuati.
Il velivolo è atterrato sulla pancia - belly landing - su uno strato di schiuma anti fiamma che ha evitato conseguenze per gli occupanti su una pista della lunghezza di 12110 piedi, oltre 3600 metri.
L'aeroporto Chopin è stato chiuso al traffico, per la rimozione dell'aeromobile fermo all'intersezione con la pista 11/29 fino alle ore 22.30 del giorno successivo.
L'atterraggio di emergenza è stato assistito da numerosi mezzi di pronto intervento e soccorso e le procedure si sono rivelate adeguate e tempestive>.
In accordo a tale versione, taluni punti evidenziati non possono essere ignorati, per le conseguenze che bisogna trarne e che puntualmente riproduco così come elencati dal Collega :-
<L'analisi e la descrizione dell'evento complessivo. L'avaria di alcune ore prima e la continuazione del volo, così come la scelta di atterraggio su una pista di una lunghezza adeguata alla tipologia dell'avaria obbligano ad alcuni, essenziali, rilievi.</em><//em>
Per quale ragione, a seguito dell'avaria idraulica, il volo è continuato fino a destinazione? Perché non optare una pista sulla costa est USA evitando l'attraversamento dell'Atlantico con le, tante, relative implicazione nella gestione del volo?
Quali eventuali pressioni sono state esercitate sui piloti? L'equipaggio aveva informato i passeggeri del successivo atterraggio sulla pancia a Varsavia?
La scelta conclusiva, che ha comunque evitato qualsivoglia conseguenza per gli occupanti - salvo l'inevitabile trauma e stress dell'atterraggio in emergenza - ha comportato il minor costo operativo per l'aerolinea.
Altre considerazioni concernono la scelta di atterrare sul maggior scalo civile/commerciale della Polonia piuttosto che su pista - magari con una lunghezza di oltre 4000 metri - in una aerobase militare del Paese?.
Tutti quesiti più che leciti, proposti in nome dei principi della sicurezza del volo, intesa proprio nel senso della sacra e vera sicurezza dei passeggeri trasportati, anche a scapito dei possibili interessi immediati della Compagnia, che nel caso il tutto non si fosse felicemente risolto, salvo gli inevitabili danni limitati all’aeromobile, avrebbe avuto ben più da perdere come immagine e danno effettivo che non quanto effettivamente avvenuto. Per buona sorte ed effettiva capacità aviatoria del Comandante del volo.
Comunque ci attendiamo, in nome della sicurezza delle operazioni commerciali, che la Relazione finale d’inchiesta da parte dell’Autorità investigativa polacca su questo raro ma inquietante evento risponda, possibilmente al più presto, a tutta questa serie di urgenti e legittimi quesiti destinati a tranquillizzare i passeggeri di tutto il trasporto aero mondiale.
Ma ecco che si arriva ad un punto del testo che personalmente avrei comunque cercato di trattare, prima o poi, su queste pagine. Il Collega me ne offre il destro in quest’occasione, scrivendo quanto segue:-
<Cosa accadrebbe in Italia? Quale procedura è stata pianificata da ENAC per atterraggi senza carrello? Su quale scalo, su quale lunghezza di pista?</em><//em>
Con quale livello di adozione del Piano di Rischio aeroportuale autorizzato da ENAC? >.
Premesso che la pianificazione del Rischio Aeroporto è una misura fondamentale per operare in sicurezza, secondo quanto stabilito a livello nazionale ed internazionale, ho esplorato sul sito di ENAC i seguenti documenti:
▪ Regolamento ENAC 21/10/2003 - Costruzione ed Esercizio degli Aeroporti;
▪ Circolare ENAC 30/01/2008, APT-18A - Piano di emergenza aeroportuale;
▪ D.M. 13/02/2001 - Criteri per l’organizzazione dei soccorsi sanitari nelle catastrofi;
▪ APT 33 – Piani di Rischio previsti dall’Art. 707 del CdN del 30/8/2010.
e l’AIP – Italia per individuare dove trovare elementi che mi potessero aiutare a rispondere alle suddette domande, ma non ho trovato alcuna traccia per i Gestori aeroportuali di scrivere disposizioni riguardanti in merito alla previsione di preparazione delle piste aeroportuali per atterraggi d’emergenza di velivoli commerciali impossibilitati ad estendere il sistema dei carrelli e costretti a pianificare un “belly-landing”.
In compenso, stranamente, ho trovato ( ben conservata !) la “Disposizione 42/2010 DG = del 17/5/2010 che tratta dei “Requisiti tecnici ed operativi per il Certificato di Operatore Aereo – COA – per voli commerciali con passeggeri di palloni liberi ad aria calda” ! Quando si dice … efficienza burocratica !
Infine, per cercar di trovare risposta al quesito “Con quale livello di adozione del Piano di Rischio aeroportuale autorizzato da ENAC?” nulla ho trovato per quanto riguarda il piano dei due maggiori aeroporti italiani, gestiti da AdR e da SEA, in materia di prevenzione e gestione dei rischi, come previsto dai Regolamenti e Circolari ENAC.
Eccesso di difesa ? O segreto ben custodito ? A qualcuno … l’ardua sentenza … su questo desolante panorama regolamentare. 11 novembre 2011
Il National Transportation Safety Board – NTSB/USA – ha rilasciato, recentemente, il rapporto in merito alla propria investigazione sull’evento accaduto la notte dello scorso 23 Marzo, che aveva costretto i Comandanti di due aeromobili da trasporto passeggeri a prender la decisione di atterrare sull’aeroporto di destinazione, situato sulla riva del fiume Potomac a Washington, senza esser riusciti ad ottenere l’autorizzazione alla manovra da parte del Controllore in servizio alla locale Torre di Controllo. L’unico Controllore presente era caduto addormentato per la stanchezza accumulata durante le precedenti 24 ore ininterrotte di servizio; questo episodio ha finito per porre sotto esame anche la condotta dei due Piloti Comandanti.
Il primo, un Comandante di un B. 737-800 dell’American Airlines, dopo aver effettuato una riattaccata, non avendo ricevuto risposta alla sua richiesta ed aver sorvolato l’aeroporto, decideva di atterrare, prendendo tale decisione in base alla propria considerazione di ritenere l’aeroporto “incontrollato” e quindi seguendo le sole indicazioni di guida elettronica (ILS) per l’atterraggio in assenza di traffico visibile in movimento. L’atterraggio si concludeva felicemente.
Anche il secondo Comandante di un Airbus A. 320 della United Airlines, arrivato pochi minuti dopo, sotto la guida in finale (come il primo) da parte del Controllore di Avvicinamento dell’Area Terminale della capitale, collocato fisicamente però in diversa posizione territoriale, decideva di atterrare anche senza l’autorizzazione della Torre rimasta silente per circa 30 minuti !
Nel proprio rapporto investigativo finale del 17 Ottobre, il NTSB, ha concluso che il Controllore «aveva subito le precondizioni necessarie ad accumulare eccessiva stanchezza acuta per mancanza di sonno e scombussolamento del ritmo circadiano a causa del consecutivo impiego in turni notturni di servizio».
A seguito di ciò, la FAA – Federal Aviation Administration – è intervenuta con una serie di provvedimenti migliorativi, comprendenti anche l’assegnazione di un secondo Controllore al turno di notte, sia dell’aeroporto National della Capitale che in molti altri aeroporti.
Per quanto attiene l’investigazione riguardante i due Piloti Comandanti, che hanno atterrato su di un aeroporto senza una Torre di Controllo “operativa”, il NTSB ha stabilito che entrambi avevano delle disposizioni operative nei propri Manuali d’Impiego di Compagnia che consentivano l’atterraggio qualora avessero ottenuto informazioni sullo stato dell’aeroporto prima di iniziare l’avvicinamento, a mezzo di trasmissioni ATIS o da altri aeroplani in decollo da quell’aeroporto. La FAA non ha intrapreso alcuna azione disciplinare nei confronti dei Piloti – che secondo le rispettive Compagnie - «…hanno soltanto fatto ciò che andava fatto», anzi «…hanno fatto quello per cui sono addestrati a fare !»; il rilievo sollevato dal NTSB deve suonare come un monito !
La stanchezza accumulata in servizio, soprattutto se dovuta alla privazione del sonno, aggravata dall’impiego senza una corretta valutazione dei cicli circadiani di ciascun individuo, è esiziale per le facoltà di veglia e di attenzione degli esseri umani ed è, da tempo, riconosciuta universalmente come un fattore critico.
Stupisce pertanto il fatto che in seno ad Organizzazioni fornitrici di Servizi di Traffico Aereo ci sia ancora qualcuno che ignora quelle conseguenze e programmi dei turni irrispettosi di tali accertati limiti fisici dei lavoratori e si permetta di presidiare posizioni così delicate come quelle attinenti ai servizi ATM/ATC con un solo Controllore durante le ore notturne !
Quanto è avvenuto, dovrebbe far capire a tutti il delicatissimo compito cui sono chiamati nelle loro specifiche funzioni i Controllori del Traffico Aereo, al pari dei Piloti dell’Aviazione commerciale, per garantire la sicurezza dei voli nel pubblico interesse!
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In seguito all’investigazione dopo lo schianto del volo COMAIR 191 a Lexington (Kentuky – USA) del 27 agosto 2006 – un Bombardier Canadair Regional Jet 100ER che aveva causato 49 vittime, l’NTSB ad Aprile 200, avendo constatato l’affaticamento dell’equipaggio di quel volo, ha emesso una Raccomandazione di sicurezza indirizzata sia alla Federal Aviation Administration – FAA – che all’Associazione Nazionale dei Controllori del Traffico Aereo – NATCA – degli USA, di dedicarsi con la massima attenzione a studiare scientificamente l’incidenza dell’affaticamento sul personale addetto al Servizio di Navigazione Aerea, vale a dire sui Controllori del Traffico Aereo in servizio.
Tale raccomandazione, che segue di qualche anno quella, già, rivolta alla FAA ed alle Aerolinee USA (in particolare quelle del ramo “commuters”) di dedicarsi all’analisi dei casi di affaticamento operazionale dei Piloti commerciali, spronava le parti a lavorare assieme per cercar di individuare e ridurre i fattori operativi di potenziale affaticamento operativo dei Controllori, esaminando e rivedendo criticamente le pratiche e norme di turnazione/riposo dei Controllori, onde stabilire periodi di riposo sufficienti a minimizzare gli effetti dei cicli di privazione del sonno durante le ore notturne in servizio ed a consentire di usufruire di adeguati sonni ristoratori e soprattutto a sviluppare una coscienza di valutazione del proprio stato di affaticamento, onde possibilmente stabilire dei programmi addestrativi per combattere l’insorgere dell’affaticamento acuto.
All’uopo fu quindi istituito un Gruppo di Lavoro formato da quattro esperti della materia da parte della FAA e da sei esperti da parte della NATCA, che nel giro di poco più di un anno e mezzo ha sviluppato un insieme di 12 Raccomandazioni riguardanti sei aree operative e comportamentali identificate come critiche, oltre ad indicare la necessità di istituire nel settore un “Sistema di Gestione del Rischio da Fatica operativa – Fatigue Risk Management System. – FRMS” - con il quale riuscire a sorvegliare l’andamento nel settore e prevenire i casi di affaticamento operativo.
In conseguenza di tali Raccomandazioni, il GdL stesso, costituito dalle due componenti presenti in esso, ha dato inizio ad un processo di analisi e di valutazione dei dodici punti stabiliti per vedere i loro effetti sull’organico di Controllori necessario per il Servizio, sull’adeguamento della regolamentazione del Servizio stesso, sulle esigenze di bilancio e su tutte le aree interessate all’innovazione.
Intanto, a Giugno di quest’anno il Consiglio dell’ICAO ha iniziato a prendere in esame il Proposto “Sistema di Gestione del Rischio derivante da affaticamento-FRMS” che riguarderà la categoria degli Aeronaviganti commerciali, parimenti a quella dei Controllori del T.A..
Speriamo di vedere presto gli effetti di tutto ciò ! 8 novembre 2011
Il 29 Ottobre è stato finalmente localizzato, dopo tre mesi di ricerche sottomarine, il relitto del Boeing B. 747-400 F della Compagnia coreana Asiana, precipitato nelle acque territoriali della Corea del Sud a non molta distanza dall’isola di Jeju, verso la quale stava dirigendo in emergenza.
L’isola coreana di Jeju è situata a circa250 km a Sud dall’aeroporto di partenza del volo, programmato dall’aerodromo internazionale di Seoul-Incheon con destinazione l’aeroporto internazionale di Shang ai-Pudong, distante circa 850 km in linea d’aria.
L’aeroporto dell’isola di Jeju, scelto per l’emergenza, è, oltre a quello di Seoul, uno degli sette aeroporti internazionali disponibili nel Paese, accanto a quelli di Kimhae – Ch’ongiu – Yangyang – Taegu e Kwangju, per servire gli abitanti (circa 43 milioni) d’un territorio della superficie di 98.824 km² (circa 1/3 di quella dell’Italia), mentre la Capitale usufruisce anche d’un aeroporto per i voli domestici.
Dal relitto del “cargo” sono stati estratti finora solamente i corpi dei due Piloti, unici occupanti del velivolo in servizio il 27 Luglio tra la Capitale coreana ed il maggior centro commerciale della Repubblica Popolare Cinese.
Le operazioni di ricerca e recupero, quanto meno dei due Registratori d’incidente installati a bordo del velivolo, continuano incessantemente nella speranza di poter stabilire, esattamente, cosa possa esser realmente accaduto ai comandi del velivolo, dopo che la trasmissione radiotelefonica emessa da uno dei due Piloti al Controllo del Traffico Aereo annunciava di dirigere in condizioni di emergenza verso l’aeroporto di Jeju, a seguito di «problemi nel mantenimento del controllo dell’aeromobile», dopo aver avuto segnalazione di un incendio in una delle stive ventrali del Jumbo. Al momento di quella che sembra esser stata l’ultima comunicazione dall’aeromobile, questo si trovava all’altitudine di 7.600 piedi, pari a 2.300 m.
In merito, il competente Ministro dei Trasporti coreano ha dichiarato che «… mentre l’incendio ha probabilmente causato il “crash”, l’esatto movente di tale fatto non può essere determinato in assenza dei dati dei due Registratori …».
Ma dai dati del “manifesto di carico”, obbligatoriamente conservato in copia all’aeroporto di partenza, si è potuto accertare che l’aeromobile aveva imbarcato un carico che comprendeva batterie elettriche al litio, vernici ed altri materiali potenzialmente pericolosi, se non propriamente etichettati, imballati e separati secondo le norme dei manuali per il trasporto di merci pericolose.
Mentre si conosce per certo e per pregresse tragiche esperienze che le batterie elettriche al litio sono da considerarsi potenzialmente pericolose per innescare incendi durante il trasporto per via area, il competente Ministro coreano ha tenuto a precisare che non esistono “evidenze immediate” che sia stato il carico a causare l’incendio !
Mentre attendiamo di vedere quando si concluderanno le ricerche sottomarine delle “evidenze” indicate dal Ministro, si sa per certo che alle indagini collaborano con gli investigatori coreani anche quelli statunitensi del NTSB, della FAA e gli esperti dei Costruttori del velivolo e dei suoi motori.
Dell’evento del 29 Luglio aveva puntualmente dato notizia Aerohabitat.eu –Incident, come possiamo documentare di seguito:-
Boeing 747 Cargo precipita in mare, 58 tonnellate di carico, 400 kg di batterie al LitioDispersi i due piloti di equipaggio.
L'equipaggio aveva comunicato sulla presenza di fiamme nello scomparto cargo ed era in corso un dirottamento per un atterraggio di emergenza sullo scalo di Jeju Airport. Il 747/400F della Asiana, aerolinea Coreana, immatricolato HL7604 che operava il volo OZ-991, era partito da Seoul (South Korea) con destinazione (China).
L'incendio scoppiato a bordo tra le 58 tonnellate di carico, tra le quali 400 kg di batterie al Litio, ed altre sostanze quali "paint, amino acid solution and synthetic resin" ripropongono gli interrogativi e l'affidabilità relative alla sostanze pericolose imbarcate sui voli cargo.
L'incidente avvenuto alle ore 04.12 locali (19.12 GMT) del 27 luglio dopo 67 minuti dal decollo. Il jumbo aveva fatto il suo primo volo nel febbraio 2006, era di recente fabbricazione ed era equipaggiato con quattro propulsori General Electric CF6-80C2B1F.
Dopo essere scomparso dagli apparati radar, parti, rottami galleggianti e spezzoni del cargo sono stati segnalati sulla superficie dell'oceano a circa 130km/70 miglia ad ovest dello scalo di Jeju. 29 luglio 2011. 5 novembre 2011
A cura del Com.te R. Dentesano e del Com.te B. Bosello.
Sul giornale La Repubblica di Palermo del 15 Settembre abbiamo letto la seguente notizia:
Il Comandante e il vice già licenziati.
Aereo fuori pista - fu errore del pilota
NON è ancora arrivata sul tavolo del procuratore aggiunto Maurizio Scalia, ma già si conoscono i risultati della relazione sull’incidente del 24 settembre 2010 in cui un aereo della Wind Jet è uscito fuori pista. Non si trattò di windshear, un vento anomalo che ha fatto sbalzare l’aereo, ma di un errore umano. L’inclinazione dell’aereo rispetto alla pista sarebbe stata sbagliata per un calcolo errato da parte del pilota … il Comandante, e il suo secondo… sono stati licenziati dalla compagnia nei mesi scorsi».
Leggere una notizia del genere nel 2011 ci lascia esterrefatti perché l’emerito Professor Frank H. Hawkins, fin dal 1987, con il libro “Human Factors in Flight”, che è una pietra miliare nelle scienze umane del mondo aeronautico, con le sue considerazioni, universalmente accettate, aveva di fatto permesso di cancellare la terminologia “errore del pilota” dal dizionario aeronautico.
In questi 13 mesi, tranne scarni comunicati, nulla di nulla ci è stato detto dall’ANSV, organo responsabile per l’individuazione delle cause necessarie per emanare delle raccomandazioni al fine della prevenzione di altri similari incidenti aerei, nonostante, in questo caso, siano disponibili tutte le informazioni possibili:- “Flight data recorder, Voice recorder, la testimonianza dei piloti e dei passeggeri, i documenti sia dell’aeromobile che dei piloti, le informazioni meteorologiche, le comunicazioni radio tra piloti ed il servizio di controllo del traffico aereo, le indispensabili interviste all’esercente ed ai responsabili istituzionali”.
In casi simili sono molteplici gli elementi che determinano o favoriscono l’innescarsi dell’incidente, in particolare è necessario analizzare le condizioni atmosferiche, le condizioni di aeronavigabilità ed efficienza dell’aeromobile, le abilitazioni e l’addestramento dei piloti, la funzionalità del sistema aeroportuale in tutte le sue componenti, le norme operative dettate dall’esercente e le registrazioni dei tempi intercorsi tra l’allarme d’incidente e la mobilitazione dei soccorsi previsti dal “Piano di emergenza aeroportuale” di Punta Raisi, adottato dal Gestore ed approvato da ENAC.
Dalle notizie di stampa, vista la mancanza di informazioni da parte degli organi preposti, si può senza dubbio affermare che il giorno dell’incidente le condizioni meteo non erano ottimali con la presenza di temporali nella zona aeroportuale e di avvicinamento, fenomeni questi che possono modificare significativamente le traiettorie di volo. La procedura seguita dai piloti era una procedura di avvicinamento di “non precisione” con dei minimi di atterraggio piuttosto elevati proprio perché, come dice la parola stessa, non è molto precisa e comporta da parte dei piloti una significativa fase “a vista” per poter completare l’atterraggio.
Si sa che la lunghezza del sentiero di luci di avvicinamento installate, del tipo SALS - Short approach lighting system - Sistema di avvicinamento luminoso ridotto, a causa della vicinanza al mare della soglia pista 07, è di soli 436 m, quasi la metà dell’estensione di un sentiero luminoso standard. La luminosità di tali luci è variabile e non sappiamo a quale intensità era regolata, ma certamente se erano regolate alla massima luminosità in quelle specifiche condizioni meteo, quella non era la soluzione ottimale a causa del fenomeno di rifrazione della luce indotto. Non sappiamo, invece, se il sistema luminoso di planata PAPI (Precision Approach Path indicator) fosse correttamente calibrato.
Fatte queste premesse è necessario evidenziare che la prospettiva aerea, determinata dalla presenza di nebbia, foschia, smog, fumo o d’un violento piovasco, come nel caso in esame, fa variare molto la capacità di stima della distanza:- gli oggetti, quali la pista, gli ostacoli, i cui colori, ombre e forme siano stati resi incerti da questi elementi, vengono percepiti più lontani e grandi di quanto siano in realtà. Di notte la riduzione della trasparenza dell’aria rende meno visibili le luci dell’ambiente aeroportuale, privando il pilota della sua maggior risorsa per l’orientamento spaziale, la visione periferico–ambientale.
Alla vista del pilota restano disponibili solo la forma geometrica dello schema luminoso delle luci di avvicinamento e di pista per stabilire la sua posizione relativa al suolo ed alla pista, un difficile compito affidato quasi esclusivamente alla visione foveale, non molto adatta a questo fine. La transizione dal volo strumentale alla fase visuale rappresenta perciò ancora un punto debole e delicato delle operazioni volo. Appena acquisite le condizioni visuali, specialmente in seguito ad un avvicinamento condotto con radio-assistenze di “non-precisione”, il pilota deve riconoscere rapidamente l’ambiente ed orientarvisi sulla scorta, spesso, di pochi ed incerti indici. I problemi sono di ordine sia fisiologico (come l’adattamento oculare) che psicologico (come le illusioni visive). Una situazione ancora più pericolosa si verifica, se nell’immediata vicinanza al suolo, la visibilità si riduce rapidamente; in questo caso il limite anteriore del segmento visivo “scende” improvvisamente nel “parabrezza”, e questo può essere interpretato come un’inattesa cabrata dell’aeromobile (pitch up) che il pilota può essere indotto a contrastare con un’inopportuna e pericolosa manovra a picchiare. L’effetto si cumula con la forte spinta psicologica a metterlo “giù” (duck-under) non appena in contatto visivo con il suolo. Una buona soluzione avrebbe potuto essere quella d’un corretto scambio di comunicazioni verbali e di azioni tra i membri dell’equipaggio, come del resto viene insegnato nei corsi CRM o più approfonditamente nelle operazioni in bassa visibilità.
Questa potrebbe essere la catena degli eventi che ha portato all’incidente, ma è a nostro avviso, indispensabile approfondire se il disastro sia stato indotto dalla macchina, dall’ambiente o dai piloti. In quest’ultimo caso l’esperienza dei piloti era adeguata?
Sappiamo che in quella Compagnia aerea, a fronte di un notevole esborso di denaro da parte dell’allievo pilota vengono forniti l’addestramento e l’abilitazione alla macchina, successivamente il suddetto co-pilota è impiegato in voli di linea quale secondo membro titolare con scarsa esperienza sull’aeromobile. Il co-pilota coinvolto in questo incidente proveniva da questo iter addestrativo? Il corso CRM (Crew Resource Management), fondamentale per saper lavorare in team e comunicare adeguatamente, è stato regolarmente superato? L’organo regolatore e verificatore ha vigilato su questo processo addestrativo? Quando e in che forma è stato controllato ?Solo quando avremo delle risposte a queste domande, qualcuno competente potrà emettere dei giudizi sul comportamento dell’equipaggio e nessuno può fare illazioni su “errori” (umani o non umani) dei piloti.
Siamo comunque e sempre in fiduciosa attesa della relazione finale di ANSV sull’incidente, per individuare correttamente le vere cause dell’evento ed evitare, di conseguenza, che comunicati di questo genere si leggano nei media italiani.
Non vorremmo che la relazione finale di ANSV subisse la stessa lunga gestazione dell’incidente aereo del Monte 7 Fratelli “Su piccu malu” Cagliari 2004, uscita ben dopo la sentenze dei processi giudiziari di I° – II°, oppure del silenzio tombale per gli inspiegati incidenti del CESSNA di Trigoria avvenuto il 7/2/2009 e/o del Learjet del 1/6/2003, precipitato a poca distanza dalla carovana dei ciclisti partecipanti al Giro d’Italia (anche questo indagato dalla Magistratura). 23 ottobre 2011
Calano pesanti ombre sulla dinamica del più grave disastro aereo dell’Aviazione Civile italiana.
(tratto da alcune considerazioni – fatte separatamente e qui riunite - dei Com.ti Renzo Dentesano e Giuliano Mansutti)
L’iter processuale si è concluso nel 2008. Era da tempo risolta anche l’analisi investigativa dell’ANSV e della Procura di Milano oltre alle ricostruzioni espresse dai consulenti di parte.
Tuttavia, tra le ipotesi valutabili sulla dinamica dell’incidente, non risulta essere stata verificata anche l’eventualità di una improvvida “scelta operativa”, magari scientemente esercitata da parte dell’equipaggio del Cessna, nel percorrere in contromano il raccordo R6.
Certo, nello scenario sopra prefigurato cambierebbe la concatenazione e l’analisi degli eventi poiché l’incursione in pista andrebbe riletta alla luce della nuova ipotesi interpretativa di cui sopra ed annese responsabilità anche correlate allo status delle infrastrutture dello scalo, all’adozione delle procedure operative, ai controlli ed alla vigilanza degli addetti investiti delle varie competenze.
Tuttavia, è ovvio che solo la riapertura dell’indagine potrebbe risolvere quello che per alcuni è ancora un dubbio.
Ci sorprende, infatti, che non sia stata inserita fra i diversi scenari sulla dinamica dell’incidente l’ipotesi di una deliberata “scelta operativa” di percorrere in contromano il raccordo R6 nonostante la diversa autorizzazione ricevuta dalla Torre di Controllo confermata, peraltro, dai piloti del Cessna.
Tale ultimo aspetto, tra l’altro, è stato accampato nelle arringhe di alcuni difensori, senza però destare attenzione da parte del collegio giudicante. Quest’ultimo, a nostro avviso, si sarebbe potuto avvalere, più da vicino, del supporto tecnico scientifico di un collegio peritale multidisciplinare nominato dal giudice terzo che avrebbe potuto contribuire ad allargare e meglio approfondire le congetture dell’unico consulente della Pubblica Accusa.
La fretta di chiudere non ha consentito, per questo e per numerosi altri aspetti, di svolgere una scrupolosa ma semplice e meccanica analisi della documentazione disponibile ed agli atti.
E quindi prende sempre più forza il quesito di Dentesano e Mansutti: può essere stata una violazione consapevole dell’equipaggio del Cessna a innescare la catena degli eventi di quella mattinata di nebbia, inefficienze, carenze e tragedie?
Gli estensori poi riassumono in una serie di interrogativi gli inquietanti dubbi manifestati:
· Il contromano, come atto deliberato e consapevole, è stato valutato?
· Se è stato verificato, per quale ragione non c’è traccia nella Relazione finale ANSV?
· Come mai non sono stati verificati i tempi di rullaggio?
· Per quali ragioni le investigazioni non hanno contemplato il contromano?
· Per quale ragione le investigazioni non hanno contemplato l’analisi degli standard internazionali?
In conclusione da quanto sopra osservato e riferito si potrebbe evincere che l’incursione del Cessna in pista quel tragico mattino potrebbe essere scaturita, non da errore umano o distrazione, ma da scelta deliberata.
E poi quanto a safety ed opera di prevenzione sarebbe utile sapere se, ad oggi, sono state completate - o quale sia lo stato dell’arte - le procedure di implementazione di un Safety Management System, al cui interno dovrebbero essere ricomprese le azioni di prevenzione delle incursioni in pista da parte degli stakeholders aeronautici, in ossequio alle raccomandazioni internazionali.
Fra l’altro il Piano di Rischio e gli standard ottimali per l’aeroporto di Linate, sostengono ancora gli esperti autori di queste note, sono ancora da raggiungere.
Dopo dieci anni, in buona sostanza, a fronte dell'adozione dell'Annesso 14 ICAO, tradotto nel Regolamento ENAC sulla Costruzione ed esercizio delle infrastrutture aeroportuali, alle circolari operative ENAC, resterebbe ancora tanto da fare.
Una pista come quella di Linate non dovrebbe garantire la presenza di una RESA - Runway End Safety Area - ovvero di spazi di sicurezza di inizio e fine pista di 240 metri?
E il "Dedalo" di Cascella e quei distributori a fine pista, continuano a chiedersi gli i nostri attenti e scrupolosi piloti?
Ed ancora:il Piano di Rischio di incidente aeronautico, in asse pista, sottostante alle rotte di decollo ed atterraggio, dei 1050 metri laterali, non dovrebbe essere già stato adottato?
Almeno in occasione dei dieci anni dal più disastroso incidente aereo del Paese forse sarebbe stato meglio concentrare gli sforzi per sopperire ad eventuali carenze infrastrutturali dello scalo onde non alimentare il pessimismo di chi ritenga che non sia stato fatto tutto per evitare il ripetersi di tali drammatici accadimenti.
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La redazione di STASA prendendo lo spunto da queste preoccupanti osservazioni ritiene fondamentale proprio in concomitanza con questo tristissimo decennale – al di là delle iniziative pubbliche che mirano a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla esigenza di raggiungere livelli di sicurezza sempre elevati – di iniziare a raccogliere presso le realtà aeronautiche più evolute indicazioni su come far sviluppare nel nostro Paese un’autentica cultura della prevenzione di cui si avverte una forte mancanza e non solo nel settore del trasporto aereo. Il nostro vuole essere un contributo di idee per la comunità aeronautica in questa direzione. 20 ottobre 2011
Quando il 27 Giugno scorso scrivevo:- «… ed ancora … il 27 Giugno … ancora una volta si è ripetuto lo stanco e ritrito “rito” del ricordo … del disastro del 27 Giugno 1980, quando il DC 9 I-TIGI dell’ITAVIA … precipitò nel Mar Tirreno» mi sbagliavo definendo “stanco e ritrito” quel rito consumato in ambito istituzionale.
Infatti “quel rito” non era affatto né stanco né tampoco ritrito, era soltanto un “memento” al Magistrato monocratico del Tribunale Civile di Palermo di attribuire, secondo corrente colpevolista ad ogni “costo”, all’Aeronautica Militare (e stavolta anche al Ministero dei Trasporti), la responsabilità quanto meno patrimoniale dell’evento «caduta del DC 9 del Presidente dell’ITAVIA Davanzali».
Quel “leitmotiv” che ha occupato per oltre trent’anni le cronache giudiziarie fin dai tempi dell’inchiesta del Giudice Priore, mai giunta a sentenza definitiva, ha fatto ora la sua trionfale ricomparsa il 20 Settembre 2011, esattamente dopo 31 anni e 3 mesi (meno una settimana !) dal fatto, mai investigato seriamente e tecnicamente da veri esperti, se non nel “Libro Bianco” dell’Aeronautica Militare, con la pubblicazione della perizia eseguita da due grandi firme tecniche:- quelle dell’investigatore inglese Frank Taylor, prima della AAIB-UK e poi dell’Università di Cranfield e del noto progettista aeronautico italiano Ingegner Ermanno Mazzocchi, i quali hanno dimostrato con prove inoppugnabili, la vera causa del sinistro del 1980:- un ordigno esplosivo nascosto dietro la tazza della toilette destra in coda all’aereo !
Prove invece ignorate da alcuni dei Tribunali che nel tempo si sono occupati del fatto, i quali hanno invece preferito basarsi su consulenze e su prove contrastate e contestate anche fra gli stessi membri delle Commissioni peritali formate con tanti pretesi nomi altisonanti di cattedratici, ma senza alcun riconosciuto “investigatore di professione”.
La sentenza passata in giudicato del processo penale ai Generali dell’Aeronautica, svoltosi e conclusosi a Roma non molto tempo fa con la loro piena assoluzione, invece, non è stata tenuta in alcun conto dal Giudice monocratico di primo grado di Palermo !
Adesso, il 20 Settembre 2011, due Avvocati di parte civile, si sono affrettati a cantar vittoria per aver ottenuto a favore della propria assistita, congiunta di una delle vittime del disastro del DC 9, la bella sommetta di circa 1 milione e 900mila Euro, caricata sul groppone dello Stato italiano (e quindi di tutti noi contribuenti), attribuendola in parti uguali al Ministero Difesa-Aeronautica e al Dicastero dei Trasporti.
E così via (con somme risarcitorie differenti) per altri 80 casi di congiunti ricorrenti al Tribunale in nome della perdita di familiari, per un totale di oltre 100 milioni di Euro ! Tribunale che, si noti bene (come afferma la sentenza), ha rigettato «le domande [risarcitorie – ndr] proposte nei confronti del Ministero degli Interni e Presidenza del Consiglio»! come il dispositivo ha sentenziato:
"Le spese processuali sostenute dagli attori e dalle parti intervenute nel presente processo, liquidate come dispositivo in forza del principio della soccombenza devono essere poste a carico solidale dei Ministeri della Difesa e dei Trasporti. In ragione della complessità della vicenda oggetto del presente processo e considerato che, essendosi i convenuti costituiti quale unica parte complessa, la difesa dei convenuti non ha subito alcun aggravio a causa delle domande proposte nei confronti del Ministero degli Interni e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, si dichiarano integralmente compensate le spese tra gli attori del procedimento n.12865/07 e i terzi intervenuti in tale processo e il Ministero degli Interni e la Presidenza del Consiglio dei Ministri."
Le motivazioni ? Ah sì, le motivazioni del 10 Settembre 2011, come comunicate dagli Avvocati di parte civile. Scrive il Giudice Paola Proto Pisani:-
«Tutti gli elementi considerati consentono di ritenere provato che l’incidente occorso al DC 9 si sia verificato a causa di un “intercettamento” [sic ! – anziché “intercettazione” – corretto termine tecnico – ndr] realizzato da parte di “due caccia” [!] che, nella parte finale della rotta del DC 9 viaggiavano parallelamente ad esso, di un velivolo militare precedentemente nascostosi nella scia del DC 9 al fine di non esser rilevato dai radar [!], quale diretta conseguenza dell’esplosione [nella scia del DC 9 ? – ndr] di un missile lanciato dagli aerei inseguitori contro l’aereo nascosto, oppure di una “quasi collisione” [evento sconosciuto negli annali delle investigazioni di incidenti aeronautici, sia civili che militari ! – ndr] verificatasi tra l’aereo nascosto ed il DC9» !
Ah sì, come a dire (ma non si dice !) che Aeronautica Militare e Ministero dei Trasporti dell’epoca non sono stati capaci, rispettivamente, «di difendere “i sacri confini” del Paese», e di «non aver saputo tutelare l’incolumità dei trasporti [DC 9 del Presidente Davanzali] e dei Trasportati», nel caso specifico.
Questa è la conclusione del Tribunale di Palermo, scritta “nelle motivazioni” [testuale del comunicato-stampa, diramato il 21 Settembre – ndr] della sentenza con la quale ha condannato i Ministeri della Difesa e dei Trasporti al risarcimento dei familiari delle “vittime di Ustica” (sic !)[povera isola, fatta divenire “colpevole” del misfatto !- ndr].
Se questa è una sentenza … ditemi voi ! 30 settembre 2011
“Radiofante” (che funziona per chi la sa ascoltare) c’informa che “Comandante e Copilota” del brutto incidente di Palermo Punta Raisi del volo WindJet del 24 Settembre 2010 NON sono stati LICENZIATI, come vorrebbe far credere la corrispondenza di Repubblica-Palermo del 15 Settembre corrente o chi per essa.
Inoltre sembra di capire che quanto atteso sul tavolo della Procura della Repubblica del Tribunale di Palermo NON sia la “Relazione d’inchiesta” di ANSV; bensì una Relazione peritale d’ufficio dei consulenti del P. M., i quali, secondo le migliori tradizioni (vedi disastro di Tuninter dell’Agosto 2005) non si lasciano scappare occasione per far conoscere ai media anche ciò che è coperto dal segreto d’ufficio. Ma questa è l’Italia di oggi !
Risulta invece che il Comandante di quel volo NON è stato confermato nell’incarico al termine del lungo periodo per “malattia” (contratta il giorno dell’incidente, con prognosi non nota) consentito dal Contratto collettivo di lavoro per gli aeronaviganti tecnici.
Il Copilota invece, il quale era in PERIODO DI PROVA presso l’Esercente, NON è stato confermato per l’assunzione e quindi è rimasto disoccupato.
Ed è proprio per queste condizioni in cui è stato posto l’equipaggio che da ANSV pretendiamo di conoscere tra l’altro, in nome della sicurezza del volo, quale addestramento particolare i due componenti quell’equipaggio abbiano ricevuto sull’A. 319 e particolarmente sugli avvicinamenti strumentali di “non-precisione”, cioè quelle manovre per atterrare anche in condizioni di mancanza d’una radioassistenza come l’ILS, che fornisce anche un sentiero di precisione per la traiettoria di planata verso la testata della pista.
Ma mi risulta però che l’aeromobile A. 319 abbia un sistema interno per ovviare alla carenza del sentiero di planata originato da una radioassistenza ILS.
Vedremo cosa ci racconterà ANSV ! 23 settembre 2011
Analisi dei Com.ti Dino Bosello e Renzo Dentesano.
Avevamo preannunciato che avremmo commentato le altre raccomandazioni che il BEA ha pubblicato nel suo terzo “interim report”:
recordings in order to guarantee the confidentiality of the recordings.
making public transport flights with passengers over maritime or remote areas, the activation of the emergency locator transmitter (ELT), as soon as an emergency situation is detected on board
Le prime quattro sono raccomandazioni attinenti l’acquisizione e la registrazione di ulteriori dati dalla strumentazione di bordo (visibile o non visibile da parte dei piloti) al fine di meglio definire quanto è successo in cabina di pilotaggio negli ultimi minuti di volo. Proposte, a nostro avviso, molto interessati ma che purtroppo mal si conciliano (come esperienza insegna) con l’utilizzo non corretto dei contenuti da parte di alcune Agenzie nazionali di Sicurezza Volo e dalle stesse Compagnie Aeree.
Fin quando non saranno adottate regole ben definite per la corretta lettura e conservazione riservata dei dati e definito il rapporto tra le Agenzie Sicurezza Volo e certe magistrature, l’acquisizione di ulteriori dati non migliorerà certo la prevenzione, che poi è l’essenza ed il fine ultimo di ogni investigazione di sicurezza.
Siamo dell’opinione che anche questo incidente, debba essere classificato come LOC-I “Loss of control - in flight” come quelli avvenuti negli ultimi 10 anni che qui elenchiamo (vedi anche tabella Boeing allegata):
1. Il 23 agosto 2000, alle 1930 ore locali, il volo Gulf Air 072, un Airbus A320-212, marche A40-EK, impattò nel Golfo arabico vicino all’aeroporto di Muharraq, Bahrain. Era partito dal Cairo con 2 piloti, 6 assistenti di volo e 135 passeggeri. L’Airbus era in avvicinamento alla pista 12 a BAH a velocità troppo elevata e l’equipaggio eseguì una virata stretta a sinistra per perdere velocità e quota. La manovra non ebbe successo e l’equipaggio decise di riattaccare. Mentre eseguiva la riattaccata l’aeromobile iniziò una discesa con 15° di assetto negativo. L’equipaggio non reagì alle informazioni ripetute del GPWS ed un minuto dopo l’inizio della riattaccata l’aeromobile è scomparso dallo schermo radar inabissandosi in mare. L’investigazione concluse che causa primaria dell’incidente fu un disorientamento spaziale dei piloti. Non ci sono stati sopravissuti.
2. Il 3 gennaio 2004 il volo 604 Flash Airlines decollava dall’aeroporto di Sharm el Sheikh con destinazione Parigi via Cairo. A bordo c’erano 135 passeggeri. Il Boeing 737-300 subito dopo il decollo, avvenuto alle 04:42, impattò nel mar Rosso, dopo il disorientamento spaziale dei piloti. Non ci sono stati sopravissuti.
3. Il 3 maggio 2006 il volo 967 dell’Armavia, la più grande compagnia armena, è partito da Yeravan per Sochi, una località balneare sul mar Nero in Russia. L’aeromobile precipitò in mare mentre effettuava una riattaccata dopo il suo primo avvicinamento all’aeroporto. Tutti i 113 presenti a bordo sono deceduti. Le condizioni meteo al momento dell’incidente avvenuto di notte erano al di sotto dei minimi di compagnia per la pista 06 in uso. Mancato controllo dell’assetto dell’aeromobile è stata la conclusione dell’investigazione.
4. Il 1 gennaio 2007 l’aeromobile B737-4Q8 - volo 574 dell’Adam Air - partito da Surabaya per Manado in Indonesia, è precipitato in mare vicino a Polewali in Sulawesi con tutti i suoi 102 occupanti. Il rapporto finale dell’investigazione ha stabilito che i piloti hanno perso il controllo dell’aeromobile dopo vari tentativi di risolvere i problemi del sistema inerziale, disconnettendo inavvertitamente l’autopilota, senza più riguadagnare il controllo.
5. Il 30 giugno 2009, alle 1.50 ore locali, un Airbus 310-324 operato dalla Compagnia Yemenia volo 626 partito da Sana’a per l’aeroporto di Moroni nelle isole Comorre è precipitato durante l’avvicinamento all’aeroporto e solo uno dei 153 occupanti è sopravissuto. L’investigazione ha determinato che è stato un errore dei piloti dopo aver interrotto il primo avvicinamento in condizioni di vento molto forte.
6. Il volo Ethiopian Airlines 409 era decollato il 25 gennaio 2010 dall’aeroporto di Beirut, in Libano con destinazione Addis Abeba, in Etiopia e subito dopo il decollo è precipitato nel Mediterraneo, nessuna delle 90 persone a bordo è sopravissuta. Il rapporto preliminare dell'incidente ha identificato l’errore umano come causa dell’incidente.
Alla luce di questi eventi, è necessario, quindi esaminare in dettaglio il livello di preparazione, addestramento ed allenamento degli equipaggi.
Le Autorità nazionali e sopranazionali dell’Aviazione Civile che emanano le regole dovranno provvedere nel breve a ridefinire programmi atti a migliorare le prestazioni degli equipaggi di volo (incluse le relative verifiche) ed in particolare modo la formazione dei piloti impegnati su aeromobili ad alta automazione in quanto questi, una volta perduti i dati essenziali, lasciano il pilota in balia degli eventi pur segnalando con una miriade di avvisi sonori e luminosi tutte le anomalie che nel frattempo si stanno verificando. I piloti dal canto loro devono prendere coscienza che anche gli automatismi possono fallire e devono, perciò, acquisire il concetto ed accettare il fatto che nei momenti critici diventano non più i controllori del sistema ma i veri gestori delle manovre dell’aeromobile.
Le ultime due raccomandazioni di sicurezza rivolte alle Autorità normatorie internazionali, riguardanti l’adozione di tecnologie in grado di trasmettere in tempo reale vitali informazioni di allarme e di soccorso dagli aeromobili in difficoltà, non possono che essere da noi condivise, ma prevediamo che troveranno difficoltà di attuazione a causa degli elevati costi sia per gli Stati sia per i Vettori. 25 agosto 2011
Aggiornamenti e considerazioni dei Comandanti Renzo Dentesano e Bernardino Bosello.
… e dunque è giunto il momento della redde rationem (anche se siamo solo all’inizio) da parte del BEA francese sul disastro aereo dell’Airbus A. 330-200 – volo Air France 447 – del 1° giugno 2009, precipitato nell’oceano Atlantico con tutto il suo carico umano.
Il 29 luglio 2011 il BEA ha pubblicato il terzo “Interim Report”, dopo che ai primi di Maggio aveva coronato con successo la sua quinta campagna di ricerca sottomarina e recuperato entrambi i Registratori dei dati di volo e delle comunicazioni.
È questo il documento con cui l’Ente investigativo francese, dopo l’analisi dei dati e l’elencazione delle evidenze del disastro, presenta pubblicamente le undici Raccomandazioni di sicurezza. Sono molto interessanti e significative su quali direzioni si sta orientando la ricerca delle cause del disastro.
Quel che interessa, però, è di capire quale sia la ratio con la quale si sta orientando la ricerca finale delle cause e delle relative conseguenze, delle quali inevitabilmente, finirà per interessarsi la Giustizia francese e forse quella di quei Paesi che hanno avuto delle perdite umane nel disastro.
Le prime quattro Raccomandazioni sono rivolte specificamente al campo delle “Operazioni di volo” ed a quello della certificazione di aeronavigabilità degli aeromobili commerciali e sono state indirizzate all’EASA, alla FAA, all’Autorità normativa dell’Aviazione Civile francese, ma anche ai responsabili delle “Operazioni di volo” della Compagnia Air France:-
- that EASA review the content of check and training programmes and make mandatory, in particular, the setting up of specific and regular exercises dedicated to manual aircraft handling of approach to stall and stall recovery, including at high altitude.
- that EASA define additional criteria for access to the role of relief Captain so as to ensure better task-sharing in case of relief crews.
- that, provisionally, the DGAC define additional criteria for access to the role of relief Captain so as to ensure better task-sharing in case of relief crews
- that EASA and the FAA evaluate the relevance of requiring the presence of an angle of attack indicator directly accessible to pilots on board airplanes.
Su tali Raccomandazioni di sicurezza, sui loro contenuti e sulla loro specificità si accentra doverosamente l’attenzione di chiunque abbia a cuore la vera sicurezza del volo e dei passeggeri dell’aviazione commerciale e non sulle diatribe e sulle difese corporative di questa o quella delle parti chiamate in causa. Lo stesso BEA, proponendone l’ordine di elencazione, ne determina, in effetti, l’ordine di importanza.
La prima delle constatazioni investigative riguarda “L’addestramento alla capacità di manovrare manualmente l’aeroplano”, che è indirizzata alle «Autorità normative responsabili dei programmi di addestramento e di controllo sulle capacità professionali dei piloti addetti al trasporto passeggeri». Se si fa mente locale al fatto che si raccomandi di curare “l’addestramento al pilotaggio manuale dell’aeromobile al quale ciascun pilota è abilitato”, lascia quasi sbalorditi!
Si raccomanda praticamente «la creazione di specifici esercizi per sviluppare la capacità di pilotaggio manuale dell’aeroplano e le tecniche per riprenderne il controllo dopo uno stallo di bassa velocità, il tutto tramite esercizi effettuati anche in volo “ad alta altitudine”, dove l’aria è maggiormente rarefatta e l’aeroplano è più vicino al limite di tangenza pratica, per poterlo manovrare». Ciò vuol dire che, finora, questo aspetto operativo era stato trascurato. Non si è provveduto, di fatto, a fornire le dovute conoscenze dell’inviluppo operativo dell’aeroplano stesso e della pratica di riprenderne il controllo. Ciò che potrebbe già a prima vista risultare sbalorditivo, lo diviene ancor di più ragionandovi sopra a mente fredda.
Il seguente commento viene spontaneo:- «Ma come ? Si constata che i piloti commerciali [almeno quelli abilitati su questi tipi di aeroplani] non sono capaci di gestire manualmente il proprio velivolo e che una volta commesso l’errore di arrivare alla situazione di stallo di velocità [chiaramente evidenziato dal fatto di esser saliti di ben 3.000 piedi sopra il livello di crociera], non siano capaci di riprenderne il controllo, perché non addestrati a farlo, in quanto non previsto dai programmi addestrativi ?».
Ma, di grazia, a ben pensarci, i piloti commerciali che volano gli aeroplani prodotti dal consorzio Airbus Industries, perché mai dovrebbero essere allenati a pilotare manualmente l’aeroplano loro affidato, quando tutti, dal Costruttore all’Esercente (forse per loro “tranquillità”) ordinano loro di gestire tutto il volo affidandosi completamente ed esclusivamente a quell’automazione di cui gli aeroplani stessi sono abbondantemente dotati a costi non indifferenti ?
E poi … perché mai dovrebbero esser addestrati a riprendere il controllo manuale del loro velivolo quando la grancassa della pubblicità di presentazione del prodotto Airbus e la concezione (anch’essa sbandierata ai quattro venti) di tale filosofia costruttiva non fa che proclamare che questi aeroplani «non stallano mai»?
Ma allora, che cosa c’è che non va ?
È colpa di coloro che impiegano tali piloti non addestrati ad uscire da condizioni di stallo di velocità in volo (particolarmente in alta quota), oppure la colpa è di chi ha progettato ed inculcato nelle menti di tutti gli “operatori” dell’aviazione commerciale e di coloro che hanno certificato ed approvato progetto costruttivo e programmi di addestramento dei piloti e di mantenimento dello loro proficiency, che l’aeroplano così concepito va condotto sempre ricorrendo alla sua abbondante e costosa automazione, perché utilizzando quella, quegli aeroplani «non stallano mai»?
E questo anche dopo i vari “eventi” accaduti in volo, che lo stesso BEA ben conosceva, causati dalle sonde di velocità che ghiacciavano, rendendo inattendibili i valori della velocità a disposizione dei piloti !
Ma si è mai tenuto in debito conto che tutti gli apparati tecnologici anche avanzati, concepiti e prodotti dagli esseri umani, sono passibili di avarie, guasti e malfunzionamenti e che l’essere umano posto ai comandi di tale portentoso aeroplano «che non stalla mai» non può essere chiamato ad intervenire ex abrupto quando le cose vanno male e per giunta con segnalazioni contrastanti o comunque non rese chiaramente palesi alla sua mente, magari ottenebrata da ore di noiosa sorveglianza di ciò che il mostruoso cervellone (concepito a tavolino) sta facendo, per lo più in modo occulto e molto “riservato” sotto l’etichetta dell’Automazione sovrana!
