Aerohabitat CentroStudi ospita in questa sezione gli interventi proposti dal com.te Renzo Dentesano.
Analisi, studi e articoli sono e saranno caratterizzati da una completa autonomia e indipendenza di valutazione ed esposizione.
Renzo DENTESANO
Pilota militare e ATPL Comandante dell’Aviazione Civile italiana, con oltre 21.000 ore di volo;
Capo-Istruttore del settore DC 8, incaricato dello sviluppo e della valutazione delle piattaforme inerziali per l’uso aeronautico, Dirigente addetto alla Sicurezza del Volo della Compagnia di bandiera, fin dalla sua istituzione, che ha curato per i primi 10 anni;
Investigatore d’incidenti aeronautici, certificato dalla Scuola del NTSB- USA;
Specializzato in ergonomia e psicologia applicata presso l’Università “Aston Villa” di Birmingham (U.K.);
Medaglia d’Oro aeronautica di Lunga Navigazione Aerea;
Pioniere del Progresso Aeronautico dei Pionieri dell’Aeronautica;
Socio onorario dell’Ass. Trasvolatori Atlantici – ATA;
Consulente Tecnico d’Ufficio di diversi Magistrati inquirenti della Procura della Repubblica.
La recente notizia, ignorata dalla grande stampa nazionale, che una Società di costruzioni aeronautiche specializzata in droni ha in progetto di costruire un prototipo di “large UAV per trasporto merci su grandi distanze”, che mi permetto di definire “aerocottero cargo” in quanto alle estremità delle ali e dei piani di coda d’una fusoliera di aeroplano avrà installate quattro eliche con relativi motori per il decollo e un sistema di motori a reazione per il volo di traslazione e di crociera, potrà essere in futuro una nuova ma più efficace arma qualora cadesse in possesso di terroristi organizzati. Sarebbe una nuova arma potenziale per spargere o irrorare sostanze tossiche o velenose su vaste estensioni di territorio o su grandi assembramenti di persone come quelle che si raccolgono negli stadi per manifestazioni sportive o per concerti , per raduni di qualsiasi tipo sia sportivi che culturali o musicali, oppure su flussi turistici di persone nei centri storici delle città d’arte o infine per gruppi di fedeli per motivi religiosi, cioè attacchi tanto più prevedibili se portate da terroristi spinti da puro odio settario. E non più come ora con gli attuali mini droni o droni di limitate dimensioni e di pari limitate capacità di carico utile. Ma in ogni caso macchine in grado di volare a bassa quota ed in modo acusticamente silenzioso, quando non siano utilizzate a grandi velocità di traslazione o ad altitudini di lunga distanza.
Comunque droni in grado di sfruttare una certa invisibilità ai radar quando in volo rasoterra o ad altri controlli fissi installati al suolo e conserverebbero il vantaggio di poter esser manovrati come strumenti d’offesa da molto lontano, tenendo ben al sicuro gli attentatori dall’essere scoperti per tempo da verifiche di polizia.
Dunque a fornire la capacità di difesa a questo tipo di minaccia dev’esser chiamata per tempo quell’altra industria di difesa elettronica più sofisticata e costosa che si deve basare sulla combinazione di più dispositivi di scoperta, identificazione, rilevamento, intercettazione, conquista del controllo per neutralizzare ed eventualmente distruggere questi potenti mezzi.
In questo campo in Italia ci troviamo in buona posizione, in quanto un’industria nazionale, la Elettronica (ELT) specializzata in misure e contromisure elettroniche per la difesa ha recentemente reso noto d’aver predisposto un certo “sistema Adrian”, acronimo composto dalle parole anglosassoni “Anti-Drone Interception Acquisition Neutralization”, che consiste in una collana di sensori radar, acustici, radio ed elettromagnetici è in grado, pur in aree urbane altamente popolate e fonti di svariati disturbi, di identificare un drone fin dal momento dell’accensione dei suoi motori elettrici, di metterlo sotto tracciamento di rilevazione ed infine di agganciarlo. A quel punto il sistema di agganciamento avvia anche la sua azione di disturbo interrompendo il radio contatto con tra il drone e il dispositivo di controllo, dopo aver attivato il dispositivo di distinzione tra piattaforme ostili e non ostili e permettendo ai suoi operatori di decidere il tipo di intervento, cioè se neutralizzarlo prendendone il controllo per farlo posare al suolo in località idonea o se passare alla sua distruzione.
Quanto vi abbiamo presentato quindi rappresenta ben più di una speranza di esser protetti da attacchi terroristici portati con droni di più o meno facile reperibilità sui mercati presenti e futuri, accessibili ai terroristi di più o meno elevate capacità organizzative e finanziarie. 30 maggio 2017
Il primo prevedibile e lungamente preannunciato attacco globale alla sicurezza cibernetica delle reti informatiche di ben 99 Paesi portato da sconosciuti ricattatori informatici si è fatalmente verificato.
Un attacco cibernetico su vasta scala nella notte tra il 12 e il 13 maggio ha danneggiato seriamente con scopi ricattatori i sistemi informatici della Gran Bretagna e, a quanto è dato di sapere, di Stati Uniti, Cina, Russia ed altri Paesi, tra i quali Italia, Spagna, Taiwan, per un totale stimato tra i 74 ed i 99 domini nazionali.
Nel Regno Unito sono stati particolarmente colpiti i servizi informatici ospedalieri, tanto da indurre il servizio sanitario ad informare con mezzi radiotelefonici gli utenti a non recarsi agli ambulatori e nei pronti soccorsi, causa paralisi dei sistemi informatici e diagnostici.
Il virus veniva ad infettare i server ed i computer di oltre 44mila utenze (stimate per difetto) nelle primissime ore dell’attacco che includeva una richiesta di riscatto in moneta virtuale denominata bitcoin di 300 US dollars, equivalente a 230 UK sterlings.
Negli USA risultava colpito lo spedizioniere internazionale espresso FedEx, mentre in Spagna veniva insidiato il grande complesso delle telecomunicazioni Telefonica, anche se con effetti meno gravi e le principali attività non ne risultavano interrotte. In Italia si sono parimenti verificate violazioni della cyber security a carico di alcune aziende del settore bancario e finanziario, mentre alcuni laboratori universitari sono stati paralizzati, tra i quali la Bicocca di Milano.
I siti origine degli attacchi pirateschi ai siti di pressoché tutto il mondo informaticamente più evoluti rimangono al momento non identificati, seppure certi indizi portino i sospetti verso paesi come la Korea del Nord, anche se il provvidenziale intervento di un certo Marcus Hutchin, 22enne esperto di cyber security della Società Kryptos Logic del Regno Unito, il quale è riuscito a risalire all’origine del virus ed ha bloccato l’attacco in tutto il mondo. All’esperto autore del prodigioso intervento è valso il premio di una settimana di riposo dopo tre notti e tre giorni passati insonni al posto di lavoro.
Dunque l’attacco informatico del secondo weekend di maggio è il più grande mai registrato in tutto il mondo e neppure il Bel Paese è stato ignorato, anche se proprio da noi la struttura della cyber-security è da qualche tempo un colabrodo in tutti i settori, sia pubblici sia privati, per i pochi investimenti nei sistemi di protezione, segnatamente quelli non fatti dalle aziende italiane, le quali risultano aver investito nell’anno 2016 la cifra di 972 milioni di euro (pari al 5% superiore al 2015) ritenuta assolutamente insufficiente, vista le precedenti scarse basi di prevenzione esistenti in partenza.
Né va meglio nel settore della pubblica amministrazione, dove il Governo italiano, a causa dell’insufficiente numero di uomini nella Polizia di Stato dovuta alle consistenti riduzioni dei relativi bilanci avvenuti negli ultimi anni, intende chiudere oltre 50 uffici della Polizia postale, unico ente in grado di assicurare la prevenzione e la sicurezza per le istituzioni e le pubbliche amministrazioni. Soltanto la protesta delle relative organizzazioni sindacali ha (forse) ridotto (solo in parte purtroppo) i propositi governativi.
Così il rischio di attacchi hacker è percepito dalle maggiori aziende italiane come il più incombente, ma ciò nonostante soltanto la metà delle imprese ha un addetto alla cyber security. Nelle organizzazioni pubbliche, come ad esempio gli Atenei, i controlli dei dati sensibili sono elevati, ma, per tutte le pubbliche amministrazioni, come pure per quelle private, il rischio maggiore è quello rappresentato dall’evenienza che qualche soggetto interno possa venir indotto dietro compenso a collaborare con gli hackers di qualsiasi parte del globo. Per certe menti informatiche l’impresa di bloccare in massa aziende, pubbliche amministrazioni o anche semplici utenti web, richiedendo un riscatto come è avvenuto nel caso di cui ci stiano occupando, è estremamente facile e non sempre potrebbe esser pronto ad intervenire un occasionale salvatore altrettanto o più esperto.
Talché, volendo trovare una morale in quanto è accaduto, bisogna rendersi conto che le difese anti hackers ed antiterroristiche di tutto il mondo ed in particolare in Paesi iper garantisti come il nostro, sono ancora inadeguate a contrastare attacchi informatici condotti con tecniche molto raffinate da parte di chi sappia organizzare e gestire un notevole livello di specialisti informatici per ricattare a scopo di lucro o di destabilizzazione istituzioni e organizzazioni sia pubbliche che private. 22 Maggio 2017
Considerazioni del Com.te Renzo Dentesano basate su dati statistici. Sì, così come la criminalità organizzata e la violenza anche singola hanno invaso le nostre città e le nostre campagne e si abbattono su povere persone indifese anche nelle proprie abitazioni con atti crudeli e violenze inenarrabili, così la criminalità cibernetica, dopo aver colpito organizzazioni statali ed imprenditoria ad alto livello in varie parti del mondo, adesso si sta dedicando a colpire anche i cittadini anche più in basso, purché siano muniti di strumenti informatici e finanziari on-line !
I dati riguardanti i crimini cibernetici parlano chiaro !
L’innovazione digitale, di cui ora si sta innamorando anche il nostro attuale Governo, richiede sforzi di immaginazione finora sconosciuti dalle difese cibernetiche attualmente in atto, nel mentre il mondo “moderno” sta entrando in un immanente futuro permeato di tecnologie innovative in tutti i campi. Bisognerà infatti esser in grado di comprendere, con largo anticipo, come una singola nuova tecnologia, se sfruttata per scopi che possano mettere a rischio la sicurezza collettiva e quella nazionale in particolare, possano nuocere all’interesse collettivo o anche solo alla singola sicurezza individuale (ciò che purtroppo non è avvenuto con l’avvento indiscriminato dei droni nei cieli nazionali ed internazionali !).
Occorre capire e prevedere in anticipo gli interessi che entrano in gioco con le minacce cibernetiche:- l’integrità fisica dei nostri concittadini, l’integrità economica collettiva della nostra imprenditoria, le funzioni fondamentali dello Stato, i diritti dei singoli e quello alla libertà. Anche perché il nostro Paese purtroppo è in ritardo nel campo della sicurezza cibernetica, che ora ha bisogno urgente di un progetto nazionale di cyber-security in grado di confrontarsi con le la nuove minacce.
I dati mondiali ci dicono che si spendono in cyber-security un triliardo di US Dollars nei prossimi 5 anni; che attualmente il 69% dei casi in cui un hacker viola un sistema informatico, il soggetto in questione è esterno al sistema violato, nonostante il fatto che il 90% dei dirigenti sia impreparato a gestire attacchi informatici; che attualmente avvengono ben il 64% di furti d’identità informatica che nel 2015 sono costati ben 158 miliardi di US Dollars ai consumatori e che passano ben 146 giorni in media prima che il danno informatico sia scoperto ed acquisito (forse per la lentezza burocratica delle banche nel comunicare certi dati).
Da rilevare che, almeno per il momento, mancano i dati sugli attacchi informatici ai sistemi di collegamento tra stazioni a terra ed i droni, grandi e piccoli.
Infine, in difesa cibernetica i dati dei vari Paesi più industrializzati ci dicono che gli USA prevedono un aumento di 19 miliardi di Dollars nel bilancio per l’anno 2017 (e vedremo su il nuovo presidente Trump manterrà il punto). La Germania spende 66 milioni di Euro dal 2009, la Francia ha in atto un piano quinquennale di 200 milioni di Euro l’anno, nello stesso tempo la Gran Bretagna spende circa 2 miliardi di Sterline ed infine il Giappone circa 43 milioni di Euro l’anno.
A fronte di tali dati, appare ovvio che occorre unire le forze di quello che riteniamo si possa ancora definire “l’Occidente”. 17 Novembre 2016
Di recente una ricerca dell’Istituto Affari Internazionali – Associazione culturale italiana – ha cercato di definire, in particolare, quanto i sistemi di gestione (ATC/ATM) dei Centri di Controllo del Traffico Aereo italiani siano sicuri da minacce di attacchi cibernetici. Sarebbe risultato che < … nel breve periodo, la possibilità [che tali sistemi] siano attaccati [riuscendo a spuntarla contro le difese] sia attualmente piuttosto bassa>, ma soltanto se ciò dovesse avvenire per opera di altre parti <che non siano altri Stati collegati alla rete>, perché l’Italia si è dotata di metodologie e strumenti idonei a far fronte a questo tipo di minacce di provenienza terroristica/hackeraggio.
Nel complesso il settore dell’aviazione civile commerciale è sempre più aperto al rischio di attacchi cibernetici, tanto che negli ultimi anni ha subìto un preoccupante aumento di episodi. Nel 2015 hanno comportato perdite all’industria pari a circa 500 milioni di dollari a causa di violazioni della sicurezza informatica e il 94% delle Compagnie Aeree operanti sono state colpite almeno una volta.
Violazioni che si sono concretizzate in particolare in casi di “furto d’identità per conseguire frodi di carattere economico-finanziario” e in casi di spionaggio industriale per il fatto che le Compagnie gestiscono enormi quantità di dati informatici. La possibile reazione a questa situazione, secondo gli esperti, consisterebbe in una serie di misure quali il rinforzo della collaborazione tra Industrie e Governi, in maggior scambio di informazioni riservate, nell’adozione di standard globali includendovi anche le gestioni aeroportuali e nel mantenimento d’un atteggiamento mentale di allerta verso il rischio nel sviluppare le necessarie contromisure.
Comunque bisogna anche dire che le Compagnie non sottovalutano tali rischi e anzi stanno investendo sempre maggiori capitali nella sicurezza informatica, di pari passo all’innovazione tecnologica. Ad es., la Sita ha preso a campione un cero numero di Compagnie importanti a livello mondiale ed è risultato che rispetto ad analogo survey di tre anni fa, il numero di Compagnie che ha fatto progressi nel gestire le minacce informatiche è passato dal precedente 47% al 91% attuale.
Nel complesso dunque, secondo lo studio, lo stato di allerta rimane alto e l’aumento degli investimenti dedicati starebbe a provarlo.
Non rimane che auspicare che tali sforzi, nell’interesse generale della sicurezza del volo commerciale, rimangano di alto livello e che contemplino l’interesse del Governi dei vari Stati legalitari del mondo. 16 Agosto 2016
Neanche a farlo apposta, appena finito di compilare il mio articolo “Sicurezza informatica o cyber–security”, ecco che nel sistema informatico di prenotazioni e gestione dei voli del più grande Vettore aereo commerciale degli USA, la Compagnia “Delta Airlines”, avviene un improvviso ed imprevisto blocco del sistema centrale di computer della Compagnia, che ne paralizza il traffico mondiale in partenza da tutti gli scali del mondo Parrebbe che il totale “Black-out” sia dovuto <ad un calo di tensione della rete elettrica di alimentazione sull’aeroporto in cui ha sede la Compagnia>.
Sperando che si sia trattato “solamente” di ciò e non di attacchi o errori informatici interni, resta il fatto grave, economicamente e di immagine, per la Compagnia, che comunque ha mancato di dotarsi di idonei sistemi di alimentazione elettrica di riserva.
Come scrivevo nel mio articolo, <la protezione dei sistemi informatici aziendali si persegue attraverso una serie di misure di carattere tecnico ed organizzativo>, non ultima quella della duplicazione o triplicazione delle fonti energetiche di alimentazione dei sistemi vitali (come sugli aeroplani di linea) ed in questo caso del sistema informatico principale. E poi … staremo a vedere! 10 agosto 2016
Con il termine “sicurezza informatica” s’intende quel ramo dell’Informatica che si occupa dell’analisi delle minacce, della vulnerabilità e del rischio associato ai sistemi informatici delle aziende e delle Pubbliche Amministrazioni al fine di proteggerli da possibili attacchi – interni o esterni – che potrebbero provocare danni diretti o indiretti d’impatto superiore ad una determinata soglia di tollerabilità economica o patrimoniale. Il termine è anche conosciuto con il neologismo cyber-security, che rappresenta una sottoclasse del più importante concetto di “Information Security”.
La protezione dei sistemi informatici aziendali si persegue attraverso misure di carattere tecnico ed organizzativo, intese ad assicurare:
- la consistenza dei dati intesa come completezza e correttezza degli stessi;
- l’accesso protetto e controllato ai dati, a garanzia dell’integrità e riservatezza delle informazioni trattate;
- l’accesso ai dati nei tempi e nei luoghi previsti in ambito aziendale.
Orbene, all’inizio di Giugno 2016 è stato pubblicato anche in Italia lo studio annuale sulla cyber-security effettuato negli USA dal Ponemon Institute, concernente appunto i crimini informatici perpetrati ai danni di aziende private e della Pubblica Amministrazione. L’Istituto citato è un’azienda indipendente di ricerca sulla protezione dei dati e delle informazioni sensibili trattate in informatica.
Per chi sia interessato ai brutali numeri dei “crimini” commessi ai danni delle aziende danneggiate, è meglio si dedichi alla lettura del Rapporto annuale, mentre personalmente mi dedicherò ad illustrare al meglio possibile quale sia la ratio del fenomeno che intendo denunciare.
Dallo studio emerge che i dipendenti, infedeli o impreparati, delle aziende esaminate, sono la causa del 70% delle azioni dannose che mettono a repentaglio la sicurezza dei dati aziendali e di conseguenza l’azienda stessa oppure la Pubblica Amministrazione. In particolare, i rischi derivano da quei dipendenti che vengono a conoscenza d’informazioni riservate attraverso piattaforme aperte o account e-mail ed hanno le credenziali di accesso utilizzate anche per accedere alle reti informatiche sociali. Attraverso l’analisi di documenti e file per scoprire il livello di protezione dei dati aziendali, è risultato che la causa principale delle violazioni dei dati riscontrati è da imputare a dipendenti distratti (56%) o a causa di dispositivi di accesso persi oppure sottratti furtivamente (37%). Ciò che è ancor più sorprendente è quel dato dello studio che rivela che il 70% degli intervistati non conosce dove si trovano le informazioni riservate e il 60% non ha coscienza di quali documenti e file riservati sono stati condivisi dai dipendenti. Il dato più impressionante comunque rimane la fuga di notizie:- quasi il 73% degli intervistati sono convinti che la loro organizzazione abbia perso informazioni riservate nell’ultimo anno fiscale.
In conclusione, il Capo dell’organizzazione che ha effettuato lo studio, ritiene provato che le violazioni dei dati aziendali provengano più dall’interno che dall’esterno, che siano cioè più spesso il risultato di un comportamento negligente da parte dei dipendenti che non capiscono l’impatto della condivisione di file riservati, più che a causa di azioni piratesche. Pertanto, per le aziende risulterebbe che l’igiene cibernetica dovrebbe includere tutti i dipendenti con accesso alle informazioni, compresa una specifica formazione anche sulle conseguenze per i comportamenti a rischio. Inoltre e non per ultimo, dovrebbe esse chiaro per tutti che le informazioni riservate non dovrebbero essere accessibili a tutti.
Ed ora la cyber-security s’impone anche nei cieli.
Anche le Compagnie aeree sono costrette a scoprire l’importanza della cyber- security, perché è andata proporzionalmente aumentando, accanto a quella aziendale, la sensibilità di rendere sicura l’infrastruttura informatica degli aeromobili commerciali con lo sviluppo della domotica applicata al settore aero-commerciale.
In particolare, a sollecitare l’interesse del 91% delle compagnie aeree ad investire in cyber-security nei prossimi tre anni, non è stato solamente l’esito di aver dovuto assistere negli ultimi tempi a varie dimostrazioni (finora, fortunatamente, soltanto innocue) di hackerare certi aeromobili, bensì l’aumentata introduzione nei voli a lungo e medio raggio di servizi informatici ai passeggeri che preferiscono rimanere connessi con il mondo esterno durante i loro spostamenti aerei. Questo è il risultato di un’indagine condotta tra 200 delle più importanti aerolinee del mondo, condotta dalla Sita. I maggiori investimenti di cyber-security riguardano comunque le soluzioni di Electronic Flight Bag, quel portafoglio digitale di servizi, documenti ed informazioni necessarie ai piloti per gestire, a bordo, le operazioni di volo.
Comunque rimane da chiarire il dubbio se la nuova ondata di cyber-security rimarrà limitata a nuovi servizi a bordo per i passeggeri, oppure sarà effettivamente estesa a coprire tutta l’infrastruttura – hardware e software – degli aeromobili commerciali. Perché proprio a questo punto, entra in gioco la minaccia effettiva più grave:- quella dell’intromissione di tentativi di hackeraggio !
Per comprendere a fondo quali possano essere i campi aperti agli attacchi informatici alle Compagnie aeree, (e perché no, ai costruttori aeronautici), bisognerebbe poter rispondere in modo disinvolto ma responsabile, ad alcuni dei seguenti quesiti, che ci lasciamo alle spalle, in attesa di future risposte a venire:- Su che cosa si concentra l’interesse dei cyber-criminali nel settore dell’aviazione ? E perché sono in aumento i furti d’identità informatica ? Il comparto quant’è resiliente non solo agli attacchi di criminali comuni, ma e soprattutto, oltre che agli attacchi di spionaggio industriale, al rischio di attentati terroristici e a quello di gruppi organizzati di hacker, anche manovrati da Stati, più o meno riconosciuti internazionalmente ?
Proprio a proposito di aeromobili, bisogna citare il recentissimo incidente avvenuto ai danni di un UAV/drone civile/militare: - il 31 Maggio scorso, la Ditta Piaggio Aereo ha comunicato la perdita del prototipo in collaudo del proprio prodotto P. 1HH – Hammerhead, APR derivato dal noto bireattore ”ronzante” Piaggio P. 180 Avanti/Evo, di massa massima al decollo di ben 5.500 kg, precipitato a mare a 5 miglia a Nord dell’isoletta di Levanzo (Trapani).
Ora, mentre è sempre possibile che un aeromobile, seppur diventato “Drone-senza pilota a bordo”, possa precipitare durante un volo di collaudo, pur avendo alle spalle un’invidiabile carriera alle spalle, quello che ha sconvolto il mercato e l’assetto societario del Costruttore, divenuto proprietà degli Emirati Arabi, è stata la notizia pubblicata da “Il Secolo XIX” il giorno 18 Giugno, a poco più di 15 giorni dall’evento, secondo cui “E’ stato un hacker a far precipitare il drone Piaggio”, pur non avendosi ancora alcuna notizia né sul recupero del velivolo precipitato e tanto meno sulle possibili cause della perdita !
Il fatto grave che ha fatto precipitare la situazione è stato certamente la costruzione che ne fa “Il Secolo XIX” parlando di “guerra commerciale per screditare il progetto Piaggio” e la conseguente considerazione degli ambienti militari e societari che “un drone militare deve avere un link di controllo (collegamento con chi lo manovra) assolutamente a prova di hacker” !
Il drone Hammerhead era, infatti, in collaudo proprio per questo, perché era già stato ordinato in diversi esemplari sia dalle Forze Armate degli Emirati Arabi che dalla nostra Aeronautica Militare. Infatti, l’unica cosa che Piaggio Aereo e SELEX dovevano dimostrare con quei voli di collaudo del prototipo di drone era appunto quella di saper costruire la parte qualificante del sistema, cioè un link assolutamente sicuro per l’impiego in campo militare.
Ora a distanza di oltre due mesi dalla perdita del drone, nulla è dato di sapere né dell’avvenuto recupero o meno del drone e tanto meno della causa o delle cause della sua perdita, il che non allevia certamente la posizione di Piaggio Aereo, né quella dell’industria aeronautica italiana in generale.
Credo nonostante tutto di aver provato a sufficienza l’importanza che assume ai nostri giorni la cyber-security per i patrimoni aziendali e di reputazione delle aziende aeronautiche. 9 agosto 2016
Lo scorso 21 Giugno 2016 nel sito del Centro Studi STASA il Com.Te Renzo Dentesano ha trattato nell'articolo "Termini e definizioni aeronautiche: problematiche di comprensione nei giudizi" questioni rilevanti riguardanti legislazione aeronautica, procedimenti giudiziari e penali derivati da incidenti aerei.
Per quali ragioni un incidente occorso ad un aeromobile non debba essere investigato come quando concerne un drone o un ultraleggero? Incongruità e anomalie nelle trascrizioni dalle regolamentazioni ICAO-FAA-CAA, perciò dall'inglese-americano all'italiano sarebbero alla base delle complicazioni interpretative e giudicanti dei Tribunali italiani.
Aerohabitat propone integralmente tali considerazioni. Rappresentano, ancora una volta una realtà, probabilmente, misconosciuta e ignorata dagli stessi "legislatori aeronautici" ufficiali.
"Termini e definizioni aeronautiche: problematiche di comprensione nei giudizi"
(http://www.centrostudistasa.eu/8-news/71-vocaboli-e-definizioni-aeronautiche-problematiche-di-comprensione-nei-giudizi-considerazioni-del-com-te-renzo-dentesano:
"Alcuni giorni orsono è stata data notizia [AEROHABITAT 16/6/2016] che il Pilota di un ultraleggero P.62 Eaglet, precipitato nel Dicembre del 2013 su di una casa di Resana (TV), è stato assolto dal Tribunale di Treviso dall’accusa del reato di “disastro aereo”, su richiesta dello stesso P. M. che ne aveva promosso il procedimento penale, perché il fatto “non sussiste”.
Il fatto:- l’ultraleggero dopo aver colpito il comignolo sul tetto di una casa è, come dinamica conseguente, precipitato nelgiardino dello stesso edificio scavando una buca di circa 40 cm di profondità, il pilota nell’urto aveva riportato alcune lesioni (non specificate). Siamo in presenza di un ferito non lieve e dei danni alla proprietà di terzi al suolo. Con evidenza del reato ben documentabile dato che l’ala dell’ultraleggero che aveva abbattuto il comignolo era rimasta sul tetto. Il pilota aveva nel frattempo risarcito il danno causato ai legittimi proprietari.
Siccome l’ultraleggero non è considerato “aeromobile” per l’art. 743 del vigente Codice della Navigazione – Parte Aerea –nessuna inchiesta tecnica aeronautica era stata aperta dalle competenti autorità del settore, ma soltanto quella penale della Procura della Repubblica, competente per territorio, che aveva agito … “per dovere d’ufficio”. E’ doveroso qui rilevare che nel suddetto articolo del CdN è specificato che “sono altresì considerati aeromobili i mezzi aerei a pilotaggio remoto” vale a dire i droni mentre non sono menzionati gli ultraleggeri.
Se da un lato possiamo rallegrarci per il fatto che possa essersi stabilito un precedente giuridico in tema della configurazione del reato di “disastro aereo” a carico dei piloti di ultraleggeri e cioè che debba esser stabilita preliminarmente una qualche responsabilità del pilota nel caso d’incidente aereo che debba essere investigato e adeguatamente valutato in base alla preparazione e all’addestramento del pilota, non possiamo ugualmente nascondere il nostro sconcerto e la nostra meraviglia per il fatto che operatori di diritto e legislatori nazionali non si siano ancora posti il problema di armonizzare termini e definizioni aeronautiche al mutato scenario dell’Aviazione Civile, attivandosi opportunamente affinché alcuni articoli del codice della navigazione, Parte Aerea, vengano conseguentemente aggiornati.
Un esigenza fortemente sentita dagli operatori aeronautici se si pensa che a non molta distanza, né di tempo né di luogo, ben diverso era stata l’azione penale promossa dal PM di Gorizia, (competente per territorio) per l’evento che il 20 Aprile 2004 aveva visto un aeromobile MD 82 di Alitalia, regolarmente atterrato sulla pista dell’aeroporto di Trieste-Ronchi dei Legionari, che mentre si stava dirigendo verso il piazzale di sosta dell’aerostazione percorrendo una via di rullaggio regolarmente aperta andava a urtare con l’ala destra un grosso camion carico di materiali di scavo, fermo fuori dal bordo del raccordo in posizione pericolosa senza alcuna segnalazione. A seguito dell’urto l’ala destra dell’aeromobile si era spezzata spargendo del carburante dal relativo serbatoio, ma fortunatamente senza incendiarsi, tanto che tutti gli occupanti uscirono illesi dall’aeroplano, immediatamente arrestatosi.
Nonostante questo fortunato esito e questo chiaro e documentabile stato di cose, il Procuratore di Gorizia competente per territorio promosse a carico di ben 19 imputati compresi i due piloti dell’alitalia, un procedimento penale per il reato di disastro aereo, sebbene non vi fossero stati feriti, ma solo danni all’aeromobile. Procedimento penale che è andato avanti per 8 anni, al termine del quale nel Marzo 2012 il Tribunale di Gorizia dopo un lungo processo ha dovuto alla fine riconoscere, che per un errata interpretazione della definizione del volo - protrattasi per anni nel corso del giudizio - in realtà non configurabile nella movimentazione di un aereo lungo le vie di rullaggio, che non si era trattato di disastro aereo (non trattandosi di volo), bensì di disastro colposo, comunque alla fine assolvendo tutti gli indiziati !
Questi due casi danno l’occasione allo scrivente di ritornare a trattare un vecchio e caro ”cavallo da battaglia” personale, ovvero di riesumare il problema rappresentato dal fatto che la nostra lingua, l’italiano e in particolare quello giuridico-aeronautico ha nel tempo mutuato molti termini aeronautici dalla lingua inglese, nella quale si esprime per lo più il diritto e la regolamentazione aeronautica dell’ICAO. Ad esempio, il vocabolo inglese “air-craft”, usato per definire gli aeroplani, che come radice ha il significato di “manufatto per l’aria”, ovvero di un prodotto dell’industria fatto per volare; in italiano è stato a suo tempo tradotto con il vocabolo generico di “aeroplano” o velivolo e nel CdN come “aeromobile”, salvo poi a essere integrato con varie specificazioni come ad es., apparecchio, ultraleggero, aliante, ecc.
Tutto ciò è dato dal fatto che esiste una certa anarchia linguistica che consente continuamente di tradurre e coniare nuovi termini di derivazione anglosassone senza alcun rispetto vero e profondo che questi hanno nella loro lingua originale che li ha coniati e ufficializzati in un certo contesto legale e normativo a livello mondiale.
Questo è il parere dello scrivente, ben lieto di essere smentito se qualcuno tra gli illustri legislatori e normatori del diritto aeronautico vorrà farlo.
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A integrazione di questo articolo riteniamo utile riproporre per i lettori quanto a suo tempo documentammo a margine della sentenza sull’incidente di Ronchi dei Legionari:"
SENTENZA
ESTRATTO MOTIVAZIONI SENTENZA
OSSERVAZIONI STASA SU MOTIVI SENTENZA
ORDINE AVVOCATI ROMA SU SENTENZA - 23 giugno 2016
Nell’attesa di un’adeguata struttura NATO cyber-predisposta ad hoc, è notizia recente che Stati Uniti e Regno Unito abbiano deciso di dare avvìo ad un deciso rafforzamento della loro cooperazione in materia di cyber-security, estesa anche alla produzione energetica nucleare. Entro il 2016 i due Paesi citati hanno programmato la simulazione di un attacco informatico di prova sul centro operativo e di controllo del funzionamento di una centrale nucleare.
Una tale prova dovrebbe permettere di verificare le capacità di difesa dei sistemi infrastrutturali di protezione dell’impianto, come pure la capacità di reazione agli attacchi informatici. Infatti, di fronte a minacce sempre più probabili e imprevedibili, tutte le organizzazioni nazionali di sicurezza necessitano d’essere sottoposte a confronti reciproci preventivi e collaudati, perché in uno schema di difesa in termini di azione-reazione, le parti sotto attacco partono sempre in posizione di svantaggio rispetto agli attaccanti. Ed ecco perché il discorso in materia dovrà necessariamente estendersi al più presto all’ambito di tutta l’Alleanza transatlantica.
Rimanendo ad esaminare quanto si conosce dell’accordo USA-UK, bisogna riconoscere la lungimiranza dei Governi dei due Stati, perché conoscere in anticipo modalità, tempistiche ed obiettivi di attacchi o di test già avvenuti e le eventuali misure risultate efficaci, assicurerebbero posizioni più vantaggiose per le opportune difese cibernetiche da predisporre a protezione di aree essenziali per la vita e la difesa di un Paese. In quest’ottica, ricordiamo che a Novembre del 2015 USA e UK hanno già simulato assieme un attacco cibernetico contro istituti finanziari, che hanno coinvolto non soltanto banche, ma anche organizzazioni governative e regolatori dei mercati finanziari (mentre in Italia, secondo quanto avviene attualmente, non si può escludere che contaminazioni dei mercati bancari non stia già avvenendo !).
Le tradizionali buone relazioni d’amicizia USA-UK, che da lungo tempo hanno caratterizzato i rapporti tra i due Paesi, verrebbero pertanto ad assumere un ulteriore rafforzamento in campo cibernetico, in quanto fin dallo scorso anno Obama e Cameron hanno siglato un documento di rafforzamento della collaborazione in materia di cyber-security, documento che già contemplava la condivisione delle informazioni e la relativa cooperazione, culminante nello scambio di studi e ricerche di difesa e prevenzione, coinvolgendo alti comandi militari e servizi d’informazione difesa dei due Stati. Adesso la cooperazione USA-UK passa anche per il rafforzamento della difesa cibernetica dell’Alleanza atlantica.
La Nato aveva concordato la prima Cyber Defence Policy nel 2008, continuamente aggiornandola e rafforzandola. Nella dichiarazione congiunta rilasciata nel 2014, si ribadiva il concetto di considerare il cyber-spazio come il dominio regolato dai principi del diritto internazionale, stabilendo che <qualsiasi attacco cibernetico sarebbe stato motivo valido per poter richiedere l’applicazione dell’articolo 5 del Trattato e così attivare l’automatismo di sicurezza collettiva>. In tale dichiarazione si evidenziava inoltre l’esigenza di rafforzare le singole capacità nazionali, considerando questo un requisito essenziale per arrivare ad uno stadio di cyber-security comune. In tal senso contemplava anche la collaborazione bilaterale e quella multilaterale, partenariato pubblico-privato ed adeguati studi e programmi di formazione e di ricerca.
In tal modo Londra e Washington hanno ottemperato alla dichiarazione firmata congiuntamente lo scorso anno eg ora procedono sulla strada di una cooperazione che va ben oltre la condivisione delle informazioni sensibili. Si programmano esercitazioni comuni, aggiornamenti di software di armamenti condivisi e unità di intelligence integrate volte, con uno sforzo reale e leale, alla consapevolezza della pericolosità della minaccia cibernetica, specialmente se rivolta contro centrali nucleari.
In questo clima di consapevolezza, personalmente voglio sperare che nessuno voglia ignorare, dentro o fuori dall’accordo anglo-statunitense, ma comunque in un contesto internazionale come quello dell’ICAO o almeno in quello europeo della UE, quanto sia esposto e vulnerabile ad attacchi informatici, il sistema internazionale di controllo del traffico aereo internazionale, per il benessere dei popoli e della civiltà.
Per l’Italia, l’ENAC se ne faccia carico ! 14 maggio 2016
Sintesi sulla base della” RIGA DECLARATION ON REMOTELY PILOTED AIRCRAFT” e della Comunicazione della Commissione al Parlamento e al Consiglio Europeo COM (2014) 207
Studio dei Com.ti B. Bosello e R. Dentesano
L'apertura del mercato europeo ai sistemi aerei a pilotaggio remoto (RPAS) - o con un termine più comunemente usato di droni - è con certezza un grande e rilevante passo verso il mercato del trasporto aereo del futuro. Si nota che su questa tesi della Commissione Europea, permangono seri dubbi sull’accettazione da parte del pubblico pagante.
I droni fanno parte della più ampia categoria dei sistemi aerei (UAS) senza equipaggio a bordo che comprende anche gli aeroveicoli che possono essere programmati per volare autonomamente senza il coinvolgimento di un manovratore/pilota a terra, previo soltanto, l’intervento di un programmatore sulle memorie operative del drone.
E’ necessario affrontare le operazioni dei droni in un quadro politico a livello europeo che consenta il progressivo sviluppo del mercato commerciale pur salvaguardando la sicurezza intesa come safety e come security e la privacy dei cittadini.
In Europa, i droni sono ora utilizzati per le ispezioni di sicurezza delle infrastrutture, come ad esempio linee ferroviarie, dighe o reti elettriche. Le autorità nazionali li utilizzano già nelle operazioni di soccorso, nel sorvolo di zone alluvionate o per operazioni antincendio. Nello stesso tempo gli ingegneri lavorano su micro droni che potrebbero essere utilizzati per affrontare fughe di gas o perdite chimiche, o che potrebbero essere, in un futuro, programmati per agire come fanno le api per impollinare le piante. In altri Paesi sono già utilizzati in agricoltura per l'applicazione più efficace, precisa e tempestiva di fertilizzanti o pesticidi.
I droni includono diversi tipi di aeromobili, che vanno in termini di peso massimo al decollo da alcuni grammi a più di dieci tonnellate, in termini di velocità massima da pochi Km/h a più di 1000 Km/h e in termini di durata di volo da pochi minuti a mesi. Oltre ai produttori e analisti di sistema, l'industria dei droni comprende anche una vasta catena di fornitura di tecnologie abilitanti (controllo del volo, di comunicazione, propulsione, sensori, telemetria, ecc).
La crescita dell’attività dei droni si traduce in molti nuovi posti di lavoro. Uno studio dell’industria statunitense prevede che nei primi tre anni d’integrazione dei droni nello spazio aereo nazionale, saranno creati più di 70.000 posti di lavoro con un impatto economico superiore ai 13,6 miliardi di dollari. Il numero di posti di lavoro creati attraverso nuove attività negli Stati Uniti si stima supererà i 100.000 posti entro il 2025. Per l'Europa sono previsti circa 150.000 posti di lavoro entro il 2050, senza contare quelli generati attraverso l’industria dell’indotto.
I droni sono, formalmente, definiti aeromobili anche per l’ICAO e devono rispettare le regole di sicurezza e della circolazione aerea entro gli spazi aerei utilizzati dall’Aviazione Civile. Le norme ICAO vietano agli operatori di aeromobili senza pilota di farli volare salvo che le autorità nazionali competenti rilascino una specifica autorizzazione individuale e non possono farli volare oltre i confini di uno Stato, salvo gradimento degli Stati che s’intendono sorvolare.1
1 CONVENZIONE INTERNAZIONALE DELL’AVIAZIONE CIVILE firmata a Chicago il 7/12/1944
Articolo 8 - Senza pilota
Nessun aereo in grado di volare senza un pilota a bordo deve volare sul territorio di uno Stato contraente, senza una speciale autorizzazione da parte dello Stato e in conformità ad essa. Ogni Stato contraente s’impegna ad assicurare che il volo di tali aeromobili senza pilota nelle regioni aperte agli aeromobili civili deve essere controllato in modo da evitare il pericolo agli aeromobili civili.
Inoltre, lo sviluppo di applicazioni civili dei droni richiede anche la garanzia che non rappresenti una minaccia per la privacy e l’integrità fisica dei cittadini.
La sicurezza (safety e security), oltre ad una sufficiente certezza legale sul quadro giuridico deve essere il principale obiettivo della politica comunitaria nel settore.
Pertanto l'integrazione dei droni nel sistema aeronautico europeo dovrebbe essere basata sul principio che la sicurezza non sia compromessa e che le operazioni dei droni mostrino un livello di sicurezza equivalente a quello del trasporto aereo con equipaggio. In questo concetto di sicurezza va inclusa anche la difesa da interferenze esterne di qualsiasi tipo nell’operabilità dei droni stessi.
La sfida sarà di mantenere le regole commisurate al rischio, tenendo conto del peso, della velocità, della complessità, della classe dello spazio aereo e il luogo o la specificità delle operazioni. L'orientamento tradizionale di certificazione di aeronavigabilità, il rilascio delle licenze di pilotaggio e la certificazione di operatore avranno bisogno di essere completati da una normativa semplice ma adeguata all’importanza dei principi enunciati e del loro scrupoloso rispetto.
Le tecnologie che richiedono nuovo sviluppo e hanno bisogno di una verifica sono:
a. Tipologia di comando e controllo, inclusa l'assegnazione e la gestione del campo operativo;
b. Tecnologie per individuare ed evitare altri traffici, (detect and avoid);
c. La protezione contro attacchi fisici, elettronici o informatici;
d. Procedure di emergenza trasparenti ed equilibrate;
e. Capacità decisionale al fine di garantire un comportamento omogeneo e prevedibile in tutte le fasi di volo;
f. I problemi connessi al fattore umano, rappresentato non solo dall’operatore ma anche dai progettisti del sistema [hardware e software].
I droni, inoltre, non sono immuni da azioni potenzialmente illegali.
Un drone potrebbe essere utilizzato come arma di terrore e la navigazione o il sistema di invio dei segnali di altri droni potrebbe essere bloccato o disturbato oppure stazioni di controllo a terra potrebbero anche dirottarlo.
Affrontare la vulnerabilità del sistema di sicurezza e di comunicazione è quindi elemento essenziale del piano di modernizzazione ATM, di cui i droni diventeranno parte integrante. I requisiti di sicurezza individuati avranno quindi bisogno di essere tradotti in obblighi di legge per tutti gli attori del sistema, come ad esempio per il fornitore di servizi di navigazione aerea, per gli operatori di droni o dei servizi di telecomunicazione, il tutto sotto la supervisione delle autorità competenti.
Le operazioni dei droni non devono portare alla violazione dei diritti fondamentali dell’individuo, tra cui il rispetto del diritto alla vita privata e familiare, e la protezione dei dati personali. Di conseguenza, l'apertura del mercato del trasporto aereo ai droni avrebbe bisogno di un’attenta valutazione delle misure necessarie per assicurare il rispetto dei diritti fondamentali e la protezione dei dati e i requisiti di privacy.
Anche con i più elevati standard di sicurezza, possono verificarsi degli incidenti e quindi le eventuali vittime devono essere compensate per potenziali lesioni o danni.
Ciò richiede che i soggetti coinvolti debbano essere facilmente identificati e siano in grado di soddisfare i loro obblighi risarcitori. Sarà quindi obbligatorio stabilire un regime di assicurazione e promuovere lo sviluppo di un mercato assicurativo efficiente in cui i premi corrispondano al reale rischio finanziario, stimato in conformità a prove acquisite attraverso incidenti e segnalazione d'incidente.
A tal fine si ritiene utile valutare attentamente quanto la FAA americana ha introdotto nella nuova normativa sui droni con decorrenza 21 dicembre 2015.2
2 Chi possiede un drone di un certo peso deve registrarsi presso la FAA (Federal Aviation Administration) prima di farlo volare. Le persone che non si registrano potrebbero subire sanzioni civili e penali.
Il proprietario deve avere più di 13 anni. Una persona più anziana deve registrare il drone se il proprietario ha meno di 13 anni.
Devono registrare i loro droni se hanno un peso superiore ai 250 g e inferiore ai 25 kg. Per pesi superiori ai 25 Kg non è possibile utilizzare questa procedura di registrazione e devono registrarsi utilizzando la procedura in atto per gli aeromobili.
I proprietari devono registrare comunque i loro droni se hanno le seguenti proprietà:
Sono utilizzati per scopi commerciali, per compiti diversi dallo svago e se il drone ha un peso superiore a 25 Kg.
La registrazione costa solo $ 5 e la procedura è semplice e computerizzata.
L’iscrizione è valida per tre anni. Si riceve un numero di registrazione, è possibile utilizzarlo su tutti i propri droni se soddisfano i criteri di registrazione on-line. È necessario contrassegnare il numero di registrazione su tutti gli aeromobili che si possiedono.
CONCLUSIONI
I droni sono ormai una realtà e sono già disponibili in commercio su scala europea e mondiale.
Il mercato pone una reale opportunità per promuovere la creazione di posti di lavoro e una fonte d’innovazione e di crescita economica per gli anni a venire.
Si pongono anche nuove sfide legate alla sicurezza (safety e security) e al rispetto dei diritti dei cittadini che devono essere affrontate prima che i droni siano utilizzati in ambito civile.
La mancanza di norme armonizzate in tutta Europa e di tecnologie certificate costituisce l'ostacolo principale per aprire il mercato dei droni e per l’integrazione degli stessi nello spazio aereo non segregato.
L’industria interessata sta invitando ad accelerare la creazione di un quadro normativo che consenta l’utilizzo dei droni. E’ il momento giusto per un'azione normativa a livello europeo, con l'inserimento di norme di sicurezza, di privacy e provvedimenti risarcitori.
Sono necessari sforzi di ricerca e sviluppo al fine di garantire la progressiva integrazione dei droni in aviazione civile.
Infine, la sfida è di fare un uso intelligente dei programmi industriali esistenti per irrobustire la competitività europea.
Per fare i propri interessi si stimola, purtroppo, la gente e soprattutto i giovani (anche bambini) a usare questi droni per i loro scopi, si allettano clienti che intendono lavorare ignorando norme e controlli, disinteressandosi del fatto se costoro conoscono e rispettano le regole e i principi di sicurezza (safety e security) e di privacy. Il tutto senza una benché minima conoscenza delle basilari norme aeronautiche.
Di conseguenza, anche dare delle regole ancor più stringenti, quando l’Autorità non è in grado di controllare chi le debba rispettare, non è la soluzione.
Ecco un elenco di incidenti o incontri ravvicinati con i droni avvenuti nel mondo (fonte European Cockpit Association ECA) e in Italia (fonte ANSV) che ci fornisce la complessità della situazione:
Incontri di DRONI nel mondo
Il numero di incidenti e incidenti gravi con droni sta aumentando nel mondo. Solo negli Stati Uniti nel 2015 si sono verificati 650 incidenti con droni che volavano troppo vicini ad aeromobili, rispetto ai 238 avvenuti nel 2014, secondo le statistiche dell’US Federal Aviation Authority (FAA).
La tipologia di incidenti e di incidenti gravi che coinvolgono i droni sta cambiando completamente. Le segnalazioni da parte degli equipaggi delle compagnie aeree commerciali, di elicotteri utilizzati per emergenze sanitarie che hanno dovuto eseguire manovre di evasione per evitare droni, droni che hanno impedito o ostacolato un efficace intervento da parte dei vigili del fuoco nello spegnimento, droni che volavano in vicinanza di un aeroporto sono solo alcuni degli esempi di titoli giornalistici, eventi che sono stati evidenziati recentemente a livello mondiale.
In mancanza di una statistica ufficiale sugli incontri di droni l’ECA ha iniziato a catalogare le informazioni su questo tipo di incidenti di cui qui diamo un elenco per continente.
EUROPA
Luglio 2015 - Warsaw, Polonia
Alcuni funzionari polacchi hanno asserito che un aereo Lufthansa ha evitato una collisione in avvicinamento all’aeroporto di Varsavia, in Polonia. L'incidente, ha detto un portavoce dell'aeroporto, è avvenuto nel pomeriggio del 20 luglio 2015, con il drone che è arrivato a circa 300 piedi (100 m) dall’aeromobile proveniente da Monaco di Baviera, in Germania. L'equipaggio della Lufthansa Embraer ERJ-195 ha segnalato la mancata collisione con il drone a 2.500 ft (760 m). La polizia sta indagando sull'incidente. Il Polish Air Navigation Services Agency ha detto alla televisione polacca che i piloti hanno immediatamente segnalato la presenza del drone ai controllori del traffico aereo, che hanno immediatamente modificato il percorso dell’aeromobile. L'Embraer ha continuato l’avvicinamento ed ha effettuato un atterraggio sicuro tre minuti più tardi.
Luglio 2015 – Aeroporto di Schiphol, Olanda
Un uomo è stato arrestato per aver fatto volare un drone vicino a una pista all'aeroporto di Schiphol. L'uomo ha perso il controllo del drone che si è schiantato sulla pista. E’ stata inflitta una multa di 500 €. Secondo la polizia, l'incidente non ha influenzato il traffico aereo e non c'è stato pericolo immediato per l’equipaggio dell’aeromobile o per i passeggeri.
Giugno 2015 - Stoccolma, Svezia
Un drone blocca il traffico nello spazio aereo attorno all'aeroporto Arlanda di Stoccolma, che è tra i più attivi in Scandinavia. E’ stato chiuso mentre le autorità hanno esaminato l’intrusione del drone. Nessun aereo è stato autorizzato al decollo o all’atterraggio per circa 30 minuti. Alcuni aerei sono stati bloccati a terra e quelli in volo sono stati messi in attesa. I voli sono quindi ripresi, mentre la polizia ha continuato a indagare sull'incidente.
Maggio 2015 - Stoccolma, Svezia
Un drone blocca l'aeroporto di Stoccolma-Bromma per più di mezz'ora a maggio 2015, dopo che una persona aveva fatto volare un drone nello spazio aereo riservato dell'aeroporto. L'operatore statale dell'aeroporto, Swedavia, ha immediatamente segnalato l'accaduto alla polizia che ha individuato il proprietario del drone in un parco a circa quattro chilometri di distanza. Secondo la legge svedese, serve un permesso per utilizzare un drone. E’ la terza volta che un drone telecomandato ha costretto alla chiusura un aeroporto svedese.
Marzo 2015 - Rushup Edge, lnghilterra
La vita di un pilota di parapendio è stata messa a rischio da parte dell'operatore di un drone, un elicottero in miniatura alimentato da quattro pale. Gli investigatori hanno concluso che potrebbe essere stato commesso un reato. Il parapendio stava "veleggiando" sopra Rushup, nel Peak District, il 2 ottobre dello scorso anno, quando il pilota ha visto il drone circa 25 ft sopra la sua calotta. Quando ha cambiato direzione, il drone l’ha seguito e sembrava stesse facendo delle riprese. Gli investigatori hanno valutato l'incidente di categoria A - un mancato incidente in cui c'era un "alto rischio di collisione".
Ottobre 2014 - Essex, Inghilterra
Un rapporto ufficiale rivela che un quadricottero 'volava liberamente' vicino a un aeromobile passeggeri (ATR 72). L’aeromobile si è trovato a circa 80 ft in rotta di collisione con un quadricottero che volava sopra Essex. L'aereo viaggiava sopra Southend quando il pilota ha individuato il quadricottero telecomandato 'molto vicino' a destra della sua estremità alare. Un'indagine avviata sull'incidente ha registrato il rischio di collisione come 'alto', in quello che si crede sia la prima mancata collisione tra un aereo passeggeri e un drone nel Regno Unito.
Luglio 2014 - Heathrow airport, Inghilterra
La Civil Aviation Authority (CAA) ha confermato la mancata collisione tra un drone, non identificato, e un aereo passeggeri in atterraggio a Heathrow. Il pilota di un Airbus A320 ha riferito di aver visto un drone, tipo elicottero quando l’aeromobile era a 700 ft da terra in avvicinamento alla pista alle 14.16 GMT, il 22 luglio 2014. Il Consiglio Airprox del Regno Unito (UKAB) ha pubblicato i risultati della ricerca a dicembre 2014. Il rapporto ha affermato che il pilota di un Airbus A320 ha individuato un drone, che non era visibile ai sistemi di controllo del traffico aereo, alle 14.16 del 22 luglio durante il volo a un'altitudine di 700 ft, che è passato circa 20 ft sopra l'ala dell'aereo e sembrava essere un modellino. Il rapporto, inoltre, ha confermato che l'oggetto non ha colpito l'aereo e il pilota è stato in grado di fare un atterraggio normale. Ha aggiunto, tuttavia, che era stato causa di distrazione durante una fase critica del volo. L’UKAB ha catalogato l'incidente di classe A - il che significa che c'era stato "un grave rischio di collisione".
Nord e Sud America
Luglio 2015 - JFK, New York, USA
Piloti in atterraggio all'aeroporto JFK hanno avvistato dei droni. Due aeromobili che volavano vicino all’aeroporto JFK sono venuti in collisione a meno di 100 ft da un drone venerdì 31 luglio 2015, in accordo alle comunicazioni radio intercorse tra i piloti e l’ente del traffico aereo. Il primo, JetBlue Flight 1834, ha avvistato un drone alle 14.24 mentre si avvicinava all’aeroporto John F. Kennedy International, secondo la Federal Aviation Administration. Nella registrazione audio, il pilota asserisce che il drone è passato proprio sotto il muso dell’aereo mentre volava a un’altitudine di circa 800 – 900 ft. Poi, verso le 17.00, Delta Flight 407 - che aveva 154 persone a bordo - si stava preparando ad atterrare quando il pilota ha riferito di aver visto un drone sotto la sua ala destra. Nessuno dei due aerei ha dovuto variare la sua direzione, secondo la FAA.
Maggio 2015 - NY La Guardia Airport, USA
Alcuni passeggeri di un volo di linea hanno affermato di aver avvistato un drone.
29 Maggio 2015
Secondo i funzionari federali un aereo di linea commerciale ha avuto una mancata collisione con un drone a circa 2.700 ft, mentre si avvicinava all’aeroporto La Guardia di New York. Il pilota ha riferito di aver deviato verso l'alto su Prospect Park di Brooklyn, al fine di evitare il drone mentre l'aeromobile si avvicinava all’aeroporto. “L'equipaggio di Shuttle America Flight 2708 ha affermato di essere salito di 200 ft per evitare un aereo senza pilota, mentre era in finale all’aeroporto La Guardia verso le 11 del mattino ", ha detto la FAA. L'aeromobile è poi atterrato in sicurezza, e il Joint Terrorism Task Force sta studiando il caso. Lo spazio aereo di New York è classificato come “Bravo”, il che significa che i droni non possono volare sopra a poche centinaia di ft. Secondo la FAA il drone, in questo caso, volava a circa 1.000 ft.
Gennaio e Maggio 2015 - Washington DC, USA
Il Presidente americano Barack Obama ha detto che gli Stati Uniti hanno bisogno di leggi per rendere più sicuro l’uso dei droni dopo che un quadricottero si è schiantato sui giardini della Casa Bianca nel gennaio 2015 - pilotato da un dipendente dell’intelligence fuori servizio. Un altro manovratore/pilota ha cercato di pilotare un drone telecomandato oltre la recinzione della Casa Bianca, partito da un parco a nord di Pennsylvania Ave, 1600 nel maggio 2015. L'incidente è avvenuto il giorno dopo che la FAA aveva iniziato una campagna per sensibilizzare l'opinione pubblica che in città e nei paesi entro 15 miglia dall’aeroporto di Washington-Reagan National sono proibiti i sorvoli dei droni.
Aprile 2015 - Dallas, USA
L’Autorità aeroportuale ha affermato che un pilota ha riferito che un drone ha volato sopra il suo aeromobile mentre stava atterrando all’aeroporto di Dallas Love Field la sera del 29 aprile 2015. La polizia di Dallas ha detto che il loro elicottero “Air One” ha sorvolato la zona per trovare il drone e ha scattato alcune foto verso mezzanotte. Il drone è stato rilevato a circa 600 ft da terra, secondo la polizia di Dallas, ed era abbastanza alto rispetto al sentiero di avvicinamento, secondo quanto il pilota inizialmente aveva riferito.
Novembre 2014 - Pennsylvania, USA
Un elicottero per trasporto sanitario ha evitato una collisione in volo con un drone, nei pressi di un aeroporto in Pennsylvania. Un elicottero Life Flight stava attraversando l’aeroporto Schuylkill County Joe Zerbey, a circa 50 miglia a ovest di Allentown, quando ha incrociato un drone in volo nello stesso spazio aereo. WBRE riporta che il drone stava operando a circa 1000 ft dal suolo, al momento dell'incidente, anche se il pilota dell’elicottero non ha descritto come ha evitato il drone. La FAA sta indagando sull'incidente.
Luglio 2014 - New York, USA
Il Dipartimento di Polizia di New York (NYPD) sostiene che un piccolo drone si è quasi scontrato con un elicottero della polizia sul ponte George Washington. Secondo l'Associated Press (via ABC), il drone "è stato visto a circa 800 ft da un elicottero della polizia." Il drone ha continuato a girare intorno al ponte, costringendo l'elicottero a cambiare rotta per evitarlo. Il pilota dell'elicottero ha riferito che il drone stava volando a un'altitudine di 2.000 ft. La polizia di New York ha arrestato il manovratore/pilota e ha confiscato il drone. La FAA sta esaminando l'incidente.
Maggio 2014 - Florida, USA
“Un pilota ha riferito di aver visto un drone, telecomando molto vicino al suo aereo mentre si preparava all’atterraggio a Tallahassee Regional Airport, ha detto Jim Williams, direttore dell'ufficio Unmanned Aircraft System Integration della FAA”. Il pilota del jet (CRJ-200), ha detto che il drone era così vicino al suo aeromobile che era sicuro di averlo colpito. Fortunatamente, l'ispezione dopo l'atterraggio dell'aeromobile non ha rilevato nessun danno.
Secondo la FAA, l'incidente ha avuto luogo il 22 marzo 2014 e ha coinvolto l’Airways Volo 4650 decollato da Charlotte, North Carolina, per Tallahassee.
Aprile 2014 - Ohio, USA
Un drone ostacola l’atterraggio di un elicottero del soccorso. Il manovratore/pilota dell’Ohio è stato accusato dopo che un drone dotato di videocamera stava volando sopra la scena di un incidente ostacolando l'atterraggio di un elicottero del soccorso sanitario. Lo sceriffo di Clark County ha detto che il manovratore/pilota del drone ha più volte rifiutato di fermare il suo drone mentre l'elicottero stava preparandosi all’atterraggio. Egli è accusato di reato per aver ostacolato un’attività ufficiale, accuse di cattiva condotta in una situazione di emergenza. L'elicottero è stato in grado di atterrare e partire in tutta sicurezza dalla scena.
Luglio 2013 - Virginia, USA
Un drone si è schiantato in tribuna al Virginia Motorsports Park durante la Grande Bull Run. Presumibilmente quattro o cinque persone hanno riportato ferite lievi. Sono stati trattati dal personale medico durante l'evento, e nessuno è stato portato in ospedale. Una stazione televisiva di Richmond, WTVR-Canale 6, ha detto che il drone è stato utilizzato per fare video della manifestazione, anche se non è stato gestito dalla WTVR-TV. Nel video pubblicato sul sito della stazione TV, il drone è stato visto in bilico sopra le tribune. Sembrava essere di circa 4 ft di diametro e ricordava un ragno, con numerose appendici sporgenti da un nucleo centrale. Poi, improvvisamente è precipitato e caduto in mezzo a una dozzina di spettatori.
Novembre 2014 - Vancouver, Canada
La RCMP sta indagando dopo aver visionato un video che mostra un drone volare troppo vicino a un aereo sull’aeroporto di Vancouver (YVR). Il video, che è stato pubblicato su YouTube dall'utente del quadricottero Dragonfly il 4 novembre 2013, mostra l’aeromobile, a un’altitudine simile a quella del drone, mentre si avvicina alla pista. Un giornale locale ha saputo del video da cui è partita l'indagine.
Novembre 2014 - Sao Paulo, Brazil
L’Agenzia aerea brasiliana (ANAC) e l'Air Force stanno indagando sulle irregolarità di un programma di marketing sviluppato da un marchio di abbigliamento in Vila Olimpia, a sud di San Paolo, con droni che portavano manichini giganti su una zona residenziale della città, qualcosa di proibito secondo la legislazione brasiliana. Il caso si è verificato nel mese di novembre 2014, quando, per promuovere offerte la “Camiceria Colombo” ha sviluppato ciò che essa chiama "azione senza precedenti" che ha combinato "tecnologia e creatività" s’intende una "parata in alto" con manichini giganti collegati a droni modello tipo polipo (con eliche di metallo) in volo con le offerte tra gli edifici commerciali. In Brasile non esiste alcuna normativa sull'uso commerciale di droni e uno standard unificato in materia, ma ci sono regole determinate dall’ANAC e il Dipartimento dello spazio aereo di controllo (Decea), dall'Air Force, che vietano completamente il sorvolo delle città brasiliane.
AFRICA
Aprile 2015 - Johannesburg, South Africa
Un drone non autorizzato ha incrociato la dimostrazione acrobatica del Silver Falcon al Rand Show di Johannesburg nell’aprile 2015. Un manovratore/pilota ha lanciato il suo drone per prendere delle foto aeree, mentre il team sudafricano Air Force’s Silver Falcon era impegnato con la sua dimostrazione sopra il terreno della manifestazione di Nasrec. IL commentatore Brian Emmenis dell’Air show ha detto che l’Air Force’s Silver Falcon è terminata poco dopo, mentre la Civil Aviation Authority (CAA) era stata informata circa l'accaduto. E' illegale utilizzare droni in Sud Africa senza autorizzazione. Il drone, è stato riferito, volava sopra i 200 ft (60 m).
Ottobre 2014 - Diori Hamani International airport, Niger
Un drone americano MQ-9 Reaper, sprovvisto di armi, si è schiantato contro la pista principale dell’aeroporto internazionale della Nigeria nell’ottobre 2014 danneggiandosi e causando la chiusura della struttura per ore. Non ci sono state vittime o feriti. L'incidente si è verificato la mattina presto intorno alle 03.40 all'aeroporto internazionale Diori Hamani, e la pista è stata chiusa per quasi nove ore per consentire la riparazione del danno causato. Molti incidenti che coinvolgono droni sono stati riportati in Africa dal 2011. Nel 2012, un drone sospetto è precipitato in un campo profughi in Somalia.
ASIA
Gennaio 2015 – Dubai
Alcuni droni sono stati la causa dell’interruzione delle operazioni all’aeroporto Internazionale di Dubai per quasi un'ora a causa di alcuni membri di un centro ricreativo pubblico di droni che ha occupato lo spazio aereo dell’aeroporto. La Emirates News Agency (WAM) ha riferito che la decisione di sospendere i movimenti aerei è stata decisa dal controllore di torre alle 15.00 ore locali del 23 gennaio 2015 e i voli in arrivo sono stati dirottati a Dubai Al Maktoum Airport. La chiusura dello spazio aereo è stata revocata 55 minuti più tardi. Il direttore generale Mohammed Abdulla Ahli della Dubai Civil Aviation Authority (DCAA) ha detto che operare dei droni così vicino all'aeroporto era da irresponsabili e ha avvertito che sarebbe iniziata un'azione legale nei confronti dei criminali a causa della minaccia alla sicurezza per la navigazione aerea.
Dicembre 2013 - Beijing, China
Un drone è stato abbattuto alla periferia di Pechino, gli operatori sono stati perseguiti. Tre persone sono state accusate d’involontaria messa in pericolo della pubblica sicurezza con droni usati per rilevamenti e mappatura, secondo un recente rapporto dell’Esercito di Liberazione Popolare. Il drone ha costretto diversi aerei di linea commerciali a modificare i loro percorsi o ritardare i loro voli prima che fosse abbattuto con la forza aerea. L'incidente è avvenuto il 29 dicembre 2013, quando il radar militare ha rilevato una situazione di emergenza aerea vicino a un aeroporto nei sobborghi di Pechino. Il Comandante della forza aerea ha ordinato immediatamente a diversi reparti di missili terra-aria di essere pronti per il combattimento. L'oggetto è stato identificato come un drone bianco. Dopo essere stato colpito, il drone è caduto a Pechino nord-orientale nel distretto di Pinggu, dove i ricercatori hanno trovato tre operatori e un veicolo. Il drone si è rivelato appartenere a una società di tecnologia con sede a Pechino, che non ha presentato una richiesta alle autorità per l'aviazione in anticipo, dice il rapporto.
2004 – Afghanistan
Nove anni fa un drone tedesco quasi si scontra con un aereo passeggeri Airbus sopra l'Afghanistan. Il drone classificato con fotocamera ha attirato l'attenzione del pubblico dopo che il Ministero della Difesa tedesco ha scartato un programma sui droni per la mancanza di tecnologia anti-collisione. Le riprese di un drone da ricognizione EMT Luna X-2000 mentre passava a pochi metri sotto l'ala sinistra di un aereo passeggeri Airbus A300 erano visibili su YouTube diversi anni fa. Dopo l'incontro, il drone è stato preso nella turbolenza di scia dell'aereo, ha perso il controllo, e si è schiantato sulla capitale afghana Kabul.
AUSTRALIA
Agosto 2015 - Australia
Aquila scaccia drone
Un grande drone, a forma di aquila, dotato di macchina fotografica mentre volava è stato attaccato da alcuni uccelli. "L’aquila sta bene" ha scritto, sul video del drammatico incontro, l’operatore Adam Lancaster.
L'estate scorsa (2014), anche, il Servizio Forestale degli Stati Uniti ha vietato i droni nei parchi nazionali, affermando che i droni sono pericolosi e disturbano gli uccelli nidificanti, e il rischio per gli uccelli stessi quando attaccano i quadricotteri.
November 2014 – Australia
Nel corso di incendi di grandi dimensioni i vigili del fuoco australiani utilizzano elicotteri per bombardare d'acqua la zona interessata e sono costretti a terra se nella zona sono presenti droni. Il soprintendente Anthony Ferguson dal Galles Rural Fire Servizio New South (RFS) State Air Desk ha affermato che sono stati interessati i piloti antincendio a livello nazionale. La normativa vigente stabilisce che i droni devono volare a 30 m dalle persone, non possono essere utilizzati in centri abitati, non devono superare i 400 ft di altezza e non volare nello spazio aereo controllato, ma non esiste nessuna legge che proibisce di volare vicino a zone dove sono presenti incendi boschivi. I vigili del fuoco della flotta elicotteri australiani hanno inviato una petizione alla CASA chiedendo che la legge sia modificata per includere una zona di esclusione di 3-5 miglia nautiche intorno ad un incendio boschivo. CASA sta prendendo in considerazione tale richiesta.
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Altri casi
Una mancata collisione è avvenuta nello scorso mese di febbraio sull’aeroporto di Parigi Charles de Gaulle, dove un airbus A320 ha sfiorato la collisione con un drone durante la discesa. A riferirlo è il servizio d’investigazione aeronautica francese. L’aeromobile era in servizio da Barcellona verso Parigi il 19 febbraio scorso, e volava a 5500 ft, circa (1600 m) quando il copilota ha visto il drone. Immediatamente ha disinserito il pilota automatico e ha compiuto una deviazione dalla rotta prevista, informando il capitano del rischio. Il drone è passato a soli cinque metri sotto l’ala sinistra, spiegano fonti dell’agenzia, che classificano l’incidente come «grave». Sono ancora in corso indagini per chiarire l’episodio.
I droni non sono autorizzati a volare nei pressi di aeroporti, sorvolando le aree abitate e dovrebbero rimanere a un massimo di 150 metri dalla vista del loro operatore, senza eccezioni. Eppure diversi proni di dilettanti sono stati avvistati nei pressi di centrali nucleari di Parigi.
Alla fine del 2013 durante il festival della Grande Corsa dei Tori al Virginia Motorsports Park (USA) un drone usato per una registrazione video si è schiantato su uno stand ferendo parecchie persone.
A settembre 2014, durante la campagna del Partito Cristiano Democratico un drone Parrot AR è precipitato davanti alla Cancelliera Angela Merkel. Il drone era pilotato da un membro di un partito tedesco come protesta alla direzione governativa. Nessuno si è infortunato ma la domanda da porsi è:”Se questo drone fosse stato armato?”.
Nel gennaio 2015 un drone che trasportava più di 2 Kg di metanfetamina in cristalli si è schiantato nel parcheggio di un supermercato nella città messicana di Tijuana. Secondo la DEA ( Drug Enforcement Administration) i droni stanno diventando un nuovo mezzo per il trasporto di droga.
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A livello nazionale abbiamo avuto la possibilità di conoscere le 18 segnalazioni di mancate collisioni con aeromobili nel 2015 e 2016 che hanno coinvolto droni sul suolo italiano attraverso le informazioni che ANSV ha pubblicato nella sua relazione presentata a marzo 2016:
Malpensa 13/01/2015 A330, 3 NM in finale pista 35L, riporta un drone a ore 11, stessa quota
Linate 19/02/2015 B737 in rullaggio su raccordo T, all’IHP T3 riporta la presenza di un drone in volo in prossimità della recinzione aeroportuale, a EST della testata pista 36, prossimo al capannone della TNT
16/12/2015 MD82 riporta di aver incrociato un drone a 4200 ft, che “sfilava” sotto di 150/250 ft , in prossimità del punto SOROP
Napoli 27/02/2015 A319, 3 NM in finale pista 06, riporta la presenza di un piccolo drone, in vicinanza, stessa quota
29/05/2015 B737, in finale pista 24, a 200 ft riporta la presenza di un piccolo drone di colore blu
Torino 08/05/2015 CRJ X incrocia un drone a 8,2 nm in finale pista 36, in rotta opposta, 200 ft al di sotto
20/09/2015 A321, a 10 NM in finale pista 36, riporta APR di colore bianco con estremità gialle passare a 100 ft dal motore destro
Fiumicino 20/05/2015 A319, in finale 16C, riporta aeromodello attraversargli la rotta da destra a sinistra
03/06/2015 SAAB 2000, a 1,5 NM in finale 16C, riporta in vista persona che aziona aeromodello radiocomandato
Urbe 06/06/2015 DV20 riporta presenza di un aeromodello radiocomandato, tra il sottovento e la base sinistra pista 34
02/09/2015 DA40 riporta presenza di un drone in prossimità, a 2000 ft, tra Monte Rotondo e Monte Rotondo scalo
30/10/2015 DV20 riporta la presenza di un drone in sottovento sinistro pista 34, a 900 ft, che viene poi visto atterrare in zona Tor di Quinto
Treviso 08/06/2015 B737 riporta presenza di un drone a 8 nm in finale pista 07, a 2000 ft
Ciampino 22/06/2015 Cheyenne 3, durante ILS pista 15, riporta un drone ad 8 NM dal campo, a 2000/2500 ft
Pisa 26/09/2015 B737, in decollo dalla pista 04R, riporta la presenza di un drone a circa 1000 ft
Olbia 05/10/2015 Drone della Polizia di Stato, autorizzato allo svolgimento di attività con chiusura dell’aeroporto tramite NOTAM, rileva la presenza di altro drone sconosciuto e non autorizzato nella medesima zona
Ancona 09/12/2015 La Torre è informata della presenza di 2 persone che, sulla strada perimetrale esterna, a NO, operano un drone in prossimità di 4 aeromobili militari su Apron 2; conseguentemente 2 aeromobili in avvicinamento subiscono ritardo
Caiolo (So) 13/12/2015 AW 139, in rientro da operazione HEMS, a 1300 ft incrocia un drone stazionario sopra la superstrada Colico-Morbegno
Napoli 19/01/2016 A320, in finale pista 06, a 1000 ft, riporta la presenza di un drone in salita fino a 300 ft al di sotto e posizionato 500 m sulla destra, nell’area di avvicinamento
Ciampino 29/01/2016 B737 riporta di aver incontrato, a 3,5 NM in finale pista 15, un drone con apertura alare di circa 1 m
02/02/2016 B737, già in contatto con la Torre, riporta drone su URB a 3000 ft; poi in finale pista 15, a 6,5 nm dal punto di contatto e a una quota di 1500 ft, conferma la presenza dello stesso drone, al proprio traverso, a circa 1000/1500 ft sopra il B737
Catania 04/02/2016 A320, in finale pista 26, a 1000 ft di quota, riporta drone volare sotto la propria posizione
S. Biagio 24/01/2016 C150 riporta attività acrobatica aeromodello a 1000 ft, quest’ultimo fa un looping intorno al C150. 23 aprile 2016
Esattamente novant’anni fa, il 1° Aprile 1926, partiva da Trieste diretto a Torino il primo volo commerciale italiano (effettuato pressoché in contemporanea in senso inverso da altro velivolo similare), compiuto con successo dalla Società SISA – Società Italiana Servizi Aerei dei fratelli Cosulich (dalmati) con un idrovolante biplano “Cant 10-ter”, di costruzione delle Officine Aeronautiche di Monfalcone, più tardi trasformate nei celebri “Cantieri Riuniti dell’Adriatico – Crda”.
E pensare che ciò avveniva soltanto 12 anni e quattro mesi dopo il primo volo del “FLYER” (aviatore) dei fratelli Orville e Wilbur Wright, effettuato sostanzialmente con un aliante motorizzato da loro costruito, che divenne la macchina più pesante dell’aria e con un pilota a bordo in grado di manovrarne il volo con i comandi “canard” di cui disponeva, che in seguito verrà chiamata “Aeroplano”. Ciò avveniva sulle spiagge della Carolina del Nord a Kitty Hawk, allorquando dopo un primo balzo in volo durato 12 secondi percorrendo solo 36 metri in distanza e due ulteriori tentativi falliti, finalmente Wilbur riuscì a rimanere per aria, in volo “controllato”, per un tempo di ben 59 secondi durante il quale il Flyer coprì una distanza di 260 metri.
Orbene, il primo volo trans regionale da/per la Venezia Giulia, con tappe intermedie sugli idroscali di Venezia e di Pavia, durava 5 ore per coprire 574 km portando 4 passeggeri oltre al pilota ed al motorista per ammarare a Torino sul Po presso il Parco del Valentino e si svolgeva prevalentemente seguendo il percorso dei fiumi e, ove necessario, quello delle linee ferroviarie. Negli anni successivi, quando la Società SISA inaugurò nuove linee con Ancona, Fiume, Zara, Brioni, Genova, ecc. i monomotori Cant 10–ter furono sostituiti dai più moderni e performanti “Cant 22” trimotori da 10 passeggeri. Ma nel 1933, con l’avvento dei nuovi aerei terrestri e soprattutto per la politica instaurata dal nuovo governo fascista che aveva deciso di voler arrivare ad avere un’unica compagnia di navigazione aerea nazionale, la gloriosa Società dei fratelli Cosulich ammainò la bandiera sullo scalo triestino, per essere sostituita da quella della Società Aera Mediterranea – SAM, che in seguito assunse la denominazione definitiva di Ala Littoria.
Tuttavia, come araba fenice, nel dopoguerra i nipoti dei fratelli Cosulich fecero rifiorire nel 1947 il nome SISA, che operava con i suoi DC 3 sul campo di Merna a Gorizia, assicurando la linea per Roma, ma anch’essa terminò qualche anno dopo, fagocitata dalla rampante Società di navigazione Aerea Alitalia. Società quest’ultima, nella quale chi come lo scrivente, pilota militare del dopoguerra, si trovò a volare come subalterno di Comandanti del periodo d’oro della SISA, quali il Comandante Armando Ulivi, del quale divenni co-pilota di DC 6-B nel 1955, dopo solo due anni da co-pilota sui Convair 340/440, bimotori pressurizzati.
Questo vuol essere un riverente ricordo di Coloro che non ci sono più, ma che fecero grandi e rispettati il nome dei Piloti e delle Ali civili italiane nel mondo. 9 aprile 2016
E’ il titolo di un romanzo satirico ed antimilitarista del famoso scrittore americano Joseph Heller, pubblicato nel 1963, che però sembra calzare molto bene in situazioni quali quelle scatenate nell’opinione pubblica dal suicidio/omicidio plurimo perpetrato dal pilota tedesco Andrea Lubiz della compagnia aerea GermanWings, che un anno fa, il 24 Marzo 2015, causò volontariamente la caduta sulla Alpi francesi del volo 9525.
La traduzione letterale del titolo del romanzo sarebbe appunto quella di “Comma 22”, ovvero, in italiano, quella suddivisione che nel testo di un articolo di legge separa ciascun capoverso dal successivo, mentre in un inglese gergale, proprio in virtù della celebrità raggiunta da tale opera, ha trovato il significato di “situazione senza via d’uscita”. Infatti nel romanzo di Heller, che ha coniato il termine “Catch 22”, questo assume il connotato di una situazione paradossale nella quale un medico militare psicoanalista di Stormo, durante il secondo conflitto mondiale, non riesce a sottrarre dall’attività di voli di guerra un pilota combattente, mentalmente instabile, perché la necessaria firma del soggetto malato in calce alla richiesta relativa di inabilità al volo, starebbe a provare che la mente di tale soggetto invece è “capace d’intendere e di volere” e quindi sana, ma soltanto angosciata delle conseguenze di dover continuare a combattere !
L’attualità della situazione descritta nel romanzo è data dal fatto che a seguito del disastro aereo provocato scientemente dalla volontà suicida del co-polota del noto volo 9525 di GermanWing, le Autorità dell’Aviazione Civile internazionale hanno provato a sollecitare tutti i medici, aeronautici o privati che siano, incaricati di valutare lo stato mentale della salute dei piloti commerciali, ad informare i rispettivi datori di lavoro di quegli aeronaviganti che fossero risultati avere qualsiasi problema di instabilità o invalidità mentale, legata o meno a problemi di droga/alcoolismo o di semplice depressione.
Nel settore dell’aviazione commerciale ci si aspetterebbe dunque che i piloti siano talmente validi anche nelle malattie per cause naturali o per stress eccessivo, da essere in grado di dichiararsi ammalati, anche se ciò fosse contrario ai propri interessi personali e finanziari e contemporaneamente ai medici, specialisti e generici, di dover rinunciare al segreto professionale.
Ancora più di recente, in merito al gravissimo evento del volo GermanWing 9525, si accendono accesi e profondi dibattiti sul fatto che, sebbene l’atto compiuto da quel co-pilota (peraltro di scarsa esperienza ma di molta perversità) sia definito “mostruoso”, la successiva inchiesta abbia potuto conoscere lo stato della sua storia medica in ogni dettaglio soltanto perché egli aveva comunque cercato l’aiuto dei medici ancorché privati consultati, atto questo notevole, data la propensione di tutti gli esseri umani ad aver paura delle conseguenze dei loro verdetti, tanto da far scrivere agli investigatori nel loro rapporto sull’accaduto, di aver notato < … l’encomiabile motivazione e l’attiva partecipazione del soggetto nel contribuire al suo trattamento medico iniziale>.
Ciò che porta inevitabilmente a concludere che l’instabilità mentale è la prima conseguenza del comparire nell’uomo di quella terribile e subdola malattia che è la depressione, che molto facilmente viene mascherata da altri comportamento anomali del soggetto.
Il co-pilota di quel disgraziato volo infatti temeva la cecità e di conseguenza mostrava spesso comportamenti aggressivi nei confronti di chi gli stava accanto, mentre sul lavoro cercava di mostrarsi serio e motivato nell’ansia di fare carriera.
Come si può desumere da quanto finora noto, il materiale per scrutare la mente umana di chi è addetto a lavori concettuali ed operativi, per effettuare seri studi clinici dal parte dei migliori psicanalisti di questo mondo non manca, solo che tali specialisti, dovrebbero essere in grado di calarsi effettivamente nei panni di chi devono osservare ed analizzare. 31 marzo 2016
Da una notizia pubblicata sul mensile AirPress di Febbraio 2016, per lo più ignorata incoscientemente dai media italiani, si può finalmente apprendere da un articolo a firma del Professor Luigi Martino dell’Università di Firenze che nel Dicembre 2015 un blackout di tutta la rete elettrica dell’Ucraina è stato conseguenza di un cyber-attack perpetrato per via informatica da hacker <ben consapevoli di danni e degli obiettivi strategici da conseguire>, come giudica l’Autore del citato articolo, attacco che aveva preso contemporaneamente di mira diverse aziende elettriche di quella Nazione.
L’Autore continua notando che, per ovvii motivi, < … i sospetti si sono puntati sui servizi speciali russi, in particolare sulla squadra “SandWorm”, che in passato è già stata protagonista di attacchi informatici al settore energetico degli USA ed in Europa>.
La peculiarità del fatto riportato è prevalentemente dovuta alla ragione che si tratterebbe del primo attacco informatico esterno, della storia che stiamo vivendo, che abbia paralizzato la trasmissione e di conseguenza l’utilizzo dell’energia elettrica sull’intero territorio di una Nazione. Bisogna rammentare che da tempo gli esperti internazionali del campo stanno mettendo in guardia i vari Stati sulla vulnerabilità dei sistemi industriali che controllano le infrastrutture critiche quali le centrali e le reti di distribuzione dell’energia elettrica, attualmente indifese da tale tipo di attentati.
Secondo molti osservatori del settore, l’estrema pericolosità dell’accaduto in Ucraina è massimizzata anche dalla versione dell’inattaccabile malaware servito per l’attacco, denominato “BlackEnergy”, in quanto risulterebbe che lo stesso virus sia stato usato in un precedente attacco del 2012 contro il colosso petrolifero Saudi-Aramco.
Ora, per avere un’idea di quello che potrebbe significare un attacco di tal genere nei confronti della nostra rete di distribuzione dell’energia elettrica, provate ad immaginarvi per un momento di trovarvi improvvisamente in casa vostra senza luce, né riscaldamento, senza potervi attaccare all’orecchio il vostro beneamato cellulare né la cornetta del telefono, né di aver disponibile computer, né cibi caldi o acqua igienica, oppure di affacciarvi ad una finestra (se non dotata di sollevamento delle serrande a funzionamento elettrico) e di guardar fuori una città al buio, senza traffico o con traffico caotico, la ferrovia e la metropolitana cha passano vicino a casa senza movimenti, folle di pedoni che non sanno come fare per tornare a casa, industrie costrette all’inattività che liberano dal servizio i dipendenti, niente radio o televisione per ricevere informazioni, niente servizi di assistenza e soccorso … ed il caos che sale !
Tutto questo tenendo ben presente che attualmente esistono, poco o punto, difese delle infrastrutture elettriche critiche, che pur essendo per la maggior parte nelle mani dei privati, possono essere soggette a tale tipo di attacchi che potrebbero causare disastrosi eventi a catena per la sicurezza nazionale, oltre per quella dei singoli cittadini.
Ora, scusandomi per questo quadro apocalittico, ma purtroppo possibile per i tempi che stiamo vivendo, devo dire ancora che i cyber-attacks sono devastanti in qualsiasi campo, se non si è preparati fronteggiarli adeguatamente.
Sullo stesso numero di AirPress un successivo articolo dell’Autorità garante per la sicurezza della Repubblica, cerca di tranquillizzare l’opinione pubblica fin dal titolo “Non siamo un Paese di archeologia cibernetica”, scrivendo:-<L’Italia non è un Paese di archeologia cibernetica…>, ma subito di seguito è costretto ad ammettere:-
< … tuttavia, in virtù del bisogno che viene dall’attenta valutazione del quadro della minaccia, bisogna produrre una straordinaria accelerazione>.
Dopo una serie di dotte disquisizioni analitiche, si avvia alla conclusione scrivendo:- <Prima di tutto, bisogna potenziare la capacità di reazione, abbattendone i tempi. Ciò avviene attraverso un doppio movimento, cioè un coordinamento sempre più forte tra i settori e i soggetti della Pubblica amministrazione, con sinergia ed integrazione tra pubblico e privato>.
E qui mi sento di dire che c’è quanto meno dell’ingenuità, in quanto su una materia così delicata non si può fare affidamento su una amministrazione pubblica fortemente demotivata e parzialmente corruttibile, a mio personale giudizio, come le più recenti vicende dello stato morale di troppi funzionari ed amministratori pubblici stanno a dimostrare.
E così conclude, ancora ingenuamente:- <In questo senso, per la prima volta, lo scorso anno la “comunità di intelligence” ha assunto trenta ragazze e ragazzi che venivano direttamente dalle Università italiane, senza passare dalle Forze di Polizia e delle Forze armate …. E’ importante che il sistema-Paese recluti nel settore della cyber-security una nuova leva di cervelli giovani, poiché in questo ambito la velocità mentale è inversamente proporzionale all’età>.
Ma è proprio questo che spaventa ! Come si fa ad avere piena ed incondizionata fiducia nell’operato di teste giovani, appena sfornate da certe facoltà di alcuni Atenei italiani nei principi radicalisti e anarcoidi, senza che siano passate attraverso il vaglio d’una disciplina militare e legati ad un giuramento di fedeltà allo Stato che devono difendere ? O forse il concetto di giuramento è sorpassato dal miraggio di un posto di lavoro, possibilmente ben retribuito, se strettamente sorvegliato da qualcuno in grado di farlo immancabilmente ? Vorremmo essere tranquillizzati sul nostro futuro di Nazione ! Non di paese ! 11 marzo 2016
La sicurezza cibernetica o cyber-security di un Paese e dei suoi cittadini rappresenta ormai una delle sfide più significative e pregnanti per tutti i governi. Ma, a quanto pare, nei fatti, meno che al nostro.
Tant’è che sul numero di Gennaio del mensile AirPress. L’editoriale si apre con una serie di constatazioni, che in parte facciamo nostre:-
<La sicurezza nazionale è una fondamentale chiave di volta per sistemizzare l’interesse di un Paese e declinarlo quindi nelle strategie che investono la Difesa e settori strategici come l’aeronautica e lo spazio [Aviazione Civile inclusa – ndr], senza trascurare la dimensione cibernetica. … omissis … [In Italia] la governance della sicurezza è una costruzione ancora precaria e non perché manchino le leggi. La sicurezza nazionale è stata fin qui un concetto a beneficio dei “tecnici”, come se le valutazioni politiche sulle grandi questioni d’attualità dovessero rispondere ad altre priorità. Errore è ricordarsi di queste materie solo in caso di attacchi terroristici o guerre (tradizionali), mentre il cyber è una minaccia costante e invisibile. Lo strumento governativo del “Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica” è certamente utilissimo ed è un presidio fondamentale. Peccato però che appaia sostanzialmente sterile>.