A qualcuno non è mai venuto in mente, come dice il proverbio, che … “il troppo stroppia !”?
Il contenuto della seconda Raccomandazione è dedicata alla “Sostituzione del Comandante durante il volo, per il suo periodo di riposo” ed esorta le Autorità di normazione a definire ulteriori criteri riguardanti la figura del pilota autorizzato a sostituire il Comandante quando costui sia assente dalla cabina di pilotaggio per il suo “periodo di riposo”. Ancora, dunque, una raccomandazione che ha dello sbalorditivo e che provoca un secondo stupefatto commento :- «Ma come. Ma allora non è vero che tutti i piloti abilitati alla condotta del velivolo sono preparati ed in grado di gestire il volo per condurlo felicemente a destinazione, qualora il Comandante, invece d’esser andato a riposare, divenga per una qualsiasi causa invalidato (“incapacitated”) nelle sue funzioni durante il volo, dato che ormai la maggior parte se non la totalità degli aeroplani “moderni ed automatizzati” richiede un equipaggio di condotta costituito da due soli piloti?».
Ora, quali possano essere i criteri aggiuntivi per stabilire, tra i piloti regolarmente abilitati presenti a bordo in qualità di membri d’equipaggio, chi possa essere designato come “pilota idoneo ad assicurare una migliore spartizione dei compiti, in assenza del Comandante” (come richiede la Raccomandazione, non è dato di conoscere.
Desideriamo, comunque, evidenziare che da un’attenta analisi della trascrizione delle registrazioni del Cockpit Voice Recorder l’avviso di stallo è intervenuto 2 volte prima che il Comandante arrivasse in cabina di pilotaggio (un minuto e trentotto secondi dal distacco dell’autopilota e dell’automanetta) e che nei restanti due minuti e quarantacinque secondi prima dell’impatto l’avviso di stallo è intervenuto ancora 6 volte. Una cosa alla fine è certa:- il BEA punta l’indice nei confronti di tutto l’equipaggio di tre membri imbarcato sul volo Air Frane 447 del 29 maggio 2009 da Rio de Janeiro a Parigi. Ciò non ha mancato già di suscitare roventi proteste sia da parte del Sindacato piloti francese sia dalla stessa Compagnia.
Con questo sarebbero momentaneamente esaurite le Raccomandazioni prettamente “operative”, cui fa seguito, nel nostro indice di interesse immediato, la Raccomandazione, riguardante la proposta di dotare la strumentazione di bordo d’una indicazione (peraltro già presente fra i parametri registrati dei dati di volo), ma non visibile ai piloti, che renda possibile ai piloti stessi di conoscere un dato veramente fondamentale per il volo strumentale moderno:- il dato dell’“Angolo di attacco dell’aeroplano”.
L’“Angolo di attacco” (AOA) è l'angolo compreso tra la corda media dell'ala e la direzione del vento relativo sull'ala stessa (la cui corda è solitamente calettata già con un certo angolo positivo rispetto all’asse longitudinale della fusoliera del velivolo) e lo strumento che ne indica il valore era, assieme all'anemometro ed alla bussola, già presente a bordo dei velivoli fin dai primordi dell’aviazione. Anche il Flyer dei fratelli Wright ne possedeva uno, anche se si trattava solamente di un filo fissato al bordo d'attacco dell'ala. L'importanza di questo strumento è chiara ricordando che, al superamento di un determinato angolo di incidenza critico, tipico di ogni profilo alare, l'aereo entra in stallo e perde la maggior parte della propria portanza. È necessario quindi portare al pilota in cabina un'informazione che lo avvisi dell'approssimarsi di questo angolo critico, non dimenticando però che nelle cabine di pilotaggio degli aeromobili “glass cockpit” già troppe informazioni arrivano ai piloti e che nei momenti di stress, come quelli avvenuti nel volo in esame, sono di difficile individuazione. Come d’altra parte è stato evidenziato dal fatto che lo stesso avviso di stallo è stato ignorato o ne è stata equivocata la sua attivazione.
In seguito ci ripromettiamo di trattare anche le rimanenti sette Raccomandazioni. Per il momento riteniamo di aver offerto abbondante materia su cui meditare. 15 agosto 2011
… ancora una volta si è ripetuto lo stanco e ritrito “rito” del ricordo del 27 Giugno 1980, quando il DC 9 I-TIGI dell’Itavia, in volo da Bologna a Palermo, precipitò nel Mar Tirreno nei pressi di Ustica con tutto il suo Carico umano, verso il quale, pur portando il massimo rispetto, ritengo si svolga ormai un copione privo di reali significati di cordoglio e sia invece pieno di mai sopiti interessi politici deteriori, come quello di continuare ad attaccare un ritornello giustizialista, che è stato – si riteneva – definitivamente debellato dalla sentenza finale emessa dal Tribunale di Roma.
Di contro, in questa stanca ma puntuale celebrazione mediatica annuale, alla quale assieme ai media nazionali, segnatamente le reti televisive che hanno perfino riprogrammato una pellicola scoop rivelatasi da tempo un flop quasi storico, si è unita anche la voce del Presidente della Repubblica, per chiedere “chiarezza” anche nei confronti di possibili “agenti” esterni o extranazionali, che dir si voglia. Ma nessuno, Capo dello Stato incluso, che abbia ancora dubbi o “verità” differenti da quelle tecnicamente accertate anche nei Tribunali della Repubblica, ha avanzato la proposta, anche da parte di chi ne avrebbe tutto il “diritto” (oltre che il “potere”), di ordinare ad un Ente dello Stato, qual’è l’Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo – ANSV – (naturalmente assumendosene tutte le spese, che non vanno fatte pagare sempre a … Pantalone), di aprire una nuova “investigazione tecnica” sull’incidente del 27 Giugno 1980. Incidente del quale il relitto (recuperato al 94% del totale a spese di … Pantalone) e la relativa documentazione analitica è ancora disponibile. Soprattutto esiste già una traccia di ricostruzione tecnico-investigativa documentata a firma di due persone insospettabili di deviazioni, quelle del Dott. Ing. Ermanno Mazzocchi Progettista aeronautico di chiara fama, purtroppo deceduto e dell’Investigatore di incidenti Mr. Frank Taylor dell’Università di Cranfiel (U. K.).
Se ci fosse veramente la volontà di mettere un punto fermo a dubbi, sospetti ed elucubrazioni più o meno strumentali, si abbia il coraggio di ordinare la riapertura di quell’inchiesta al solo scopo di cercar di conoscere esclusivamente la/e causa/e per la quale/i il DC 9 è precipitato, senza ricerca di fantasmi e di duelli aerei.
In merito, fra le altre, risulterebbe sintomatica e determinante anche la testimonianza di un collega Comandante, che la sera del 27 Giugno 1980 si trovava in volo, al comando di un B. 727 dell’Alitalia, nella zona a Sud di Ponza, proprio nei minuti precedenti la caduta di I-TIGI e che ancora oggi può testimoniare che non c’era alcuno scenario di “guerra nei cieli”.
Solo così, forse, quello del 27 Giugno, finirà d’essere il giorno dello stanco e ritrito “rito” politico-mediatico, per diventare semplicemente una riverente commemorazione degli innocenti che hanno perduto la loro vita in quel disastro e … perché anche coloro che per circa vent’anni abbondanti han dovuto subire processi ed umiliazioni, pur essendo “mondi da peccato”. 30 giugno 2011
Nove mesi son trascorsi da quel 24 Settembre 2010 quando l’Airbus A. 319 di WindJet s’è schiantato al suolo, toccando terra ben prima della pista 07 dell’aeroporto di Palermo Punta Raisi, senza fortunosamente causare vittime, ma soltanto alcuni feriti e contusi tra i passeggeri ed i membri dell’equipaggio.
L’Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo, quell’ente pubblico indipendente (ma con l’obbligo di riferire alla presidenza del Consiglio ed alle competenti Commissioni parlamentari) che dovrebbe, anche con le sue raccomandazioni di sicurezza, provvedere all’opera di prevenzione degli incidenti dell’Aviazione Civile nazionale attraverso il sollecito accertamento delle vere cause alla base di tale evento, ancora non ha pubblicato un doveroso rapporto provvisorio od intermedio sullo stato dei lavori.
Invero, a nove mesi dall’accaduto, non è dato di poter conoscere (e soprattutto di poter provvedere) alle necessarie azioni correttive in merito alle cause ed alle condizioni che hanno consentito o favorito un tale avvenimento, risoltosi senza perdita di vite umane solamente … per opera d’un fato benigno !
Intendo dire che fino a quando non saranno tecnicamente appurate le cause e le condizioni che hanno consentito lo svilupparsi di quella catena di concomitanze di diversi fattori negativi, che parrebbero esser stati determinanti nella produzione dell’evento, quello stesso caso o uno molto simile potrebbe ancora ripetersi su quell’aeroporto particolare o su altri aeroporti con un aeromobile simile o anche diverso. Né è dato sapere se sia stato quanto meno corretto quel disservizio (per fortuna non esiziale) che ha caratterizzato il mancato o tardivo intervento dei mezzi di soccorso e di salvataggio dell’aeroporto di Punta Raisi, così come denunciato da diversi occupanti di quel volo.
In effetti, se nulla è stato corretto finora, sia per quanto attiene l’organizzazione dell’Aviazione Civile, la gestione aeroportuale, la Compagnia Aerea dell’aeromobile incidentato, le assistenze tecniche al volo ogni-tempo necessarie su di un aeroporto dalle caratteristiche tecniche peculiari e così via dicendo, mi preoccupo di rimarcare che le investigazioni tecniche e le relative conclusioni dovrebbero essere molto più sollecite nel raccomandare quelle azioni correttive che sembrano chiaramente individuabili.
Infatti, non è sempre così agevole che il teatro d’un incidente sia così facilmente ispezionabile ed abbia conservato pressoché intatti tutti gli elementi esterni ed interni che hanno concorso all’accadimento del fatto, incluse le condizioni meteorologiche e le registrazioni ben documentate di tutti i parametri umani e tecnici che contraddistinguono questo incidente.
È dunque chiaro che più di qualcosa va corretto e che ciò andrebbe fatto nel più breve tempo possibile. Ed invece …
Invece, son trascorsi 9 mesi, il tempo impiegato da una gestante per dare alla luce un proprio figlio, e si prospetta, pressoché inevitabilmente (ferie estive !) che ne passeranno almeno altrettanti di mesi quanti sono la normale gestazione per la filiazione di un’asina (un anno !).
E poi, e poi speriamo che anche il tempo di svezzamento del “frutto dell’asina” non richieda altrettanto tempo (sei mesi !). 28 giugno 2011
Se la causa scatenante del comportamento “anomalo” dell’Airbus A. 330-200, volo AF 447 la notte del primo Giugno 2009 è quella nota fin da subito e cioè il ghiacciamento dei Pitot e quindi la mancanza o differenza di indicazioni mostrate ai piloti della velocità all’aria dell’aeromobile e divenuta parimenti inutilizzabile da parte dell’A/P e dell’A/T, tanto da indurne il disinserimento automatico, ora emergono tra gli investigatori ed i tecnici, prontamente raccolte dai media, due interrogativi sul comportamento dei piloti e/o dell’aeromobile.
La prima riguarda l’inspiegabile (o inconfessabile) comportamento dei piloti rimasti ai comandi, che hanno consentito all’aeroplano di salire dalla quota di crociera assegnata fino all’altitudine di quasi 38.000 piedi, i reiterati impulsi a cabrare dei piloti sui comandi di volo nonostante l’avviso di stallo. Mantenimento dell’assetto, una volta raggiunto, che sarebbe giustificato dalla mancata adozione del trimmaggio manuale, da parte degli stessi piloti, unica azione che avrebbe consentito all’aeromobile di uscire dalla condizione di super-stallo, oltre a quella altrettanto poco professionale del Comandante, assentatosi dal cockpit in prossimità del fronte intertropicale con relativi fenomeni virulenti.
La seconda riguarda il comportamento dell’aeromobile, passato in “alternate law” ed auto trimmatosi fino al limite di 13° nose-up e mai passato in “abnormal attitude law” nonostante il superamenti dei +30° di angolo d’attacco, situazione che avrebbe costretto i piloti al trimmaggio manuale.
Questo è quanto si può evincere da un articolo, pubblicato il primo Giugno nella ricorrenza del disastro, scritto sulla base dei progressi dell’investigazione, da un commentatore tecnico del sito web “Flight Global”, che di seguito proponiamo ai nostri lettori, opportunamente tradotto e commentato.
L’investigazione sulla sequenza del disastro del volo AF 447 di Air France ha potuto appurare che l’aeromobile non è mai passato all’“abnormal attitude law – legge di assetto eccessivo” dopo l’entrata nella condizione di stallo di velocità, nonostante l’alto valore di angolo di attacco raggiunto [ricordo che tale dato non è però mostrato ai piloti, ma solamente registrato tra i parametri del FDR – ndr].
L’“abnormal attitude law” è un sottosistema della “alternate law – legge alternata” legge che viene attivata allorché l’angolo di attacco supera i 30° a cabrare o allorquando le registrazione di alcuni parametri inerziali – assetto longitudinale e/o quello laterale – eccedono il livelli di soglia del sistema [che sono 50° di “pitch-up – assetto a cabrare” e/o 125° di “bank angle - angolo di rollìo” – ndr]>.
N. B.:- Il BEA, volontariamente o involontariamente - non è dato di conoscere – nel comunicato ha omesso di elencare i seguenti parametri che, automaticamente (come da progetto) dovrebbero intervenire ad attuare la “abnormal attitude flight law – legge di assetto di volo eccessivo”:-
Pitch attitude > 50° nose up or 30° nose down Bank angle > 125° Angle of attack > 30° or < - 10° (- 15° for A319 and A321) Speed > 440 knots or < 60 knots Mach > 0.91 or < 0.1
Parametri che in accordo alla nota del BEA del 27 maggio scorso hanno avuto la seguente evoluzione:
assetto a cabrare > di 50° non avvenuto;
assetto a picchiare > di 30° non avvenuto;
angolo di rollio > di 125° non avvenuto;
angolo di attacco > di 30° avvenuto;
angolo di attacco < a -10° non avvenuto.
velocità indicata > di 440 kt non avvenuta;
velocità indicata < a 60 Kt avvenuta e discrepante;
Numero di Mach > di M 0.91 non avvenuto;
Numero di Mach < di M 0.1 non conosciuto.
Il quesito è:- omissioni involontarie o protezionismo del fallimento di una delle regole che presiedono agli automatismi del sistema anti-stallo di Ziegler ?
La “legge alternata – alternate law” ha consentito al “trim – regolatore di bilanciamento al neutro dello stabilizzatore” del timone di profondità di assumere automaticamente l’assetto longitudinale di 13° a cabrare allorché l’aeromobile, sganciatosi l’A/P, ha incominciato a salire al di sopra dell’altitudine (livello di volo) di crociera assegnata di 35.000 piedi [fino a 37.500 piedi – ndr] ed ulteriori impulsi da parte dei piloti hanno consentito una nuova salita, a spese della velocità con conseguente super-stallo, fino a 38.000 piedi.
Di conseguenza a ciò, lo stabilizzatore si è “auto-trimmato longitudinalmente” [bilanciato automaticamente – ndr] a 13° a cabrare per il resto del volo, così che l’aeroplano avrebbe avuto la tendenza a cabrare anche nel caso di applicazione d’una spinta elevata ordinata ai propulsori dell’aviogetto !>.
A questo punto dell’articolo è scritta una frase sibillina che è davvero un punto cruciale per la determinazione dell’accaduto al programma dell’“abnormal attitude flight law”:. «Punto cruciale della “abnormal attitude law” – qualora adottata (?) – avrebbe inibito la funzione di auto-bilanciamento dello stabilizzatore, obbligando così l’equipaggio a ricorrere al bilanciamento manuale [azionando l’apposito volantino – ndr]».
A mio avviso il punto è questo:- i piloti ai comandi lo sapevano ? Erano addestrati ?
<Dopo aver raggiunto la condizione di super-stallo di velocità, l’angolo di attacco dell’aeroplano è rimasto oltre i 35° (!), ma mentre questa condizione superava la soglia d’intervento della “legge alternata -alternate law”, fissata a 30°, che pertanto avrebbe dovuto cedere il passo all’intervento della “legge di assetto eccessivo”, ecco che gli FMGEC (Flight Management Guidance and Envelope Computer) che presiedono a tutta l’automazione, avevano già rifiutato tutti i parametri forniti dalle unità ADIRU (Air Data and Inertial Reference Unit) di riferimento dei dati del flusso aerodinamico forniti dalla sonde di Pitot e tutti i parametri dei dati di velocità relativi, a causa della discrepanza delle misurazioni della velocità all’aria per le sonde difettose.
Dunque – ribadisce l’articolo – la “legge di assetto eccessivo” avrebbe dovuto intervenire, “innescata” da un disturbo inerziale tipo un assetto maggiore di 50° oppure un angolo di rollio di oltre 125°. Ma – precisa il BEA - «Ciò non è mai avvenuto», perché l’equipaggio di condotta avrebbe fallito nel compito di recuperare il controllo dell’aeroplano dopo che questo era salito fino a <metricconverter productid="38.000 piedi" w:st="on">38.000 piedi</metricconverter> ed era entrato in un profondo stallo di velocità. Gli impulsi dei piloti sui comandi di volo sono stati infatti principalmente a cabrare, nonostante la situazione di stallo già in atto>.
L’articolo di “Flight Global” ci fornisce una primizia:- La correlazione con il precedente sinistro di un Airbus A. 320, precipitato il 27 Novembre 2008 nel Mediterraneo, durante un avvicinamento all’aeroporto di Perpignan, seguito da una riattaccata programmata, per poi dirigere su altra destinazione finale, nell’effettuazione di un volo officina con un equipaggio misto formato da piloti di due Compagnie ed alcuni tecnici a bordo.
Informa in merito l’articolo di “Flight Global”:-
La mancata comprensione della necessità di dover bilanciare (“trimmare”) con il comando manuale lo stabilizzatore del timone di profondità dell’aeroplano ha comportato la perdita dell’A. 320 sei mesi prima del volo AF 447.
Non vi sono state indicazioni che l’aeroplano abbia commutato su alcun’altra legge del sistema diversa da quella della “alternate law” [indotta durante le prove del volo officina – ndr], tanto da poter far pensare ai piloti che il bilanciamento automatico (auto-trim) degli sforzi sull’equilibratore fosse tuttora disponibile durante tutta la discesa precedente l’avvicinamento, al termine del quale è avvenuto questo incidente. Infatti il sistema di bilanciamento automatico aveva posizionalo lo stabilizzatore del timone orizzontale completamente a fondo corsa a cabrare durante la prova di volo relativa all’inviluppo di avvicinamento alla condizione di stallo e così la logica dell’aeroplano aveva commutato le leggi di controllo dei comandi ed aveva inibito l’auto bilanciamento [con l’auto-trim a fondo corsa a cabrare – ndr].
Così senza l’indispensabile passaggio ad un bilanciamento effettuato manualmente attraverso l’apposito comando [diverso dall’auto trim –ndr], allorquando i piloti dell’A. 320 applicarono la spinta di riattaccata ai motori per interrompere l’avvicinamento e dirigere per la loro destinazione programmata, l’aeroplano entrò repentinamente in stallo con un assetto molto cabrato e, data la prossimità con la superficie marina, non vi fu più alcuna possibilità di riprenderne il controllo.
Nelle proprie conclusioni su questo caso il BEA mise in rilievo il fatto che l’eccezionalità di dover utilizzare il “trimmaggio manuale” dello stabilizzatore, creata dall’abitudine alla disponibilità dell’auto-trimmaggio, rendeva difficile per i piloti il ritorno a dover usare in volo l’indispensabile trimmaggio manuale.
Ed infine notava:- «Una delle poche circostanze nelle quali ad un pilota è richiesto di ricorrere all’utilizzo manuale del volantino di bilanciamento dello stabilizzatore è solamente durante le sessioni di addestramento al simulatore. Ed anche in tal caso, gli esercizi hanno inizio in situazioni di volo stabilizzato [e non certo in condizioni di turbolenza, come invece nel caso del volo AF 447 – ndr]». Così a seguito dell’incidente di Perpignan, il BEA aveva raccomandato ai normatori di sicurezza [francesi o dell’EASA, non è dato di sapere – ndr] ed agli stessi costruttori di Airbus Industries di dedicarsi a migliorare l’addestramento dei piloti e le tecniche di approccio alle condizioni di stallo, onde rinforzare i concetti sulla necessità di dedicare attenzione al controllo dell’assetto longitudinale di un aeroplano Airbus.>
Debbo evidenziare che quanto finora descritto è avvenuto mentre l’aeromobile volava dentro una formazione cumuliforme di forte intensità ed i piloti dovevano anche confrontarsi ed interpretare ripetute segnalazioni di avarie ed avvisi sonori e luminosi a volte contrastanti.
Considerazioni.
Sarebbe stato molto meglio da parte del BEA di raccomandare modifiche appropriate al sistema Ziegler oppure di provvedere di un qualsiasi tipo di avviso specifico ai piloti riguardo la legge dei comandi di volo che in quel momento governa l’aeroplano.
Già perché il maggior difetto insito nel concetto di automazione esasperata di questo tipo risiede proprio nel fatto che gli aeroplani sono governati da programmi spesso non palesi per i piloti e dai piloti si pretende che stiano solo a sorvegliare che cosa sta facendo l’aeroplano, salvo poi richiederne l’intervento correttivo all’improvviso, quando le cose vanno male proprio a causa di avarie o di fallimenti, anche parziali, dei sistemi che governano, appunto, normalmente, l’aeroplano.
Coloro che patrocinano ed invocano l’era dell’entrata in servizio di “unmanned aircraft” anche per l’aviazione commerciale si rendano conto che non sarà certo il “sorvegliante/manovratore” degli auspicati UAS a salvare le missioni nel caso di improvvise avarie o malfunzionamenti che non siano, anche a costui, opportunamente e chiaramente indicati.
In merito al caso specifico del volo AF 447, io che sono stato tra i primi a criticare il comportamento dei piloti, adesso, alla luce di queste gravi rivelazioni, pur non assolvendo l’equipaggio di condotta, perché non si va in volo portando passeggeri se non si è ben “capito l’aeroplano” (intendo:- ben studiato e ben compreso tutto il suo funzionamento), ora dico che, Autorità tutorie di aeronavigabilità francesi e/o di EASA, progettisti e costruttori del velivolo e responsabili delle operazioni dell’Aerolinea, che sapevano della dipendenza cruciale della commutazione automatica tra “alternate law” e “abnormal attitude law” e del malfunzionamento delle sonde di Pitot sono stati criminalmente irresponsabili a far continuare a volare gli aeromobili Airbus con queste sonde di Pitot. Difettose o per costruzione o per la loro collocazione, essendo state già soggette a diversi casi precedenti di ghiacciamento in volo a causa del malfunzionamento delle stesse.
Inoltre, quel che mi stupisce da parte del BEA, è che non dicano se hanno sentito i Collaudatori dei velivoli prodotti da Airbus Industries ed i responsabili delle Operazioni di volo di Air France per conoscere se, gli uni o gli altri, abbiano mai compilato ed approvato una Check-list dedicata a questi casi così abnormi, per farla includere nel Manuale Operativo, come item da conoscere a memoria da parte dei piloti. 11 giugno 2011
Ventiquattro mesi fa, il primo Giugno 2009 scompariva dal cielo dell’Atlantico, tra la costa brasiliana di Natal e la costa africana, il volo AF 447 – un Airbus A. 330-203 dell’Air France – in servizio da Rio de Janeiro a Parigi con 228 persone a bordo.
Il primo ed il tre Maggio 2011, 23 mesi dopo la scomparsa e dopo l’inizio della quarta campagna di ricerca sottomarina condotta dal BEA – il dipartimento francese per le inchieste sui disastri aerei – ha portato al ritrovamento delle “prove” racchiuse in quei due registratori che per tutto questo tempo hanno conservato nelle loro memorie la documentazione di quel volo ed in particolare degli ultimi tre minuti e mezzo del suo tragico epilogo.
Dagli ultimi messaggi trasmessi in automatico, per via satellitare, da appositi sensori sullo stato degli impianti di bordo, fu subito sospettato quanto oggi viene confermato dalle predette registrazioni e cioè che la causa scatenante del disastro è stato il malfunzionamento delle sonde di Pitot dell’aeromobile, già riscontrate difettose in altri eventi. Sonde che ghiacciando in volo ad alta quota, ostruivano il prelevamento dell’aria esterna sulla quale si basano appositi computer per la presentazione dei dati di velocità dell’aeromobile ai piloti ed ad altri sistemi di bordo. In effetti, dunque, sono arrivate quelle conferme su quanto era tecnicamente ipotizzabile e sospettabile fin dai primissimi giorni dopo la certezza del ritrovamento nell’oceano di alcuni reperti dell’aeromobile (in particolare tutta la deriva di coda) e di alcuni cadaveri recuperati dai mezzi di ricerca franco-brasiliani subito intervenuti nell’area di mare dell’ultima posizione conosciuta del volo.
Lo scorso 27 Maggio il BEA ha emesso un comunicato che qui proponiamo opportunamente tradotto e commentato.
Il volo è decollato da Rio – aeroporto Galeão – la sera del 31 Maggio 2009 alle ore 22.29/UTC, pressoché al massimo carico di utilizzazione dell’aeroplano, con il Comandante che fungeva da assistente (PNF) ed uno dei due co-piloti come PF.
Dopo circa 2 ore dalla partenza, il Comandante decideva di andare a riposare, nonostante in rotta sull’Atlantico fosse prevista la solita linea temporalesca subtropicale, cedendo il suo posto all’altro co-pilota, mentre il volo proseguiva in presenza di leggera turbolenza volando in nubi strato-cumuliformi a Livello di Volo FL 350, al numero indicato di Mach 0.82, asservito all’autopilota 2 (A/P) ed all’auto-manetta (A/T).
Circa 10 minuti dopo l’uscita dalla cabina di pilotaggio del Comandante, il PF avvisava per interfonico l’equipaggio di cabina che stavano per entrare in una zona maggiormente perturbata per turbolenza temporalesca e riduceva la velocità dell’aeromobile a quella raccomandata per turbolenza (Mach 0.80).
Per evitare il maltempo, deviava leggermente a sinistra della rotta autorizzata, ma dopo 2 minuti e 10 secondi soltanto, avveniva l’autoesclusione sia dell’A/P che dell’A/T ed il PF assumeva il controllo manuale. Questo era il primo sintomo delle formazioni di ghiaccio ai tubi di Pitot.
L’aeroplano, in turbolenza, iniziava a rollare verso destra ed il PF effettuava un leggero input a cabrare, ma tanto bastava per far intervenire un subdolo avviso di stallo di velocità, mentre la velocità indicata sullo schermo strumentale (PFD) di sinistra decadeva istantaneamente da 275 kts indicati fin verso il valore di fondo scala inferiore (60 Kts) come nel sistema integrato standby. Il FDR non registra i dati di velocità del sistema di destra.
Solo 16 secondi più tardi il PNF annunciava al PF:- «Non abbiamo indicazioni di velocità e … siamo sul sistema “alternate law” », riguardante non solo le indicazioni strumentali di velocità, ma anche l’esclusione dell’autopilota e dell’auto manetta, come previsto dalla filosofia delle protezioni dell’aeromobile del progetto Ziegler, del quale abbiamo dissertato in altro articolo pubblicato su questo sito web.
A questo punto, se i piloti ai comandi non capiscono ciò che può accadere, trovandosi già ad una quota critica per il buffet-on-set in turbolenza, basta non riuscire a mantenere l’assetto longitudinale dell’aeroplano, per arrivare ad uno stallo effettivo di velocità. Insomma se uno ricorda solo che la serie degli aeromobili Airbus viene venduta sotto il motto “l’aeromobile che non può stallare !”, allora … la “frittata” è quasi fatta !
Infatti, l’assetto longitudinale dell’aeroplano inizia progressivamente ad aumentare fino oltre 10° e l’aeromobile comincia a salire. Appena se ne accorge il PF effettua degli input a picchiare ed anche, alternativamente, delle correzioni laterali a destra ed a sinistra fino a 10°-12° per parte, mentre la velocità di salita dell’aeroplano incrementa fino a 7.000 piedi/minuto, per poi iniziare a scendere a 700 piedi/minuto. La velocità registrata sul display di sinistra, precedentemente scomparsa, aumenta repentinamente a 215 Kts (M. 0.68) quando l’aeroplano si trova a 37.500 piedi di quota.
A questo punto il PNF prova diverse volte a convocare in cabina il Comandante.
Son trascorsi soltanto altri 35 secondi ed ecco che si riattiva l’avviso di stallo, al che il PF risponde portando le manette dei due motori in posizione di spinta di Decollo/Riattaccata (TO/GA) e continua ad applicare degli input a cabrare, tanto che il trim dello stabilizzatore del timone di profondità (THS) passa da un valore accettabile per la crociera di circa 3° fino a 13° a cabrare in 1 solo minuto e tale rimane fino alla fine ormai prossima del volo !
Ancora 15 secondi e la velocità sulla strumentazione integrata “standby”, aumenta repentinamente a 185 kts. (concorde con altre velocità – recita il comunicato del BEA ), mentre il PF continua a dare impulsi a cabrare, tanto che l’aeroplano raggiunge la quota di 38.000 piedi con un assetto longitudinale di 16° (incredibile ma vero !).
I dati registrati ci dicono che l’incoerenza dei dati di velocità tra i displays di sinistra e standby è durata poco meno di 1 minuto primo ! Ma tanto è bastato!
Dopo 11 minuti e 40 secondi da quando aveva lasciato la cabina di pilotaggio e dopo 1 minuto e 30 secondi dal disinserimento dell’A/P, il Comandante riesce a rientrare in cabina di pilotaggio, proprio quando le indicazioni di velocità indicate sugli strumenti divengono completamente inattendibili sotto i 60 nodi e l’avviso di stallo cessa.
Da sottolineare che tutto questo avveniva in turbolenza e mente l’aeroplano oscillava abbondantemente a destra ed a sinistra, con un assetto longitudinale molto cabrato – ndr.
A quel momento l’altitudine dell’aeroplano era di 35.000 piedi, l’angolo di attacco(1) superava i 40° e la velocità discensionale era mediamente di 10.000 piedi al minuto, con l’assetto longitudinale del velivolo di circa 15° a cabrare, mentre la velocità di rotazione dei due motori (N1) era prossima al valore del 100%. [L’aeroplano è entrato evidentemente in una situazione di super-stallo ed a questo punto è ormai pressoché ingovernabile dai piloti – ndr]
Contemporaneamente l’aeroplano oscillava sull’asse laterale fino a 40° per parte. Un impulso sul sidestick ordinato dal PF di virare a sinistra e di comandare un assetto a fondo corsa a cabrare, durava ben 30 secondi.
Dall’esclusione automatica dell’A/P sono trascorsi soltanto 2 minuti, quando tra i due co-piloti ai comandi avviene un commento indicante che entrambi non hanno più alcuna indicazione strumentale digitale disponibile.
A questo punto la situazione dell’aeroplano era quella di avere le leve delle manette posizionate sul fermo della spinta minima (Idle) e di conseguenza il regime di rotazione dell’N1 dei motori era al 55%. Circa 15 secondi più tardi, il PF effettua un input a picchiare e l’angolo di attacco registrato indica un decremento del suo valore, la velocità indicata ritorna disponibile e l’avviso di stallo torna a suonare !
Nel successivo 1 minuto e 30 secondi il PF esclama «… stiamo arrivando a livello 100» e circa 15 secondi dopo rimangono registrati gli impulsi dei sidesticks di entrambi i piloti ed infine il PF esclama «avanti, hai tu i comandi !».
In tutta questa fase il valore dell’angolo di attacco(1) è rimasto sempre oltre 35°.
La registrazione dei dati si ferma dopo 2 ore 14 minuti e 28 secondi di volo.
Gli ultimi valori rimasti registrati sono stati:- velocità discensionale 10.912 piedi al minuto,
- velocità rispetto al suolo di 107 kts. (insufficiente al sostentamento in aria dell’aereo),
- assetto longitudinale 16,2 gradi nose up,
- angolo di bank di 5.2 gradi di inclinazione a sinistra;
- valore di prua magnetica di 270°.
L’aeroplano che “non stalla mai” era finito!
La caduta era durata in totale 3 minuti e 30 secondi, durante i quali l’aeromobile è sempre rimasto in regime di super-stallo(2) di bassa velocità con un’inutile indicazione [perché non mostrata ai piloti – ndr] dell’angolo di attacco rimasto sempre oltre il valore di 35 gradi !
Ecco, fin qui il comunicato riassuntivo emesso dal BEA (titolare dell’investigazione) sull’incidente del primo Giugno 2009, che prevede l’emissione di un interim report per la fine del prossimo mese di luglio, che mi riprometto di commentare a tempo ed a luogo opportuno.
(1) angolo di attacco (AOA):- angolo d’incidenza. Angolo formato dalla corda di un profilo aerodinamico con la direzione del vento relativo; la presenza di un angolo d’incidenza positivo è indispensabile per la formazione della portanza. Per contro, l’angolo di incidenza dev’essere minore del valore critico per impedire il verificarsi dello stallo. (vedi figura)
(2) super-stallo [deep-stall]: Condizione nella quale avviene un progressivo decadimento della velocità ed un incremento di angolo d’attacco mentre l’aeromobile scende quasi livellato o con un piccolo assetto a cabrare. L’azione di recupero prevede di diminuire il fattore di carico e spingere la barra di comando in avanti. Questa condizione può presentarsi anche su aeromobili con la coda a T, rendendo la situazione ancora peggiore. Se l’aeromobile non è recuperabile, siamo in presenza di stallo bloccato (locked-in stall). (vedi figura)
A questo comunicato ha fatto seguito un comunicato della Compagnia Air France, ripreso, come di seguito riassunto, dal commento di un autorevole editorialista aeronautico della testata aeronautica “Flight International”.
Air France denuncia subito «i problemi tecnici sul volo AF 447», enfatizzando, come scrive l’editorialista, le evidenze tecniche che hanno dato l’avvio all’inaspettata perdita di controllo dell’aeroplano da parte dei due co-piloti rimasti ai comandi. Il Comandante riuscirà a rientrare in cabina di pilotaggio solo poco più di un minuto prima della fine.
Riassume così la situazione l’articolista:- Le informazioni disponibili dimostrano che l’aeromobile [a seguito dell’improvviso distacco dell’autopilota – ndr] è salito ed è stallato in alta quota e che l’equipaggio ha fallito nel recupero dell’aeromobile dallo stallo, in tempo per evitare di precipitare nell’oceano. Dopo aver ricordato che il BEA ha confermato nella perdita dei dati di velocità disponibili per i piloti la causa iniziale dello scompiglio, anche l’editorialista omette di menzionare il fatto che nessuno dei due piloti ai comandi ha fatto riferimento agli assetti forniti dagli strumenti “stand-by”, pur disponibili, e che da soli avrebbero potuto evitare di mantenere i comandi in posizione favorevole allo stallo oppure di recuperare il controllo dell’aeroplano dagli assetti assolutamente inusuali che aveva assunto dopo il distacco dell’A/P.
La Compagnia Air France ha dichiarato: «… appare che il problema iniziale sia stato l’avaria delle sonde della velocità, che hanno causato il distacco dell’autopilota e la perdita dei relativi sistemi di bordo per la protezione dallo stallo, che hanno portato allo stallo in alta quota».
Rileva anche che la Compagnia omette di dissertare sulla reazione “dell’equipaggio” allo stallo, oltre al fatto di puntualizzare che il Comandante, il quale aveva lasciato la cabina di pilotaggio per andare a riposare, è rapidamente tornato per cercar di gestire la situazione [pur impossibilitato a tornare al suo posto di pilotaggio occupato dal Copilota al quale aveva ceduto il suo posto - ndr]. L’Air France ha tenuto anche a precisare che l’equipaggio era formato da tre piloti qualificati, che hanno mostrato un atteggiamento totalmente professionale e si sono dedicati ad eseguire i loro compiti fino alla fine.
Dal canto suo, l’editorialista conclude riportando il commento finale della Compagnia che sottolinea come tutti i dati ora disponibili dovranno essere analizzati e che soltanto alla fine di un tale complesso compito, che richiede pazienza e precisione, il BEA sarà in grado di stabilire le cause che hanno provocato il disastro.
In calce a questo editoriale compare infine una frase [di difficile attribuzione –ndr] che esprime il parere che la Ditta costruttrice Airbus Industries ha fornito finora soltanto molto limitate risposte in questo aggiornamento sul caso del volo AF 447, nel quale le informazioni rilasciate dal BEA “costituiscono un indispensabile passo verso la completa identificazione della complessa concatenazione degli eventi”.
A parere dello scrivente, un modo come un altro per mettere le mani avanti da parte di qualcuno, di fronte al fallimento [sempre a mio parere – ndr] del proclamato sistema che rendeva l’aeroplano sicuro, perché impossibile da stallare!
Insomma un po’ … come un novello Titanic !
Il vero commento che si può fare invece è quello che aver instillato nei piloti (e nelle Compagnie aeree) il concetto che quella serie di aeroplani prodotti [secondo il famoso progetto di Ziegler] li renda sempre e comunque “non inducibili allo stallo di bassa velocità” è il vero ed unico colpevole di questo sinistro.
Ciò in quanto il super-stallo sofferto da questo volo è ben peggio di uno stallo !
Come si è potuto constatare, perché finalmente confermato dalle registrazioni disponibili, il fattore scatenante la catena degli eventi relativamente al disastro dell’A. 330 - volo 447 di Air France - è stato, come del resto si poteva intuire fin dal principio, quello del difettoso funzionamento delle sonde di Pitot installate su questi modelli di aeroplani prodotti da Airbus, le quali, in particolari condizioni idonee di ghiaccio (e forse di anche di turbolenza in nube) tendevano ad ostruirsi bloccando il prelevamento dell’aria in cui si muoveva l’aeromobile.
Tutto ciò non viene al momento evidenziato in alcun modo dal comunicato riassuntivo emesso dal BEA, nel chiaro intento di non danneggiare né l’immagine dell’Air France e tanto meno quella dell’industria costruttrice sia dell’aeroplano che di quella del fabbricante di quel tipo di sonda di Pitot, modello che già aveva causato un certo numero di mancati incidenti letali a diversi voli di differenti Aerolinee.
Infine, è anche convincimento dello scrivente che l’incapacità dimostrata dai piloti ai comandi di recuperare gli assetti necessari a far uscire l’aeroplano dallo stallo iniziale di velocità in cui si era venuto a trovare proprio per la loro incapacità di riferirsi alle indicazioni degli strumenti “stand-by” per mantenere l’assetto del volo di crociera, che avrebbe evitato la salita oltre la quota massima di crociera alla quale l’aeromobile poteva volare per il peso del momento e per la temperatura della massa d’aria che stava attraversando in prossimità dell’Equatore.
Deficienze queste dovute forse a mancanza d’esperienza di volo basico strumentale e di volo acrobatico, oltre che di adeguato addestramento basico e ricorrente, necessari entrambi per il recupero strumentale da assetti inusuali, una volta assunti o per errore o verificatisi per scarsa attenzione al mantenimento dell’assetto longitudinale necessario al volo stabilizzato. 7 giugno 2011
E son otto i mesi già trascorsi senza che nessuna illuminata raccomandazione di sicurezza sia stata resa pubblica da parte di ANSV a rischiarare le preoccupanti tenebre che avvolgono l’ormai “misterioso” incidente del 24 Settembre 2010, accaduto ad un Airbus A. 319 di WindJet in atterraggio sulla pista 07 dell’aeroporto di Palermo-Punta Raisi.
E sì che di misterioso o di difficile quell’incidente non presenta caratteristica alcuna, essendo disponibile sia il relitto, sia i contenuti delle registrazioni del DFDR e del CVR che di quelle ATC, siano ben chiare e documentate le condizioni meteorologiche ed ambientali nelle quali l’evento si è verificato e sopratutto c’è la diretta testimonianza dell’equipaggio e di un comandante ospite in cabina di pilotaggio.
Ed ancora nulla è dato di sapere neppure del contesto di quei disservizi che hanno caratterizzato i mancati o tardivi soccorsi ai fortunati scampati a quello che poteva essere un disastro dalle luttuose conseguenze.
Ma quel che forse stupisce di più è l’assordante silenzio stampa in merito alle possibili rivalse e richieste d’indennizzo da parte dei per certi versi “fortunati” viaggiatori … scampati ad un possibile rogo, evitato soltanto … ad opera di Santa Rosalia !
Comunque, a fronte di tale acquiescente silenzio da parte dei viaggiatori scampati all’incidente, che al momento rimane ancora senza ragioni determinate ed accertate, neppure l’ENAC si ritiene in dovere di far conoscere a quei passeggeri, che nei suoi comunicati afferma di voler proteggere meticolosamente nei loro diritti, quale sia almeno l’esito di quell’inchiesta amministrativa, pomposamente annunciata al tempo dell’evento, con la quale il Presidente Riggio dava incarico al Direttore ENAC dell’aeroporto di Punta Raisi di accertare la portata e le cause del mancato tempestivo intervento dei necessari mezzi di soccorso e di salvataggio a favore dei passeggeri, usciti quanto meno ammaccati e comunque ben inzuppati d’acqua piovana abbondantemente elargita dalla già nominata benemerita Santa Rosalia !
A fronte dell’insistita campagna di richiesta non tanto d’informazioni, quanto invece di azioni correttive e preventive per il futuro, condotta dallo scrivente, l’ANSV non ha saputo per il momento far di meglio che dedicare alcune pagine del proprio “Rapporto informativo sull’attività svolta da ANSV nell’anno 2010 al caso, pubblicando un misto d’informazioni conosciute fin dalle prime ore seguenti all’incidente, allargate ad alcune informazioni meteorologiche sullo stato accertato del tempo nell’intervallo tra un’ora prima e dopo il grave incidente.
Così nella parte seconda del citato “Rapporto 2010 al punto 3 – titolo “L’aviazione commerciale”, a pag. 27 vien comunicato che «Tra le inchieste del 2010 relative ad eventi che hanno coinvolto aeromobili dell’aviazione commerciale, si segnalano, in particolare, le seguenti:
- Incidente velivolo A. 319 marche EI-EDM, aeroporto di Palermo- Punta Raisi, 24 Settembre 2010».
Il 24 settembre 2010, l’aeromobile A319 marche di immatricolazione EI-EDM decollava da Roma Fiumicino alle ore l9.24 per Palermo Punta Raisi, con a bordo 5 membri di equipaggio, 124 passeggeri e l0.000 kg di carburante per un peso al decollo di 65.000 kg.
A Fiumicino l’equipaggio, proveniente da Palermo con lo stesso aereo, aveva effettuato una sosta di 1 ora e I3 minuti, durante la quale aveva provveduto a far rifornire l'aeromobile con 6653 kg di carburante ed aveva ricevuto dalla società di handling la documentazione per il volo comprensiva del piano di carico e di un aggiornamento dei bollettini meteorologici.
Tra i passeggeri erano presenti due membri di equipaggio della stessa compagnia che rientravano fuori servizio: un assistente di volo ed un comandante: quest’ultimo veniva autorizzato dal titolare del volo ad occupare un posto in cabina di pilotaggio.
Per il volo, il comandante aveva assegnato il ruolo di pilota ai comandi (PF, Pilot Flying) al primo ufficiale. Il volo, fino alla prima fase della discesa, si era svolto seguendo il piano di volo previsto, senza evidenza di problemi e in condizioni di leggera turbolenza.
Una volta in contatto con l`ente di controllo di avvicinamento radar di Palermo e in discesa per 5000 piedi, l’equipaggio chiedeva al controllore di deviare dalla rotta prevista al fine di evitare delle formazioni nuvolose posizionate a Nord-Ovest dell’aeroporto e prima del punto iniziale della procedura strumentale alla quale era staro autorizzato.
Il controllore radar autorizzava la deviazione e successivamente forniva all’equipaggio vettori e quote idonei per stabilizzarsi, a circa 6 miglia nautiche dal VOR DME denominato PRS, sulla radiale finale della procedura di non precisione per la pista 07 denominata VOR Z 07.
Durante l'avvicinamento, stabilizzato sulla radiale e sul profilo di discesa, |'aeromobile incontrava un forte piovasco, che riduceva la visibilità orizzontale. Nella parte finale della procedura, il comandante assumeva il ruolo di pilota ai comandi (PF).
Proseguendo |'avvicinamento, l’aeromobile impattava il terreno immediatamente prima dell’inizio della RESA (Runway End Safety Area) che precede l'inizio della pista 07 di Palermo Punta Raisi e, con un successivo rimbalzo in pista, strisciava per circa 850 m prima di fermarsi sull'erba immediatamente a sinistra del bordo della stessa, occupandola parzialmente con la parte posteriore della fusoliera. Subito dopo i passeggeri e l’equipaggio evacuavano l’aeromobile attraverso le uscite di emergenza anteriori e posteriore destra.
Alcuni passeggeri e alcuni membri dell'equipaggio riporranno ferire e/o lesioni non gravi. L’aeromobile subiva gravi danni, tanto da risultare non recuperabile.
L'antenna del localizzatore della pista 25, composta da pali verticali che sostengono componenti orizzontali disposti in senso longitudinale rispetto alla pista, è stata quasi completamente distrutta; solo tre di questi pali con i rispettivi componenti orizzontali sono rimasti eretti.
L'aeromobile, dopo l’impatto, nello scorrimento sulla pista fino al suo arresto, ha prodotto sulla pavimentazione della RESA e della pista stessa delle leggere scarificazioni.
Il folder meteo a disposizione dei piloti conteneva le seguenti informazioni.
METAR per l’aeroporto di Palermo delle 15.20 UTC: vento da 180° con intensità 20 nodi; visibilità superiore a 10 km; nuvolosità con base delle nubi a 2500 piedi che copriva da 1/8 a 2/8 del cielo e, con base delle nubi a 7000 piedi, che copriva da 5/8 a 7/8 del cielo; temperatura 25 °C, temperatura di rugiada 14 °C; QNH 1002 hPa; windshear riportato per pista 20.
TAF per l’aeroporto di Palermo emesso alle 11.00 UTC e valido dalle 12.00 del giorno 24 alle 12.00 del giorno 25 che prevedeva: vento da 190° intensità 14 nodi; visibilità superiore a 10 km, nuvolosità con base delle nubi a 2500 piedi con copertura del cielo da 3/8 a 4/8; temporaneamente tra le 12.00 del 24 e le 06.00 del 25, visibilità di 4 km, temporale con pioggia con copertura del cielo da 3/8 a 4/8 di cumulonembi con base a 1400 piedi e un vento che si prevedeva in cambiamento tra le 03 e le 10 del giorno 25 verso una provenienza da 270° e intensità 12 nodi.
La carta di bassa quota (dal livello del mare fino alla quota di 10.000 piedi) del tempo significativo previsto, centrata per le ore 18.00 UTC, riportava: da 2000 fino a 10.000 piedi nuvolosità varia che copriva fino a 8/8 del cielo, isolati cumulonembi affogati nella massa nuvolosa da 2000 a 10.000 piedi e temporali isolati con rovesci e pioggia.
La situazione meteorologica in atto tra le 17.00 UTC e le 18.30 UTC era la seguente.
METAR delle 17.20 UTC: vento da 140° 9 nodi, variabile tra 070° e l80°; visibilità 6000 metri; temporale con pioggia; copertura da 1/8 a 2/8 del cielo di cumulonembi con base a 1800 piedi, da 3/8 a 4/8 con base a 2200 piedi e da 5/8 a 7/8 con base a 3000 piedi; temperatura 20 °C, temperatura di rugiada 16 °C; QNH 1002 hPa.
METAR delle 17.50 UTC: vento da 070° intensità 12 nodi; visibilità 4000 metri; temporale con pioggia; una nuvolosità con copertura del cielo da 1/8 a 2/8 di cumulonembi con base a 1800 piedi, da 3/8 a 4/8 con base a 2200 piedi e da 5/8 a 7/8 con base a 3000 piedi; temperatura20 °C, temperatura di rugiada 17 °C; QNH 1001 hPa; temporale recente con pioggia; windshear riportato per pista 20. Nota: visibilità minima 4 km.
ATIS delle 17.30 UTC (trasmesso sulla frequenza 123.875 di Palermo): vento da 100° intensità 4 nodi, variabile tra 070° e 180°; visibilità 6 km; temporale moderato con pioggia; una nuvolosità con copertura del cielo da 1/8 a 2/8 di cumulonembi con base a 1800 piedi, da 3/8 a 4/'8 con base a 2200 piedi e da 5/8 a 7/8 con base di 3000 piedi.
ATIS delle 17.50 UTC (trasmesso sulla frequenza 123.875 di Palermo); vento da 060° intensità 14 nodi; visibilità 4000 metri; temporale moderato con pioggia; una nuvolosità con copertura del cielo da 1/8 a 2/8 di cumulonembi con base a l800 piedi, da 3/8 a 4/8 con base a 2200 piedi e da 5/8 a 7/8 con base a 3000 piedi; temperatura 20 °C, temperatura di rugiada 17 °C; QNH 1001 hPa; temporale recente con pioggia e windshear riportato per pista 20.