Si tratta insomma di proteggere la sensibilità di tutte le informazioni, da quelle pubbliche a quelle private, di tutte le infrastrutture critiche e delle componenti scientifiche e industriali che sono alla base dell’economia, già così provata. Le guerre, già oggi, avvengono in una forma “ibrida”, in quanto sono condotte in parte ciberneticamente. Per non parlare poi delle azioni terroristiche che sono pianificate per via informatica e condotte per mezzo di telecomunicazioni molto sofisticate, che possono andare dall’utilizzo di telefonini e tablets fino a sistemi telematici complessi e criptati, ma sempre connessi attraverso la Rete. Tutto ciò rende chiaro come la cyber-security debba essere un interesse nazionale per tutti, dai servizi segreti ai semplici cittadini.
L’Italia, per quanto possa apparire arretrata, non sembrerebbe comunque all’anno zero, ma necessita urgentemente di un vero e proprio Cyber Act che consenta l’integrazione delle funzioni sparse tra vari soggetti pubblici, tra i quali, nel nostro Paese spiccano per rilievo l’istituzione del Sottosegretariato di Stato alla Presidenza del Consiglio, autorità a ciò delegata per la sicurezza della Repubblica! Infatti, Paesi come il Regno Unito (UK) fin dal 2010, all’interno del gabinetto del Primo Ministro, ha reso operativo l’Office of cyber security & information assurance, che ha il compito di coordinare i programmi di sicurezza informatica e telematica gestiti dal governo.
Di contro bisogna tener conto che notizie recenti informano che anche Daesh, altrimenti conosciuta da noi come Isis (cioè il sedicente stato islamico del terrore) ha appena pubblicato fra gli islamici Kybernetiq, rivista per ora solo in lingua tedesca, progettata per istruire ed informare aspiranti jihadisti su come prendere parte ad una “guerra santa cibernetica” contro l’occidente.
Passando al tema dell’Aviazione Civile, del quale mi occupo anche in questo campo, un documento scritto da uno specialista in Aviation Policy, dal titolo “National Aviation Security Policy, Strategy and Mode-Specific Plans” per essere sottoposto alla considerazione del Congresso degli USA fin dal 2009, costatava che <… negli anni precedenti l’attacco terroristico dell' 11 Settembre 2001, gli USA mancavano di una policy e di una strategia nazionale completa per la sicurezza informatica e cibernetica in aviazione, in particolare per il controllo dei passeggeri per via aerea …>, policy poi decisa e messa in atto con il titolo “National Aviation Security Policy”, come ben sanno i passeggeri diretti dopo di allora negli USA.
Un altro documento, frutto di uno studio condotto da tre ricercatori nel 2013 in Germania con l’intento di preservare la sicurezza da attacchi informatici contro gli attuali aeromobili da trasporto pubblico (nello studio definiti come e-Enabled Aircraft, in altre parole aeromobili attaccabili telematicamente), mette in guardia il settore da possibili attacchi ai sistemi di volo e di navigazione di tali aeroplani, attuati per mezzo di apparati portatili (quali lap-top computer ed altri sofisticati apparentemente innocui tablets) in grado di collegarsi con i sistemi di bordo attraverso i sistemi di pubblico intrattenimento di bordo, generalmente con accesso sotto i sedili di questi aeromobili.
Nelle conclusioni, il documento avverte sull’importanza del problema trattato estesamente nel lungo testo, affermando che l’industria aerospaziale internazionale è di somma importanza per l’economia e la sicurezza della nostra società civile e che la società dipende fortemente sia in safety che in security dai propri sistemi tecnologici d’informazione (IT) e che anche se il potenziale attacco alla safety/security degli aeromobili sembra essere relativamente esiguo al giorno d’oggi, ciò non deve’essere frainteso come un’assicurazione per il futuro. Nel documento sono stati presentati i primi casi reali d’interferenza avvenuti a danno dei sistemi di bordo, conclusi con molta fortuna, ma che dimostrano che le informazioni protette a bordo dei moderni aeromobili possono essere attaccate e dunque non sono teorie accademiche, ma rappresentano una minaccia reale.
N.d.r.:- I casi sommariamente esaminati nel documento sono stati volontariamente omessi in questa presentazione del problema, onde non fornire il benché minimo spunto a eventuali hackers o peggio.
Tenendo in debita considerazione l’enorme importanza di tutte le modalità di trasporto, nel caso del trasporto per via aerea l’industria elettro-avionica non deve ripetere le leggerezze e gli errori fatti in atri campi dell’elettronica e dell’informatica, quali il dominio dei computer da tavolo, dell’industria automobilistica e da quella dei sistemi di controllo a distanza, nei quali i requisiti di protezione di sicurezza delle informazioni sono stati, nei primi tempi, ignorati e le possibilità di collegamenti e di allacci indesiderati e pericolosi sono state trascurate fino al punto di palesare le vulnerabilità nella sicurezza dei relativi sistemi.
Dato che al dominio elettro-avionico degli aeromobili concorrono vari attori internazionali, l’interesse superiore della sicurezza può essere conseguito soltanto da un concorso comune di tutte le parti dell’industria, della sicurezza e dell’amministrazione interessate a prevenire in campo elettronico qualsiasi rischio e pericolo per la gente, per l’economia e per la società civile.
Infine, fatte le debite distinzioni sul tipo di minaccia di cui possono essere vittime gli aeromobili da trasporto rispetto alla prorompente industria dei droni per usi civili, le stesse preoccupazioni di sicurezza telematica e cibernetica vanno estese al campo dei droni appunto, aeroveicoli particolarmente esposti al pericolo di essere interferiti nelle loro operazioni a bassa quota, che comunque contemplano un vasto impiego di segnali e di informazioni telematiche, che possono essere interferite facilmente da attacchi via etere.
Altrettanto può essere valido sia per le stazioni di controllo dei droni, come pure le installazioni e le stazioni dei fornitori di servizi di navigazione aerea. 13 febbraio 2016
La pubblicazione, avvenuta il 7 gennaio 2016 da parte dell’Office of Inspector General, di un Audit Report – nr. AV 2016-013 – titolo “Enhanced Faa Oversight could reduce Hazards associated with increased use of Flight Deck Automation”, ha finito di scatenare nel mondo del trasporto aereo una marea di polemiche in merito all’allarme generato dalla pubblicazione del Report in questione con il quale è stata messa sotto accusa la Federal Aviation Administration – FAA degli USA.
Con tale documento, scaturito da un audit tenutosi presso la FAA, l’Ispettorato Generale del Dipartimento dei Trasporti, ha criticato la esagerata dipendenza dei piloti di linea dall’automazione delle cabine di pilotaggio, accompagnata dalle critiche rivolta alla FAA in merito alla mancata sorveglianza sulle Compagnie aeree sia nell’uso esasperato dell’automazione, come pure in merito alla conseguente carenza di allenamento dei piloti al pilotaggio manuale. fin dalla pubblicazione del Report finale da parte del NTSB sul grave incidente avvenuto il 6 giugno 2013 a un Boeing B. 777 -200ER della Compagnia ASIANA in atterraggio sulla pista 28L dell’aeroporto di San Francisco, che ha causato la morte di 3 occupanti e il ferimento di altri 49 passeggeri, sul totale di 307 persone presenti a bordo. A poche miglia dall’atterraggio sulla pista 28L, volando dal mare, il pilota ai comandi (e l’istruttore che lo controllava) utilizzavano per la manovra di avvicinamento, un’errata impostazione delle funzioni dell’autopilota e dell’auto-manetta, in modo tale che l’aeromobile ha incominciato a ridurre pericolosamente la velocità e contemporaneamente a scendere troppo velocemente, tanto da finire con l’urtare con la parte posteriore della fusoliera un frangiflutti situato prima della pista e da farlo ricadere pesantemente sul treno di carrelli principali che si staccavano e scivolando sulla pancia incominciava a carambolare fino ad effettuare una completa rotazione rispetto alla direzione di atterraggio. Gli Investigatori del NTSB concludevano l’inchiesta attribuendo il disastro all’errore di eccessiva fiducia dell’equipaggio di condotta nell’automazione, non disgiunta dalla mancata sorveglianza del comportamento della funzione dell’automazione utilizzata.
Ritornando al Rapporto che ha scoperchiato questo vaso di Pandora, il Rapporto stesso vuol mettere in guardia in merito all’eccessiva fiducia riposta dai piloti sull’automazione e sprona la FAA ad esercitare maggior controllo sulle Compagnie aeree in tema di sorveglianza che i piloti devono esercitare quando utilizzano l’automazione e contemporaneamente di mantenere allenata la capacità di pilotaggio manuale, che diventa indispensabile quando, ahimè, l’automazione fa le bizze o subentra qualche grave avaria.
Nello stesso tempo il Rapporto sottolinea ancora che i piloti dei moderni aeromobili hanno poche occasioni di mantenere la loro abilità di pilotaggio manuale durante i loro voli di linea su aeroporti attrezzati con moderni sistemi elettronici adatti all’automazione. In tal modo l’abilità dei piloti diminuisce e può diventare fattore critico in quelle situazioni, appunto, nelle quali i piloti stessi diventano essenziali per riguadagnare e mantenere il controllo dell’aeromobile.
Anche se, bisogna notare, la pretesa che i piloti si possano auto-allenare durante i voli di linea appare scarsamente attuabile e perciò alquanto utopistica. Bisogna che l’addestramento al pilotaggio manuale possa venire attuato in qualche altro modo (o durante le sessioni di recurrent training, oppure con velivoli meno costosi di quelli dei voli di linea). Ma allora … altri costi che verrebbero avversati dalle Compagnie. Ma la sicurezza ha un costo !
In definitiva, la lezione da apprendere da quel disastro da parte di tutti (Autorità di certificazione, Costruttori, Compagnie aeree e Associazioni internazionali dei Piloti commerciali), a mio avviso è la seguente:-< Mentre una giusta dose di automazione delle cabine di pilotaggio e del suo uso è cosa utile (se ben compresa durante l’addestramento) e migliorativa delle operazioni di volo, ciò non significa che maggior automazione a bordo sia la soluzione migliore, salvo nel caso poco probabile che si pensi di togliere i piloti per passare ad aeromobili senza piloti a bordo, nel qual caso ritengo molto improbabile che si troveranno passeggeri paganti disposti a salire a bordo ed a rischiare la pelle, viste tutte le minacce che incombono sul trasporto aereo (meteorologiche, tecniche, terroristiche, hackeristiche, ecc.), in quanto l’automazione non ha la flessibilità della mente umana e tanto meno la sua duttilità, dimostrata dagli esseri umani nei casi di emergenza imprevedibili ed imprevisti dai progettisti, laddove solo l’esperienza aiuta a non sbagliare ! Insomma bisogna rendersi conto che utilizzare l’automazione per alleviare grossi carichi di lavoro dalle spalle dei piloti è benefico qualora i piloti non abbiano il tempo di rilassarsi troppo o di distrarsi, perché se la loro attenzione incomincia a decadere e allo stesso non praticano mai l’allenamento al pilotaggio manuale, allora la situazione diventa critica e foriera di disastri.>. 25 gennaio 2016
Il neo-Consigliere militare vicario del Presidente del Consiglio, dalle pagine del mensile sulle politiche per l’aerospazio e la difesa “Airpress”, ci fa sapere che <… tra meno di vent’anni, la circolazione aerea sarà in gran parte effettuata da velivoli pilotati in remoto (Remote Piloted Air Systems – RPAS) e controllati tramite sistemi avanzati di telecomunicazione [o Information technology - ndr]: al fine di consentire tale rivoluzione [finora con scarsi progressi – ndr], è in corso una revisione del sistema che prevedrà un’estensione dell’automazione della gestione delle rotte degli aeromobili [commerciali – ndr], non più canalizzati nelle aerovie ma coordinati da una gigantesca e complessa infrastruttura informatica (Rete, computers e software) che consentirà la riduzione dei tempi di volo e considerevoli risparmi economici al settore. … omissis … I requisiti, gli standard e le procedure che caratterizzeranno tale poderosa infrastruttura informatica dovranno tener conto di tutte le possibili minacce fisiche, procedurali e, soprattutto, cibernetiche. Chi per primo riuscirà a definire un’efficiente e resistente infrastruttura informatica imporrà de facto i propri standard e la propria regolamentazione a livello mondiale>.
Ma non basta e … nel suo articolo, titolato “Cyber”, il predetto Consigliere continua testualmente <… Al riguardo, nell’ambito della cabina di regia per l’aerospazio, costituita a palazzo Chigi, si cerca di promuovere e sostenere lo sviluppo delle tecnologie abilitanti e la definizione di standard in tal senso. … omissis … Sullo specifico tema della protezione dell’infrastruttura informatica, che avrà il compito di gestire il traffico aereo nel prossimo futuro, esso dovrebbe essere affrontato – congiuntamente tra soggetti pubblici e privati – considerando tale infrastrutture come critiche (o di servizio critico), ovvero un elemento essenziale per lo sviluppo del Paese. Al riguardo, è opportuno rimarcare che l’Italia non si è ancora dotata di una strategia nazionale per la protezione di tali infrastrutture e di una chiara e snella organizzazione funzionale che definisca gli attori che, a vario titolo, sono responsabili in materia [ma come, mette forse in dubbio l’autorità dell’ENAC ? - ndr]. Servirebbe con urgenza una norma per individuare le infrastrutture critiche nazionali e per determinare le modalità di protezione attraverso un sistema sinergico tra istituzioni, operatori e industria [insomma come il modello ENAC vigente sugli aeroporti nazionali, che funziona infatti … così bene, che non si sa mai chi fa che cosa ! – ndr].
Fin qui lo scritto del neo-Consigliere spaziale del Presidente del Consiglio.
Merita soltanto aggiungere ancora che il Consigliere ha completamente ignorato il problema esistente, non da oggi soltanto, riguardante l’incapacità istituzionale italiana di investigazione sui cyber attacchi informatici al sistema ATM, che fa il paio con l’incapacità di effettuare investigazioni serie sugli incidenti aeronautici sul suolo e nei cieli italiani, tanto da dover ricorrere, come nel caso dello scontro tra aeromobili militari da combattimento avvenuto il 19 Agosto 2014 sui monti della Laga (AP), dove la competente Magistratura ricorre ad auto referenziati investigatori per mettere in dubbio l’investigazione interna alla Forza Armata ! Oppure,come purtroppo accade troppo spesso, con le insulse ed incomplete indagini pubblicate nelle Relazioni d’inchiesta dell’Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo – ANSV !
Rimanendo in tema cyber (in)security, poche pagine più avanti, il Direttore del Centro di ricerca “Cyber intelligence & information security – CIS” dell’Università La Sapienza di Roma, sotto il titolo “La Minaccia che viene dall’ISIS”, scrive:- <Nell’ambito del trasporto aereo, oltre al timore di attacchi terroristici mediante esplosivo, gli esperti si interrogano sulla possibilità che hackers dello Stato islamico [internazionalmente non riconosciuto tale ! – ndr] possano alterare i sistemi che regolano la gestione del traffico aereo italiano. Si tratta di un rischio reale, visto che nessun sistema basato su Internet o su sistemi informativi che dialogano usando le messaggistiche di Internet e sistemi operativi commerciali [come ad es. data-link – ndr] sono esenti da minacce di questo tipo…>. … omissis … <Concentrandoci sulla realtà terroristica che sta maggiormente minacciando l’occidente, l’ISIS dichiara di possedere competenze avanzate nel settore cyber, anche se, fortunatamente, ad oggi non si registrano danni rilevanti alle infrastrutture critiche causati dai terroristi islamici, ma solo alcuni casi isolati di defacement di siti web e poco altro. Detto questo, molti degli afferenti all’ISIS sono laureati in informatica presso università occidentali e capiscono benissimo l’importanza dell’arma cibernetica, quindi l’allarme deve essere elevato. Infine non dimentichiamoci che le competenze informatiche, anche se non interne, si possono sempre reperire sui dark market [e le risorse finanziarie non mancano di certo loro ! – ndr].> … omissis … E conclude, con il sottotitolo “L’Azienda intera per la sicurezza” – pro domo propria:-<L’uso di un modello organizzativo di sicurezza adeguato che coinvolga tutti i livelli aziendali, dagli impiegati al consiglio di amministrazione, può ridurre i rischi. La cyber security deve entrare nel DNA aziendale per essere efficace e non rimanere isolata all’interno del dipartimento di It>-
Dopo aver letto e meditato su quanto è stato presentato sull’argomento, ritengo di poter trarre le seguenti conclusioni ed auspici:- Seppur con note di moderato ottimismo sulle capacità dei sistemi occidentali di poter fronteggiare cyber attacchi terroristici ai nostri sistemi, entrambi gli Autori, presentati in questo tentativo di dare un quadro complessivo di quanto ci si possa attendere nel prossimo futuro, non ci nascondono la grave realtà che potrebbe verificarsi nel dirompere il nostro livello di sicurezza e il nostro livello di civiltà.
Non rimane che confidare che le nostre difese siano in grado di neutralizzare i possibili tentativi terroristici di attaccare anche la sicurezza dei nostri traffici e quella delle nostre vite. 22 gennaio 2016
Ancora una volta la “botta” che i terremoti/maremoti menano al globo terrestre lascia da subito, sul nostro pianeta, qualche altro piccolo segno d’avere accusato il colpo, come è già stato rilevato ed annunciato del verificarsi d’uno slittamento superficiale della crosta terrestre della zona himalaiana del Nepal, accanto alla ben più grave realtà della tragedia umana relativa alla perdita stimata di oltre 10.000 mila esseri umani, di antica civiltà e di pur solida razza umana, capace di vivere e sopravvivere in un ambiente tanto incomparabile quanto ostile.
La notizia, per ora scarna e priva di particolari, riporta solamente che sarebbe stato rilevato un slittamento della “città di Katmandu” di circa 3 metri verso Sud, ovviamente per lo scorrimento delle placca tettoniche che agiscono nella zona della catena himalaiana, come del resto in tante altre parti del mondo. In questo caso del 25 Aprile lo scontro sotto forma di scorrimento della placca indiana sotto quella euroasiatica ha provocato l’ennesimo sconquasso planetario, che anche questa volta è stato incassato dal nostro pianeta con le catastrofiche conseguenze avvertite non solo in Nepal, ma anche in India e Bangladesh.
Dunque, ancora una volta, sommovimenti tellurici delle placche continentali che si scontrano per l’azione di eventi che avvengono ben in profondità rispetto alla crosta superficiale, che siano superiori a magnitudo dell’ordine di circa 8 gradi della scala Richter e che avvengano in corrispondenza delle zone equatoriali o comunque comprese grosso modo nella fascia tra il Tropico del Cancro e quello del Capricorno, hanno la potenza di lasciare il segno sulla crosta terrestre, ma non solo su quella. Infatti molto più gravi possono essere le conseguenze sulla rotazione terrestre ed ancora di più sull’inclinazione del suo asse, in quanto, come ha ormai dimostrato (a mio parere) il maremoto che nel 2004 colpì l’Oceano Indiano con il suo immediato tsunami , ma molto di più successivamente con il cambiamento della circolazione delle grandi masse d’aria atmosferica che ancora fanno sentire le loro conseguenze sulla climatologia di gran parte delle regioni continentali del mondo.
In Italia, in particolare, con la ormai lunghissima latitanza del nostro benefico “Anticiclone delle Azzorre” soppiantato dai capricci dell’anticiclone africano che, a suo comodo, a parentesi di caldo a volte afoso a volte ed a volte torrido, cui fa seguito la reazione di correnti talvolta balcaniche e talvolta atlantiche che lasciano il loro segno di notevole mutazione rispetto alle preesistenti condizioni passeggere anticicloniche con i loro effetti talvolta molto critici come quelli che spesso si verificano prevalentemente nel Nord-Italia. Una di queste variazioni è attesa per gli ultimi giorni di questa settimana.
Ma quel che preoccupa è il silenzio che viene mantenuto sulle conseguenze che l’asse di rotazione terrestre subisce in occasione dei grandi scossoni tellurici che la Terra subisce di tanti in tanto. 12 maggio 2015
Sicurezza: Etimo derivato dal latino «securus» dal significato “senza affanni” ed inteso quale condizione, stato di esenzione dai pericoli, ma anche senso di fiducia e di tranquillità.
Sicurezza, concetto rassicurante al quale tutti aspirano di arrivare.
Già, sicurezza, ma quale ?
C’è chi, di questi tempi sogna la sicurezza del posto di lavoro, chi di essere “al sicuro”… almeno in casa propria, tra le quattro mura domestiche, da ladri o violenti … o dagli infortuni, chi si assicura ben oltre la RCA obbligatoria perché deve usare ogni giorno la propria autovettura sulle dissestatissime strade italiane, chi teme di non essere “al sicuro” da errori di mala sanità negli ospedali ed infine chi, più di recente, teme di essere ancora meno “al sicuro di prima” nell’intraprendere un qualsiasi viaggio in aeroplano, dopo le falle scoperte nel “sicurissimo” (statisticamente) settore dell’aviazione commerciale (almeno fino a quando i nostri cieli non saranno … inflazionati dalla comparsa di droni civili “a gogò”).
Spero mi si vorrà perdonare questo lungo preludio, ma forse sarà servito a farci meditare più seriamente sul valore intrinseco del temine sicurezza.
Già … e così torniamo a chiederci quale sicurezza?
A parole tutti la vogliono, anzi la pretendono, salvo a trovarsela incombente sul posto di lavoro, oppure salvo il fatto che gran parte della gente si sente “spiata” – non libera di fare ciò che vuole – non appena una telecamera fissa “di sicurezza” (magari delle Forze dell’Ordine) inquadra il posto, dove si trova, proprio per sorvegliare la sicurezza della zona.
Tutto questo avviene perché nella lingua italiana si usa e si abusa del termine “sicurezza” per indicare ugualmente la sicurezza proattiva (a fini di prevenzione, specialmente in aviazione), che per indicare fatti criminosi nei quali questa fantomatica sicurezza sarebbe stata violata, oppure nei casi in cui la “pubblica tutela” dell’incolumità o della salute sarebbe stata messa a repentaglio.
Forse perché manca il concetto di “sicurezza” da che cosa, da quale rischio o pericolo.
Oppure forse per la mancanza nella lingua italiana di parole alternative al termine di specificazione al vocabolo “sicurezza”. Vediamo se è vero.
Sinonimi di sicurezza, nella nostra lingua, esistono e sono (o erano ?):- mancanza di pericolo (sì, ma si riconosce che il pericolo esiste e non si sa quanto potrà ancora “mancare di colpire” e nel caso come “prevenirlo”), tranquillità (sì, ma non è tutto), certezza (stato di convinzione mentale individuale) e poi, con valore attributivo, vari esempi da lampada, cintura, misure, spilla di sicurezza fino a “pubblica sicurezza”, che finalmente ci dà quel senso di pubblica e comune utilità alla quale ci si vuol riferire nella stragrande maggioranza dei casi, ma anche in questo caso poi bisogna ricorrere ad altri aggettivi attributivi per dare un senso compiuto a quale tipo si sicurezza intendiamo riferirci:- nell’esempio la sicurezza dal crimine.
Adesso prendiamo un’altra lingua, quella che ormai inflaziona quotidianamente la nostra lingua (storpiando entrambe): la lingua inglese. In questa lingua, usata da noi particolarmente nel settore tecnico e più specialistico del quale mi interesso, quello dell’aviazione, ci si può imbattere in due vocaboli utilizzati per parlare di argomenti ben distinti di sicurezza.
Essi sono:- Safety e Security, con ben distinti significati o competenze d’intendimenti.
Safety (Webster’s Dictionary) è definita come «condizione [di sicurezza] d’esser sicuri [da safe – freed from harm or risk – libero da danni o da rischi] dal subire o dal causare ferite, lesioni o perdite», mentre «to safety» ha il significato di «proteggere contro gli insuccessi, i danni o gli incidenti/infortuni».
Dunque, sicurezza delle persone fisiche, possibilmente per mezzo di regole e misure di prevenzione, dal ricevere danni a seguito di eventi rischiosi e pericolosi.
Vediamo ora cosa s’intende con il secondo termine per indicare sicurezza.
Security (Webster’s Dictionary) è descritta come «lo stato d’essere sicuri, liberi dal pericolo, dalla paura e dall’ansia» e come «misure adottate per proteggersi contro lo spionaggio e il sabotaggio», ovvero dai crimini commessi contro la persona o la società civile.
In questo secondo caso la sicurezza è parimenti intesa come difesa o protezione delle persone fisiche, ma estesa alla collettività o società civile, nazione o Stato.
Recentemente, il giorno 14 Aprile, su gran parte dei media nazionali per annunciare e commentare la presenza del Presidente del Consiglio Renzi all’inaugurazione dell’anno accademico della “Scuola di Formazione del Sistema di Informazioni per la Sicurezza della Repubblica” (titolo altisonante per indicare la sede di preparazione degli agenti dei servizi di spionaggio e controspionaggio), che in inglese sarebbero definiti “Servizi di Intelligence”, titolavano invece a tutta pagina “Inaugurazione della Scuola di Formazione per la Sicurezza”, senza senso e significato alcuno per chi ne fosse stato interessato.
Ecco è a questo genere di abusi fuorvianti che dovrebbero prestare attenzione in primis gli Organi di Governo e quelli addetti alle informazioni, oltre che i Responsabili di reti radiotelevisive e i Direttori di giornali seri ed autorevoli.
Sì, perché anche i cittadini che non abbiano studiato ad Oxford o non abbiano una cultura universitaria (e moderna) hanno diritto d’essere correttamente informati e di poter capire che cosa si vuol loro comunicare. Altrimenti è come voler pretendere di informatizzare tutti gli ultraottantenni, anche quelli che hanno passato tutta la vita a lavorare nei campi! Queste sono le utopie di certi governanti!
Ed in questo senso, dovrebbero essere molto ligi ed attenti soprattutto i Legislatori ed i burocrati ministeriali, che quando pubblicano Leggi, Decreti e norme di qualsiasi tipo ed importanza (sempre per primi coloro che scrivono i testi per i moduli ed i testi amministrativi di qualsiasi genere o natura), devono abituarsi all’idea di essere al servizio di tutti i cittadini (quelli che li pagano e li mantengono) e non che il cittadino sia sempre costretto a rivolgersi ad esperti e consulenti vari, che sono poi i loro “compagni di merende”.
In un altro testo vedrò di trattare altri termini di cui si abusa inutilmente in lingua inglese, ignorando i corrispondenti termini che esistono nella lingua italiana, in documenti particolari in campo tecnologico, specialmente in quello aeronautico, dove Enti normatori di Stato che dovrebbero esprimersi in lingua italiana nei loro testi, indulgono invece nella moda di definire Operatore quello che in italiano è un Esercente di sevizi oppure un Imprenditore industriale. 24 aprile 2015
Studio del Comandante Renzo Dentesano.
PREMESSA
Attraverso gli studi che sto conducendo su alcuni incidenti aerei occorsi dagli anni 80 ad oggi e che serviranno a trarre – per mezzo dei risultati delle indagini tecniche e delle inchieste giudiziarie – utili insegnamenti per prevenire analoghi eventi, mi sono imbattuto in una collisione in pista avvenuta sull’aeroporto di Los Angeles che, per l’errore commesso da un operatore front line (controllore del traffico aereo), ha segnato una pietra miliare sulla cultura che deve prevalere nel mondo dei trasporti in particolare e nelle organizzazioni complesse in generale, nonché nelle aule giudiziarie italiane, quando periti auto referenziati depistano con tesi di comodo e senza fondamento tecnico i Pubblici Ministeri, digiuni di conoscenze aeronautiche per capire l’evolversi degli eventi.
Intendo qui riferirmi ai principi della just culture in contrapposizione a quelli della blame culture.
Just Culture è un concetto nato nel mondo anglosassone in cui si riassumono una serie di pratiche e atteggiamenti riguardanti la sicurezza in ambienti ad alto rischio. Si tratta di un principio che punta alla prevenzione e che per quanto concerne la gestione del traffico aereo ribalta il metodo di affrontare i problemi quotidiani. Troppo spesso in Italia al verificarsi d’inconvenienti o peggio ancora d’incidenti nei trasporti o in altre strutture complesse scatta una sorta di caccia all’uomo.
Una volta che si è individuata la persona su cui scaricare ogni colpa la si persegue, la si processa, la si condanna e giustizia è fatta. In realtà tutto resta più o meno come prima perché non si sono esplorate e valutate alla radice le vere cause dell’evento, anche se prudentemente, nella cultura anglosassone, sono modestamente definite solamente “probabili cause”. La blame culture quindi è la dannosa cultura della colpa e consiste essenzialmente nella ricerca di un capro espiatorio.
Nella disamina e nel raffronto tra l’incidente di Los Angeles del 1991 e quello di Linate del 2001 si prendono questa volta in esame solo le posizioni dei Controllori del Traffico Aereo (adibiti a compiti di elevato rischio e responsabilità) trascurando altri soggetti processuali (o non) che comunque sono stati coinvolti direttamente o indirettamente nei due disastri aerei.
La ragione di ciò risiede nel fatto che la valutazione dell’evento fatta dall’autorità americana in relazione al presunto responsabile, ben 24 anni fa, rappresenta tutt’oggi, per la piuttosto arretrata cultura giuridica del nostro Paese in questo campo, un esempio da seguire se realmente si vogliono accertare le reali cause (non solo quelle processuali) dei disastri e tutti i fattori che hanno contribuito al loro verificarsi al fine di svolgere concreta opera di prevenzione e di cultura aeronautica..
COLLISIONE IN PISTA VOLO USAIR 1493 E VOLO SKYWEST 5569 – AEROPORTO LAX DI LOS ANGELES 1 FEBBRAIO 1991
L’ USAir 1493 volo di linea della US Airways tra le città di Syracuse, New York, e di San Francisco, California, il giorno 1º febbraio 1991 è entrato in collisione con il volo SkyWest 5569 subito dopo l'atterraggio sull'Aeroporto Internazionale di Los Angeles dove avrebbe dovuto effettuare uno scalo. A causare l'incidente fu una distrazione del controllore di volo che autorizzò il Metroliner della SkyWest a immettersi sulla stessa pista sulla quale stava atterrando il Boeing 737 della USAir. Ventidue persone a bordo del B737 e tutte le dodici a bordo del Metroliner persero la vita nell'incidente.
L'aeroporto di Los Angeles ha quattro piste parallele: due sono situate a nord del terminal e due a sud. La pista 24R, la pista 24L, la più vicina al terminal sul lato nord, e l'insieme delle vie di rullaggio sono chiamati Complesso Nord; mentre le piste 25L, 25R e le loro vie di rullaggio sono chiamati Complesso Sud. Non esiste una via di rullaggio fra le due piste, ma diverse vie di rullaggio le intersecano consentendo agli aerei che atterrano sulla 24R di incrociare la 24L per dirigersi verso il terminal.
Per ridurre il tempo di rullaggio, gli aerei decollavano solitamente dal complesso loro più vicino, ma siccome avrebbe dovuto volare verso nord, il volo Skywest 5569 fu autorizzato a rullare per pista 24L invece che pista 25R seguendo un percorso prestabilito chiamato Percorso Nord (in seguito le vie di rullaggio furono rinominate). L'aereo non fu visibile alla torre di controllo solamente lungo la via di rullaggio 48.
Immediatamente prima che il Metroliner raggiungesse la pista 24L, un aereo della Wings West atterrò sulla 24R e rimase in attesa dell'autorizzazione per attraversare la 24L, ma siccome l'equipaggio aveva cambiato per errore la frequenza radio, il controllore non riuscì a contattarlo.
Poco dopo le 18.00, mentre il volo USAir 1493 stava compiendo l'avvicinamento finale a Los Angeles, il Metroliner fu autorizzato dall'ATC a immettersi in pista e a raggiungere la sua posizione di decollo, posta a circa 670 metri dalla soglia della pista, in corrispondenza dell'intersezione 45; nel frattempo, dopo quattro tentativi da parte del controllore locale, finalmente i piloti del volo Wings West risposero alle chiamate e furono autorizzati ad attraversare la pista 24L. Poco dopo lo stesso controllore autorizzò il volo USAir ad atterrare sulla stessa pista ancora occupata dal Metroliner.
Nel frattempo un altro velivolo della Wing West, anch'esso un Metroliner, comunicò alla torre di controllo di essere pronto per il decollo; interrogati in merito alla loro posizione, i piloti risposero di essere dietro a un B737 della Southwest Airlines in attesa di entrare sulla 24L. Siccome la striscia progresso volo per questo aeromobile era ancora in possesso del controllore del movimento al suolo, il controllore locale pensò erroneamente che il Metroliner della Wing West fosse il Metroliner della SkyWest e che quindi la pista 24L fosse libera.
Il volo USAir 1493 toccò terra nei pressi della soglia pista e come il muso dell'aereo si abbassò, il primo ufficiale vide il Metroliner della SkyWest e applicò la massima frenata ma data la distanza ridotta, fu impossibile evitare l'impatto. Il Metroliner fu schiacciato sotto il B737 ed entrambi gli aeromobili scivolarono lungo la pista, terminando la corsa contro una vecchia stazione dei pompieri, dove il piccolo turboelica prese fuoco.
Tutte le 12 persone (10 passeggeri e i due piloti) a bordo del Metroliner persero la vita, così come 20 degli 89 passeggeri, il comandante e un assistente di volo che erano a bordo del B737; complessivamente i feriti furono trenta, tredici dei quali riportarono gravi lesioni. La maggior parte dei decessi a bordo del B737 avvenne tra i passeggeri seduti nella parte anteriore dell'aereo, dalla fila 1 alla fila 6, mentre tutti gli occupanti delle file oltre la 17 rimasero illesi o riportarono solo lievi ferite; ciò dipese dal fatto che l'incendio inizialmente divampò dal Metroliner che era posizionato sotto la prua del B737.
Il primo ufficiale, che era il pilota ai comandi, sopravvissuto, dichiarò di aver visto il Metroliner solo quando il carrello anteriore del suo aereo toccò terra, dopo di che azionò i freni ma la distanza fra i due aeromobili era troppo breve per evitare l'impatto, cosa confermata anche da alcuni dei superstiti.
Il controllore che autorizzò i due aeromobili a utilizzare la stessa pista ammise le sue responsabilità di fronte agli investigatori del NTSB dichiarando che inizialmente credette che il Boeing della USAir esplose a causa di una bomba, poi, realizzando che la causa dell'incidente avrebbe potuto essere un'altra, disse al suo supervisore che probabilmente il Boeing della USAir era entrato in collisione con un altro aereo; a sua parziale discolpa aggiunse che dalla sua posizione non avrebbe potuto scorgere un aereo piccolo come il Metroliner a causa delle luci che si riflettevano sulle vetrate della torre di controllo e che aveva scambiato la posizione di quest'ultimo con quella di un aereo identico.
Gli investigatori accertarono anche che il giorno dell'incidente il terminale del Radar di terra della sua postazione non era funzionante.
Secondo l'NTSB durante l'avvicinamento all'aeroporto i piloti del B737 non riuscirono a vedere il Metroliner perché le sue luci di posizione si confondevano con le altre luci della pista. Sempre secondo il Board, la Direzione del Traffico Aereo dell’aeroporto era da ritenersi responsabile in quanto la gestione delle piste era affidata unicamente ad un controllore.
Fino al giorno dell'incidente presso l'aeroporto di Los Angeles erano utilizzate tutte e quattro le piste indistintamente per i decolli e per gli atterraggi, quindi l'NTSB raccomandò di differenziare l'utilizzo delle piste in modo da non avere decolli e atterraggi sulla stessa pista; ciò fu recepito solamente dopo il 19 agosto 2004 quando fu sfiorato un altro incidente: un Boeing 747 che stava atterrando sulla pista 24L rischiò di collidere con un B737 in attesa sulla stessa pista. Da quel momento le piste esterne (24R e 25L) sono usate per gli atterraggi e le piste interne (24L e 25R) per i decolli.
Dal rapporto NTSB si evince che l’incidente è stato attribuito più che all’errore umano del controllore del traffico aereo - che aveva autorizzato un aeromobile all’atterraggio su una pista occupata da altro aeromobile da lui stesso autorizzato ad allinearsi e attendere l’autorizzazione al decollo - ad errori sistemici e organizzativi che hanno impedito al controllore di avere consapevolezza della situazione di traffico in essere.
Si evidenziano di seguito le probabili cause del disastro così come accertate dal NTSB.
The National Transportation Safety Board determines the probable cause(s) of this accident as follows:
The Failure Of The Los Angeles Air Traffic Facility Management To Implement Procedures That Provided Redundancy Comparable To The Requirements Contained In The National Operational Position Standards And The Failure Of The Faa Air Traffic Service To Provide Adequate Policy Direction And Oversight To Its Air Traffic Control Facility Managers. These Failures Created An Environment In The Los Angeles Air Traffic Control Tower That Ultimately Led To The Failure Of The Local Controller 2 (Lc2) To Maintain An Awareness Of The Traffic Situation, Culminating In The Inappropriate Clearances And The Subsequent Collision Of The Usair And Skywest Aircraft. Contributing To The Cause Of The Accident Was The Failure Of The Faa To Provide Effective Quality Assurance Of The Atc System. (Ntsb Report Aar-91/08)
Probabili cause – Il National Transportation Safety Board ha stabilito che la probabile causa del grave incidente è stata l’omissione da parte della Gestione di Assistenza al Traffico Aereo di Los Angeles di adottare procedure idonee a fornire ridondanza di posizioni operative comparabili a quelle richieste negli Standards per le posizioni operative nazionali e l’omissione da parte del Servizio del Traffico Aereo della FAA di fornire adeguate direttive e supervisione ai propri Dirigenti della struttura di Controllo del Traffico Aereo. Tali omissioni hanno prodotto nella Torre di Controllo del Traffico Aereo di Los Angeles una situazione ambientale tale che in definitiva ha indotto al fraintendimento il Controllore Locale 2 (LC2) nel mantenimento della situazione di traffico, culminato nell’inappropriata autorizzazione e nella susseguente collisione tra gli aeromobili della USAir e della SkyWest.
Concausa del grave incident è stata l’omissione della FAA di fornire una efficace assurance quality al sistema di Controllo del Traffico Aereo. [Relazione del NTSB – AAR-9/08]
IL CONTROLLORE DEL TRAFFICO AEREO AMERICANO NON HA SUBITO CONDANNE IN QUANTO MAI PROCESSATO
Nel corso dell’indagine tecnica gli investigatori di NTSB hanno reso testimonianza sull’elevata professionalità del controllore e sul fatto che anche il miglior professionista, in situazioni organizzative estreme e complesse, può sbagliare.
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COLLISIONE IN PISTA TRA MCDONNELL DOUGLAS MD-87 NOMINATIVO SAS 686 E CESSNA CITATION CJ2, NOMINATIVO D-IEVX
AEROPORTO LINATE 8 OTTOBRE 2001.
Il disastro di Linate, con un numero finale di 118 vittime, è stato il più grave incidente aereo mai avvenuto in Italia, limitatamente alle collisioni al suolo, e superato nel mondo solo dal disastro di Tenerife.
L'8 ottobre 2001 alle ore 08.10 locali un McDonnell Douglas MD-87 della compagnia aerea SAS, nominativo SAS 686, registrato SE-DMA, diretto a Copenaghen, in fase di decollo da Linate entrò in collisione con un Cessna Citation CJ2, nominativo D-IEVX entrato erroneamente nella pista di decollo a causa della fitta nebbia. Dopo l'impatto, l'MD-87 non riuscì a completare la fase di decollo e si schiantò contro l'edificio adibito allo smistamento dei bagagli situato sul prolungamento della pista. L'urto e l'incendio sprigionatosi in seguito non lasciarono scampo agli occupanti di entrambi gli aeromobili, né a quattro addetti allo smistamento bagagli al lavoro nel reparto. Il ritardo dei soccorsi, che entrarono in azione dopo diversi minuti, anche a causa della nebbia, impedì di trarre in salvo molte vittime, che finirono quindi per morire arse vive. Un quinto addetto ai bagagli si salvò, unico sopravvissuto al disastro ustionato sulla quasi totalità del corpo.
Le indagini seguenti rivelarono che nel disastro aveva rivestito un ruolo importante, una segnaletica non adeguata che segnalava ai piloti un'inesistente posizione attesa S-4, la mancanza del Radar per gestire il traffico a terra, i sensori di rilevamento intrusione in pista disattivati anni prima e l’insufficiente percezione del pericolo da parte del Controllore del traffico aereo adibito ai movimenti al suolo. Considerato anche che appena 24 ore prima della tragedia si era sfiorato un incidente con la stessa dinamica, e che già in media una volta a settimana un aeromobile invadeva la pista principale per cause identiche a quelle citate, si preferì un ripensamento dell'intera organizzazione dell’Aeroporto di Linate, che si era rivelato incapace di gestire situazioni causa di incidenti potenzialmente evitabili in un aeroporto moderno.
La mattina dell'8 ottobre 2001 la pista dell'aeroporto di Milano Linate era avvolta da una fitta nebbia che riduceva la visibilità a meno di 100 metri.
Alle 07.54 il pilota del volo SK686 ricevette dal controllore dei movimenti al suolo (Ground) l'autorizzazione al rullaggio dal piazzale nord al punto attesa di CAT 3 via raccordo R4 (v. cartina percorso blu).
Alle 07.59 il controllore GND istruì il SK686 a contattare il controllore arrivi/partenze
Alle 08:01 il pilota dell'MD-87 contattò il controllore TWR. Quattro minuti dopo il Cessna D-IEVX, parcheggiato al piazzale ovest, ricevette dal controllore GND l'autorizzazione al rullaggio; l'autorizzazione istruiva il Citation a rullare verso nord via raccordo R5 e a contattare al punto attesa prima del prolungamento della pista principale (pista 36R, cioè 36 destra).
Il pilota fece una ripetizione non corretta ed incompleta del messaggio ricevuto; egli infatti ripeté che avrebbe richiamato prima di raggiungere la pista principale anziché il prolungamento della pista principale; tuttavia il controllore non diede importanza alla ripetizione non perfetta.
Ripetuta l'istruzione, il pilota del Cessna commise un errore fatale: probabilmente disorientato dalla nebbia e dalla segnaletica inadeguata, raggiunto il bivio R5-R6, anziché procedere a sinistra verso nord (vedi cartina percorso verde), girò a destra e imboccò il raccordo R6 (vedi cartina percorso rosso).
Le scritte dipinte sull'asfalto erano logore e anche con una visibilità ottimale non era immediato distinguere il 5 dal 6 ed inoltre i caratteri usati erano fuori norma. Passato il bivio, nessuna indicazione segnalava su quale raccordo ci si stesse muovendo e quindi il pilota non ebbe più occasione di accorgersi dell'errore commesso.
Alle 08.08 il pilota del Citation, rullando sul raccordo R6, vide una scritta S4, invertita rispetto la direzione del rullaggio, e scambiandola per un punto di riporto, comunicò al controllore GND che si stava avvicinando alla stessa; tale indicazione non era riportata su alcuna mappa e non era a conoscenza né dei piloti, né dei controllori del traffico aereo.
Il controllore GND rispose di mantenere la posizione.
Il controllore GND, che come già detto non era nemmeno lui a conoscenza dell'esistenza di quel punto d'attesa, non capì la comunicazione appena ricevuta. Si persuase quindi che l’S4 fosse un errore del pilota e che il Citation avesse richiamato un punto qualsiasi sul raccordo R5 (percorso verde) e lo istruì quindi a proseguire il rullaggio verso il piazzale nord.
Anziché dirigersi verso il piazzale principale però, il velivolo proseguì sul R6, apprestandosi a invadere la pista 36R senza averne avuto l’autorizzazione.
Contemporaneamente, il controllore TWR autorizzò al decollo per pista 36R il volo SK686.
L'MD-87 si allineò e iniziò la sua corsa di decollo mentre il Cessna entrava in pista in direzione opposta all'altezza del raccordo R6.
Alle 08.10.18, con il muso già alzato e in procinto di staccarsi dal suolo, l'MD-87 si schiantò contro il Citation a una velocità di 146 nodi (270,5 km/h), spezzandolo in tre tronconi e uccidendone i 4 occupanti.
Nell'urto, l'aeromobile perse il motore destro e la gamba destra del carrello principale. Il pilota portò le manette al massimo tentando ugualmente di alzarsi in volo, riuscendoci solo per pochi secondi e fino una quota massima di 35 piedi (12 metri).
La perdita del motore destro e il calo di potenza del sinistro (causata dall'ingestione dei detriti del Cessna) non gli permisero di salire ulteriormente e l'MD-87 ridiscese sulla pista, poggiando sulla gamba sinistra del carrello e sull'estremità alare destra. Il pilota portò dunque le manette al minimo e poi attivò gli inversori di spinta e i freni e provò a governare aerodinamicamente la direzione dell’aeromobile; tale sequenza di manovre, eseguita dal comandante svedese Joakim Gustafsson, venne in seguito giudicata talmente appropriata da essere inserita nei manuali tecnici della compagnia scandinava.
Tuttavia il sistema idraulico era danneggiato, le superfici di controllo rispondevano male e l'aeromobile risultava essere ormai del tutto ingovernabile. Pertanto, terminata la pista, continuò a strisciare sull'erba, curvando leggermente a destra a causa dell'attrito dell'ala a terra, terminando la sua corsa contro il fabbricato del deposito bagagli, posto sul prolungamento della pista, ad una velocità di 139 nodi (257,6 km/h).
L'impatto con l'edificio causò la morte di tutti i 110 occupanti dell'aeromobile; il successivo incendio sprigionatosi uccise poi 4 degli operatori al lavoro nel deposito bagagli e ne ferì altri 4.
Nella ricostruzione e analisi degli incidenti aerei, viene individuata una cosiddetta "catena degli eventi", cioè l'insieme degli episodi che sono stati singolarmente determinanti (o comunque rilevanti) per il verificarsi del fatto. Analizzare la catena degli eventi permette di individuarne e comprenderne le singole concause e aiuta a prevenire il ripetersi dei medesimi errori, modificando la normativa o sensibilizzandone la puntuale applicazione.
L'incidente di Linate è stato esaminato dalla Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo (ANSV), la cui Relazione finale è stata pubblicata il 20 gennaio 2004. Detta Relazione indica come "causa effettiva" dell'incidente l'entrata del Cessna sulla pista in uso; tuttavia rileva chiaramente che la colpa non può imputarsi in modo inequivocabile ai piloti del Cessna, in quanto indotti all'errore anche da oggettive e gravi carenze nelle infrastrutture aeroportuali e nelle procedure utilizzate.
La bassa visibilità presente quella mattina ha di certo avuto un ruolo cruciale; in condizioni di visibilità buone, se anche il pilota del Cessna Citation CJ2 avesse imboccato la pista i Controllori in Torre di Controllo avrebbero potuto vederlo e fermarlo. La visibilità ufficiale il giorno dell'incidente era di 200 metri o anche inferiore (secondo altre fonti dell'ordine dei 100 m), e fu considerata una delle cause.
L'aeroporto di Milano-Linate è uno degli scali passeggeri più trafficati d'Italia, e pertanto l'area dedicata al traffico commerciale era segnalata e illuminata secondo la normativa ICAO; lo stesso non si poteva dire del piazzale Ovest, utilizzato dall'aviazione generale, molto carente riguardo a segnaletica e illuminazione. Al bivio cui si trovò il Cessna, le scritte R5 e R6 dipinte sull'asfalto erano sbiadite e utilizzavano un carattere non a norma risultando poco leggibili, a maggior ragione nella nebbia dell'8 ottobre. Inoltre, superato tale bivio, nessuna indicazione su tutta la lunghezza del raccordo R6 rammentava al pilota la sua posizione; l'unico modo in cui il pilota avrebbe potuto rendersi conto del proprio errore era osservando la bussola magnetica. Sempre sul raccordo R6, il punto d'attesa S4 non era riportato su alcuna cartina, risultando dunque sconosciuto a piloti e controllori di volo.
Il pilota del DIEVX ha di certo commesso l'errore più evidente: istruito a dirigersi a Nord e a percorrere il raccordo R5, ha invece imboccato il raccordo R6 in direzione Sud/Est. Anche l'arrivo a Linate due ore prima era ugualmente avvenuto al di fuori delle regole: sia l'equipaggio del volo D-IEVX sia l'aeromobile non erano certificati per un atterraggio con una visibilità inferiore a 550 metri, ma i piloti avevano deciso di provarci comunque, riuscendo a completarlo.
Se i piloti si fossero attenuti alle procedure, avrebbero dovuto dirottare su un altro aeroporto e alle 08.05 non sarebbero ripartiti dal piazzale ovest di Linate. Dunque, sia la fase di arrivo che quella di partenza sono state condotte al di fuori delle regole, non essendo i membri dell'equipaggio abilitati a volare con quelle condizioni meteorologiche, né l’aeromobile certificato.
L'Autorità preposta alla verifica delle abilitazioni/certificazioni e al rispetto delle norme locali vigenti (Direzione Generale per l'Aviazione Civile - Direzione aeroportuale) aveva mancato di eseguire i necessari controlli nonostante l’irregolare condotta del volo fosse evidenziata da messaggi alla stessa recapitati.
L'aeroporto di Linate era stato equipaggiato di un sistema ASMI (Aerodrome Surveillance Monitoring Indicator) fino al 29 novembre del 1999, data in cui venne disattivato in quanto obsoleto; l'8 ottobre 2001 il nuovo radar di tipo SMGCS (Surface Movement Guidance and Control System) era già stato acquistato, ma i lavori di installazione erano fermi da mesi in attesa delle necessarie autorizzazioni. Il 19 dicembre 2001 il nuovo radar di terra ha iniziato a funzionare e da allora è stato un ausilio essenziale per i controllori di Linate.
Il controllore al lavoro sulla frequenza GND stava sopportando un intenso carico di lavoro, in seguito definito gravoso ed era costretto - data l'indisponibilità di un Radar di terra - a basarsi sui riporti di posizione effettuati dai piloti per determinare la posizione degli aeromobili al suolo. Non aveva quindi modo di accorgersi dell'errore del D-IEVX, che aveva imboccato il raccordo R6 e si dirigeva verso la pista.
La comunicazione effettuata dal pilota del Cessna, riguardante l'attraversamento del punto S4, non riportato sulle mappe aeroportuali ufficiali né conosciuto dagli operatori aeroportuali principali (si ritiene fosse una vecchia segnaletica orizzontale rimasta in eredità da lavori condotti in tempi remoti) era giunto in cuffia del controllore molto attenuato.
Durante il processo di 2º grado si sarebbe scoperto che l'apparato di registrazione radiofonica "RACAL" aveva un sistema di controllo automatico del guadagno che consentiva di innalzare la qualità ed il livello del segnale registrato, ma non di quello inviato in cuffia. Chi ha riascoltato poi le registrazioni, ha potuto quindi godere di una qualità audio superiore rispetto al controllore in servizio.
Per inciso va precisato che l’accurata consulenza fonica di parte che dimostrava quanto appena riferito, scritta da un perito ampiamente qualificato, è stata ignorata al punto che in nessuna delle motivazioni dei tre gradi di giudizio se ne fa menzione.
Il controllore non rilevò nell'anomalia del riporto del punto S4 effettuato dal pilota del Cessna alcun elemento di rischio; è stato riconosciuto alla tesi difensiva che il rumore ambientale, dovuto all'alto numero delle conversazioni in atto, la bassa qualità del segnale audio e la totale ignoranza dell'esistenza del punto S4 in questione, interferirono in maniera importante nel processo mentale seguito dal controllore stesso, il quale istruì i piloti del Cessna a proseguire il rullaggio nella certezza che l'aeromobile si stesse muovendo lungo il raccordo R5.
Va riconosciuto che i piloti del Cessna non avessero mai fatto sospettare di nutrire qualche dubbio riguardo alla propria posizione.
L'evidenza dei fatti documenta che la mattina dell'8 ottobre 2001 il Cessna tedesco rullò consapevolmente sul raccordo aeroportuale che sapeva vietato per l'immissione alla pista di decollo; che non vi fu dunque nessun errore, ma una violazione deliberata delle regole del traffico; che a convincere il Cessna a quella manovra fu verosimilmente la circostanza che a percorrere il raccordo "sbagliato", pochi minuti prima, era stato un altro personal jet, un Gulfstream IV della flotta Mediaset.
Il processo di I grado
Il 16 aprile 2004 fu pronunciata la sentenza di primo grado del processo ordinario che comminò al Controllore del traffico aereo 8 anni di pena detentiva.
Si omette di riferire, per le ragioni di cui in premessa, delle pene comminate agli altri imputati
Il processo di II grado e Cassazione
Il processo di appello ebbe il suo epilogo il 7 luglio 2006, che ridimensionò la pena comminata al Controllore del traffico in 3 anni, confermata dalla Cassazione 20 febbraio 2008.
Si omette di riferire, per le ragioni di cui in premessa, delle pene comminate agli altri imputati.
***
Come sempre accade dopo una tragedia, nuovi regolamenti, infrastrutture e procedure sono stati varati, sia a Linate che nel resto d'Italia, per aumentare la sicurezza degli aeroporti in caso di nebbia.
A Linate fu messa completamente a norma la segnaletica orizzontale; il raccordo R5 è stato rinominato raccordo N (November), dato che si sviluppa verso nord (North); il raccordo R6 ora si chiama K (Kilo). Il punto d'attesa S4 fu cancellato in quanto completamente inutile e su tutto il raccordo furono dipinti, ad intervalli regolari, dei segnali di NO ENTRY ("vietato entrare").
Allo stesso modo, tutti gli altri aeroporti afflitti dal problema della nebbia (come ad esempio Milano-Malpensa, Bergamo-Orio al Serio e Torino-Caselle) sono stati oggetto di importanti migliorie nella gestione dei movimenti al suolo con bassa visibilità.
Il 19 dicembre 2001, a soli due mesi dal disastro, tutti gli impedimenti che avevano ritardato l'installazione del Radar di terra vennero definitivamente superati e la Torre di controllo poté nuovamente avvalersi di tale utilissimo strumento.
A seguito del disastro furono colmate anche molte lacune normative nell'ambito dell'aviazione civile: in data 30 giugno 2003, l'Ente Nazionale per l'Aviazione Civile produsse un Regolamento denominato “Operazioni ogni tempo nello spazio aereo nazionale”; tale Regolamento fu recepito dall'Enav e tradotto il 25 novembre 2004 in un documento intitolato “Disposizioni operative permanenti per le procedure in bassa visibilità”.
Tali disposizioni costituiscono in Italia il codice di riferimento per piloti e controllori del traffico aereo ogni qual volta si verifichi una "visibilità generale inferiore a 800 metri o portata visiva di pista (Runway Visual Range – RVR) inferiore a 550 metri".
Il 5 gennaio 2005 Enav varò il primo Corso LVP - Low Visibility Procedures - Procedure in bassa visibilità) per i propri controllori di volo; le regole LVP comprendono una serie di definizioni e prescrizioni per i controllori che effettuano "operazioni ogni tempo nello spazio aereo nazionale".
Conclusione.
IN ITALIA SI CONDANNA IN PRESENZA DI UNA MANCATA INTUIZIONE DEL PERICOLO DA PARTE DEL CONTROLLORE. NEGLI USA, VICEVERSA, NON SI RITIENE DOVER PROCESSARE UN CONTROLLORE CHE CONFESSA DI ESSERSI DIMENTICATO UN AEREO IN PISTA
A detta della corte di Appello prima e della Cassazione in seguito “Quel che emerge dalla condotta del controllore, fino al drammatico errore nel gestire il rullaggio del CESSNA, è la figura di un professionista adeguato al proprio lavoro. Nella successione dei suoi interventi non c'è la minima traccia di emotività. di nervosismo, di impazienza. La Cassazione ha poi affermato in proposito che:”.. nessun pilota, in condizioni normali e sapendo dove si trovava, avrebbe comunicato alla Torre un riporto che non poteva essere tale…”. Un’espressione che andava intesa per la Corte “…. non tanto come un riporto ..., ma come un vero e proprio segnale di disorientamento, di dubbio sulla propria posizione…” Nell’interpretazione dei giudici supremi di “….fronte all'indicazione di un punto di riporto ignoto, nell'impossibilità di vedere fisicamente l'aereo, nella mancanza dell'ausilio tecnico indispensabile per individuarne la posizione, cioè il radar di terra”, il controllore essendo obbligato ad intuire una situazione di pericolo che probabilmente (come asserito dalla quasi totalità degli operatori) nessun altro sarebbe stato capace di intuire,”…. aveva una sola possibilità ed un solo dovere: fermare subito l'aereo, impedire la prosecuzione del rullaggio fino a quando non ne fosse stata individuata la posizione ".
Quando il contesto organizzativo e l’ambiente infrastrutturale aeroportuale sono inadeguati e non conformi alle norme internazionali e tali da favorire l’errore del pilota, non si può pretendere che – in condizioni di apparente normalità – un operatore di front line possa comportarsi meglio del sistema che egli utilizza.
Ma, ancora una volta, dopo questo ennesimo esame, sostengo che il Controllore del Traffico Aereo di Linate è stato l’unico all’altezza della situazione e che ha fatto fino in fondo il proprio dovere in condizioni ambientali proibitive, che invece nessuno di coloro che ne avevano la responsabilità a livello superiore (locale e nazionale) ha saputo o voluto correggere o interrompere le operazioni di volo, in presenza di condizioni di scarsa visibilità e senza Radar di controllo dei movimenti al suolo.
Per quanto attiene invece il procedimento penale, debbo infine rilevare che proprio colui che avrebbe dovuto orientare il P. M. competente, cioè il perito della pubblica accusa, avrebbe dovuto indirizzare la ricerca di colpevolezza verso ben altri responsabili che non il Controllore incriminato. (Roma, 19/3/2015) - 24 marzo 2015
Dopo l’ennesimo episodio di violenza atmosferica-meteorologica sul nostro territorio (Genova come ultima della serie), ancora non c’è nessuno che si decida a capire le cause reali di questi fenomeni recrudescenti (da noi in precedenza sconosciuti in tale forma) e si dedichi a studiare e ad indicare su quali fronti “aeree” si possa cercar di intervenire per evitare i conseguenti disastri.
Certo la cura e la prevenzione dall’eccessiva cementificazione del territorio sono importanti ed indispensabili (come la pulizia dei letti di fiumi, torrenti e canali) sia come precauzione che come risultato finale, ma anche una miglior conoscenza dei fenomeni climatici mutati aiuterebbe non poco ad evitare catastrofi abbastanza prevedibili.
Ad esempio, una volta negli anni ‘50-’60, nei territori del veronese e limitrofi dove si producono ottimi vini e frutta di ottima qualità, allorquando si accentravano minacciose nubi temporalesche, onde evitare i danni provocati dalla grandine, da apposite postazioni gestite localmente sotto la sorveglianza del Ministero dell’Agricoltura, venivano sparati dei razzi antigrandine che detonavano in cielo e con l’effetto dei loro scoppi riuscivano a provocare delle onde d’urto tali da “aprire le nubi” e ad evitare le deleterie grandinate sui raccolti.
Chissà se qualcosa del genere potrebbe tornare utile (sotto attenta sorveglianza dello Stato) anche ai giorni nostri, contro le famigerate “bombe d’acqua”. In merito sarebbe utile conoscere il parere degli esperti della media e bassa atmosfera, se solo si decidessero di dedicarsi a studiare i nuovi (per i nostri climi) fenomeni meteorologici.
Comunque l’attuale inerzia nel campo dovrebbe essere scossa sull’onda dei danni che sopportiamo da sprovveduti ed incuranti.
Sul tema è utile consultare l’articolo “Possibili conseguenze climatologiche …” pubblicato sul sito www.aerohabitat.eu, www.aerohabitat.org il 6 Ottobre 2014. 13 ottobre 2014
Viste le pesanti conseguenze sopportate personalmente e da gran parte delle popolazioni mondiali in conseguenza delle mutazioni climatiche ed ambientali che si stanno verificando sul nostro pianeta, particolarmente nell’arco dell’ultimo anno, mi accingo a formulare alcune considerazioni su notizie dell’epoca relative all’argomento di cui al titolo che, spero, vengano raccolte da qualcuno che possa approfondirle e commentarle con dati scientifici che siano più validi che non quelli sbandierati all’ONU sul preteso livello di riscaldamento globale dovuto agli esseri umani ed alle loro abitudini di vita, di lavoro e di necessità di mobilità in ogni parte del globo.
Mi accingo pertanto a sciorinare alcune informazioni dalle quali sono partito per formulare le mie ipotesi in merito.
Dai rapporti ufficiali in merito al maremoto (terremoto sui fondali marini profondi che provoca il terribile effetto denominato tsunami) verificatosi il 26 Dicembre 2004 nell’Oceano Indiano con epicentro a pochi chilometri dall’isola di Sumatra (Indonesia) e quindi di poco a Sud dell’Equatore, alla profondità di ben 30 chilometri e che ha fatto registrare una magnitudine massima di 9,3 capace di scatenare un’energia paragonata all’esplosione di 100 milioni di tonnellate di tritolo, si può apprendere che la scossa principale, durata ben 8 minuti ed avvertita dai sismografi di tutta la Terra, sarebbe stata in grado di modificare l’angolazione dell’asse terrestre del valore di ben 1,5 gradi e causato la durata del giorno terrestre di circa 3 microsecondi (valore quest’ultimo abbastanza trascurabile, rispetto al primo).
La violenza di questo sisma è stata tale che gli esperti hanno dovuto registrare un valore inconsueto di magnitudine 9.3. I sismologi hanno paragonato l’evento all’esplosione delle bombe atomiche nella seconda guerra mondiale: la forza del maremoto sarebbe stata di 1 milione e mezzo di volte superiore. Un altro paragone è quello che ha associato l’energia di questo terremoto all’energia liberata dall’esplosione di 100 milioni di tonnellate di tritolo. Una forza davvero enorme, inimmaginabile.
Normalmente l’angolazione dell’asse terrestre rispetto al piano dell’eclittica su cui ruota la Terra era misurato in 66° 33’, ovvero di 23°27’ (in media) sul piano dell’orbita terrestre.
Sempre secondo i comunicati ufficiali dell’epoca, l’asse terrestre sarebbe inclinato a formare un angolo di 27° 5’ rispetto un ipotetico piano ortogonale all’Equatore e lo spostamento dovuto allo tsunami avrebbe spostato l’asse di 2-3 millesimi di secondo d’arco, valore calcolabile in miseri 6-10 centimetri lineari in direzione 140° Longitudine EST.
All’epoca fu dichiarato che nessun cambiamento climatico sarebbe stato rilevato, ma forse si trattò di una conclusione intempestiva !
V’è però da rilevare che nella storia moderna è ricordato un altro evento ancor più forte e d‘impatto maggiore ed è il Grande Terremoto Cileno (Valdivia), verificatosi il 22 maggio 1960, che ha provocato migliaia di vittime. Questo sisma, verificatosi però a 40° di latitudine Sud e che ha fatto tremare contemporaneamente sia la terra sia il mare, ha causato onde da 15 metri, veri e propri palazzi d’acqua. La sua forza (magnitudo 9.5) è stata tale da provocare le oscillazioni libere della Terra e così permetterne per la prima volta la loro misurazione. Ma non esiste nessun dato sull’inclinazione dell’asse terrestre precedente e posteriore a questo sisma.
Per la precisione dobbiamo però anche considerare che un altro movimento millenario della Terra consiste nel mutamento dell’inclinazione dell’asse terrestre. Quest’angolo, che attualmente è di 23°27’, non si mantiene costante nel tempo, ma varia da 24°20’ a 21°55’ con un periodo medio di 40.000 anni. Bisogna però sottolineare il fatto che la scienza ci dice che tale movimento produce importanti effetti sulle condizioni climatiche del nostro pianeta.
Quel che però non sappiamo è se il valore della modificazione dell’angolo d’inclinazione dell’asse terrestre comunicato all’epoca dello tsunami del 2004 sia veritiero.
Comunque, ciò che non viene ufficializzato da nessuna parte, forse per non destare allarmi su quali reali effetti tale fatto possa aver influito sulla circolazione delle masse d’aria che circondano la Terra e che determinano, appunto, l’andamento dei cicli stagionali in dipendenza delle pressioni/depressioni e delle variazioni di temperatura e umidità dell’atmosfera terrestre.
Ma adesso, dopo il clima riscontrato durante l’autunno e l’inverno del 2013/2014 e durante i mesi primaverili ed estivi del 2014, ancora più anomali, perché grondanti umidità e piogge anche violente (oserei dire: tropicali), sarebbe veramente ora che qualcuno s’interessasse dei cambiamenti climatici avvenuti non solo sulla nostra Penisola, ma in tutta Europa e … in tutto il pianeta, trascurando per un momento di attribuire tutta la colpa al famigerato “surriscaldamento globale” provocato dagli esseri umani e volesse invece rivolgere la propria attenzione ai mutamenti avvenuti nella circolazione generale delle grandi masse d’aria, caratterizzate da Alte e Basse Pressioni atmosferiche e ai loro relativi effetti sul clima.
L’attenzione andrebbe indirizzata soprattutto a considerare l’attuale comportamento, nell’emisfero boreale, per esempio, dei venti come gli Alisei e i Controalisei e la collocazione alquanto anomala del (per noi) famoso Anticiclone delle Azzorre, mentre per l’emisfero australe ci sarebbe da studiare l’attuale parziale mutazione stagionale dell’andamento dei Monsoni e loro “parentele climatiche”.
Pertanto, a mio parere, sarebbe ora che, tenuto conto di quanto la realtà climatologia ci ha lasciato finora come brutto retaggio nel 2013 e nel 2014 e che ancora persiste, sarebbe veramente ora che qualcuno si decidesse a dirci la verità su quale sia stata effettivamente la variazione dell’inclinazione dell’asse terrestre e come ciò, se veramente avvenuto, abbia potuto e potrà, in futuro, influire sulla circolazione generale della masse d’aria nell’atmosfera e di conseguenza quale tipo di clima ci si possa attendere, per lo meno per l’immediato futuro, senza attendere la prossima variazione di 40.000 anni ! 6 ottobre 2014
Per poter tornare a discutere del novello Piano Nazionale degli Aeroporti, presentato il 17 Gennaio al Consiglio dei Ministri dal Ministro pro-tempore del settore ed in seguito reso pubblico da una informativa ministeriale, bisogna anzitutto chiedersi ancora una volta se la rete degli aeroporti aperti al traffico aereo commerciale esistente in Italia sia attualmente economicamente sostenibile e quindi veramente utile per il Paese, anche considerandone le peculiarità morfologiche.
Lasciando a malincuore da parte la questione del disinteresse politico che ha visto stremare a suon di tasse e senza alcun sostegno quella che nel dopoguerra era rinata quale culla della rinascita aviatoria italiana:
- l’aviazione minore privata, turistica e sportiva e quindi dei relativi aeroporti e campi d’aviazione, ora sostituita da una semianarcoide VLA aviation, concentriamo la nostra attenzione solamente su quegli aeroporti che servono il traffico aereo commerciale e d’affari e quindi in grado di generare reddito economico per il Paese.
Pertanto, riferendoci esclusivamente agli aeroporti nazionali aperti al traffico commerciale su bacini di traffico produttivi e, beninteso facendo salvi quegli aeroporti indispensabili all’unità territoriale, la risposta realistica al quesito è desolatamente la seguente:
- soltanto parzialmente sostenibile. Difatti solo il 50% delle 34 Società di Gestione certificate da ENAC, che nel 2012 hanno gestito l’attuale rete, sono risultate in attivo.
Infatti soltanto i Gestori dei maggiori scali, cioè quegli 8 che possono vantare un traffico annuale di passeggeri superiore a 5 milioni hanno raggiunto un utile economico.
Altri 12 Gestioni aeroportuali hanno movimentato tra 1 e 5 milioni di passeggeri, ma solo la metà – 6 scali - può vantare dei profitti.
Tra i rimanenti 13 aeroporti che hanno movimentato un traffico passeggeri inferiore ad 1 milione, soltanto 3 non denunciano perdite, mentre di un aeroporto che era in ristrutturazione esiste solo una stima di traffico inferiore al milione.
Volendo analizzare nel complesso la struttura trasportistica del Paese, va rilevato che il principale hub italiano – Roma-Fiumicino – serve appena il 24% del traffico complessivo, per un valore paragonabile solo alla Spagna, mentre Francia con il 42% e Germania con il 29% vantano ben altri risultati.
Questo è un fattore molto importante che dovrebbe far riflettere in merito alla determinazione dei bacini di traffico, proprio se si guarda all’orografia del nostro Paese e dove si deve rilevare che i primi 5 aeroporti nazionali coprono soltanto il 60% del traffico complessivo. Vero che il valzer che si è ballato in Italia fra uno o due hubs, fra City airport e “aeroporto tuttofare” (leggasi Milano-Linate) non ha facilitato né i flussi di traffico dirottatisi verso Monaco e Parigi né le sorti della Compagnia Alitalia prima e Alitalia-CAI dopo. Per cui il rimanente 40% di traffico risulta suddiviso fra tutti gli altri 37 aeroporti esistenti in Italia (isole minori comprese), 34 dei quali gestiti in concessione.
Dunque, a mio parere, per essere sostenibili, gli aeroporti nazionali dovranno mantenere sotto mira in futuro una doppia prospettiva, con un ramo prospettato nel medio-lungo periodo, ma senza mancare uno sviluppo sostenibile della propria capacità infrastrutturale contemperata da un oculato “piano generativo di reddito” ed un secondo ramo di deciso miglioramento della qualità del servizio complessivo di assistenza offerta, adeguato alla necessità di remunerare il capitale.
Particolare attenzione deve essere posta al tema dell’accessibilità agli aeroporti e alle connessioni intermodali, affinché i territori possano trarre i maggiori benefici dallo sviluppo delle attività aeroportuali.
Gli aeroporti devono essere o esser messi e mantenuti sempre in condizione di adeguamento completo e totale agli standard internazionali di SICUREZZA OPERATIVA dell’ICAO, sia all’interno che all’esterno del sedime aeroportuale, così come stabilito dai Regolamenti dell’Unione Europea, divenuti solo teoricamente cogenti in Italia, ma finora in gran parte disattesi o rimandati a tempi migliori.
Concludendo:
- gli aeroporti nazionali aperti al traffico commerciale (sia passeggeri che cargo) saranno economicamente remunerativi e quindi sostenibili (anche con il concorso dello Stato) se in futuro avranno un chiaro e ben definito carattere commerciale nella rete complessiva che si andrà delineando e nel proprio bacino naturale di utenza. Ma, conditio sine qua non, sarà pure la realizzazione delle infrastrutture realmente necessarie per accedervi e per le operazioni in sicurezza, in un contesto di capacità di flessibilità ed automazione, che sia però a misura dell’utente medio.
Non si faccia l’errore di pensare che tutta la popolazione nazionale o la clientela estera sia tutta composta da esperti informatici o da valida gioventù. 23 gennaio 2014
Dopo lunghe ed estenuanti trattative al tavolo della Conferenza Stato-Regioni sul problema degli aeroporti nazionali, sotto esame in nome della “spending review”, secondo indiscrezioni filtrate in ambito dei media, parrebbe che il testo del “Piano Lupi” (… non marsicani, ma del Ministro in carica), questa volta sia stato consolidato a fine Novembre e pronto per iniziare l’iter dell’approvazione definitiva della Conferenza delle Regioni e del parere delle Commissioni parlamentari competenti, per essere infine sottoposto all’adozione sotto forma di decreto del Presidente della Repubblica, per diventare nuova Legge dello Stato.
Il cammino del Piano, nel rispetto della legge federalistica che implica il benestare delle Regioni (spendaccione), è stato tormentato e lunghissimo, ma dopo la “ricognizione effettuata dall’ENAC” sullo stato finanziario e commerciale degli aeroporti gestiti da “Società di gestione”, pare che finalmente nel corrente mese di Dicembre il testo definitivo possa iniziare il suo tragitto finale per l’approvazione.
Personalmente non riesco a rendermi conto del perché di questo nuovo “piano rivoluzionato” rispetto a tutti gli assunti che erano alla base del precedente “Piano Passera”, che a sua volta era basato sullo studio (profumatamente pagato da MIT ed ENAC), commissionato a suo tempo al Consorzio Nomina & Soci. ENAC effettuando ora in proprio questa “ricognizione” ha dimostrato di avere le competenze di saper fare proposte in materia, tanto che i risultati parrebbe siano stati ora accettati da Lupi e dalle Regioni. Quindi la domanda rimane:- era necessario ricorrere tre anni fa al citato Consorzio ?
Di questo nuovo Piano c’è subito da notare che anch’esso, come il precedente, contempla delle categorie di aeroporti con vocazioni specifiche, cioè specializzati nella ricezione di voli all cargo o di low cost oppure (novità !) realtà riconosciute come “city airport”.
Dunque, il nuovo Piano avrebbe sezionato l’Italia (come il precedente) in macro-aree, ma questa volta partendo dall’assunto di pretesi “parametri europei” che stabilirebbero la regola che tra un aeroporto di “rilievo nazionale” [si badi bene, non più di “interesse nazionale” – ndr] ed un altro aeroporto della stessa “rilevanza” intercorra “un percorso stradale in automobile” pari a 2 ore di tragitto” !
Già “parametri europei”, ma per caso non prevedono anche su quali strade, a quali velocità e su quali accessi aeroportuali debba avvenire il tragitto tra un aeroporto di rilevanza nazionale e l’altro ?
E poi:- la ricognizione ENAC del settore avrebbe constatato che, esclusi certi “scali minori” (isole, oppure necessari alla “continuità territoriale) oppure gestiti direttamente da ENAC (di nuovo isole minori), nel nostro Paese esisterebbero 33 Società di gestione aeroportuale, delle quali, lo scorso anno, soltanto 17 hanno chiuso il bilancio in utile e 16 in perdita (non precisata). Più precisamente 13 “scali” hanno movimentato meno di 1 milione di passeggeri, dei quali “scali” ben 10 sono in perdita e solo 3 sono in attivo ! E ancora:- delle 12 Gestioni che movimentano tra 1 e 5 milioni di passeggeri, 6 bilanci sono in perdita e 6 sono in utile ed infine soltanto 8 (con tutti i conti in attivo) hanno servito 5 milioni di passeggeri. Questi i dati nudi e crudi attualmente disponibili.
Ed ora dedichiamoci all’esame dell’essenza del nuovo Piano Aeroporti, che prevede che nemmeno in favore degli “scali” di “interesse nazionale” (secondo la definizione esistente nel Codice della Navigazione, ora definiti nel testo di “rilievo nazionale” !) possano essere devoluti fondi “per interventi sul sedime, ma esclusivamente finanziamenti per infrastrutture materiali ed immateriali a supporto”.
Non riusciamo a comprendere la ratio di questa decisione:- cosa significa ? Forse che non si possano progettare nuove piste sul sedime esistente, oppure che, ad esempio, la Società di gestione AdR che ha presentato un piano di espansione del sedime verso Nord, in zona Maccarese, per realizzare nuove piste ed aerostazioni e per poter adeguare l’aeroporto attuale ai traffici previsti per il decennio 2020-2030 non potrà più dar vita al progetto di adeguamento ? Ma forse una nuova Cappella aeroportuale sì?
Per quanto concerne gli altri “scali” [riterrei che si vogliano indicare le Società di Gestione dei rimanenti aeroporti – ndr] tutti (o tutte) possono rientrare nella categoria di “rilievo nazionale”, però solo dopo aver presentato e vedersi approvato (da ENAC ?) «un rigoroso piano industriale corredato da un altrettanto coerente piano finanziario».
Insomma i gestori dovranno dimostrare di confidare su di una realistica capacità di crescita del traffico [ma senza incentivarla a proprie spese, si badi bene – ndr] e di poter raggiungere in tempi ristretti l’equilibrio economico-finanziario di gestione [crisi economica e tasse permettendo – ndr].
Tutto ciò, ben inteso, sotto stretta e periodica sorveglianza esercitata, novità assoluta, dalla Direzione Generale del Traffico Aereo del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. E l’ENAC, dalla revisione codicistica del 2005 definita Autorità di regolalamentazione tecnica, certificazione, vigilanza e controllo – Art. 687 – Amministrazione dell’Aviazione Civile - che dirà ? Torniamo ai conflitti di competenza dell’inizio anni 2000 ?
Infine, dei rimanenti aeroporti non gestiti né dall’ENAC né da società di gestione, per ora in numero indeterminato tra i 101 impianti aeroportuali o campi di volo per l’aviazione generale annoverati esistenti in Italia negli almanacchi aeronautici, quale il destino e quali le regole ?
I misteri aeronautico-finanziari dell’Italia alla fine del 2013 per il momento permangono tutti !
Tempi da Lupi ! 14 dicembre 2013
Considerazioni del Com. te Renzo Dentesano, ricavate da dati disponibili in un articolo di AirPress “Mensile sulle Politiche per l’Aerospazio e la Difesa”.
In un ‘Italia in disfacimento politico, sociale e … idrogeologico, in cui tra “nostrani” e stranieri si fa a gara per mandarla definitivamente a picco, con piena coscienza del misfatto in fieri, c’è anche chi, proprio nel Governo, per somma incapacità ed ignoranza della res publica, s’inventa, con il “concerto” delle Regioni, qualcosa che è soltanto una “spending review all’incontrario” nel settore delle Infrastrutture e dei Trasporti.
Risultato:- Nel “Libro della competitività internazionale 2013-2014” del World Economic Forum - WEF, tenutosi a Ginevra, l’Italia è classificata al 73mo posto nel mondo per la qualità percepita delle infrastrutture aeroportuali esistenti !
Questo è il peggior risultato nel settore nazionale del trasporto pubblico, che già totalmente non va affatto bene (eufemismo !), come è dimostrato da un ben preciso indicatore economico, che già pone il nostro disastrato Paese ben molti gradini al di sotto di quel 49mo posto in cui ci colloca l’indice di competitività globale.
Anche volendo rimanere nell’ambito esclusivamente europeo, nell’indice di qualità complessivo del settore aeroporti, vediamo che al 4° posto mondiale si colloca l’Olanda, al 7° la Svizzera, all’8° la Germania, al 10° la Francia e all’11° la Spagna. Nel settore della dotazione infrastrutturale non limitata agli aeroporti, la Spagna si piazza di gran lunga davanti all’Italia, per l’utilizzo intelligente (e senza “creste mafiose”) dei fondi elargiti dall’Europa, capacità dimostrata perfino dal Portogallo, il quale, ad esempio, per la qualità delle strade è quarta al mondo !
Quasi prevedibile e perfino intuibile che al primo posto, in tema aeroportuale, si trovi una piccola città-Stato come Singapore, hub aeroportuale considerato il migliore del mondo, poi un’isoletta come Hong Kong e quindi i ricchissimi Emirati Arabi.
Tornando all’Italia, essa risulta soltanto 53 mª per quanto riguarda l’intera dotazione infrastrutturale, 67 mª per i porti, 55 mª per le strade e 29 mª per le ferrovie !
Quanto proviene da questo rapporto ufficializzato a Ginevra dal WEF deve pesare come un macigno sulla coscienza di tutta la classe politica e dirigenziale italiana, ma in particolare su quella del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e di quello staff di ministeriali ora chiamati a definire il Piano Aeroportuale Nazionale – PAN, dopo gli incontri “interessati” avvenuti con le Regioni , come voluto dalla nostra “intoccabile” Carta Costituzionale.
Quella illustrata da questo rapporto del WEF ed interpretata dallo scrivente è la tragica realtà del sistema Paese in tema di Infrastrutture e Trasporti, per non parlare di produttività! 22 novembre 2013
Si è recentemente conclusa una campagna di esperimenti organizzata da tre partners (esayJet, vettore inglese, Airbus Industries e Nicarnica Aviation) e la partecipazione dell’Università di Dϋsseldorf volta a concludere un annunciato periodo di test della tecnologia AVOID (Airborne Volcanic Object Identifier and Detector), per il rilevamento in tempo reale della cenere vulcanica da parte di un aeromobile in volo.
Il sistema Avoid, creato dal dottor Fred Prata di Nicarnica Aviation (Norway), utilizza tecnologia ad infrarossi integrata sull'aeromobile per fornire le immagini a piloti e ad un centro a terra di controllo. Le immagini consentiranno ai piloti in volo di crociera di vedere la nube di cenere da un massimo di 100 km di distanza dall'aeromobile e ad altitudini comprese tra 5.000 e 50.000 piedi, permettendo loro di apportare aggiustamenti alla rotta per evitare qualsiasi nube di cenere. Il concetto è molto simile a quello dei radar meteorologici, che vengono utilizzati su tutti gli aeromobili commerciali.
Per il test finale è stato utilizzato un aeroplano cargo militare A340-300M di Airbus che ha provveduto a spargere nell’atmosfera, fra i 9.000 e 11.000 piedi (2.700 - 3.350 m) di quota, una tonnellata di cenere vulcanica proveniente dall’Irlanda (precedentemente opportunamente trattata ed essiccata come polvere di talco dall’Istituto di Scienze della Terra di Reykjavìk), simulando in scala molto ridotta quanto era avvenuto durante l’eruzione del vulcano Ejafjallajökull del 2010, che aveva per lungo tempo paralizzato i voli in tutta Europa.
Un altro aeromobile commerciale di Airbus con a bordo la tecnologia AVOID, un A 340/300, ha volato nei dintorni della nube cinerina così prodotta, rilevandola e misurandone le caratteristiche da una distanza di 60 km (32.4 NM).
Il sensore di AVOID avrebbe identificato la nube di cenere, inizialmente visibile anche ad occhio nudo dagli sperimentatori, ma presto dissipatasi, e ne ha misurato la densità, risultata essere della consistenza di 0,1 ed 1 g. per m², con concentrazioni comprese tra 100 e 1.000 µm (micromètri) per m., ovvero con una concentrazione [esclusivamente di polvere fina – ndr] simile a quella misurata durante l’eruzione del citato vulcano.
La nube artificiale così prodotta per il test aveva una profondità in altezza compresa fra 600 e 800 piedi (180-240 m) ed un diametro di 2,8 km.
La nube è stata attraversata da un piccolo aeroplano, un Diamond DA-42 dell’Università citata, che, opportunamente equipaggiato con i necessari sensori, ne ha a sua volta rilevato i parametri per confrontarli con quelli misurati da AVOID.
Fin qui la notizia.
Il progetto e la sperimentazione del sistema di rilevamento delle ceneri vulcaniche nasce nel 2012 dalla mente del dottor Fred Prata di Nicarnica Aviation (UK) ed utilizza tecnologia a raggi infrarossi, integrata a bordo dell’aeromobile, per fornire ai piloti la possibilità di individuare eventuali nubi vulcaniche vaganti nell’atmosfera anche in assenza di allerta meteo provenienti dagli appositi Centri di Ash monitoring costituiti nel modo. L’elaborato di tale rilevamento sarà presentato in immagini su di uno schermo, come attualmente avviene per le rilevazioni meteorologiche dei radar di bordo e ritrasmesse a terra ad appositi Centri di Controllo.
Le immagini della tecnologia di questo tipo promette di consentire ai piloti di vedere le nubi di cenere vulcanica fino ad un massimo di 100 km (54 NM) di distanza, ad altitudini comprese tra 5.000 e 50.000 piedi (1.500-15.000 m).
Ciò dovrebbe consentire ai piloti di apportare i necessari aggiustamenti alla loro traiettoria di volo per evitare l’incontro con le ceneri vulcaniche con anticipo massimo di circa 7 minuti per gli aeroplani che volano a velocità di circa 800 km/h.
Insomma tutto il concetto del sistema è molto simile a quello dei radar meteorologici di bordo che sono installati su tutti gli aeromobili commerciali.
A terra poi, anche grazie le informazioni provenienti dagli aeromobili equipaggiati con la tecnologia AVOID, che potranno integrare le informazioni sulle eruzioni vulcaniche dei satelliti utilizzati dalla rete mondiali di avvistamento e di tracciabilità delle colonne di ceneri vulcani vaganti nell’atmosfera, si potranno costruire immagini accurate delle nubi di cenere vulcanica, utilizzando dati per l’aggiornamento delle cognizioni in materia in tempo reale.
Tutto ciò dovrebbe consentire di mantenere volabili vaste aree di spazi aerei che altrimenti verrebbero interdette alle operazioni di volo, con palesi vantaggi per il traffico aereo che non dovrebbe più dover patire interruzioni o divieti di volo.
Alcune doverose considerazioni:- Ecco, la tecnologia così presentata, sembra molto promettente, ma come tale va ulteriormente esplorata, certificata e resa vieppiù matura, attraverso esperimenti e test ben più estesi e probanti di quelli meritoriamente fin qui effettuati.
Sebbene sia doveroso tener conto del successo di questa prova, ma data la quota e l’area di dispersione ovviamente limitata utilizzata in questo esperimento il significato dev’essere considerato piuttosto limitato e sebbene la concentrazione di cenere nell’atmosfera sia risultata in breve tempo molto blanda, tanto da poter far rischiare l’attraversamento della nube da parte di un piccolo bimotore (con motori a pistoni), l’indubbio rilevamento effettuato fino ad una distanza di 60 km in aria chiara e in atmosfera non contaminata da eccessiva umidità, dovrebbe far riflettere sui rischi che questo esperimento sia ritenuto definitivamente probante.
Ecco perché mi chiedo perché far correre rischi al personale utilizzato a bordo del piccolo bimotore, quando sono esistenti quegli Unmanned Vehicles, in italiano identificati come APR, che scalpitano in tutto il mondo, promettendo meraviglie, perchè manovrati da terra senza far correre pericoli a piloti in carne ed ossa, che opportunamente equipaggiati con sensori, dovrebbero appunto essere adattissimi per effettuare questo genere di rilevamenti all’interno delle nubi di cenere vulcaniche. Però mi viene da chiedere se proprio tutti gli APR, per le loro caratteristiche costruttive, sarebbero in grado di penetrare nubi di cenere vulcanica magari occultate da vere nubi (magari temporalesche) come invece è già avvenuto in qualche caso nelle esperienze dell’aviazione commerciale.