ATIS delle 18.20 UTC (trasmesso sulla frequenza 123.875 di Palermo): vento da 040° intensità 4 nodi, direzione variabile tra 330° e 120°; visibilità 4000 metri; temporale moderato con pioggia; una nuvolosità con copertura del cielo da 1/8 a 2/8 di cumulonembi con base a 1800 piedi, da 3/8 a 4/8 del cielo con base a 2200 piedi e da 5/8 a 7/8 del cielo con base a 3000 piedi; temperatura 20°C, temperatura di rugiada l8 °C; QNH 1000 hPa.
WINDSHEAR WARNING 04 delle l6.S5 UTC e valido dalle I6.50 UTC alle l7.S0 UTC; moderato windshear, 20 nodi in avvicinamento pista 20 tra 1500 piedi a 300 piedi di quota riportato alle l6.50 UTC da un A321.
AERODROME WARNING 01 delle l6.50 UTC e valido dalle I7.00 UTC alle I9.00 UTC: temporale previsto, nessun cambiamento.
Dalla predetta documentazione merita d’esser evidenziato che all’ora dell’arrivo del volo WindJet nell’area di Punta Raisi le condizioni meteorologiche erano esattamente quelle previste dai bollettini METAR e dalle previsioni di temporale valide dalle ore 17.00 alle ora 19.00 UTC di quella serata, note all’equipaggio e complete di informazioni sulla possibile presenza del fenomeno del wind-shear, riportato per pista 20.
Il Controllore addetto al radar di avvicinamento dell’aeroporto provvedeva a fornire ai piloti i valori di prua e di quota da assumere per stabilizzarsi a circa 6 NM (11 km) dal VOR/DME “PRS”, sulla cui radiale di avvicinamento doveva esser condotta la fase finale autonoma della procedura di non-precisione per la pista 07.
Questo stralcio del Rapporto in esame dà per accertato che «durante l’avvicinamento, stabilizzato sulla radiale e sul profilo di discesa, l’aeromobile incontrava un forte piovasco che riduceva la visibilità orizzontale» e «nella parte finale della procedura, il comandante assumeva il ruolo di pilota ai comandi (PF)».
Ecco, il punto cruciale è determinato proprio dal fatto che la riduzione della visibilità orizzontale induce il comandante ad assumere la condotta del velivolo, perché, a quel punto, deve assumere la decisione se iniziare una manovra di riattaccata avendo perso il contatto con il terreno antistante, oppure se avendone ancora una certa “osservabilità” decide di proseguire nella manovra di atterraggio.
E qui i casi sono due:- o era in grado di “vedere la pista” sotto la stessa angolazione prevista dalla sua posizione per un corretto sentiero di avvicinamento a vista o doveva riattaccare, oppure proprio in quel momento si è manifestato un fenomeno di wind-shear talmente intenso ed improvviso da non dargli neppure il tempo di dare la necessaria potenza ai motori per poter effettuare la riattaccata. Ma … il rapporto nulla dice circa l’applicazione o la tentata applicazione di potenza di riattaccata !
Infatti il testo informa solamente che «… proseguendo l’avvicinamento, l’aeromobile impattava il terreno immediatamente prima dell’inizio della RESA (Runway End Safety Area) che precede l’inizio della pista 07 di Palermo Punta Raisi e con un successivo rimbalzo in pista, strisciava per circa 850 metri prima di fermarsi sull’erba immediatamente a sinistra del bordo della stessa …. ».
Orbene, questa la dinamica descritta dal rapporto ANSV, ma il Presidente di ANSV a pagg. 49 -50 si premura anche di rammentarci che cosa sono « Le raccomandazioni di sicurezza»:
9. Le raccomandazioni di sicurezza
Come già anticipato, nel 2010 I'ANSV ha predisposto, a fini di prevenzione, 18 raccomandazioni di sicurezza, alcune delle quali, ritenute di maggior interesse generale, sono riportate di seguito.
Una raccomandazione di sicurezza si identifica in una proposta formulata dall’autorità investigativa per la sicurezza dell’aviazione civile (in Italia, l’ANSV ) sulla base dei dati emersi da una inchiesta, ai fini della prevenzione di incidenti ed inconvenienti ( in sostanza, consiste in una proposta finalizzata al miglioramento della sicurezza del volo).
Sulla base della previsione 6.8 dell'Allegato 13 alla Convenzione relativa all’aviazione civile internazionale le raccomandazioni di sicurezza devono essere indirizzate alle competenti istituzioni (nazionali. estere, sovranazionali in qualunque momento dell'inchiesta, quando ritenuto necessario per migliorare la sicurezza del volo.
Una raccomandazione di sicurezza può essere emessa, oltre che a conclusione della relativa inchiesta tecnica, anche in corso di inchiesta, nel caso in cui se ne ravvisi la necessità. La tempistica per l’emissione di una raccomandazione di sicurezza dipende quindi, sostanzialmente, da due elementi: dal tipo e dalla gravità della criticità o della irregolarità riscontrata; dal grado di urgenza con il quale si voglia portare a conoscenza della comunità aeronautica la citata criticità o irregolarità, al fine di consentirne la rimozione.
La previsione 6.10 dell’Allegato 13 impone agli Stati che abbiano ricevuto una raccomandazione di sicurezza di informare lo Stato che la ha emessa (quindi la relativa autorità investigativa proponente) sulle misure adottate a seguito della raccomandazione di sicurezza o sulle ragioni per le quali si sia deciso di non adottare misure.
Le raccomandazioni di sicurezza possono essere altresì emanate anche al di fuori di una inchiesta di sicurezza. Sempre |'Allegato 13, alla previsione 8.8, prevede infatti la possibilità di emanare raccomandazioni di sicurezza anche a seguito di attività non correlate a quella d' inchiesta (ad es. attività di studio).
In linea con quanto previsto in materia di raccomandazioni di sicurezza dall’ Allegato 13 si pone il regolamento (UE) n. 996/2010.
Ragionevolmente ci aspettavamo che ANSV volesse davvero prevenire l’accadimento di eventi del genere ed emanasse contemporaneamente delle “raccomandazioni di sicurezza” atte a correggere la situazione operativa di Palermo-Punta Raisi, aeroporto sul quale da anni è promessa l’entrata in servizio ufficiale (e non sperimentale) del sistema di rilevamento e di allarme sulla presenza effettiva del fenomeno del wind-shear o qualche altra raccomandazione, secondo me, più mirata.
Altrimenti … l’investigazione tecnica a che serve e quanto deve durare ?
Ricordiamo che finora nemmeno un interim report è stato divulgato.
Forse che il Presidente di ANSV sta programmando di effettuare delle ricerche archeologiche all’inizio pista 07 di Punta Raisi per fare qualche raccomandazione? 31 maggio 2011
E son sette i mesi trascorsi dalla sera di quel 24 Settembre 2010 senza che alcuna raccomandazione di sicurezza da parte di ANSV sia stata emessa e/o che, da parte di ENAC, qualche misura correttiva sia stata adottata nei confronti sia del Vettore che dei responsabili del funzionamento degli interventi di sicurezza e di pronto soccorso dell’aeroporto di Palermo - Punta Raisi e delle sue infrastrutture e radio-assistenze.
Sarà anche vero che da parte delle nostre Autorità tutorie si confida – come al solito – nello stellone e … nell’arrivo del bel tempo estivo, ma … sarebbe bene che ricordassero che anche d’estate sulla Sicilia, come sul resto d’Italia, possono avvenire, transiti piuttosto devastanti di fronti temporaleschi con associati fenomeni di wind-shear e quant’altro li accompagni.
Sembra che ormai nessuno si ricordi più (stampa aeronautica specializzata in testa) delle promesse sul sistema di rivelazione del wind-shear che doveva essere completato (dopo oltre una decade di sperimentazione) sull’aeroporto di Punta Raisi, mentre ora invece pare che spuntino come funghi tanti altri aeroporti italiani (almeno una dozzina) ai quali pare ne sia stata promessa, dalle competenti Autorità, l’installazione (a spese dello Stato) su aeroporti dati in concessione gestionale quarantennale a capitali privati. Il tutto per un giro di promessi favori con i produttori di sistemi complessi di rilevazione del tipo così a lungo sperimentato sull’aeroporto siculo … ed ancora non operativo !
Ricorderò solo che impianti del genere SODAR/RASS e similari vengono richiesti anche su aeroporti dove raramente sono segnalati fenomeni di wind-shear, mentre che aeroporti veramente affetti dal fenomeno, con dati obiettivamente rilevabili, sono invece molto limitati nel numero e nella frequenza.
Oltre a Punta-Raisi, personalmente ritengo che solamente aeroporti orograficamente infelici come quelli di Genova-Sestri, di Villanova d’Albenga, di Firenze-Peretola e di Reggio Calabria (quest’ultimo pericoloso per ben altri più gravi motivi) siano effettivamente colpiti abbastanza frequentemente da questo fenomeno. Fenomeno particolarmente critico e subdolo per aeroplani non dotati di sistemi integrati di rilevamento del vento e di sistemi automatici di controllo della velocità impostata di riferimento e corretta durante appunto tutta la fase di avvicinamento per l’atterraggio.
Sarebbe opportuno per tutti i contribuenti (o, quanto meno, per lo Stato), quello di prendere in sincera considerazione l’opportunità irripetibile che si offre con le scelte del prossimo “Piano aeroporti” e cioè quella di decretare la soppressione (quanto meno) degli aeroporti di Firenze e di Reggio, che possono venir surrogati, con opportuni mezzi di comunicazione rapida, dagli aeroporti di Pisa (per Firenze) e di Lamezia-Terme o di Catania per Reggio Calabria, tenendo però ben presente che Catania-Fontanarossa è soggetto sia alle eventuali eruzioni dell’Etna sia alla vicinanza con Sigonella, base degli UAS NATO nel Mediterraneo. 26 aprile 2011
Avvengono sempre più spesso … incidenti aerei che sgomentano !
Il volo dell’Ethiopian Airlines 409 – aeromobile Boeing B. 737 serie 800 (nuovissimo) – decollato dall’aeroporto di Beirut la notte del 25 Gennaio 2010 con 82 passeggeri ed 8 membri d’equipaggio, è durato pochissimo, soltanto 4 minuti in totale, prima di concludersi disastrosamente con lo schianto finale in mare a seguito dell’effettuazione di strane e finora inspiegabili evoluzioni, che vengono descritte come segue nell’“Interim Report” rilasciato soltanto il 28 Marzo 2011 dall’Agenzia investigativa libanese, competente per territorio.
Il volo era stato inizialmente autorizzato dall’ATC di Beirut per una partenza standard, denominata “Lateb 1 D”, dalla pista 21 dell’aeroporto, durante una nottata tempestosa, che contemplava di assumere una direzione verso Sud. Tale autorizzazione veniva però, subito dopo il distacco dal suolo, emendata con una nuova autorizzazione a virare immediatamente a destra, verso il mare aperto, per procedere direttamente al punto “Chekka”, situato a Nord di Beirut.
Subito dopo, però, l’autorizzazione fu di nuovo emendata dall’istruzione ad assumere e mantenere una prua di 315°, confermata dai piloti, i quali inserirono tale valore di prua sul pannello di controllo del sistema di gestione del volo, ma l’aeromobile, per motivi tuttora non spiegati, continuò in una virata a destra, fino ad un valore di prua verso Nord (003°).
L’ATC intervenne ordinando di riportarsi subito su prua 270, valore confermato dai piloti con l’inserzione di tale dato sul pannello di selezione della prua magnetica.
Ma ancora una volta l’aeromobile continuò a virare a sinistra verso Sud, oltre la prua assegnata e, mentre era in salita attraversando 7.700 piedi raggiunse un assetto a cabrare corrispondente ad un angolo di attacco di ben 32°, fino a far attivare per una prima volta l’avviso di pre-stallo, durato ben 29 secondi !
A questo punto l’aeromobile discese fino a 6.000 piedi per poi salire rapidamente fino a 9.000 piedi, tanto da far intervenire nuovamente e per ben altri 26 secondi l’avviso di pre-stallo.
Da questo momento in poi, mentre continuava la sua virata a sinistra, sempre più stretta, in direzione della costa libanese, fino a raggiungere un’inclinazione laterale di ben 118°, l’aeromobile iniziava una rapida discesa in spirale, con un assetto a picchiare di ben 63° “nose down”, evidentemente fuori controllo dei suoi piloti, raggiungendo la velocità massima di 407 nodi indicati, che attivarono anche l’avviso sonoro di superamento della velocità massima e si schiantò contro la superficie marina in un tempo di soli 30 secondi da quando aveva raggiunti i 9.000 piedi di quota.
Questa è la succinta elencazione delle evidenze derivanti dai dati del Digital Flight Data Recorder fatta dalla Commissione investigativa libanese.
Prontamente, la stessa fonte “Flight International” che aveva appena riportato la notizia della pubblicazione del “Rapporto intermedio” libanese sul disastro, in data 5 Aprile 2011 faceva seguire un proprio caustico commento tecnico, che ricapitoliamo qui di seguito.
Sotto lo sconcertante titolo “Tragicamente familiare” il commentatore di “Flight International” in merito scrive:- <Un’altra notte buia e tempestosa, un altro decollo verso una superficie senza riferimenti esterni visivamente rilevabili dall’occhio umano, un altro volo a spirale non comandato, conclusosi con un disastro.
Le analogie con il disastro del volo 507 del B. 737 serie 800 di Kenya Airways (5 Maggio 2007) a Douala (Cameroon) – secondo l’editorialista – non consisterebbero tanto nelle similitudini riguardanti la perdita di controllo dei due aeromobili, entrambi rilasciati al volo come “aeronavigabili” per il servizio da svolgere (Trasporto Pubblico Internazionale), quanto invece nelle sorprendenti affinità nell’accoppiamento dei due piloti ai comandi di velivoli di due Aerolinee (Kenya Airways ed Ethiopian Airlines) considerate tra le migliori Compagnie Aeree che l’Africa sub-sahariana offre sul mercato del trasporto aereo, tra tutte quelle appartenenti ad un continente che si dibatte in evidenti problemi di sicurezza del volo.
Così, considerato che il Rapporto preliminare libanese già respinge (nonostante le vibranti proteste etiopiche) definitivamente anche la seppur remota possibilità che il volo etiopico abbia accusato qualche occulto problema tecnico, la conclusione rimane quella che un nuovissimo B. 737 perfettamente funzionante (secondo i dati del DFDR) ha potuto vagare senza meta e senza apparente controllo umano per ben 4 minuti di fronte alle coste libanesi, peraltro scandito da allarmi automatici (visivi e sonori), tutti rimasti senza un intervento od una reazione da parte dell’equipaggio di condotta. Il che solleva la legittima questione:- Dove stava la professionalità dei due piloti ?
Su questo argomento, l’editorialista ricorda che, dopo tre anni che il B. 737-800 keniano è finito con il disintegrarsi un minuto dopo il decollo in un acquitrino di mangrovie vicino all’aeroporto di Douala – secondo quanto la squadra investigativa internazionale ha concluso – a causa della totale mancanza di professionalità dei due membri presenti in cabina di pilotaggio, indicando nell’incredibile accoppiamento di un comandante dispotico, con tendenze dominanti e con un pizzico di maniere arroganti, assieme ad un co-pilota succube e reticente di età men che dimezzata rispetto a quella del capo-equipaggio – l’esca capace di innescare appunto la manifestazione di totale carenza di professionalità di questi due membri di condotta.
Anche se finora nulla sembra provare che lo stesso sia vero nel caso dell’aeromobile etiopico e la Compagnia interessata abbia già aperto una campagna pubblica per proteggere l’immagine del proprio equipaggio di condotta, fino al punto da sostenere che qualche altro fattore (finora non spiegato) possa essere responsabile dello strano comportamento dell’aeromobile, esibito e registrato da due diverse fonti (DFDR e ATC Radar), è difficile ignorare – sostiene ancora l’articolista – la pressoché identica natura dei due disastri e sospettare che la vera causa della perdita del B. 737 del volo etiopico sia qualcosa di complicato e di diverso, ma sia piuttosto somigliante a qualcosa di scoraggiante … come “già visto”!>
Personalmente, fino a quando non potrò esaminare la Relazione finale dell’investigazione libanese, che, attraverso evidenze acquisite, provi ciò che per ora – a mio modo di vedere – sono soltanto giustificabili sospetti, debbo invece rifarmi a certi precedenti non proprio cristallini del comportamento degli aeroplani del tipo B. 737, a partire dal classico “Porcellino” (come fu presentata la prima serie) e da altri episodi gravissimi accaduti alle prime serie del tipo ed a finire con altri episodi alquanto enigmatici accaduti più recentemente anche a serie ben più nuove di questo modello.
Mi limiterò a ricordare che negli anni ’80 i B. 737 delle prime serie (fino alla serie 300 e 400) presentarono dei gravi problemi di funzionamento dello smorzamento delle oscillazioni sull’asse di imbardata (yaw damper), imputabili al saltuario difettoso funzionamento di tale smorzatore agente sul timone di direzione che spesso andava fino al fondo corsa, fatto che portò alla distruzione di alcuni aeromobili ed in particolare di quell’aeromobile che era in avvicinamento all’aeroporto di Pittsburg (PA) in un tardo pomeriggio dell’ 8 Settembre 1994.
Un altro caso di spirale incontrollata avvenuta subito dopo il decollo è quello che avvenne il 3 Gennaio 2004 al 737-300 di “Flash Airlines” subito dopo il decollo notturno dall’aeroporto di Sharm El-Sheikh, precipitato nel mar Rosso con tutto il suo carico umano ed attribuito all’errata condotta dovuta a scarsa abitudine e conoscenza del comandante egiziano – un generale proveniente dai ranghi dei piloti militari abituati a volare su jet militari di costruzione dell’ex-URSS, dotati di orizzonti artificiali completamente diversi nella loro presentazione rispetto ai corrispondenti orizzonti artificiali occidentali montati sui velivoli Boeing – accoppiato ad un giovane, inesperto e succube co-pilota, anche in quel caso incapace di intervenire appropriatamente.
Infine, ancora un episodio molto più recente, che però lascia ancora qualche perplessità:- intendo l’incidente avvenuto il 25 Febbraio 2009 per stallo di velocità di un B. 737-800 della Compagnia “Turkish Airlines” avvenuto durante un avvicinamento ad una pista dell’aeroporto di Amsterdam e finito al suolo spezzandosi in tre tronconi ben prima di raggiungere la pista in uso del grande aeroporto olandese.
Ma forse, di tutto ciò … dovremo riparlarne ancora ! 15 aprile 2011
Dopo 22 mesi dalla scomparsa, il 1 Giugno 2009, nelle acque equatoriali dell’Oceano Atlantico del volo Air France 447 – aeromobile A. 330-200 F-GZCP – in rotta da Rio de Janeiro a Parigi con 228 occupanti a bordo, finalmente è giunta la confortante notizia che la quarta ricerca sottomarina del relitto sta incominciando a dare i primi risultati.
Sono stati infatti avvistati e registrati elettronicamente i primi relitti del velivolo, che giacciono su di un fondale sabbioso a 4.000 m. di profondità, a circa 75 km. a N/E dell’ultima posizione nota dell’aeromobile, quando in volo ha trasmesso l’ultimo messaggio automatico alla propria Compagnia a Parigi.
Per il momento – viene annunciato – sono state chiaramente individuate e riprese alcune porzioni, definite “significative”, del relitto, comprendenti oltre ad una porzione della fusoliera corrispondente all’incirca al punto di attaccatura dei longheroni delle ali, un carrello principale d’atterraggio e la gamba di forza della coppia di ruote anteriori, completi di pneumatici, una parte corrispondente al core di uno dei due reattori, oltre ad alcuni resti umani degli occupanti, che vanno ad aggiungersi ai 50 corpi già rinvenuti, a galla, subito dopo l’inizio delle ricerche di superficie seguite alla mancanza di notizie dell’aeromobile.
Adesso le ricerche continueranno all’interno di un’area di circa 10.000 km2 (circa 3.900 mi2) a circa 75 km dall’ultima posizione conosciuta del velivolo, con il primario obiettivo di individuare, localizzare e recuperare i contenitori dei Registratori di bordo, che avevano smesso di trasmettere i loro segnali sonori fin da 30 giorni dopo l’evento. Speriamo che dopo 2 anni di permanenza in mare e sotto una forte pressione i loro dati siano ancora leggibili. I Registratori dei dati di volo sono ritenuti indispensabili dagli Investigatori del BEA ed il loro recupero troverà la copertura finanziaria da parte del Tesoro francese. 9 aprile 2011
Son già trascorsi esattamente sei mesi da quando il 24 Settembre 2010, un aeromobile A. 319 marche EI-EDM della Compagnia Wind Jet è finito fuori pista sull’aeroporto di Palermo Punta Raisi nel quale rimasero feriti 20 dei 123 passeggeri, i quali hanno vagato in mezzo alle piste dell’aeroporto sotto violenti scrosci di pioggia, essendo venuta a mancare – stando alle cronache – la tempestiva presenza dei mezzi di soccorso e di trasporto verso la lontana aerostazione.
Ora, persistendo l’assordante silenzio dell’Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo (ANSV) nel fornire una qualsiasi appropriata “raccomandazione di sicurezza” (di cui è così prodiga di solito quando l’evento interessa la Magistratura, come se questo caso non possa accadere di nuovo, perché nulla è cambiato da allora salvo forse le condizioni meteorologiche, v’è da chiedersi quanto meno, che cosa osti a concludere l’investigazione.
Altrettanto da parte di ENAC che, nell’immediatezza dell’evento, aveva pomposamente annunciato una propria inchiesta amministrativa sul mancato funzionamento del “Piano di emergenza aeroportuale”.
Tanto che parrebbe proprio che quell’aeroplano abbia deciso autonomamente di darsi “una grattatina” alla zona ventrale, motori compresi, salvo la scoperta di ulteriori danni da parte di quell’investigazione tecnica sulla quale l’ANSV pare sia tenuta al “segreto istruttorio” (o ad altro segreto?).
Mentre che su brani di comunicazioni intercorse tra i due piloti durante l’avvicinamento e registrate sul CVR sequestrato da ANSV, il segreto istruttorio ha tenuto così bene da essere pubblicate dai media, come va di moda di questi tempi in Italia !
Dunque, durante l’avvicinamento strumentale di non-precisione alla pista 07, l’aeroplano ha toccato la superficie terrestre (fortunatamente livellata) ben prima dell’inizio fisico della pista e senza incontrare ostacoli rilevanti, salvo l’impatto che ha avuto con il muso contro l’antenna frangibile del Localizzatore dell’ILS a servizio della pista 25.
Stante l’assenza finora di qualsiasi segno di vita da parte dell’ANSV (forse perché mancava ancora la nomina dei tre membri del decaduto Collegio direttivo?) dopo ben sei mesi dall’evento, che non dovrebbe aver rappresentato difficoltà investigative essendo avvenuto sul sedime aeroportuale e senza morti o feriti gravi, con l’aeromobile, l’equipaggio ed i suoi Registratori di bordo a disposizione degli Investigatori, ebbene non si comprende come non possa esser scaturita nemmeno una raccomandazione di sicurezza, quasi non fosse successo nulla, anzi, che tutto abbia funzionato egregiamente bene (aeroplano, equipaggio, servizi ATS, servizi antincendio e di soccorso e di trasporto del Gestore, assistenze tecniche suppletive al volo per un aeroporto affetto da fenomeni di wind-shear, trasporti e non ultimo il “piano di emergenza” approvato (e provato ?) dalla locale direzione di aeroporto dell’ENAC, visto che proprio a tale direzione periferica l’ENAC aveva affidato la conduzione dell’inchiesta relativa al funzionamento dei servizi di assistenza ai passeggeri.
Non vorrei che questo fosse il solito preludio da parte di ANSV a concludere le inchieste dopo molti, troppi anni !
La Federal Aviation Administration - F.A.A. - degli USA, dopo sei anni dall’evento e ad uno dalla conclusione dell’investigazione tecnica, ordina agli Esercenti delle più vecchie serie di aeromobili Boeing B. 737 (dalla serie 100 alla 500) di provvedere entro tre anni a modificare l’installazione degli avvisi di allarme della quota cabina e della configurazione dell’aeromobile, separandone i rispettivi avvisi, finora affidati ad un unico allarme, comune in cabina di pilotaggio per il mancato funzionamento, una volta in volo, dell’impianto di pressurizzazione dell’aeromobile, rispetto a quello a terra di configurazione errata per il decollo.
Ciò con l’intento di rendere impossibile ai piloti di equivocare sull’intervento acustico dell’allarme comune ai due impianti, scambiandolo per l’avviso di incorretta configurazione a terra dell’aeromobile prima del decollo, così come purtroppo era avvenuto a bordo del B. 737-300 dell’Aerolinea cipriota Helios Airways ai due piloti (tedesco il Comandante e cipriota il giovane Co-pilota) dopo il decollo da Larnaca il 14 agosto 2005.
L’aeromobile era arrivato fino sopra Atene e si era messo in holding sul VOR di KEA in quanto asservito al sistema di gestione del volo in automatico Flight Management System – FMS, pre-programmato dall’equipaggio di condotta prima della partenza. Il volo si concluse tragicamente con l’aeromobile precipitato vicino al nuovo aeroporto di Atene per l’esaurimento del carburante e la morte di tutti gli occupanti, gran parte dei quali erano deceduti per ipossia già durante la salita alla quota di crociera di 34.000 piedi (11mila m).
Durante la successiva investigazione tecnica, aperta dall’Autorità greca, alla quale partecipò anche la FAA in quanto Ente certificatore dell’aeromobile e dei suoi motori, la FAA trovò che nei circa trent’anni di produzione delle predette serie di B. 737 s’erano verificati ben 25 casi nei quali l’equipaggio di condotta aveva equivocato sull’intervento dell’avviso intervenuto in volo circa la mancata pressurizzazione fornita della quota-cabina che denunciava di star salendo assieme all’aeroplano invece di essere mantenuta alla prevista regolazione del valore della pressione differenziale. Ciò proprio in quanto l’avviso comune di malfunzionamento di due differenti impianti di bordo veniva annunciato dallo stesso suono intermittente di allarme.
Adesso, la modifica ordinata da FAA comporta l’installazione sul cruscotto centrale della cabina di pilotaggio di due differenti avvisi luminosi, debitamente etichettati.
Tuttavia l’ordine ha già trovato l’opposizione (per motivi economici) da parte di una Compagnia aerea statunitense che esercisce ben 37 B. 737 delle serie interessate alla modifica, la quale ne vorrebbe la diluizione in un arco di cinque anni, ma tale richiesta è stata rigettata da FAA.
Se qualcuno ne volesse sapere di più in merito al disastro del B. 737 della Helios Airways, veda il mio articolo del 25 Marzo 2010, epoca in cui fu conclusa l’investigazione greca che ha richiesto cinque anni di tempo per esser completata, in ciò facendo a gara con i tempi delle investigazioni della nostra Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo. 16 febbraio 2011
La notizia del 3 Febbraio 2011 che spiccava su Flight International informava che il 28 Ottobre 2009 un Airbus A.330-200 australiano in volo da Narita (Japan) per l’Australia aveva subito «un rapido calo nelle indicazioni di velocità presentate ai piloti ai suoi comandi», pur essendo dotato di tre sonde Pitot protette dal sistema antighiaccio prodotto dall’americana Goodrich che sostituivano quelle della “Thales” installate su tutti i velivoli Airbus fino alle prime risultanze desunte dalla scomparsa nell’Oceano Atlantico del volo A. 330-300 di Air France il 1° Giugno 2009.
Quell’incidente aveva promosso da parte delle Autorità di certificazione la raccomandazione di sostituire almeno due delle tre sonde della marca “Thales” con analoghi rilevatori della velocità all’aria prodotti dalla ditta Goodrich.
In data 27 Gennaio 2011 l’Australian Transport Safety Board – ATSB ha concluso la sua investigazione pubblicando la relativa Relazione, formato ICAO, di quasi 200 pagine ed oltre al caso pertinente, ha anche esaminato le scarse notizie che è riuscito a recuperare in merito ad un analogo incidente, subìto (caso?) proprio dallo stesso aeromobile A.330, marche VH-EBA il 19 Marzo 2009, quando però il velivolo era ancora equipaggiato con tubi di Pitot prodotti dalla “Thales” e cioè quando il disastro dell’A. 330 di Air France non era ancora avvenuto.
Il volo del 28 Ottobre, mentre si trovava nei pressi dell’isola statunitense di Guam in volo di crociera a 39.000 piedi="12.000 metri" ), appena entrato in una zona di nubi cumulonembiformi ma senza turbolenza, agli occhi dei piloti ai comandi ha evidenziato un improvviso seppur abbastanza breve disaccordo nel valore dell’anemometro/machmetro con un calo della velocità, denunciato da 250 a 50 Kts. (minimo della scala), tra le indicazioni presentata sullo schermo strumenti lato del comandante e sull’anemometro stand-by di emergenza. A ciò è subito seguito il disinserimento automatico dell’autopilota in uso, del sistema di automanetta, la scomparsa delle barre di tendenza del Flight Director lato comandante, mentre l’impianto dei comandi di volo fly-by-wire scadeva alla funzione “Alternate law”, indicando così che alcune delle protezioni automatiche dell’inviluppo di volo dell’aeromobile non erano più in atto.
Di conseguenza i piloti hanno dato subito l’avvio all’applicazione della procedura stabilita dalla loro Aerolinea per gestire questo tipo di emergenza di indicazioni di velocità incerte tra le tre fonti disponibili e, dopo aver accertato che apparentemente erano tornate tutte a concordare fra loro, provvedevano a reinserire in attività l’autopilota e l’automanetta, sebbene entrambe, poco dopo, si siano nuovamente disinserite, fortunatamente ancora per breve tempo e sempre senza presenza di turbolenza atmosferica.
Così, dopo aver ripetuto la manovra verificando che le tre indicazioni di velocità concordassero, i piloti hanno reinserito entrambi gli automatismi di gestione del volo in crociera, controllando però attentamente il tutto per il resto del viaggio fino alla loro destinazione che era l’aeroporto di Coolangatta, sulla costa orientale dell’Australia, proprio al confine fra lo Stato del Queensland ed il territorio del New South Wales, a circa metà strada tre le più note città di Perth e di Sydney.
La Relazione finale dell’investigazione condotta dall’ATSB per prima cosa stabilisce che il disaccordo tra le velocità indicate a bordo è stato dovuto « … a temporanea occlusione delle sonde dell’impianto del Comandante e dell’anemometro stand-by, probabilmente a causa di cristalli di ghiaccio» [!] nonostante l’apposito riscaldamento dei tubi di Pitot fosse inserito e funzionante. Ed aggiunge:- «Entrambi gli accadimenti riguardanti il velivolo VH-EBA sono avvenuti in condizioni ambientali estreme ed al di fuori di quelle contemplate nei requisiti internazionali di certificazione per le sonde di Pitot», rilevando che, in questo campo, già il BEA francese ha raccomandato all’Autorità di certificazione europea EASA di riesaminare i criteri di approvazione delle sonde di Pitot alle condizioni ancora inesplorate di ghiacciamento alle alte quote, in precedenza non esaminate a questo preciso scopo.
La Relazione finale quindi conclude che il disaccordo fra le vitali indicazioni di velocità all’aria indicata ai piloti era dovuta probabilmente appunto a cristalli di ghiaccio depositatisi sulle predette sonde di Pitot (stranamente però su due Pitot di tre), mentre dalle scarse informazioni reperite sull’evento del 15 Marzo sullo stesso aeromobile, ma non segnalate come incidente dal suo equipaggio di quel giorno, si è potuto conoscere solamente che «il problema con le informazioni di velocità all’aria avevano comportato una diminuzione della stessa ad un ritmo di oltre 30 Kts al secondo su almeno due “canali” della velocità indicata», tanto che l’indicazione dell’anemometro del Comandante era calata fino al minimo della scala, mentre, anche in questo caso, s’era disinserito l’autopilota e forse qualcos’altro.
Devo confessare però che a me, personalmente, i conti in merito comunque non tornano. Infatti, mi domando, com’è che nella maggior parte degli accadimenti di questo tipo, conosciuti ed avvenuti prevalentemente ad aeromobili prodotti da Airbus Industries – modelli 320 – 321 – 300 - 330 – 340 – gli episodi di discordanza dei valori di velocità, prelevati dalle sonde Thales o Goodrich che fossero, interessavano quasi sempre una o due sonde su tre e, prevalentemente, quelle posta sul lato opposto della fusoliera rispetto all’utenza anemometrica che devono servire?
Non è che sia il caso di rivedere la posizione della fusoliera sul fianco della quale sono installate le sonde, ovvero che sia il caso di rivedere l’intero impianto di rilevamento della velocità degli aeromobili di quel tipo?
Adesso poi, secondo quanto raccomandato dal francese BEA, è giunto il momento che FAA da un lato dell’Atlantico ed EASA dal lato europeo inizino una campagna di rilevamento in volo in alta quota (oltre 30.000 piedi) sui dati relativi alle caratteristiche delle particelle di ghiaccio esistenti a 40.000 piedi ed oltre, per servire da nuovi riferimenti di condizione per la certificazione di tutti gli impianti antighiaccio ed in particolare di quelli dell’impianto Pitot.
Può effettivamente darsi che la composizione delle particelle di ghiaccio con nuovi inquinanti (ceneri vulcaniche nell’alta atmosfera, ad esempio) e/o le dimensioni delle gocce d’acqua sopraffusa possano essere diverse in altissima quota (Fino a 55.000 piedi) rispetto a quelle che si incontrano fino a 30-35 mila piedi e che sono state finora il parametro di misura per la progettazione e per la certificazione degli impianti antighiaccio in generale e delle protezioni antighiaccio ai tubi di Pitot più in particolare.
Ed ecco perché sarebbe veramente necessario anche che la campagna di ricerche sottomarine in Atlantico per ritrovare il relitto dell’A. 330 di Air France, onde poter recuperare i Registratori di bordo o quanto meno il solo DFDR, che dovrebbe riprendere per la quarta volta entro la fine di questo mese, avesse lo sperato successo. 11 febbraio 2010
L’EASA – European Aviation Safety Agency, il 22 Dicembre 2010, un anno e mezzo dopo il disastro dell’A. 330-200 di Air France, precipitato nell’Oceano Atlantico la notte del 1 Giugno 2009 durante il volo Rio de Janeiro – Parigi, ha emanato una direttiva di aeronavigabilità con due distinte misure di sicurezza da applicarsi dal 5 Febbraio 2011:
- la prima mette in guardia i piloti di aeromobili A. 330 (bireattori) ed A. 340 (quadrireattori) prodotti da Airbus Industries su “come” intervenire nel caso di «indicazioni di velocità indicata inattendibili», ovvero di difetto indotto in alcune funzioni dell’automazione da parte di dati errati generati dai sensori di Pitot per misurare la velocità dell’aeromobile. Funzioni che riescono a produrre improvvisi comportamenti pericolosi dell’intero velivolo e in grado, quanto meno, di comandare la disinserzione dei sistemi dell’autopilota e dell’automanetta, normalmente in funzione durante il volo, anche per precise sollecitazioni da parte delle Aerolinee ai propri piloti onde guadagnare in accuratezza della navigazione;
- la seconda ordina agli stessi piloti (con disposizione obbligatoria che le Compagnie Aeree devono inserire immediatamente nei propri Manuali Operativi dei predetti modelli di aeroplani) di rinunciare alla tentazione di reinserire immediatamente l’autopilota se questo si sia staccato spontaneamente dal funzionamento in atto, particolarmente durante i lunghi voli di crociera in alta quota.
Con questa disposizione l’Agenzia europea finalmente riconosce che le rilevanti differenze di velocità indicata (o di numero di Mach indicato dalla strumentazione di volo) tra le sorgenti d’informazione dei dati di velocità forniti dagli impianti di statica e di dinamica di bordo installati su questi modelli di aeroplani commerciali possono causare il distacco delle funzioni dell’autopilota e dell’automanetta e perfino che i comandi di volo “fly-by-wire” possono regredire alla “legge alternata”, ovvero “legge secondaria” del funzionamento di protezione dell’inviluppo di volo sulla quale è stato progettato per ragioni di sicurezza questo tipo di aeromobili.
Oltre a questi già gravi difetti che possono presentarsi in volo su questi aeromobili, particolarmente in condizioni avverse quali presenza di ghiaccio e/o di turbolenza atmosferica (com’è successo verosimilmente nel caso ufficialmente ancora irrisolto del 1 Giugno 2009), anche le “barre di tendenza” dell’impianto del “flight director” che normalmente compaiono sugli orizzonti artificiali di ciascuno dei due piloti ai comandi possono “scomparire” alla vista, complicando vieppiù la gestione essenziale del volo da parte dei due piloti.
Di conseguenza a queste premesse contenute nella disposizione piuttosto preoccupante dell’EASA, l’Organo di certificazione e di sorveglianza tecnica europeo ordina ai piloti ed alle Compagnie Aeree che utilizzano questi aeromobili:-
- di non reinserire subito l’autopilota e l’automanetta e di non seguire le eventuali indicazioni delle barre di tendenza governate dal flight director ed invece di affidarsi esclusivamente alle indicazioni di assetto dell’orizzonte artificiale meccanico “stand-by”, mantenuto al centro dei pannelli strumentali tra i due piloti proprio per le situazioni di emergenza estrema e di pilotare manualmente l’aeroplano, mantenendo assetto e potenza in volo livellato;
- di effettuare un controllo incrociato delle indicazioni fornite dagli indicatori di velocità e di Mach indicato onde cercar di stabilire quali dei due impianti di riferimento di “air-data” di bordo tra sistema principale e sistema alternato sia più affidabile in un confronto fra essi;
- il tutto per un tempo non inferiore ai 30 secondi (!?), mentre si cerca di tenere quanto più possibile “stabile” (!?) l’aeroplano in rotta [anche in condizioni di turbolenza severa? - ndr], prima di effettuare la scelta di reinserire l’autopilota ed eventualmente anche l’automanetta.
Tutto ciò per non avere brutte nonché brusche e pericolose reazioni d’assetto dell’aeroplano, dovute alla presenza di segnali errati da parte dei sistemi “air-data” che potrebbero comandare improvvisi e violenti cambi nell’assetto orizzontale dell’aeromobile, ovvero proprio ciò che si teme di appurare in merito al disastro dell’Air France (se e quando verranno recuperate dal fondo dell’Oceano i Registratori di bordo) e di altri episodi di questo genere verificatisi su altri aeromobili di questo tipo, risoltisi in questi casi diversamente, in quanto avvenuti di giorno ed in condizioni non perturbate da turbolenze particolari.
In conclusione, questi due tipi di aeroplani, anche per EASA oltre che per la FAA degli USA, possono continuare a volare, basando tutte le certezze di garantire una navigazione sicura sull’intervento, pronto e competente, di quegli uomini, cioè i soli due piloti che son rimasti a costituire l’equipaggio di condotta dei moderni aeroplani commerciali a reazione, avendo l’industria del trasporto aereo, affascinata dai miraggi dell’automazione infallibile, eliminato ogni altro specialista che potesse dare una mano nei casi di emergenza in cabina di pilotaggio !
A questo punto, a chi scrive, i conti non tornano più e se c’è qualche sapiente tecnico che certifica questi pretesi “robot volanti” che dovrebbero essere “autarchici” o quasi, me lo spieghi per favore:-
Com’è che sugli aeroplani da trasporto militare (truppe e materiali, oltre che VIP governativi) di tutte le Nazioni occidentali – pur dotati degli stessi impianti automatizzati sia di condotta che di navigazione – l’equipaggio di condotta è formato al minimo di due piloti e da un Tecnico di Volo, se non anche da uno o due “loadmasters” e talvolta pure da un navigatore e/o di un addetto ai sistemi d’arma?
Certo, è vero che l’essere umano è fallibile e come tale anche i piloti commettono i loro errori che vengono giustamente individuati durante le investigazioni tecniche per cercare di prevenire i “fattori latenti” esistenti in tutte le organizzazioni (come del resto avviene anche con i Controllori del Traffico Aereo).
Rimane inspiegabile però che questi errori, fatti senza dolo o negligenza, vengano poi “inferiti” in procedimenti penali da giudici non competenti nella vasta materia “aviazione”. Tant’è che in Paesi aeronauticamente evoluti è rarissimo veder istituire procedimenti penali se non in sospetta o provata esistenza di negligenza o di dolo, mentre in alcuni Paesi, quale il Nostro è di prassi.
Così possiamo constatare che l’ordinamento giuridico dell’Unione Indiana (Bahrat Juktarashtra – nel loro idioma hindi) quando vi sia da giudicare casi di incidenti aerei, in quanto l’investigazione tecnica abbia lasciato aperte ipotesi di sabotaggio, di attentato o di sospetto dolo o negligenza alla base dell’evento, vengono investiti del caso appositi Tribunali aeronautici (dei quali contiamo di darvi notizie più precise e dettagliate quando saremo riusciti a procurarcele in via ufficiale), Tribunali composti da giudici appositamente istruiti e mantenuti aggiornati anche sulla scienza dell’aviazione dallo Stato. Soltanto quando sia provato dolo, negligenza o terrorismo, i presunti rei vengono inviati a processo penale, mentre in tutti gli altri casi coloro che rimangono incriminati per un fatto aviatorio vengono poi sottoposti esclusivamente a procedimento risarcitorio civile !
Beh! Mica male in tema di evoluzione … verso la quale in Occidente ora si tenta di far arrivare nelle Corti giudicanti il concetto della “Just Culture”, ovvero della “Giustizia corretta” !
Se con la ventilata riforma della Giustizia in Italia qualcuno volesse prendere in considerazione l’esempio indiano, penso farebbe cosa meritoria per la sicurezza del volo e per la prevenzione degli incidenti aerei. 3 gennaio 2011
Dopo la prima reazione … a caldo da parte dei legali dell’Aerolinea statunitense Continental, i quali hanno definito “assurda” la sentenza penale del Tribunale di Pontoise che ha condannato la Compagnia ad una multa e ad un risarcimento in favore dell’Air France per danno all’immagine a seguito del disastro del Concorde del 25 Luglio 2000 che causò un totale di 113 vittime, adesso (ed era prevedibile e perfino comprensibile) la reazione si fa più precisa, anche perché incombe la prospettiva d’una sentenza ancora più pesante in sede di contenzioso civile, anche per il meccanico, già condannato nel giudizio penale.
Tutto ciò in base, a mio parere, ad una cieca “legge del contrappasso”, vigente nei codici penali e civili di quei Paesi (come Francia, Italia ed altri) la cui giurisprudenza è tutta ispirata ai principi che avrebbero dovuto essere “illuministi” contenuti nel Codice Napoleonico del 1804 e che invece erano prevalentemente di stampo “giustizialista”, ovvero sulla base del «occhio per occhio, dente per dente». Con ciò non si vuol negare il giusto rispetto del sacro ed inviolabile princìpio che quando un danno sia stato arrecato, va risarcito, bensì che prima d’infliggere una condanna penale restrittiva dev’essere stato accertato e provato oltre ogni ragionevole dubbio che il danno sia stato effettivamente causato con intento doloso o negligente da parte di una persona fisica. Altrimenti un equo risarcimento deve bastare.
Condannare una persona fisica partendo dal presupposto che un suo comportamento indiretto o addirittura in base ad una tesi non provata oppure, ancor peggio, in base alla pretesa validità d’una disposizione non rivolta alla persona o alla sua categoria sulla base di concezioni colpevoliste non esistenti a livello di Leggi nazionali ed internazionali, diventa puro arbitrio giustizialista (e nel caso di Cagliari, che tratterò, vedremo perché).
Nel caso del Concorde in partenza dall’aeroporto di Roissy è stato sì accertato che la listella di titanio trovata sulla pista dopo il passaggio del Concorde era quella applicata incorrettamente dal meccanico della Continental sul DC 10 di quella Compagnia e perduta durante il decollo dalla stessa pista, ma non certo con intento doloso nei confronti di nessuno. Inoltre (e quel che è più importante) non è stata tenuta in alcun conto la deposizione di oltre una ventina di testimoni oculari dell’incidente del Concorde che hanno dichiarato di aver visto il carrello ed il Concorde stesso già in fiamme ben prima del punto in cui giaceva al suolo la listella.
Anche tecnicamente non mi sembra in alcun modo sostenibile che la listella stessa, come scritto nella relazione investigativa del BEA francese e fatta propria dall’Accusa, avrebbe provocato lo scoppio del pneumatico e l’ormai nota fuoriuscita del carburante dai serbatoi dell’ala con conseguente incendio che rese infine ingovernabile il supersonico, ma sarebbe ricaduta sulla pista, invece d’esser proiettata, come i pezzi del pneumatico scoppiato contro la stessa ala rimasta danneggiata assieme al serbatoio. Ed ancora, come mai il Gestore dell’aeroporto non è stato chiamato in causa per non aver tenuto sorvegliata e pulita la pista ?
Adesso comunque i legali che rappresentano gli interessi della Continental dichiarano senza mezzi termini che «… trovare che un qualsiasi atto criminoso sia stato commesso nel causare quel tragico incidente non è stato provato né da evidenze esibite nel corso del dibattito processuale, né da autorità aeronautiche, né da esperti di qualsiasi parte del mondo».
È ancora doveroso precisare che tutto l’impianto accusatorio era basato sul precedente passato immacolato, senza incidenti catastrofici (ma scordando che anche il Concorde aveva avuto precedenti problemi in volo di crociera al timone di direzione) tra il 1979 ed il 2000 e, sostanzialmente, su quella risultanza sostenuta dall’Ente investigativo francese BEA che indicava nel (non provato) urto del pneumatico esploso con la listella di titanio, persa in pista dal DC 10.
Comunque sia la decisione della Giustizia francese di avviare il procedimento penale (solo parziale, a mio parere) contro terzi, per il caso del Concorde, ha allarmato le Aviolinee e gli esperti di aviazione civile di tutto il mondo (facendo invece la felicità delle categorie degli Avvocati), per il fatto che questa minaccia chiaramente giustizialista di procedere penalmente nei casi di disastri e di incidenti aeronautici anche “minori” (cioè anche senza vittime) pur nel caso di assenza di dolo o di negligenza grave e diretta, ha comunque degli effetti devastanti nei confronti di chi avesse avuto intenzione di collaborare con fini utili a prevenire futuri accidents and incidents.
Tutto questo solo perché la Francia (come del resto l’Italia) fa parte d’una nutrita schiera di Paesi che, di norma, in base alla Legge nazionale vigente in materia, cerca negli incidenti inerenti il pubblico servizio aereo di trasporto, di trovare qualsiasi indizio penale o para-penale, piccolo o grande che sia, senza curarsi se vi siano state indicazioni di intenti criminosi o di negligenza, ma soltanto per colpire qualsiasi reo di aver commesso nel suo lavoro, un “errore umano”, piccolo o grande che sia !
In questo quadro bisogna però tener presente che Air France (e la sua assicurazione), sebbene mai accusata da nessuno, fin dal 2001 aveva deciso di sborsare (sua sponte) l’ammontare di 180 milioni di dollari USA a titolo di transazione nei confronti delle vittime, per la maggior parte di nazionalità tedesca (i passeggeri del volo charter).
Stavo ancora occupandomi di questi commenti riguardanti la sentenza penale del caso “Concorde”, allorché il 10 Dicembre la Corte di Cassazione ha emesso una scioccante sentenza di convalida delle precedenti sentenze dei Tribunali di I° e di II° grado di Cagliari riguardo l’incidente aereo avvenuto la notte del 23 Febbraio 2004 nel quale perirono i 6 occupanti del velivolo (3 piloti e 3 passeggeri). Si trattava di un volo noleggiato, un executive austriaco, bireattore Cessna Citation 500, immatricolato in Austria con marche OE-FAN da Ciampino a Cagliari-Elmas (in precedenza, la stessa notte, aveva già atterrato a Cagliari proveniente da Milano) che portava un’equipe di medici e paramedici per consegnare un organo umano per il trapianto su di un paziente ricoverato all’Ospedale di Cagliari.
Durante il volo verso Cagliari, quando ancora sul Mar Tirreno, il pilota-in-comando del volo CIT 124 chiedeva per radio al competente Ente ATC di essere autorizzato ad effettuare un avvicinamento a vista notturno diretto alla pista di Elmas, dichiarando di averla in vista quando ancora si trovava ad una distanza di 26 miglia dalla sua destinazione !
Autorizzazione che i due Controllori in servizio procedurale (non radar) a Cagliari Avvicinamento ed alla Torre di Elmas, ai quali il volo era stato passato da Roma Controllo, non avevano difficoltà ad accordare, non avendo altro traffico nella propria area di giurisdizione. Sennonché, un paio di minuti dopo, quando il Cessna 500 si trovava ancora a 18 miglia dall’aeroporto (come risulta dalle registrazioni del radar di Roma e dal punto dell’impatto), l’aeromobile sempre in volo a vista andava ad impattare a soli 3,000 piedi 1.000 m contro un rilievo della catena dei 7 Fratelli (il picco Baccu Malu), distruggendosi e causando il decesso di tutti gli occupanti. Quindi un doppio grossolano errore dell’equipaggio del velivolo che era sceso sotto la quota di sicurezza per la posizione in cui si trovava e per non essersi attenuto alle norme per il volo a vista notturno.