Rimane comunque un fatto molto strano che proprio in questo caso sperimentale e relativamente facile non sia utilizzato qualcuno di quei “droni” dei quali si decantano meraviglie d’impiego senza rischi per gli esseri umani e poi non si usano quando servirebbero davvero ! 20 novembre 2013
Mentre son circa tre anni che il processo della “spending review” riguardante gli aeroporti civili italiani va avanti e indietro come la nausea che coglie i contribuenti italiani a sentir parlare e … “farneticare” di Piani prodotti e commissionati in ogni dove, ecco che perfino un mensile come “FOR MEN MAGAZINE”, ben lontano dalla politica e dai problemi degli aeroporti civili italiani, nel suo numero di Luglio (capitatomi per caso fra le mani) ha dedicato un proprio editoriale dal titolo “C’è un nuovo aeroporto civile dove gli aerei non atterrano e non decollano”.
Incuriosito dal titolo ho preso a leggerlo, perché mi ricordava qualcosa di molto simile, che ho seguito per almeno un paio d’anni:- quello dell’Aeroporto… che non c’è, ovvero del prospettato aerodromo civile di Viterbo, nato dalla fantasia di certi faccendieri locali, spalleggiati da uno dei nostri “Commissari a vita” esistenti nell’Aviazione Civile italiana, tollerato dall’indifferenza della Magistratura locale, ma fortunatamente stoppato a tempo dall’impegno di alcuni cittadini onesti, con in testa l’encomiabile Direttore del quotidiano “La voce di Viterbo”.
Dunque l’editoriale del citato Magazine sta proprio ad indicare che il problema del costo di bilancio degli aeroporti improduttivi dell’Aviazione Civile italiana esiste ed è un problema sentito e reale perché, come altri balzelli ingiustificabili, sta succhiando risorse finanziarie necessarie per ben altri sviluppi di cui la Nazione necessita, di questa Nazione già oberata da altri problemi.
Sul citato Magazine, dal quale ho stralciato i passi che riproduco, scrive “il nientologo” (come si firma l’Autore):- «Ho letto di un aeroporto inaugurato qualche settimana fa a Comiso. Un aeroporto molto bello. Mancano solo gli aerei. Quelli che atterrano e decollano. Nessun accordo con alcuna compagnia al momento del taglio del nastro tricolore. Il nastro, ovviamente, c’era … anche le forbici per tagliarlo ! … Puntualmente sono state pubblicate notizie su una quantità di strutture simili. Belle e grandicelle, ma all’apparenza inutili, mai abitate o abbandonate. … Scrivo una lettera di protesta ? Ma a chi ?? … È un po’ questo il problema ! Un problema di distanza. Bisognerebbe aprire degli “Uffici Reclami” un po’ dappertutto. Questi uffici dovrebbero contenere a rotazione i destinatari veri e propri dei reclami stessi. Quello lì. Quello che ha preso la decisione di mettere un aeroporto senza voli, quello che ha “gabolato” [sic ! –ndr] sulla nota spese, quello che, in buona sostanza, ti dovrebbe rappresentare e poi magari si dimentica … Se, per esempio, non sai fornire le spiegazioni utili a chi chiede come mai è stato realizzato un aeroporto senza voli, potresti prendere una multa pari al costo di un aereo da far rullare sulla pista … Non hai soldi ? Benissimo. Vorrà dire che andrai a scaricare gratis dei bagagli (senza svaligiarli, eh!) in un aeroporto che funziona ! Ma sappi che non avremo Uffici Reclami, ma solo reclami, i nostri, bloccati in gola !».
Ecco un esempio di come viene recepito dal contribuente italiano medio il funzionamento della nostra Aviazione Civile !
Figuriamoci poi se torneremo a parlargli di fare un aeroporto civile commerciale a Viterbo o a Grazzanise, su piste quasi inesistenti o con enormi problemi di strutture operative, senza aerostazioni e senza accessi a tali strutture che siano praticabili da servizi pubblici, ma ancora da costruire in un … lontano futuro, come sta ancora accadendo su tanti, troppi aeroporti commerciali già esistenti e “funzionanti” all’italiana …
E poi, se su molti di questi aeroporti già esistenti e “funzionanti” all’italiana sono carenti le applicazione di TUTTE le norme di sicurezza operativa, interne o esterne al sedime che siano, oppure quelle di pronto soccorso e salvamento nei possibili casi d’incidenti perfino minori, che dire di più ? Basta citare il caso di Palermo Punta Raisi per il quale il fortunato (nell’esito) incidente del Airbus A. 319 di WindJet del 24 Settembre 2010, del quale non è stata ancora conclusa neppure l’inchiesta tecnica di sicurezza aperta da parte dell’Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo al fine di conoscerne le cause e provvedere a prevenirne il ripetersi, … allora, altro che di “Uffici Reclami” presidiati a turno da parte dei Responsabili di questo degrado delle amministrazioni dello Stato ci sarebbe bisogno !
Presidenti di ENAC e di ANSV forse vi fischiano le orecchie ? 22 ottobre 2013
Soltanto alla fine del mese di Settembre si è potuto apprendere che il Ministro Lupi ha presentato al Consiglio dei Ministri copia del suo programma delle infrastrutture strategiche riguardanti il Piano Nazionale degli Aeroporti, denominato “Allegato Infrastrutture”, destinato nelle sue intenzioni a far parte del Documento “Economia e Finanza”.
Tematica, quella del citato Allegato, è sempre quella sulla quale il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Maurizio Lupi ha lavorato, nell’apposita cabina di regìa istituita presso il MIT, fin dall’inizio della sua nomina, allo scopo di concretizzare un piano aeroportuale nazionale, condiviso però dalle Regioni (che avevano contestato il precedente “Piano Passera”), ma sulla base dello “Studio” vantato da ENAC.
Dunque, il programma, secondo il Ministro, sarebbe «fondamentale per la definizione della rete aeroportuale nazionale», rete che dovrebbe risultare strategicamente composta dalle seguenti infrastrutture aeroportuali:-
aeroporti delle reti “Core Network” e “Comprehensive Network”, contemplati dalla Rete Trans Europea dei Trasporti dell’Unione Europea;
dalla rete nazionale, che sarebbe completata da quegli aeroporti [la novità rispetto al Piano Passera - ndr] in grado di garantire le copertura delle esigenze socio-economiche del territori, garantendo ai cittadini parità di accesso al diritto di mobilità;
da quegli aeroporti che assicurano il soddisfacimento del princìpio di continuità territoriale [isole maggiori e minori, ecc. - ndr].
Inoltre il programma contempla l’attuazione dei Regolamenti europei del “Cielo Unico SES II°”, Regolamenti che richiedono lo sviluppo della capacità degli aeroporti «secondo standard di servizio» per la clientela.
Infine, il piano varato, basato sugli elaborati ENAC (secondo pretesa del Presidente Riggio) a sua volta contenente lo “Studio” commissionato tre anni fa al “Consorzio One Works, KPMG, Nomisma”, includerebbe anche «una serie di interventi per opere mirate al miglior accesso di impianti aeroportuali del Paese», quali, in particolare, quelli di Linate, Malpensa (ancora !), Venezia, Bologna, Pisa/Firenze, Fiumicino, Napoli-Capodichino, Bari, Lamezia, Catania, Palermo e Cagliari.
In conclusione, non più alcun accenno alla distinzione fra aeroporti nazionali “produttivi” ed “improduttivi”, così come era previsto dal “Piano dell’ex Ministro Passera”, concepito in base al princìpio della “spending review” (allora di moda), che contemplava la distinzione appunto fra aeroporti da mantenere anche con interventi finanziari da parte dello Stato e quelli “abbandonati” a carico delle Regioni che volessero tenerli in vita.
Ma quel che, a parere dello scrivente, è più grave di tutto, una volta abbandonato il princìpio della “spending review” da parte del Ministro del Governo Letta, risulta il fatto che in tutto il Piano ora sottoposto all’approvazione di un prossimo Consiglio dei Ministri, Piano definito di «competenza diretta ed indiretta del MIT», è la constatazione che in tutto il programma previsto dal Piano non ci sia né un pensiero, né una parola dedicati a garantire che gli aeroporti nazionali aperti alle operazioni del traffico commerciale del Trasporto Aereo debbano essere o esser messi e mantenuti sempre in condizione di adeguamento completo e totale agli standard internazionali di SICUREZZA OPERATIVA dell’ICAO, sia all’interno che all’esterno del sedime aeroportuale, così come stabilito dai Regolamenti dell’Unione Europea, divenuti cogenti in Italia, ma finora in gran parte disattesi.
Adesso, ai primi di Ottobre, apprendiamo che i Presidenti delle Commissioni Trasporti e Lavori Pubblici, rispettivamente di Camera e del Senato – intervistati dal settimanale di Aviazione Air Press sulla questione del Piano Nazionale degli Aeroporti – PNA -, mentre entrambi plaudono all’iniziativa di nuova impostazione del Ministro Lupi del MIT, definendola «un traguardo atteso da 20 anni», annunciano che attendono di audire presso le rispettive Commissioni parlamentari le conclusioni cui sia giunto il Ministro competente.
Sempre i due Presidenti, concordemente riconoscono che «con il passar degli anni si sono costruiti troppi “scali” [intendendo dire “aeroporti”, perché “scali” possono essere solo quelli insediati in coabitazione successiva su aerobasi militari – ndr], determinando una crescita della spesa senza che si ravvisassero utilità di carattere generale per la crescita del Trasporto Aereo» e quindi si occupano e preoccupano solo del contenimento delle spesa da parte dello Stato, ma niente affatto della qualità di sicurezza degli aeroporti nazionali.
Affermano ciò sempre «tenendo in debita considerazione il rapporto costi -benefici», ma continuando anch’essi ad ignorare che quasi tutti gli aeroporti italiani (inclusi quelli “scali” con sede su aeroporti militari) non sono completamente ottemperanti con le norme di sicurezza operativa per gli impianti aeroportuali dettate dagli standard dell’ICAO e dei Regolamenti europei in materia.
Vedremo se durante le audizioni in programma qualcuno ne terrà conto ! 14 ottobre 2013
Eh, sì ! Purtroppo ci risiamo con le velleità regionalistiche e campanilistiche di voler avere dovunque un aeroporto (anche se improduttivo !) ad ogni costo, anzi, meglio:- a costi dello Stato, che ritorna ad essere il soggetto da mungere (e con esso i contribuenti tutti!).
Tutto questo per mantenere in vita o costruire nuovi aeroporti (vedasi il relativamente recente caso di Comiso !) che hanno poco o nullo traffico commerciale e molti dei quali, per di più, non sono in regola con le norme di agibilità in sicurezza dettate dall’International Civil Aviation Organization – ICAO. Norme che sono in vigore per tutelare la sicurezza sia dei viaggiatori per via aerea che quella degli abitanti delle zone limitrofe agli aeroporti. Zone cresciute, dal dopoguerra ai giorni nostri, disordinatamente ed in barba alle leggi nazionali ed europee sulla sicurezza e sul rumore sopportabile da parte dei neoresidenti.
Aeroporti, per lo più, concettualmente concepiti intorno ad un secolo fa e mai adeguati alle norme di salvaguardia delle attività dell’Aviazione Civile commerciale, come evolutasi nel tempo, che imponevano il rispetto di vincoli al suolo sia entro i sedimi aeroportuali che all’esterno di essi, per cercar di mantenere i dovuti margini di sicurezza per la popolazione residente.
Adesso, dal settimanale Air Press n. 34 del 9 Settembre, apprendiamo che sul “Piano aeroporti:- il Ministro Lupi accoglie le istanze delle Regioni”, che, contrarie al Piano di contenimento della spesa pubblica, si son fatte avanti in forze al tavolo delle trattative Stato-Regioni, reclamando la revisione dei concetti alla base dell’Atto di indirizzo in argomento lasciato in eredità al nuovo Governo dal precedente Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Corrado Passera.
Di fatto, durante i mesi di Luglio, Agosto e Settembre, presso il MIT e sotto la pressione delle Regioni che hanno adottato un altro Piano elaborato da ENAC, o meglio, lo Studio appositamente commissionato tre anni fa al Consorzio Nomisma, KPMG e pagato dal MIT, alcune sembrano essere state accolte e che prevedono di attribuire allo Stato le spese di adeguamento e gestione di diversi aeroporti non d’interesse strategico.
Insomma, da quanto finora prodotto in quelle riunioni, sembra che venga proposto ed accolto il passaggio da un “categoria” ad un’altra di diversi aeroporti, che non sono in regola né con le norme per la sicurezza dei voli dell’ICAO, né con quelle della UE.
Dunque, da parte dello scrivente, che non ha nulla contro gli aeroporti in genere, un parere di dissenso tecnico e di critica soltanto verso quelli non adeguati alle norme di sicurezza vigenti e quelli cronicamente improduttivi che vogliono campare ancora a spese dello Stato, perché le Regioni che li ospitano o che li richiedono non sono in grado di far fronte alle spese della loro esistenza improduttiva e quindi pesano a carico di tutti i contribuenti e non solo di quelle Amministrazioni regionali che ritengono di poterseli permettere.
Ecco un altro bel regalo dall’instabilità ed incapacità politica a governare un Paese come il nostro !
Ma adesso pare che su questo tema il Ministro voglia indire una “pubblica consultazione”, sperando che non sia un’altra manovra per continuare a lasciare le cose così come stanno finora ! 1 ottobre 2013
ANSV apre altre due investigazioni, una per incidente e una per inconveniente. Ma gli investigatori sono in numero sufficiente?
(estratto da AEROHABITAT)
Il sito web dall'ANSV segnala con regolarità l'apertura di investigazioni riguardanti gli incidenti aerei come previsto dall'apposita normativa. Le due più recenti …… omissis
[21 Agosto e 20 Agosto 2013 – nota del commentatore].
Sono due investigazioni che si aggiungono alla tante ancora aperte (ma quante sono?) ed in attesa di una qualche relazione intermedia e o finale. Aerohabitat ha spesso rilevato il ritardo di alcune di queste Relazioni finali evidenziandone anche la mancata chiusura nell'arco temporale dei 12 mesi previsti dalla normativa.
Quello che tuttavia Aerohabitat non ha segnalato è il numero degli investigatori in organico per l'espletamento di questa fondamentale competenza. Redigere qualificate ed inoppugnabili relazioni nel periodo prestabilito: assicurare una sicurezza preventiva (proattiva) nel critico e vulnerabile settore dell'aviazione civile commerciale italiana.
E' un traguardo perseguito e realizzato? Non siamo in grado di commentare quanto avviene nella palazzina di via Attilio Benigni, 53 a Roma. Disponiamo solo del Rapporto informativo annuale, delle Relazione conclusive e delle Raccomandazioni di sicurezza presentate. Dovremmo disporre di altri dati.
Uno di questi è il seguente: quanti sono gli investigatori operativi? Quante investigazioni devono seguire? Quanti di questi sono piloti, quanti controllori di volo, quanti ingegneri? Su determinate investigazioni operano in team, o un ex controllore di volo deve indagare su un incidente prettamente per esperto pilota senza un adeguato supporto specialistico? Aerohabitat pensa che questi siano interrogativi che abbisognano di una qualche risposta. mercoledì 28 agosto 2013.
Commento del Com.te Renzo Dentesano.
Dunque, molto tempestivamente, Aerohabitat propone puntualmente una delle pecche più evidenti e preoccupanti per la sicurezza proattiva dell’Aviazione Civile italiana, che affliggono l’Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo, istituita (finalmente) nel 1999 anche in Italia con D. Lg n. 250, in base alla Direttiva 94/56 CE del Consiglio della Comunità Europea. Agenzia che, fin dalla sua nascita, soffre proprio della carenza delle due materie prime essenziali per il suo funzionamento:- la pecunia (in parole povere i finanziamenti da parte del Governo) e numero e qualità degli Investigatori.
Di entrambe le carenze, dalle pagine di Aerohabitat che ci ospita, ci siamo occupati più volte, con segnalazioni rivolte a diversi Capi di Governo succedutisi negli anni e addirittura siamo arrivati ripetutamente ad esortare l’attuale Presidente Prof. Bruno Franchi a dare le dimissioni dall’incarico in segno di pubblica protesta per non esser messo in condizione di esercitare il mandato per il quale è stato scelto e ripetutamente confermato.
Purtroppo non siamo mai stati ascoltati e ce ne dispiace, perché a soffrirne è proprio quel compito essenziale che viene a cadere sulla responsabilità di tutti coloro che rappresentano lo Stato italiano a fronte della nostra adesione ormai sessantennale all’Organizzazione dell’Aviazione Civile Internazionale, conosciuta meglio con la sigla dell’acronimo inglese ICAO, e più precisamente in merito a quanto è prescritto nell’Annesso 13 “Aircraft Accident and Incident Investigation” e che viene puntualmente ricordato da Aerohabitat nel testo pubblicato in data 28 Agosto e che abbiamo solo parzialmente riprodotto, in quanto, fortunatamente, riguarda due casi che non hanno dovuto contare vittime, ma soltanto danni al materiale.
La conseguenza primaria di tutto ciò colpisce proprio quella che è la principale ragion d’essere dell’Agenzia, come postulato universalmente dall’ICAO:- La prevenzione nel campo della sicurezza del volo nell’Aviazione Civile, che si concreta in accurate ma rapide investigazioni di “accident” e “incident”, sia attraverso le Raccomandazioni di sicurezza nel corpo del “Final Report” che, quando utile, con l’emanazione di Interim Reports allo scopo di informare tutti gli addetti del settore ed il pubblico sul procedere degli accertamenti necessari a determinare le cause degli eventi aeronautici e con ciò tenendo desta l’attenzione sui possibili pericoli delle attività connesse con le delicate attività del volo in generale e del trasporto aereo in particolare. Attività quest’ultima che solo in tal modo riesce a garantire quell’elevato livello di sicurezza che è vanto dell’Aviazione Civile internazionale.
Ecco, quanto paventa Aerohabitat con la pubblicazione dei suoi quesiti nell’articolo di riferimento, in Italia avviene spesso proprio per le carenze segnalate e sottolineate anche dallo scrivente, che pure ha avuto anche negli anni più recenti l’ardire di rivolgersi all’attenzione di alcuni Presidenti del Consiglio dei Ministri, per segnalare loro (ahimè, senza alcun esito !), che nella loro qualità di garanti della vigilanza sull’operato dell’Agenzia e secondo l’obbligo di trasmettere al Parlamento il Rapporto informativo annuale sull’operato dell’Agenzia, proprio in virtù del D. Lg 66/99 istitutivo dell’Agenzia stessa, invitandoli caldamente ad intervenire in questa situazione che ci vede inadempienti non solo nei confronti dell’ICAO, ma anche nei confronti della U. E.- Ma, quel che più conta, nei confronti di coloro che potrebbero avere salva la vita, è la prevenzione che può essere garantita solamente da un regolare e non ritardato funzionamento dell’ANSV.
Con questo nuovo richiamo al senso di responsabilità di chi ci governa e che deve comunque assicurare un corretto funzionamento dell’Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo, mi unisco all’allarme lanciato da Aerohabitat, con i quesiti finora senza risposta, che da tempo proponiamo su queste pagine.
Questo se non vogliamo versare lacrime di coccodrillo dopo il prossimo malaugurato incidente, magari fotocopia di qualcuno di quelli accaduti in passato.
A coloro che obiettano che la sicurezza ha un costo, propongo di pensare, se ne sono capaci, qual è il costo totale di un sinistro del Trasporto aereo, sia in termini di vite umane che di conseguenze morali e materiali, incluse, purtroppo, quelle che ne conseguono, di Giustizia sia in termini di indagine penale e processuale, che di doverosi risarcimenti. 2 settembre 2013
Esimio Professor Franchi,
mi rivolgo a Lei che, nella Sua qualità di Presidente di ANSV e di docente di diritto aeronautico all’Università, ha così ben “pontificato” all’annuale Convegno dell’Università di Modena lo scorso fine Giugno, spiegando al colto uditorio la sua versione della novella apportata all’ordinamento aeronautico dall’entrata in vigore nei Paesi comunitari dal Regolamento UE n. 996/2010 del 20 Ottobre 2010.
In merito però sono costretto a farLe osservare, per amor di verità, che, oltre a quanto Lei ha volutamente tenuto a sottolineare nella Sua relazione riguardo al Regolamento UE 996, esiste anche qualcosa di molto più importante ai fini della sicurezza del volo e che Lei ha omesso di citare e di commentare in quanto tali disposizioni andrebbero a suo disdoro e segnatamente, in campo internazionale e nazionale, a quello dell’Agenzia da Lei presieduta.
Infatti dovrebbe esserLe ben noto quanto l’art. 16 “Investigation Report” del Regolamento comunitario in questione, al comma 1, chiaramente indica:- «Ogni investigazione [non “inchiesta”, Professore ! –ndr] di sicurezza dovrebbe concludersi con una “relazione” in formato appropriato al tipo ed alla serietà dell’accident o del serious incident. Omissis……». In materia, il Regolamento (commi 6 e 7 dello stesso articolo) prosegue stabilendo altrettanto chiaramente che:- «L’Autorità incaricata dell’investigazione [e non “inchiesta”, che è quella giudiziaria, Professore – ndr] dovrebbe rendere pubblica una relazione finale nel più breve tempo possibile entro 12 mesi dalla data dell’accident o del serious incident». E che:- «Qualora la relazione finale non possa esser resa pubblica entro 12 mesi, l’Autorità investigativa di sicurezza [in Italia:- la Sua ANSV, Professore! – ndr] dovrebbe rilasciare una comunicazione intermedia almeno ad ogni anniversario dell’accident o del serious incident, elencando l’avanzamento dell’investigazione e qualsiasi problema di sicurezza rilevato».
Come noterà, Professore, mi sono ben guardato dal tradurre i termini anglosassoni “accident” e “serious incident” con la traduzione importata in Italia a seguito della balorda traduzione dei contenuti della Direttiva CE 54/96 del 1994 e perpetuata dal ritardato, di ben cinque anni, D. Lg 66/1999, istituente l’Agenzia da Lei diretta, senza obiezioni, fin dalla Sua origine italiana, sebbene in netto contrasto con i reali significati dei termini anglosassoni utilizzati nella Direttiva, ora abrogata dal Regolamento UE 996/2010.
Preciso infine che quanto riprodotto (e tradotto) dal Regolamento comunitario ora in vigore è anche quanto l’ICAO stabilisce nel suo Annesso 13 (che fa universalmente testo), sotto il titolo “Release of the Final Report” ai punti 6.5 e 6.6.
Quindi, personalmente, Le contesto la facoltà di interpretare in lingua italiana i termini anglosassoni nei quali sono stati originariamente concepiti sia il testo del Regolamento UE 996 che l’Annesso 13 dell’ICAO, pretendendo di definire “inchiesta” quella che i due Organi internazionali citati definiscono “Investigazione di sicurezza”, come pure di permettersi, come nel caso dell’incidente di WindJet a Palermo-Punta Raisi del 24 Settembre 2010, di esser arrivati a 35 mesi dalla data dell’accadimento senza aver ancora concluso con un “Final Report” la sua investigazione ed invece di aver pubblicato il 3 ottobre 2012, dopo ben 2 anni, un unico “Interim Report”, o come la definisce Lei una “Relazione Intermedia d’inchiesta”. E pensare che l’incidente di WindJet si presentava molto facile da investigare, avendo tutto l’occorrente sotto mano, inclusi i Registratori di bordo e di terra, i testimoni ed i tre piloti presenti in cabina di pilotaggio.
Accident, quello di WindJet, che ha pure comportato il fallimento finanziario della Compagnia, il cui dissesto economico era ben noto da tempo anche all’ENAC, la quale a sua volta ha omesso d’intervenire adeguatamente a tutela del pubblico viaggiante.
Naturalmente, con la presente, intendo anche segnalare questo caso di inadempienza (che imputo alla carica pubblica che Lei occupa), all’attenzione del Presidente del Consiglio dei Ministri, quale incaricato della vigilanza sull’ANSV in base all’art. 1 del d. Lg n. 66/1999.
Insomma, sia chiaro, Lei e la Sua Agenzia non mettete ”sotto inchiesta” proprio nessuno (compito riservato all’A. G.), ma avete il dovere di “investigare” (cioè di indagare) sui fatti inerenti gli eventi di pericolo dell’Aviazione Civile, per individuarne le cause, senza alcun fine di stabilire colpe.
E, noi contribuenti, ci attendiamo invece che le investigazioni dell’Agenzia Nazionale per la Sicurezza del volo siano tempestive e soprattutto proattive per la sicurezza del volo !
F.to: Renzo Dentesano
Investigatore d’incidenti aeronautici – certificato dal NTSB – USA. 30 luglio 2013
Stiamo ancora aspettando di conoscere le cause del grave incidente del trasporto aereo pubblico, accaduto sull’aeroporto di Palermo Punta Raisi il 24 Settembre 2010, soprattutto per conoscere quali interventi correttivi siano risultati necessari per garantire la sicurezza di tale forma di trasporto pubblico a pagamento e quali siano quelli per correggere e migliorare la qualità e tempestività dei soccorsi in caso dell’accadimento di tali eventi su tutti gli aeroporti italiani aperti al traffico ed al trasporto aereo.
Siamo costretti a rammentare che nell’evento, fortunatamente risoltosi con pochi feriti e contusi, oltretutto assistiti con notevole ritardo, TUTTE le evidenze possibili e necessarie sono state a disposizione dell’Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo italiana fin dall’immediatezza dell’evento, cioè di quell’Ente al quale spetta di determinare le cause tecniche e di raccomandare gli interventi correttivi necessari a garantire la sicurezza del pubblico che utilizza il trasporto aereo !
E, come affermiamo da sempre, i tempi trascorsi nel silenzio tombale, a parte una modesta ed insufficiente relazione intermedia da parte dell’Agenzia a ciò incaricata, sono tali da non lasciar sperare in interventi che possano mettere un qualsiasi riparo alle tante, troppe manchevolezze, da noi già denunciate, riscontrate nei troppi protagonisti negativi di questo evento.
Delle responsabilità di costoro si occuperà, come già sta facendo, purtroppo senza il dovuto riserbo mediatico, la Magistratura competente, ma dall’Agenzia ci aspettavamo e stiamo aspettando di sapere ufficialmente che cosa tecnicamente sia successo e cosa sia stato fatto per il soccorso degli incidentati, sia mancato o sia stato causale di ciò. Ora invece apprendiamo da Aerohabitat che l’ANSV nel suo Rapporto 2012 al Presidente del Consiglio ed al Parlamento riferisce gli allarmanti dati, di cui è venuta in possesso dall’AeroClub d’Italia, relativi agli incidenti letali avvenuti nell’attività dei VDS (Voli da Diporto o Sportivi) con velivoli ultraleggeri con o senza motore, sul suolo nazionale.
Dati che sono sì allarmanti per la pubblica incolumità di chi sta a terra in primis, e, perché no, per la sicurezza del volo in generale, ma il cui tasso di mortalità dovrebbe riguardare principalmente coloro che lo praticano con superficialità, come un flirt con la morte!
Ma siccome non mi risulta che, coma la guida in stato di ebbrezza o di intossicazione da droghe più o meno leggere debba essere tollerata oltre, allora qualcuno provveda ad arginare anche le cause e le conseguenze di queste morti bianche da … diporto o sportive, che dir si voglia. 3 giugno 2013
Recentemente (ed anche in ritardo rispetto alla data di scadenza di Legge per l’adempimento) il Presidente dell’Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo – ANSV – Prof. Bruno Franchi ha presentato alla stampa il dovuto (al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Parlamento) suo (e del Collegio) Rapporto Informativo relativo alle attività istituzionali svolte nell’anno 2012 dall’importante (per la prevenzione degli incidenti) Agenzia da Lui diretta.
Nella sua esposizione, in primo luogo, il Prof. Franchi ha tenuto a denunciare ancora una volta la situazione di grave sott’organico in risorse umane e finanziarie nella quale versa da anni l’Agenzia stessa e che, ribadisce, «…tamponare NON è più possibile»!
A questo riguardo, personalmente ritengo di dover reiterare ancora al Prof. Franchi il mio precedente consiglio, esternato pubblicamente a mezzo di organi d’informazione, di trovare il coraggio di rimettere il proprio mandato e quello dell’intero Consiglio nelle mani del Presidente del Governo, il quale è incaricato anche della sorveglianza sulle attività dell’ANSV, avendo documentato che «… il numero delle inchieste di sicurezza aperte per incidente [aereo] e per “inconveniente” grave [in inglese “incident” – ndr] nel 2012 è ulteriormente sceso, fermandosi a 61, rispetto alle 83 aperte nell’anno 2011», tanto più che egli stesso paventa «… il concretizzarsi del rischio dell’avvio di una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia da parte della Commissione europea, per violazione dell’ordinamento UE». E vedremo che ne penserà in merito anche la prossima ispezione ICAO sull’adeguamento ai suoi Standard.
Insomma, per assicurare la conformità dello Stato italiano alla normativa internazionale (ICAO) ed europea (UE) in materia di inchieste di sicurezza sugli incidenti aerei a scopi di prevenzione di altri accadimenti, la criticità delle risorse finanziarie disponibili e quella ancor più importante dell’organico specializzato, è ormai dimostrato che stanno incidendo sull’efficienza dell’azione dell’ente, criticità che se non dovessero venir tempestivamente rimosse dal Governo in carica, sarebbe molto probabile il rischio di una procedura di infrazione per violazione della Regolamentazione aerea dell’Unione europea.
Per quanto attiene specificatamente il lamentato problema del sott’organico del personale specializzato (Investigatori), il Prof. Franchi aggiunge che il rimedio adottato recentemente dall’ENAC, con la collaborazione ottenuta da parte di altri soggetti industriali (CIRA) di avere disponibile la forza lavoro mancante, non è adottabile dall’ANSV per il proprio ruolo di indipendenza, riferendosi alla terzietà che vanterebbe la sua Agenzia.
A mio avviso però questa pretesa terzietà è stata però già gravemente minata dal fatto che, su richiesta di qualcuno ben noto, in base all’art. 23 del Regolamento UE n. 996/2010, l'attuazione nazionale ha assegnato all’ANSV la funzione di comminare « le sanzioni da applicare in caso di violazione del Regolamento in questione a chiunque, diffonda informazioni protette dal medesimo, ostacoli l’attività di un’autorità investigativa per la sicurezza impedendo agli investigatori di adempiere ai propri doveri o rifiutando di fornire registrazioni, informazioni e documenti importanti, nascondendoli, alterandoli o distruggendoli, o che, avuta conoscenza del verificarsi di un incidente o un “inconveniente” grave non ne informi le pertinenti autorità», in Italia la ANSV incaricata primariamente di investigare e prevenire gli incidenti del settore dell’Aviazione Civile.
Adesso, con questo nuovo compito, a mio parere viene minata la confidenza e la fiducia che gli addetti al settore dovrebbero avere in questo importante organo di prevenzione.
Grave appare poi ai miei occhi la dichiarazione che … «Per le tipologie di attività in cui le ore di volo siano complessivamente disponibili (per lo meno limitatamente agli “Operatori” italiani [Chi sono costoro?- ndA]), i dati però non lo sono nelle tempistiche necessarie all’ANSV per l’elaborazione del Rapporto».
Ma obietto io, se il rapporto dev’essere valutato ed approvato sia dal Governo che dal Parlamento sovrano, il Prof. Franchi ha mai chiesto agli Organi dello Stato, secondo lui “inadempienti” nella tempistica, di attenersi ad una data di presentazione delle loro indispensabili statistiche ? Infatti, al di là del fatto che secondo il Professore ci sarebbero altri Organi dello Stato [ritengo l’ENAC, il MIT, l’ISTAT e l’Aero Club d’Italia - ndA] “inadempienti” nella tempistica dei doveri statistici riguardanti le attività di volo, quanto meno relative agli ESERCENTI italiani, vorrei richiamare l’attenzione (e non solo quella !) che il suo primo dovere, come Presidente dell’ANSV, dovrebbe essere quello di rispettare i termini che identificano le persone giuridiche sancite dal Codice della Navigazione – Prima parte – art. 7 (Legge regolatrice delle responsabilità dell’Armatore e dell’Esercente), che inequivocabilmente sancisce quelle che sono le responsabilità giuridiche di quelle persone fisiche che sono individuate rispettivamente nell’Armatore della nave e nell’ESERCENTE DI AEROMOBILE !
Pertanto, il termine “operatore” utilizzato dal Prof. Franchi ed abusato anche da altri Organi istituzionali nell’uso del linguaggio regolamentare e giuridico dell’Aviazione Civile italiana (vedi ENAC), non ha alcun valore legale, non essendo mai stato esplicitamente abrogato il citato articolo 7 del capitolo “Disposizioni preliminari” del Codice della Navigazione (R. D. 30 Marzo 1942).
Quanto all’entrata in vigore nell’ordinamento nazionale del Regolamento UE n. 996/2010, che era fissato nel mese di Novembre 2010 per tutti gli Stati UE, il Presidente Franchi, dopo aver correttamente lamentato che ANSV ha potuto constatare « … una generalizzata carenza di conoscenza da parte dei Magistrati della normativa aeronautica ed in particolare della normativa internazionale e dell’Unione europea in materia di inchieste di sicurezza [che poi sarebbero le “investigazioni tecniche” dell’Agenzia – ndr]» - ha reiterato che:- « In tale contesto, in particolare, emerge una diffusa criticità di conoscenza del Regolamento UE 996/2010, che, peraltro, ha introdotto delle significative novità finalizzate proprio a porre sullo stesso piano le esigenze di prevenzione e quelle di giustizia».
Questa è un ‘altra giustificata denuncia da parte del Presidente dell’ANSV del fatto che in Italia, un altro importante Organo dello Stato, qual è l’ordine della Magistratura della Repubblica, si permette di non conoscere e/o di non applicare le disposizioni di quella che è una cogente Legge europea, dotata delle forza di entrare in vigore alla data di scadenza stabilita dal Parlamento europeo e che ha immediato vigore nei confronti di tutti gli Organi ed i cittadini degli Stati comunitari europei.
Ed ora, con le parole stesse del Presidente Franchi, arriviamo a quello che è il problema più scottante per l’Italia di fronte all’UE e all’ICAO.
Afferma il Presidente Franchi, riferendosi all’attuale e futura situazione di ANSV:- « I numeri parlano da soli: al 31 dicembre 2012 l’organico di ANSV era, ed è ancora, composto da 23 unità (su un totale di 30 previste, pensare che nel 1999 erano 55 le unità considerate necessarie …). Di queste, solo 7 sono gli Investigatori [dei quali solo uno è un Pilota commerciale – ndA] , cioè il ”core” [da non intendersi … “alla napoletana” – ndA]» della mission [all’inglese ! – ndA] dell’Agenzia su 12 [Investigatori – ndA] previsti [la metà dei quali, almeno, dovrebbero essere Piloti investigatori – ndA]».
A questo punto, affermo io:- senza soldi per consentire trasferte, rilievi e pagamento dei mezzi utilizzati per operazioni particolari di recupero, ma soprattutto senza Investigatori, specializzati per competenza professionale ed acquisita, in quanto nessun Investigatore può essere un tuttologo ed i tutti i casi, bensì dev’essere un eccellente specializzato nel suo settore di conoscenza e pertinenza – ed attualmente, ricordiamolo, soltanto uno dei sette Investigatori risulta essere un Pilota – e gli incidenti aerei di tutti i tipi e gravità continuano ad accadere, allora è lampante che chi ne soffre è sia la qualità dell’investigazione tecnica, sia il prodotto finale:- cioè la prevenzione !
E, a mio giudizio, anche la mancanza di prevenzione … costa e si paga !
F.to:- Com.te Pilota Renzo Dentesano – Investigatore d’incidenti aeronautici, - diplomato alla Scuola del National Transportation Safety Board degli USA.- 11 maggio 2013
In merito al comunicato di video-stampa pubblicato il 6 Febbraio c. a. sul sito web di AVIONEWS, relativo alle dichiarazioni del Dr. Ing. Benedetto Marasà – Vicedirettore generale di ENAC - sull’incidente dell’ATR 72 di CarpatAir, per cui «ENAC ha instaurato un regime di verifiche … Il vettore nazionale che riceve l’aereo da una compagnia comunitaria deve assicurare un monitoraggio sulle operazioni dell’aereo in wet-lease facendo verifiche sull’operatività, sugli inconvenienti, sulla capacità della compagnia estera di svolgere un servizio in accordo con gli standard della compagnia nazionale. Tutto ciò viene riportato periodicamente all’Enac che può fare controlli a campione», dovrebbe essere lecito chiedere altrettanto pubblicamente, quanto appresso seguirà.
Se a quanto già scritto sopra si aggiunge anche il fatto che esiste l’ “Atto del Governo n. 505” – in attuazione del Regolamento UE n. 996/2010 - sottoposto all’esame delle competenti Commissioni parlamentari (II Giustizia, IX Trasporti ed altre), le quali hanno emesso tutte e complessivamente parere favorevole all’emanazione governativa, in corso d’opera.
Decreto Legge contenente in fieri il principio dell’obbligatorietà per TUTTI i soggetti, siano essi persone fisiche o Enti pubblici, in cui possano essere coinvolti o comunque siano venuti a conoscenza, di informare l’Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo – ANSV- per segnalare qualsiasi “evento di pericolo “ o “mancato incidente” dell’aviazione civile.
Schema di D. L. di cui si riproduce appresso il titolo:
Atto del Governo: 505
Schema di decreto legislativo recante disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni di cui al regolamento (UE) n. 996/2010 sulle inchieste e la prevenzione degli incidenti e inconvenienti nel settore dell'aviazione civile e che abroga la direttiva 94/56/CE (505).
Pertanto, in nome della trasparenza dovuta dalle istituzioni pubbliche, si rivolge cortese istanza all’attenzione della Presidenza del Consiglio dei Ministri per ottenere risposta al seguente quesito:-
«Qual è la persona fisica o l’Ente pubblico che nel caso degli “eventi di pericolo” - (all’infuori dei rappresentanti sindacali che avevano denunciato casi attinenti) - in cui sono incorsi negli scorsi sei mesi e fino al 3 Febbraio 2013 sugli aeroporti o negli spazi aerei italiani aeromobili della Compagnia romena CARPAT AIR, eserciti per conto della Compagnia ALITALIA/CAI, che ha omesso di informare debitamente l’Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo ?» 9 febbraio 2013
Sbalorditivo (almeno per me) l’annuncio pubblico del titolo di copertina di una nota rivista aeronautica:- «RISIKO AEROPORTI:il “piano nazionale” lo fa F2i»!
All’interno, sotto il titolo «Il fondo Gamberale – Aeroporti:- “F2i” in azione su SAGAT e SEA» chiarisce al lettore che il “Fondo F2i – Fondo italiano infrastrutture”, con Amministratore Delegato Vito Gamberane, dopo aver acquisito la partecipazione o la proprietà di varie società di capitali (quale la contestata autostrada di Serravalle), adesso punta all’acquisizione della maggioranza dei pacchetti azionari degli aeroporti milanesi della SEA e di quello torinese di SAGAT.
Ma questo, almeno per il momento, non è di nostro precipuo interesse. Quel che bensì ci interessa è il fatto che adesso ENAC – Ente Nazionale per l’Aviazione Civile – dichiara che «… non avendo [il Governo dei tecnici] provveduto ad approvare entro la fine del 2012 tutte le concessioni aeroportuali in scadenza … afferma che non avendo ricevuto il mandato della proroga per approvarle, non ha gli strumenti legali per farlo [come usualmente delegato ! – ndr]».
Questo il succo del fatto che, ironicamente per noi italiani e per le nostre finanze, ci riporta al nocciolo della questione contenuto nel titolo di apertura dal quale siamo partiti per le nostre considerazioni di contribuenti indipendenti.
Si tratta cioè del fatto che non essendo stato né approntato né approvato dal Governo l’ormai famigerato e più volte promesso nel 2012 “PIANO NAZIONALE DEGLI AEROPORTI” a seguito dello “Studio” commissionato dal Ministro pro-tempore delle Infrastrutture Altero Matteoli e da ENAC fin dal 2010 al Consorzio appositamente costituito per realizzare tale studio tra NOMISMA, ONE WORKS e KPMG, regolarmente consegnato nel 2011 e profumatamente pagato con soldi pubblici, tutto questo NON ha prodotto alcun frutto, anzi lascia il comparto degli aeroporti italiani in mano alla speculazione economico-finanziaria di “poteri” diversi di quelli dello Stato, quale (a me) risulta essere il proprietario demaniale di tali proprietà (vedasi il ”Registro demaniale”).
Insomma, se non ci fosse da piangere per gli sperperi perpetrati a nostre spese, ci sarebbe da ridere per la facilità con cui, in tempi di crisi e di “vacatio di Governo” ed in assenza delle istituzioni amministrative dello Stato, ci si può impadronire della proprietà o quanto meno della gestione della maggior parte dei maggiori aeroporti nazionali, costruiti a suo tempo direttamente oppure con il sostanzioso contributo della finanza pubblica dello Stato !
Intanto, chi in ENAC, a suo tempo si è dichiarato incapace di poter effettuare con la propria forza-lavoro lo studio che avrebbe dovuto invece vedere tale Ente esercitare le proprie competenze in tale campo è sempre al timone ed anzi adesso, avendo dovuto passivamente sopportare le misure decretate dalla “spending review” del Governo dei tecnici, dovrà ridurre drasticamente le proprie Direzioni tecniche centrali … e la relativa forza lavoro. Allegria ! 24 gennaio 2013
O Slim Kallas Commissario europeo per i Trasporti è un visionario ed un illuso (ma votato alla carica dalla maggioranza dei Paesi membri della U. E.), oppure i Rappresentanti nazionali ed i Parlamentari eletti al Parlamento europeo dagli Stati membri sono coloro che, in tema di mercato e di trasporto aereo – e di conseguenza delle infrastrutture aeroportuali strategiche – non hanno capito nulla della politica presentata da lungo tempo dalla Commissione per lo sviluppo economico dell’Europa.
Recentemente, in occasione del “Transport Business Summit” tenutosi a Bruxelles, il Commissario Kallas ha accusato apertamente gli Stati membri d’esser sordi agli interessi comunitari generali e di rispondere invece «a interessi puramente nazionali e d’esser portatori dei singoli interessi industriali».
Partendo dal precedente “j’accuse” riguardo «ai ritardi ed ai sabotaggi operati contro l’Esecutivo comunitario» (come nel caso del Single European Sky), questa volta Kallas ha tuonato contro le interpretazioni nazionalistiche dell’economia di mercato ed anche contro quegli interessi nazionalistici dei Rappresentanti degli stati membri che non hanno compreso la proposta comunitaria incardinata sul “pacchetto aeroporti” che comprendeva l’importanza di ulteriori liberalizzazioni concorrenziali nei servizi di assistenza a terra.
Per cercar di far capire l’importanza del “pacchetto aeroporti” [che comporta diversi temi – ndr], bocciato dal voto parlamentare degli eletti nei vari paesi, ha portato l’agghiacciante proiezione che «… ai ritmi attuali, se non viene fatto nulla, e finora non lo è stato fatto, nell’anno 2030 ben 19 aeroporti strategici dell’Unione europea collasseranno per via degli eccessivi ritardi e la forte congestione».
A puro titolo esemplificativo ricorderò che tra quelli considerati strategici dalla U. E. sono compresi almeno i seguenti:- Roma-Fiumicino, Londra-Heatrow, Monaco di Baviera, Francoforte sul Meno, Madrid-Barajas, Parigi-Charles de Gaulle, Amsterda-Schipol. E quindi, chi di dovere ci pensi bene !
In margine al Summit è stato comunicato anche che la Commissione Europea ha stanziato 1,2 miliardi di Euro per il finanziamento di progetti di varie modalità di trasporto (aereo, terrestre, marittimo, fluviale e ferroviario) e di questi ben 50 milioni sono stati attribuiti al «finanziamento di progetti che aiutino la realizzazione del Cielo Unico Europeo - SES».
Per concludere questa esposizione, vorrei far osservare che nell’Unione Europea o ci si crede anche con i fatti e non soltanto con i paroloni vuoti dei politici nostrani, oppure ha ragione chi afferma che questo carrozzone comunitario è governato solo dagli interessi industriali di alcuni Stati predominanti, i quali non si curano affatto degli obiettivi di benessere di tutti quelli che non sono nella condizione dei “primi della classe”.
D’altra parte il Parlamento europeo finora si è dimostrato prontissimo ad approvare provvedimenti come quello sulla “curvatura delle banane” o sulla “lunghezza dei fagiolini”, ma non certo a dimostrare fermezza d’intenti in tanti casi di crisi negli Stati membri (Grecia o caso dei nostri marò in India insegnino) !
Ma non scordiamoci che sta terminando questo “… anno bisesto … anno funesto” senza che "la Repubblica Italiana" abbia avuto, in questo stato di crisi, dal Governo in carica la grazia di una decisione economica riguardante il “Piano Nazionale Aeroporti” (che già tanto è costato agli italiani in termini di tempo e di denaro), piano che tenga in debito conto i nostri guai, ma anche quelli della UE, così ben evidenziati dal Commissario Kalla.
Alla vigilia della scadenza della tanto prevista dai Maya “fine del mondo” o “suo rinnovamento” (secondo le interpretazioni), speriamo che sia la seconda quella corretta, soprattutto per l’Italia e perfino per l’Europa. 22 dicembre 2012
Nota del Com.te Renzo Dentesano e del Dott. Bruno Barra. Con riferimento al punto 6 del Vs interessante ed attualissimo articolo sui tagli alla spesa pubblica che hanno provocato la ribellione delle per noi inutili province (v. dichiarazioni UPI) , con paventate ricadute su pubblica istruzione e cultura in generale (interruzione del riscaldamento nelle scuole), comparso a pagina 10 di sabato 10 novembre, nel quale si elencavano tra le possibili necessarie riduzioni della spesa pubblica quella di evitare l’inutile proliferazione degli aeroporti sul territorio, intendiamo, da esperti del settore, fare alcune precisazioni su di una materia poco conosciuta, complessa e quindi strumentalizzabile, completamente fuori controllo per insipienza istituzionale ed interessi territoriali.
Mentre rileviamo infatti che al punto 6 vengono citati alcuni esempi condivisibili quali quelli degli aeroporti di Villanova d’Albenga e di Reggio Calabria, notiamo tuttavia essere stati trascurati dei casi in fieri ben più gravi, quali quelli relativi alla progettata trasformazione di certe infrastrutture militari (aeroporti di Viterbo e Grazzanise) in scali civili asserviti ai sistemi aeroportuali di Roma e di Napoli.
E, peggio ancora, della ventilata e costosa imminente apertura dell’aeroporto siciliano di Comiso per il quale è stata siglata la convenzione tra SOACO – Comune Comiso ed ENAV qualche giorno fa, alla presenza di autorità ministeriali che fino a ieri ne avevano negato l’utilità.
Aeroporto – si badi bene - ubicato a soli 80 km dall’aeroporto internazionale di Catania Fontanarossa (considerato scalo primario dal piano aeroporti) e a meno di 60 km in linea d’aria dalla base dei droni (aeromobili a pilotaggio remoto) della base NATO e US Navy di Sigonella che – considerate le sue potenzialità strutturali – viene frequentemente utilizzato come scalo civile alternato a Catania Fontanarossa.
Con stile tipicamente italiano da un lato si fanno severe censure sul fatto che un Paese di limitate dimensioni come l’Italia, che potrebbe risolvere economicamente e funzionalmente le problematiche delle comunicazioni con un sistema di trasporto intermodale (ferro/gomma) intelligente si permetta invece il lusso di avere più di 100 aeroporti e dall’altra, per placare le velleità territoriali, si continua sulla vecchia strada degli sprechi.
Nel trattare argomenti aeronautici civili in generale, vorremmo sommessamente suggerirvi di volervi rivolgere ad esperti di Centri di studio indipendenti e specializzati del settore su siti web quali www.stasa.it o www.aerohabitat.org , ben conosciuti da coloro che vogliano in qualsiasi modo dissertare di aeroporti e di trasporto aereo, relative economie e sicurezza incluse.
Vive cordialità
F.to Com.te Renzo Dentesano e Dott. Bruno Barra
esperti di trasporto/navigazione aerea/sicurezza volo/ambiente 16 novembre 2012
Premetto che scrivendo le righe che seguono, non intendo fare politica ( per quel che vale in Italia), ma soltanto affermare il principio della centralità dello Stato unitario a fronte dei campanilismi e dei clientelarismi locali, affinché lo Stato si assuma le proprie responsabilità di fronte ai cittadini e non le deleghi a fittizie autorità di comodo, com’è successo con tanti Enti autonomi, ma inadempienti (ad es.:- nei confronti dei Regolamenti comunitari. Classico l’esempio che si può trarre dall’affidamento (per cospicue somme) al consorzio di Società creato per fare una fotografia ormai superata della realtà delle esigenze della rete di trasporto aereo in Italia.
Per la medesima ragione ritengo che anche il Codice della Navigazione (modificato nel 2005 con chiari intenti di scarico di responsabilità dello Stato), visti i risultati vada ora riformato, riaffermando la centralità dei poteri dello Stato.
Ed ancora, per la medesima ragione di cui all’inizio, auspico che nel futuro, a decidere sul “Piano nazionale degli aeroporti” sia il Ministero delle Infrastrutture e dei Lavori Pubblici con i suoi tecnici della Direzione degli aeroporti e non l’ENAC (con i suoi favoritismi regionalistici) ad occuparsene.
Tutto ciò a seguito della (almeno per me) bella notizia che finalmente il Consiglio dei Ministri, in data 9 Ottobre, ha preso una decisione costituzionalmente sensata ed importante:- quella di presentare un Disegno di Legge che, se approvato dal Parlamento disporrà una ridimensionamento dei poteri dei Governatori regionali (speriamo destinati a scomparire assieme alle Provincie), o meglio, ristabilisca il sacrosanto principio unitario che «garante della Costituzione e dell’unità giuridica ed economica della Repubblica è lo Stato».
Questo, in qualità di tecnico e di utente, è il mio, e spero pubblico, interesse degli italiani benpensanti:- in particolare è quella parte di proposta del Decreto governativo che prevede che sia dello Stato la competenza esclusiva sui porti, sulle grandi reti di trasporto e di navigazione e di conseguenza in materi di aeroporti, o meglio della rete aeroportuale nazionale.
Apprezzo molto anche il fatto che alle Regioni non spetterà più alcuna competenza in materia di rapporti internazionali e comunitari (e quindi si potranno cancellare quelle dispendiose rappresentanze regionali all’estero) mentre i quattrini risparmiati potranno essere meglio utilizzati dalle Regioni per migliorare infrastrutture e risorse in favore del turismo proveniente dall’estero, così come fanno i nostri confinanti (Francia, Slovenia, Croazia, Svizzera ed Austria).
Tanto il federalismo, inteso all’italiana, vediamo cosa ha prodotto nel nostro Paese.
Insomma, finalmente un bell’atto di forza dello Stato contro la politica becera e spendacciona, lontana dagli interessi dei cittadini e delle comunità sane e non scialacquatrici di pubbliche risorse versate dai contribuenti.
Spero soltanto che una volta tanto siano i cittadini ed i contribuenti italiani a condizionare le scelte ed i voti dei politici e non viceversa.
Spero infine che i lettori mi perdonino per questa digressione in temi apparentemente non strettamente tecnici, ma confido che dopo aver letto tanti scritti su aeroporti e relative critiche tecniche, mie e redazionali sulle pagine di Aerohabitat che mi ospita, capiranno il senso di quanto scrivo e vorranno, a loro volta, farsi interpreti presso la pubblica opinione che, in una democrazia di fatto e non di parole, dovrebbe avere il sopravvento sugli interessi clientelari. 15 ottobre 2012
Quella recente, solerte iperattività dell’On. P.d.L. Basilio Catanoso, deputato catanese, riguardante le interrogazioni rivolte al Governo per l’inerzia dimostrata, a suo dire, da ENAC, ENAV e ANSV relativamente alla chiusura (per lavori di manutenzione) dell’unica pista dell’aeroporto di Catania-Fontanarossa e la mancata apertura dell’aeroporto militare di Sigonella al traffico aereo civile, per motivi di sicurezza rispetto alle ben note attività degli RPA (aeromobili senza pilota a bordo) della NATO, avremmo invece voluto vederla esercitata altrettanto puntualmente nei confronti delle stesse Autorità istituzionali in merito all’ancora misterioso incidente del 24 Settembre 2010 accaduto sull’aeroporto di Palermo-Punta Raisi ad un aeromobile passeggeri Airbus A. 319 della Compagnia catanese WindJet, incidente del quale dopo ben due anni dall’evento nulla di ufficiale è dato di sapere, salvo il fatto che la Magistratura competente per territorio ha aperto un’inchiesta giudiziaria. A questo proposito è bene ricordare che il BEA francese, omonimo dell’ANSV italiana, ha redatto ben tre relazione intermedie e la relazione finale nell’arco dei tre anni trascorsi dall’incidente del volo AF 447 inabissatosi nelle profonde acque dell’Oceano Atlantico. La nostra Agenzia invece, su di un incidente nazionale su di un aeroporto nazionale non è stata capace di produrre nulla di correttivo.
È inoltre da ricordare che l’incidente di Palermo ha messo in serio pericolo la vita degli occupanti di quel velivolo commerciale, anche per il mancato tempestivo intervento dei soccorsi aeroportuali, motivo per il quale la Fondazione “8 Ottobre … per non dimenticare” avrebbe fatto sapere che intende costituirsi parte civile a favore dei passeggeri scampati all’evento.
Ed invece, il solerte deputato, in occasione d’un velivolo di una Scuola di volo basata sull’aeroporto di Roma-Urbe che è finito fuori rotta in vicinanza delle rotte di avvicinamento ad una delle piste dell’aeroporto di Roma-Fiumicino ed ha potuto costituire un possibile evento di pericolo, s’è puntualmente ricordato che un velivolo di quella stessa Scuola di volo, ben quattro anni fa è andato distrutto, in avvicinamento nella nebbia alla pista all’aeroporto di Perugia con la morte del pilota istruttore e della sua allieva e di conseguenza è stata aperta la dovuta procedura giudiziaria, ma, ancora una volta, non si è ricordato di dire:- in assenza delle conclusioni dell’altrettanto dovuta investigazione tecnica dell’ANSV.
Ed allora, qual è l’interesse che ha spinto la solerzia di quel deputato a rivolgere ben due distinte e corpose interrogazioni al Governo, su due eventi di ben diverse proporzioni e gravità ?
Tant’è vero che, stando alle cronache, nel caso del velivolo-scuola, regolarmente in contatto radio con il competente Controllo del Traffico Aereo, è stato da quest’Ente individuato e per mezzo del Radar riportato sulla sua rotta e, pur avendo commesso un’infrazione che poteva costituire un pericolo per i voli di linea altrettanto sotto controllo Radar, si è risolto fortunatamente senza danni, mentre nell’altro caso invece ci si agita per mantenere in vita una Compagnia che ha dimostrato di essere poco affidabile sia sotto l’aspetto della sicurezza che sotto quello della capacità finanziaria, situazione questa da tempo deteriorata al punto da essersene accorta pure l’ENAC !
Ma di ciò, nemmeno una parola, vero Onorevole ? 20 settembre 2012
La perdurante caotica crisi del Vettore siciliano WindJet che, nel classico mese delle ferie in Italia, ha causato i ben noti disagi agli sventurati passeggeri di quella Compagnia trovatisi di punto in bianco senza il passaggio garantito dal titolo di viaggio costituito da un biglietto aereo regolarmente acquistato, ha oggi, 24 Agosto, trovato in ENAC, con una dichiarazione del suo Vice Direttore Generale, una spiegazione che ci lascia esterrefatti sul conto della funzione di protezione del passeggeri che quell’Ente pubblico non-economico dovrebbe assicurare.
Nell’intento di elogiare la dedizione del personale ENAC che si sarebbe prodigato nei giorni clou del traffico aereo estivo per cercar di riproteggere i passeggeri abbandonati dalla cessazione delle operazioni di WindJet, il V. Direttore Generale ing. Benedetto Marasà ha rilasciato la seguente dichiarazione testuale:- "Wind Jet era in una situazione critica da un punto di vista finanziario da qualche mese. Fin quando c'è stata la prospettiva dell'accordo con Alitalia la nostra azione è stata soprattutto di monitoraggio. Ad oggi abbiamo circa 130.000 passeggeri che sono in possesso di un biglietto Wind Jet non ancora utilizzato: all'inizio erano 200.000. Il grosso dell'attività di riprotezione avverrà tra oggi ed il 15-16 settembre".
Dunque ENAC, oltre a saper del grave incidente toccato ad un aeromobile di quella Compagnia nel lontano 24 Settembre 2010 (e quindi due anni fa !) senza che ancora ANSV abbia fatto conoscere né le cause e né le azioni correttive necessarie, ben sapeva delle difficoltà finanziarie e gestionali di quel Vettore, ma aspettava di vedere se la proprietà fosse riuscita a scaricarle … sul groppone di Alitalia-CAI e questo senza alcuna preoccupazione per i duecentomila titoli di viaggio da WindJet già venduti ad altrettanti ignari potenziali passeggeri!
Bèh, come Ente pubblico di sorveglianza con «funzioni di regolamentazione tecnica ed attività ispettiva, sanzionatoria, …, di coordinamento e di controllo …» (come recita l’Art. 2 del D. L. n. 250/1997 - istitutivo dell’Ente) mica male !
E l’elogio all’abnegazione del proprio personale, non cancella né sminuisce le responsabilità di chi sapeva … ed ha consentito che ignari passeggeri continuassero a comperare titoli di viaggio da una Compagnia in tali condizioni!
Ed i competenti organi superiori di Governo … che faranno ? 29 agosto 2012
Sul numero 2/2012 del periodico di ANACNA – Associazione Nazionale Assistenti e Controllori della Navigazione Aerea – leggo con immenso, sincero piacere e compiacimento che in data 2 Luglio l’Amministratore Unico Dr. Massimo Garbini dell’ENAV – Ente Nazionale Assistenza al Volo SpA – Società con unico azionista il Tesoro, ha reso noto con una propria “Comunicazione di Servizio”, titolata “Just Culture Policy”, che «ENAV … s’impegna con il presente documento e limitatamente al proprio ambito di attività, ad adottare il principio universale della “Just Culture”:
- Proteggendo la privacy di chi riporta, secondo i principi propri della confidenzialità di Safety e quelli della normativa in vigore;
- Utilizzando qualsiasi informazione raccolta, prima e dopo la segnalazione, ad uso esclusivo della Safety;
- Non adottando provvedimenti pregiudizievoli nei confronti del personale che riporta fatti ed informazioni relative alla Safety.
Tale policy non si applica ai casi di mancato riporto, violazioni dolose o negligenza professionale, che non saranno pertanto in nessun modo tollerati».
Questo atto della Società ENAV contenente una tale decisione, a lungo perseguita da IFATCA e dalla nazionale ANACNA, non fa che accogliere e rendere operante in ambito societario l’indirizzo di fondo dettato dall’ICAO Annex 13 (ref.:-“The Standards for Accident Investigation”) a TUTTI I PAESI MEMBRI, che su sollecitazione universale del comparto aeronautico internazionale, ha da tempo auspicato che le legislazioni di TUTTI I PAESI CONTRAENTI LA CONVENZIONE di CHICAGO accolgano nel loro ordinamento giuridico/giudiziario il sacro ed universale principio della “Cultura dell’Equità”.
Cultura questa intesa come giusta protezione di tutti coloro che, addetti ai lavori ad alto rischio autorizzato (medici, piloti, controllori, Forze dell’ordine, ecc.) prestano la loro opera e che pur applicando la professionalità acquisita attraverso la preparazione e l’addestramento, in buona fede possono sbagliare al pari di tutti gli altri esseri umani – in quanto umanamente fallibili.
A questa encomiabile iniziativa di ENAV, che speriamo venga presto accolta anche dal potere politico, da quello legislativo e da quello giudiziario nazionale, secondo gli indirizzi comunitari in materia, il Segretario Nazionale di ANACNA ha voluto prontamente, in data 7 Luglio, dare il giusto apprezzamento al Dr. Garbini, peraltro proveniente dalla gavetta e giunto meritatamente al prestigioso incarico che gli è stato affidato.
A tale ultima espressione di apprezzamento, il Dr. Garbini ha voluto dare maggior risalto facendo seguire una nota di commento ed approfondimento che è stata debitamente pubblicata a seguire sempre sul numero 2/2012 del periodico di ANACNA, quale ulteriore «considerazione aggiuntiva su tale importante tema».
Pertanto, a chiarimento di quanti “benpensanti manettari” in ambito giudiziario intendano arroccarsi sui vetusti principi della “blame culture” nei confronti di tutti coloro che, lavorando onestamente, possano incorrere in qualche “incidente di percorso”, il più delle volte addebitabile invece a fallimenti della tecnologia (di cui si fa assurdo abuso per rimpiazzare l’uomo !) o addirittura dell’organizzazione di cui l’operatore di prima linea fa parte, ritengo meritevole d’esser qui riprodotta per esteso la nota aggiuntiva del Dr. Garbini:-
«Vorrei iniziare questa mia breve nota con un ringraziamento ad ANACNA che, esprimendo il suo apprezzamento per la recente comunicazione relativa alla Just Culture Policy di ENAV, mi offre la possibilità di fare qualche considerazione aggiuntiva su questo importantissimo tema.
Negli ultimi anni ENAC, fermo restando il rispetto della normativa vigente nel nostro Paese, ha promosso e sostenuto con forza l’adozione dei principi della Just Culture (anche nota come “Cultura dell’equità”) presso tutte le sedi deputate all’implementazione sistemica del concetto. Con il rilascio di questa Policy la Società ha voluto cogliere, ancora una volta, l’opportunità per riaffermare ed evidenziare il bisogno urgente di consolidare un bilanciato set di principi ed un effettivo equilibrio fra le esigenze di continuo miglioramento della Sicurezza nel trasporto aereo e quelle dell’amministrazione della Giustizia.
In passato, alle stringenti esigenze di prevenzione degli eventi si è spesso contrapposta la cosiddetta “cultura della colpa” ( anche nota come “Blame culture”) che, influenzando la gestione della Safety e della Giustizia in chiave sanzionatoria, ha condizionato negativamente la cultura del reporting ed il processo di identificazione delle reali cause e delle efficaci azioni di mitigazione necessarie a prevenire il ripetersi di alcuni tipi di eventi Safety-related è stato quasi sempre ricondotto a fallimenti della tecnologia o al più comodo capro espiatorio noto come errore umano.
Questo approccio, che ha addossato alla tecnologia o al singolo operatore compiti e/o responsabilità a volte decisamente dilatati, è ormai riconosciuto, in diversi ambiti, come superato e fortemente dannoso per la stessa Safety.
Per questo motivo, negli ultimi anni il dibattito sul tema della “Just Culture” si è fatto sempre più forte ed è ormai riconosciuto, a diversi livelli e non solo in campo aeronautico, che un efficace Sistema di Gestione della Safety si fonda principalmente sulla tempestività dell’azione investigativa e sulla piena e pro-attiva partecipazione del personale.
Per ottenere questi obiettivi, ENAV ritiene che va sviluppata una Just Culture che deve fare riferimento ad un modo di pensare la Safety che promuove l’attitudine a porsi domande, che è resistente all’autocompiacimento, che punta all’eccellenza e che favorisce sia la responsabilità personale che l’autoregolamentazione aziendale in materia di Safety. La Just Culture risulta quindi sia attitudinale che strutturale, essendo collegata agli individui e all’organizzazione. Essa deve aiutare a favorire l’apprendimento e qualsiasi evento Safety-related, soprattutto relativo ad errori umani o organizzativi, deve essere considerato innanzitutto come un’eccellente opportunità di miglioramento utile ad evitare l’accadimento di eventi più seri. Va da sé che l’adozione di questi importanti principi può anche aiutare tutti i dipendenti della Società ad individuare meglio le proprie responsabilità e a comprendere il proprio ruolo e le motivazioni personali.
In questo ambito ENAV, nel favorire trasparenza e condivisione delle esperienze con i suoi professional, si è impegnata, con la comunicazione relativa alla Just Culture, a proteggere la privacy di chi riporta un evento utilizzando le informazioni raccolte ad uso esclusivo della Safety e a non adottare provvedimenti pregiudizievoli nei confronti del personale che riporti informazioni utili alla prevenzione degli incidenti e degli inconvenienti.
Allo stesso tempo occorre evidenziare che, in linea anche con i preminenti orientamenti e modelli europei, l’adozione dei principi della Just Culture da parte di ENAV esclude i casi di mancato riporto, le violazioni dolose o quei casi di negligenza riferiti ad azioni di colpa grave, a ripetute violazioni intenzionali o condotta illecita in evidente disprezzo delle comuni regole di prudenza e diligenza.
Detto questo, non bisogna nascondersi che l’adozione globale dei principi di riferimento della Just Culture richiede un processo di medio/lungo periodo che passa anche per una maggiore interazione fra la nostra Società ed il Sistema Giudiziario dello Stato, affinché queste due entità non agiscano come parti contrapposte, ma convergano verso il medesimo traguardo: garantire la sicurezza della gestione del traffico aereo attraverso il rispetto di regole codificate, sanzionando eventuali comportamenti illegali, gravi negligenze o intenzionali violazioni della normativa di riferimento.
Il mio personale auspicio è che questo contributo della Società possa essere un’ulteriore spinta a proseguire la discussione su questi importantissimi temi nell’ottica di possibili sviluppi dell’impianto legislativo che consentano il pieno accoglimento nel nostro Paese dei principi e dei valori della Just Culture».
Ora, che ENAV SpA abbia fatto ufficialmente proprio questo importantissimo principio che va lentamente ma irreversibilmente affermandosi nella società civile internazionale, è cosa “buona e giusta”, ma vorremmo vedere analoga iniziativa avanzata dal Ministro di Grazia e Giustizia, con una proposta di legge originata a livello parlamentare, per i necessari passi legislativi che realizzino anche in Italia quella che è la regolamentazione comunitaria (ref.:-“EU Regulation 996/2010”) in materia.
Intanto però, da subito, il Ministro pro-tempore potrebbe promuovere una propria azione nei confronti del Potere giudiziario nazionale, in modo da convincerlo a non sprecare il pubblico denaro alla caccia inesorabile di chi, lavorando onestamente, sia stato indotto in fallo da ben altre possibili circostanze tecniche che non quelle - a prima vista - attribuibili all’errore umano di distrazione o di incompetenza, giudizi tranciati per lo più da esperti e saccenti consulenti auto referenziati che si propongono ai PM per assecondarne i teoremi prestabiliti.
Comunque, ad imitazione di quanto precisato dal Dr. Garbini, anch’io intendo precisare che non intendo assolutamente difendere alcuno che nella sua prestazione professionale si conceda atti di negligenza o di violazioni dolose e che non siano dimostrabili ed attribuibili ad altre responsabilità nascoste nel sistema di cui l’operatore fa parte. 2 agosto 2012
Correva l’anno di grazia 2003 … (… o giù di lì) ed erano trascorsi già diversi mesi da quando un Consorzio tra istituzioni amministrative della Repubblica Italiana, creato apposta per fornire un primo dovuto risarcimento ai parenti ed ai sopravvissuti della tragedia sull’aeroporto di Linate dell’8 ottobre 2001, aveva provveduto ad onorare i propri impegni civili (mentre quelli penali erano in corso … d’opera), quando il Direttore Generale pro-tempore dell’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile – ENAC – fece conoscere agli italiani, con grande apparato mediatico, di aver indetto una cerimonia in un sito recondito dell’aeroporto di Roma – Fiumicino per inaugurare alla presenza del Presidente della Fondazione 8 Ottobre “per non dimenticare”, una piazza con lapide dedicata alle 118 vittime del disastro avvenuto sull’aeroporto di Linate.
Questo atto valse a placare qualsiasi rivalsa nei confronti di ENAC e del suo personale più o meno direttamente – oppure ereditariamente – coinvolto nelle responsabilità del sinistro, avendo appunto ereditato dalla soppressa D.G.A.C. (meglio conosciuta come “Civilavia”) tutte le carenze gestionali e soprattutto infrastrutturali esistenti da anni sull’aeroporto di Linate, ben noto per i suoi nebbioni invernali (e non solo). Carenze tra le quali spiccava l’assenza di un Radar per la sorveglianza della movimentazione degli aeromobili al suolo, rimosso incautamente dal Servizio aeroporti della già nominata “Civilavia” senza provvederne la sostituzione, ben due anni prima del disastro.
Così la mattina, nebbiosa, dell’8 ottobre 2001 avvenne lo schianto tra un jet privato tedesco, entrato abusivamente sulla pista e già atterrato nel nebbione qualche ora prima sulla stessa pista di Linate in violazione delle limitazioni dei brevetti dei piloti e di quelle operative dell’aeroplano e l’aeromobile della SAS con i passeggeri a bordo, che era in corsa di decollo. Quest’ultimo, dopo la collisione terminò la sua corsa contro un manufatto, il famigerato “toboga”, costruito appena marginalmente rispetto alla zona di sicurezza della pista, causando ulteriori vittime. Ma di questo, nessuno di “Civilavia/ENAC” centrale venne chiamato a rispondere nei successivi gradi di giudizio penale, che invece si accanirono a perseguire ed a condannare il Controllore della frequenza “Ground”, che era al suo posto di lavoro in Torre a compiere il proprio dovere, senza commettere alcun errore !
Orbene, a distanza di circa 10 anni dai fatti che ho cercato di riassumere, dal numero 30 del settimanale d’informazione aeronautica e aerospaziale “Air Press”, pubblicato in data 23 Luglio, ho potuto apprendere che nel corso del Convegno annuale del 17 Luglio, organizzato dal Centro Studi “Demetra” e dedicato al tema “Autorità dei Trasporti: riassetto istituzionale del comparto aerospaziale”, il suo Presidente Pierluigi Di Palma (ex Presidente di ENAC) ha consegnato al Presidente della Fondazione 8 Ottobre Paolo Pettinaroli il premio “Luigi Muratori 2012 ”, in riconoscimento dell’impegno della Fondazione «nella promozione della sicurezza del trasporto aereo, per aver saputo trasformare con grande dignità e al tempo stesso con eccezionale capacità il dolore personale per la perdita del figlio, in una positiva azione di costante stimolo nei confronti della complessa “filiera” [sic !] di soggetti pubblici e privati che operano nel settore del trasporto aereo …».
Le cronache riferiscono che nel suo intervento, il Presidente Pettinaroli ha rilevato «… la mancanza di risorse economiche in materia di sicurezza, esplicitando che c’è bisogno di interventi urgenti, in quanto sono emerse carenze di ENAC e di ANSV, dovute per lo più a mancanza di risorse economiche e conseguente difficoltà, per ENAC, di svolgere il proprio indispensabile ruolo di sorveglianza e di controllo, e, per ANSV di rispettare la tempistica indicata per la conduzione e la conclusione delle indagini sugli incidenti aerei, fondamentale ai fini della prevenzione … In questo panorama e dopo la presentazione del bilancio dell’ENAC, desta una certa perplessità l’iniziativa di costituire un’Autorità dei Trasporti, senza aver prima provveduto a rendere più efficiente ed efficace il sistema, dotandolo di quanto necessario, anche in termini di professionalità» !
E qui il “canto principale” si sarebbe concluso, così come evidentemente concordato con i responsabili degli Enti pubblici “colpiti dalle carenze denunciate”. Se non che dalla voce solista è uscito un altro acuto, dovuto al citato “costante stimolo” citato nella motivazione del premio di cui sopra.
Così il Presidente Pettinaroli ha ritenuto di dover annunciare che:- «La Fondazione 8 ottobre 2001 sta valutando di costituirsi Parte Civile nel procedimento penale relativo all’incidente Wind Jet di Punta Raisi [24 settembre 2010 ! – ndr], nel quale 158 persone hanno rischiato di perdere la vita e che sembra far emergere preoccupanti segnali di continuità con l’incidente di Linate, nonostante i dieci anni trascorsi».
Però il Presidente Pettinaroli, anche nella sua veste di esperto della “Flight Safety Foundation”, a suo competente parere, non ha ritenuto opportuno farci conoscere, almeno in quella sede, in quali settori della “complessa filiera di soggetti pubblici e privati” si collochino “i preoccupanti segnali di continuità” individuati.
A noi risulta soltanto che mentre nel caso di Linate un Investigatore dell’ANSV (prestato perfino come Consulente Tecnico al PM della Procura del Tribunale di Milano !) riuscì a presentare le sue personali “conclusioni” a spron battente (come s’usava dire al tempo della Cavalleria equestre), mentre nel terzo millennio d.C., al tempo della “Cavalleria dell’Aria”, il Collegio dell’ANSV non è ancora riuscito non dico a farci avere una Relazione Finale d’inchiesta sul grave evento di Punta Raisi 2010, ma neppure il previsto Interim Report, nel caso che le “Indagini complesse” avessero dovuto richiede un tempo superiore ad un anno per trarre delle “conclusioni”, così come richiesto dalle Norme internazionali dell’ICAO, sottoscritte anche dalla Repubblica Italiana e dalle sue istituzioni.
E dunque l’Italia dell’Avvocato dello Stato Pierluigi Di Palma di ieri e del Prof. Vito Riggio di oggi alla guida di ENAC, Ente pubblico non-economico, nato per D. Lgs. n. 25 del 25 Luglio 1997, con i compiti di (Art. 2) «a) regolamentazione tecnica ed attività ispettiva, sanzionatoria, di certificazione, di autorizzazione, di coordinamento e di controllo … b) razionalizzazione e modifica delle procedure attinenti i servizi aeroportuali … ed in relazione ai compiti di garanzia, di indirizzo e programmazione esercitati; c) … omissis … » e del Prof. Bruno Franchi alla guida di ANSV, nata per D. Lgs. n. 66 del 25 Febbraio 1999, con compiti e finalità di (Art. 3) «1. … condurre le inchieste tecniche … con il solo obiettivo di prevenire incidenti e “inconvenienti” [sic !], escludendo ogni valutazione di colpa o responsabilità» [mandato già tradito nel caso dell’inchiesta di Linate 2001 - ndr], nel 2012 ha bisogno invece che sia il Presidente d’una Fondazione privata che ricordi ai suddetti personaggi quali sarebbero i loro compiti istituzionali in merito ad un incidente che solo fortunosamente non ha causato vittime, ma che nella sua dinamica e soprattutto nelle sue sequenze dei mancati interventi “di garanzia” fan risaltare le carenze generali dell’Aviazione Civile italiana, comprese quelle finora trascurate relative ai mancati soccorsi sull’aeroporto palermitano la sera del 24 Settembre 2010. Evento questo del quale si sa che la magistratura competente ha già deciso di promuovere le sue specifiche azioni penali, mentre quelle investigative e correttive sia di ANSV che di ENAC non risultano tuttora pervenute all’attenzione di che dovrebbe provvedere a ripristinare la sicurezza delle operazioni di volo e di terra !
Ed in questa sofferta e calda estate … in questa povera Italia traballante sotto le mazzate che giungono da dentro e da fuori, ecco che puntualmente si presenta il caos dei voli nazionali, come titolano i media “tra crac e ritardi di low cost a terra”.
È mai possibile che nessuno dei responsabili degli Enti istituzionalmente preposti ai compiti ispettivi e di controllo sulle Compagnie italiane e straniere autorizzate ad esercire servizi aerei in e da/per l’Italia, non si sia accorta per tempo delle difficoltà operative e finanziarie degli Esercenti [e non “Operatori”, signori di ENAC ! – secondo quanto recita il Codice della Navigazione – Parte Prima – tuttora in vigore! – ndr] che stanno segnando negativamente questi giorni di esodo festivo?
Certo è che il Governo in carica, in tutt’altre faccende affaccendato … e ansiosamente impegnato, non ha finora trovato il tempo, con il suo Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti per intervenire e tirare le orecchie ai responsabili istituzionali del settore, così passivamente assenti. Di contro quegli stessi responsabili istituzionali han ben trovato il tempo, durante il Convegno di Demetra di dire la loro in merito alla nuova “Autorità dei Trasporti” decisa da tempo dal Governo, ma che in precedenza non aveva trovato alcuna voce di dissenso, se non la mia sommessa vocina di “contribuente” che definiva la nuova “creatura” come l’ennesimo “carrozzone” per far accomodare sulle sue poltrone … altri “amici degli amici”, così scontentando chi finora una poltrona sicura già l’aveva.
Ed, infatti, ancora a pag. 27 del citato numero di Air Press, possiamo leggere che il Presidente del Centro studi Demetra ha ritenuto di dover rilevare « la necessità di “razionalizzare” [sic !] il presidio istituzionale del comparto aerospaziale, per evitare inutili frammentazioni o duplicazioni di competenze, garantendo l’individuazione di uno “sportello unico” dell’operatore [??] anche per i servizi aeroportuali, nel timore che nell’attesa della piena operatività dell’Autorità dei Trasporti, il sistema venga ad essere governatola un regime transitorio tendente a stabilizzare le sovrapposizioni di procedure ricadenti nella competenza di diversi soggetti istituzionali [o burocratici ? – ndr] , lasciando ancora una volta gli “operatori” [quali stavolta ?] del settore in un clima di forte incertezza normativa, anche con riferimento all’individuazione dei competenti “centri decisionali”».
Ma mentre nei loro interventi, rispettivamente per l’On. Valducci, Presidente della Commissione Trasporti della Camera, «l’Autorità dei Trasporti rappresenta un importante strumento per “efficientare” [sic !] il sistema dell’aerospazio, garantendo certezza di investimenti ai privati [??] e monitoraggio delle tariffe», dichiarazione che rivela quali siano effettivamente gli interessi “politici” dei nostri Parlamentari, di contro per il Presidente di ENAC Prof. Riggio, «la creazione di una società unica del comparto, l’unione di ENAC con ENAV e Assoclearence è una questione complicata, perché mentre l’ENAV è una società per azioni [così trasformata a suo tempo, a seguito del passaggio ad “ente pubblico economico” – ndr], l’ENAC è un’agenzia pubblica [più correttamente l’ENAC è rimasto un “ente pubblico non-economico”, a seguito della mancata attuazione del punto 3 dell’Art. 1 del D. Lgs. n. 250/1997 - ndr]».
Ma Signori parlamentari, Signori politici, Signori Presidenti degli Enti tutti, non eravate forse sempre voi “sulla breccia” ai tempi della riforma codicistica del 2005, che avrebbe dovuto, secondo voi appunto, ”efficientare” il sistema dell’Aviazione Civile italiana, del Trasporto aereo e del comparto aeroportuale e che ora a distanza di oltre un anno dalla comparsa della proposta di istituire un altro carrozzone pubblico denominato “Autorità dei Trasporti” avreste avuto il dovere di far subito presenti tutte queste osservazioni, dubbi ed incertezze, per contribuire a far uscire questo Paese dalle morse della crisi e della burocrazia soffocante, eppure imbelle contro questi casi?
Spero soltanto che gli italiani si ricordino di tutto ciò alla prossima occasione elettorale e di distribuzione delle poltrone ! 18 agosto 2012
Incominciavo a sentirmi bene ed a respirare (a pagamento fiscale) un’aria nuova in Italia, in quanto per la prima estate, da ben 32 anni, il 27 Giugno era trascorso senza la reiterazione della stanca salmodia della commemorazione della “strage di Ustica” (pare che il Paese abbia qualcosa di più grave a cui pensare) ed ecco che il gatto e la volpe di Viterbo [sindaco ed assessore all’aeroporto che non c’è - ndr] hanno ritenuto il 6 Luglio di esternare alti lamenti in merito ad un intervento effettuato, in occasione di un Convegno indetto da Assaeroporti, dal Direttore Generale per gli Aeroporti e il Trasporto Aereo dell’accorpato Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (M.I.T.) retto pro-tempore dal Ministro Corrado Passera.
Orbene, il 5 Luglio il Direttore Generale per gli Aeroporti ed il Trasporto Aereo del M.I.T. Dottor G. M. Pelosi, nel corso del suo intervento al Convegno sul futuro del Trasporto Aereo in Italia, al quale era stato invitato ad intervenire quale relatore istituzionale, avrebbe avuto “il grave torto”, secondo il gatto e la volpe di Viterbo, di enunciare alcuni propri convincimenti tecnico istituzionali in merito al “Piano nazionale aeroporti”, così come visto da parte dell’organo amministrativo dello Stato, di cui è parte competente.
Il Dottor Pelosi dunque ha comunicato all’uditorio che «gli scali di Grazzanise e Viterbo, inseriti da ENAC nella proposta del piano nazionale aeroporti, rispettivamente quale nuovo terminale aeroportuale della Campania e terzo del Lazio, non rispondono ai criteri del Ministero in termini di contenimento della spesa, che non vedrà scali chiusi, ma neanche nuovi scali».
Sul tema, è doveroso notare che il 25 Maggio, la Corte dei Conti aveva già sentenziato che «… è condivisibile l’ipotesi di non procedere alla realizzazione di nuovi scali, malgrado diffuse istanze localistiche di vario genere… nella considerazione che i 104 aeroporti italiani sono un numero consistente … della difficile situazione economica del Paese e della necessità di una attenta valutazione dell’impiego delle risorse finanziarie pubbliche», valutazione importante, della quale avevo già dato conto sulla mia rubrica edita dal sito del centro studi Aerohabitat.
Ed intanto, malgrado ciò, ENAC, a sorpresa, annunziava l’avvio delle operazioni di lancio commerciale dell’aeroporto di Comiso (attualmente utilizzato per le prove della Formula Uno !) assecondando le pressioni dalla Regione Sicilia.
Dunque, per il gatto e la volpe di Viterbo il Dottor Pelosi, nel proseguire nella sua esposizione, avrebbe avuto il grave torto di esprimere «… perplessità sul fatto che delocalizzando l’attività di Ciampino e di Fiumicino su Viterbo si possa riuscire a portare vettori low cost su quel territorio»!
E precisava che per realizzare ed aprire un aeroporto [che non c’è – ndr] a Viterbo «… occorrerebbero circa 700 milioni di euro di investimenti pubblici e 300 milioni di autofinanziamento privato, un miliardo circa, che, in una fase di crisi come quella che stiamo vivendo dovrebbe attirare l’attenzione di tutti».
Di tutto ciò, il gatto e la volpe di Viterbo (entrambi nominalmente presenti al Convegno), ma talmente “distratti” da affermare che il Dottor Pelosi non avrebbe detto in quella sede quanto sopra sinteticamente riportato, bensì successivamente in un proprio comunicato stampa.
A dimostrazione che il Dottor Pelosi non aveva nulla di personale contro Viterbo, vale la pena di riportare anche il suo pensiero, espresso al Convegno, in merito all’aeroporto di Grazzanise:- «Su Grazzanise abbiamo preso una posizione molto forte e rigida, ritenendolo inutile, quando esiste un aeroporto a Salerno, sulla costiera amalfitana, che può attrarre un traffico turistico privilegiato e ricco; invece di impegnare cospicue risorse anche pubbliche per un nuovo aeroporto, vale semmai la pena di concentrarsi sull’eventuale ristrutturazione di Salerno Pontecagnano».
Tant’è che anche la Corte dei Conti, così commentava fin dallo scorso Maggio:- «Visto che si prospetta la realizzazione di due nuovo scali:- l’aeroporto di Napoli-Grazzanise in sostituzione di Napoli-Capodichino e quello di Viterbo, quale nuovo terzo scalo del Lazio, nell’attuale congiuntura economica del Paese caratterizzata, com’è ben noto, da una scarsità di risorse finanziarie pubbliche, desta qualche perplessità, l’eventualità di una sostanziale dismissione di un aeroporto di notevole rilievo e recentemente radicalmente ristrutturato con fondi strutturali affidati dal Ministero dei Trasporti all’ENAC»!
E così, fatalmente, ritorniamo alle scelte … chiaramente clientelari dell’ENAC, con le sue attenzioni verso le istanze locali piuttosto che verso le possibilità attuali del Paese.
Ora, ritornando al gatto e alla volpe di Viterbo, se bisogna rilevare che entrambi, distrattamente, non hanno sentito quanto affermava il Dottor Pelosi nel suo intervento, nel mentre questa risulta essere soltanto un piccolo incidente di percorso, quelle successive, contenute nel comunicato stampa emesso congiuntamente, sono ancora più lacunose e per certi versi offensive del ruolo assegnato all’alta amministrazione dello Stato.
Nel loro comunicato del 6 Luglio il gatto e la volpe di Viterbo hanno definito “fuorvianti” le espressioni usate dal Dottor Pelosi, perché «… in antitesi con il recente rapporto presentato a metà Giugno dal Presidente dell’ENAC Prof. Riggio », ma non si peritano di dire che quelle ”scelte strategiche” erano di non meno di cinque anni fa e … da allora i tempi sono decisamente cambiati in peggio … e non solo per il trasporto ed il traffico aereo italiano !
Infatti il gatto e la volpe di Viterbo insistono con il dire che l’aeroporto di Ciampino doveva essere considerato (con l’avvento operativo di Viterbo, programmato nel 2007 per essere aperto al traffico nel giro di due anni !!!!) quale City airport, ma ancora una volta si scordano di dire che viceversa l’aeroporto di Ciampino – in quanto giuridicamente delocalizzato sul suolo etrusco - doveva esser “chiuso” per le proteste degli abitanti del circondario, che, sembrava non potessero vivere per il rumore prodotto dagli aeroplani; proteste che invece nel tempo si sono acquietate per il timore di perdere i proventi prodotti dall’indotto del funzionamento di quello scalo romano. Già, ma allora al Governo c’era un certo … Berlusconi e qualsiasi motivo era buono per aizzare la piazza !
E si scordano pure da dire che anche quando le opere infrastrutturali necessarie dovessero essere pronte, i collegamenti ferroviari con Roma richiederebbero pur sempre almeno un’ora. Tutti queste le “doglianze” sollevate dal gatto e dalla volpe di Viterbo, per poter definire estemporanee le dichiarazioni del Dottor Pelosi in merito alle sue perplessità tecniche sull’utilità dell’aeroporto di Viterbo quale “terzo scalo del Lazio” !
Infine trovano ancora da ridire sul fatto che il Dottor Pelosi esprima i suoi convincimenti tecnici “soltanto ora e senza aver mai partecipato alla cabina di regìa”, esprimendo ciò a nome del Ministero cui appartiene.