L’Autorità giudiziaria di Cagliari istituiva un procedimento penale a carico dei due Controllori del Traffico Aereo, con l’accusa di aver autorizzato l’avvicinamento a vista (peraltro richiesto dal pilota responsabile del volo) «… senza fornire al pilota tutte le informazioni necessarie sull’orografia del territorio (!)» fra la posizione dell’aeromobile e la destinazione !!!
In tal modo il GUP del Tribunale penale prima (in data 17/3/2008) ed il Collegio giudicante della Corte penale d’Appello poi (in data 18/3/2010), sovvertendo con le loro sentenze qualsiasi norma internazionale e nazionale sul Controllo del Traffico Aereo e sulle responsabilità uniche del pilota-in-comando, condannavano i due Controllori !
Il tutto senza neppure tenere in conto il consiglio nettamente contrario espresso unanimemente dal nutrito collegio di consulenti tecnici scelto dalla stessa pubblica Accusa.
Si badi bene, che la normativa in vigore, applicata dai due Controllori, relativa al “visual-approach notturno” (ripeto, richiesto dal pilota, a cui non era stato comunque segnalato alcun ritardo all’atterraggio), era quella stabilita dalle norme ICAO (DOC 4444 – parte IV – paragrafo 9) ed ufficializzata sulla pubblicazione della Repubblica Italiana denominata AIP-Italia nella sezione RAC 1-47 – paragrafo 9.
Pertanto alla luce di queste evidenze, si riponevano fondate speranze di revisione da parte della Suprema Corte sull’operato giudiziario precedente.
Ed invece il 10 Dicembre 2010, (proprio nella ricorrenza della festa della Madonna di Loreto, Patrona dell’Aviazione Civile nazionale, ironia della sentenza!), la Corte di Cassazione conferma le due precedenti sentenze di condanna dei due innocenti Controllori, colpevoli soltanto di essersi attenuti alle norme prescritte da e per l’aviazione civile internazionale !
Di più … che dire ?
Adesso non rimane altro che attendere le motivazioni che dovranno essere emesse per giustificare la sentenza definitiva in ambito nazionale, prima di poter ricorrere da parte dei due condannati alla Corte dei Diritti dell’Uomo ed alla Suprema Corte di Giustizia della U. E. per cercar di far rientrare nei propri binari la Giustizia amministrata in Italia !
Infatti non è concepibile che tre diversi gradi di giudizio della Magistratura nazionale sia talmente democraticamente investita di poteri da pretendere perfino di “legiferare” (nel vero senso del verbo !) di fatto anche in materia tecnica internazionale (sovvertendo la Convenzione di Chicago sull’Aviazione Civile Internazionale, liberamente recepita dallo Stato italiano), anziché applicare le leggi e le norme in vigore, promulgate o riconosciute dallo Stato stesso!
Intanto già sappiamo che queste sentenze verranno portate a conoscenza di tutte le aviazioni civili mondiali e dell’ICAO da parte della Federazione Internazionale delle Associazioni dei Controllori del Traffico Aereo – IFATCA, con esiti che ci ripromettiamo di seguire attentamente.
Infine, l’ENAC a questo punto sarebbe tenuta a far prontamente sapere all’ICAO stessa questa “differenza”, rispetto agli standard tecnici da essa prescritti, dall’entrata in vigore in Italia della “disposizione” giudiziaria confermata dalla sentenza del 10 Dicembre:- « Per disposizione emanata dalla Magistratura nazionale, in tutti i casi in cui i piloti dovessero richiedere un “visual-approach notturno”, i Controllori prima di concedere l’autorizzazione dovranno attenersi alla disposizione « di fornire al pilota tutte le informazioni necessarie sull’orografia del territorio», naturalmente dopo essersele procurate da un Atlante geografico oppure da Google Earth, con tutto il tempo che ci vorrà per leggerle e per poi trasmetterle per radio».
Speriamo … ENAC lo faccia in tempo, … prima d’esser incriminata a sua volta !
29 dicembre 2010
Oltre dieci anni dopo l’unico disastro del supersonico Concorde appartenente alla flotta Air France, precipitato in fiamme su di un alberghetto di Gonesse (periferia di Parigi) il 25 Luglio 2.000 con a bordo 109 tra passeggeri tedeschi e membri dell’equipaggio (4 furono invece le vittime tra i residenti a terra) in partenza dall’aeroporto di Roissy per un volo charter diretto a New York, il Tribunale penale della cittadina di Pontoise ha sentenziato di condannare l’Aerolinea statunitense Continental Airlines (ora assorbita dalla United Airlines) al pagamento d’una multa di 200mila Euro per negligenza e ad un indennizzo di 1 milione di Euro «danni all’immagine» (!) ad Air France, che ne aveva chiesti ben 15mila a titolo di risarcimento del logo.
Condannato anche un meccanico dell’Aerolinea statunitense a 15 mesi di carcere per non aver eseguito una riparazione ad un DC 10 della Compagnia USA secondo le norme tecniche di lavoro della casa costruttrice ed approvate dalla FAA. Proprio un pezzo di titanio che era stato utilizzato dal meccanico per rinforzare una parte leggermente danneggiata del DC 10 s’era staccato durante il decollo, cadendo sulla pista.
Adesso, presso lo stesso Tribunale, si attende di conoscere la sentenza che verrà emessa per il procedimento civile in corso riguardante gli indennizzi ben più consistenti che spetteranno oltre che all’Aerolinea nordamericana anche ai congiunti delle vittime, anche da parte del consorzio europeo EADS – European Aeronautic Defence and Space Company, industria che all’epoca produceva varie parti del Concorde e che è stato ritenuto «negligente nei controlli di sicurezza (!?)». EADS dovrà anche rispondere in sede civile per il 30% delle somme d’indennizzo che spetteranno a tutti gli aventi diritto, mentre a Continental (ora United) spetterà l’onere del 70%.
A queste decisioni la Continental ha reagito definendo «assurda» la sentenza ed annunciando appello, mentre l’Air France ha accolto (ovviamente) favorevolmente la decisione che stabilisce la piena responsabilità della Compagnia USA.
A giudizio dello scrivente risulta comunque strano che l’aeroporto di Roissy e gli addetti alla pulizia delle piste da corpi estranei non siano stati mai chiamati a fornire spiegazioni circa quanto tempo, come e perché quel pezzo sia rimasto sulla pista.
Ma rifacciamo un po’ la storia del Concorde.
Il Concorde, aereo quadrireattore commerciale supersonico ( 2.400 km/h ) franco-britannico, costruito tra il 1975 ed il 1979; venti soli esemplari, assegnati gratuitamente dai rispettivi Governi a British Airways e ad Air France, in effetti poteva esaltare le proprie doti velocistiche solamente sulle tratte atlantiche delle sue rotte, rispettivamente con British volando giornalmente verso Washington e N. York e con Air France verso Bahrein (Golfo Persico) e verso Rio de Janeiro, mentre per il sorvolo dei territori dell’Europa e dell’America (come pure del Middle East) era costretto a limitare la sua velocità a quella sub-sonica. Ciò onde evitare le penalità per danni a terzi, dovuti al propagarsi verso il suolo del suo “cono sonico” o “sonic-bang” che caratterizza il tipico spostamento d’aria al suo passaggio (come del resto avviene per tutti i supersonici militari).
Il primo volo inaugurale di linea avvenne contemporaneamente il 21 Gennaio 1976 con un aeromobile di British Airways che partì da London-Heathrow per Bahrein e con un altro di Air France che decollò alla volta di Rio de Janeiro.
Ma quel giorno segnò anche la fine, commercialmente parlando:- i risultanti esorbitanti dei suoi costi operativi e la sua tara di rumorosità ne decretarono la fine, tanto che progressivamente tutte le sedici Aerolinee mondiali che lo avevano opzionato (tra le quali ricorderemo la PANAM la TWA la Continental e la stessa Alitalia) annullarono l’ordine, mentre Compagnie come la scandinava SAS e Deutche Lufhansa non ne vollero mai sapere.
In proposito c’è anche da precisare che inizialmente la Port Authority di N. York aveva rifiutato il permesso di operare e di atterrare all’aeroporto di Kennedy (ex Idlewild), ma allorquando fu ritirato il divieto, il Concorde prese ad operare anche su N. York oltre che su Washington-Dulles.
Ma venne il 25 Luglio 2.000 !
Il 25 Luglio 2.000 il Concorde marche F-BTSC, quello stesso aeroplano che era stato il protagonista del film “Airport ‘79” e che aveva trasportato il Papa Giovanni Paolo II°, stava partendo da una pista dell’aeroporto di Roissy – Charles de Gaulle – di Parigi per un volo charter diretto a N. York quando, durante la corsa di decollo, il pneumatico d’una ruota del suo carrello sinistro andò ad urtare contro un pezzo di titanio, staccatosi da una riparazione d’un particolare esterno del DC 10 della Continental. La riparazione, come abbiamo visto, era stata effettuata proprio dal meccanico di Parigi, senza purtroppo rispettare le norme tecniche stabilite per tale tipo di intervento, come poco dopo riuscirà a stabilire l’investigazione tecnica, iniziata non appena sulla pista di Roissy furono rinvenuti i pezzi del copertone esploso e le evidenze della perdita di carburante, oltre che il dannato pezzo di metallo.
L’impatto d’un pneumatico del carrello del Concorde con il pezzo di titanio aveva causato lo scoppio dello stesso ed un grosso frammento andò a colpire ad altissima velocità contro la parte inferiore dell’ala, al cui interno erano contenuti i serbatoi riempiti con centinaia di migliaia di litri di Kerosene, carburante di per sé poco infiammabile allo stato liquido ma altamente infiammabile allo stato aeriforme e volatile che assumeva fuoriuscendo polverizzato dall’aria durante la corsa dell’aeromobile già lanciato a piena velocità per decollare.
Così i due reattori annegati nell’ala sinistra, che stavano lavorando alla massima potenza, incontrando l’aria non più incontaminata che ingurgitavano ora assieme ad uno spray nebulizzato di aria e Kerosene in aggiunta a quello pompato nelle camere di combustione dai suoi iniettori, innescarono una scia di fuoco ancor prima che l’aeroplano riuscisse a staccarsi dalla pista. Il seguito … fu inevitabile per i due piloti e per il tecnico di bordo.
Questo Concorde, con l’ala sinistra ormai avvolta dalle fiamme e i due motori di quel lato che non riuscivano più ad erogare la spinta necessaria per mantenere neppure il volo livellato che sarebbe servito per tornare verso lo stesso aeroporto di partenza o per dirigere verso il vicino aeroporto di Orly, divenne ingovernabile abbattendosi sull’albergo di Gonesse, causando quattro vittime anche al suolo, provocando le morte di tutti i suoi occupanti in un mare di fiamme.
Secondo un’altra versione, il grosso frammento del pneumatico esploso andò a sbattere ad una velocità tremenda contro la parte inferiore dell’ala sinistra (al cui interno, come sappiamo, alloggiavano i serbatoi del carburante), ma senza squarciarla, però causando un’onda d’urto tale che lo stesso carburante di quella zona del serbatoio riuscì ad abbattere una parte del serbatoio stesso ed il liquido, atomizzato nell’aria dalla corsa di decollo del velivolo, divenuto volatile e pertanto doppiamente infiammabile (quasi come un gas), prese fuoco ancor prima che l’aeroplano si staccasse dal suolo.
Ma allora, in questo caso, a parere dello scrivente, la rilevanza del pezzo di titanio (tirato in ballo comunque), diverrebbe molto meno rilevante nella dinamica dell’evento e di conseguenza dell’attribuzione delle responsabilità.
Evidentemente ai francesi fa più comodo così …
Subito comunque si levarono dubbi internazionali sulla solidità dei serbatoi e sulla resistenza alla velocità di rotolamento dei pneumatici, tanto che un mese dopo le Autorità europee dell’aviazione civile decisero la revoca del certificato di aeronavigabilità del Concorde. Sembrava … arrivata la fine per i voli supersonici civili …
Ed invece le due Compagnie Aeree francese ed inglese avevano deciso altrimenti. Decisero, infatti, di far modificare e aggiornare una parte delle loro flotte di restanti supersonici, sostituendo i serbatoi del carburante annegati nelle ali con altri in kevlar (materiale usato anche nei corpetti antiproiettile) ed i pneumatici dei carrelli con altri ad alta tecnologia, prodotti appositamente dalla francese Michelin solo per i Concorde, oltre alla sostituzione degli arredi interni con altri più leggeri, onde compensare l’aumento di peso delle altre modifiche descritte.
Così nel mese di Novembre 2001 (solo dopo un mese dall’attacco aereo terroristico di N. York), due esemplari di Concorde, rimessi completamente a nuovo, furono presentati muso a muso all’aeroporto di Kennedy, per riprendere i voli commerciali supersonici.
I costi d’esercizio ritornarono ad essere astronomici e troppo fuori della portata dei viaggiatori comuni.
Alla fine del mese di Maggio 2003 l’Air France fece il suo ultimo volo con N. York e subito dopo volò un suo aereo a Washington affinché lo Smithsonian Institute of Science lo potesse esibire con gli altri suoi trofei aeronautici nel suo Museo.
La British Airways programmò il suo addio per l’autunno ed alla fine inviò un suo aereo a N. York perché fosse esposto su di una chiatta accanto alla portaerei ormeggiata alla banchina che affaccia lo Hudson River.
Fu la fine dei voli supersonici dell’aviazione civile fino ai nostri giorni … e forse per lunghissimo tempo ancora !
Costi elevatissimi di esercizio e fenomeni di rumorosità in tutte le fasi del volo, “bang sonico” incluso, ne hanno decretato una sorte divenuta insostenibile.
E adesso … Adesso uno strascico inglorioso per la sua tragica fine.
L’esperienza di volare dentro quel tubo, relativamente stretto, che era la fusoliera, francamente non era un granché ed il volo in regime sub-sonico … piuttosto noioso, mentre quando volava a Mach 2.2 (2.400 km/ora), veder scorrere indicazioni di 21,5 miglia nautiche percorse al minuto sul display di un distanziometro (DME al suolo) o su quello di una piattaforma inerziale (con scarse variazioni quest’ultime tra velocità all’aria e velocità rispetto al suolo, dovute al vento quasi inesistente, all’altitudine di 55.000 piedi o più della quota di crociera) era veramente una cosa entusiasmante, per il tempo che alla fine si risparmiava sulle lunghe tratte oceaniche ! 13 dicembre 2010
A 29 giorni dall’evento il Collegio direttivo della Sicurezza per i Trasporti australiano – ATSB – durante un’apposita conferenza stampa internazionale ha presentato ufficialmente il primo rapporto preliminare di 54 pagine sulla grave avaria in volo, con esplosione non contenuta della carcassa del suo motore n. 2, di un nuovissimo Airbus A. 380. Mercè la riconosciuta abilità dei suoi piloti il volo è rientrato in emergenza all’aeroporto di Singapore-Changi, dal quale era partito.
L’ATSB aveva già provveduto a far conoscere abbondanti particolari per indicare alle ditte costruttrici sia del motore (Rolls-Royce Trent 900) che dell’aeroplano a due ponti (Airbus Industries A. 380) le misure urgenti da adottare onde scongiurare il ripetersi di tali gravi avarie motoristiche che potrebbero avere conseguenze catastrofiche sia per l’aeroplano che per il suo carico umano.
Riepiloghiamo rapidamente il fatto:- L’A. 380 della Aerolinea australiana Qantas, partito da Singapore per l’Australia, è dovuto rientrare in emergenza all’aeroporto di Changi, dopo aver subito, mentre era in salita sopra l’isola di Batam (situata a Sud dell’aeroporto di partenza), l’esplosione del motore n. 2 che oltre a mettere fuori uso questo gigantesco reattore aveva anche danneggiato vari punti dell’ala, come pure alcuni impianti di bordo (idraulico, elettrico e del carburante) e parzialmente l’adiacente motore n. 1.
Subito dopo aver provveduto ad isolare tutti gli impianti relativi a quel motore, l’equipaggio di condotta composto, fortunatamente, oltre che dai due piloti ai comandi anche da altri tre piloti presenti in cabina di pilotaggio, (per un totale di 72mila ore di esperienza di volo), ha richiesto il rientro a Singapore.
E’ atterrato sopra il peso massimo previsto fermandosi a 150 metri dalla fine della pista, dopo un’ora e 49 minuti di volo. Una volta arrestato il velivolo, il motore 1 non si spegneva tanto da richiedere l’intervento dei mezzi antincendio che con potenti getti di schiuma riuscivano ad arrestarne la rotazione, nel mentre che l’evacuazione degli occupanti del velivolo avveniva solamente sul lato destro, proprio a causa del motore n. 1 che non si riusciva a spegnere.
Questo rapporto preliminare indica nel cedimento per fatica (!) di un disco della pressione intermedia della turbina di questo motore la causa scatenante dell’evento che a sua volta ha causato la frattura del disco stesso non più adeguatamente lubrificato, provocandone la fratturazione con esplosione di suoi pezzi e di altre parti (come le palette dello stesso disco) danneggiate di conseguenza, proiettandole all’esterno, oltre la carcassa dello stesso motore e verso quello adiacente e l’ala stessa, che ha riportato due grossi squarci, fortunatamente mancando di poco i serbatoi in essa alloggiati, pur avendo danneggiato le linee di alimentazione del carburante di quel lato. Talché l’equipaggio si è trovato a dover fronteggiare anche una veloce perdita di carburante con conseguente grave squilibrio del baricentro dell’aeromobile!
Le successive ispezioni tecniche sul motore rimosso dall’ala e portato assieme all’altro rapidamente nelle officine della Rolls-Royce, accertavano che l’avaria del disco della turbina che si era fratturato era dovuto ad un problema verificatosi durante la costruzione di alcune parti interne ed al successivo loro assemblaggio nel motore presso la ditta costruttrice.
Determinata la causa, altri motori di quello stock di produzione venivano sbarcati e richiamati in fabbrica, mentre una modifica del Costruttore, subito approvata da EASA – European Aviation Safety Agency - quale ente tecnico tutore delle costruzioni aeronautiche prodotte in Europa, provvedeva ad introdurre un regolatore-limitatore elettronico di sovravelocità del regime di rotazione della turbina in caso di cedimento di qualche disco del reattore.
Al termine della presentazione alla stampa internazionale accorsa per la conferenza in Australia, il Capo della Commissione investigatrice ATSB annunciava ufficialmente che il resoconto finale su questo grave incidente sarà completato e pubblicato entro un anno dall’evento, come contemplato dalle norme ICAO in materia di investigazioni. Nel frattempo proseguiranno le indagini tecniche per verificare se dovessero rendersi necessarie ulteriori modifiche a questo tipo di grossi reattori oppure all’aeromobile ed ai suoi impianti di bordo.
Dopo la presentazione di questo rapporto preliminare a distanza di meno di un mese dall’evento che dimostra la volontà di prevenire l’accadimento di altri incidenti similari ci viene spontaneo chiederci:- ma la nostra omologa Agenzia Nazionale Sicurezza del Volo quando ci erudirà su quanto accaduto al ben più grave incidente aereo di Palermo ? Quanti anni dovremmo aspettare per aver delle notizie/raccomandazioni ?
Speriamo di non dover aspettare lo stesso lungo tempo trascorso per la pubblicazione del rapporto d’inchiesta dell’ANSV relativa ad un incidente ad un aeromobile B. 767 che in decollo dall’aeroporto di Fiumicino ha sperimentato un incendio motore nel 2004 ? 08 dicembre 2010
Un team investigativo, non-ufficiale, di incidenti aerei ha prodotto negli Stati Uniti un video che ricostruisce, a bordo d’un simulatore di volo, quanto sarebbe avvenuto a bordo dell’aeromobile A. 330 dell’Air France volo 447 la notte del 1 Giugno 2009 sopra l’Oceano Atlantico mentre era in crociera da Rio de Janeiro a Parigi. Quanto segue è la traduzione della presentazione fatta il 26 Ottobre 2010 del video “Documentario di ipotesi”, scritto e diretto da Kenny Scott, dal titolo:-
«Crash of Flight AF 447»
La videocamera ci porta all’interno della cabina di pilotaggio del volo AF 447,
un Airbus A. 330 in volo da Rio de Janeiro a Parigi il 1 Giugno 2009.
È notte, a 35.000 piedi sopra l’Oceano Atlantico, tre ore dopo il decollo. Uno dei Piloti effettua tranquillamente il proprio rapporto di posizione al Controllo del Traffico Aereo brasiliano.
Una perturbazione temporalesca compare sullo schermo del radar meteorologico. Il Comandante aziona il pulsante di illuminazione degli avvisi di “Allacciare le cinture” ed effettua un breve annuncio ai passeggeri per informarli di aspettarsi un incontro con aria turbolenta. Egli progetta una deviazione di rotta. Fin qui tutto è prassi, dopo di che nulla è più così, ma «un’incredibile catena di eventi» - come dice la voce narrante del video.
Non stiamo, ovviamente, osservando effettivamente la cabina di pilotaggio del volo AF 447 in quella notte, bensì una rielaborazione del dramma dentro ad un “simulatore” che riproduce (solitamente per addestramento) le condizioni di volo. L’illusione è quella di essere con i piloti su quel volo che precipita nell’oceano con la perdita di tutte le 228 persone che si trovavano a bordo, che viene intercalata soltanto dalla voce che propone l’approfondimento analitico dell’evento.
Finora non è stato rilasciato alcuna relazione finale sul disastro da parte del Bureau d’Enquêtes et d’Analyses – BEA della Francia. L’investigazione è stata impedita dall’impossibilità, finora, di riuscir a recuperare il Registratore dei dati di volo e del Registratore delle voci in cabina di pilotaggio dall’aeroplano inabissatosi nell’oceano [ricordo che già ben tre campagne di ricerca sottomarina effettuate dai francesi con la partecipazione di unità statunitensi e brasiliane sono state infruttuose – ndr].
Il video-programma è basato sulle risultanze provvisorie delle investigazioni proprie effettuate dal team, il quale non ha avuto accesso alle parti recuperate dell’A.330 [l’intera deriva direzionale di coda con relativo timone e qualche suppellettile interna del velivolo assieme ad una cinquantina di cadaveri, deceduti per l’impatto e non per annegamento – ndr], ma ha potuto visionare le fotografie. Il team era composto da Martin Alder, comandante ed istruttore di aeroplani Airbus; da John Cox, ex comandante ed ora dirigente d’azienda; da John K. Williams, meteorologo; da Jim Wildey, ingegnere di strutture aeronautiche e da Tony Cable, un ex investigatore d’incidenti aerei.
Una serie di annunci visivi trasmessi e registrati dal sistema di comunicazione ed informazioni automatiche – ACARS - originati dall’A. 330 ed indirizzati alla Compagnia aerea a Parigi incominciano improvvisamente ad apparire contemporaneamente sui monitor di bordo, ad iniziare dal messaggio “ Cabin Vertical Speed – Velocità della quota cabina” [subito dopo che il velivolo è entrato nelle nubi temporalesche – ndr]. A ciò seguono una cascata di messaggi di avarie ad impianti di bordo.
Il team ritiene che l’avaria iniziale sia dovuta al ghiacciamento di tutti i “tubi di Pitot”, come le relazioni investigative preliminari e le ipotesi provvisorie formulate finora dal BEA lasciano supporre. Come potrebbe essere accaduto ciò dato che i “tubi di Pitot” sono riscaldati per sostenere le temperature esterne sottozero ed il ghiaccio delle nubi temporalesche in alta quota ? [i “tubi di Pitot” sono delle sonde che prelevano l’aria all’esterno della fusoliera per indicare la velocità dell’aeromobile – ndr]. Il team presume pertanto che i “tubi di Pitot” siano stati interessati dal fenomeno di «gocce d’acqua sopraraffreddate allo stato liquido – supercooled liquid waterdrops», ovvero, molto più semplicemente, «instant ice – ghiaccio istantaneo». Ricerche effettuate dai membri del team su incidenti ad aeromobili che montavano lo stesso tipo di tubi di Pitot installato di serie sugli A. 330 [bireattori] e A. 340 [quadrireattori – ndr] hanno evidenziato ben 32 eventi di avaria nei precedenti sei anni, ossia circa un evento a settimana durante i due mesi precedenti il disastro del volo AF 447.
Lo scenario ricostruito dal team si basa su ipotesi scaturite dalle informazioni rese disponibili, ma potrebbero non coincidere con le evidenze contenute in una eventuale Relazione finale delle autorità investigative [qualora si ritenti con successo però di recuperare dal fondo dell’Oceano almeno uno dei Registratori di bordo – ndr].
Dunque, il team suppone che l’aeroplano sia entrato in un forte temporale che era nascosto sullo schermo radar meteorologico dei piloti da una più prossima e più piccola cellula temporalesca [ipotesi non molto valida questa, in quanto – a parere dello scrivente – una cellula non riesce mai a nascondere le attività della successiva – ndr]. Assumendo che i tubi di Pitot siano entrati in avaria per il fenomeno sopra descritto, improvvisamente non furono più disponibili i dati di velocità all’aria sia per l’autopilota, provocandone la disinserzione, che per l’utilizzo da parte dei membri dell’equipaggio di condotta, i quali furono costretti istantaneamente ad assumerne il controllo [probabilmente da uno dei due Primi Ufficiali, in quanto pare che il Comandante non si trovasse nella cabina di pilotaggio al momento dell’impatto finale – ndr].
Commenta [amaramente] il membro J. Cox:- « Quando le cose vanno molto male, l’ultima linea di difesa è l’aviatore !».
Così i Piloti provarono a mantenere il necessario assetto e la potenza fornita dai motori per cercar di evitare lo stallo di velocità dell’aeroplano – ipotizza il team – [cosa non facile né agevole in presenza di forte o estrema turbolenza dentro un temporale, come sarebbe stato giusto rimarcare - ndr], ma alla fine i Piloti furono sconfitti dalla completa mancanza di dati di velocità [anche di quelli inerziali all’aria, collegati a quelli base forniti dalla sonde di Pitot – ndr].
«Qualora il velivolo del volo AF 447 abbia aumentato o diminuito la velocità anche di solo +/- 10 nodi [18 km/h – ndr] può esser “andato in stallo” [rispettivamente di alta o di bassa velocità, essendo per il peso e l’altitudine vicino al culmine della curva del “buffet onset”, ovvero della quota di tangenza – ndr]» - recita la voce fuori campo.
L’attenzione dell’equipaggio può anche esser stata distolta dalla cura dell’aggiustamento della potenza dei motori dai molteplici e continui messaggi d’avviso di avaria che venivano evidenziati sui loro monitors.
Tony Cable, l’investigatore, trova supporto da precedenti casi statistici secondo la teoria che la gestione della spinta selezionata dei motori sia la parte più difficile ed insicura.
La narrazione riprende:- «in 10 casi precedenti di avaria delle sonde di Pitot, l’equipaggio di condotta ha mancato di intervenire immediatamente sul controllo della spinta dei motori … In 5 casi poi i piloti hanno assunto il controllo della spinta solamente dopo trascorsi oltre 60 secondi. Per il volo 447 ciò avrebbe significato una rapida decelerazione ed il rischio di uno stallo repentino».
Il gruppo di esperti presume che lo scadimento della portanza a causa del distacco del flusso aerodinamico sulle ali abbia causato una rapida discesa dell’aeroplano, forse accompagnata da uno spiralamento accentuato … « più da aereo da caccia che da aeroplano da trasporto passeggeri» - commenta la voce fuori campo. Ed aggiunge:- «La gran parte dei piloti di linee aeree hanno una limitata esperienza nel gestire questo tipo di evento [loss of control in flight – perdita di controllo del velivolo]».
L’investigatore Cable aggiunge:- «Negli ultimi anni, la causa più frequente di disastri aerei è stata quella della perdita di controllo ... e ciò solleva la questione se la situazione sia peggiorata dall’incremento dell’automazione a bordo, così che i piloti non hanno grandi opportunità di “volare” manualmente l’aeroplano !». [Ciò è precisamente quanto da tempo va sostenendo il curatore di questa traduzione – ndr].
Comunque – conclude il narratore fuori campo -: «Senza il recupero dei Registratori di bordo e dei relativi loro dati registrati, non vi possono essere prove definitive».
Il valore del programma che è stato proposto è notevole per la grafica per immagini utilizzata per mostrare il ghiacciamento dei tubi di Pitot, il cambiamento di condizione dei comandi di volo in rollio ed in beccheggio e per le altre caratteristiche mostrate. La riproduzione del volo al simulatore ha evidenziato i carichi di lavoro in cabina di pilotaggio [in una notte buia, tempestosa, turbolenta e squarciata dai lampi - ndr] allorquando, uno dopo l’altro, i sistemi ed impianti di bordo vanno in avaria – simulazione arricchita dagli avvisi fonici e dal lampeggiare degli schermi-annunciatori multicolorati – che hanno consentito la realistica riproduzione d’una situazione estremamente stressante in cabina di comando.
Per completezza d’informazione, lo scrivente intende ricordare che altri disastri attribuibili prevalentemente a “pioggia sopraffusa” (come altrimenti si può denominare il fenomeno delle “supercooled liquid waterdrops”) sono avvenuti anche a quote molto basse (addirittura durante la manovra di circuitazione aeroportuale per l’atterraggio) ad aeroplani da trasporto moderni, però con potenze motore limitate, quali biturboelica (ATR 42/72 e Fokker 27) forniti di impianto alare di schiacciamento con “boots” di gomma, a piccoli reattori executive e bireattori di prima/seconda generazione (quali DC 9/serie 15 e 31, Fokker), e così via.
Alcuni esempi:-
DC 9: Ozark Airlines il 27/12/1968 a Sioux City;
Southern Airways il 14/11/1970 a Huntington/city;/place;
TWA il 27/11/1978 a Newark;
Continental Airlines il 15/11/1987 a Denver;
ATR 72: il celebre caso al biturboelica di American-Eagle il 31/10/1994 a Roselawn.
Embraer 120RT: Brasilia Comair/Delta Connection il 19/3/2001 West Palm Beach.
Fokker 70: Austrian Airlines il 05/1/2004 vicino a München.
Tutto ciò dovrebbe far meditare su certi progressi/regressi della tecnologia, applicata da certi costruttori che pare abbiano perso il senso della … giusta misura ! 25 novembr 2010
Premessa
Doverosamente premesso che è sempre difficile dopo un incidente aereo e fino a quando non siano disponibili “prove provate”, esprimersi sulle cause (generalmente concomitanti o di origine pregressa) che lo hanno provocato o favorito, particolarmente da parte di chi per molti anni ha avuto modo di partecipare alle successive investigazioni tecniche oppure all’analisi, a scopi di prevenzione, delle conclusioni delle investigazioni stesse.
È però doveroso, da parte dell’Autorità investigativa (in Italia la ANSV), rilevare e segnalare, appena possibile, quei fattori di rischio che dovessero palesarsi chiaramente nelle ore e nei giorni successivi all’evento.
Ma ciò non è possibile nel caso del fortunato “incidente gravissimo“ dell’aeroporto di Palermo – Punta Raisi del 24 Settembre, perché come ormai accade in modo ripetitivo in Italia (in contrasto con le Leggi nazionali, comunitarie ed internazionali in vigore la magistratura inquirente, competente per territorio, interviene a norma di Codici e Pandette, sequestrando TUTTE le possibili evidenze dell’evento (compreso il relitto dell’aeromobile) e di fatto così bloccando l’investigazione tecnica dell’ANSV, alla quale partecipano, come da norma internazionale contemplata dall’Annesso 13 dell’ICAO, i Rappresentanti accreditati dello Stato di fabbricazione dell’aeromobile (in questo caso la Francia), quelli degli Stati dei Costruttori della cellula e dei motori, quello dell’Esercente con i loro rispettivi consulenti tecnici ed i rappresentanti dei Paesi degli eventuali cittadini di nazionalità straniera presenti a bordo, che siano morti o feriti.
Così com’è avvenuto nel caso dell’aereo partito da Ciampino e disintegratosi vicino alle abitazioni di Trigoria con i soli due piloti a bordo, com’è avvenuto nel caso dell’ATR 62 della Tuninter, schiantatosi in mare di fronte a Palermo ed in numerosi altri casi precedenti.
Solo il 6 di Ottobre, vale a dire ben 12 giorni dall’evento, i due Registratori di bordo del velivolo A. 319 incidentato a Punta Raisi sono stati portati dalla Polizia Giudiziaria presso la sede dell’ANSV dove, alla presenza dei consulenti tecnici (CTU) della Procura di Palermo e degli Investigatori della stessa Agenzia si è provveduto a procedere all’estrazione ed alla decodificazione dei dati di volo e delle comunicazioni intercorse in cabina di pilotaggio.
Sembra che una copia sia stata lasciata a disposizione degli Investigatori tecnici dell’Agenzia, la quale «… prossimamente … procederà all’analisi dei dati estratti».
Di conseguenza non meno di 20 giorni dopo l’incidente l’Agenzia potrebbe essere in grado di valutare le evidenze disponibili dall’esame e dalla valutazione di quei dati e, se dovesse essere il caso, di procedere ad eventuali azioni correttive nei confronti di possibili difetti dell’aeromobile o del comportamento dei piloti, controllori, manutentori o di altre persone che possano aver avuto un ruolo nel condizionare l’evento
Dal 1994 esiste la Direttiva comunitaria 94/56/54/CE che il 25 Febbraio del 1999, con 5 anni di ritardo, lo stato italiano ha recepito con il Decreto legislativo n. 66 costituendo l’Agenzia per la Sicurezza del Volo – ANSV. Tale Direttiva, in vigore fino al 21 Settembre ed ora in procinto d’esser rimpiazzata da un nuovo Regolamento comunitario, nella traduzione in lingua italiana, dispone all’ «Art. 1 – Obiettivo:- La presente direttiva è intesa a migliorare la sicurezza del volo facilitando il rapido svolgimento delle “inchieste” tecniche il cui unico fine consiste nella prevenzione di futuri incidenti (accidents) ed inconvenienti (incidents)».
Nonostante il ritardo alcune disposizioni di questa direttiva sono state mal tradotte nel D. Lgs- n. 66/1999. Come si evince dalla traduzione di “inchiesta” quando si tratta invece di una “Investigazione tecnica” condotta da personale specializzato in materia e tradurre il termine inglese “incident(s)” con la parola “inconveniente” [Devoto-Oli:- “Fatto o aspetto spiacevole”] non solo non rende giustizia al significato inglese del termine, ma addirittura riduce il significato d’un fatto grave e che comunque comporta danno alle persone e/o alle cose ad un “inconveniente” come quello di macchiarsi la cravatta con un caffé prima di un incontro importante. Inoltre si deve rilevare che lo spirito informatore di questa Direttiva consiste proprio nell’evidenziare che la sicurezza del volo sarebbe stata migliorabile soltanto con «il rapido svolgimento delle investigazioni tecniche», in modo da potersi avvalere delle risultanze per effettuare le necessarie azioni correttive e preventive.
Di contro, bisogna riconoscere che, almeno in questa traduzione, la definizione del termine “Operator” del testo inglese era stata correttamente tradotta in italiano con l’equivalente termine di “Esercente”, in seguito imbastardita da varie traduzioni di testi attuativi dell’ENAC con la parola “Operatore”.
Codesto decreto 66/1999, all’art. 10, dispone che «comma 2.- Salvo quanto previsto dall’art. 348 del codice di procedura penale, gli Investigatori incaricati dall’Agenzia,”sentito” [sic !] il pubblico ministero, al fine di svolgere “l’inchiesta” [sic !] di propria competenza, possono:- a) accedere … omissis; b) aver accesso immediato … omissis; c) effettuare … omissis; d) procedere … omissis; e) accedere … omissis»! Ma sempre in dipendenza del benestare del PM competente per territorio ma non certo per la materia dell’investigazione, il quale si attiene alle norme procedurali per gli accertamenti, anche nei casi nei quali non ci siano vittime, mentre l’investigazione tecnica ha necessità immediate di accertamenti sia sul luogo dell’incidente che sui registratori di volo e sulle comunicazioni ATS (Air Traffic Services). Così è stata svilita una Direttiva comunitaria.
Mi si perdoni questa lunga premessa fatta tutta d’un fiato, ma era indispensabile presentarla prima di qualsiasi notizia o disquisizione iniziale sugli indizi e le evidenze rilevati ed accertabili fin d’ora. Finora ben poco è dato di sapere da fonti competenti ed ufficiali: unica notizia accertata è quella che la Magistratura inquirente ha nominato propri Consulenti d’ufficio due Professori del locale Ateneo, i quali non avendo né i mezzi né le competenze per accedere ai dati criptati e protetti registrati sul Flight Data Recorder e sul Cockpit Voice Recorder di bordo si son dovuti rivolgere all’ANSV per estrarne dei tabulati utili e leggibili. Intanto però nessuno dell’Agenzia - almeno nei frangenti della stesura di questa nota - ha sentito non dico i Piloti, ma almeno i Controllori di Torre, i meteorologi locali oppure ha esaminato il percorso del velivolo tracciato dal Radar di sorveglianza di Punta Raisi.
L’Evento
La sera del 24 Settembre, all’incirca alle ore 20.08 locali, un Airbus A. 319 della WindJet, partito da Roma, in avvicinamento alla pista 07 dell’aeroporto di Punta Raisi, in fase d’atterraggio impattava, ben allineato, il terreno prima della pista. Ha danneggiato tutti i carrelli d’atterraggio nell’urto, ha strisciato sul suolo fradicio di pioggia, travolgendo l’antenna del localizzatore dell’ILS della pista 25 e spostandosi sul terreno a sinistra della pista, fortunatamente senza incendiarsi (nonostante una perdita di carburante dalle ali) ed abbastanza vicino ad un altro aeromobile passeggeri, fermo al punto di attesa.
I passeggeri fuoriusciti dall’aeromobile, in assenza di qualsiasi mezzo di soccorso o di trasporto, si dirigevano a piedi, sotto un acquazzone ed in presenza (come da alcuni di loro dichiarato) di un vento fortunatamente debole, lungo la pista verso le luci dell’aerostazione visibili a circa 2 km di distanza. I primi, a quasi metà pista incontravano un’autoambulanza all’altezza della via di rullaggio “C”, che li caricava assieme ad un Poliziotto che era a bordo dell’aeromobile, il quale conoscendo l’aeroporto indicava all’autista (che non conosceva il percorso) la strada per dirigere verso l’aerostazione. Questo accadeva non meno di 15 minuti dopo il “crash” e solo allora si vedevano i VVF e gli altri mezzi di soccorso e di trasporto accorrere verso il luogo dell’incidente.
Al momento rimane oscuro (mancando delle registrazioni delle linee telefoniche interne per le emergenze) il motivo per il quale il personale della Torre di Controllo non sia riuscito a dirigere i soccorsi verso la testata pista 07 (che era quella in uso) e verso la quale avrebbe dovuto avvistare (nonostante la pioggia, i fari d’atterraggio accesi (presumibilmente) dell’aeromobile fino almeno al momento del “crash”.
Per il momento, questo è tutto !
Condizioni ed informazioni
I bollettini meteorologici emessi dall’Ufficio meteorologico dell’aeroporto di Punta Raisi, validi nell’arco di tempo in cui il volo WindJet era in procedura strumentale di avvicinamento di non-precisione alla pista 07 erano i seguenti:
alle ore 17.50/Z (cioè 17-18 min. prima dell’incidente):- Vento da 060/14 nodi – Visibilità orizzontale 4000 m - Temporale con pioggia – Nubi meno di 2/8 di Cumulonembi a 1800 piedi – Nubi sparse meno di 4/8 a 2200 piedi – Nubi 5-7/8 a 3000 piedi– Temperatura 20° C. – di rugiada 18°C. Pressione atmosferica 1001 hPs – Wind-shear (gradiente di vento) probabile – Osservazione: Pista 20 Visibilità orizzontale 4000 m..
alle ore 18.20/Z (cioè circa 7 min. dopo l’incidente):- Vento 070/6 nodi (pressoché invariato in direzione, intensità ridotta da 14 a 6 nodi) – Visibilità orizzontale e copertura nuvolosa con pioggia invariate – Temperature invariate – Pressione 1.000 hPs (meno 1).
Il NOTAM A5160/10 (in vigore dal 30 Agosto 2010 ore 18.04 alle ore 19.00 del 30 Settembre 2010):- Indicatore anemometrico della direzione del vento per la pista 07 fuori uso.
Il NOTAM A4666/10 (valido dal 3 Agosto 2010 – ore 08.40 fino al 31 Ottobre 2010 – ore 20.10) riguardante l’impianto al suolo “Low Level Wind Shear Alert System – (LLWAS) – Sistema di allarme di gradiente del vento al livello del suolo” – installato a P. Raisi fin dalla fine degli anni ’90 - definisce il sistema come «Operativo su base sperimentale e non utilizzabile per fini operativi. Informazioni in merito al rilevamento di possibile gradiente di vento da parte del sistema saranno fornite dall’Air Traffic Control – ATC [leggasi Servizio della Torre di Controllo e di Avvicinamento dell’aeroporto – ndr] usando la seguente fraseologia:- “Possibile Wind Shear phenomena over the aerodrome – Possibili fenomeni di gradiente del vento sull’aeroporto».
Un po’ di cronistoria.
L’aeroporto di Palermo – Punta Raisi è noto operativamente per le sue limitazioni orografiche e di vento (in particolare da Sud), fin dalla sua costruzione, ed in seguito al disastro di Montagnalonga prima (avvenuto di notte e in condizioni meteorologiche perfette) e poi di una prima circostanziata segnalazione sul gradiente di vento (Wind Shear) da parte del Comandante di un aeromobile MD 80 dell’ATI che il 27 settembre 1989 diretto a Milano con 102 persone a bordo, che in fase di decollo sulla pista 07-25 perdeva improvvisamente quota e terminava la sua corsa sullo sterrato a poche decine di metri dal mare: il bilancio finale fu di 2 feriti lievi. Di conseguenza nei primi anni ‘90 fu deciso di dotare le sue piste di un sistema di sensori per rilevare il Wind-Shear. Sistema in grado di segnalare al personale di Torre possibili condizioni di Wind-shear su punti definiti del sedime aeroportuale e quindi di informare i piloti. Inoltre furono subito installate anche delle segnalazioni ottico-luminose (PAPI) a fianco delle testate delle piste per segnalare ai piloti il corretto angolo di discesa da mantenere anche dopo aver raggiunto i minimi strumentali per i vari tipi di avvicinamento possibili, inclusi quelli a vista.
Le prime notizie sulla trattazione tecnico-scientifica del Wind-Shear sull’aeroporto di Punta Raisi si hanno da un pregevole lavoro effettuato per conto della “Funzione meteorologia dell’ENAV” da Salvatore Zappalà, il quale in una Relazione sugli “Avvisi di Wind-Shear dal 10/6 al 10/8 del 2004 cita un precedente “Studio” condotto dal 1993 al 2000 dal quale sarebbe emerso che «maggiori probabilità di “moderate”,”strong” e “severe” Wind-Shear si hanno quando il vento proviene dai quadranti meridionali e/o sud-occidentali e che con queste condizioni anemometriche è in uso la Pista 20.
In uno studio successivo coordinato dal Dr. Fabio Milioni per conto di ENAC – ENAV e Gesap è interessante notare che con il sistema allora in uso era previsto che su di un display installato in Torre venissero segnalati non solo i fenomeni di Wind-Shear rilevabili dai sensori decentrati su punti strategici del sedime aeroportuale ma anche i «fenomeni della presenza di “microburst”». A partire dal 2004 era comunque stata avvertita l’esigenza di rendere omogenea e completa la rete dei sensori (LLWAS – Low Level Windshear Alert System), ridenominati SAAW – Sistema Anemometrico di Allarme Windshear - le cui segnalazioni avrebbero dovuto confluire assieme a quella di un installando (SODAR – Sound Detection & Ranging), di un “Radar Wind Profiler – RWP” e di un “Terminal Doppler Weather Radar – TDWR” (mai potuto installare) a costituire il nuovo e completo “Sistema Palermo Windshear Detecting System – PWDS”, mai compiutamente realizzato.
Questa, per sommi capi, la cronistoria delle vicissitudini del LLWAS di Punta Raisi.
Com’è ricostruibile (al momento) l’incidente del 24 Settembre
Sebbene non siano disponibili per i comuni mortali (ma solo per i Consulenti d’ufficio del P. M. competente per territorio e dal 6 Ottobre anche per l’ANSV) i dati dei Registratori di volo e di terra utili non solo per capire, ma soprattutto per prevenire altri incidenti operativi del genere, lo scrivente azzarda una ricostruzione dell’evento, fatta tutta sulla base dei documenti e delle scarne informazioni disponibili. Questo a prevalente beneficio dei passeggeri che vivono o che si recano in Sicilia, ma non solo.
Dunque, la sera del 24 Settembre, tutta l’area dell’aeroporto di Punta Raisi era interessata da nubi temporalesche (non compatte ma mescolate ad altre nubi gonfie di pioggia che coprivano il cielo aeroportuale), in presenza di vento mutevole di direzione e d’intensità limitatamente al periodo di tempo necessario alla manovra strumentale d’avvicinamento di non-precisione del volo WindJet. Vento d’intensità istantanea debole, registrato dai bollettini semiorari, e quindi non in grado di provocare fenomeni di Wind-Shear. Contemporaneamente però non si può del tutto escludere che violenti rovesci di pioggia potrebbero esser stati alla base la causa della giudiziosa manovra di riattaccata a cui è stato costretto il Comandante di un volo che in precedenza (circa 20 minuti prima) aveva effettuato l’avvicinamento alla pista 07 dell’aeroporto palermitano, seguita dal successivo felice atterraggio sulla pista 20 a seguito d’un avvicinamento di precisione ILS, pur in presenza d’un vento che alle ore 17.50/Z (19.50 locali) del 24 Settembre comportava una piccola componente di vento in coda di circa 3-4 nodi.
Verso le ore 20.00 locali, quando il volo WindJet si è presentato per la manovra di avvicinamento ed atterraggio il bollettino delle 17.50/Z denunciava vento da 060 intorno a 14 nodi, ragion per cui era in uso la pista 07.
Il volo WindJet presumibilmente effettuava la manovra di avvicinamento strumentale di non-precisione denominata VOR/DME per pista 07 e si presentava (con le luci d’atterraggio normalmente accese ?) regolarmente allineato per atterrare sulla pista in uso. Da quanto (poco) è dato di conoscere e da quanto è desumibile dalle scarse evidenze disponibili al momento in cui scriviamo, la procedura basata sulle capacità del ricevitore DME di bordo di leggere anche le distanze digitali centesimali fornite dal DME di terra associato al VOR “PRS”, la OCH altezza di decisione sugli ostacoli – era fissata in 710 piedi 216 m con l’altimetro regolato sulla pressione standard di 1013 hPa e di 677 piedi 206 m sulla pressione atmosferica locale ridotta al livello del mare, avendo la soglia della pista 07 una elevazione di 33 piedi10 m sul livello del mare.
Da tale altezza/distanza dalla soglia pista si percorrono in volo le circa 2 miglia dall’inizio pista e si raggiunge il punto di toccata (teorico, di 1.000 piedi - 300 m - sulla pista) in poco più di 1 minuto totale a partire dal punto in cui si dovrebbe aver avvistato la pista oppure, in caso contrario, si deve riattaccare per non mettere in pericolo l’aeromobile ed i suoi occupanti.
Ebbene, pare che, proprio giunto al punto di decisione (OCH) ad un’altezza sul suolo di circa 200 m, l’equipaggio non abbia potuto vedere le luci del sentiero di avvicinamento luminoso semplificato – SALS - avendo probabilmente incontrato un rovescio di pioggia violento ed abbondante (come spesso accade sotto qualche ottavo di nubi temporalesche in cielo), ma abbia comunque deciso di continuare (essendo sotto le nubi) nella speranza (o convinzione ?) di poter vedere la pista.
Nel fare ciò, è pressoché inevitabile (illusione ottica come dimostrato da innumerevoli incidenti di questo tipo) che l’equipaggio, o meglio, il pilota in quel momento ai comandi, si sia unito al tentativo dell’altro nel guardar fuori alla ricerca delle sospirate luci, e in tal modo abbia ridotto l’assetto longitudinale (“duck under”) che l’aeroplano aveva avuto fino ad allora per la configurazione d’atterraggio adottata e ciò abbia comportato una più rapida perdita di quota, in tal modo causandone il brusco contatto con il terreno che precede di poco la pista.
Da quel momento, con i motori che ancora erogavano potenza, il velivolo è diventato ingovernabile e dopo aver piegato i carrelli d’atterraggio, ha iniziato a strisciare sulla parte inferiore della fusoliera (che non si è rotta) e soprattutto sui motori (appesi sotto alle ali stesse), che nel frattempo (danneggiati) si sono probabilmente arrestati da soli, avendo compromesso non solo le linee di alimentazione del carburante, ma anche la perdita di carburante dai serbatoi alari danneggiati. In tali condizioni l’aeroplano ha travolto sia le luci di avvicinamento che l’alloggiamento degli apparati e dell’antenna azimutale del Localizzatore dell’ILS, percorrendo non meno di 800-1000 m prima di arrestarsi sul terreno livellato sul fianco del bordo sinistro della pista 07 e vicino ad un aeroplano fermo, fortunatamente al punto attesa.
I passeggeri, pur ammaccati ma non feriti uscivano prontamente dalla fusoliera e non trovando alcun soccorso presente si allontanavano in fretta sotto la pioggia battente e guazzando sul terreno intriso d’acqua piovana nel timore d’una possibile esplosione (anche se fortunatamente non erano visibili fiamme), dirigendo verso il chiarore delle lontane luci dell’aerostazione e dell’area del suo parcheggio principale, ben illuminato.
Commento
Per rilevare la buona sorte degli occupanti il velivolo, è interessante notare quanto segue:-
prima d’impattare contro il suolo in assetto un po’ cabrato, il velivolo aveva sorvolato quella torre – Torre Mulinazzo - in muratura (alta circa 20 m esistente a pochi metri entro la costa ad Ovest della pista, alla distanza di soli 874 m dalla soglia 07;
qualora la rotazione dell’asse longitudinale dell’aeroplano fosse avvenuta subito dopo il primo impatto con il terreno, il velivolo e tutti i suoi occupanti avrebbero corso il grave pericolo di finire addirittura a mare, in un punto (vicino dopo la stazione VOR/DME) nel quale la costa stessa presenta un insenatura più approfondita in direzione N/S e quindi perpendicolare al prolungamento dell’asse pista 07, alla distanza di soli 10 m;
come già rilevato, va anche menzionata la buona sorte che facendo entrare subito grandi quantità d’acqua piovana e delle pozzanghere esistenti sul terreno ha raffreddato istantaneamente le parti calde dei motori, appena questi si sono o sono stati spenti, mentre il carburante fuoriuscito sia dalle linee di alimentazione dei motori, sia da presumibilmente limitate perdite dei serbatoi alari, è stato ugualmente impedito dall’abbondante pioggia che stava cadendo.
Conclusione
Purtroppo, non avendo potuto usufruire neppure delle coordinate geografiche od aeroportuali del punto nel quale l’aeromobile incidentato ha terminato la sua corsa e dovendosi avvalere solamente di reperti fotografici del giorno dopo e dei documenti ufficiali dell’ENAV sull’aeroporto di Punta Raisi, alcune distanze ed alcune posizioni descritte in questa tesi, senza pretesa alcuna sull’incidente se non quella di illustrare per quanto possibile la successione dei fatti attraverso le evidenze esistenti o disponibili, come Autore di questo scritto, mi scuso anticipatamente con il lettori delle possibili inesattezze, ma confido di non esser andato troppo lontano dalla realtà, anche per la preziosa collaborazione fornitami da un Collega più giovane dello scrivente.
Infine, rimango in “fiduciosa” attesa di venir (però al più presto !) smentito o confermato nella mia tesi analitica da chi, come i Periti del tribunale e gli Investigatori incaricati dall’ANSV, potranno fare con le loro relazioni intermedie e finali, avendo essi avuto ampiamente modo almeno di accedere subito al luogo dell’incidente e dopo otto giorni, con il beneplacito della Magistratura, di accedere pure ai dati dei Registratori di bordo e di terra !
Ma ancora prima di ciò, sarebbe opportuno che il Presidente dell’ENAC Vito Riggio facesse conoscere quali sono state le risultanze appurate in merito all’indagine conoscitiva ordinata al Direttore dell’aeroporto di Punta Raisi sul reale svolgimento delle operazioni di soccorso avvenute la sera del 24 Settembre. Risultanze che sarebbero molto utili, anche perché l’applicazione del “Piano di emergenza aeroportuale” sembrerebbe riproporre (probabilmente e salvo smentite), purtroppo, la fotocopia di quanto si è verificato nell’incidente gravissimo di Linate del 2001. 25 ottobre 2010
Evento
Il “Bureau d’Enquétes et d’Analysis pour la securitè de l’Aviation Civile – BEA” francese ha pubblicato questo mese la propria relazione finale in merito alla perdita totale dell’aeroplano Airbus A. 320, marche D-AXLA in leasing alla “XL Airways – Germany.” Perdita per caduta avvenuta durante un volo prova prima della restituzione alla aerolinea “Air New Zealand” al termine di un contratto di locazione del Maggio 2006. L’aeroplano è finito in mare davanti alla costa prospiciente l’aeroporto di Perpignan (Francia meridionale) il 27 Novembre 2008, causando la morte dei tre piloti e dei quattro tecnici presenti in cabina passeggeri. Il velivolo era stato sottoposto ad una grande revisione presso la ditta “EAS Industries” di Perpignan ed era stato verniciato con i colori di “Air New Zealand”. Il contratto di locazione fra le due Compagnie aeree contemplava che, al termine del periodo, venisse effettuato un programma di controlli in volo, a garanzia della perfetta aeronavigabilità dell’aeromobile.
Il volo di collaudo era stato programmato sullo spazio aereo ad ovest della Francia per un totale di 2 ore e 35 minuti di volo. L’aeromobile aveva raggiunto livello di volo FL 320 corrispondente ad una altitudine di 9700 m durante il quale le alette esterne dei sensori dell’angolo di attacco (AOA) dei due impianti 1 e 2 s’erano bloccate in posizione corrispondente all’assetto di crociera del velivolo e tali rimasero fino alla fine, all’insaputa dei piloti ai comandi. Dopo essere salito a FL 390 e dopo circa un ora di volo, l’aeromobile aveva richiesto il rientro a Perpignan, ha iniziato la discesa ed ha effettuato altre prove; l’A. 320 fu autorizzato ad effettuare un avvicinamento ILS per pista 33 con riattaccata, come richiesto dall’equipaggio, prima di proseguire in volo per Francoforte, base della “XL Airways”.
Poco prima di raggiungere il punto d’inizio della procedura strumentale (pur in presenza di cielo sereno), questo equipaggio eterogeneo decise di effettuare proprio una verifica della protezione di bassa velocità (Low speed checks -caratteristica della produzione di aeroplani di Airbus Industries) che consiste nell’attivazione delle protezioni dell’angolo d’attacco AOA in normal law e in configurazione di atterraggio [per intenderci, la stessa protezione che era intervenuta nella disastrosa esibizione a bassa quota del Airbus A. 320 di Air France sull’aeroporto di Molhouse-Absheim il 26 Giugno 1988, causando la morte di 136 invitati a quel volo].
A Perpignan, effettuando rischiosamente tale prova all’altezza di soli 3000 piedi =1000 metri l’equipaggio perse il controllo dell’aeromobile che precipitò a mare uccidendo tutti e sette i presenti a bordo di questo anomalo volo prova.
La relazione sul disastro
Il BEA, nella sua relazione sull’investigazione, svela che il disastro a seguito della perdita di controllo del velivolo, fu causato principalmente dalla decisione dei piloti ai comandi di effettuare il controllo sul funzionamento della protezione dell’angolo di attacco (AOA) che, purtroppo, essendosi bloccati i sensori per ghiaccio rendeva impossibile l’intervento della prevista protezione.
Pur riconoscendo che i piloti non erano a conoscenza del blocco dei sensori dell’AOA, in quanto non è chiaro se mancasse o non fosse stato notato un apposito avviso evidente di questo tipo di avaria, essi vengono indicati dal BEA quali responsabili per non aver tenuto presente la quota e la velocità previste per tale tipo di prova “da collaudatori” di quell’impianto di protezione dallo stallo. Così, non avendo i piloti interrotto la dimostrazione prima dello stallo a quella bassa quota, essi persero il controllo per stallo effettivo del velivolo.
La relazione finale evidenzia che tre giorni prima del fatale incidente la ditta di manutenzione e revisione “EAS Industries”, prima della verniciatura della fusoliera aveva effettuato un lavaggio esterno di tutto l’aeromobile , provvedendo a proteggere tutti i sensori esterni dei vari impianti con apposite protezioni temporanee. Afferma anche che a quel lavaggio non era seguita un’accurata asciugatura, ragion per cui durante il volo prova dell’A. 320, aL 320, le alette dei sensori dei due impianti AOA 1 e 2 inquinate da residui d’acqua, esposte al flusso dell’aria esterna a diversi gradi sottozero a quella quota, s’erano ghiacciate in una posizione di volo livellato ad alta velocità e pertanto non erano più in grado di muoversi per segnalare il raggiungimento dell’AOA critico di stallo corrispondente al flusso della bassa velocità all’aria e di alta incidenza delle ali, al momento finale della prova.
Il BEA non dà alcun accenno circa la verifica che le coperture di tutti i sensori esterni dell’aeroplano fossero state rimosse, anche se è improbabile che qualcuna di esse sia rimasta in loco, dati i controlli pre-volo effettuati da almeno due persone facenti parte di questo team di piloti e di tecnici che andavano in volo.
Il BEA conclude che i seguenti sono stati i fattori contributivi al disastro:-
La decisione di effettuare la prova a quota troppo bassa;
L’equipaggio ai comandi per non aver identificato e corretto la posizione estrema a cabrare dello stabilizzatore orizzontale del timone di profondità al momento dell’applicazione della spinta massima ai motori per contrastare l’avvenuto stallo di bassa velocità, così causando un nuovo stallo, questa volta incontrollabile.
L’improvvisazione nella decisione di procedere alla verifica della protezione contro lo stallo, causata dal richiamo del volo al rientro all’aeroporto, ha incrementato il carico di lavoro sui piloti ai comandi.
La decisione di adottare un programma di collaudo, sviluppato per piloti collaudatori e sconosciuto a questo equipaggio.
La mancanza di direttive in merito alla effettuazione di voli non commerciali in aree di volo operative.
La mancanza di norme applicative per le procedure di pulitura di un aeromobile a seguito di lavaggio con acqua che era stato effettuato tre giorni prima di questo volo. Questo ha comportato il bloccaggio dei sensori AOA a causa del il ghiacciamento dei residui d’acqua riusciti a penetrare all’interno dei sensori.
Inoltre, i seguenti sono altri probabili fattori che possono aver contribuito al disastroso evento:-
Inadeguato coordinamento fra i membri presenti in cabina di pilotaggio, composta da tre piloti di linea aerea.
La fatica che può aver ridotto la loro consapevolezza in merito alle varie informazioni sullo status degli impianti e dei comandi di volo al momento dello stallo.
Fin qui la relazione del BEA, che ben si guarda dall’accennare ad una seppur minima critica al progetto approvato a suo tempo dall’autorità di certificazione francese ed adottato dai progettisti di Airbus, riguardante la realizzazione della protezione sullo stallo, ideato da Bernard Ziegler, dapprima pilota e poi ingegnere fino a diventare il Capo di “Aerospaziale” (poi assorbita dal consorzio “Airbus Industries”); costui aveva ideato e stabilito tutto il pacchetto di protezioni e di automazioni dell’A. 320 ed aveva definito questa protezione contro lo stallo «la protezione contro il pilota-idiota», causando proteste e resistenze da parte dei Sindacati dei piloti francesi negli anni ’80.
Commento
Adesso noi saremmo felici di conoscere che cosa ne pensa uno dei maggiori estimatori del genio di Ziegler, il brillante autore contemporaneo Willian Langewiese, a sua volta pilota da 15 anni, autore del libro “Fly by Wire”, scritto nel 2009 per celebrare la felice riuscita dell’ammaraggio forzato dell’A. 320 della “US Airways” – volo 1549 – nelle gelide acque del fiume Hudson (New York) il 15 Gennaio 2009, a causa dell’avaria contemporanea, ma non completa (fortunatamente) di entrambi i motori che avevano ingerito in volo una quantità imprecisata di grosse oche canadesi. Il libro dedicato a questa vicenda encomiabilmente gestita, ha come sottotitolo la significativa presentazione:- «Le oche, la planata, il “miracolo dell’Hudson”», dove l’autore descrive con molta proprietà fasi e commenti tecnici del drammatico evento. Ma ha dedicato anche molte delle pagine del testo a considerazioni non del tutto condivisibili sul “genio” di Ziegler.
Ciò detto e mentre tutta la comunità dell’aviazione civile e del trasporto aereo plaudiva l’impresa “miracolosa”, anche questo autore elogia l’abilità del Comandante Chesley Sullenberg e del co-pilota Jeff Skiles, dimenticando però di menzionare adeguatamente l’eccezionale freddezza del Comandante di riavviare per prima cosa l’APU (generatore elettrico ausiliario di bordo) e di far tesoro di ogni singolo Watt erogato unitamente al motore sinistro il cui generatore continuava a fornire corrente ed a far funzionare i comandi di volo, alimentati da cavi a fibre ottiche, indispensabili per muovere le relative superfici esterne, che, altrimenti, avrebbero reso ingovernabile l’A. 320 che sarebbe stato destinato a precipitare fuori controllo. Così l’alimentazione elettrica disponibile per i comandi e le protezioni contro lo stallo rimaste attive ed efficienti, hanno consentito al Comandate Sullenberg di attuare una discesa planata verso il fiume (unico luogo praticabile), di effettuare la richiamata prima dell’impatto con l’acqua e di ammarare senza stallare e quindi senza rompere l’aeroplano, salvando così incolumi tutti i passeggeri ed i membri dell’equipaggio che si sono rifugiati sulle ali dell’aeromobile che ancora galleggiava e poi raccolti da battelli e dai ferry-boat ed altri natanti giunti in soccorso.
Ma tornando al caso dell’A. 320 di Perpignan, in effetti, il BEA sostiene che si poteva eludere lo stallo di bassa velocità verificatosi durante la prova di funzionamento della protezione AOA (in avaria, ma non nota ai piloti) ma era una manovra molto ardua e solo se ci fosse stata molta quota da perdere. Ciò perché, a mio avviso, su di un aeromobile di quella fatta, con i comandi di volo azionati attraverso i due sidesticks anziché da comandi convenzionali a cavi ed attuatori idraulici delle superfici di governo potrebbero trasmettere al pilota almeno quelle indispensabili sensazione fisiche delle superfici di comando stesse che diventano molto “lasche” e poco reattive prima del distacco completo dei filetti fluidi delle ali e della coda dell’aeromobile, per poi ridiventare normali e reattive non appena l’aeromobile in caduta riacquista la velocità necessaria a renderle di nuovo efficienti. Insomma sulla moderna linea di aeroplani “fly-by-wire” con sidestiks, di concezione Airbus, ai piloti vengono a mancare quelle sensazioni di feed-back che li aiutavano molto in diverse circostanze. Mi preme anche sottolineare il funzionamento delle manette di potenza, che non muovendosi dalla posizione allorquando il regime dei motori viene variato dall’automanetta (autothrottle), non forniscono al pilota quel feed-back che sugli aeroplani “normali” è dato appunto dal movimento delle manette, percettibile anche visivamente. Sugli aeromobili Airbus la variazione è denunciata soltanto dalle indicazioni sulla strumentazione riservata al funzionamento dei motori.
Infine, il 22 settembre, qualche giorno fa, un Airbus A320 della compagnia JetBlue è atterrato sull’aeroporto di Sacramento (USA) scoppiando tutti e quattro i pneumatici e ha rovinato i cerchioni delle 4 ruote del carrello principale.
L’investigazione del NTSB-USA dopo la lettura del DFDR ha concluso che l’evento è stato causato dall’inserimento del freno di parcheggio, effettuato per errore da uno dei piloti all’altezza di circa 5.100 ft (!) durante l'avvicinamento.
La dimostrazione che, nonostante tutto, l’impegno mal riposto dal Sig. Ziegler non è riuscito a sfornare un aeroplano a prova di ”pilota idiota”, come lui credeva d’aver realizzato.
Conclusione
Probabilmente le mie ultime osservazioni sono un po’ troppo tecniche per chi non sia “del mestiere”, ma a mio avviso vanno fatte onde permettere di comprendere quanto il “rivoluzionario” concetto di automazione spinta di Ziegler non sia affatto a prova di “pilota idiota”, bensì sia molto aleatoria e comunque comporti anche un alto carico di lavoro, prettamente mentale, per i piloti in certe fasi del volo, mentre in altre concilia la noia e la rilassatezza del personale di condotta, ridotto a due soli piloti anche su tratte di volo molto lunghe.
Insomma, sì, i voli costano meno e rendono possibili le tariffe aeree “low cost”, ma qualcuno s’è mai chiesto:- a quale prezzo ? 28 settembre 2010
Pare sia un virus … Mi stavo già meravigliando:- eravamo giunti alla mattina del 26 Giugno 2010 e… ancora nessun articolo giornalistico, nessuna celebrazione, nessun documentario, nessun film (neppure la presentazione di quella “bufala” del “Muro di gomma”, finito miseramente con la sentenza del Tribunale di Roma che assolveva i Generali dell’A. M. da un’accusa di tutt’altro genere) ; insomma niente di tutto quel che, da 29 anni a questa parte, iniziava almeno un mese prima del 27 Giugno, giorno definito del “Mistero di Ustica”.
Sia ben chiaro che, detto con tutto il rispetto dovuto alle povere vittime innocenti e per quei loro parenti che si sono comportati dignitosamente nel loro dolore, senza scandali e solo giustamente chiedendo l’accertamento della verità a fini di Giustizia, quello di Ustica poteva esser definito un “mistero” fino a quando, con colpevole ritardo, la Giustizia italiana non si è prodigata per recuperare quel relitto, del quale non c’era traccia che parlasse con evidenza di quanto accaduto. Invece, approfittando della situazione nel Mediterraneo, per quanto riguardava la “guerra fredda” in corso, tutte quelle masse nazionali che non tifavano né per la Nato né per il proprio Paese, si scatenarono in campagne di stampa ed altro, per gettare quanto più fango possibile sui vertici dell’Arma Azzurra del tempo, accusandoli di non saper difendere lo spazio aereo del nostro Paese o d’esser colpevoli di trame d’alto tradimento.
Così evidenze molto delicate e che già contenevano alcuni elementi esplicativi furono dati in pasto sia ad una Commissione d’inchiesta tecnico-formale composta per l’occasione con membri “esperti” di tutto e di niente, ma senza la partecipazione d’un solo Investigatore certificato e degno di questa definizione. Poi, in mancanza d’un Ente investigativo nazionale, il tutto finì in mani ancora più squallide e sprovvedute dei membri di diverse Commissioni peritali nominate dalla Magistratura, le cui inchieste effettuate con mezzi e metodi improvvisati, finivano per contraddirsi l’un l’altra.
Poi finalmente si arrivò ad un primo recupero di parti dell’aeromobile I-TIGI – volo Itavia 870 – tra cui il registratore delle voci della cabina di pilotaggio, che rendeva disponibili due importati elementi, che qualora fossero stati valutati nella giusta luce e collegati alle registrazioni dell’unico Radar civile italiano che fin dal primo giorno dimostravano che attorno al volo Itavia 870 non c’era stata nessuna battaglia e che i tre “angeli”, scambiati da alcuni “inesperti” di radar avevano fatto gridare alla presenza d’un aereo supersonico che avrebbe attaccato il volo civile, erano soltanto segnali spuri. Poi un altro inesperto di radar civili (era un radarista navale nordamericano) intorbidò ulteriormente le acque parlando dello scoppio vicino all’aereo di un missile aria-aria di prossimità, del quale però non si trovò traccia alcuna quando l’intero relitto fu finalmente recuperato e reso disponibile, ancora una volta purtroppo, a mani e menti inesperte di investigazioni d’incidenti aerei.
Due elementi del Registratore CVR, erano indicativi:.-
il primo: l’interruzione della registrazione avvenuta mentre l’apparato memorizzava un forte sibilo di aria che usciva con violenza dalla cabina pressurizzata, indicando il verificarsi d’una decompressione esplosiva;
il secondo: la voce d’uno dei due piloti (mai accertato quale dei due fosse) che stava pronunciando una parola di stupore o di avvertimento all’altro, parola che rimane mozzata. La parte di parola era “Guar…”, interpretabile come qualcosa che poteva indicare un problema interno od esterno al velivolo. Elemento che avrebbe potuto essere indicativo, se valutato da un investigatore capace e che conoscesse bene il velivolo.
Il recupero successivo riportò in superficie circa l’80% della struttura, completa dei motori e di parte dell’arredamento interno, particolare importante in quanto permise di rilevare su di alcuni cuscini delle poltrone dell’aereo dei frammenti di plastica del rivestimento interno della cabina, proiettati con violenza dal settore di coda in direzione del settore di prua dell’aeromobile. Questo indicava inequivocabilmente che s’era verificata un’esplosione interna di un ordigno che aveva iniziato la decompressione esplosiva e la successiva parziale disintegrazione del lato destro del velivolo. Quindi c’era stata un’esplosione ma non all’esterno, bensì all’interno della cabina pressurizzata. Adesso si trattava di trovare il punto d’inizio della deflagrazione e le relative evidenze, quando ormai era accertato che si trattava d’un esplosivo militare del tipo T4, del quale bastano piccole quantità per provocare notevoli distruzioni sulle pareti di ambienti chiusi e per di più pressurizzati, coma la cabina di un aeromobile.
Passarono altre mani ed altri uomini, finché a qualcuno venne in mente di difendere l’Aeronautica Militare ed i suoi alti Ufficiali rinviati a giudizio e chiamò a compiere una perizia tecnica due elementi di valore: un Investigatore straniero dell’AAIB inglese, Mr. Taylor ed un famoso progettista e costruttore di aeroplani, l’ingegner Ermanno Mazzocchi. Purtroppo però costoro non furono mai riconosciuti dalla Magistratura inquirente, che continuava a correre dietro ai fantasmi della “guerra aerea”.
Così mentre questi ultimi lavoravano seriamente, frugando tra le evidenze della ricostruzione del relitto (effettuata encomiabilmente ad iniziativa d’uno dei Periti della Magistratura dentro un hangar di Pratica di Mare), altri periti stavano combattendosi a suon di relazioni e contro relazioni che finirono per confondere ancor di più la Magistratura inquirente.
Quando infine i due Periti di parte terminarono il loro lavoro, strettamente collegato con le evidenze della registrazione del CVR, si poté conoscere veramente ed inequivocabilmente ciò che era avvenuto sul volo Itavia 870: un ordigno, posto in un vano di servizio adiacente alla tazza del gabinetto della toilette di destra era scoppiato subito dopo che l’aereo aveva abbandonato in discesa la quota di crociera. Ordigno ovviamente attivato da una semplice capsula barometrica e da una piccola batteria, sapientemente programmata per innescare l’esplosione alla prima variazione di pressione in discesa che l’aeroplano avesse compiuto !
Ecco:- questo sarebbe stato il “Mistero di Ustica”:- era sufficiente andare a vedere all’aeroporto di Bologna chi aveva avuto accesso all’aeromobile e se questo era rimasto “sorvegliato efficacemente” e “controllato prima dell’imbarco dei passeggeri” con le tecniche antiterrorismo in vigore già da molti anni presso le Aviazioni Civile che già avevano avuto a che fare con eventi terroristici di vario tipo, da quello mediorientale a quello di tipo indipendentista (come nel Nord-Irlanda). Qui si trattava chiaramente d’un “affare” tutto italiano !
Troppo tempo era ormai passato e comunque la Magistratura e la Polizia non ritennero di doversi muovere capillarmente a fronte di queste evidenze, disponibili tra i rottami del relitto, tra i quali si poteva ancora identificare la parte della tazza del gabinetto deformata dall’esplosione interna ed il colore della scritta rossa Itavia posta sul portellone della stiva anteriore che fu proiettato all’esterno dalla sovrappressione dello scoppio e che fini per urtare la cappottatura esterna del motore destro dell’I-TIGI, lasciandovi tale impronta.
Prova che quelli registrati dal Radar di Roma il 27 Giugno 1980 fossero semplici “angeli” (tracce spurie), fu data dal volo effettuato con un DC 9 dello S. M. A. M. (in cabina di pilotaggio del quale c’era anche lo scrivente) che fu effettuato per esser intercettato alla stessa quota sulla posizione geografica del disastro da un F 104 (aereo di fine mappatura e supersonico, come si pretendeva fosse quello dei famosi “tre angeli”), il quale eseguendo l’identica ipotetica rotta del fantomatico aereo assalitore, fu invece sempre costantemente rilevato e registrato dallo stesso Radar, e non con “tracce” intermittenti come erano i “tre angeli”.
Ma torniamo al tema di questo scritto. Ecco dunque che alle 12.40 circa del 26 Giugno, il canale televisivo la 7 per primo ci ha pensato a ristabilire il “cerimoniale”, con tanto di riprese delle parole di circostanza del Capo dello Stato, e con la presentatrice che annuncia che la sera successiva ci saremmo potuti sorbire un programma, ovviamente titolato “Il mistero di Ustica”, nel 30mo anniversario del disastro.
Disastro che, come al solito (seppur più velatamente), parlando di «battaglie aeree nei nostri cieli» viene immancabilmente attribuito nel migliore dei casi all’A. M. per “non aver saputo difendere i nostri cieli” e nel peggiore si sfoga continuando a gettar discredito genericamente sugli Uomini dell’Arma Azzurra, dal grado di Generale in giù, fino a collegare alcuni suicidi di sottufficiali dell’Arma e la morte in volo a Ramstein di alcuni piloti della Pattuglia acrobatica nazionale, attribuendo tutto al disastro di Ustica.
Così il 27 sera alle 21.30 mi sono accinto all’impresa di ascoltare (detto con il dovuto rispetto ai famigliari delle Vittime) quel Capofamiglia che si è prestato, forte del suo lutto plurimo, ad offrire alla regia continui sprazzi di memorie utili ad una ricostruzione dei fatti affettiva (ma di parte), che è stata contrastata solo per pochi secondi, da un Generale della riserva dell’Arma che veniva posta sotto accusa.
Ma il meglio doveva ancora avvenire con il programma serale di lunedì 28 Giugno, quando durante la rubrica “Chi l’ha visto?”, sorprendentemente si è cominciato a trattare del “mistero di Ustica”, senza che ciò fosse annunciato nel programma condotto da Federica Sciarelli. Giornalista che già alcuni mesi prima s’era impegnata a”ricostruire e commentare a modo suo” il disastro di Montagnalonga (aeroporto di Palermo Punta Raisi) del 5 Maggio 1972. Anche in quell’occasione la predetta s’era permessa di travisare i fatti tirando in ballo le risultanze dell’inchiesta tecnico-formale, inchiesta colpevole, a suo dire, di «non aver saputo indicare la “sua” verità su quell’evento». Per sua sfortuna, si dà il caso, che io sia ancora vivente e che nelle prime ore del 6 Maggio 1972 già stavo sul posto in qualità di Membro addetto alla “sicurezza volo” di quella Commissione, guidata dall’indimenticabile Generale Francesco Lino, che proprio in conseguenza di quel disastro pubblicò quel programma di ammodernamento degli aeroporti italiani e delle relative radioassistenze conosciuto all’epoca come “Rapporto Lino”.
In quelle funzioni, ho avuto modo di partecipare a tutte le fasi dei lavori di quella Commissione d’inchiesta e sono tuttora in grado di smentire tutto quanto è stato insinuato nel corso di quella puntata di “Chi l’ha visto?” [del 21/12/2009], come ho ampiamente documentato nel mio articolo di precisazione, pubblicato il 13/1/2010 sul sito web “aerohabitat.eu” - Dossier – rubrica “Aviation topics”, che mi ha ospitato, in quanto la RAI non si è mai resa disponibile a sentire la mia “campana” e quella di almeno altri due superstiti viventi di quella Commissione. Invito a confrontarsi pubblicamente che la responsabile della rubrica si è ben guardata dall’accettare. L’articolo, ancora consultabile sul sito citato, reca il titolo “IO … ERO SUL POSTO … a Montagnalonga …”.
In questo caso, io non c’ero, ma il giorno seguente mi preoccupai di intervistare un paio di colleghi Comandanti che la sera del 27 Giugno e all’incirca nelle stesse ore (poco prima delle 21.00 locali – ora legale) s’eran trovati a volare nella zona a Sud di Roma, uno proveniente da Tunisi e l’altro in viaggio per Atene ed oltre. Quest’ultimo (ancora vivente) aveva volato dal VOR di Ponza a quello di Caraffa di Catanzaro circa 1 ora prima delle 21.00, mentre il Collega proveniente con il volo da Tunisi aveva sorvolato il VOR di Palermo e proseguito per il VOR di Sorrento (Punta Campanella), sorvolando quindi Ustica e tutta la rotta fra i due punti circa 20 minuti prima della scomparsa del DC 9 dell’Itavia. Ebbene entrambi non avevano notato alcunché di anormale (visibilità ottima) in tutto quel settore del Tirreno, dove poi si è verificata la tragedia. Ma nessuno di essi fu mai sentito dal Magistrato inquirente, che aveva già intrapreso a battere un’altra pista …
Ma la “storia non finisce qui”, purtroppo:- ascoltando il velato suggerimento del Capo dello Stato ed alcuni rumori “viscerali” provenienti da altre fonti politiche (come il Senatore a vita Cossiga) ecco che su tali ed altre … pressioni, anche il Ministro della Giustizia Angelino Alfano si lascia coinvolgere dal rigurgito giustizialista di certa Magistratura e due giorni dopo si presta a firmare ben quattro rogatorie internazionali (di cui dice di non conoscere il testo, probabilmente per “non condividerlo”) giunte sul suo tavolo ad opera di due P. M. della Procura di Roma; rogatorie indirizzate a Stati Uniti, Francia (che novità !) e, stavolta non si sa perché, anche a Germania e Belgio !
Tutto ciò sebbene che nel corso del programma “Chi l’ha visto?” fosse stato chiamato in causa da Washington anche il noto opinionista E. Luttwak, il quale ha saputo replicare alle insinuazioni sul “mistero di Ustica” ricordando che in Italia è sempre di moda utilizzare il verbo “usticare”, per indicare le annuali commemorazioni e rievocazioni di certi scenari, dovuti al fatto incontrovertibile che il caso del disastro di Ustica sia finito nelle mani “impreparate alla bisogna” della Magistratura italiana, soltanto perché all’epoca in Italia non esisteva ancora un Ente permanente, competente ed indipendente incaricato di effettuare le investigazioni sugli incidenti aerei (come esisteva nei Paesi più aeronauticamente avanzati) ed invece si dovesse ancora ricorrere (ex art 827 dell’allora vigente Codice della Navigazione – Parte Aerea) all’intervento di Commissioni formate da membri non sempre “esperti” e non sempre “all’altezza del compito”. Senza contare il fatto che l’allora Ministero dei Trasporti e dell’Aviazione Civile non era in grado di finanziare prontamente il recupero del relitto del DC 9 dalla posizione in cui era stato rilevato in fondo al Mar Tirreno. Ragion per cui, la Commissione dell’epoca, con l’ausilio della presenza di un membro tecnico, ingegnere del Registro Aeronautico Italiano, poté soltanto concludere che il DC 9 era precipitato a causa d’una esplosione indeterminata di natura esterna o interna al velivolo. E avendo a disposizione il solo tracciato registrato dal Radar civile di Roma, bisogna riconoscere che ci andò abbastanza vicino. Anche se da lì in poi si scatenò la “psicosi” della “battaglia aerea” … per abbattere l’aereo di Gheddafi e di cui il DC 9 dell’Itavia – volo 870 del 27 Giugno 1980 - sarebbe stato vittima “involontaria” !
Ed invece il DC 9 fu una vittima “volontaria” e preordinata da parte di chi ordinò e da parte di chi effettuò, durante il transito dell’aereo allo scalo a Bologna, la semplice operazione di far entrare un pacchettino contenete l’esplosivo, la capsula barometrica e la piccola batteria nel vano laterale della toilette di destra dell’aeromobile.
Quindi meglio avrebbero fatto il Presidente della Repubblica ed il Ministro ad ordinare rispettivamente alla Magistratura ed alla P. G. la ripresa seria e minuziosa delle indagini all’aeroporto di Bologna e agli interessi collegati con l’impresa titolare di quel volo, impresa che a seguito di quel fatto fu fermata e fallì miseramente. 10 luglio 2010
Considerazioni e notizie da parte dei Com.ti Dino Bosello e Renzo Dentesano
Alla domanda “ma gli Airbus sono sicuri ?” che la stampa in genere pone, se ti interpellano come “esperto”, non è poi così facile rispondere.
Ma che cosa asserire, in assenza di dati certi ed inconfutabili come quelli che solitamente si ottengono dai Registratori di bordo ?
I dati dell’A. 330 libico disintegratosi al suolo, vicinissimo all’aeroporto di Tripoli, per ora non sono ancora noti, mentre quelli dei Registratori dell’A. 330 di Air France, sparito nell’Atlantico mentre era in volo da Rio de Janeiro a Parigi il 1 Giugno 2009, che anche in questi giorni vengono ricercati sui fondali dell’Oceano non “parlano”, perché non sono stati ritrovati (e forse non lo saranno mai !), dato che la campagna di ricerche sottomarine del relitto cesseranno definitivamente il 25 di questo mese di Maggio.
Già, ma quel relitto non si trova e con esso i Registratori perché è finito l’aiuto che ci si poteva aspettare dalle indicazioni acustiche dei radiofari collegati ai Registratori finiti sul fondo dell’Oceano, i quali avevano una autonomia di trasmissione del segnale di 30 giorni. Ed ora è un po’ come cercare un ago in un pagliaio, soprattutto se, come appare probabile allo scrivente, l’A. 330 di Air France si è disintegrato in volo (contrariamente a quanto sostiene il BEA francese), lasciando quale unico inconfondibile relitto tutta la deriva di coda con ancora attaccato il timone di direzione.
Già, perché il mio motivato sospetto è proprio questo:- che gli aeromobili altamente automatizzati costruiti da Airbus Industries, abbiano nel timone di direzione verticale il loro tallone d’Achille, ovvero che proprio questa superficie di governo dell’aeromobile sia male dimensionata ed abbia una libertà di movimento insufficiente (in alcuni casi) oppure eccessiva (in altri casi), in volo ad alta ed a bassa velocità, con le relative conseguenze su tutta la struttura di coda per ciascun modello di aeromobile coinvolto.
La storia inizia nell’ormai lontano 30 Giugno 1994 quando un aeromobile A. 330, serie 300, già assegnato ad Air France ma utilizzato sull’aeroporto di Tolosa da un team di collaudatori di Airbus Industries, effettuava un volo di prova/collaudo con vari centraggi del baricentro dell’aeroplano. Al secondo decollo durante il distacco dalla pista, l’aeroplano incomincia ad effettuare vari sbandamenti laterali che finiscono con la perdita totale di controllo del velivolo, che si distrugge nell’impatto con il terreno a fianco della pista. Sono morte tutte le otto persone che si trovavano a bordo, inclusi due piloti italiani invitati come osservatori, nonostante si trattasse di un volo di prova/collaudo. Dal comportamento dell’aeroplano, senz’altro causato inizialmente da un baricentro eccessivamente arretrato e complice anche qualche errore dei piloti ai comandi, alla tragica fine, a mio parere, ha contribuito anche (in questo caso) la “scarsa autorità” del timone di direzione. Infatti fu modificato su tutti gli aeroplani prodotti successivamente, adottando come piano verticale di coda quello del contemporaneo modello di quadrireattore denominato A. 340.
Dopo un periodo di tranquillità per il modello A. 330, ecco che il 12 Novembre 2001 un A. 300-600 di American Airlines questa volta, dopo esser decollato dall’aeroporto JFK di New York entra nella scia turbolenta di un B. 747 decollato da un’altra pista dello stesso aeroporto, si schianta fuori controllo sul quartiere di Queens. La successiva inchiesta tecnica ha stabilito che il volo si è abbattuto al suolo a causa d’un comando brusco e violente attuato dal Primo Ufficiale che era ai comandi sul timone di direzione per contrastare l’effetto della turbolenza di scia. Tale comando sul timone di direzione ha causato il distacco in volo dell’intera deriva verticale di coda del velivolo e di un motore, ragion per cui l’aeroplano sbilanciato e senza possibilità di utilizzare il timone direzionale è precipitato senza controllo. In questo caso la parte mobile dell’impennaggio verticale, cioè il timone di direzione, è risultato avere eccessiva “autorità” ed il conseguente carico aerodinamico sulla struttura verticale di coda ne ha provocato il cedimento totale a partire dalla base di attacco alla fusoliera. Duecentosessanta le vittime che si trovavano a bordo, più cinque abitanti che si trovavano nelle case distrutte dall’impatto e dall’incendio.
Arriviamo così ai guai degli ultimissimi anni, preceduti da diversi casi di inaspettate e violente perdite di quota avvenuti durante il volo di crociera a diversi aeroplani Airbus appartenenti a diverse Compagnie e spiegati con malfunzionamenti causati all’automazione di bordo dalle sonde anemometriche di un certo tipo (ad es.: volo Quantas a 37.000 piedi da Singapore a Perth), ecco che il 1 Giugno 2009 avviene il disastro dell’A. 330-300 di Air France in pieno Atlantico, del quale però viene ritrovato a galleggiare sulle onde soltanto l’inconfondibile impennaggio verticale, staccatosi alla base di attacco alla fusoliera.
Il 13 Aprile corrente anno un aeromobile cargo A. 330-B4-203, marche XA-TUE precipita nei sobborghi di Monterrey (Messico) durante la manovra di riattaccata in mezzo ad un temporale, causando la morte degli otto occupanti. L’unico dato finora disponibile è che l’impennaggio di coda è stato trovato ad una certa distanza da dove il velivolo è precipitato incendiandosi. Mancano ancora i dati dei Registratori di bordo, affidati alla decrittazione dei laboratori del NTSB degli USA.
Ed ora l’ultimo: il 12 Maggio l’A 330-200 dell’Afriqiyah Airways in avvicinamento alla pista 09 di Tripoli stava effettuando, molto probabilmente, un avvicinamento di non precisione utilizzando un VOR, definito inattendibile come da Notam emesso da tempo dalle Autorità di Tripoli. La visibilità era in rapido peggioramento, il cielo parzialmente coperto da qualche strato di nubi, il sole che sorgeva di fronte proprio in faccia ai piloti dopo un lungo volo notturno, sono per il momento i soli elementi che, possiamo affermare, hanno contribuito all’evento.
Ma la causa del sinistro, per ora è difficile da determinare, salvo che dalle investigazioni in corso non risulti che un’improvvisa avaria ad un motore o ad un comando di volo sia intervenuta improvvisamente nell’ultimissima parte dell’avvicinamento.
A questi importanti elementi aggiungiamo le problematiche connesse all’adozione di un’avionica computerizzata molto sofisticata e forse esasperata che allontana sempre più il pilota dal contesto del volo come, tra l’altro, ben evidenziato fin dall’inizio della costruzione degli aeromobili Airbus da parte dell’associazione piloti mondiale IFALPA.
Avionica in cui l’equipaggio è relegato alla periferia dell’elaborazione decisionale; equipaggio che in determinate condizioni, avvicinamenti di non precisione come in questo caso e con condizioni meteo in peggioramento, rischia di intervenire molto in ritardo con implicazioni disastrose. Il pilota ha sì sempre la possibilità di staccare l’autopilota e quindi passare al controllo manuale ma la fiducia assoluta negli automatismi che gli viene inculcata nella fase addestrativa non gli consente una scelta precauzionale ed obbiettiva prima di trovarsi nei guai ed effettuare un’efficace manovra di scampo.
In ogni caso, dalle immagini video che abbiamo avuto modo di vedere, risulta molto strano il fatto che l’aeromobile, così prossimo alla pista, si sia disintegrato a parte il timone di direzione verticale. Se ricordate anche l’aeromobile B. 737 turco finito prima della pista ad Amsterdam si è spezzato in più parti ma non disintegrato come questo. Forse abbiamo bisogno di nuovi elementi e chiavi di lettura ed in attesa sarebbe necessario individuare delle modifiche ai sistemi ed alle procedure che, applicate ad una filosofia tanto esasperata, siano in grado di modificarla senza stravolgerla, ma che permetta il non ripetersi di eventi similari. 21 maggio 2010
Anche se sulla base di premesse sbagliate, il 21 Maggio 2001 aveva luogo un “Incontro di studio” organizzato dal CSM presso l’Aula Magna della Corte d’Appello di Roma tra Magistratura penale – A. G. - ed Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo – ANSV.
In un clima definito “di collaborazione” avveniva un unico e “storico” incontro tra il Presidente dell’ANSV, presenti anche Rappresentanti dell’omologa agenzia francese BEA ed ottanta Magistrati provenienti da ogni parte d’Italia, con l’intento di affrontare «il problema dei rapporti reciproci in caso di indagine su un incidente aereo». Tale era l’oggetto della riunione stimolata da una Circolare della Direzione generale degli Affari Penali del Ministero di Grazia e Giustizia inviata ai Presidenti delle Corti d’Appello ed ai Procuratori Generali dei Tribunali di tutta Italia.
Questo è quanto riportava il n. 21 di Air Press del 28 Maggio 2001 (Direttore della testata il giornalista Oscar da Riz).
La presenza dei Rappresentanti del BEA francese era giustificata per un analogo passo esperito dall’Autorità Giudiziaria francese avvenuto in precedenza e che oltr’Alpe pare aver dato buoni frutti. L’incontro però avveniva su basi alquanto diverse, in quanto salvaguardava appieno i diritti del Bea di svolgere indipendentemente le proprie “investigazioni” senza dover poi in alcun modo esser chiamato ad apparire nelle Aule di Giustizia in veste di perito della Pubblica Accusa.
L’iniziativa italiana invece era basata sul “presupposto della collaborazione”, indicato nella Circolare del competente Direttore degli Affari Penali del Ministero, «sulla richiesta in tal senso formulata dall’Autorità Giudiziaria precedente che intenda avvalersi del contributo specialistico che l’Agenzia può fornire in relazione ad indagini correlate a resti [leggasi:- relitti – ndr] che coinvolgano aeromobili».
Ora il menzionato “presupposto di collaborazione” trova il suo errato fondamento nel Decreto Legislativo n. 66 del 25 Febbraio 1999 che ha istituito (sulla base della Direttiva 94/56/CE del 21 Novembre 1994 l’ANSV, laddove (Art. 3 – Compiti e finalità – comma 3-b) il nuovo organismo provvede a «collaborare, ove richiesto, con l’autorità giudiziaria nello svolgimento delle inchieste correlate a “fatti” aeronautici”. Ma non su “accidents” ed “incidents” come invece sancisce l’Art. 3, comma 1: «L’Agenzia … conduce le inchieste tecniche di cui all’articolo 826 del codice della navigazione, così come sostituito dall’art. 17, comma 1 del presente decreto, con il solo obiettivo di prevenire incidenti e “inconvenienti” [!?], escludendo ogni valutazione di colpa e responsabilità». Non v’è chi non veda la contraddizione dei termini di questo disposto, ma in certi ambienti fa comodo così tanto che a seguito del grave disastro aereo di Linate del 8 Ottobre 2001 (successivo alla riunione) la Procura Penale del Tribunale di Milano richiese ed ottenne dal Presidente dell’ANSV la nomina a Consulente Tecnico d’Ufficio d’un allora investigatore dell’Agenzia.
Tornando all’incontro del 21 Maggio 2001, Air Press informava che secondo la succitata Circolare «il magistrato che indaga su un incidente aereo, cioè il pubblico ministero, può richiedere la collaborazione dell’Agenzia la quale collabora nell’ambito della sua stretta competenza che è quella dell’accertamento dei “motivi” tecnici che hanno provocato l’incidente, mentre la ricerca delle responsabilità spetta ovviamente alla magistratura». Concludeva la Circolare:- «Nel quadro d’un corretto rapporto istituzionale, l’autorità giudiziaria potrà, nella conduzione delle indagini, tener conto del contemporaneo svolgimento di inchieste tecniche [improprio definirle così in quanto gli accertamenti tecnici sono “investigazioni” sulle cause a fini di prevenzione], al fine di evitare che venga pregiudicato il corretto esito di quest’ultime».
Orbene, è proprio quel “potrà … tener conto” che aggiunto a quel “può richiedere la collaborazione”, che rovinano tutto !
Perché se il Magistrato inquirente non vorrà “tener conto…” oppure “… non potrà ottenere la collaborazione nella ricerca di colpevoli o responsabili”, allora inibirà (come avviene ormai da tempo) qualsiasi accesso al relitto, alle evidenze ed alle registrazioni sia radio sia radar dell’evento sul quale gli Investigatori dovrebbero “investigare” a fini ultimi di tutela della vita umana e della necessaria prevenzione degli incidenti. Questo blocca il circolo virtuoso della prevenzione degli incidenti che appunto può aver inizio soltanto con una tempestiva conoscenza delle evidenze.
A conclusione dell’incontro il Presidente (ora Commissario) di ANSV commentava che c’era stato un grande interesse per il tema trattato e la volontà di “collaborazione” è stata espressa da tutti gli intervenuti a partire dall’allora vice presidente del CSM, il prof. Giuseppe Verde, dal dottor Antonio Fojanelli, procuratore della Repubblica a Vicenza, dal dottor Settembrino Nebbioso e dal dottor Giovanni Salvi, sostituti procuratori della Repubblica presso il Tribunale di Roma. Il dottor D’Ambrosio del Ministero di Grazia e Giustizia ha avanzato una proposta, ritenuta molto interessante da tutti gli intervenuti. Nelle more, a suo dire, d’una necessaria revisione del decreto istitutivo dell’Agenzia «sarebbe bene predisporre, in tempi brevi, un Regolamento governativo, finalizzato a fissare in maniera precisa le modalità di collaborazione tra autorità giudiziaria e ANSV».
Questo Regolamento farebbe da ponte, nell’attesa – come si accennava – della revisione del decreto 66/99, revisione che tutti i partecipanti al dibattito hanno indicato come necessaria, stante la necessità di «eliminare le “problematiche interpretative” in esso attualmente esistenti, onde coordinarlo meglio con l’ordinamento penale esistente e favorire l’effettiva collaborazione tra autorità giudiziaria e ANSV, fermi restando i rispettivi ruoli istituzionali».
E’ prassi tecnico-giuridica affermata a livello mondiale quella sancita dall’ICAO ed in accordo al principio della “Just Culture” si ribadisce che l’investigazione tecnica deve escludere qualsiasi valutazione di colpa e responsabilità. Lo sviluppo di questa proposta di buona volontà reciproca, allo scrivente, che pur l’apprezza, non sembra percorribile, mentre ritengo urgente e necessaria la revisione del D. Lgs. 66/99 che dovrebbe sfociare in una iniziativa ministeriale di riforma del c.p.p. proprio ora che la riforma della Giustizia in Italia sembra in fase di avvio.
Ciò perché quanto auspicato nel convegno di studio di nove anni fa non ha portato ad alcun cambiamento positivo, mentre invece si sono aggravati gli episodi negativi che hanno, spesso, portato a blocchi delle investigazioni tecniche e di conseguenza a ritardi anche gravi nell’adozione delle necessarie misure preventive e correttive. Speriamo che per la sicurezza dei voli non si debba attendere altri 10 o più anni ! 15 maggio 2010
Mentre leggevo le conclusioni degli Investigatori d’incidenti olandesi in merito al “crash” in corto finale alla pista 18 R dell’aeroporto di Amsterdam-Schiphol del bireattore Boeing B. 737-800 – marche TC-JGE, volo Turkish Airlines 1951 del 25 Febbraio 2009, m’è venuta la curiosità professionale di cercare un sito web che contemplasse la statistica di “accidents” e di “incidents” di aeromobili commerciali perduti o danneggiati per difetti dovuti ad informazioni errate fornite ai piloti o direttamente ai comandi di bordo dall’automazione o dai sistemi elettronici ad essa collegati.
Ricordo che l’aeromobile è andato completamente distrutto a causa d’uno stallo di velocità avvenuto all’altezza di soli <metricconverter productid="360 piedi" w:st="on">360 piedi</metricconverter> (<metricconverter productid="120 m" w:st="on">120 m</metricconverter>) dal suolo per l’improvviso ritardo al minimo della spinta di entrambi i motori, comandato dall’automazione di bordo, che ha provocato la morte dei tre piloti (tra i quali un pilota-controllore), d’un altro membro dell’equipaggio di cabina e di cinque passeggeri, ferendone un’altra ottantina, durante lo schianto al suolo (fortunatamente senza incendio) che ha prodotto la rotture in tre parti della carlinga e la separazione delle ali.
Ebbene, su di un centinaio circa di siti, specializzati nel ramo, da me consultati, non sono stato capace di trovarne alcuno che trattasse appunto di statistiche relative ad eventi di questo tipo per confrontare questo genere di incidenti e/o di aeroplani tra le flotte di aeromobili prima e dopo l’introduzione appunto dell’automazione esasperata a bordo degli aeromobili commerciali.
Talché avrei deciso di lanciare un appello/sfida ai signori padroni delle statistiche di genere aeronautico sulla sicurezza del volo invitandoli a cimentarsi ed a confrontare i casi d’incidenti aerei nei quali l’automazione sia decisamente stata quanto meno un fattore nell’incidente e quindi d’indicarne quale sia l’incidenza statistica ricavabile.
Solo se troverò qualcuno in grado di darmi informazioni oggettive in materia, allora mi sentirò in grado di analizzare e di commentare appropriatamente il “crash” di Schiphol, in quanto mi rifiuto di credere che sia bastato uno solo degli altimetri di bordo, collegato ad uno solo dei due autopiloti con auto manetta che devono essere inseriti contemporaneamente per comandare un avvicinamento strumentale in automatico, a poter iniziare una catena di effetti quali quello che ha causato appunto lo schianto al suolo in regime di stallo di velocità.
Purtroppo infatti le investigazioni tecniche condotte all’oscuro anche dei precedenti statistici per tipo di aeroplano, di avaria e di componente specifica alla base del malfunzionamento, si rivelano spesso incomplete e quindi fuorvianti in merito alla determinazione corretta delle cause, ma soprattutto possono inficiare la validità delle misure preventive e correttive che sono il “succo” finale di ogni investigazione tecnica sui sinistri aeronautici. 14 maggio 2010
La campagna di ricerca sottomarina del relitto e dei Registratori di bordo del volo AF 447 del 1 Giugno 2009 – viene annunciato – terminerà il 25 Maggio.