Orbene questo gatto e questa volpe di Viterbo – allorquando richiamano a sproposito la spending review auspicando la soppressione di un essenziale Dipartimento del dicastero solo perché non acquiescente alle loro fantasiose prospettazioni - non hanno neppure le idee chiare su quale gradino ordinamentale sia posto il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, con i suoi poteri di indirizzo e di sorveglianza sui trasporti e su quale gradino stia l’ENAC, ente pubblico non-economico, nato per gestire e disciplinare gli affari correnti dell’Aviazione Civile nazionale ! E tanto basti ! 19 luglio 2012
Ancora una volta questo “Governo tecnico”, formato da esponenti dell’alta finanza e da eminenti cattedratici ha finito per sfornare l’ennesima “Authority” composta da eminentissimi e competenti membri del ramo economo-politico, al fine di far funzionare una nuova “Autorità di regolazione dei Trasporti”, laddove per regolazione s’intende esclusivamente quella tariffaria e di accesso ai servizi, nelle varie articolazioni dei settori della mobilità e dei trasporti, secondo l’intendimento di favorire la protezione dell’utenza.
L’Autorità sarebbe «competente nel settore dei trasporti e dell’accesso alle relative infrastrutture ed ai servizi accessori per l’utenza, in conformità con la disciplina europea, provvedendo a garantire, secondo metodologie che incentivino la concorrenza [vecchio leit motif di tutte le Direttive europee- ndr], l’efficienza produttiva delle gestioni ed il contenimento dei costi per gli utenti, le imprese ed i consumatori [altrettanto ottimi – sulla carta - intendimenti europei – ndr], condizioni di accesso eque e non discriminatorie alle infrastrutture ferroviarie, portuali, aeroportuali ed alle reti autostradali», in quest’ultimo caso però «fatte salve le competenze della già esistente Agenzia per le infrastrutture stradali ed autostradali» !
Dunque un nuovo carrozzone burocratico vede la luce e con la scusa di voler garantire la salvaguardia dei diritti degli utenti, intende invece regolamentare ancor più il settore delle concessioni in gestione, anche irrogando sanzioni amministrative e pecuniarie «il cui ricavato … sarà destinato [?] … ad un fondo di finanziamento di “progetti a vantaggio dei consumatori” dei settori dei trasporti, “qualora approvati” dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti», su proposta dell’Autorità», cui ha dato i natali ! Mah !
Tutto ciò «… con particolare riguardo al “settore aeroportuale”, a svolgere TUTTE le funzioni di Autorità di vigilanza, istituita dal D. Legge n. 1/2012, in attuazione delle Direttiva 2009/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 11 Marzo 2009, concernente i diritti aeroportuali» !
Ma non bastava l’ENAC con le sue “Direzioni di aeroporto”, non più operative come nel passato, successivamente alla “pre-riforma del Codice della Navigazione – Parte Aerea” e quindi prettamente “burocratiche “?
Per intanto viene comunicato che la nuova Autorità, in attesa del “via libera” da parte delle competenti Commissioni parlamentari [ma figuriamoci, si creano altre poltrone ! – ndr] risulta composta da tre membri designati e proposti dall’onnipotente Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti [nonché dello “Sviluppo economico” - ndr].
Il Presidente designato risulta essere il Prof. Mario Sebastiani (anni 68) ordinario di Economia Politica dell’Università di Roma “Tor Vergata”, membro l’ex Presidente del Consiglio di Stato Prof. Pasquale De Lise (anni 75) ed ancora la Dott.ssa Barbara Marinali (anni 48), dirigente generale del Ministero guidato pro-tempore appunto dal Ministro Passera.
Tutti costoro hanno all’attivo brillantissime carriere nel ramo amministrativo e particolarmente in materia appunto di regolamentazione tariffaria di servizi e concessioni e relativi accessori, ma senza alcuna competenza per poter giudicare l’idoneità delle infrastrutture in concessione ai gestori, particolarmente quelli aeroportuali, ma anche di quelle in concessione ai servizi ferroviari e ai pubblici traghetti marittimi, sulle quali spesso si presentano anormalità ed avarie dovute alla vetustà dei mezzi utilizzati e della mancanza di addestramento alle operazioni di sicurezza e di soccorso dei trasportati, addestramento che invece è ben disciplinato nel trasporto aereo. Invece le altre gestioni in concessione avrebbero bisogno d’essere attentamente monitorate e valutate allo scopo di irrogare severe sanzioni pecuniarie riparatrici quando non gestite con rispetto dell’incolumità dei trasportati. Esempio più prossimo in campo aeroportuale è quello dell’ENAC, che dovrebbe assicurare quella sorveglianza per mandato istituzionale di presidio di garanzia.
Infine, per rendere “operativo” il nuovo carrozzone, manca ancora la scelta della sede, che, in virtù del decentramento dei pubblici uffici (che forse farebbe respirare un po’ Roma) viene contesa da diversi pretendenti, uno dei quali è la città di Orvieto, che vanta una posizione baricentrica ed offre edifici pubblici adeguati e disponibili ad accogliere il nuovo organismo. 4 luglio 2012
Giorni fa, il 22 Maggio, nel pomeriggio, si è tenuta a Roma un Convegno dal pretenzioso titolo quasi divinatorio (dato che nulla è dato di sapere del famoso “Piano Aeroporti italiani”) dedicato al tema “Aeroporti italiani: quale futuro ?”, organizzato dalla SITA in collaborazione con l’Università di Bologna.
Al dibattito avevano assicurato la loro partecipazione ufficiale Gerardo Mastrandrea – Capo Ufficio Legislativo Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti; Vito Riggio – Presidente ENAC; Massimo Garbini – Amministratore Unico ENAV; Paolo Onofri – Segretario Generale Prometeia Associazione – Università di Bologna; Lorenzo Lo Presti – Amm. Del. Aeroporti di Roma Spa; Stefano Baronci – Segretario Generale Assaeroporti; Anna Masutti – Università di Bologna.
Data pressoché per scontata la prevedibile assenza istituzionale del Presidente Riggio, visto l’impegnativo tema di tipo decisionale nazionale che si sarebbe dovuto trattare ed illustrare e pertanto sostituito dall’Ing. Cardi (Direzione Centrale Infrastrutture Aeroporti), e quella ancora più prevedibile (in quanto non annunciata) del Ministro pro-tempore C. Passera, rappresentato appunto dal suo Capoufficio legislativo e quindi ben lontano dal poter esporre qualcosa di impegnativo nei confronti della pubblica opinione presente con tecnici e stampa specializzata, oltre che da esperti del ramo.
Anche il resto dei relatori ha deluso le aspettative dell’uditorio accorso ad ascoltare le novità sul … futuro degli aeroporti italiani!
Molti pensavano che forse si sarebbe sollevato almeno un lembo del velo misterioso che da oltre due anni avvolge e copre il prodotto di quell’incarico affidato a Nomisma ed associati (pagato a caro prezzo, sul quale nemmeno la Corte dei Conti ha mai indagato), che era stato affidato dall’allora Ministro A. Matteoli a quel Consorzio, con il compito di studiare e proporre soluzioni alla situazione degli esistenti aeroporti civili italiani, inclusi quelli che negli anni più recenti sono stati dismessi dall’Aeronautica Militare e prontamente affidati al Demanio degli aeroporti civili che devono essere amministrati da ENAC, attraverso affidatarie Società locali di gestione. Quindi, di proporre un “Piano aeroporti” che fosse accettabile e sostenibile per il Paese, già allora in difficoltà economiche.
Ebbene, nulla di quanto ci si potesse legittimamente aspettare come conclusione di quell’incarico è stato trattato in questo Convegno del 22 Maggio, anzi l’uditorio ha potuto soltanto ricavare l’impressione che l’orchestra dei relatori fosse tutta accordata su di un’unica nota: quella di evidenziare «il fermo delle tariffe», (ma non delle tasse a carico degli utenti del trasporto aereo) e conseguentemente, la scarsa capacità delle Gestioni e delle Amministrazioni aeroportuali, esclusa AdR a pensare di effettuare realmente degli investimenti, anche quelli più indispensabili !
Potrebbe essere un buon punto emblematico di ciò la posizione contraria assunta ed espressa (in altra sede) dal Ministro Passera in merito alla vecchia aspirazione di ENAC di trasferire l’aeroporto di Napoli-Capodichino a Grazzanise, aeroporto militare (dismissibile per l’A. M.), ma altrettanto inadatto – a parere dello scrivente – quasi quanto Capodichino a ricevere il traffico aereo degli aeromobili commerciali del ventunesimo secolo !
Quindi i relatori istituzionali si son limitati soltanto a battere il ferro ormai caldo dell’argomento delle tariffe bloccate e sul fatto che sarebbero molto graditi investimenti privati [ma che originali ! - ndr], altrimenti … gli investimenti necessari diverrebbero problematici … , mentre altri, come l’A.U. di ENAV (Capitale del Tesoro) e Ing. Cardi (ENAC), sono andati semplicemente fuori tema, trattando argomenti poco o per niente “aeroportuali”.
Così, non uno dei relatori ha saputo o potuto informare l’uditorio e gli eventuali “ricercati investitori di capitali” interessati a conoscere come il MIT e l’ENAC intendano “fare sistema” del guazzabuglio degli aeroporti civili italiani.
Certo, di questi tempi, sia per i politici che per i rappresentanti delle istituzioni è molto difficile potersi o volersi impegnare con piani originali e produttivi e quindi è molto meglio tirare a campare “fin che la barca va” ed apparire soltanto quel tanto indispensabile a garantirsi lo stipendio a fine mese e liquidazioni e prebende a fine mandato, in modo che siano congrui ed adeguati alle rispettive aspettative!
Ma, neanche a farlo apposta, a rompere le uova nel paniere, solo tre giorni dopo questa pubblica delusione (e non per colpa della SITA), ecco che la Corte dei Conti se ne esce con una specie di tomba sepolcrale sul progetto [cito testualmente – ndr] che «… prospetta la realizzazione di due nuovo scali:- l’aeroporto di Napoli-Grazzanise in sostituzione di Napoli-Capodichino e quello di Viterbo, quale “nuovo” terzo scalo del Lazio»! Da notare che quest’ultimo sembra ancora fattibile per la programmazione di AdR !
Ebbene, in materia, la Magistratura contabile ritiene di dover affermare: «…desta, specie nell’attuale congiuntura economica del Paese, qualche perplessità l’eventualità di una sostanziale dismissione di un aeroporto di notevole rilievo e recentemente radicalmente ristrutturato con fondi strutturali, affidati dal Ministero dei Trasporti all’ENAC». E poi prosegue affermando che l’aeroporto di Capodichino mostra una capacità, sia sul lato terra che sul lato aria, con la configurazione operativa esistente, tra i 9 e i 10.5 milioni di passeggeri/anno, capacità autorizzata dalla VIA [Valutazione d’Impatto Ambientale - ndr)], a fronte di un numero di passeggeri/anno, attuali fino al 2011, di circa 6 milioni. E conclude, in base anche ad altre considerazioni argomentate:- «Pertanto, sembra a questa Corte che la pianificazione dell’allocazione di risorse finanziarie ulteriori per il nuovo hub nell’area napoletana, che determinerebbe la marginalizzazione dell’utilità delle risorse già ivi impiegata, andrebbe meditata !».
E, per carità di Patria, non parliamo poi dell’idea dell’aeroporto di Viterbo quale “terzo scalo “ del Lazio, in realtà una dependance inutile, se verranno realizzati gli investimenti per l’ampliamento dell’aeroporto di Fiumicino, massimo hub italiano!
Infine, a mettere un’ulteriore ciliegina (avvelenata) sulle aspirazioni di ENAC quale autorità di normazione del Trasporto Aereo, ecco ancora la Corte contabile che se ne esce con un’altra lapidaria quanto sibillina affermazione.
Questo il contenuto finale della Corte che lo sostiene nella sua relazione annuale sull’ENAC:-«… ritiene opportuno altresì che vengano rimeditati i rapporti tra Autorità dei Trasporti ed ENAC».
Comunque, quale opinione dello scrivente, questo escute qualsiasi altro commento, salvo il dovere di segnalare che questo è il pensiero di ciò che la Corte stessa nutre nei confronti dell’efficienza di certe istituzioni volute dall’esecutivo ed esistenti nei Trasporti nazionali.
Quindi, le conclusioni le lascio trarre all’intelligenza di chi mi legge. 5 giugno 2012
in qualità di referente in merito alla vigilanza sull’ANSV-Agenzia Nazionale Sicurezza Volo.
Quali contribuenti ed esperti di sicurezza del volo intendiamo segnalare pubblicamente all’Autorità preposta alla vigilanza sull’operato dell’Agenzia Nazionale Sicurezza Volo – ANSV - in base al D. Lgs. 25 febbraio 1999 n. 66, la nostra preoccupazione in merito al modus operandi di detta Agenzia.
In particolare desideriamo esternare le nostre preoccupazioni relative al ritardo nella pubblicazione del Final Report dell’investigazione sul grave incidente aeronautico di Palermo Punta Raisi del 24 settembre 2010.
A 15 mesi dall’evento ed in contrasto con la normativa internazionale ICAO - Annesso 13 e del Regolamento (UE) n. 996/2010 che dispongono la pubblicazione della Relazione Finale d’inchiesta o comunque una Relazione intermedia entro 12 mesi dall’evento, l’ANSV fino ad oggi si è limitata a diffondere solo 5 cinque scarni comunicati e due raccomandazioni (all. 1) che, a nostro parere, sono estremamente marginali rispetto alla gravità dell’evento. Ben altre dovrebbero essere le raccomandazioni che dovrebbero riguardare sia l’addestramento dei piloti che la gestione operativa della Compagnia aerea senza escludere anche il conosciuto grave fatto riguardante il lacunoso funzionamento del piano di emergenza aeroportuale.
Quali cultori della prevenzione e della sicurezza del volo, dopo 17 mesi esatti dall’evento, non ci tranquillizza questa tardiva sensibilità che l’ANSV dimostra proprio nei confronti della prevenzione degli incidenti. L’emettere una seconda “Raccomandazione di sicurezza” per narrarci che <l’adeguata evidenziazione grafica delle informazioni essenziali sulle cartine aeronautiche “per l’effettuazione di una procedura strumentale, favorirebbe l’incremento della sicurezza del volo> [versione del testo da noi ritoccata per rispetto della lingua italiana – ndr] sarebbe alla base di un incidente del quale ancora non viene fornito almeno un rapporto intermedio che consenta di capire la causa o le cause dell’evento stesso, per adottare le necessarie misure preventive e correttive nelle operazioni di quella Compagnia esercente quel tipo di operazioni.
Ci si vuol far credere che questa Raccomandazione, qualora attuata, avrebbe evitato il disastro? Ma chi l’ha scritta sa almeno che selezionare la frequenza di un apparato radio appropriato per ricevere i segnali di un VOR o TVOR comporta l’automatica accensione e presentazione dei dati anche del collegato DME (Distance Measurement Equipment) ?
E siccome il DME del VOR utilizzato non è risultato essere in avaria, allora i piloti di quel volo avevano ben visibili sia le indicazioni azimutali del VOR che quelle di distanza fornita dal DME.
E non ci si venga a dire che due piloti certificati per il volo strumentale ed abilitati alla guida di un A. 319 non sapevano di dover utilizzare anche di dati del DME per effettuare quella procedura !
Purtroppo già in altre occasioni la durata delle investigazioni da parte dell’Agenzia sono risultate eccessivamente lunghe (incidenti di Linate, Picco 7 Fratelli - Cagliari) o addirittura non completate (Trigoria) e sicuramente protrattesi oltre i termini stabiliti dalla regolamentazione internazionale e sono state esiziali per le conseguenze penali prodotte, non tecnicamente provate.
Infine, il punto che più ci preme sottolineare è quello che la pubblicazione delle risultanze dell’investigazione tecnica servono primariamente e solamente per identificare quali siano state le cause per poter prevenire il ripetersi di tal genere di gravi incident. F.to:- Com.ti Renzo Dentesano e Bernardino Bosello.
5 marzo 2012
Regressi nella civiltà delle genti !)
Parliamo ora dei fatti di inciviltà delle genti del mondo, del resto da me più volte denunciate, ma che purtroppo vanno intensificandosi, soprattutto laddove noia e benessere inducono degli autentici criminali a munirsi di micidiali puntatori Laser, ora in vendita anche a basso prezzo, per provare il brivido di indirizzarli contro le cabine di pilotaggio degli aeroplani con il rischio di causare un incidente in volo!
Ultimamente vengono riportati anche alcuni casi sporadici di “raggi verdi” diretti anche contro le vetrate di alcune Torri di Controllo, anche se in questo settore i casi sono più rari, forse nel timore, da parte dei “criminali” di essere localizzati, scoperti ed arrestati in flagranza dalle Forze dell’ordine.
La prevenzione contro questi reati è scarsa dappertutto perché mancano apposite regolamentazioni sul commercio di tali armi offensive potenziali (che invece esistono per le confezioni di spray al peperoncino !) e la repressione è molto difficile per la facile eludibilità di venir scoperti in flagranza di reato. Flagranza di reato contemplata dalle legislazioni di pochi Paesi, perché quelli civilmente evoluti raramente ne soffrono e quindi non è sentita l’esigenza di proporre adeguate misure preventive o repressive, mentre dove le genti sono divenute via via più incivili (anche se più benestanti ed annoiate), i legislatori sembrano in tutt’altre faccende affaccendati. Basti pensare a quello che avveniva e che in certi casi ancora avviene in certi stadi di calcio italiani !
Una buona notizia tuttavia arriva dagli Stati Uniti dove (testuale) «le pene previste per il disturbo dell’attività di aeroplani ed elicotteri sono molto pesanti e nel caso di puntatori Laser possono arrivare fino a 20 anni di reclusione. Questo è quanto potrebbe toccare ad un individuo, certo Bryan David che è stato arrestato a Saint Peter (Mn – USA) in flagranza di reato mentre puntava il suo raggio verde contro un aereo in volo presso un aeroporto. Costui è stato incriminato formalmente sotto precisa accusa ed attualmente è in attesa di giudizio».
Questo deprecabile fenomeno purtroppo vive una pericolosa recrudescenza anche in Europa ed in Italia, dove si sono registrati decine e decine di casi soprattutto al Sud. Una pratica più che deprecabile che viene attuata soprattutto nelle vicinanze degli aeroporti, puntando il raggio Laser verso la cabina di pilotaggio proprio nelle fasi più delicate del volo, i decolli e gli atterraggi.
Un malinteso “gioco” che per ignoranza o per dolo può trasformarsi in un disastro o in una tragedia.
I disturbi alla navigazione dovuti ai casi di puntatori Laser utilizzati contro aeroplani o Torri di Controllo rientrano soltanto tra le tematiche emergenti di rischio citate solo nel “Safety Plan 2012 - 2015 dell’ENAC, mentre non sembrerebbe rinvenibile una vera e propria prescrizione di prevenzione neppure nella più recente edizione del Regolamento GEN dell’Ente, laddove non è ancora contemplata l’obbligatorietà della segnalazione dei casi di abbagliamento (o cecità temporanea) di Piloti e Controllori dovuti all’uso di puntatori Laser contro i loro occhi, durante l’esercizio delle loro rispettive funzioni.
Ma non sarebbe stato invece opportuno e necessario che l’ENAC avesse avuto l’iniziativa di proporre una norma di adeguamento della legislazione in merito ai casi di disturbo o di attentato contro la navigazione aerea e contro i suoi Enti di controllo del traffico ?
Nel Decreto Legislativo n. 250/1997 istitutivo dell’Ente, all’art. 2 è stabilito che tra le attività assegnate vi sia anche quello sanzionatorio in relazione ai compiti di garanzia e di indirizzo esercitati sul settore. E, sempre in virtù del citato D.L., anche il Ministero dei Trasporti e della Navigazione (ora trasformato in dicastero delle Infrastrutture e dei Trasporti), potrebbe fornire una specifica indicazione nell’ambito dei suoi poteri di vigilanza e controllo sull’ENAC, inteso come Ente pubblico non economico e come tale responsabile che la regolamentazione ENAC tuteli, in tutti i modi, la sicurezza della navigazione aerea.
In generale, v’è da aggiungere, a distanza di 15 anni dalla sua istituzione, che l’ENAC, quale ente pubblico non-economico potrebbe ora trovarsi nella necessità di rivedere il suo ruolo e le sue funzioni adeguandole alle mutazioni in corso, tant’è che neppure i giuristi sono riusciti a dare un’interpretazione univoca di tale istituto,limitandosi ad affermare che sono che sono «“strumentali” rispetto alle amministrazioni statali e delegati [solamente - ndr] a gestire specifici servizi o a tutelare interessi pubblici senza lucro e che agiscono con strumenti di diritto privato». Un po’ poco, no?
Ecco dunque perché personalmente ritengo che ENAC e MIT, assieme e concordemente, debbano chiedere al Parlamento di regolamentare l’utilizzo “privato” dei puntatori Laser e sanzionarne l’uso improprio, vero attentato contro la navigazione aerea !
Ma di questi tempi, dove i legislatori sono in tutt’altre faccende affaccendati, temo vi sia poco da sperare, fin quando … il destino (Dio non voglia !), non ci proponga qualche altra sciagura. 27 febbraio 2012
Quella del 21 dicembre 2011 rimarrà per sempre una data storica per i Piloti delle Aerolinee statunitensi, che dopo quasi 25 anni di rivendicazioni e battaglie legali condotte dall’Air Line Pilots Association – ALPA – vedono finalmente la FAA/USA pubblicare la propria definitiva norma regolamentare sulle “ore di volo e di servizio”, che apporta una radicale modifica alle precedenti vetuste regole in materia del riposo che dev’essere goduto dai Piloti delle Linee Aeree approvate per il trasporto pubblico di passeggeri, sia quello “regolare” (scheduled) che “a domanda” (charter).
Questa volta la normativa in materia è stata decisa sulla base di appositi studi, ricerche e test condotti scientificamente.
Le Compagnie Aeree statunitensi avranno a disposizione un tempo massimo di 2 anni per conformarsi alle nuove norme approvate, che impongono ai Piloti di avere 10 ore minime di riposo (2 ore in più che in precedenza) prima di intraprendere un volo.
Inoltre, la nuova normativa operativa definisce ex novo il “tempo di servizio di volo”, includendo in esso qualsiasi servizio “di trasferimento fuori servizio” comandato dalla Compagnia, come pure il tempo trascorso all’addestramento, al simulatore di volo [dato che “addestramento in volo” non se ne fa più, per tagliare i costi delle ore di volo ! – ndr] e qualsiasi altro impiego assegnato dalla Compagnia.
Ed ancora, ciascun Pilota dovrà aver goduto di 30 ore consecutive libere dal servizio su base settimanale (con un incremento di circa il 25% rispetto alle precedenti norme) ed anche nuovi limiti mensili di volo.
Un’altra grande novità consiste nel fatto che ciascun Pilota, prima di iniziare il servizio di volo assegnato, debba firmare sul piano di volo approvato che “egli o ella si dichiara idoneo fisicamente al servizio di volo” !
L’Aerolinea da parte sua dovrà provvedere all’immediata sostituzione di coloro che abbiano “determinato” di non essere in condizioni di volare [non è detto se con successivi riscontri medici – ndr].
Ecco, … fin qui le rose, ma poi esistono anche le spine !
Infatti, la nuova regolamentazione non si applica ai Piloti che affrontano lunghe ore di volo “fuori servizio” per recarsi all’aeroporto dove dovranno prendere servizio attivo per la Compagnia di appartenenza e neppure si applica … - udite, udite ! –
ai Piloti delle Compagnie Aeree Cargo ed Air Taxi !
Il Segretario al Department of Transportation USA ha definito questa approvata dalla FAA una “regolamentazione scientifica” che rimarrà una pietra miliare atta a «garantire ai piloti l’opportunità di avere l’appropriato riposo fisico prima di entrare nuovamente nella cabina di pilotaggio di un aeroplano».
Ha poi giustificato l’esclusione dai benefici della legge dei Piloti assegnati ai voli cargo e di lavoro di aerotaxi definendo “troppo costosa” la loro eventuale inclusione nel pacchetto pattuito per poterne “giustificare per legge i benefici dell’eventuale inclusione anche di quel settore”, ma che comunque avrebbe già deciso di convocare una riunione, nel mese di Gennaio, con i Capi delle Aerolinee del settore Cargo per invitarli ad adottare volontariamente la nuova regolamentazione. Con ciò implicitamente riconoscendo la necessità di tutelare la sicurezza anche dei Piloti di quel settore dalle conseguenze, già per lungo tempo sperimentate, degli effetti della stanchezza fisica e della mancanza di adeguato riposo rigenerante.
Mossa tipicamente politica, che dimostra … che tutto il mondo è paese e che gli “interessi forti” prevalgono sempre su quelli della … sicurezza del volo !
La FAA a sua volta dichiara di aver fatto una propria analisi valutativa dei costi collegati all’innovazione regolamentare, stimandone il costo relativo da affrontare da parte delle Compagnie Aeree USA nell’ordine di 297 milioni di $, ma di valutare tra 247 e 470 milioni di $ i benefici economici, nell’arco di 10 anni, derivanti dalla nuova legislazione, attraverso la riduzione dei disastri aerei provocati dalla stanchezza dei Piloti.
L’ALPA, mentre si dichiara soddisfatta per i Piloti delle Linee Aere di trasporto passeggeri, esprime amara delusione per l’esclusione dei Piloti di aeromobili Cargo, mentre i Piloti appartenenti alla “Indipendent Pilot Association” che rappresenta i Piloti dell’UPS (trasporti postali e merci) si dichiara decisamente preoccupata perché «così si consente ai Piloti degli aeromobili cargo, potenzialmente affaticati, a condividere e a “competere” lo stesso spazio aereo con Piloti appropriatamente riposati, creandosi così un inutile pericolo per la pubblica incolumità».
Da parte mia debbo però rilevare di non aver mai sentito né ALPA né IPA una sola parola di preoccupazione o di protesta (anche per la potenziale perdita di posti di lavoro !) nel dover condividere lo spazio aereo nazionale degli USA con gli UAS/UAV, ammessi a volare senza ancora aver raggiunto la maturità sulla quale si basa la tecnologia del “sense and avoid” !
Non sarebbe dunque il caso di esternare anche questo tipo di preoccupazione per la sicurezza dei cieli statunitensi ? 4 gennaio 2012
Facendo seguito al mio articolo sulla prossima adozione all’aeroporto di Francoforte del “rimorchiatore” di aeromobili denominato “TAXIBot” prodotto dalla “Israel Aircraft Industry”, ora parimenti un diverso Costruttore è riuscito a convincere la Compagnia Aerea EL AL ad adottare il “WheelTug” (“Trascinatore a ruote” – in italiano) di concezione e produzione della “WheelTug plc”, ditta che ha sede legale a Gibilterra (città che nell’ambito dell’Unione Europea ha un trattamento speciale e gode d’una regolamentazione aeronautica altrettanto speciale).
La Compagnia Aerea ha deciso di adottare tale sistema che dovrà essere installato permanentemente sul carrello anteriore dei Boeing B737 della serie 700 e 800 (già in linea) ed i prossimi arrivi della serie 800 (ordinati) per movimentare al suolo i propri aeromobili con l’intento di risparmiare carburante e limitare l’inquinamento atmosferico.
In realtà, ciò che è stato oggetto di contratto tra l’Aerolinea ed il Costruttore del “WheelTug” è che «il Vettore otterrà una parte consistente della produzione iniziale del sistema “WheelTug drive system”», letteralmente:- “Trascinatore a ruote con sistema di trazione”).
La costruzione avverrà presso lo stabilimento della ditta costruttrice situato in Israele, che è di proprietà della “Borealis Exploration Ltd” sempre con sede legale a Gibilterra. Il progetto di questo sistema ha visto la luce fin dal Maggio 2005 e finalmente è giunto a maturità con questo ordine industriale (e forse con altri).
Dunque, l’impianto di propulsione al suolo per gli aeromobili commerciali utilizza un motore elettrico che agisce direttamente sul mozzo delle ruote del carrello anteriore, consentendo così il movimento autonomo (anche in retromarcia) di uscita/entrata dai/ai parcheggi ed il rullaggio fino alla pista o dalla pista al molo di parcheggio senza utilizzare i reattori del velivolo. L’impianto muove l’aeromobile utilizzando l’energia elettrica fornita dall’Auxiliary Power Unit – APU (Gruppo ausiliario di potenza) di bordo e sarà utilizzato direttamente dai piloti per tutte le manovre e gli spostamenti al suolo senza l’utilizzo dei reattori.
Oltre al risparmio di carburante ed al conseguente inquinamento ambientale, sia sonico che gassoso, il sistema dovrebbe contribuire ad evitare anche il rischio di danneggiamento dei motori degli aeromobili per ingestione di oggetti estranei risucchiati dal suolo.
Infine il sistema dovrebbe consentire un sostanziale risparmio sulle spese operative di ciascuna tratta commerciale tipica che avviene per il rullaggio sui grandi aeroporti dove il tempo medio per questa manovra prima del decollo comporta circa 25 minuti di utilizzo dei reattori del velivolo in rullaggio. Siccome sulle rotte tipiche di corto-medio raggio i velivoli commerciali passano un percentuale significativa del loro tempo sulle vie di rullaggio degli aeroporti di maggior traffico, il risparmio operativo dovrebbe essere abbastanza notevole. Vedremo! 10 dicembre 2011
Sarà tutto vero, oppure no, ma resta il fatto che l’Air France è di nuovo nell’occhio del ciclone, assieme ai suoi Piloti, per problemi inerenti la sicurezza del volo esistente internamente alla Compagnia.
Il sito “blitz quotidiano” il 18 Novembre 2011 sotto il titolo “Air France: polemiche sulla sicurezza dei voli e la qualità dei piloti” ha pubblicato la notizia, ripresa dal quotidiano francese “Nouvel Observateur”, che, a seguito di uno studio commissionato dalla stessa Compagnia Aerea all’Università statunitense di Austin (TX), «gran parte dei piloti di Air France sono risultati eccellenti, ma nella Compagnia c’è anche un numero maggiore di “cattivi elementi” rispetto ai concorrenti europei».
La relazione, venuta a conoscenza del quotidiano francese che la pubblica, sarebbe il risultato d’uno studio denominato “Line Operation Safety Audit”, cioè “Verifica sulla sicurezza delle operazioni di volo” e di una valutazione effettuata da quaranta piloti Air France che hanno esaminato i loro colleghi ai comandi di aeromobili diretti verso tutte le destinazioni del mondo della Compagnia durante ben 420 voli di linea.
Prontamente Air France ha contestato questa interpretazione dello studio. Dalle colonne dell’Express il Comandante Prévot, portavoce delle Operazioni di volo di Air France, ha affermato che questa relazione è solo la prima fase dello studio, anzi è solo una raccolta di affermazioni dei piloti e non un giudizio sulle qualità dei piloti Air France e che la Compagnia intende approfondire per esprimere raccomandazioni utili per migliorare le sicurezza.
Ma il “Nouvel Observateur” è tornato alla carica, pubblicando la notizia che un altro rapporto del genere è tenuto segreto, ma che in parte è uscito su alcuni siti brasiliani che hanno genericamente «puntato il dito contro il comportamento dei piloti Air France». Forse, siamo costretti ad aggiungere noi, in quanto i brasiliani rinvangano il ricordo dello loro numerosissime vittime del volo AF 447.
Il giornale francese conclude:- «… il peso dei sindacati ed i “nodi amministrativi” impedirebbero di “declassare” i piloti meno brillanti». E spiega che i “nodi amministrativi” citati consisterebbero nella «pesantezza dell’organizzazione…», in quanto «se nella grande maggioranza delle Compagnie le segnalazioni di guasti o incidenti minori giungono alla Direzione in meno d’una settimana, a volte, in Air France, è necessario un mese e mezzo»!
Ma c’è di più ! Il già citato sito “blitz quotidiano” ha da tempo già pubblicato la notizia che per il disastro aereo del volo AF 447 Rio-Parigi del 1 Giugno 2009, precipitato in Atlantico, Air France è stata posta sotto accusa da parte del giudice Silvie Zimmerman nella persona del suo Amministratore Delegato.
Ma anche il costruttore aeronautico europeo Airbus Industries è finito imputato dello stesso reato di omicidio colposo plurimo nell’ambito della stessa inchiesta per il medesimo disastro aereo che causò la morte di 228 persone. Ciò in base ai risultati dell’investigazione del BEA – l’Ufficio francese d’investigazione e di analisi degli incidenti aerei – che hanno portato ad individuare in un guasto ai sensori per la rilevazione della velocità dell’aeromobile – i tubi di Pitot – la causa scatenante dell’incidente, che però non sarebbe il solo elemento all’origine del disastro. Infatti gli esperti di incidenti aeronautici sono concordi nel giudicare il fatto che Air France sia intervenuta, colpevolmente, in ritardo nell’accorgersi della necessità di sostituire tali indispensabili sensori, una volta emersi i primi episodi noti sugli aeromobili Airbus in merito alla loro affidabilità.
Ecco, da parte nostra, dopo aver trattato più volte e molto dettagliatamente i particolari resi noti di quel disastro, ora più che affidarci a queste notizie giornalistiche incontrollate, attendiamo con impazienza (giustificata dai fatti e dal troppo tempo ormai trascorso dopo il recupero dal fondo dell’Oceano Atlantico dei registratori di bordo dell’aeroplano) di apprendere quanto prima le conclusioni definitive dell’investigazione tecnica condotta dal BEA, che speriamo riesca a far completa luce sul disastro del 1 Giugno 2009 del volo AF 447. Ciò auspicabilmente assieme al giudizio tecnico se sia stato saggio ed opportuno differire per tanto tempo, da parte di Air France, l’intervento di sostituzione delle sonde di Pitot, del tipo già noto da tempo come passibile di avarie di blocco delle indicazioni ai piloti ai comandi. 30 novembre 2011
Sulla scia dei forse troppi gravi disastri dell’Aviazione commerciale mondiale accaduti in questi ultimi anni, che hanno avuto quale denominatore comune «una perdita di controllo del velivolo – LOC (Loss Of Control)– a causa di “mancanza di resilienza” da parte dei piloti ai comandi», come la causale di tanti disastri è stata definita all’annuale Conferenza della Royal Aeronautical Society – RAeS – sull’addestramento al volo tenutasi a Londra dal 27 al 29 Settembre 2011.
Argomento trattato principalmente è stato quello dello stato attuale dell’addestramento dei Piloti della Linee Aeree commerciali mondiali ed è stato reso ufficialmente noto che l’ICAO ha annunciato per il 2012 la pubblicazione e la diffusione di nuovi standard addestrativi che saranno emessi come “ICAO PANS Training”.
L’acronimo PANS che appare nel titolo sta ad indicare “Procedures for Air Navigation Services”, ovvero “Procedure per i Servizi alla Navigazione Aerea” e intende che si tratta di procedure operative che per l’ICAO non hanno ancora raggiunto un sufficiente grado di maturità per essere adottate quali Standard (SARPs) internazionali, oppure di procedure di carattere troppo dettagliato o in continua trasformazione per essere incluse subito trai i citati Standard internazionali.
Chiarita questa particolarità normativa, v’è ancora da aggiungere che il primo testo sopra citato sarà accompagnato anche da un “Prontuario ICAO di tracce addestrative in vigore presso i Paesi più aeronauticamente evoluti, ovvero di esempi, ritenuti tra i più validi, nel settore dell’addestramento del personale navigante nell’era dell’Aviazione commerciale moderna, basata su aeromobili glass cockpit ed altamente automatizzati.
Ma poi … c’è sempre un ma …in questo caso rappresentato dalla constatazione che l’addestramento dei Piloti commerciali, in realtà, nel mondo non viene impartito dall’ICAO, bensì dall’Autorità normatoria nazionale ed alla Conferenza del RAeS, ciò è stato rimarcato con un senso di sfiducia di fronte alla prospettiva che nei vari Paesi si sia molto disponibili a cambiare i relativi programmi addestrativi in atto.
Il compendio, più sintetico, delle opinioni espresse dai vari oratori alla Conferenza può essere ben presentato dalla seguente frase che riassume il succo della riunione annuale di Londra:-
Invero, il termine «Lack of resilience» è già in uso da qualche anno nell’ambiente delle investigazioni degli aero-incidenti commerciali per intendere la «mancanza nell’essere umano della qualità di essere “resiliente”». In realtà il concetto di “Resilienza” era finora noto nel settore metallurgico come «capacità di un materiale di resistere a prove di rottura».
Adottato nell’ambito dei fattori umani e da lì trasferito nel cuore del settore della prevenzione e dell’investigazione degli incidenti, il termine “Resilienza” sta a descrivere «la capacità di un essere umano [tecnicamente preparato - ndr] di comportarsi con calma e competenza di fronte ad eventi inattesi che non possono essere previsti nei Manuali d’Impiego o classificati tra le voci della “Lista dei controlli di emergenza o nelle SOPs – Standard Operational Procedures [Procedure operative standard]».
In definitiva, il concetto di “Resilienza” ben definisce «una qualità aviatoria che i membri di equipaggio di condotta delle Linee Aeree sembrano aver perduto».
A testimoniare ciò stanno una serie di mortali “perdite di controllo” o di “carenza di controllo dell’aeromobile” presenti nei più recenti disastri aerei di questa tipologia, dal volo AF 447 di Air France precipitato nell’Oceano Atlantico al crash fuori controllo del velivolo CRJ o Bombardier Q400 della Colgan Air negli USA. In entrambi questi recenti due casi, ad esempio, gli aeromobili coinvolti – è stato affermato alla Conferenza - non avevano gravi avarie tecniche o tutt’al più soltanto inconvenienti minori [e conosciuti, come quelli delle sonde di Pitot degli Airbus A. 330 – ndr], che non avrebbero dovuto causare problemi di controllo del velivolo per equipaggi di condotta ben addestrati [sic !].
Negli ultimi vent’anni, tutte le Compagnie Aeree hanno subito profonde modificazioni soprattutto organizzative e finanziarie nella loro gestione per i radicali cambiamenti avvenuti nelle regole che governano l’Aviazione Civile internazionale in conseguenza delle altrettanto profonde mutazioni dei mercati, della gestione del traffico aereo, dell’ambiente della navigazione aerea e particolarmente degli aeroplani, nella tecnologia avionica e nell’automazione di bordo; tutto ciò insomma avrebbe dovuto comportare anche radicali cambiamenti anche nell’addestramento di Piloti di Linea, ma … ciò NON è avvenuto !
Inoltre, ciò che ha maggiormente modificato la natura del lavoro dei Piloti è stata l’influenza esercitata dalle Compagnie “low cost” , che ha comportato mutamenti su scala mondiale nelle relazioni di molte Compagnie con i propri equipaggi di volo, segnatamente con quelli di condotta.
Ma ciò che ha comportato il maggior cambiamento nel reclutamento dei membri d’equipaggio di condotta nelle Aviolinee mondiali e segnatamente in tutti i principali Paesi più aeronauticamente progrediti del mondo è stata senz’altro l’interruzione del flusso dei Piloti provenienti dai ranghi militari, flusso che aveva finora permesso l’arrivo di Piloti formati con senso della disciplina ed elevate competenze professionali.
La nuova filosofia addestrativa che l’ICAO si propone di diffondere verso tutti gli Stati membri e le loro Compagnie Aeree è quella che vedrà la luce nel 2012 con il testo “ICAO PANS Training” accompagnato dalla novità del “Manuale” che conterrà un non meglio specificato materiale di “evidence-based training”, che comunque dovrebbe ricalcare quanto contenuto nell’esistente testo (dal contenuto ormai collaudato in alcuni Paesi) denominato “ICAO PANS-TRG 2006 MPL”, per il rilascio della licenza professionale di membro d’equipaggio su aeromobili che richiedono una composizione formata da più d’un Pilota.
Secondo questa annunciata nuova filosofia addestrativa, il criterio per stabilire se gli individui siano sufficientemente competenti per ottenere il rilascio del relativo attestato professionale, sarà basato su effettive prestazioni ben identificabili e valutabili scientificamente nel campo delle competenze professionali più elevate, conosciute dall’estensore di questa presentazione, con il termine di “airmanship”.
Conclusione
Alla Conferenza annuale della Royal Aeronautical Society si è convenuto che negli attuali Piloti di molte Aerolinee, la principale caratteristica di cui si avverte la carenza è la “resilienza” e si nota un’insufficiente professionalità, purtroppo evidenziata da incidenti nei quali gli aeromobili non avevano alcuna avaria o malfunzionamento determinante, salvo forse quello di un’“automazione non a misura dell’essere umano preposto al suo corretto impiego”, aggiungo io.
Asserzione che si compendia nel concetto, di «mancanza di airmanship» ovvero della mancanza di abilità nell’individuo di impiegare l’aeromobile a lui affidato, con la consapevolezza costante della propria situazione ed in sintonia con le condizioni di volo, in modo da salvaguardare sempre la sicurezza del velivolo e dei suoi occupanti, caratteristica, a mio parere, ultimamente troppo trascurata dalle Compagnie Aeree. Di questo scrivevo, assieme ad altri colleghi, già 12 anni fa sul sito web airmanshiponline per stimolare un aggiornamento culturale e professionale della categoria.
Dopo l’uscita ufficiale di questa nuova normativa ICAO, sarà interessante seguirne l’applicazione presso i vari Stati membri, in Italia in primis. 19 novembre 2011
E’ stato presentato il 29 Giugno 2009 il “TaxiBot” e la fase dimostrativa di affidabilità è iniziata il 21 Febbraio 2010 a cui è seguito l’accordo commerciale tra Airbus Industries e la Ditta costruttrice IAI – Israel Aircraft Industries ed il 7 Novembre 2011, all’aeroporto di Francoforte ha trovato la sua consacrazione ufficiale con l’annuncio che dal mese di Giugno 2013 su quell’aeroporto civile codesto sarà l’unico mezzo di movimentazione al suolo per tutti gli aeromobili commerciali in arrivo ed in partenza. Tutti gli aeromobili verranno spostati da tale mezzo con tutti i loro motori spenti, a patto che abbiano in funzione il proprio APU - Auxiliary Power Unit – onde aver disponibilità della pressione idraulica e dell’energia elettrica di bordo per comandare la guida del complesso Aeromobile-TaxiBot asservito al carrello anteriore.
Il TaxiBot, è un sistema semi-robotico, controllato dal posto di manovra del “Pilota-in-comando” del velivolo, che comanderà la marcia e la direzione di rullaggio del nuovo complesso costituito dal velivolo che verrà mosso da questo sistema. Il sistema infatti autonomamente si piazzerà davanti all’aeromobile e dopo aver serrato in un’apposita “tenaglia” di aggancio le ruote del carrello anteriore dell’aeroplano ed averle sollevate dal suolo di qualche centimetro, metterà a disposizione le sue sei ruote quale mezzo di traino (senza barra di aggancio) per muovere e dirigere l’aeroplano da o verso il parcheggio fino al punto d’attesa fuori della testata della pista in uso.