Airbus Industries e la stessa Air France hanno stanziato un milione e mezzo di Euro ciascuna per finanziare le ricerche iniziate dal solo BEA francese con una certa collaborazione di Brasile e Stati Uniti d’America.
E tuttavia il BEA che continua a gestire l’intera operazione di tentato recupero.
Le ultime notizie non sono però molto incoraggianti in quanto delle due navi attrezzate - inizialmente assegnate all’operazione congiunta - quella appartenente agli USA è stata ritirata per farla accorrere a collaborare alla sistemazione del problema della piattaforma petrolifera esplosa nel Golfo del Messico, dal cui fondo continua a fuoriuscire … una marea di greggio altamente inquinante l’ecosistema di buona parte del Golfo stesso.
Così entro il 25 del mese in corso o si ritroveranno le “scatole di colore orange” (come sono effettivamente colorati i contenitori dei due apparati di registrazione) ed il loro contenuto sarà ancora utilizzabile (come dovrebbe), oppure … quello dell’A. 330 dell’Air France – volo 447 – rimarrà … un mezzo mistero.
L’accertamento delle cause … utili alla sicurezza dei voli in generale ed a quelli degli aeromobili costruiti dal Aibus Industries in particolare, potrebbe continuare a rimanere un "mistero". 6 maggio 2010
L’Interstate Aviation Committee – MAK – della CIS, nominato quale ente tecnico dalla Commissione governativa d’inchiesta decisa dal Governo di Mosca per il disastro del Tupolev TU 154 che trasportava la delegazione polacca a Smolensk lo scorso 10 Aprile, non ha comunicato, ancora, nulla in merito ai contenuti delle registrazioni dei Registratori di bordo recuperati. Ha invece lasciato trapelare la notizia che da «… informazioni derivate dai Flight Recorders dell’aeroplano» (testuale), l’aeromobile polacco era equipaggiato con due importanti sistemi di navigazione e di allerta per il rischio di collisioni contro il terreno.
Nell’ordine, i due impianti citati sarebbero:-
- un Global Positioning System – GPS – (costruito negli USA), come del resto lo scrivente aveva ipotizzato, basandosi sull’ostinazione con la quale l’equipaggio polacco aveva cercato d’atterrare, effettuando ben quattro avvicinamenti;
- un Ground Proximity Warning System – GPWS – (di costruzione non dichiarata), il quale però, sempre a parere dello scrivente, poteva essere di scarso aiuto durante l’effettuazione degli avvicinamenti con carrello esteso ed in completa configurazione d’atterraggio e con basso rateo di discesa, in assenza di segnali elettronici di guida all’atterraggio.
Il MAK però deve ancora precisare se i due impianti di bordo fossero funzionanti ed utilizzati dall’equipaggio al momento dell’incidente e questo si potrà sapere soltanto quando verranno rese note le comunicazioni terra/bordo/terra e quelle fra i due piloti ed il navigatore presente a bordo in veste di addetto alle radio comunicazioni.
Come ho già scritto, il fatto di aver reiterato per ben quattro volte l’avvicinamento alla pista era sintomatico dell’utilizzo del GPS. La mancanza sull’aeroporto di un radiofaro non poteva però garantire l’accuratezza che è richiesta per effettuare un avvicinamento strumentale di precisione e l’utilizzo del GPS si è rivelato un azzardo fatale come purtroppo si è visto dal risultato finale.
Il MAK ha comunicato anche che sta ancora esaminando la documentazione tecnica in merito ai lavori di modifica apportati a questo aeromobile presso la ditta di revisione “Aviakor”, basata a Samara, effettuati verso la fine dell’anno 2009.
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Ai primi di Aprile sono iniziate nell’Oceano Atlantico le operazioni di ricerca sottomarina del relitto dell’Airbus A. 330 dell’Air France, precipitato la notte del 1 Giugno scorso dopo tre ore di volo e 45 minuti dal decollo da Rio de Janeiro in un’area oceanica situata a circa 435 miglia nautiche a NordEst dell’isola Fernando de Noronha con a bordo 216 passeggeri e 12 membri d’equipaggio.
Ora le ricerche, coordinate dal BEA, sono iniziate da circa tre settimane e vedono impiegate le due navi appoggio (“Seabed Worker” e “Anne Candies”), dotate di apparecchiature di ricerca sottomarina dei Registratori di bordo dell’aeroplano scomparso, tra le quali primeggia il robot sottomarino “Remus”.
Le ricerche finora sono state infruttuose, come lo erano state quelle condotte durante i mesi di Giugno e Luglio, quando ancora funzionavano gli impulsi sonori prodotti dagli appositi “locators” collegati ai Registratori che si stanno disperatamente ricercando per poter stabilire, cause e modalità del disastro. A quelle prime ricerche avevano partecipato finanziariamente con circa 40 milioni di dollari oltre al Governo francese anche quelli del Brasile e degli USA.
In seguito alle difficoltà di ritrovare i Flight Recorders impropriamente definiti coma “scatole nere”, l’EASA avrebbe inviato all’ICAO, in occasione del recente meeting sulla sicurezza del volo - tenutosi a Montreal dal 30 Marzo al 1 Aprile – una lettera proponendo uno standard internazionale secondo il quale tutti gli aerei commerciali in volo dovrebbero esser in grado di originare automaticamente dei messaggi contenenti informazioni oltre che sulla posizione del velivolo, anche quelli della sua altitudine, della sua velocità e direzione (prua), inviate via satellite ad apposite stazioni installate presso la base della Compagnia di appartenenza. Inutile dire dei costi e dell’intasamento di messaggi che tale soluzione comporterebbe.
Comunque, ben che vada, se una tale decisione dovesse essere presa dall’ICAO, la sua realizzazione pratica sui primi aeroplani costruiti secondo queste esigenze non si potrà vedere (ottimisticamente) prima di 4 o 5 anni !
Intanto speriamo nella buona sorte di questa campagna di ricerca. 30 aprile 2010
A distanza d’una settimana dal disastro del TU 154 M della flotta presidenziale polacca con a bordo gran parte del Governo, alcuni Capi militari e di altri notabili polacchi avvenuto durante il quarto tentativo di avvicinamento per l’atterraggio sull’ex base aerea militare, ora civile, di Severny a Smolensk (Russia), si incomincia ad avere notizie un po’ più precise, corredate dall’immagine del luogo tratta da una mappa di Goggle Earth.
L’aeroporto si trova a Nord della città, ma non è dotato di adeguati radioaiuti per atterraggi strumentali di precisione in condizioni di visibilità ridotta per nebbia come quelle della mattina del 10 Aprile.
Secondo dichiarazioni rilasciate da responsabili dell’Ente normatorio dell’aviazione civile della CSI, denominata Rovatsja, a Flight International, l’aereo polacco era così basso durante il quarto avvicinamento che a 1.200 m dalla testata della pista 26, quando per una corretta traiettoria doveva trovarsi a non meno di 60 m di altezza sul terreno, ha invece colpito le cime di alcuni alberi alti 8 m ed ha finito la propria corsa divenuta incontrollata impattando il suolo a soli 400 m dalla testata della pista, di poco spostato sulla sinistra rispetto al prolungamento dell’asse di centro pista.
Non è noto quali radar/radio-assistenze siano rimaste in funzione sulla ex base militare (forse qualcosa di simile al militare TACAN occidentale), da poco convertita in aeroporto civile, in quanto il radar militare di sorveglianza prima esistente sembra sia stato rimosso e due radiofari non-direzionali dovrebbero esse stati i soli radioaiuti utilizzabili, quali assistenze da terra.
L’insistenza nel tentare per ben quattro volte l’avvicinamento, mi porta a pensare che i piloti polacchi si siano avvalsi delle informazioni derivate da un GPS - Global Positioning System – sistema che però non fornisce indicazioni di altezza sul terreno e sugli ostacoli e la cui precisione spaziale non è in grado di garantire l’accuratezza necessaria atta a consentire l’effettuazione di un avvicinamento strumentale di precisione.
Ma in merito non ci sono indicazioni da parte della Commissione governativa russa, che è stata incaricata dell’inchiesta dallo stesso Presidente della CSI.
Rimane per ora occulto il motivo per il quale l’equipaggio di condotta del TU 154 abbia attuato i reiterati pericolosi tentativi di avvicinamento quando era al corrente delle condizioni di visibilità per nebbia, proibitive perfino per iniziare il primo degli avvicinamenti di non precisione date le radioassistenze disponibili sull’aeroporto.
Il comandante del volo era un pilota polacco di 35 anni d’età che aveva un totale di 3.528 ore totali di volo, delle quali ben 2.973 ore effettuate sul tipo di aeromobile del disastro, mentre il suo co-pilota aveva 1.939 ore di volo, delle quali 506 sul tipo. In cabina di pilotaggio vi era anche un navigatore di 59 anni (quasi sicuramente, come d’uso negli equipaggi dei Paesi dell’ex blocco orientale) addetto alle comunicazioni radio, che nell’occasione si svolgevano in lingua russa, seppure, sembra, con qualche difficoltà.
Da rilevare ancora che i Controllori russi avevano suggerito al comandante polacco di dirottare sugli aeroporti di Minsk o di Vitebsk in Bielorussia oppure di Vuknovo a Mosca, ma tutte queste soluzioni avrebbero poi comportato un trasporto su strada della durata di quattro ore dell’intera delegazione che doveva partecipare alla commemorazione dei militari polacchi trucidati a Kathyn nel 1940.
Un fatto che rende ancor più inquietante e fitto il mistero su questo disastro:- solo tre giorni prima lo stesso aeroplano aveva volato da Varsavia a Smolensk con a bordo il Primo Ministro ora deceduto, l’equipaggio di condotta di questo secondo volo presidenziale era quindi a conoscenza della mancanza di idonei radioaiuti di precisione all’avvicinamento.
Infine si rileva che circa 30 minuti prima dell’arrivo del volo presidenziale polacco un aereo IL 96 della Forza aerea russa che doveva atterrare a Smolensk con a bordo personale del Servizio federale russo per la sicurezza anticrimine, era stato “ordinato” di dirottare su altro aeroporto a causa delle esistenti proibitive condizioni di visibilità, inferiori ai minimi di Stato in vigore.
I Controllori del Traffico Aereo russo infatti possono impartire “ordini” ai piloti militari, mentre entrambi i piloti polacchi, avendo uno “status” civile, rispondevano soltanto alle norme dell’Aviazione Civile Internazionale – ICAO.
Ma proprio da ciò l’ultima perplessità:- allora perché il Governo della CSI ha istituito una Commissione d’inchiesta governativa, anziché affidare il caso all’Agenzia indipendente di investigazioni sugli incidenti aerei denominata MAK – Intestate Aviation Commitee – così che vi potessero partecipare il Rappresentate accreditato polacco ed i suoi consulenti (“advisers” tecnici) a norma dell’Annesso 13 sugli incidenti aerei dell’ICAO ?
Vedremo, speriamo in breve tempo, le conclusioni che dovrebbero venir rese note pubblicamente ? 19 aprile 2010
Il 14 Agosto 2005 il volo 522 della Helios Airways – Boeing B 737- 300, marche 5B-DBY – partito dall’aeroporto di Larnaca con destinazione Praga, dopo aver volato per quasi due ore senza alcuna comunicazione radio con i Centri di Controllo del Traffico Aereo, si abbatteva al suolo presso il villaggio di Grammaticos, vicino al nuovo aeroporto di Atene, per la piantata di entrambi i motori a causa dell’esaurimento del carburante a bordo, causando il definitivo decesso dei 115 passeggeri e dei 6 membri d’equipaggio, tutti già in stato di incoscienza per ipossia.
I piloti dei caccia F 16 della difesa aerea ellenica che avevano intercettato il volo sempre silente durante la sua sesta orbita nel circuito d’attesa del VOR di Atene, avevano comunicato al Centro di Controllo competente di non poter scorgere alcun segno di vita né nella cabina di pilotaggio (il Comandante non era al proprio posto) né nella cabina passeggeri, nonostante alcuni abbiano usato le maschere per l’ossigeno fuoriuscite automaticamente dai loro alloggi allorquando la cabina dell’aeroplano, che non pressurizzava fin dalla partenza, aveva raggiunto la quota di 18.000 piedi mentre l’aeroplano, con l’autopilota inserito in accordo a quanto programmato dai piloti prima della partenza, aveva continuato a salire al livello di crociera 340 34.000 piedi .
Nelle sopra descritte condizioni, l’aeroplano giunto sopra l’aeroporto di Atene si è messo ad orbitare alla quota di crociera sopra l’area di attesa in volo, fino a quando l’esaurimento del carburante, avvenuto in rapida successione su entrambi i motori, ne ha causato la caduta fuori controllo avvenuta fortunosamente in una zona disabitata situata circa 30 km a NW dell’aeroporto, con le conseguenze che ormai conosciamo.
Nel Novembre 2006 (dopo 15 mesi di lavoro con la collaborazione della Autorità dell’Aviazione Civile cipriota), il Consiglio dell’Ente ellenico per l’investigazione degli incidenti aerei e per la sicurezza dell’aviazione civile – AAIASB – rendeva note le risultanze della propria investigazione tecnica in una corposa Relazione, contenente anche molte raccomandazioni indirizzate oltre che all’Aviazione Civile Cipriota, anche ad Enti ed organizzazioni di sicurezza quali il NTSB e la FAA negli USA e l’EASA/JAA per l’Europa ed ai Centri di Controllo del Traffico Aereo di Nicosia e di Atene.
La ragione per la quale l’aeroplano di questo tragico volo non riuscisse a pressurizzare e perché i suoi piloti non siano intervenuti appropriatamente né durante i controlli pre-volo e soprattutto una volta in volo, sta nel fatto che il giorno precedente all’arrivo a Larnaca erano stati segnalati problemi di pressurizzazione e per tale ragione la manutenzione aveva iniziato i suoi lavori di controllo e di riparazione del guasto. Al temine delle prove effettuate a terra, la squadra di specialisti aveva lasciato in posizione “Manuale” l’interruttore dell’impianto di pressurizzazione, anziché nella normale posizione “automatico”. Alla presa in consegna dell’aeroplano, né il co-pilota (un cipriota di 51 anni, ex meccanico di terra) né il comandante (un tedesco dell’Est di 59 anni, globetrotter presso varie Compagnie aeree) si sono accorti che la luce di controllo della pressurizzazione invece d’essere spenta a terra, era invece illuminata verde, un colore che in aviazione solitamente non segnala pericolo bensì un funzionamento corretto, invece nella fattispecie, consente solamente di pressurizzare manualmente l’aeroplano da parte del co-pilota, agendo continuamente sull’impianto per mantenere la pressurizzazione entro i limiti voluti.
L’aeroplano è decollato in tali condizioni con il comando della pressurizzazione predisposto su “automatico”, ma essendo l’interruttore principale della pressurizzazione su “manuale”, questa non poteva funzionare. Quando l’aeroplano durante la salita ha raggiunto la quota di 18.000 piedi (e la cabina quasi altrettanto) è suonata una sirena d’allarme e si è acceso una spia luminosa che, se l’aereo è a terra, indica che non è configurato correttamente per decollare, ma se si attiva in volo, dà l’allarme che la cabina dell’aeroplano non sta pressurizzando/condizionando correttamente. Ma né il comandante né il co-pilota conoscevano questa seconda funzione ed il comandante ha contattato la sua Compagnia, per trovare assistenza tecnica su cosa fare, mentre il copilota non effettuava neppure il silenziamento della sirena d’allarme, che contribuiva a rendere ancora più caotica la situazione. Intanto l’aeroplano continuava a salire e giunto verso i 28.000 piedi di quota faceva perdere conoscenza ai due piloti (con il comandate in piedi davanti al quadro degli interruttori elettrici di sicurezza). Lo stesso avveniva per la maggior parte dei passeggeri e degli assistenti, mentre quei pochi che avevano utilizzato le maschere cedevano al torpore causato dal freddo atmosferico esterno (intorno ai meno 50° C.) ed infine agonizzavano anch’essi, fino al momento del decesso provocato dall’impatto dell’aeromobile contro il suolo.
La relazione d’inchiesta così si pronuncia sinteticamente sulle “cause dirette”:-
- Selettore del modo di pressurizzazione della cabina in posizione “manual”;
- Mancata identificazione dell’allarme e relative ragioni;
- Mancata accurata effettuazione del “pre-flight check”;-
- Incapacitazione fisica dell’equipaggio dovuta ad ipossia.
A ciò si aggiungono le seguenti “cause latenti”:.
- Organizzazione, manutenzione e “safety culture” dell’esercente deficienti;
- Inadeguata sorveglianza da parte dell’Autorità nazionale di normazione;
- Mancata attuazione del “Crew Resource Management” da parte dei membri dell’equipaggio;
- Mancati interventi correttivi di precedenti avarie similari da parte della ditta costruttrice di questo tipo di aeroplano.
Seguivano ancora altri “fattori contributivi”, ma troppo tecnici per poter interessare ancora, a distanza di tanto tempo.
Da notare solamente che lo stesso aeromobile nel Dicembre del 2004 aveva dovuto effettuare una discesa d’emergenza da 35.000 piedi poco prima del suo arrivo a Cipro a causa d’un difetto all’impianto di pressurizzazione, cosa del resto abbastanza frequente sugli aeromobili di questo tipo e comune un po’ a tutte le serie dello stesso velivolo, come stanno a dimostrare le centinaia di casi di difetti di tale impianto che la Commissione investigativa ha trovato nella banca dati sia del Aviation Safety Reporting System della NASA (riferiti al decennio 1994-2004), sia in quella della ditta costruttrice.
Purtroppo però l’impianto non era mai stato migliorato, ma di questo difetto tutti gli esercenti erano ben informati.
L’EASA, a Marzo 2008, esaminate le raccomandazioni emesse dall’AAISB ellenico, ha comunicato a quest’ultima d’aver emanato un bollettino informativo di sicurezza, obbligatorio per le aviazioni civili di tutti i Paesi della U. E. e per tutti gli esercenti europei, costringendoli a cambiare le procedure da rispettare da parte degli assistenti di cabina duranti la fase di salita. Qualora durante appunto la salita dovessero fuoriuscire dai loro alloggiamenti le maschere per l’ossigeno, indizio che la cabina non viene regolarmente pressurizzata e l’aeroplano non interrompa la salita, gli assistenti sono tenuti a recarsi in cabina di pilotaggio per sincerarsi che i piloti siano coscienti della situazione ed abbiano indossato le rispettive maschere per l’ossigeno.
L’EASA inoltre comunica di aver accolto le altre raccomandazioni di sicurezza emesse dal AAISB greco e di voler apportare alcuni cambiamenti alla regolamentazione aeronautica in vigore nella Unione Europea. Pertanto l’EASA ha preso in considerazione altri tre problemi conseguenti questo grave evento, per valutare l’opportunità di emettere nuove norme comuni e cioè:-
Commento
Francamente, proprio quest’ultima ipotesi mi sorprende e mi meraviglia non poco, in quanto ho sempre pensato fosse facile (in quanto a ciò addestrato) riconoscere i sintomi d’ipossia che sono il motivo base per il quale piloti ed assistenti di volo devono gestire ed usare le maschere per l’ossigeno, presenti a bordo per i passeggeri e per gli equipaggi fin dai primordi dei voli commerciali.
La relazione finale dell’investigazione dell’AAISB ellenico, risulta accurata ed abbastanza approfondita nella ricerca delle evidenze e nelle conclusioni, un po’ meno su alcuni aspetti della vicenda, che cercherò di evidenziare.
Forse per la mancanza della parte precedente gli ultimi 30 minuti di registrazione del CVR (che ha questa durata limitata a 30 minuti di incisione) non è stato posto in evidenza quanto invece ere stato evidenziato, sulla base delle testimonianze disponibili nella relazione preliminare subito dopo l’evento e cioè che il comandante, tedesco dell’Est ed il copilota cipriota non si comprendessero molto bene, precipuamente a causa del limitato vocabolario inglese praticato dal tedesco, anche nelle comunicazioni con la Compagnia contro, il co-pilota, lasciato da solo ai comandi, non solo non conosceva né le regole né i sintomi riguardanti la carenza di ossigeno in mancanza di pressurizzazione, ma addirittura continuasse a lasciar salire l’aeroplano ( e di conseguenza la cabina) oltre la quota di sopravvivenza per gli esseri umani privati dell’ossigeno ! In entrambi inoltre si veniva automaticamente evidenziando la carente conoscenza degli impianti di bordo e le conseguenti risultanze sugli occupanti del velivolo.
Sintomatico in questo caso poi la mancata conoscenza anche delle collegate conseguenze al mancato funzionamento dell’impianto di condizionamento della cabina, che ha comportato l’esposizione a temperature glaciali e quindi all’agonia per assideramento anche di quegli occupanti che potevano sopravvivere all’ipossia usando le maschere per l’ossigeno.
Infine, la mancanza di “safety culture” all’interno della Compagnia cipriota, citata a buona ragione tra le “cause latenti” del sinistro è ampiamente dimostrata dal fatto che i due piloti ai comandi, oltre a non conoscere l’aeromobile ed i suoi impianti ed avvisi, non conoscevano neppure alcuno delle centinaia di casi di difettoso funzionamento dell’impianto di Pressurizzazione/condizionamento degli aeromobili B. 737 di tutte le serie. Sarebbe infatti bastata una minima conoscenza dei casi già accaduti e disponibili in qualsiasi banca dati che si occupi di sicurezza del volo, per operare con professionalità, prudenza e rispetto per la vita dei trasportati.
A distanza di oltre cent’anni dal primo volo umano con il più pesante dell’aria (come è definito l’aeroplano), quanta strada rimane ancora da percorrere in tema di sicurezza del volo da parte dell’aviazione commerciale, particolarmente di quella parte di essa che non segue, come dovrebbe, gli insegnamenti ricavati da sangue già versato. Eppure, basterebbe avvalersi dell’esperienza disponibile da parte degli studiosi professionisti della sicurezza del volo ! 2 aprile 2010
Flight International – ATI – in data 15 Marzo ha ricordato a Parigi che la ripresa delle ricerche sottomarine del relitto e dei registratori di bordo dell’Airbus A. 330 – volo AF 447 – scomparso nell’Oceano Atlantico lo scorso 1 Giugno 2009 stanno per ricominciare, sebbene ritardate di qualche giorno rispetto al programma precedentemente comunicato, a causa “di difficoltà tecniche ed amministrative”, dal BEA - Bureau d’Enquetes e d’Accident – francese, ente investito dell’autorità di effettuare le investigazioni tecniche sugli incidenti dell’aviazione civile francese.
Il BEA ha pure annunciato che la nave di ricerche sottomarine Anne Candies, equipaggiata con un sonar capace di captare le due frequenze aeronautiche sulle quali possono trasmettere i radiofari localizzatori di posizione dei registratori di bordo dell’A 330 e che viene trainato lateralmente sul fondo oceanico fino alla profondità di 6.100 metri prevede di arrivare nel porto brasiliano di Recife entro il 24 Marzo, dove si incontrerà con una seconda nave partecipante alla campagna di ricerca, la Seabed Worker sulla quale sarà trasferito un batiscafo per la ricerca di profondità degli stessi registratori. L’armatore e gestore della prima nave, la ditta Phoenix International, ha precisato che la propria apparecchiatura sonar può esser utilizzata per coprire un sentiero sottomarino della larghezza di 1.800 metri per ogni passata a pettine effettuata nella zona di ricerca individuata come probabile giacenza del relitto. L’apparecchiatura costituita dal batiscafo sottomarino di ricerca, denominato CURV – 21, è guidato e vincolato alla nave madre da cavi di traino del peso dichiarato di quasi tre tonnellate.
Questo che va ad iniziare tra breve sarà il terzo tentativo di recupero dei registratori dell’A 330 dell’Air France, senza i quali è impossibile stabilire una effettiva ricostruzione di quanto sia accaduto a bordo prima della definitiva perdita dell’aeroplano e del suo carico umano.
Ciò sebbene i dati disponibili dai radio messaggi inviati in automatico dagli apparati di bordo dell’A 330 abbiano finora indicato chiaramente che alcuni malfunzionamenti delle sonde di velocità del velivolo hanno compromesso l’attendibilità dei dati necessari al funzionamento dei vari automatismi che governavano l’aeromobile durante il volo di crociera tra Rio de Janeiro e Parigi.
Per amor della verità, ma soprattutto in nome del progresso aeronautico è veramente indispensabile poter far luce completa sulle cause della perdita di questo volo, anche se altri casi consimili sugli aeroplani dello stesso costruttore aeronautico non erano mancati, ma si erano conclusi senza il disastro finale.
Per il momento non rimane che … attendere ! 22 marzo 2010
Sul numero della prima settimana del mese di Maggio del 1991 (che avevo accuratamente conservato), l’autorevole rivista “Flight International” pubblicava un editoriale sull’amministrazione della Giustizia nei sinistri dell’aviazione civile internazionale. A distanza di vent’anni è più attuale che mai, in particolar modo per il nostro Paese.
Sotto il titolo “Error and punishment – errore e punizione”, l’editoriale diffondeva concetti riferibili a fatti accaduti all’epoca, che cercherò di presentare debitamente tradotti.
«Nella propria relazione conclusiva sulla caduta di un Boeing B707 della Compagnia di navigazione aerea AVIANCA a New York nel Gennaio del 1990 il “National Transportation Safety Board – NTSB” ha così determinato la responsabilità del sinistro che ha provocato la morte di tutte le 73 persone che si trovavano a bordo. Ai piloti è stata addossata la “completa responsabilità”, in quanto non avevano applicato le procedure standard internazionalmente accettate, che sono alla base dell’addestramento dei piloti. I piloti, a corto di carburante, non avevano denunciato l’emergenza al controllo del traffico aereo e l’aeromobile è precipitato al suolo.1
Se i piloti fossero sopravvissuti, come sarebbero stati giudicati? Sarebbero stati puniti dalla Compagnia? Il diritto civile li avrebbe giudicati responsabili? Certamente!
Se fossero sopravvissuti sarebbe stato richiesto anche l’intervento della giustizia penale? Questo è il quesito. Quale genere d’errore o quale omissione procedurale deve aver commesso un pilota professionista per esser sottoposto a giudizio penale?
Quei piloti [di Avianca – ndt] hanno pagato con la loro vita e quindi non hanno dovuto affrontare alcuna imputazione. Ma altri piloti sono sopravvissuti ad incidenti disastrosi e sono stati messi sotto accusa e dichiarati colpevoli di comportamenti criminosi.
Per converso, i piloti ai comandi del B. 737-400 della “British Midland” distrutto a Kegworth (U. K.) nel Gennaio del 1989 hanno potuto seguire sia l’investigazione tecnica dell’incidente che l’iter processuale, sono stati incolpati di non aver utilizzato tutte le informazioni disponibili in cabina di pilotaggio, però non sono stati accusati di alcun reato [sebbene l’incidente in questione abbia causato 47 vittime tra i presenti a bordo – ndt].2
Un altro gruppo di professionisti, i dottori in medicina [e più particolarmente i chirurghi – ndt], se commettono gravi errori sono passibili di due tipi d’incriminazione oltre alle richieste di risarcimento:- punizione da parte del proprio ordine professionale di categoria che in molti Paesi può significare l’impossibilità di esercitare ancora la propria professione ed essere perseguiti penalmente, accusati di intenzionalità e d’esser stati negligenti, fatto dimostrato da imprudente noncuranza per le regole della professione.
Comunque, casi così gravi da richiedere il giudizio d’una Corte giudicante oltre all’intervento disciplinare da parte del proprio ordine professionale sono [in Inghilterra ! - ndt] molto rari.
I piloti professionisti sono e possono essere esposti alle medesime forme di sanzioni disciplinari di quelle dei medici [in Italia da parte di quella che era l’istituzione della “Gente dell’Aria”, ora divenuta un mero strumento disciplinare di ENAC – ndt], sebbene che la prima sanzione disciplinare viene erogata dalla Compagnia aerea di appartenenza.
L’estrema sanzione disciplinare può esser il licenziamento. Questo tipo di punizione è estremamente grave e severa. Infatti, quando un pilota perde il suo impiego per esser stato licenziato, le sue probabilità di trovare un lavoro con un’altra Aerolinea di pari importanza è molto remota. Quella punizione normalmente dovrebbe esser considerata sufficiente [anche perché l’errore commesso o il reato non sarebbe più reiterabile – ndt].
Un’ulteriore azione punitiva nei confronti d’un pilota può esser adottato dalla propria Autorità nazionale dell’aviazione civile con il declassamento o la revoca della licenza professionale aeronautica che essa stessa ha rilasciato.
La revoca è una punizione terribile, in quanto comporta la completa perdita di qualsiasi possibilità di esercitare la professione.
La discrezionalità di andare oltre questa fase e quindi al tribunale penale non dovrebbe mai essere chiesta specialmente se i piloti dimostrano fiducia nei sistemi che reggono il potere disciplinare. Se essi non dovessero rispettarlo la corte sarà per forza coinvolta.
I piloti, i medici o altri professionisti [quali d esempio i Controllori del Traffico Aereo o i membri d’altre categorie che operano in prima linea ed hanno a volte poco tempo per decidere – ndt] che possono commettere uno sbaglio che possa avere come conseguenza un danno o un incidente grave, non dovrebbero essere incriminati quali presunti criminali, salvo il caso in cui sia palese la volontà di commettere gravi atti per imprudenza o negligenza.
Pertanto, bisogna chiedersi dove si collocano i piloti dell’incidente dell’Avianca?
Dato che pochi esseri umani sono così intenzionalmente negligenti fino al punto di tentare di uccidersi volontariamente, il caso rimane tra quelli definiti come imperizia.
Dunque, a meno che dall’investigazione tecnica non sia evidenziata l’imprudenza, il caso non dovrebbe mai finire davanti ad un Tribunale. I piloti dell’Avianca hanno dato dimostrazione dì incompetenza [e di ciò dovrebbe essere chiamato a rispondere il loro datore di lavoro – ndt], ma non di negligenza. Richiede, invece, d’essere completamente riorganizzato il sistema della società di navigazione aerea che ha effettuato l’addestramento di quei piloti ed in particolare ha consentito la loro abilitazione in linea».
Commento.
Questo era, ben vent’anni fa, il concetto di “Just Culture” che già dominava nell’opinione pubblica e tra i media di connotazione anglosassone o più precisamente britannica e che noi condividiamo. Ben diverso e distinto dal pensiero che, all’epoca, divideva la concezione inglese in merito agli incidenti involontari dal pensiero del NTSB americano. Questi ultimi infatti, nella relazione finale sul caso del B. 707 dell’Avianca precipitato a New York «… hanno deciso di individuare una “responsabilità” per il sinistro …», tipo di determinazione di colpevolezza che non è contemplata dalle norme dell’investigazione tecnica contenute nell’Annesso 13 dell’ICAO, in quanto lo scopo dell’investigazione tecnica è solo quello di individuare le cause dell’evento e di emettere raccomandazioni di sicurezza atte a prevenire la reiterazione degli “accidents” e “incidents”.
Sulle posizioni britanniche si è in seguito evoluto anche il pensiero del NTSB e soprattutto quello dei media statunitensi, ma non quello dell’opinione pubblica in generale e più in particolare, ovviamente, quello dell’intera avvocatura statunitense, che va sempre e comunque alla caccia delle responsabilità del sistema o della aziende coinvolte, anche con o senza il coinvolgimento del singolo operatore di prima linea.
1 Il 25 gennaio 1989 il volo 052 della Compagnia Aerea Avianca un Boeing 707-321B alle 2134 ETD si è schiantato su un’area residenziale a Cove Neck, Long Island, New York. Il volo era partito da Bogota per l’aeroporto J.F.K. di New York con uno scalo intermedio a Medellin, aveva 158 persone a bordo e 73 perirono nell’incidente.
A causa delle cattive condizioni meteorologiche nella zona a NE degli Stati uniti il volo è stato costretto dal controllo del Traffico Aereo a circuitare per tre volte in attesa di istruzioni per una totale di 1 ora e 17 minuti. Durante il terzo periodo d’attesa, l’equipaggio informò il Controllo del traffico aereo che non poteva attendere per più di 5 minuti in quanto il carburante stava per terminare e non poteva raggiungere Boston che era il suo aeroporto alternato.
Ha in seguito effettuato un avvicinamento con riattaccata all’aeroporto JFK. Mentre cercava di ritornare sull’aeroporto, l’equipaggio sperimentò una perdita di potenza a tutti e quattro i motori per mancanza di carburante e si è spezzato sull’area residenziale a 25 Km dall’aeroporto.
2 L’otto gennaio 1989 il volo 092 della BMA ha decollato da Londra alle 19:52 con destinazione Belfast. 13 minuti più tardi, mentre attraversava FL 283 in salita, l’equipaggio ha riscontrato vibrazioni moderate/severe accompagnate da odore di fumo e vapori in cabina di pilotaggio. Una parte di una paletta del fan del motore numero 1 si era staccato causando lo stallo del compressore. L’equipaggio è intervenuto riducendo la potenza del motore numero 2 credendo fosse il motore interessato. Il rumore è cessato, l’equipaggio ha spento il motore numero 2 ed ha chiesto il dirottamento ad East Midlands ed ha iniziato l’avvicinamento per pista;27. A 900 ft e a 2.4 nm dalla pista improvvisamente la potenza del motore numero 1 ha iniziato a diminuire e si è acceso l’avviso di fuoco. Appena la velocità è scesa sotto i 125 Kts si è attivato l’avviso di stallo e l’aeroplano ha strisciato sugli alberi ad una velocità di 115 Kts ed ha impattato sul terrapieno dell’autostrada M1 fermandosi a 900 metri dalla pista.
Sono deceduti 47 dei 126 passeggeri a bordo. 27 febbraio 2010
Prima d’esaminare le dichiarazioni del Presidente dell’ANSV rilasciate ad Air Press e pubblicate l’8 Febbraio sul n. 6/2010, è necessario ripercorrere l’iter per capire il ritardo di ANSV nel far conoscere il proprio punto di vista in sede nazionale in merito alla proposta della Commissione europea di nuovo Regolamento in materia di investigazioni su “accidents” ed “incidents” dell’aviazione civile e le relative conseguenze sull’attività di prevenzione di tali eventi. Prevenzione che, secondo l’ICAO, dovrebbe costituire la vera essenza delle ragioni per le quali le investigazioni tecniche sono state affidate ad organi indipendenti, permanenti e specializzati di ciascuno dei singoli Stati membri dell’UE (Direttiva 94/56/CE).
La proposta di regolamento comunitaria è stata pubblicata il 29 Ottobre 2009 [Regolamento (CE) “COM (2009) 611 final” – ndr] per modificare la vecchia Direttiva 94/56/CE del 1994 che ha dimostrato, nel corso di 15 anni, di essere insufficiente a garantire l’indipendenza e l’integrità dell’investigazione tecnica.
Il 9 Novembre 2009 sul n. 43/44 di Air Press è stata pubblicata la dichiarazione dell’allora vice-presidente della Commissione, responsabile per i Trasporti, On. A. Tajani, il quale asseriva che «le nuove regole proposte miglioreranno la qualità delle “indagini” sugli incidenti e l’attuazione delle raccomandazioni di sicurezza. Ed aggiungeva che «le nuove regole, inoltre, chiariranno il ruolo “delle parti coinvolte” [interventi dell’A.G. nei casi di investigazioni tecniche – ndr], proteggeranno meglio importati informazioni sulla “safety”, garantiranno l’indipendenza delle “indagini” [“investigazioni tecniche” di “accidents” ed “incidents” – ndr] e rafforzeranno l’attuazione delle raccomandazioni di sicurezza».
Il 16 Novembre 2009, sul n. 45 Air Press scriveva: La Commissione ha svolto consultazioni pubbliche con gli “attori” del settore e le autorità nazionali [e quindi presumibilmente anche con ANSV – ndr] ed ha realizzato uno “studio di valutazione”, arrivando così ad individuare alcune criticità, come l’assenza d’una capacità investigativa uniforme nell’UE, l’esistenza di tensioni tra “inchieste sulla sicurezza” ed “altre procedure” [procedimenti giudiziari – ndr], la mancanza di chiarezza sul ruolo della Comunità nelle “inchieste” … omissis». Dunque, pareva acclarata una presa di coscienza della Commissione europea nel merito delle “criticità” e delle “tensioni” esistenti tra gli organi nazionali incaricati delle “indagini sugli incidenti” e che quindi anche ANSV avesse fatto conoscere in sede europea le sue difficoltà e le sue “perplessità”, tanto da aver consentito ad un Rappresentante italiano di alto livello presso la Commissione di esprimere il proprio ottimismo.
L’opinione del Presidente di ANSV viene alla luce, solo, sul numero 6/2010 di Air Press con il titolo “Una proposta che suscita molte perplessità”.
Dopo essersi preoccupato di rafforzare la propria posizione agli occhi della Presidenza del Consiglio (da cui dipende la sua nomina) con la proposta di “riordino dell’ANSV”, avanzata in tempo utile per il Consiglio dei Ministri dello scorso 15 Ottobre, ecco che l’8 Febbraio 2010, Air Press pubblica una sua lunga ed articolata “opinione”, presentata con la seguente introduzione:-«Si corre il concreto rischio di condizionare negativamente l’attività delle autorità investigative comunitarie [nazionali – ndr], ridimensionandone le capacità di operare in maniera efficace».
Sulla proposta partecipazione di esperti dell’EASA - European Safety Aviation Agency – alle investigazioni tecniche egli afferma che «l’EASA non è un soggetto terzo rispetto al “sistema aviazione civile” [concetto condivisibile – ndr], in quanto EASA, con la sua attività di regolazione, di certificazione dei prodotti aeronautici [costruzioni aeronautiche – ndr], di standardizzazione e di coordinamento del “Programma SAFA – Safety Assessment for Foreign Aircraft Programe” … potrebbe esser direttamente coinvolta, nell’ambito dell’esercizio della propria attività [istituzionale – ndr], nell’accadimento di un incidente o di un “inconveniente” [sic]».
Delle argomentazioni avanzate dal Presidente Franchi, soltanto due mi sembrano sostanziali e degne d’essere considerate a Bruxelles, nonostante la sua osservazione critica che «comunque la Commissione non sia intenzionata ad accettare estese modifiche in base alla sua proposta, malgrado le incongruità in essa contenute, che rischiano di creare alle autorità investigative dei seri problemi a livello attuativo di certe disposizioni. In particolare, l’attuazione di alcune norme rischia di portare ad un’eccessiva burocratizzazione delle “inchieste” ed all’ingessamento dell’attività investigativa, rendendo complicata la conclusione di qualsiasi inchiesta».
I due punti essenziali sono:-
Nella proposta di Regolamento viene sempre riconosciuto all’A.G. da un lato il diritto di rilasciare l’autorizzazione di accesso affinché l’investigazione tecnica possa iniziare a poter individuare le possibili cause del sinistro, al fine di impedirne la reiterazione e le inevitabili conseguenze e per un altro verso di poter decidere sulla diffusione di registrazioni e di evidenze utilizzabili, esclusivamente per finalità proprie dell’investigazione tecnica e per le raccomandazioni di sicurezza, quindi nel mancato rispetto delle (SARPs ICAO).
Allorquando sullo stesso evento intervenga l’A.G., allora le citate norme NON risolvono i problemi che si sono finora manifestati, in quanto il controllo del luogo dell’evento e delle evidenze disponibili continua ad essere assunto direttamente dall’A.G. competente, sulla base delle prerogative che attualmente le sono riconosciute dagli ordinamenti nazionali vigenti nei singoli Stati europei. Ma ciò avviene e continuerà ad avvenire, in netto dispregio delle norme aeronautiche contenute negli Annessi Tecnici alla Convenzione di Chicago sull’Aviazione Civile Internazionale, qualora non si provveda a dare pari dignità e potere anche all’investigazione tecnica, oltre che all’indagine giudiziaria !
Dunque siamo alla tardiva constatazione che la normativa proposta dalla Commissione europea non tiene in alcun conto delle negative esperienze degli ultimi tre lustri, anzi, al contrario, sembra cullarsi nell’illusione che le Agenzie dei singoli Stati membri chiamate all’espletamento delle investigazioni tecniche non trovino ostacoli ed impedimenti nelle loro funzioni dagli interventi dell’A.G. in tutti i casi di “accidents”.
Ma, se neppure questa volta non si riuscirà a far riconoscere l’urgenza e l’indiscutibile competenza di queste Agenzie ai fini dell’indispensabile opera di prevenzione e di scambio delle informazioni tecniche, disponendo ex lege di voler provvedere a sanare una situazione europea già dimostratasi paralizzante in diversi Paesi, allora vuol dire che chi legifera al Parlamento Europeo non conosce il problema, non è in grado di far tesoro delle esperienze negative che si verificano nel buon funzionamento della legislazione europea erga omnes e se ne dovrà assumere la responsabilità nei confronti degli elettori. E la responsabilità, questa volta, sarà ancora maggiore, in quanto andrebbe sprecata l’esperienza che pure tanto è costata sia in termini “di inutile caccia alle streghe” da parte della Magistratura che dei relativi costi di giustizia e di efficienza delle istituzioni volute dalla Comunità europea.
Ma al di là di queste indiscutibilmente importanti notazioni, la dichiarazione rilasciata dal Presidente di ANSV non migliora quanto già osservato in altre sedi da interlocutori della Commissione.
Dobbiamo, comunque, riconoscere il suo “coraggio” nelle dichiarazioni pubblicate l’8 Febbraio 2010, laddove si decide finalmente a esprimere una valutazione che testualmente precisa:-«Gli Stati membri, per il “considerato n. 15 [delle proposta di Regolamento – ndr], devono provvedere … affinché le autorità responsabili delle “inchieste in materia di sicurezza” [investigazioni tecniche – ndr] … possano svolgere il loro compiti nelle migliori condizioni possibili e senza che vengano compromessi gli obiettivi dell’indagine giudiziaria. Ciò premesso [ed ecco l’inedito atto di coraggio – ndr], la proposta in esame merita almeno serie riflessioni, basate sull’esame del testo in lingua inglese, giacché il testo in lingua italiana, a causa d’una serie di errori, di imprecisioni e [perfino – ndr] di omissioni in sede di traduzione, presenta delle significative difformità rispetto sia al testo inglese sia a quello in francese, che alterano conseguentemente il senso dell’articolato» !
Se n’è accorto il Prof. Franchi, sebbene non sia la prima volta che accade [accadeva fin dai tempi della traduzione della Direttiva 94/56/CE – ndr], ma finora non l’ha mai fatto presente né alla Presidenza del Consiglio, né alle competenti Commissioni di sorveglianza di Camera e Senato e neppure all’ENAC che manda i suoi rappresentanti alle riunioni tecniche a Bruxelles.
Ricordiamo che già allora i termini inglesi “accident” ed “incident” furono barbaramente tradotti in lingua italiana con “incidente” ed “inconveniente”, ma in tutti questi anni sono stati utilizzati anche da lui nei suoi testi, come pure usa assieme ad ENAC (Rif. Air Press N. 5 del 1 Febbraio 2010 – pagg. 138 e ssgg. – titolo “Sicurezza dell’aviazione civile”) il termine “sicurezza” senza riuscire fin dal titolo ad identificare di quale “sicurezza” si tratti, se di quella “operativa – safety” o di quella “pubblica – security”. Tutto ciò è assai deplorevole nei confronti dei contribuenti, che dovrebbero esser messi in condizione di capire subito di che cosa si tratta allorquando si esamini una legge o una disposizione. Questa è una forma di “burocratese” che c’era stato promesso sarebbe stata eliminata, ma siccome le riforme non si fanno con l’urgenza che la situazione italiana richiederebbe, ecco che stiamo ancora andando inutilmente per Tribunali, come nel caso dell’incidente accaduto durante il rullaggio sull’aeroporto di Ronchi dei Legionari il 20 Aprile 2004.
Rimanendo sul tema, ritengo utile segnalare quanto scrive il Generale di Squadra Aerea (r.) Antonio Pelliccia sul n. 1/2010 del Mensile dell’Ass. Arma Aeronautica – pagg. 14-15 – sotto il titolo La Cultura aerospaziale”:«In diverse occasioni negli anni passati … osservai che la ricerca d’un orientamento dottrinale adeguato era ostacolata dal nominalismo crescente nel campo degli studi strategici e dalla proliferazione degli eufemismi, degli aggettivi e attributi affibbiati alla guerra ed alla strategia. Nel tempo il fenomeno si è diffuso anche perché è dovuto in parte al progresso scientifico che porta con sé la necessità di inventare nuove parole e nuovi modi di dire. In Italia hanno peggiorato la situazione in maniera preoccupante la traduzione dall’inglese, a volte frettolosa e non sempre fedele e corretta e il fenomeno segnalato da F. Varola [L’inglese mal digerito – Manfrini Editore, 1988] per cui una parola nel transitare da una lingua all’altra tende a modificare il significato originario e, a volte, a capovolgerlo. Termini che hanno un significato inequivocabile, come “comando”, per esempio, sono stati resi contorti ed astrusi aggiungendo ad essi aggettivi oppure integrandoli con sostantivi sostitutivi. O come “controllo”, un francesismo diventato nello stesso tempo comando, potere, verificazione. Tant’è che non sempre la stessa locuzione “comando e controllo” è intesa correttamente: nel linguaggio comune è diventata un’abitudine parlare di “comando e controllo” quando si vuol fare riferimento ad una organizzazione di comando qualsiasi. Mentre la locuzione si riferisce a due tipi di comando, cioè a due modi diversi di dirigere, coordinare e verificare. Il primo può essere pieno e significa autorità di prendere decisioni o di dare ordini in tutti i campi della sfera militare. Oppure può essere “operativo” con lo stesso significato, ma con l’esclusione del campo amministrativo e logistico. Il “controllo” invece è un’autorità delegata a fare eseguire decisioni e ordini di un superiore gerarchico. Ne consegue che nella NATO … omissis. Una parola che sta diventando sempre più diffusa è “assetto” dall’inglese “asset” [si badi bene, non l’aeronautico “attitude” – ndr] che, secondo il Thesaurus, è un neologismo derivato dal francese “Assez” che indica quantità e come tale è usato. Oppure come il francesismo “supporto” in luogo di sostegno… omissis. E così via.
In particolare vi è poi la confusione generata dal sistematico ricorso al linguaggio specialistico e dall’uso di tecnicismi da parte degli “aeronautici”. L’ho denunciato diverse volte in tutte le sedi, in particolare in un articolo in cui citai il Foglio d’ordini n. 19 del 1926 (art. 3) che recita:-“Il Ministero dell’Aeronautica ha determinato la compilazione di un vocabolario tecnico aeronautico, nel quale siano raccolti i vocaboli e le espressioni più adatte per la nomenclatura italianamente esatta di tutti i ritrovati della scienza, per la maggior parte dei quali invece sono ora adoperati vocaboli od espressioni di origine straniera, o addirittura trasportati integralmente da una lingua all’altra; mentre la grande ricchezza del nostro idioma consente indubbiamente di sopperire alle nuove necessità senza bisogno di ricorrere a lingue straniere”.
Nel 1964 il Registro Aeronautico Italiano pubblicò la “Terminologia Aeronautica”, redatta preminentemente da ufficiali dell’Aeronautica, che realizzò in parte la decisione in materia di quarant’anni prima. Negli anni ’60-‘70 provò l’ottimo direttore della Rivista Aeronautica, Antonio Duma, a promuovere la compilazione di un dizionario aeronautico ma l’opera fu interrotte dalla sua cessazione dall’incarico. Omissis».
E conclude:- «In conclusione perseguiamo lo sviluppo della “cultura aerospaziale”, come ha auspicato il Capo di Stato Maggiore, Generale Tei, nello stesso numero della Rivista, e … facciamo pure tesoro dei contributi di pensiero stranieri, ma evitiamo l’imbarbarimento della nostra lingua. Ricordiamo infine che l’Accademia della Crusca e quella dei Lincei hanno lanciato un appello per salvaguardare la lingua italiana».
E’ vero che i tempi sono cambiati, ma è anche vero che di questo passo fra cinquant’anni o giù di lì la nostra lingua sarà sparita, in una babele di lingue e dialetti, dato che a centocinquant’anni di distanza dall’Unità d’Italia, abbiamo ancora rigurgiti padani e celtici, per non parlare di chi si permette di traslare nella nostra lingua, pretenziosamente italianizzandoli, termini tecnici e legali che non appartengono alla nostra cultura.
Lo Stato con i suoi burocrati abbia il coraggio di effettuare il grande passo:- quello di accettare norme e regolamenti emessi dalle istituzioni internazionali o paneuropee (come ad es. ONU, ICAO, UE, CE e JAA) nella lingua internazionale che si è imposta, cioè la lingua anglosassone, rispettando il significato di ogni singolo termine in essa usata e accuratamente definito ufficialmente !
Ritengo di aver sviscerato il punto che è alla base di tanti guai ed incomprensioni sia in campo tecnico e soprattutto in quello legale/giudiziario, campi nei quali purtroppo ci si ostina a non usare e a non conoscere la terminologia dei vocaboli inglesi e si deve ricorrere a delle traduzioni in lingua italiana effettuate a Bruxelles o in Italia da persone che non conoscono il reale significato dei termini e le conseguenze che questi provocano.
Spero che in sede governativa ci sia qualcuno che riesca a capire ed a raccogliere il messaggio e voglia risolvere questa che è attualmente una vera vergogna nazionale. Mi pare che esista un Ministro ed un Ministero ad hoc:- che lavori, finalmente !
L’Italia si potrà rifondare soltanto con riforme adeguate ai tempi e alle nuove tecnologiche che stanno entrando nella nostra vita di tutti i giorni. In campo medico come in quello aerospaziale ormai l’inglese è entrato a pieno titolo per poter usare i mezzi messi a disposizione dalla tecnologia e per poter comprendere quanto viene scoperto nei laboratori di ricerca di tutto il mondo.
I tempi dell’impero romano sono finiti, ma … per sopravvivere dignitosamente come entità nazionale, questa è la situazione da affrontare. Per chi vi propone queste note, si tratta d’un grido:- Spes ultima dea ! 20 febbraio 2010
Questione di cultura aeronautica - Note del Com.te Renzo Dentesano
La Gran Bretagna ha adottato una legge che rende perseguibili penalmente coloro i quali, utilizzando criminalmente gli effetti abbacinanti, talvolta purtroppo permanenti, del puntamento di raggi laser contro la vista dei piloti degli aeromobili, mettendone in pericolo la vita o l’integrità fisica ovvero, ancora più genericamente, soltanto contro aeroplani in volo o a terra, ma comunque con persone a bordo.
Le statistiche dell’Autorità dell’Aviazione Civile (CAA) britannica, indicano che vi sono stati oltre 700 casi del genere all’anno.
La nuova legge, inserita nell’Articolo 222 dell’Air Navigation Order [equivalente al nostro Codice della Navigazione – Parte Aerea –, che purtroppo è difficile aggiornare al fine di poter rispondere alle esigenze della moderna aviazione], stabilisce che un individuo non debba mai «puntare qualsiasi fascio di luce ad alto potenziale [com’è il laser] o comunque irraggiare di luce qualsiasi aeromobile in volo, in modo tale da abbagliare, accecare o soltanto distrarre il pilota».
Qualsiasi trasgressore sarà prima accusato, secondo un altro articolo, del reato d’aver messo in pericolo un aeromobile ed i suoi occupanti e poi anche del reato contemplato dalla nuova legge. La CAA è convinta che la nuova norma, che è entrata in vigore il 1° Gennaio c. a., aumenterà la percentuale delle condanne, in quanto è avvenuta in reazione all’incremento delle segnalazioni dei piloti, riguardanti l’intenzionale indirizzamento di fasci di raggi laser contro i loro aeroplani in volo in prossimità di certi grandi aeroporti.
La probabilità, in Gran Bretagna, d’esser ora colti sul fatto d’abbacinare aeroplani, sono rapidamente aumentate ed una volta individuati i trasgressori, questi vengono inevitabilmente accusati di due gravi reati penali, dato che le Autorità hanno deciso di perseguire inflessibilmente qualsiasi episodio di puntamento laser contro gli aeromobili.
Infine è stato specificato che la sorveglianza sarà particolarmente attenta in vicinanza di quegli aeroporti che lo scorso anno hanno totalizzato ben 737 rapporti obbligatori compilati da parte dei piloti. Di tal numero di eventi oltre 50 sono stati registrati nei pressi dell’aeroporto di Manchester, circa 40 ciascuno presso gli aeroporti di Glasgow, di Birmingham e di Leeds ed infine circa 30 presso London-Heathrow.
Inutile dire che una tale barbara e pericolosa moda non potesse essere più tollerata in Inghilterra ed ora, questa nuova forma di teppismo, verrà strenuamente combattuta e perseguita, così com’è avvenuto per gli hooligans negli stadi.
Da noi, fortunatamente, il criminale fenomeno pare poco diffuso, ma purtroppo non conosciamo i dati statistici di rapporti obbligatori all’ENAC riguardanti tali eventi contro aeroplani.
Ricordo solamente che qualche anno fa c’erano state diverse segnalazioni alla Polizia di Stato per episodi avvenuti nei dintorni dell’aeroporto di Ciampino, ma il pronto intervento delle Forze dell’ordine, riuscirono in breve tempo a sgominare la teppistica, insensata moda. 20 gennaio 2010
Note del Com.te Renzo Dentesano
La notizia bomba, pubblicata il 13 Gennaio, è che l’Amministratore della Federal Aviation Administration degli USA intende convocare per il mese di Aprile (ma forse anche prima) una riunione di rappresentanti delle aerolinee statunitensi e di esperti del settore dei “fattori umani”, per confrontarsi con loro in merito alle conseguenze che l’automazione troppo “evoluta” comporta sulle prestazioni umane di piloti, controllori e tecnici aeronautici.
Il Responsabile della FAA, nominato all’alta carica federale lo scorso Giugno 2009, ha precisato che gli effetti d’una automazione troppo spinta può avere effetti indesiderabili anche nei settori appunto dei controllori del traffico aereo ed in quello dei tecnici addetti alla manutenzione e alle revisioni degli aeromobili delle flotte aeree commerciali. Perciò, ha notato, lo scopo primario della riunione annunciata sarà proprio quello di favorire lo scambio d’idee tra le aerolinee commerciali, le quali potranno così comunicare ciò che hanno imparato dagli eventi e dai casi loro capitati e far conoscere se qualcuno ha sviluppato qualche buona procedura, così da poter divulgare l’esperienza acquisita con gli altri, al fine di migliorare la sicurezza del volo, ormai, come afferma l’editoriale di “Flight International”, ferma ai risultati raggiunti alla fine de XX° secolo.
Inoltre ha specificato d’esser stato indotto ad assumere tale decisione dopo che nel Giugno del 2009, alla sua nomina, aveva già sentito da diverse Compagnie aeree l’intenzione di cambiare certe procedure operative interne, per chiedere ai piloti di effettuare “un po’ più di tempo di volo manuale”. Attualmente i piloti di linea sono istruiti ad inserire l’autopilota ed altri automatismi di bordo subito dopo il decollo e di mantenerli in funzione per tutto il volo fino all’avvicinamento alla destinazione e talvolta fino all’atterraggio, compatibilmente con la norma FAA che comunque i piloti debbano effettuare almeno tre atterraggi mensili in modo manuale. Inoltre v’è da notare che l’esteso utilizzo degli autopiloti è anche sempre più determinato da misure di contenimento dei consumi di carburante e da esigenze di precisione nella tenuta del livello di volo assegnato, specialmente per il volo di crociera in alta quota, data la riduzione a 300 metri di separazione tra i livelli di volo (RVSM) apportata da non molti anni per i voli anche sopra i 29.000 metri di crociera. E di più l’esigenza di precisione sarà necessaria in tanto in quanto la FAA sta organizzando il proprio spazio aereo nazionale (NAS) con l’adozione della navigazione a quattro dimensioni (4d), la quale richiederà che il passaggio di certi punti di riporto da parte degli aeromobili debba avvenire “ad orari relativamente precisi”.
L’Amministratore della FAA ha poi concluso il suo annuncio precisando d’aver chiesto agli esperti di “fattori umani” della sua amministrazione di concentrare l’attenzione sul fatto che non venga mai ignorato il princìpio che sia sempre l’uomo a prendere la decisione finale indipendentemente dalle macchine e dagli automatismi. 19 gennaio 2010
Notizie e commenti del Com.te Renzo Dentesano
Finalmente, forse, qualcuno nell’industria del Trasporto Aereo, i Costruttori d’aeroplani e di sistemi automatizzati e le Compagnie aeree, incominceranno ad aprire gli occhi ed a valutare e capire quanto pochi addetti, tra i quali mi annovero, stiamo cercando di far intendere ormai da anni, circa i danni prodotti da una automazione troppo esasperata nel settore dell’aviazione civile in generale (Controllo del Traffico Aereo incluso).
Uno studio pubblicato il giorno 11 Gennaio, dedicato alla sicurezza del volo commerciale, effettuato dall’autorevole testata “Flight International”, si conclude con il seguente allarmante messaggio: «Sebbene le moderne cabine di pilotaggio [nelle quali i piloti sono confinati e “soli” a trascorrere “lunghe ore” di volo] abbiano contribuito positivamente al miglioramento della sicurezza del volo all’inizio di questo nuovo secolo, l’attuale generazione di piloti dimostra d’essere completamente “out of practice” [leggasi:- “fuori esercizio” – ndr] nella condotta manuale dei velivoli loro affidati, specialmente qualora siano costretti ad utilizzare informazioni dei parametri di volo e di navigazione presentati sotto l’aspetto di “dati grezzi” [leggasi:- “rappresentazioni alfanumeriche o caratteri analogici non raffinati e da interpretare” – ndr], allorquando i sofisticati sistemi automatici di bordo vanno in avaria oppure quando, come talvolta accade, i piloti siano costretti al volo a vista, come negli avvicinamenti in condizioni meteorologiche od operative marginali».
Queste le obiettive, a mio modo di vedere, conclusioni di David Learmount, autorevole commentatore di Flight International su fatti ed attualità dell’aviazione civile internazionale.
Learmount, poi, nell’articolo intitolato “La sicurezza del volo delle Aerolinee è in stallo e necessita di nuovi impulsi per progredire” afferma che: «Le Aerolinee hanno esaurito i progressi rappresentati dalle strategie della gestione della sicurezza operativa sviluppate durante l’ultima decade del XX° secolo e non riescono più a migliorare i loro precedenti successi in materia, a meno che non riescano a sviluppare nuove e radicali idee innovative sul tema. Questa la cruda rappresentazione che deriva dall’esame delle prestazioni globali in termini di “sicurezza operativa” [alla quale personalmente mi sentirei di affiancare anche i risultai economici], conseguiti durante la prima decade del nuovo secolo. L’ultimo grande progresso in termini di performances di sicurezza da parte delle Aerolinee, considerate globalmente, era avvenuto intorno all’anno 2.000, ma i frutti di quei cambiamenti, non sono stati raccolti e anche se il livello della sicurezza operativa si mantiene abbastanza alto, i progressi in materia si sono arrestati circa sei anni fa. Come spiego più dettagliatamente nella mia rassegna sull’argomento, quel livello ha segnato una netta caduta rispetto ad un secolo di incremento della sicurezza, conseguito fino agli anni più recenti a partire dai tempi dei fratelli Wright. La mia analisi dimostra che molti dei gravi incidenti accaduti nel 2009 potevano essere prevenuti e puntano la responsabilità sui molti anni di volo effettuati da parte dei piloti “gestendo” il volo di aeromobili altamente automatizzati».
Fin qui la notizia che annunciava sinteticamente la pubblicazione dell’interessante analisi del commentatore tecnico di “Flight International”, cui poi ha fatto seguito la presentazione della lunga relazione relativa alla rivisitazione dei disastri aerei accaduti nel 2009.
In merito agli episodi di “perdita di controllo dell’aeromobile durante il volo” (abbreviati in LOC “Loss of Control “), l’autore afferma che «…sono proporzionalmente annotate quali cause alla base di gravi disastri aerei … » e che «Alla “Crew Management Conference”, tenutasi in Dicembre a Londra, i partecipanti hanno lungamente dibattuto sull’argomento, cioè se questo deterioramento delle prestazioni professionali dei piloti sia un sintomo evidente degli effetti a lungo termine, determinati sugli equipaggi di condotta, dell’operare su aeromobili altamente automatizzati. In assenza di qualsiasi adeguato cambiamento nei requisiti richiesti dalle attuali norme sull’addestramento ricorrente, è stato ritenuto che non vi sia motivo di credere che questo stato di fatto cambi. Con l’introduzione d’un esasperato livello di automazione non è stato più ripristinato quel tipo di addestramento, atto a recuperare il controllo dell’aeromobile a seguito di inavvertita perdita dell’assetto di volo oppure a causa di condizioni d’assetto inconsuete e non comandate, oppure a causa di malfunzionamenti dei sistemi di guida a seguito delle conseguenze innescate da dati erronei di velocità forniti dai sistemi di rilevamento di quel delicato parametro di volo, com’è probabilmente accaduto sull’Atlantico la notte del 1° Giugno 2009 al volo AF 447».
Comunque, fin dall’anno 2.000, gravi incidenti hanno ripetutamente dimostrato l’incapacità dei piloti di aeromobili glass-cockpit a gestire situazioni che avrebbero dovuto risolvere con successo, ricorda l’autore.
Il 2.009 purtroppo non è stato un’eccezione.
Infatti, gli esempi più eclatanti dell’anno appena terminato, oltre a quello ancora non provato dell’A 330 dell’Air France, sono stati:
- la caduta durante un avvicinamento all’aeroporto di Amsterdam del B. 737-800 della Turkish Airlines;
- il disastro del biturboelica Bombardier Dash 8 - Q 400 Buffalo (N.Y);
- la distruzione in atterraggio del Boeing MD 11F a Tokio-Narita;
- la caduta a mare durante l’avvicinamento notturno all’aeroporto di Moroni (Isole Comore) dell’A 310 della Yemenita Airlines.
In seguito, l’autore acutamente osserva che la componente addestrativa che attualmente manca ai piloti durante il volo sugli aeroplani altamente automatizzati è quella del processo interattivo, che è contemporaneamente fisico-percettivo e mentale-cognitivo, con l’aeromobile stesso e con i suoi sistemi di navigazione, che per i piloti abituati agli strumenti analogici delle precedenti cabine di pilotaggio, erano il pane quotidiano. Infatti non esistevano tutti quei display che ora forniscono moltissime informazioni integrate di navigazione e dei sistemi digitali di gestione del volo. Ora, sebbene tutti i piloti inizino il loro addestramento basico iniziale imparando ad utilizzare i “dati grezzi” dei parametri basici di volo forniti dagli strumenti analogici [che rimangono presenti a bordo anche dei glass-cockpit come strumenti di riserva in emergenza elettrica], quando transitano su velivoli con cabine di pilotaggio altamente automatizzate, si trovano nella condizione di non praticarne più la lettura e l’acquisizione dei dati relativi. Questo non sarebbe un problema, fino a quando però una qualsiasi avaria elettrica o strumentale non li lasci con null’altro da consultare se non gli strumenti analogici stand-by, magari di notte o in condizioni meteorologiche avverse.
In merito, pertanto, conclude l’autore, la soluzione addestrativa è solo quella di allenare i piloti a far fronte a questa perdita di pratica durante i voli di linea, introducendo sia un addestramento obbligatorio ricorrente a riguadagnare il controllo dell’aeromobile da assetti inusuali che periodi di addestramento obbligatori al simulatore utilizzando soltanto dati strumentali grezzi durante le apposite sessioni di addestramento semestrale.
Ma, sottolinea l’autore, fino ad oggi nessuna Autorità con compiti normatori del settore sta interessandosi dell’argomento.
Il mio commento:- Insomma, come al solito sono i piloti a dover mettere la classica pezza ad improvvide soluzioni tecnologiche e/o alle loro subdole avarie !
Così come fortunatamente dimostrato dall’abilità dei piloti di certi equipaggi di condotta che nel 2.009 hanno dato prova di saper cosa fare con sangue freddo e perizia, come nel caso del magistrale ammaraggio dell’Airbus A 320 nelle acque del fiume Hudson a New York a seguito della collisione con grossi volatili che avevano mandato in avaria entrambi i motori. Oppure nel caso del meno spettacolare, ma ugualmente degno di menzione, dell’equipaggio di condotta del Boeing B 747-400 che durante il decollo dall’aeroporto in quota di Johannesburg (S. Africa) è riuscito ad evitare di precipitare al suolo in stallo subito dopo essersi staccato dalla pista, a causa della retrazione inattesa, perché non voluta né comandata, degli ipersostentatori del bordo d’attacco alare, avvenuta alla fine della rotazione per l’involo. 15 gennaio 2010
Testimonianza del Com.te Renzo Dentesano
Circa 6 ore dopo lo schianto del 5 Maggio 1972 del volo AZ 112 del DC 8/43 – marche I-DIWB – dell’Alitalia contro il crinale di NE di Montagnalonga, sovrastante l’abitato di Carini, in direzione dell’aeroporto di Punta Raisi, all’alba del 6 Maggio 1972 … io, ero sul posto !
E non ero solo … nella mia funzione di Ufficiale addetto alla Sicurezza del Volo della Commissione prontamente allestita dal Presidente e Dirigente della DGAC del Ministero dei Trasporti e dell’Aviazione Civile Generale Francesco Lino. Durante la riunione tenutasi meno di due ore dopo la notizia del disastro presso la sala riunioni della Direzione d’Aeroporto di Fiumicino, presente anche, in rappresentanza della Compagnia, il Presidente e Fondatore dell’Alitalia Ingegner Bruno Velani, il quale prontamente mise a disposizione della Commissione stessa un DC 9 che partì per l’aeroporto di Punta Raisi poco dopo la mezzanotte tra il 5 ed il 6 Giugno 1972.
E siccome … io c’ero … assieme a diversi altri membri della Commissione guidata dal Generale Lino e che fu scortata in cima a Montagnalonga da Ufficiali di P. G., su ordine del P. M. competente per territorio, durante tutti i rilievi effettuati per l’intera giornata, fino a sera, a distanza di quasi 38 anni, posso ancora testimoniare su quel fatto e smentire quanto affermato durante la trasmissione di RAI TRE “Chi l’ha visto ?” del 21 Dicembre scorso, alla quale avrei potuto partecipare (come si usa fare quando si vuol documentare seriamente delle storie vere ascoltando testimoni dell’epoca), qualora qualcuno si fosse scomodato ad invitarmi come persona “informata”.
Già, perché le “inchieste” (anche quelle giornalistiche), si fanno ascoltando tutti i testimoni disponibili ed attendibili e non solo quelli di parte, oppure interessati puramente allo spettacolo.
Che sia stata l’agenzia Reuter (di allora) a pretendere di «proporre e rilanciare lo scenario dell’esplosione in volo, un attentato …» mi sorprende assai, perché mi giunge nuova essendo all’epoca occupato ad “investigare”, mentre è assolutamente escluso dalle risultanze delle evidenze raccolte ed esaminate non solo sul posto, ma anche presso laboratori specializzati dell’A . M. che esplosione diversa da quella del carburante contenuto nelle ali dell’aeromobile, incendiatosi al momento dello schianto, si sia mai verificata in precedenza, come diverse testimonianze dirette stanno a dimostrare. Le fiamme conseguenti si sono riversate lungo lo scosceso costone che precipita verso Carini, come pure i 4 motori staccatisi dalle ali, rimaste tra le rocce del crinale, e come i corpi della maggior parte degli occupanti, proiettati in avanti, appunto oltre il crinale, dalla violenza dell’urto. Nessun indizio d’incendio precedente all’urto, né tracce di esplosivo sui corpi degli occupanti, ritrovati quasi tutti completamente svestiti ed abbastanza integri esteriormente, proiettati lungo la ripida discesa verso Carini, come documentato dall’abbondante materiale fotografico scattato dalla Commissione e dagli Ufficiali di P. G. che ci accompagnavano passo passo, registrando la dislocazione di corpi delle vittime e delle parti dell’aeroplano, come noi della Commissione li catalogavamo e li indicavamo, a partire dalla cima e giù giù lungo il costone, verso valle.
Che cosa fosse il “rapporto Peri”, non sapevo, ma sono certo di poter escludere che la persona citata partecipasse alle operazioni di quel lungo giorno e dei giorni successivi, in quanto mai incontrata, neppure durante i lunghi briefings serali. Comunque ora, grazie a “Chi l’ha visto?”, scopro che trattasi di un Ufficiale di P. G., incaricato sei anni dopo (!) di interrogare pregiudicati e galeotti dell’epoca, il quale, nel raccogliere questo tipo di “rivelazioni” di “pentiti … ante litteram”, s’è lasciato prendere la mano da sacro zelo, aggiungendo nei suoi verbali opinioni ed illazioni personali in merito al clima politico o “bombarolo” di quella stagione italiana.
Dunque, cerchiamo un momento di vedere di che cosa parliamo.
Il volo AZ 112 della sera del 5 Maggio con aeromobile DC 8/43 – matricola I-DIWB – era affidato al Comandante R. B., il quale poteva avvalersi della collaborazione del Primo Ufficiale B. D., del Motorista G. D. F. e di 5 membri dell’equipaggio di cabina.
L’inevitabile conclusione riguardo alla/e causa/e del sinistro su cui convenne al termine dell’investigazione l’intera Commissione inquirente tecnico-formale di allora, rappresentante dei Piloti dell’ANPAC incluso, fu quella della condotta di un avvicinamento notturno a vista effettuato dal Primo Ufficiale, al quale il Comandante aveva affidato la manovra di discesa e d’avvicinamento per l’atterraggio, purtroppo non sorvegliata, come sarebbe dovuto avvenire, dal Comandante R. B., il quale s’era riservato il ruolo di eseguire le radio comunicazioni e di assistenza al pilota incaricato della manovra di atterraggio, effettuata concettualmente e praticamente in «non osservanza del circuito aeroportuale approvato».
In merito ricorderò ancora che al rappresentante dei Piloti dell’ANPAC fu attribuito il delicato incarico, con la collaborazione degli altri piloti facenti parte della Commissione, di effettuare la ricostruzione di tutta la traiettoria seguita dall’aeromobile a partire dall’aeroporto di Fiumicino ed in particolare, basandosi sui tempi di sorvolo dei punti di riporto e delle caratteristiche di volo dell’aeroplano nelle varie fasi, dal punto di sorvolo dell’isola di Ustica alla verticale dell’aeroporto di P. Raisi, a partire dal livello di crociera a 5.000 piedi (come da autorizzazione del Controllo) e di quella immediatamente successiva, adottata dal Primo Ufficiale per l’ulteriore discesa dall’altitudine d’inizio procedura e per l’intera manovra di posizionamento per l’atterraggio.
Manovra che, invece di venir effettuata nel circuito aeroportuale a ciò preposto, cioè sopra il mare a Nord dell’aeroporto, fu invece eseguita dirigendo dapprima verso Sud Sud Ovest per un breve tratto (fino quasi a Partinico ed a sorvolare Montelepre, visto da testimoni locali), per poi virare a sinistra e con prua verso Est Nord Est ritornare verso la verticale dell’aeroporto ad una altezza ben inferiore a quella precedente, con l’intenzione di portarsi rapidamente in posizione di sottovento per la testata della pista 25 che era quella in uso.
L’impatto dell’aeroplano con il terreno, circa tre minuti dopo il sorvolo della verticale dell’aeroporto di P. Raisi, comunicata chiaramente dal Comandante alla Torre di Controllo, avvenuto strusciando da una posizione circa 25 metri più bassa della sommità del crinale di Montagnalonga fino a disintegrarsi contro le rocce che ne delimitavano il successivo burrone, con le sue tracce indicava chiaramente sia la direzione ultima del moto che l’assetto dell’aeroplano in discesa e in leggero aggiustamento di accostata verso destra.
Purtroppo la quota raggiunta durante la discesa di quest’ultima fase di volo fu insufficiente a far loro evitare per pochi metri il crinale roccioso del bordo orientale di Montagnalonga, che rappresentava l’ultima parte della zona di “buco nero” che i piloti si trovavano ancora a sorvolare, rappresentata dal pianoro di Montagnalonga, mentre tutta la valle costiera sottostante e la costa settentrionale risultavano chiaramente illuminate dall’alone delle luci degli insediamenti civili degli abitati della piana di Carini e da quelle dell’aeroporto di Punta Raisi.
Furono poi proprio questi particolari della ricostruzione della traiettoria seguita in questa fase intermedia dell’avvicinamento notturno “a vista”, effettuato d’iniziativa dell’equipaggio di condotta, che mi permisero nei mesi successivi di collaborare (a fini scientifici) alla richiesta di un ricercatore appartenente ad una Corporation scientifica statunitense che stava lavorando ad un contratto del Department of Transportation, sotto la sorveglianza della FAA. Progetto di ricerca le cui risultanze furono in seguito pubblicate e messe a disposizione dal National Technical Information Service del Governo federale con il titolo “Study of Optical Illusions during Visual Approaches” di G. C. Armstrong, il quale aveva a suo tempo richiesto alle Autorità dell’Aviazione Civile ed a tutte le Compagnie aeree mondiali di inviare informazioni su eventi di questo tipo, a titolo di ricerca, i cui risultati furono poi spediti a coloro che avevano collaborato, in un volume edito nel 1974, che è ancora in mio possesso.
Ma per quanto attiene la menzogna che la Commissione tecnico-formale abbia esaurito in pochissimi giorni ed affrettatamente i propri lavori, per rispetto alla memoria del Generale Francesco Lino, tengo a precisare che sotto la sua alacre e fattiva guida, la Commissione stessa ha lavorato alle diverse fasi dell’indagine (investigazione, raccolta delle prove, testimonianze, ricostruzione degli eventi e della traiettoria seguita dal volo AZ 112, stesura delle risultanze, analisi e conclusioni) dal 6 Maggio al 12 Settembre 1972, per circa 120 giorni complessivi, come la data di chiusura della stessa Relazione sta a dimostrare ancor oggi, assieme alla data dell’invio della traduzione in lingua inglese al servizio ADREP dell’ICAO, oltre all’inoltro al competente Ministero.
Anche l’equivoca affermazione fatta durante la trasmissione: «L’esame [autoptico] venne fatto solo sui corpi dei due piloti … omissis … solo perché la prima commissione d’inchiesta li aveva accusati d’esser loro, con la loro imperizia, … e perché ubriachi e drogati, ad essere responsabili della strage» non può essere sottaciuta.
Debbo e voglio precisare – pro veritate - che:-
1. La Commissione d’inchiesta tecnico-formale (della quale ho fatto parte), NON HA MAI AFFERMATO" che «… i due piloti, con la loro imperizia … e perché “ubriachi e drogati”» siano stati «… i responsabili della strage».
2. Per lo stesso mandato ricevuto di condurre l’inchiesta tecnico-formale secondo la norma dell’art. 827 del Codice della Navigazione, allora in vigore, e secondo lo schema del DOC 6920 dell’ICAO, la Commissione NON HA MAI STABILITO" che «…. i due piloti» fossero «i responsabili della strage», ma ha solo determinato le probabili cause dell’evento, stabilendo che fattori determinanti erano stati:-
- mancata osservanza del circuito di traffico aeroportuale;
- mancata osservanza da parte di entrambi i piloti dei compiti previsti dal Manuale d’Impiego per ciascuno di essi.
Devo ancora aggiungere che nei giorni seguenti al disastro, in base alle testimonianze attendibili e verificate raccolte durante la prima fase dell’investigazione, in particolare con l’intervento di un DC 8 dell’Alitalia al comando del Capopilota del settore DC 8, furono effettuati due voli prova riguardanti la ricostruzione della traiettoria del volo AZ 112 sulla base delle indicazioni che mi venivano fornite da una coppia di persone che, dalla terrazza della loro casa sita in Terrasini, avevano potuto seguire visivamente buona parte dell’arrivo del volo sopra Punta Raisi ed in seguito lo avevano rivisto ricomparire da Ovest Sud Ovest, fino a scomparire per qualche istante dietro Montagnalonga, poco prima dell’apparire della palla di fuoco che dal crinale si alzava verso il cielo e verso la vallata.
Personalmente, stando accanto a loro, comunicavo via radio al Comandante del volo di apportare delle correzioni rispetto ai passaggi concordati in precedenza e gli aggiustamenti per quelli successivi, fino a determinare ed a stabilire la traiettoria più prossima a quanto osservato dalla coppia di testimoni (oltre a quanto osservato da quelli che all’aeroporto attendevano parenti in arrivo su quel volo). Così, in base a queste testimonianze ed ai calcoli di velocità e di quota caratteristici d’un velivolo DC 8 in arrivo su di un aeroporto per un avvicinamento notturno a vista, pur effettuato nella sua parte finale in maniera ben diversa da quello che era il circuito standard di discesa nel circuito di traffico dell’aeroporto di Punta Raisi, la Commissione stabilì la traiettoria effettivamente effettuata dall’aeromobile, in mancanza dei dati del Registratore di volo a 5 parametri che era stato recuperato tra i rottami, ma che non funzionava per un’avaria risalente a sei giorni prima.
Tutta la traiettoria del velivolo dalla partenza da Fiumicino fino al sorvolo del CTR di P. Raisi e particolarmente quella parte che va dall’ora di sorvolo di Ustica fino all’ora di primo sorvolo di Punta Raisi, in base alle comunicazioni Radio registrate effettuate dall’equipaggio, fu ricostruita sulla base delle velocità caratteristiche, minime e massime, attuabili con un DC 8, per i venti presenti, con riferimento agli orari di sorvolo dei punti comunicati dall’equipaggio a Roma Controllo, a Palermo Avvicinamento e dalla registrazione dell’orario di primo sorvolo dell’aeromobile sopra la verticale dell’aeroporto, stante la nottata perfettamente limpida e senza nubi, fino all’istante dello schianto. Il tutto sulla base delle testimonianze visive di coloro che avevano potuto osservare il percorso delle luci di navigazione dell’aeromobile, sia da Terrasini e da Tappeto, che, in minima parte anche da Montelepre, oltre che da alcuni di coloro che attendevano l’arrivo del volo all’aeroporto.
Se del caso, mi riprometto di tentar d’ottenere anche altre testimonianze da parte di altri partecipanti alla Commissione d’inchiesta tecnico formale, ancora viventi. Per il momento … sufficit, ma forse ritornerò ancora più approfonditamente sull’argomento, che ha visto ben tre processi penali, che non sono stati in grado di provare una virgola diversa da quanto stabilito dalla Commissione d’inchiesta tecnica, pur in carenza di maggior precisione di dati che sarebbe potuta venire dal Registratore di dati di volo (FDR).
Qualora si voglia insistere a parlare dell’iter giudiziario, seguito alla vicenda, per buona memoria di tutti, riproduco quanto pubblicato sul “Manuale giuridico-amministrativo – Navigazione Aerea”, tratto dal testo del Dr. Giorgio De Stefani:-
«Sentenza del Tribunale di Catania del 22/5/1981:- Concludendo, tutte le ipotesi sopra esaminate, pur non esaurendo tutta la vasta gamma delle ipotesi possibili, hanno in comune un comportamento dei piloti che esclude in modo reciso l’ipotizzato nesso di causalità fra l’omissione addebitata agli odierni imputati e l’evento finale. … omissis …
Nella specie, la condotta di volo dei piloti, qualunque sia la spiegazione ad essa data, si impone quale causa unica ed esclusiva nella produzione dell’evento, relegando l’omissione degli imputati al rango di mera occasione del fatto. Le suesposte considerazioni comportano l’assoluzione degli imputati con formula ”per non aver commesso il fatto”».
Il testo si conclude con la seguente doverosa precisazione:- «la sentenza del Tribunale di Catania è stata confermata dalla Corte di Appello di Catania (sentenza del 13 giugno 1983) e dalla Corte di Cassazione - 5ª Sezione – (sentenza del 4 aprile 1984)».
E poi … “Chi l’ha visto”, i suoi autori e la sua conduttrice, forse … si persuaderanno a non toccare certi argomenti prima di essersi documentati appropriatamente.
Certo è che per cercar di riuscire a comprendere le oscure finalità degli ispiratori e di certi partecipanti alla trasmissione del 21 dicembre 2009, bisognerebbe avere un certo tipo di mentalità … come quella così ben descritta da Leonardo Sciascia nel suo breve romanzo “A ciascuno il suo”, ambientato nella Sicilia della seconda metà degli anni ‘ 60, che solo lui conosceva così bene a fondo …13 gennaio 2010
L’Agenzia investigativa francese BEA ha rilasciato il 18 Dicembre 2009 la seconda “Relazione intermedia” riguardo al disastro dell’Airbus A330-200 – volo AF 447 – del 1 Giugno scorso, così come contemplato dalle norme ICAO in materia di investigazioni di accidents/incidents dell’aviazione civile internazionale. Le ricerche, condotte all’epoca, non hanno permesso di localizzare il relitto dell’aeromobile, precipitato integro (secondo quanto sostengono gli Investigatori di quell’Agenzia) sulla superficie dell’Oceano Atlantico, sprofondando poi sul fondo intorno alla profondità di 6.000 m.
Nel comunicato emesso, l’Agenzia informa che sta lavorando alacremente con i rappresentanti di altre Agenzie investigative europee (Germania, Regno Unito, USA, Brasile e Russia) oltre che con l’Agenzia marittima del Governo francese, la marina degli Usa e con alcuni istituti oceanografici, meteorologici e matematici, nell’intento di varare un piano congiunto di ricerca sottomarina del relitto dell’aeromobile e delle sue “preziose” scatole arancioni che contengono i Registratori di bordo dell’A 330 perduto. La campagna di ricerca avrà inizio, nella zona individuata da questi studi in corso, al principio del prossimo mese di Febbraio.
Il piano di ricerca contempla l’utilizzo di mezzi sottomarini e di equipaggiamenti robotizzati in grado di operare appunto alle profondità oceaniche di 6.000 metri.
Per comprendere esattamente l’importanza del piano di ricerca volto a cercar di trovare gli indispensabili Registratori di bordo onde analizzare e tentare di individuare le cause del disastro per prevenire incidenti similari, bisogna tener presenti le seguenti due evidenze:-
1. L’esistenza di altri casi analoghi (ma più fortunati) di malfunzionamenti di certi impianti di bordo degli aeromobili A330 ed A340 avvenuti nei tempi precedenti quello del disastro (e pure dopo).
2. La consimile evidenza di “dati di velocità indicata/numero di Mach indicato incoerenti” [leggasi:- “dati invalidi o inesatti” – ndr] del sistema di misura di questo essenziale parametro di volo, ampiamente denunciata anche nei messaggi automatici inviati dall’aeromobile alla Manutenzione dell’Air France a Parigi pochi istanti prima della perdita del velivolo e la loro comparazione con gli altri 13 casi di discrepanze rimaste documentate nei Registratori di bordo di altri velivoli A330 ed A340, appartenenti però a 5 diverse Compagnie aeree che utilizzano questi due tipi di aeroplani.
Se il piano di ricerca avrà successo e riusciranno a localizzare il relitto principale, allora dopo aver visionato ed osservato lo stato del relitto, si cercherà per mezzo di equipaggiamenti robotizzati sottomarini, di recuperare fisicamente i Registratori di bordo (DFDR e CVR) con i loro dati di volo e le registrazioni delle comunicazioni. Questo ciò che la campagna di ricerca e recupero si propone.
Rivediamo i dati essenziali di questo caso, per ora poco chiaro a causa della mancanza di elementi definitivi:-
- L’aeromobile A330 – serie 200 – marche F-GZCP di Air France – volo 447 – era decollato nella tarda serata del 31 Maggio dall’aeroporto Galeâo di Rio de Janeiro con destinazione Parigi con 216 passeggeri e 12 membri d’equipaggio. La perdita di controllo dell’aeromobile è avvenuta nelle primissime ore del 1 Giugno, dopo circa 3 ore e 45 minuti dalla partenza, quando il volo si trovava sopra l’Oceano Atlantico, circa 435 miglia nautiche a NNE dell’isola brasiliana di Fernando de Noronha, diretto verso Dakar (Senegal).
- Non ci sono stati messaggi radio di emergenza o di pericolo originati dall’equipaggio di condotta, ma soltanto numerosi messaggi generati automaticamente dal velivolo, destinati alla Manutenzione dell’Air France a Parigi. L’ultimo contatto radio dei piloti dell’aeroplano con il Controllo del Traffico Aereo brasiliano era avvenuto circa 35 minuti prima del tempo presunto di perdita di controllo del velivolo, ricavato dall’ora di invio dell’ultimo messaggio automatico che appunto denunciava l’incoerenza dei dati originati dagli impianti di misurazione della velocità e di numero di Mach all’aria del velivolo, che influiscono su alcuni impianti quali l’autopilota e l’automanetta.
- Sono proprio questi dati che presentano notevoli similarità con gli altri casi che gli Investigatori stanno esaminando. Tuttavia gli Investigatori francesi insistono nel ritenere che i disturbi dei parametri di velocità siano soltanto uno degli elementi della catena di eventi che hanno portato alla perdita del velivolo. Come questo volo anche i voli esaminati si trovavano ad attraversare zone di masse d’aria instabili, associate a forti fenomeni convettivi (nubi cumuliformi imponenti), caratteristici della zona semipermanente di convergenza intertropicale, capaci di innescare quei dati definiti “incoerenti” nel sistema di rilevazione e gestione dei dati di velocità all’aria del velivolo, che vanno ad influenzare negativamente altri impianti del controllo automatico del volo, autopilota ed automanetta in primis.
- Così, mentre su altri velivoli della medesima casa costruttrice, l’europea “Airbus Industries”, tali “perturbazioni” dei dati essenziali hanno comportato malfunzionamenti di alcuni impianti tra cui lo sganciamento del mantenimento della quota di crociera, con conseguenze relativamente modeste, quali perdite improvvise di altitudine limitate ad un migliaio di piedi (+/- 300 m) ed in qualche caso il ferimento di qualche occupante che non si trovava allacciato al proprio posto, permettendo comunque ai loro piloti di rimanere entro i limiti dell’inviluppo di volo per il quale l’aeroplano è progettato, nel caso del volo AF 447, l’equipaggio di condotta non è stato in grado di mantenere il controllo del velivolo. Velivolo che è finito, dall’altitudine di crociera, ad impattare la superficie dell’Oceano, anche se (come sostengono gli Investigatori francesi), in assetto di volo quasi livellato, ma comunque ad altissima velocità, come i pochi relitti recuperati hanno dimostrato.
- Ad esempio, il 7 Ottobre 2008, un velivolo A330-300 dell’australiana Qantas, in volo da Singapore a Perth (Australia), ha avuto ben 30 passeggeri ed almeno 3 assistenti di volo rimasti feriti o seriamente contusi o con arti fratturati. I piloti di quel volo lanciarono per radio il messaggio di “Mayday” e quindi dirottarono sul più vicino aeroporto disponibile, quello di Learmonth, situato presso la città di Exmouth, sulla costa Nord-Occidentale del territorio del Western Australia, aeroporto con la pista adeguata per i velivoli widebody civili, in quanto sede d’una grossa base dell’Air Force australiana.
- Del volo AF 447, assieme a quei pochi relitti, nei giorni seguenti il disastro sono stati recuperati un totale di 50 corpi, mentre i rimanenti sono rimasti imprigionati nella carcassa del relitto. Da quanto recuperato è stato dedotto che l’aeromobile ha impattato violentemente la superficie dell’Oceano, ma a quel momento la carlinga sarebbe stata ancora pressurizzata (il che proverebbe che non si sarebbe spezzata in volo). Questo fatto ha poi permesso che, spiattellando sull’acqua, dagli squarci della fusoliera fossero eiettate certe sue parti interne ed alcuni corpi degli occupanti. Le maschere dell’ossigeno risulterebbero non fuoriuscite automaticamente, tutti i giubbotti salvagente erano dentro le loro custodie e non sarebbero stati utilizzati, gli ipersostentatori alari che risulterebbero retratti per il volo in crociera e non estesi, come sarebbe avvenuto se i piloti avessero potuto tentare un ammaraggio.
- Dei 50 corpi recuperati in mare assieme ai relitti dell’aereo, di cui ricorderemo lo strano ripescaggio dell’intero impennaggio verticale divelto alla base (deriva e timone di direzione dell’aeroplano) galleggiante sull’Oceano, ben 43 evidenziano fratture multiple della colonna vertebrale, delle zone pelviche e toraciche, segni che lasciano intendere che le vittime erano ai propri posti con le cinture allacciate e che l’aeroplano ha impattato ad alta velocità la superficie dell’Oceano, strusciando sul ventre, in presenza d’una violenta componente di forze d’urto dal basso verso l’alto.
Che dire di più ? Vedremo i risultati … a Marzo o più tardi ! 09 gennaio 2010
Resoconto e considerazioni del Com.te Renzo Dentesano
Sull’incredibile evento “di distrazione” dell’equipaggio di condotta dell’A 320 di NW Airlines del 21 Ottobre scorso, un silenzio radio durato un’ora e 17 minuti, l’NTSB il 16 Dicembre ha rilasciato un comunicato nel quale si rileva che ben tre distinti periodi di dati memorizzati sul Registratore CVR di bordo, comprese quindi anche le comunicazioni terra/bordo/terra con Minneapolis, sono stati illegalmente cancellati.
Ciò è avvenuto allorché dopo l’arrivo dell’aeromobile al parcheggio e lo spegnimento dei motori e dell’alimentazione elettrica generale, quest’ultima è stata reinserita per ben tre volte, alle ora 21.54, alle 23.05 ed alle 02.03, causando la nuova registrazione del CVR con conseguente cancellazione di parte dei primi 30 minuti di registrazione delle voci in cabina di pilotaggio, che devono rimanere memorizzate sul nastro. Questo fatto è potuto avvenire perché né i due piloti coinvolti, né i tecnici dello scalo con a capo l’assistente al Capo Pilota della Compagnia, giunto sul posto per assistere agli interrogatori dei piloti da parte del locale FBI, degli Sky Marshals e dell’Agenzia di Polizia dei trasporti, hanno provveduto, come avrebbero dovuto, a disattivare l’interruttore elettrico a ripristino automatico che alimenta di corrente elettrica l’apparato di registrazione dei suoni (e quindi di cancellazione automatica progressiva di quanto memorizzato). In ciascuna occasione il CVR ha lavorato per circa 5 minuti, provocando così la cancellazione di oltre la metà della registrazione, che serve appunto in caso d’incidente o di irregolarità. Pertanto gli ultimi 13 minuti rimasti memorizzati hanno inizio quando l’aeromobile in fase di avvicinamento era sceso sotto i 1.000 piedi = 300 metri di altitudine e le comunicazioni riguardavano le normali operazioni di atterraggio.
È stato inoltre accertato che sono risultati mancanti tutti i documenti cartacei scritti di quel volo, compreso il “piano di volo”, che i piloti avevano dichiarato di aver consegnato all’assistente al Capo Pilota, quando costui era potuto salire a bordo, prima delle varie forze di Polizia intervenute. Quest’ultimo invece ha dichiarato di non aver ricevuto nulla dai piloti ed anzi ha precisato che, con sua grande sorpresa, gli stessi piloti avevano pressoché ultimato le loro incombenze post-volo, avendo perfino chiuso le borse di Compagnia con i documenti di navigazione.
In precedenza all’inizio della manovra di avvicinamento è risultato che il Primo Ufficiale aveva provveduto a cancellare dal display gli otto distinti messaggi inviati loro in data-link durante il volo dagli addetti alle operazioni (flight dispatchers) della Compagnia. Costui si è giustificato affermando di averlo fatto “inavvertitamente”. Comunque i messaggi in questione sono stati recuperati presso il “service provider” di questo servizio (ARINC).
Insomma … un po’ troppe “distrazioni” ed “inavvertenze” per un equipaggio di condotta di professionisti !
I due piloti hanno perso il posto di lavoro in Compagnia e sono stati privati della loro licenza professionale dalla FAA. Così altri piloti staranno più attenti … a non concedersi distrazioni durante il volo. 27 dicembre 2009
Nella tarda serata del 23 Dicembre un Boeing B. 737- serie 800 dell’American Airlines partito da Miami (FL) con 148 passeggeri e sei membri d’equipaggio a bordo ha tentato un atterraggio notturno sull’unica pista dell’aeroporto della capitale Kingston (Jamaica), denominata 12/30 dall’orientamento del suo asse, mentre stavano imperversando rovesci di pioggia dalle nubi temporalesche di una intensa perturbazione sub-tropicale, collegata con l’ondata di gelo che ha colpito contemporaneamente la costa orientale degli Stati Uniti.
Il volo AA 331 ha tentato l’atterraggio su questa pista di lunghezza marginale di 2.716 metri per le esistenti condizioni meteorologiche e per la presenza di vento in coda sull’unica testata (12) della pista dotata dell’assistenza di guida elettronica all’atterraggio strumentale ILS.
La corsa d’atterraggio è così terminata ben oltre la fine della pista e perfino oltre il perimetro del sedime aeroportuale contro una massicciata che, oltretutto separa la lingua di terra sulla quale sorge la pista dalle acque dei Carabi.
Così la fusoliera, con il muso fracassato fino all’inizio del posto di pilotaggio, si è fratturata ubito davanti al bordo d’entrata alare, mentre il carrello è stato divelto ed il reattore di destro, venuto a contatto con il terreno e la massicciata è stato divelto dal suo attacco alare, mentre quello destro è rimasto pure seriamente danneggiato. Dei circa quaranta passeggeri rimasti feriti o contusi, soltanto due hanno richiesto il ricovero ospedaliero in osservazione.
Insomma, … è andata ancora bene !
La morale:- Non si tenta un atterraggio notturno con il vento in coda su di una pista di lunghezza marginale ed in presenza di violente precipitazioni temporalesche come quelle sub-tropicali della Jamaica, impunemente ! 26 dicembre 2009
Considerazioni del Com.te Renzo Dentesano
Il 27 Novembre la Federal Aviation Administration – FAA – ha rilasciato le trascrizioni delle comunicazioni radio intercorse tra il Controllo del Traffico Aereo della FAA ed il volo Northwest 188 nella serata del 21 Ottobre scorso, quando i piloti dell’Airbus A320 hanno mancato per ben 1 ora e 17 minuti di rispondere alle chiamate radio ed hanno finito per oltrepassare l’aeroporto S. Louis di Minneapolis (MS), che era la loro destinazione finale.
Hanno sorvolato regolarmente, provenendo da S. Diego (CA), i settori di pertinenza del Centro Radar di Controllo di Denver (CO) ed hanno confermato il cambio sulla nuova frequenza radio 132,17 MHz alle ore 17.56 MST – (orario standard della Regione delle Montagne rocciose). Da allora i successivi settori Radar di Denver hanno tentato invano (per oltre 20 minuti) di comunicare con il volo NW 188. Alla fine del tempo di sorvolo del proprio settore, l’ultimo Controllore di Denver ha chiamato il Centro di Controllo di Minneapolis per conoscere se quel volo fosse passato di propria iniziativa sulle loro frequenze, ricevendo però risposta negativa. Così, dopo aver sorvolato il Nebraska, ma sempre in silenzio radio, il volo NW 188 fu chiamato e cercato via radio anche da altri voli della stessa Compagnia, sempre senza alcun risultato. Solo allorquando un aeroplano lo ha cercato sulla frequenza di guardia, il contatto radio con i piloti dell’A320 fu ristabilito e subito dopo (alla fine d’un silenzio durato oltre 1 ora) costoro si sono fatti vivi sulla frequenza assegnata con il Controllo di Minneapolis (Minnesota), dichiarando che il loro silenzio era dovuto a mera “distrazione”, che non avevano sentito alcuna delle chiamate da terra e che, trovandosi già a sorvolare Eau Claire nel Wisconsin (ovvero circa 150 km a N/E dell’aeroporto di destinazione) facevano richiesta d’esser autorizzati a tornare indietro.
La risposta del Controllore (sulla base anche delle norme di security nazionale) fu quella di chiedere subito se ci fossero state intrusioni di estranei in cabina di pilotaggio ed i piloti confermarono di no. Precisarono di essersi “distratti” e di non aver sentito alcuna chiamata radio dai vari settori di Controllo, quindi il controllore provvide a passare le comunicazioni al collega del settore arrivi di Minneapolis. Quest’ultimo, dopo aver richiesto e verificato l’autonomia residua dichiarata dai due piloti, emise l’autorizzazione a dirigere verso l’aeroporto di S. Louis, non prima però di aver domandato ai due piloti se avessero il tempo di fornire una “breve spiegazione” su quanto era accaduto. Il comandante rispose:- solo distrazione, è tutto ciò che posso dire.
Subito dopo, il Controllore pressato dalle richieste del FBI e della Polizia aeroportuale di S. Louis, domandò ancora ufficialmente:- Northwest 188 v’è qualcosa che possiate chiarire in merito alla vostra distrazione ?
La risposta del comandante è stata la seguente:- Stavamo trattando alcuni problemi di Compagnia e questo è tutto ciò che posso dirvi in questo momento.
La sospensione dal servizio dei due piloti da parte della Compagnia è arrivata subito dopo l’atterraggio ed alla fine degli interrogatori effettuati immediatamente da FBI e Polizia locale. Due giorni dopo i piloti sono stati intervistati separatamente da parte degli Investigatori del NTSB, anche alla presenza di Ispettori della FAA.
Pochi giorni dopo l’Amministratore della FAA ha emesso l’ordinanza di revoca della licenza professionale di entrambi i piloti, i quali però, difesi dal proprio sindacato di categoria, hanno contestato la decisione, sulla base dell’accordo di immunità spettante a coloro che prima d’una indagine abbiano denunciato spontaneamente (ed anche anonimamente) il loro coinvolgimento in qualsiasi evento riguardante la sicurezza del volo, purché questo non configuri un crimine federale.
Ora, se è vero che i due piloti hanno comunicato in frequenza la loro “distrazione”, che è stata alla base dell’evento di allarme anche per il dispositivo di security nazionale in tema di dirottamenti aerei e relativi pericoli di attentati, è altrettanto vero che essi avevano coscientemente violato precise disposizioni federali e di Compagnia (approvate dalla FAA) in merito al comportamento da tenere a bordo durante il servizio e per aver utilizzato computers portatili per usi personali mentre erano in volo ai comandi di un aeromobile in servizio di pubblico trasporto. 18 dicembre 2009
La proposta di nuovo Regolamento CE, definita “COM (2009) 611 final”, destinata a sostituire, per migliorare, i contenuti della vecchia Direttiva 94/56 del 1994, è stata pubblicata a Brussels il 29 Ottobre 2009.
La proposta si apre con un “Memorandum di presentazione” che analizza “la tensione tra safety investigation ed altri procedimenti”, chiaramente in riferimento alle interferenze delle Autorità giudiziarie di alcuni Stati membri nei confronti dell’apertura delle investigazioni tecniche sugli incidenti aerei da parte delle Autorità investigative preposte, istituite nella Comunità proprio in base all’applicazione della Direttiva 94/56. In Italia la citata Direttiva ha trovato applicazione soltanto con il Decreto Legislativo n. 66 del 25 Febbraio 1999, istitutivo dell’Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo – ANSV – e realizzazione nel Novembre dello stesso anno. La costituzione pratica dell’Agenzia stessa è avvenuta con 5 anni di ritardo rispetto al termine fissato dalla Direttiva 94/56.
Il Memorandum prosegue affermando che «le investigazioni [tecniche] indipendenti dei sinistri aerei sono indispensabili per guidare il miglioramento della sicurezza del trasporto aereo» e con la constatazione che «l’analisi delle circostanze dei sinistri porta alle raccomandazioni fatte per prevenire la reiterazione di questi drammatici eventi». Viene poi chiaramente specificato che l’obbligo di aprire le investigazioni degli incidenti dell’aviazione civile è sancito dalla Convenzione sull’Aviazione Civile Internazionale della quale gli Stati membri sono parti contraenti e che le relative specificazioni uniformi (standards) e quelle consigliate – SARPs – al riguardo sono definite nell’Annesso 13 della Convenzione di Chicago e nelle relative notizie esplicative (guidance material).
E’ quindi evidenziata la necessità di cambiare la normativa in materia in quanto:-
il sistema comunitario per l’investigazione dei sinistri in aviazione civile, come pure il sistema di riporto degli eventi, così come attualmente in vigore, è non proprio ottimale; e
la Direttiva 94/56/CE, ormai vecchia di 15 anni, non è più in grado di soddisfare i requisiti della Comunità europea e dei singoli Stati più competenti nel campo delle investigazioni.
Nel terzo capitolo introduttivo si segnala che la Commissione ha condotto una dettagliata analisi dell’esistente situazione in materia di investigazione dei sinistri dell’aviazione civile e del sistema di riporto dei relativi eventi, con il risultato che la maggior parte delle risposte alla consultazione pubblica condotta nel 2007, ha evidenziato che il punto principale è il miglioramento dell’efficienza del quadro regolamentare relativo all’investigazione dei sinistri. Inoltre è emerso che il fatto più grave che si registra in alcuni Stati membri è il clima di tensione tra investigazioni tecniche dei sinistri aerei e altri procedimenti [ovviamente quelli giudiziari – ndr].
L’articolato capitolo cinque, trattando degli obblighi sia verso l’ICAO che verso la CE derivanti dalla Direttiva 94/56, sottolinea la necessità di uno strumento comunitario che sia in grado di «rafforzare l’efficienza delle investigazioni tecniche di sicurezza sui sinistri introducendo nelle Leggi comunitarie degli standards e delle specificazioni consigliate relative alla conservazione delle evidenze e delle informazioni delicate di sicurezza, appunto nel rispetto delle norme dell’Annesso 13 alla Convenzione di Chicago».
Il capitolo sei infine sottolinea il fatto che nonostante l’esistenza dell’EASA, la responsabilità della conduzione delle investigazioni dei sinistri aerei rimane ai singoli Stati membri, pur nell’ambito d’una auspicata collaborazione ed aiuti reciproci.
Dopo tali sommari indirizzi viene pubblicato con la sigla “2009/0170 (COD)” la Proposta di Regolamento sulle investigazioni e sulla prevenzione di accidents e incidents dell’Aviazione Civile, che andrebbe a sostituire la Direttiva 94/56 di pari oggetto, conferendo però al nuovo documento comunitario lo status superiore di Regolamento.
La proposta si apre con una Introduzione, composta di 5 voci di riferimento ad entità comunitarie esistenti, seguita da ben 25 punti dei quali citerò soltanto quelli più importanti:
2:- La sollecita conduzione delle investigazioni tecniche di sicurezza su accidents e incidents dell’aviazione civile migliora la sicurezza dell’aviazione e contribuisce a prevenirli.
4:- La Direttiva 94/56/CE del 21 Novembre 1994 che stabiliva i principi basilari delle investigazioni necessita d’essere sostituita allo scopo di migliorare l’efficienza dei sistemi di investigazione e di prevenzione degli accidents e incidents.
6:- La Convenzione sull’Aviazione Civile Internazionale che si occupa dell’attuazione delle misure necessarie a garantire la sicurezza delle operazioni degli aeromobili, particolarmente attraverso l’Annesso 13 a tale Convenzione ed i suoi successivi emendamenti, stabilisce le norme sugli standards e le specificazioni internazionali per l’investigazione degli accidents e incidents riguardanti gli aeromobili.
10:- Le investigazioni tecniche di sicurezza di accidents e incidents dovrebbero esser effettuate sotto controllo d’una autorità investigativa di sicurezza indipendente per evitare qualsiasi conflitto d’interessi e qualsiasi possibile interferenza esterna nel corso della determinazione della cause dell’evento sotto esame.
12:- Il ruolo di coordinamento delle Autorità di investigazione dev’essere riconosciuto in un contesto europeo, prendendo atto dell’esistente collaborazione tra di esse e che le risorse investigative disponibili negli Stati membri devono venir utilizzate nel miglior modo costo/efficienza possibile; ciò può esser ottenuto istituendo una Rete europea di Autorità investigative di sicurezza dell’Aviazione Civile.
15:- Gli Stati membri dovrebbero, nell’osservanza della legislazione in vigore riguardante i poteri delle autorità responsabili per l’inchiesta giudiziaria, consentire alle autorità responsabili per l’investigazione tecnica per la sicurezza dell’aviazione civile di eseguire i propri compiti nella miglior condizione possibile; gli scopi dell’inchiesta giudiziaria non dovrebbero essere comunque compromessi.
16:- L’efficienza d’una investigazione di sicurezza è ottenibile solo qualora gli elementi costituenti “evidenze” siano adeguatamente salvaguardati.
17:- Il sistema dell’aviazione civile è basato sul feedback e sulle lezioni apprese da accidents e incidents, fatti che richiedono una rigorosa diligenza nell’assicurare la riservatezza per garantire la futura disponibilità di valide fonti d’informazione; in tale contesto le informazioni di sicurezza confidenziali non dovrebbero esser utilizzate per scopi diversi da quelli della prevenzione di simili eventi, salvo che vi sia un interesse pubblico superiore che ne consigli la divulgazione.
18:- Per la prevenzione degli eventi è importante rendere pubbliche le risultanze dell’investigazione nel minor tempo possibile.
19:- Le raccomandazioni di sicurezza derivate dalle investigazioni degli accidents e incidents dovrebbero essere sempre debitamente processate da coloro cui sono dirette per ottenere una adeguata prevenzione; le raccomandazioni di sicurezza dovrebbero sempre essere tenute in considerazione dal momento che la sicurezza dell’aviazione ciivle viene sempre più regolamentata a livello comunitario.
25:- La Direttiva 94/56/CE verrebbe pertanto abrogata.
***
Il Regolamento apre con l’Art 1 che recita:- «Questo Regolamento mira a migliorare la sicurezza dell’aviazione civile garantendo un elevato grado di efficienza e di qualità alle investigazioni di sicurezza dell’aviazione civile europea, con il solo scopo della prevenzione di futuri accidents e incidents, senza attribuzione di colpe o responsabilità».
L’Art. 2 cataloga le “Definizioni terminologiche”1
1 speriamo, per amor di logicità linguistica e tecnica che alcuni definizioni, in particolare i termini accidents e incidents, vengano tradotti con maggior proprietà di termini nella traduzione in lingua italiana che ne verrà fatta, non importa se a Brussells o a Roma ! [Vds. “Commento al prologo” alla fine, titolo:- rif. ad Art. 2].
L’Art 3 ribadisce i principi già conosciuti e consolidati e la rappresentatività degli Stati interessati all’evento nella formazione della Commissione investigativa guidata dall’Investigatore incaricato dall’Autorità dello Stato di accadimento dell’evento.
L’Art. 5 propone i principi già stabiliti dall’Annesso 13 alla Convenzione di Chicago.
L’Art. 6 tratta della cooperazione tra le Autorità investigative degli Stati già stabiliti dall’ICAO.
L’Art. 7, completamente nuovo, sviluppa l’argomento relativo alla Rete europea delle Autorità investigative sugli eventi nell’aviazione civile internazionale, seguito dall’Art. 8 che ne tratta l’organizzazione relativa.
L’Art. 9, completamente nuovo, esamina la partecipazione dell’EASA alle investigazioni degli eventi con l’intervento conoscitivo e consultivo di propri esperti.
L’Art. 10 esamina la partecipazione all’investigazione dello Stato di progettazione dell’aeromobile.
L’Art. 11 stabilisce l’obbligo di notifica sia da parte delle persone coinvolte che da parte delle Autorità investigative di accidents e serious incidents dell’aviazione civile.
L’Art 12 è importantissimo in quanto definisce inequivocabilmente lo status, le prerogative ed i compiti dell’Investigatore incaricato dall’Autorità investigativa.1
L’Art. 13 stabilisce che « Per assicurare un appropriato coordinamento delle indagini sulle cause degli accidents e incidents in aviazione, l’autorità dell’investigazione tecnica devono trovare collaborazione con altre autorità, in particolare attraverso un coordinamento con quelle giudiziarie, quelle dell’aviazione civile , quelle delle operazioni di ricerca e soccorso ed altre, passibili di essere coinvolte nell’investigazione»2
L’Art. 14 ribadisce il principio che l’Investigatore incaricato dev’essere messo in condizione di poter salvaguardare sia i rottami che tutta l’area dell’evento. In particolare si osserva che non gli viene esplicitamente conferita l’autorità di comandare le Forze di Polizia di primo intervento per garantire il presidio dell’area dell’evento.
L’Art. 15 si dilunga nell’opportuna precisazione della protezione da assicurare a tutte le evidenze dell’evento.3
1 Con riferimento alle prerogative e alle facoltà assegnate agli “esperti” ed ai “consulenti” dell’Investigatore incaricato, come sono qui dettagliate nel testo, a mio parere, sono foriere di possibili fraintendimenti e perciò debbano essere esaminate e ridefinite. Inoltre, anche il comma 1 riguardante lo status dell’Investigatore incaricato si presta a dubbi ed interpretazioni laddove inserisce l’inciso «… and notwithstanding any judicial inquiry, the Investigator–in-charge shall …». Infine, al comma 2, lettera g), andrebbe aggiunto qualcosa come « … provision of air navigation services or aerodrome operation and search and rescue organization involved in the operation».
2 Omette di citare espressamente le Forze di Polizia (solitamente le prime ad arrivare sul posto) e segnatamente quelle di Polizia giudiziaria (in Italia), ma anche quelle sanitarie e di pronto soccorso e le unità speciali di pronto intervento armato e di lotta agli inquinamenti di tutti i tipi (in particolare quelle capaci di rendere inerti le fibre di carbonio negli incidenti che coinvolgano gli aeroplani che usano tali componenti nelle loro strutture).
3 Nel penultimo capoverso di questo articolo è contemplata un’eccezione che andrebbe ben ponderata nel significato pratico per le sue potenziali implicazioni, in quanto completamente a discrezione dell’autorità giudiziaria inquirente.
L’Art. 16 tratta dell’uso delle registrazioni, ma non fa la dovuta distinzione con la riproduzione delle registrazioni (depurate di nomi e cognomi) nel testo della Relazione d’inchiesta, che altrimenti potrebbe diventare incomprensibile. Tant’ è vero che il successivo Art. 17 dichiara molto confusamente che la riproduzione delle registrazioni trattate dagli artt. 15 e 16 potrà essere pubblicata nella Relazione solo se depurata (a discrezione di chi non è detto) delle informazioni «… non rilevanti per l’analisi …».
L’Art. 18 ribadisce il divieto di divulgare informazioni sull’evento da parte del personale dell’autorità investigativa, degli esperti e consulenti partecipanti all’investigazione1
L’Art. 19 stabilisce al suo comma 5) che «L’autorità investigativa di sicurezza debba render pubblico il rapporto finale nel più breve tempo possibile e, se possibile, al massimo entro dodici mesi dalla data dell’accadimento». Inoltre, al comma 6), è stabilito che qualora non fosse realizzabile, l’Autorità investigativa dovrebbe emettere un interim report almeno ad ogni anniversario dell’incidente, spiegando il procedere dell’investigazione e qualsiasi altro problema incontrato.
L’Art. 20 tratta delle raccomandazioni di sicurezza2
L’Art. 21 discetta sul follow-up delle raccomandazioni di sicurezza, senza però stabilire alcuna penalità per i destinatari d’una raccomandazione che non venga attuata senza giustificazioni o senza motivazioni adeguate alla gravità del contenuto.
L’Art. 22 tratta di disponibilità della lista dei passeggeri in evenienza d’un incidente, però limitando il caso ad Aerolinee partenti da un aeroporto comunitario3
L’Art. 23, a mio modesto avviso, non dovrebbe trovar ospitalità in questo Regolamento, bensì in qualche altra legge comunitaria.
L’Art. 24, al primo comma, stabilisce che “La commissione” (quale? quella europea?) debba essere “assistita da un comitato”, non si capisce preposto a che cosa fare e da chi composto.
L’Art. 25 riguarda la lista delle penalità applicabili ai violatori di questo Regolamento4
L’Art. 26 precisa che la Direttiva 94/56/CE è abrogata, mentre il conclusivo Art. 27 fissa il termine d’entrata in vigore della nuova Direttiva, quando questa sarà stata pubblicata dalla Gazzetta Ufficiale della Comunità europea
La proposta termina con l’avvertenza che il Regolamento è obbligatoriamente ed interamente applicabile in tutti gli Stati membri.
Segue, come allegato, una lista esemplificativa degli “serious incidents” dell’aviazione civile.
1 Pratica consueta, in Italia, sia per il potere giudiziario sia per i cancellieri dei tribunali.
2 Al comma 3) mette un ostacolo discutibile nello stabilire che qualsiasi raccomandazione di sicurezza non debba in nessun modo produrre un pallido sospetto di attribuire colpe o responsabilità (accertate) di un evento a qualcuno che sia coinvolto, per cui non si potrebbe più scrivere che cosa una persona al suo posto di lavoro non avrebbe dovuto fare o che non avrebbe fatto! Mi sembra il colmo del garantismo.
3 Non si capisce perché non alle Aviolinee che subiscano un incidente in arrivo ad un aeroporto comunitario !
4 Mi risulta incompleto e poco specifico nell’identificazione dei trasgressori.
Commento al prologo
Oltre a quanto sopra già commentato presentando, seppur succintamente, il contenuto principale dei singoli Articoli del proposto Regolamento comunitario, qui di seguito intendo esaminare alcuni punti dell’introduzione del documento:
Riguardo al punto 10, il discorso va completato con le seguenti precisazioni:-
In Italia, l’Autorità investigativa contemplata dalla Direttiva 94/56/CE del 21 Novembre 1994 ha visto la sua istituzione pratica solo nel Novembre 1999, con 5 anni di ritardo rispetto il termine fissato, con la nomina governativa del Presidente dell’Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo - ANSV, come si è voluto denominare, impropriamente, l’istituzione incaricata di effettuare le investigazioni tecniche e di emanare le raccomandazioni idonee a prevenire ulteriori eventi dello stesso tipo; infatti sarebbe stato più logico denominarla “Agenzia di investigazioni e di prevenzione per la sicurezza del volo”.
Purtroppo, fin dal suo inizio l’Agenzia ha dovuto lamentare delle interferenze nel proprio lavoro da parte della Magistratura nazionale, che ne hanno addirittura condizionato l’apertura dei lavori investigativi. Magistratura che è intervenuta in ogni disastro o sinistro aereo, perfino quando non vi erano persone lese ma soltanto danni all’aeromobile, fino ad arrivare al culmine rappresentato dalla nomina, convenuta tra i due organi, dell’Investigatore incaricato dell’investigazione tecnica anche a Consulente Tecnico del Magistrato inquirente, con tutti i danni e gli equivoci che ciò ha comportato ad entrambi i procedimenti.
Ed ancora ai giorni nostri continuano le interferenze rappresentate dal sequestro di tutte le evidenze, come nel caso dell’ammaraggio dell’ATR 42 della Tuninter nel Tirreno e più recentemente con il sequestro, tuttora in corso, dei pezzi del relitto del velivolo Cessna 650 disintegratosi al suolo a Frigoria all’inizio dell’anno in corso.
Riguardo al punto 15, va precisato quanto segue:-
Questa disposizione non fa che reiterare la debolezza della situazione creatasi con la pressoché analoga fumosa disposizione della Direttiva 94/56, che ha sempre consentito alla Magistratura nazionale di interferire con le investigazioni tecniche, interdicendo l’accesso all’Investigatore incaricato ed a sequestrare non solo le indispensabili registrazioni dei Registratori di bordo (quando esistenti) e quelle presso i Centri di Controllo del Traffico Aereo o delle Torri di Controllo aeroportuali, ma perfino procedendo alla rimozione ed al sequestro dei rottami degli aeromobili incidentati, di fatto impedendo il lavoro dell’Investigatore incaricato.
Pertanto il proposto Regolamento avrebbe dovuto obbligare gli Stati membri a rivedere e revisionare la legislazione in vigore (leggasi, per l’Italia, codice penale, codice di procedura penale e codice della navigazione – parte aerea) per richiederne la modifica nel senso auspicato dal princìpio della Just Culture, che sta prendendo piede in tutto il mondo più aeronauticamente e civilmente progredito.
Il successivo punto 18 non fa che evidenziare quanto di negativo accade in Italia:
Quanto accade infatti non è altro che il frutto diretto di quanto lamentato nel commento al precedente punto 15. Com’è possibile intervenire tempestivamente con l’investigazione, con le conclusioni e con le raccomandazioni idonee a prevenire i sinistri se tutte le evidenze dell’evento vengono sequestrate e bloccate per i tempi biblici occorrenti alla Magistrature per muoversi e riuscir a trovare se e chi sottoporre al giudizio di un Tribunale.
Infine, una ulteriore precisazione va fatta a completamento di quanto commentato in merito all’Art. 2:-
I termini accident e incident sono stati impropriamente tradotti in italiano nel Decreto Legislativo n. 66/1999 rispettivamente con i termini “incidente” ed “inconveniente”. Entrambi non indicano con esattezza il significato dei corrispondenti vocaboli usati nella stesura del testo originale in lingua inglese della Direttiva 94/56, che intendeva quello che nella nostra lingua viene definito rispettivamente “disastro” o “”sinistro” (es.:- “disastro aereo” e “sinistro stradale”) ed “incidente”, cioè un evento inatteso, ma non mortale che accade durante una qualsiasi attività che ne interrompe il regolare svolgimento. Ma un “inconveniente” è solo e soltanto un fatto spiacevole, motivo di disturbo o di limitazione, che niente ha a che fare con il termine italiano di “incidente”. Insomma un inconveniente si verifica mentre io sono al bar, sorbendo un caffè, e mi macchio vistosamente la cravatta proprio quando sono atteso ad una importante cerimonia o riunione ! Punto e basta !
CONCLUSIONE
Ritengo opportuno fornire pubblicamente le presenti considerazioni nella speranza che qualcuno dei nostri Rappresentanti nazionali al Parlamento europeo o qualcuno appartenente alle istituzioni del settore voglia raccogliere e presentare nelle sedi opportune e qualificate almeno qualcuna delle osservazioni da me avanzate sulla base dell’esperienza professionale. Specializzazione in investigazione acquisita oltre trent’anni or sono presso la “National Aircraft Accident Investigation School” del N.T.S.B. degli USA e sempre praticata, in seguito, sia sul campo investigativo che in sede di studio degli eventi del passato e del presente. Eventi che continuo ad esaminare ed a commentare sia su giornali e riviste specializzate che su siti web dedicati alle problematiche del mondo dell’Aviazione Civile. 26 novembre 2009
Commenti del Com.te Renzo Dentesano
sulle notizie successive al disastro del volo AF 447. Blood Priority. The more blood is spilled, the more corrective action is taken. The less blood is spilled, the less corrective action that’s taken.
Il sito “RadioCockpit” è un sito di professionisti dell’aviazione civile francese ed “EuroCockpit.com” è il loro sito informatico.
Qui di seguito vi proponiamo l’articolo pubblicato il 28 Settembre 2009 per commentare la notizia del cambio dell’attuale Direttore del BEA (Bureau d’Enquétes et d’Analyses) pour la Sécurité de l’Aviation Civile – Dr. Paul Louis Arlasian, che per moltissimi anni è stato il criticatissimo – dai piloti civili francesi – deus ex machina dell’organo investigativo sui disastri e sugli incidenti aerei dell’aviazione civile francese.
Le critiche sono piovute sulla testa del Direttore del BEA in diverse occasioni nel corso degli anni, ma si sono vieppiù accentuate a seguito dell’incidente al volo AF 447, precipitato in mezzo all’Atlantico fra le coste del Brasile e quelle del Senegal lo scorso 1 Giugno. Soprattutto per l’atteggiamento di difesa degli interessi industriali del costruttore delle sonde dei tubi di Pitot installate sugli aeromobili fabbricati da Airbus Industries e di velati accenni all’incapacità dei piloti, deceduti nel disastro, a fronteggiare un malfunzionamento delle indicazioni di velocità a bordo del velivolo che già si trovava in difficoltà nell’affrontare le severe turbolenze dovute all’incontro con il fronte intertropicale di convergenza dell’Atlantico.
Tanto per chiarire possibili dubbi, diremo soltanto che il sospetto, dopo il reiterarsi di diversi ASR (Air Safety Report) di molti equipaggi di Airbus sui malfunzionamenti dovuti al ghiacciamento d’acqua o di cristalli di ghiaccio all’interno di queste sonde, è dovuto agli ultimi messaggi automatici partiti dall’aeromobile pochi istanti prima di precipitare nell’Oceano con il suo carico di 228 persone a bordo.
La contaminazione del triplice sistema delle prese d’aria in statica e in dinamica che forniscono i dati di velocità agli strumenti di volo ed ai sistemi automatici di condotta (Autopilota/Automanetta e Flight Management System) può causare i malfunzionamenti già riportati da diverse fonti operative di vari vettori che utilizzano gli aeromobili Airbus delle serie A320, A330 e A340. Aggiungiamo soltanto che Henri Pitot ha stabilito fin dalla metà del 1700 i principi scientifici per la misurazione della pressione del flusso di qualsiasi fluido, tra cui l’aria, dal quale ricavarne la velocità, che in seguito è stata utilizzata dell’aviazione per fornire ai piloti un’attendibile informazione della velocità all’aria del proprio velivolo.
In questo articolo, tradotto al meglio da alcuni amici, dopo i sottili commenti sul pensionamento del Direttore responsabile del BEA francese - l’equivalente della nostra ANSV - emergono 2 osservazioni sulla realtà della metodica dell’investigazione degli incidenti di volo in Francia (spesso citata a modello anche nel nostro Paese):
1. La mancanza di trasparenza e di obiettività a conclusione di alcune Relazioni finali d’inchiesta: Habsheim, S.te Odile, Gonesse, Cayenne, Toronto, Douala, Rio;
2. La mancata lettura e quindi valutazione delle denunce fatte tramite ASR (Air Safety Report) da parte dei piloti, utenti di aeromobili Airbus.
In particolare si fa notare, come asserisce Eurocokpit, che è consuetudine dell’organo investigativo della Francia di incolpare i piloti e/o i controllori di volo nel caso d’incidenti gravi; nello stesso tempo gli estensori dei commenti sul sito denunciano il mancato approfondimento di alcuni inconvenienti avvenuti negli ultimi anni a carico delle sonde dei tubi di Pitot che avrebbero potuto prevenire l’incidente dell’Airbus Air France, precipitato al largo delle coste brasiliane, in posizione ancora non accertata.
E’ una denuncia ferma e chiara che deve far riflettere sull’importanza dell’investigazione accurata degli eventi di pericolo e sulla Just Culture allorquando si affrontano problematiche di sicurezza volo.
Ricordiamo succintamente i casi più eclatanti sui quali si è puntata la critica di EuroCockpit:
Habsheim-Molhouse 26 JUN 1988 A320 3 morti
Ste Odile – (Strasburgo) 20 JAN 1992 A320 87 morti
Gonesse – (Charles de Gaulle) 25 JUL 2000 Concorde 109 morti
Cayenne – (Guiana) 25 MAJ 2001 A340 danni minori
Toronto – (Canada) 02 AUG 2005 A340 distrutto
Douala - (Cameroon) 19 FEB 2006 A340 danni sostanziali
Volo Rio – Parigi (AF 447) 1 JUN 2009 A330 228 morti - disperso
Ed ecco l’articolo pubblicato da Eurocockpit.
Un po’ di champagne molto caro!
Articolo pubblicato il 28/09/2009 da Eurocockpit
Come da noi annunciato un mese fa, sarebbe stato confermato che il Direttore del BEA, Paul Louis Arlasian, “va in pensione (ma non c’entra niente)” nel prossimo mese di ottobre.
Abbiamo letto e sentito delle indiscrezioni sulla fine della carriera degli “X65” (laureati nel 1965 al Politecnico) ma il risultato è evidente, conformemente a quanto da noi annunciato, prova ne sia che il potere politico ha ancora interessi in materia aeronautica e ciò non dispiace ai (quasi) inossidabili tecnocrati.
La Francia ha una possibilità (ed una sola) di finirla con le inchieste sugli incidenti che conducono sistematicamente alla colpa dei piloti o dei controllori, come nel caso di S.te Odile per esempio, in cui sono state sospettate e provate manomissioni di documenti.
Forse la finiremo così con le coordinate geografiche false di un punto d’impatto, in un rapporto ufficiale, solo perché ciò conviene a chi redige un rapporto d’incidente.
Forse dal 5 ottobre prossimo le ASR (Air Safety Report) che riguardano problemi così importanti (e ricorrenti) come quelli delle sonde dei Pitot saranno letti e trattati come devono esserlo e che saranno prese misure correttive prima che altre 228 persone debbano pagarne l’insopportabile alto prezzo.
Habsheim, S.te Odile, Cayenne, Gonesse, Toronto, Douala, Rio….- Tante relazioni d’inchiesta o assenza di relazioni che rendono bene l’idea di quale sia il quadro aeronautico attuale e quello della ricerca per la prevenzione ed il miglioramento della sicurezza.
Abbiamo visto recentemente la BEA-mare lanciarsi nelle spiegazioni più fumose per spiegare il naufragio del Bugaled Breizh, questo peschereccio di 24 m, secondo la versione ufficiale, incagliato su un banco di sabbia, sparito subito dopo che l’imbarcazione è affondata, mentre è stato stabilito che un sottomarino si era impigliato nelle sue reti da pesca … sembrerebbe di leggere un rapporto della BEA aeronautica sull’incidente di S.te Odile.
E’ ora che, sul piano aeronautico, la Francia torni ad essere credibile su scala internazionale e l’ora di ringraziare gli amici della X65 e quelli che s’ispirano a loro; è ora di girare pagina.
Un ultimo appunto: molto stranamente Eurocockpit non è stato invitato fin dall’inizio. Non siamo raffinati in fatto di galateo ma non per questo ci comportiamo da maleducati.
Nessun dubbio che gli amici X65 porranno rimedio a questa “omissione” e che noi saremo dunque invitati fin dall’inizio per quanto riguarda l’evento in Air France. Così come avevamo annunciato un mese fa, già che c’è il pensionamento (ma non c’entra niente). D’altronde alcuni hanno già ricevuto il loro invito per bere un po’ di champagne nella classe superiore (vedi telex).
Questo è l’ironico articolo di Eurocockpit, di commento finale alla raccomandazione di “upgrading” sul volo AF 229 del 16 Aprile, originata dalla Direzione Generale dell’Air France di Parigi, diretta al proprio Caposcalo ed al “responsabile degli imbarchi”, in favore del Direttore del BEA.
Per il resto ci fermiamo qui, anche se abbiamo intenzione di cercar di approfondire qualcosa in merito ai segnalati malfunzionamenti delle sonde di Pitot montate sui velivoli Airbus, ma soprattutto sull’altrettanto segnalata incapacità di questi aeroplani di mantenere funzionanti correttamente e collegati gli automatismi di condotta del volo, sia in crociera che in avvicinamento strumentale. 17 ottobre 2009
Considerazioni del Com.te Renzo Dentesano
L’Ispettore Generale del Dipartimento dei Trasporti USA aveva presentato, meno di un mese prima della collisione in volo avvenuto l’otto agosto tra un aeroplano da turismo ed un elicottero in volo turistico sopra il fiume Hudson di New York, una relazione con precise critiche nei confronti della Federal Aviation Administration – FAA – responsabile di tutta l’aviazione civile statunitense, per la gestione del Controllo del Traffico Aereo, accusando tale amministrazione aeronautica di «una significativa indebolita sorveglianza sull’industria dei “voli a domanda” rispetto a quella esercitata sull’industria delle aerolinee commerciali».
Il Presidente del National Transportation Safety Board – NTSB – aveva inoltre dichiarato che «tale relazione ha chiaramente indicato che vi è un disparato livello di sorveglianza» fra i due tipi d’attività aeronautiche.
Nel mese di luglio la FAA aveva emesso la nuova politica disciplinare interna nei confronti dei Controllori di volo, annunciando di «voler andare oltre la cultura della colpa e della punizione, pur ribadendo che il Controllore rimane responsabile delle proprie azioni».
Tutto ciò nello spirito dell’acquisita consapevolezza che «per scoprire i problemi e trarre insegnamento dagli “incidents” un’informativa qualificata è solo quella che può provenire direttamente dagli addetti alla prima linea, cioè i Controllori in servizio».
Così l’Amministratore della FAA aveva annunciato d’aver disposto con decorrenza immediata che il nome dei Controllori del Traffico Aereo coinvolti in un “incident” oppure autori di una segnalazione riservata od anonima di un evento di sicurezza del volo a loro conoscenza, non avessero più a figurare negli atti ufficiali interni riguardanti gli errori operativi involontariamente commessi. Solo dopo che sia emerso inequivocabilmente, dall’investigazione interna e da quella del NTSB, la negligenza grave o comportamento penalmente perseguibile, gli atti risultanti verranno d’ufficio trasmessi alla competente Autorità giudiziaria, proprio come chiaramente stabilito anche dal principio fondamentale della Just Culture.
Alla luce di quanto avvenuto in America, non si può far a meno di rilevare che in Italia manca un tale tipo di sorveglianza sulle funzioni della nostra amministrazione aeronautica cioè l’ENAC, pur se contemplato dalla nostra legislazione.
La cancellazione della funzione di sorveglianza sulla gestione operativa dell’ENAC da parte del Dipartimento dell’Aviazione Civile del Ministero dei Trasporti, sorveglianza che prima del Decreto legislativo n. 250 del 25 luglio 1997 istitutivo dell’Ente era specificamente demandata a detto Dipartimento e non, come poi, attribuita ad una generica “vigilanza e controllo” da parte del Ministero dei Trasporti.
Se si comprende che l’ENAC ha non solo il compito di regolamentazione tecnica, autorizzazione, certificazione e sorveglianza su tutta l’Aviazione Civile nazionale ed anche (più recentemente) di dettare le norme sul Controllo del Traffico Aereo gestito dall’ENAV – Ente Nazionale per l’Assistenza al Volo – e della sorveglianza sul suo operato tecnico, si può ben comprendere coma la mancanza di un Ente tecnico di supervisione, sovraordinato ad ENAC, sia ravvisata come una lacuna preoccupante. Ciò risalta significativamente all’attenzione di chiunque sia a conoscenza di ciò che è realizzato a favore della sicurezza del volo in altri Paesi aeronauticamente evoluti, che pure presentano quantità e livelli d’attività ben maggiori di quelli dell’Aviazione Italiana.
Come conseguenza dello scontro aereo sopra l’Hudson River, il 14 agosto è stato emesso un comunicato che informa la pubblica opinione degli USA che «le Autorità hanno sospeso dal servizio il Controllore che al momento della fatale collisione stava al telefono di servizio impegnato in una conversazione telefonica».
La FAA da parte sua ha affermato che il Controllore dell’aeroporto di Teterboro nel New Jersey era impegnato al telefono «in una conversazione apparentemente “inappropriata”» e che il Supervisore di Torre non era nell’edificio, come avrebbe dovuto, al momento del fatto.
Ha inoltre comunicato di aver dato inizio ad un procedimento disciplinare nei confronti del Controllore che gestiva il piccolo aeroplano che si è scontrato con l’elicottero, anche se adesso non vi sia ragione di credere che tale attività “inappropriata” del Controllore abbia potuto contribuire al sinistro che ha ucciso nove persone.
Gli Investigatori del NTSB e della FAA hanno appreso della conversazione telefonica “inappropriata” mentre esaminavano le registrazioni del telefono che collega la Torre con gli altri enti dell’aeroporto di Teterboro.
Infine l’Associazione Nazionale dei Controllori ha comunicato che appoggia una completa indagine in merito alla tesi accusatoria, prima che siano pronunciati giudizi sommari.
Dunque, tutti comportamenti pubblici che differiscono in modo esemplare da ciò che invece accadde al tempo del disastro del 8 ottobre 2001 sull’aeroporto di Linate, dove l’unico Controllore di Torre – settore “Ground”– fu criminalizzato da subito ed anche dal Collegio giudicante, mentre stava gestendo un intenso volume di traffico in presenza di fitta nebbia.
Il Capoturno e Supervisore di Torre, a turno appena iniziato, era invece assente dalla Torre, seppur sostituito da altro Controllore presente in Torre.
Questi non fu mai indagato e tanto meno rinviato a giudizio dalla Magistratura subito intervenuta a bloccare tutte le attività d’investigazione tecnica, che furono poi ammesse.
L’investigazione ANSV è stata in seguito espletata in parallelo al CTU Consulente Tecnico d’Ufficio dell’Inquirente - in origine investigatore ANSV – con i seguenti quesiti:
1. “analizzi e sviluppi il consulente, presa cognizione della documentazione e delle cose sequestrate a seguito del disastro aereo verificatosi in Milano in data 08.10.2001, utilizzando all’uopo ogni opportuna attività tecnica, ogni dato ed informazione utile per la ricostruzione della dinamica dell’evento e per l’accertamento delle cause.” Un nuovo quesito veniva formulato;
2. “dica il consulente, espletato ogni opportuno accertamento e considerati gli esiti dell’attività d’indagine sinora svolta nell’ambito del procedimento, quali siano le cause del disastro verificatosi in Linate in data 08.10.2001 e descriva la dinamica dell’evento; riferisca su ogni elemento utile per la valutazione dei fatti”.
Il risultato del procedimento penale fu di una condanna per il controllore, assieme a tutti gli altri imputati.
Contrariamente a quanto dispone l’ICAO in merito, cioè di tener separata l’investigazione tecnica dall’indagine penale».
Ecco due modi diversi di gestire, almeno inizialmente, gli accadimenti aeronautici dovuti al sospetto di colpa grave:-
- da una parte ciò che accade negli USA dove l’investigazione tecnica ha il suo corso fino a quando sia provata che una negligenza o un comportamento scorretto ed inadeguato abbia potuto causare in disastro;
- dall’altra ciò che è avvenuto e continua ad avvenire in Italia e che comporta che una documentazione tecnica ufficiale dell’ANSV (Relazione d’inchiesta su l’incidente del 24 febbraio 2004 – Cessna Citation 500 volo Ciampino - Cagliari) sia stata emessa soltanto dopo cinque anni dal fatto, giustifichi in pieno l’operato dei due Controllori, nel frattempo condannati in primo grado di giudizio, per l’impatto contro gli ostacoli orografici di un aeroplano il cui pilota aveva dichiarato di procedere secondo le regole del volo a vista e di separarsi autonomamente dagli ostacoli verso la sua destinazione all’aeroporto di Cagliari. 06 settembre 2009
Notizie poco note commentate dal Com.te Renzo Dentesano.
A quanto pare i turisti italiani hanno la memoria corta oppure “ non perdono mai … il vizio”.
Almeno tre (per quanto si sa finora) i turisti italiani tra gli otto passeggeri del velivolo BN-2A “Islander”, un piccolo bimotore con motori a pistoni, marche venezolane YV-212T, il cui pilota di 66 anni, il pomeriggio di domenica 16 agosto alle ore 17.30 locali, è stato costretto ad un ammaraggio forzato nel Mar dei Carabi (di solito infestato dai pescecani) mentre si trovava in avvicinamento all’aeroporto internazionale di Caracas – Maiquetia.
L’aeroplano, che proveniva dall’arcipelago di Los Roques, è finito a mare ad Ovest dell’aeroporto, a soli 150 metri dalla costa della località di Porto Viejo, dalla quale sono partiti i primi soccorsi.
Per quanto è dato di sapere tutti i nove occupanti sono stati salvati, anche se non sono note le loro condizioni fisiche.
Come forse qualcuno ancora ricorderà in Italia (a parte i familiari degli scomparsi), il 4 gennaio 2008 un bi-turboelica LET 410-UVP della Compagnia venezolana “Transaven”, decollato da Caracas-Maiquetia e diretto a Los Roques con un numero indeterminato di passeggeri a bordo, tra i quali anche otto cittadini italiani, era dato per precipitato nel Mar dei Carabi. Ma da allora nessuno ha trovato il relitto del velivolo né traccia dei suoi occupanti.
Ma gli italiani continuano … a frequentare ! 21 agosto 2009
Il volo Air France 447 - velivolo A 330-200 - del 31 Maggio da Rio de Janeiro a Parigi è bruscamente terminato intorno alle ore 02.15/UTC del 1 Giugno 2009 nell’Oceano Atlantico, poco sopra l’altezza dell’Equatore, tra le posizioni di ORATO (02°14’8”N – 30°55’4W) e quella di TASIL (04°00’3”N – 29°59’4”W) sulla rotta oceanica UN 873, tra Recife (Brasile) e Dakar (Senegal), mentre volava al livello di crociera 350 (35.000 piedi) con 228 persone a bordo.
Al momento, oltre alle notizie fornite dalla Compagnia armatrice sui messaggi automatici di molteplici avarie trasmessi dall’ACARS di bordo – Airborne Communications Addressing and Reporting System – invero piuttosto significativi ma non probanti come potrebbero essere i dati delle registrazioni del DFDR – Digital Flight Data Recorder – di bordo, finora si sa per certo che sono stati recuperati i cadaveri di 16 persone e di alcuni relitti dell’aereo, indicanti inequivocabilmente la loro appartenenza al velivolo scomparso. Tra quest’ultimi, al momento, i più indicativi risultano essere un’estremità alare e soprattutto l’intera deriva divelta dell’impennaggio verticale di direzione.
Ho definito indicativi questi due rottami chiaramente collassati in volo, tra i quali il più importante risulta essere proprio la deriva del timone di coda dell’aereo, la quale ha già dato in passato dimostrazione di essere particolarmente vulnerabile sull’intera serie d’aeromobili derivati dal capostipite di questo modello di produzione Airbus: vale a dire il velivolo A 300. Hanno fatto seguito tutte le serie prodotte, dall’A 340, che non ha incontrato i favori delle Aerolinee, all’A 330 di cui ci stiamo occupando.
L’A 330 è un aeromobile a lungo raggio (con la fusoliera dell’A 340 accorciata), dotato di due reattori e governato dai comandi di volo del tipo “Fly-by-wire” (cioè a fibre ottiche ed attuatori elettrici) alimentati dalla corrente elettrica dei generatori di bordo e, in emergenza, anche da una speciale elica che, mossa dal flusso d’aria in cui si muove l’aeroplano, può fornire un certo ammontare d’energia elettrica e altre energie ausiliarie.
Ma vediamo un po’ di cronistoria di questo prodotto aeronautico, che può aiutarci ad ipotizzare che cosa possa essere accaduto al volo AF 447.
IL 30 Giugno 1994 (15 anni orsono) un A 330-221 veniva sottoposto ad un volo di collaudo sull’aeroporto di Toulouse, nel corso della sua certificazione con installati reattori Pratt & Whitney, dopo la serie già approvata con reattori General Electrics nel 1992.
Su quel volo di collaudo – velivolo marche F-WWKH – oltre ai tre membri dell’equipaggio e a due tecnici della stessa ditta costruttrice, erano presenti anche due piloti italiani, colà recatisi in visita culturale, inviativi dal sindacato professionale della categoria ed ospitati a richiesta su quel volo come passeggeri. Durante la seconda manovra di decollo di quel giorno, i piloti ai comandi, con autopilota inserito, a causa d’un eccessivo assetto di beccheggio dell’aeroplano indotto dall’automatismo di controllo, non furono in grado né di contenere il rapido decadimento della velocità e neppure di neutralizzare il successivo rollìo indotto, finendo con il precipitare ai margini della pista, causando la morte di tutti e sette gli occupanti. Fin qui la versione ufficiale dell’inchiesta tecnica.
Ma … c’è qualcosa che l’inchiesta non ha stabilito o quanto meno non ha reso pubblico. Secondo fonti attendibili, il mancato recupero dal rollìo finale seguito all’eccessivo assetto longitudinale assunto dall’aeroplano nella circostanza, fu dovuto anche all’insufficiente autorità del timone di direzione, in quanto sottodimensionato per la spinta dei nuovi motori e per la fusoliera accorciata rispetto al progetto dell’A 340 dal quale l’A 330 derivava. Tale difetto fu accuratamente tenuto nascosto, in quanto la casa costruttrice s’era impegnata, oltre che a pagare un lauto indennizzo ai famigliari delle Vittime, anche a migliorare la parte caudale verticale dei successivi velivoli in produzione.
La fusoliera dell’A 340 era più lunga di oltre una quindicina di metri rispetto a quella che fu poi adottata per l’A 330. Dopo il grave incidente del 1994 si scoprì appunto che la fusoliera accorciata richiedeva una velatura verticale di coda più estesa e si decise quindi di allungare la deriva ed il rispettivo timone di direzione per renderli più efficienti. Già, … ma gli attacchi di quel timone alla fusoliera erano ancora …. gli stessi! Quelli cioè del capostipite della serie:- l’A 300.
A 300-B4 che subì un grave incidente durante il decollo dall’aeroporto di New York – Kennedy il 12 Novembre 2001 dopo essere entrato nella scia turbolenta di un B. 747 decollato un minuto e mezzo prima da un’altra pista.
Il Co-pilota dell’A 300 che era ai comandi, per ovviare agli effetti perturbatori della scia del B 747, agì bruscamente e violentemente sul timone di direzione per raddrizzare il proprio velivolo, in modo tale da provocare la rottura e la separazione dal velivolo dell’intero impennaggio verticale di coda, così facendo precipitare fuori controllo l’aeromobile con tutte le 251 persone a bordo su di un quartiere residenziale costiero, dove si contarono altre nove vittime tra gli abitanti del luogo.
Nel 2007 poi il costruttore scoprì che le sonde dei tubi di Pitot, indispensabili per fornire una corretta pressione totale dell’aria alla capsula barometrica che distribuisce i valori di velocità ai vari computers di bordo, erano difettose e pertanto informò, con un apposito bollettino di servizio, tutti gli utenti di provvedere alla sostituzione di questi indispensabili sistemi di rivelazione della velocità. Air France, uno dei maggiori clienti del velivolo costruito in Francia, ovviamente inizia la campagna di sostituzione graduale di questi impianti ad iniziare dai modelli a corto-medio raggio e rinviando nel tempo quella sui modelli a lungo raggio, più recenti.
Nel frattempo, il 7 Ottobre 2008, un A 330 dell’australiana Quantas in volo da Singapore a Perth (Australia), mentre sorvolava l’Oceano al livello di crociera 370 (37.000 piedi) con 303 passeggeri, 9 membri di cabina e tre membri di condotta, in aria calma, improvvisamente ebbe il distacco non comandato dell’autopilota che governava la rotta, fatto inatteso che fu accompagnato da vari indicatori d’avaria di vari sistemi ed impianti di bordo. Mentre i piloti ai comandi stavano valutando la situazione pilotando manualmente, ancor più inaspettatamente il velivolo ebbe un improvviso e violento momento a picchiare, raggiungendo un assetto a muso verso il basso di oltre 8 gradi così perdendo 650 piedi (200 metri circa) di quota. I piloti, sempre manualmente, riportarono l’aeroplano al livello di volo assegnato ed iniziarono le azioni necessarie a correggere gli svariati messaggi di avaria annunciati sull’ED – EICAS Display. Soltanto tre minuti più tardi il velivolo iniziò una seconda picchiata non comandata di circa 3 gradi e mezzo a muso basso, durante la quale perse nuovamente altri 400 piedi. Questi due eventi inaspettati e sconcertanti provocarono il ferimento grave di un assistente di volo e di ben 13 passeggeri, accomodati prevalentemente nella parte posteriore della fusoliera, oltre ad un certo numero di contusi tra chi non aveva le cinture di sicurezza allacciate, costringendo l’equipaggio di condotta ad effettuare un dirottamento sul primo aeroporto australiano disponibile.
Il successivo esame dei dati registrati sul DFDR portò a stabilire che nel momento in cui l’autopilota si auto escluse vi fu un guasto registrato a carico di uno degli “air data reference computers” – ADIRU - di bordo delegati a fornire i dati di velocità al sistema di governo dei comandi di volo gestiti dagli impianti “fly-by-wire”.
Le condizioni meteorologiche favorevoli, la prontezza dei piloti ai comandi, regolarmente legati ai propri sedili ed una certa dose di buona sorte nella circostanza avversa fecero sì che non ci fossero più serie conseguenze sull’integrità della macchina se non quelle subite dagli sfortunati feriti a bordo. Questo fu il primo documentato incidente di estrema gravità, che in definitiva non faceva che confermare quanto la casa costruttrice aveva già ritenuto doveroso di comunicare all’utenza quale possibile fonte di guai:- il sistema delle sonde della velocità degli aeromobili Airbus, soggette ad improvvisi difetti che potevano compromettere gravemente la sicurezza dei voli, suggerendone pertanto l’immediata sostituzione.
Termino questa carrellata documentale sull’aeroplano protagonista di questa tragedia, almeno per quanto è possibile conoscere fino al momento attuale.
La scomparsa del volo AF 447 – aeromobile A 330 serie 200 – ha scatenato una ridda d’ipotesi alcune fantasiose, altre senz’altro più interessanti, quali quelle delle analisi delle condizioni meteorologiche incontrate dall’aeroplano, che, nell’ultima radiocomunicazione effettuata dall’equipaggio, denunciava una situazione di forte turbolenza convettiva. Tra le analisi dei vari centri meteorologici sulle condizioni di quella notte nella zona di convergenza intertropicale della rotta oceanica UN 873, sebbene abbastanza contraddittorie fra loro in quanto variano da quelle emanate da un centro meteo di previsione oceanica francese che le definiva come condizioni ben poco attive e per nulla preoccupanti ad altre che considerano invece tali condizioni come d’estrema pericolosità. Ne abbiamo analizzata una che sembra molto accurata ed approfondita (tanto da raccogliere molti consensi da parte degli addetti del settore, piloti inclusi), che qui sintetizziamo per sommi capi nella sua parte conclusiva più significativa.
Il seguente estratto di analisi molto documentata (e tradotta ad hoc), conclude la parte operativa relativa alla fase del volo, esaminata nel seguente modo:- «La distanza tra il punto INTOL, sorvolato alle ore 01.33/UTC e la posizione dell’ultimo riporto ACARS alle ore 02.14/UTC di 331 miglia nautiche, percorsa in 41 minuti, permetterebbe di stabilire che al livello di volo 350 comportava una velocità al suolo di 485 nodi e di conseguenza una velocità indicata di 288 KIAS (nodi indicati) o Mach indicato 0.841. Però questa risulterebbe un po’ eccessiva in quanto il volo AF 447 aveva dichiarato una velocità di crociera corrispondente a M. 0.82, che poi si sarebbe dovuta ridurre a M. 0.80 per rispettare la velocità di miglior penetrazione della turbolenza in nubi. Inoltre, sulla base dell’esame delle carte dei venti in quota, il volo avrebbe incontrato una componente di vento contrario di circa 10 nodi per gran parte di questo segmento di rotta, il che farebbe ridurre la velocità media sulla tratta, [se la velocità indicata a bordo era corretta e non già deteriorata marginalmente dal malfunzionamento delle sonde anemometriche – ndr]. Comunque, siccome la posizione denunciata dall’ultimo messaggio ACARS giace leggermente ad Ovest della rotta UN 873, ciò suggerisce che forse l’equipaggio di condotta aveva deviato volontariamente di qualche grado verso Nord/Ovest la propria rotta, nell’intento di evitare la zona più perturbata. Infatti, era la cellula temporalesca situata in prossimità della rotta oceanica UN 873 quella che produceva una sommità delle nubi temporalesche intorno a 56.000 piedi (17.000 metri!)»; questo, mentre l’aeromobile volava alla quota di 11.700 metri.
Di più, al momento, non è dato di sapere, nella fiduciosa attesa che arrivi la buona novella che i copiosi mezzi di ricerca che stanno ancora affluendo nella zona riescano ad individuare esattamente e quindi a recuperare almeno il DFDR, che trasmetterà ancora il suo radiosegnale di localizzazione, captabile dai Sonar marini, fino alla fine del corrente mese di Giugno. 8 Giugno 2009