Da quel momento in poi, oppure dalla piazzola di parcheggio, quando tutte le porte dell’aeromobile saranno chiuse ed ottenuta l’autorizzazione al rullaggio, il TaxiBot sarà sotto il completo controllo del Comandante del velivolo, il quale, avvalendosi del comando di guida del carrello anteriore dell’aeroplano stesso ed eventualmente della pedaliera su cui sono azionabili i pedali dei freni, potrà guidare e rallentare o frenare il TaxiBot e con esso l’aeroplano ad esso asservito.
Ciò che non appare chiaro perché non spiegato nel comunicato emesso a Francoforte è come venga comandata la velocità del rullaggio a rimorchio del TaxiBot, in quanto nella comunicazione viene affermato che « La realizzazione del sistema TaxiBot consente al Pilota il completo controllo dell’operazione durante tutta la manovra di rullaggio, “usando gli stessi comandi dell’aeroplano” che il Pilota è abituato ad usare quando effettua il rullaggio utilizzando i motori dell’aeroplano».
Siccome normalmente il Pilota usa le manette di potenza dei motori per far muovere e mantenere una certa velocità in rullaggio all’aeroplano, ciò fa nascere il dubbio che a motori spenti le manette possano comandare il motore o i motori del TaxiBot. O ci sarà un ennesimo computer per programmare la velocità?
La Ditta costruttrice, l’israeliana IAI, afferma che l’adozione del “sistema TaxiBot” per il rullaggio non richiede alcuna modifica all’aeromobile e soltanto cambiamenti minimi alle infrastrutture aeroportuali, che comunque non riguarderanno le piste e le vie di rullaggio esistenti (ma probabilmente quelle di certi modelli di pontili delle aerostazioni, a parere dello scrivente).
La stessa fonte aggiunge che il loro programma commerciale è quello di penetrare inizialmente i mercati aeroportuali europei e statunitensi con il nuovo sistema, così come l’inizio di mercato su Francoforte sta a dimostrare.
Dunque, ora, dopo che Airbus Industries e IAI hanno iniziato la loro campagna di commercializzazione del nuovo prodotto aeronautico … terrestre, brevettato universalmente da IAI, il nuovo passo è quello costituito dal fatto che Francoforte Lufthansa ed Airbus hanno definito la configurazione operativa del sistema TaxiBot, che entrerà in funzione sul grande hub tedesco dal Giugno 2013.
Il nuovo sistema è stato ideato e realizzato allo scopo di eliminare la necessità di utilizzare i propulsori degli aeromobili commerciali anche dopo la fase di spostamento sotto traino dell’aeroplano dal parcheggio di soste, solitamente utilizzato da tutti gli aeromobili con il muso puntato verso le aerostazioni per poter usufruire dei pontili di sbarco per i passeggeri.
La novità del sistema consiste nella capacità completamente automatizzata di ciascun “trattore TaxiBot” di rimorchiare l’aeromobile, pronto alla partenza, dal parcheggio fino al punto di attesa prima dell’entrata in pista.
Il tutto utilizzando la potenza fornita dal motore (diesel?) del TaxiBot, in tal modo eliminando i consumi di carburante e riducendo l’inquinamento atmosferico ed acustico della fase di rullaggio degli aeromobili. Altrettanto è previsto che avvenga alla fine della corsa d’atterraggio sulla pista di ciascun aeromobile, dove sul primo raccordo aeroportuale utile ci sarà un TaxiBot in attesa di “agganciare” autonomamente il carrello anteriore dell’aeroplano in arrivo. Il compimento di tale operazione probabilmente allungherà un poco i tempi di rullaggio all’arrivo ed anche l’occupazione delle vie di rullaggio per consentire le manovre di aggancio e sgancio dell’aeromobile al/dal Taxibot.
Secondo queste prime notizie, le prove effettuate con il TaxiBot in ambiente operativo effettivamente riducono i consumi di carburante prima utilizzato per la fase di rullaggio, esclusa quella utilizzata dall’APU, così riducendo fortemente l’inquinamento atmosferico della zona dei parcheggi aeroportuali, come pure il pericolo di ingestione di corpi estranei da parte dei motori durante il rullaggio. 16 novembre 2011
Il 25 Ottobre si è tenuto presso EUROCONTROL -“Organizzazione Europea per la Sicurezza della Navigazione aerea” - ente intergovernativo dei 39 Stati membri della Comunità Europea – il settimo incontro di lavoro tra i membri del Gruppo JCTF, appositamente istituito per occuparsi su base internazionale del problema esistente nel campo del coordinamento tra le inchieste giudiziarie e le investigazioni tecniche di sicurezza, in tutti i casi di disastri e di incidenti dell’Aviazione Civile, segnatamente di quella commerciale.
Di questo Gruppo, denominato “Just Culture Task Force (acronimo JCTF) istituito fin dal 2009 fanno parte, sotto la presidenza del Direttore dei Servizi Legali di Eurocontrol, i rappresentanti nominati dalla Commissione Europea (CE), dall’EASA, dall’ECA, dall’IFATCA, dalle Autorità investigative e da quelle europee di normazione dell’Aviazione Civile, dei Gestori aeroportuali, dei Fornitori di Servizi di Navigazione Aerea, oltre che a quelli dell’ICAO e del NTSB/USA e con l’ottenuta partecipazione di taluni rappresentanti delle Pubbliche Accuse di diversi Stati europei, con il preciso incarico di trattare e sviluppare i seguenti “scottanti” temi:-
- dibattere i problemi legali legati all’incontro/scontro tra necessità operative delle investigazioni tecniche per la sicurezza dei voli e le esistenti esigenze delle inchieste della giustizia penale, nei casi di incidenti aerei gravi;
- favorire e mantenere aperto il dialogo tra i rappresentanti della giustizia con le loro esigenze e quelli interessati alle esigenze delle investigazioni tecniche per la prevenzione degli incidenti e dei sinistri;
- sviluppare direttive ed indicazioni esplicative (guidance material) per incoraggiare e sostenere lo sviluppo e la diffusione del concetto di corretta cultura – just culture - in merito alla valutazione, in sede inquirente giudiziaria, degli eventi aeronautici nel caso implichino il coinvolgimento di coloro che abbiano segnalato uno di questi eventi nell’ambito delle previste segnalazioni (obbligatorie o volontarie) degli eventi negativi per la sicurezza dei voli, oppure riguardino coloro in qualsiasi modo connessi con uno di questi eventi, in azioni od in omissioni giustificabili dalla propria preparazione ed esperienza.
Il compito principale del Gruppo JCTF è chiaramente espresso nei termini di riferimento che gli sono stati assegnati dalla Commissione di Eurocontrol in merito alle proprie attività, che consistono nella finalità di concordare e presentare un testo comune, denominato “Model Policy”. In italiano possiamo intendere tale dizione nel senso di produzione di una normativa standard sul tema della trattazione concernente le inchieste penali ed i relativi procedimenti giudiziari aperti a seguito di notizie provenienti dal sistema di raccolta dei rapporti volontari/obbligatori sugli accident/incident dell’Aviazione Civile nel primo caso, oppure causati da avvisi di garanzia nei confronti di coloro che siano in qualche modo coinvolti in azioni od omissioni per supposti atti colposi in eventi aeronautici.
Il lavoro prodotto in sede di riunioni del JCTF viene presentato all’esame dei degli organi decisionali di Eurocontrol, onde ottenerne l’approvazione per poter diffondere quelli che dovrebbero essere i principi informatori adottabili sia dalla Commissione Europea che a livello nazionale nell’ordinamento dei singoli Stati.
A tale riguardo è necessario soffermarsi sul meccanismo organizzativo e decisionale dell’Agenzia, in sintesi: oltre al Provisional Council – attualmente Vice Presidente è il Direttore Generale di ENAC - composto dai rappresentanti degli Stati membri (livello Direttori Generali dell’Aviazione Civile), la governance dell’Agenzia prevede, quale organo decisionale di vertice, l’azione della Permanent Commission al cui interno sono rappresentanti i Ministri dei Trasporti o loro delegati.
A sua volta Eurocontrol è governata da una struttura organizzativa composta da tre corpi:- due decisionali, la Commissione di Eurocontrol ed il Provisional Council – ed uno esecutivo, denominato l’Agenzia, presentata succintamente all’inizio di questo scritto.
Dunque, questo “Model Policy” ovvero “Metodo proposto d’azione” presentato al Provisional Council per approvazione prima di diventare programma di Eurocontrol, è stato dichiaratamente ispirato all’attenzione del JCTF dalla pratica correntemente in atto sia nel Regno Unito che nei Paesi Bassi, così come spiegato agli altri membri del Gruppo dai rappresentanti dei Pubblici Ministeri di quei due Stati.
Infatti il Ministero della Giustizia olandese ha emesso fin dal 2006 un documento indirizzato a tutti i propri Magistrati dal titolo “Istruzioni riguardo i procedimenti istruttori penali e rinvii a giudizio nei casi di eventi dell’aviazione civile, conosciuti attraverso il sistema di riporto volontario/obbligatorio”.
Tali istruzioni, ora presenti sotto l’articolo 130.4 dell’Atto organizzativo della Giustizia olandese, riconoscono ufficialmente che per garantire il necessario flusso alla raccolta delle segnalazioni volontarie per la sicurezza dell’aviazione è indispensabile provvedere, sotto certe inderogabili condizioni, all’immunità dall’incriminazione delle persone che segnalano gli eventi pericolosi dell’aviazione civile, di cui sono o vengono a conoscenza.
In Gran Bretagna analoga disposizione è stata inserita da parte del Servizio del Procuratore della Corona nel Codice per i Procuratori della Corona (simili ai Pubblici Ministeri del nostro Ordinamento giudiziario), con l’obiettivo di fornire indicazioni d’indirizzo da applicare prima di determinare qualsiasi decisione di incriminazione nei confronti di chi segnala eventi al sistema di raccolta delle segnalazioni. Da notare che viene sottolineato come la decisione di emettere tale disposizione sia stata adottata nel nome del pubblico interesse !
A queste disposizioni riguardanti la Pubblica Accusa sono state aggiunte anche direttive riguardanti precise disposizioni in merito alla conduzione da parte dell’Autorità dell’Aviazione Civile (CAA) in veste di Pubblico Accusatore, dei procedimenti di incriminazione per infrazioni aeronautiche nei confronti di appartenenti al settore aeronautico di propria competenza.
Da parte del Gruppo JCTF è stato anche notato che il testo del “Metodo d’azione” o “Model Policy” proposto all’attenzione del Provisional Council è pienamente rispettoso degli obiettivi fissati nel recente Regolamento europeo n. 996/2010/CE del 20 Ottobre 2010 sulle investigazioni e sulla prevenzione di accident/incident dell’Aviazione Civile. “Model Policy” che s’intende rivolto all’attenzione delle Pubbliche Accuse di tutti gli ordinamenti giudiziari degli Stati europei della U. E. contiene un certo numero di suggerimenti per gli accordi preventivi in modo da facilitare il necessario coordinamento tra la conduzione delle inchieste penali e le investigazioni tecniche di sicurezza.
Dunque, questo tipo di standard d’indirizzo, pur non essendo obbligatorio per gli Stati, può essere facilmente integrato ed adottato a livello di singolo ordinamento giudiziario nazionale, mentre il modo nel quale questo “Model Policy” può essere attuato in ambito nazionale, è e rimane certamente una decisione di ciascun singolo Stato membro della UE e più precisamente dell’Autorità giudiziaria nazionale.
A tale Autorità spetta la prima mossa per un moderno coordinamento nel nome del “pubblico interesse” !
In definitiva, il core di questo proposto “Metodo d’azione” presentato all’attenzione del Provisional Council per approvazione, è quello di sollecitare, sotto forma di invito, gli Ordinamenti giudiziari degli Stati europei a dare disposizioni alle proprie Pubbliche Accuse «di non procedere all’incriminazione delle persone per azioni, omissioni o decisioni che riflettano la condotta d’una persona ragionevole nelle stesse identiche circostanze, anche quando tali azioni, omissioni o decisioni possano aver dato luogo ad una involontaria o non premeditata infrazione delle Leggi in vigore».
A modesto parere dello scrivente, quanto viene proposto dal JCTF, data per scontata l’approvazione da parte del Provisional Council, dovrebbe poi essere indirizzato da Eurocontrol all’attenzione dei singoli Stati membri della UE per trovare pieno accoglimento da parte di tutti gli Organi di Giustizia, cui verrà presentata per una corretta applicazione, in nome del principio della Just Culture e nella convenienza del Pubblico interesse!
A cura del Com.te R. Dentesano e del Com.te B. Bosello.
Sul giornale La Repubblica di Palermo del 15 Settembre abbiamo letto la seguente notizia:
Il Comandante e il vice già licenziati.
Aereo fuori pista - fu errore del pilota
NON è ancora arrivata sul tavolo del procuratore aggiunto Maurizio Scalia, ma già si conoscono i risultati della relazione sull’incidente del 24 settembre 2010 in cui un aereo della Wind Jet è uscito fuori pista. Non si trattò di windshear, un vento anomalo che ha fatto sbalzare l’aereo, ma di un errore umano. L’inclinazione dell’aereo rispetto alla pista sarebbe stata sbagliata per un calcolo errato da parte del pilota … il Comandante, e il suo secondo… sono stati licenziati dalla compagnia nei mesi scorsi».
Leggere una notizia del genere nel 2011 ci lascia esterrefatti perché l’emerito Professor Frank H. Hawkins, fin dal 1987, con il libro “Human Factors in Flight”, che è una pietra miliare nelle scienze umane del mondo aeronautico, con le sue considerazioni, universalmente accettate, aveva di fatto permesso di cancellare la terminologia “errore del pilota” dal dizionario aeronautico.
In questi 13 mesi, tranne scarni comunicati, nulla di nulla ci è stato detto dall’ANSV, organo responsabile per l’individuazione delle cause necessarie per emanare delle raccomandazioni al fine della prevenzione di altri similari incidenti aerei, nonostante, in questo caso, siano disponibili tutte le informazioni possibili:- “Flight data recorder, Voice recorder, la testimonianza dei piloti e dei passeggeri, i documenti sia dell’aeromobile che dei piloti, le informazioni meteorologiche, le comunicazioni radio tra piloti ed il servizio di controllo del traffico aereo, le indispensabili interviste all’esercente ed ai responsabili istituzionali”.
In casi simili sono molteplici gli elementi che determinano o favoriscono l’innescarsi dell’incidente, in particolare è necessario analizzare le condizioni atmosferiche, le condizioni di aeronavigabilità ed efficienza dell’aeromobile, le abilitazioni e l’addestramento dei piloti, la funzionalità del sistema aeroportuale in tutte le sue componenti, le norme operative dettate dall’esercente e le registrazioni dei tempi intercorsi tra l’allarme d’incidente e la mobilitazione dei soccorsi previsti dal “Piano di emergenza aeroportuale” di Punta Raisi, adottato dal Gestore ed approvato da ENAC.
Dalle notizie di stampa, vista la mancanza di informazioni da parte degli organi preposti, si può senza dubbio affermare che il giorno dell’incidente le condizioni meteo non erano ottimali con la presenza di temporali nella zona aeroportuale e di avvicinamento, fenomeni questi che possono modificare significativamente le traiettorie di volo. La procedura seguita dai piloti era una procedura di avvicinamento di “non precisione” con dei minimi di atterraggio piuttosto elevati proprio perché, come dice la parola stessa, non è molto precisa e comporta da parte dei piloti una significativa fase “a vista” per poter completare l’atterraggio.
Si sa che la lunghezza del sentiero di luci di avvicinamento installate, del tipo SALS - Short approach lighting system - Sistema di avvicinamento luminoso ridotto, a causa della vicinanza al mare della soglia pista 07, è di soli 436 m, quasi la metà dell’estensione di un sentiero luminoso standard. La luminosità di tali luci è variabile e non sappiamo a quale intensità era regolata, ma certamente se erano regolate alla massima luminosità in quelle specifiche condizioni meteo, quella non era la soluzione ottimale a causa del fenomeno di rifrazione della luce indotto. Non sappiamo, invece, se il sistema luminoso di planata PAPI (Precision Approach Path indicator) fosse correttamente calibrato.
Fatte queste premesse è necessario evidenziare che la prospettiva aerea, determinata dalla presenza di nebbia, foschia, smog, fumo o d’un violento piovasco, come nel caso in esame, fa variare molto la capacità di stima della distanza:- gli oggetti, quali la pista, gli ostacoli, i cui colori, ombre e forme siano stati resi incerti da questi elementi, vengono percepiti più lontani e grandi di quanto siano in realtà. Di notte la riduzione della trasparenza dell’aria rende meno visibili le luci dell’ambiente aeroportuale, privando il pilota della sua maggior risorsa per l’orientamento spaziale, la visione periferico–ambientale.
Alla vista del pilota restano disponibili solo la forma geometrica dello schema luminoso delle luci di avvicinamento e di pista per stabilire la sua posizione relativa al suolo ed alla pista, un difficile compito affidato quasi esclusivamente alla visione foveale, non molto adatta a questo fine. La transizione dal volo strumentale alla fase visuale rappresenta perciò ancora un punto debole e delicato delle operazioni volo. Appena acquisite le condizioni visuali, specialmente in seguito ad un avvicinamento condotto con radio-assistenze di “non-precisione”, il pilota deve riconoscere rapidamente l’ambiente ed orientarvisi sulla scorta, spesso, di pochi ed incerti indici. I problemi sono di ordine sia fisiologico (come l’adattamento oculare) che psicologico (come le illusioni visive). Una situazione ancora più pericolosa si verifica, se nell’immediata vicinanza al suolo, la visibilità si riduce rapidamente; in questo caso il limite anteriore del segmento visivo “scende” improvvisamente nel “parabrezza”, e questo può essere interpretato come un’inattesa cabrata dell’aeromobile (pitch up) che il pilota può essere indotto a contrastare con un’inopportuna e pericolosa manovra a picchiare. L’effetto si cumula con la forte spinta psicologica a metterlo “giù” (duck-under) non appena in contatto visivo con il suolo. Una buona soluzione avrebbe potuto essere quella d’un corretto scambio di comunicazioni verbali e di azioni tra i membri dell’equipaggio, come del resto viene insegnato nei corsi CRM o più approfonditamente nelle operazioni in bassa visibilità.
Questa potrebbe essere la catena degli eventi che ha portato all’incidente, ma è a nostro avviso, indispensabile approfondire se il disastro sia stato indotto dalla macchina, dall’ambiente o dai piloti. In quest’ultimo caso l’esperienza dei piloti era adeguata?
Sappiamo che in quella Compagnia aerea, a fronte di un notevole esborso di denaro da parte dell’allievo pilota vengono forniti l’addestramento e l’abilitazione alla macchina, successivamente il suddetto co-pilota è impiegato in voli di linea quale secondo membro titolare con scarsa esperienza sull’aeromobile. Il co-pilota coinvolto in questo incidente proveniva da questo iter addestrativo? Il corso CRM (Crew Resource Management), fondamentale per saper lavorare in team e comunicare adeguatamente, è stato regolarmente superato? L’organo regolatore e verificatore ha vigilato su questo processo addestrativo? Quando e in che forma è stato controllato ?Solo quando avremo delle risposte a queste domande, qualcuno competente potrà emettere dei giudizi sul comportamento dell’equipaggio e nessuno può fare illazioni su “errori” (umani o non umani) dei piloti.
Siamo comunque e sempre in fiduciosa attesa della relazione finale di ANSV sull’incidente, per individuare correttamente le vere cause dell’evento ed evitare, di conseguenza, che comunicati di questo genere si leggano nei media italiani.
Non vorremmo che la relazione finale di ANSV subisse la stessa lunga gestazione dell’incidente aereo del Monte 7 Fratelli “Su piccu malu” Cagliari 2004, uscita ben dopo la sentenze dei processi giudiziari di I° – II°, oppure del silenzio tombale per gli inspiegati incidenti del CESSNA di Trigoria avvenuto il 7/2/2009 e/o del Learjet del 1/6/2003, precipitato a poca distanza dalla carovana dei ciclisti partecipanti al Giro d’Italia (anche questo indagato dalla Magistratura). 23 ottobre 2011
Eurocontrol riconosce nelle interferenze dei raggi LASER diretti su Piloti e Controllori un problema di sicurezza del volo.
ECAC annunciato che il problema verrà ufficializzato in una prossima pubblicazione.
Si è tenuto il 10 ed 11 Ottobre, presso Eurocontrol, un Seminario per esaminare le conseguenze delle crescenti interferenze nelle operazioni volo e di terra causate da potenti raggi LASER, puntati dolosamente contro gli occhi di Piloti e dei Controllori di Torre del Traffico Aereo, per causarne quanto meno l’abbagliamento durante le loro delicate funzioni !
Per comprendere appieno l’importanza di questa crescente minaccia per la sicurezza dei voli (che documenteremo in termini statistici), basti considerare che al Seminario, ospitato da Eurocontrol a Brussels ed organizzato congiuntamente assieme alla Commissione Europea, all’ICAO, all’IFALPA, alla IATA, all’ERA ed all’European Cockpit Association, hanno partecipato ben 160 Rappresentanti appartenenti al settore dell’aviazione commerciale, a quello delle Autorità di normazione, di istituti di ricerca e perfino di Forze dell’Ordine di diversi Stati. Stranamente assente qualsiasi rappresentante dell’italiana ENAC !
L’acronimo LASER – “Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation” ovvero “Amplificazione della luce attraverso l’emissione stimolata di radiazioni”, si realizza in uno strumento che emette luce (radiazione elettromagnetica) altamente direzionale attraverso un processo di amplificazione ottica basata sull’emissione stimolata di fotoni. Il fotone (simbolo y) è una particella elementare, “quanto” della radiazione elettromagnetica e pure “mediatore” dell’interazione elettromagnetica (terminologia scientifica).
La “luce” emessa dal raggio LASER è notevole per l’elevato grado di coerenza spaziale e temporale e pertanto risulta anche abrasiva e pericolosa a seconda della potenza di emissione.
Sotto il commento <Le interferenze LASER stanno crescendo e rappresentano un attentato globale sia alla safety che alla security> Eurocontrol conclude:- «NON è soltanto un problema dell’aviazione».
Questi i dati statistici disponibili:-
Sulla base di tali precedenti l’ICAO aveva già sviluppato degli standard da applicare da parte degli Stati membri per regolamentare la materia, ma le tattiche utilizzate nelle interferenze a mezzo LASER sono profondamente cambiate ed aumentate e pertanto risulta sempre più evidente che ormai serve urgentemente un nuovo, più armonico sforzo multidisciplinare e proattivo da parte degli Stati per contrastare questa pericolosa minaccia.
I partecipanti al Seminari pertanto hanno convenuto che sono urgentemente necessarie tempestive ed efficaci procedure pre- e post-volo per trattare i casi di interferenze elettromagnetiche di questo tipo, come pure l’addestramento di Piloti e Controllori in merito a tali procedure. Inoltre serve definire un sistema efficace di allerta per le Autorità.
Infine dai partecipanti è stato ritenuto che il progresso tecnico nel campo dei filtri basati sulle nanotecnologie emergenti possa essere utile nel prossimo futuro per proteggere la vista di coloro che lavorano esposti a questo tipo di grave rischio.
Conclusione finale del Seminario è stata quella di richiamare l’Unione Europea a sviluppare urgentemente una normativa più severa su produzione, distribuzione, acquisto/vendita, trasporto ed uso dei dispositivi LASER.
L’unico commento sensato che mi sento di fare a questa penosa situazione, nota ormai da tempo, di diffusa inciviltà (contro innocenti lavoratori ed altrettanto innocenti passeggeri) nell’uso di tali apparati facilmente trasportabili ed occultabili è che purtroppo non siamo scevri neppure in Italia.
Pertanto, sarebbe ora che ENAC proponesse l’istituzione di un “Italian Laser Strike Committee” dedito a raccogliere funzionalmente i casi di interferenze sul nostro territorio, onde poterle quantificare e combattere appropriatamente, soprattutto con la prevenzione e la repressione esercitata dalle Forze dell’Ordine e dalla Giustizia nazionale.
Addendum.
Avevo appena concluso in stampa il mio pensiero, quando ho avuto modo di leggere nella “Sezione Incidenti” del sito web aeronautico ed ambientale Aerohabitat.eu – sotto il titolo “LASER verdi” - che proprio Aerohabitat s’era fatto nuovamente parte diligente nel denunciare con apposita notizia che «il pericoloso ed “incivile” [licenza dello scrivente – ndr]» fenomeno dell’uso senza precauzioni dei raggi LASER non sembra affatto arrestarsi e che purtroppo questo brutto ed ormai diffuso «attentato alla sicurezza dei voli» risulta in aumento in quasi tutto il mondo, ormai popolato da gente irresponsabile.
È utile che io qui riproduca quanto ha scritto l’editor di Aerohabitat:-
Laser verdi, quei raggi sparati sui piloti
Il pericoloso e popolare fenomeno non sembrerebbe fermarsi.
Sarebbero stati ben 264 casi. Solo tra giugno e settembre 2010. Ma sarebbe solo il numero degli eventi denunciati nell'arco di sei mesi. La notizia apparsa sui media nazionali sarebbe stata segnalata da ANSV - Agenzia nazionale per la sicurezza del volo - in una lettera inviata al PM di Torino, Raffaele Guariniello.
I piloti di aereo interessati dai puntatori laser a luce verde erano impegnati nelle fasi dell'atterraggio.
Distraggono, danneggiano, disturbano la cabina di pilotaggio e potrebbero provocare incidenti. Nelle fasi più critiche del volo: atterraggio e decollo.
Ma nonostante l'allerta su queste minacce costanti, i casi proseguono. Nel giugno del 2011 continuano i casi di laser verdi. Anche ad agosto la Polaria di Torino Caselle ha registrato cinque eventi. Il reato ipotizzato è quello di "attentato alla sicurezza dei trasporti pubblici", articolo 432 del codice penale, e prevede l’arresto fino a 5 anni. 10 ottobre 2011.
Leggendo quanto sopra pubblicato, mi vien da chiedere (sperando di ottenere attenzione responsabile):- Ma è mai possibile che oltre a ciò le Autorità nazionali di prevenzione degli incidenti, di normazione delle regole e delle leggi e quella di investigazione, nell’apprendere le gravi notizie in tema di attentati alla sicurezza dei voli, non abbiano avuto neppure la sensibilità (oltre che il dovere) di almeno tentare di … fare educazione civile e civica a mezzo dei potenti media e disponibili invece a raccogliere ogni tipo di “stupidaggine” di altro genere !
È pur vero che … mala tempora currunt, ma almeno un po’ di responsabilità verso i pericoli di “attentati ai trasporti” dovrebbero sensibilizzare tutti, al pari del terrorismo e del malaffare ! 22 ottobre 2011
Calano pesanti ombre sulla dinamica del più grave disastro aereo dell’Aviazione Civile italiana.
(tratto da alcune considerazioni – fatte separatamente e qui riunite - dei Com.ti Renzo Dentesano e Giuliano Mansutti)
L’iter processuale si è concluso nel 2008. Era da tempo risolta anche l’analisi investigativa dell’ANSV e della Procura di Milano oltre alle ricostruzioni espresse dai consulenti di parte.
Tuttavia, tra le ipotesi valutabili sulla dinamica dell’incidente, non risulta essere stata verificata anche l’eventualità di una improvvida “scelta operativa”, magari scientemente esercitata da parte dell’equipaggio del Cessna, nel percorrere in contromano il raccordo R6.
Certo, nello scenario sopra prefigurato cambierebbe la concatenazione e l’analisi degli eventi poiché l’incursione in pista andrebbe riletta alla luce della nuova ipotesi interpretativa di cui sopra ed annese responsabilità anche correlate allo status delle infrastrutture dello scalo, all’adozione delle procedure operative, ai controlli ed alla vigilanza degli addetti investiti delle varie competenze.
Tuttavia, è ovvio che solo la riapertura dell’indagine potrebbe risolvere quello che per alcuni è ancora un dubbio.
Ci sorprende, infatti, che non sia stata inserita fra i diversi scenari sulla dinamica dell’incidente l’ipotesi di una deliberata “scelta operativa” di percorrere in contromano il raccordo R6 nonostante la diversa autorizzazione ricevuta dalla Torre di Controllo confermata, peraltro, dai piloti del Cessna.
Tale ultimo aspetto, tra l’altro, è stato accampato nelle arringhe di alcuni difensori, senza però destare attenzione da parte del collegio giudicante. Quest’ultimo, a nostro avviso, si sarebbe potuto avvalere, più da vicino, del supporto tecnico scientifico di un collegio peritale multidisciplinare nominato dal giudice terzo che avrebbe potuto contribuire ad allargare e meglio approfondire le congetture dell’unico consulente della Pubblica Accusa.
La fretta di chiudere non ha consentito, per questo e per numerosi altri aspetti, di svolgere una scrupolosa ma semplice e meccanica analisi della documentazione disponibile ed agli atti.
E quindi prende sempre più forza il quesito di Dentesano e Mansutti: può essere stata una violazione consapevole dell’equipaggio del Cessna a innescare la catena degli eventi di quella mattinata di nebbia, inefficienze, carenze e tragedie?
Gli estensori poi riassumono in una serie di interrogativi gli inquietanti dubbi manifestati:
· Il contromano, come atto deliberato e consapevole, è stato valutato?
· Se è stato verificato, per quale ragione non c’è traccia nella Relazione finale ANSV?
· Come mai non sono stati verificati i tempi di rullaggio?
· Per quali ragioni le investigazioni non hanno contemplato il contromano?
· Per quale ragione le investigazioni non hanno contemplato l’analisi degli standard internazionali?
In conclusione da quanto sopra osservato e riferito si potrebbe evincere che l’incursione del Cessna in pista quel tragico mattino potrebbe essere scaturita, non da errore umano o distrazione, ma da scelta deliberata.
E poi quanto a safety ed opera di prevenzione sarebbe utile sapere se, ad oggi, sono state completate - o quale sia lo stato dell’arte - le procedure di implementazione di un Safety Management System, al cui interno dovrebbero essere ricomprese le azioni di prevenzione delle incursioni in pista da parte degli stakeholders aeronautici, in ossequio alle raccomandazioni internazionali.
Fra l’altro il Piano di Rischio e gli standard ottimali per l’aeroporto di Linate, sostengono ancora gli esperti autori di queste note, sono ancora da raggiungere.
Dopo dieci anni, in buona sostanza, a fronte dell'adozione dell'Annesso 14 ICAO, tradotto nel Regolamento ENAC sulla Costruzione ed esercizio delle infrastrutture aeroportuali, alle circolari operative ENAC, resterebbe ancora tanto da fare.
Una pista come quella di Linate non dovrebbe garantire la presenza di una RESA - Runway End Safety Area - ovvero di spazi di sicurezza di inizio e fine pista di 240 metri?
E il "Dedalo" di Cascella e quei distributori a fine pista, continuano a chiedersi gli i nostri attenti e scrupolosi piloti?
Ed ancora:il Piano di Rischio di incidente aeronautico, in asse pista, sottostante alle rotte di decollo ed atterraggio, dei 1050 metri laterali, non dovrebbe essere già stato adottato?
Almeno in occasione dei dieci anni dal più disastroso incidente aereo del Paese forse sarebbe stato meglio concentrare gli sforzi per sopperire ad eventuali carenze infrastrutturali dello scalo onde non alimentare il pessimismo di chi ritenga che non sia stato fatto tutto per evitare il ripetersi di tali drammatici accadimenti.
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La redazione di STASA prendendo lo spunto da queste preoccupanti osservazioni ritiene fondamentale proprio in concomitanza con questo tristissimo decennale – al di là delle iniziative pubbliche che mirano a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla esigenza di raggiungere livelli di sicurezza sempre elevati – di iniziare a raccogliere presso le realtà aeronautiche più evolute indicazioni su come far sviluppare nel nostro Paese un’autentica cultura della prevenzione di cui si avverte una forte mancanza e non solo nel settore del trasporto aereo. Il nostro vuole essere un contributo di idee per la comunità aeronautica in questa direzione. 20 ottobre 2011
Dopo l’”appuntamento” o (a piacere) il “tavolo tecnico” avvenuto a Roma tra la “Fondazione 8 Ottobre 2001 – per non dimenticare” e l’ENAC, con la partecipazione di FSF e di altri, mercé un’intervista pubblicata sul numero 38 di Air Press, siamo in grado di conoscere il pensiero del Presidente Pettinaroli che, da quando siede nel Board di FSF è diventato un ascoltato esperto internazionale della sicurezza del volo.
Egli ha dichiarato che «Durante il tavolo tecnico sulla safety che si è svolto qualche giorno fa a Roma presso l’ENAC, è emersa la difficoltà dell’ENAC a far fronte ai tanti suoi compiti». Pertanto concludeva:- «Ecco, allora viene da chiedersi:- come si fa a fare sicurezza? Senza controlli la sicurezza è ancora più a rischio». «Occorre però – secondo il Presidente della Fondazione – agire in modo da prevenire gli incidenti per non dover contare le vittime dopo che si sono verificate».
A fronte dell’obiezione dell’intervistatore che constatava che «Un fronte – quello della prevenzione – in cui opera l’ANSV che, ricordiamo, ha il compito di svolgere le inchieste di sicurezza – unicamente con finalità di prevenzione - relative agli incidenti e agli inconvenienti occorsi ad aeromobili dell’aviazione civile, emanando, se necessario, le opportune raccomandazioni di sicurezza, allo scopo di
identificare le cause degli eventi, per evitare che si ripetano», l’esperto Presidente Pettinaroli ribatte:- «Sì, ma [l’ANSV] dovrebbe giocare un ruolo più incisivo, proprio sul fronte della prevenzione. Analizzare gli incidenti a posteriori non basta, bisogna cercare di fare in modo che gli incidenti non avvengano»!
Giusto e vero, Presidente Pettinaroli, ma le stesse cose sarebbe stato opportuno dirle di fronte al Presidente di ANSV, magari invitandolo a partecipare al “tavolo tecnico” !
Certo è che tra il Presidente Pettinaroli e l’intervistatore si fa fatica a capire chi dei due sia il più “esperto” di procedure per la prevenzione degli incidenti:- infatti la frase «… emanando, se necessario, le opportune raccomandazioni di sicurezza, “allo scopo di identificare le cause degli eventi” per evitare che si ripetano» è completamente errata, in quanto soltanto dopo che si sia potuto identificare “le cause” di un evento (oppure anche per altri motivi che consiglino di intervenire per correggere situazioni di fatto) si passa ad emanare le “raccomandazioni di sicurezza”, che sono sempre a carattere correttivo e di prevenzione al reiterarsi di certe situazioni ! Insomma, non si può giocare a fare gli esperti” buoni per tutte le stagioni !
Inoltre Presidente Pettinaroli, con la sua Fondazione, ritiene di aver fatto finora l’auspicata prevenzione, accanendosi a perseguire soltanto la condanna di chi, a suo giudizio, fin dal primo momento era “a priori” colpevole di negligenze operative non provate, additandolo agli inquirenti della Magistratura ed ignorando invece le responsabilità di ben individuabili esponenti del “sistema” ed accontentandosi di lauti, seppur dovuti da taluni, risarcimenti con contorno di “pezzi di pietra” dedicati alle Vittime di quel grave disastro sistemico annunciato ?
Il Presidente Pettinaroli conclude affermando che «Bisogna aumentare i controllo in tutta la catena del trasporto aereo: dalle compagnie aeree agli aeroporti», omettendo però volutamente le istituzioni aeronautiche e soprattutto le autorità di normazione e di garanzia con le loro precise responsabilità.
Avremmo condiviso le sue dichiarazioni qualora avesse terminato precisando di voler perseguire coloro che, ipoteticamente, alle relazioni degli Ispettori di volo e di aeroporto dell’ICAO (noti anche come “Tutors”) inviate per gli opportuni provvedimenti correttivi alle competenti autorità superiori, sempre ipoteticamente, queste potrebbero aver omesso di ottemperare ai provvedimenti indicati dai suddetti Tutors. Infatti, solo rispettando con la dovuta attenzione le indicazioni che vengono segnalate da tali Tutors (leggasi: Ispettori) ed intervenendo con tempestività per correggere le mende e la non osservanza delle norme che si fa prevenzione.
Il sistema in vigore presso la FAA degli USA o della CAA degli UK, con appropriate sanzioni correttive di chi sgarra dalle norme, dovrebbe far testo anche da noi.
E veniamo ad esaminare sommariamente le critiche del Presidente Pettinaroli all’ANSV, che in parte condivido, come ben sa chi vede spesso apparire le mie critiche all’ANSV soprattutto in tema di tempistica nel compimento delle investigazioni sugli incidenti del trasporto aereo, che, guarda caso, si chiudono “regolarmente” con tanto di prove delle cause e relative raccomandazioni correttive, "probabilmente talora", soltanto dopo che, si è pronunciata con proprie sentenze di condanna la Magistratura. Bella”terzietà”, non c’è che dire !
In quale direzione occorre muoversi per cercare di ridurre al minimo i rischi e portare ai massimi livelli possibili la sicurezza – si chiede Air Press.
La risposta, come sappiamo, è stata:- «Bisogna aumentare i controlli in tutta la catena del trasporto aereo: dalle compagnie aeree agli aeroporti». Una risposta che sa tanto di assist alle lamentele dell’ENAC sulla carenza di Ispettori e che, anche qualora giustificata nell’immediato futuro, non cambia d’una virgola la realtà che le indicazioni degli Ispettori dell’ICAO finora non hanno trovato adeguato follow-up da parte dei dirigenti di ENAC centrale, mentre sugli aeroporti, mancando una figura direttiva che rappresenti lo Stato come avveniva pre-riforma del Codice della Navigazione, ogni iniziativa locale è destinata a rimanere sterile per la strapotere assegnato ai Gestori.
Insomma, non basta dire «occorre verificare con regolarità che siano rispettati gli standard di sicurezza [manca la specificazione:- dell’ICAO – ndr]», anche perché l’ENAC stessa non rispetta né con rapidità né con completezza tutti gli standard sanciti dall’ICAO. La prova? Si leggano le risultanze dell’ultima Commissione ispettiva IUSOAP (ICAO Universal Safety Oversight Audit Programme) dell’ICAO del 2006.
Infine, vorrei dire al Presidente Pettinaroli:- Ma tutti i quattrini appena spesi e quelli che verranno spesi per le celebrazioni della triste ricorrenza, non sarebbero spesi più proficuamente per la sicurezza ed in memoria delle Vittime facendo opere di assistenza alla prevenzione degli incidenti e dei sinistri, come quelle ad esempio, di “donare”, Lui che può, l’opera di uno o più Ispettori di volo ed aeroportuali o di Investigatori ad ENAC e/o a ANSV (che non possono) ? 15 ottobre 2011
Verso la fine del mese di Settembre a Montreal, ICAO e Commissione Europea (EC), con l’obiettivo di migliorare la sicurezza globale dell’Aviazione Civile Internazionale, hanno firmato un accordo volto ad istituire un unico punto di raccolta per le Relazioni prodotte in merito a tutti i disastri ed incidenti aerei mondiali dell’aviazione commerciale, utilizzando un comune schema metodico di classificazione sistematica – tassonomia - di tutti gli eventi di questo tipo.
I termini dell’accordo contemplano la novità che le autorità investigative di tutti i 190 Stati membri dell’ICAO adottino il sistema sviluppato dal Centro Comune di Ricerca – JRC – della Commissione Europea denominato ECCAIRS – European Coordination Centre for Accident anc Incident Reporting System – il quale fin dal Luglio 2005 riceve le Relazioni delle investigazioni, secondo gli obblighi, per i Paesi europei, stabiliti dalla Direttiva Europea n. 2003/42/EC n merito alla raccolta sistemica delle Relazioni sugli eventi mortali e pericolosi dell’aviazione commerciale mondiale.
Una tassonomia comune è indispensabile per definire esattamente i problemi della sicurezza del volo, mettendo tutti in grado di poter avere una comune comprensione dei dati di sicurezza ricavati dalle investigazioni condotte.
Mi è gradito ricordare che fin dagli anni a cavallo del cambio di secolo, ho avuto personalmente modo di collaborare sull’argomento “tassonomia dei termini per il riporto degli eventi” con l’amico Ingegner Pietro Carlo Cacciabue, allora Ricercatore stimato del Centro Comune di Ricerca (JRC o, in italiano, CCR-CE) di Ispra della Commissione Europea ed ora a sua volta collaboratore volontario e consigliere del Comitato Direttivo dell’Italian Flight Safety Committee – IFSC – con sede sull’aeroporto di Fiumicino.
Il sistema europeo ECCAIRS adottato ora dall’ICAO quale base di raccolta dei dati migliorerà l’apporto di informazioni standardizzate, in quanto il sistema consente lo scambio dei dati di sicurezza e l’integrazione dei rapporti tra le differenti organizzazioni investigative e normative delle varie Nazioni partecipanti, nonché l’analisi dei dati di sicurezza provenienti da fonti di tutto il mondo aeronautico, senza (si spera !) intromissioni … “giustizialiste” (cioè non necessarie o indebite)!.
Per quanto riguarda il nostro Paese, sono curioso di vedere il modo in cui l’ANSV si atterrà effettivamente al rispetto delle disposizioni contenute nella Direttiva 2003/42/CE, in vigore in Italia dal 2005 e solo dopo esser stata “regolamentata” da ENAC. Il contenuto di tale Direttiva, pur non essendo della qualità di un Regolamento europeo, va comunque rispettato alla lettera e non con interpretazioni locali, fatto invece salvo il diritto dei cittadini di ricorrere alla C. E. in caso di omissioni o di differenze attuative non autorizzate né dalla C.E. e neppure dall’ICAO! 12 ottobre 2011
Ho ricevuto in questi giorni dalla segreteria del Centro Studi “DEMETRA” l’invito per assistere, il 12 Ottobre, ad un Workshop dedicato al tema «Aeromobili a Pilotaggio Remoto:- Una nuova dimensione si sta aprendo per l’aviazione. Quali problematiche, quali applicazioni e prospettive ?», organizzato dal “MAC – Master Universitario in Gestione dell’Aviazione Civile” della Facoltà di Ingegneria dell’ Università di Roma « La Sapienza » e dall’ ”ENAC – Ente Nazionale per l’Aviazione Civile”.
L’invito a partecipare, senza bisogno di accreditamento, è stato fatto circolare dal Centro Studi Demetra, mentre il sito di ENAC annuncia l’evento, gestito principalmente da propri Ingegneri, sotto un più succinto titolo “Aeromobili a Pilotaggio Remoto”, con la seguente testuale ed allettante presentazione:-
«Nel settore degli aeromobili a pilotaggio remoto viene registrato un crescente interesse sia da parte dei costruttori che da parte dei potenziali utilizzatori. Le istituzioni comunitarie, le autorità nazionali, l'ICAO, si stanno attivando per gli aspetti di competenza sebbene al momento non esista una regolamentazione di settore. Sono numerose le iniziative a carattere sperimentale ed è crescente l'interesse in settori quali la protezione civile, la difesa ed le attività commerciali (lavoro aereo). Nel workshop verranno esaminati sia gli aspetti di safety che di tipo operativo. Ad evidenziare le potenzialità del mezzo, verranno presentati una serie di progetti nazionali in corso».
Sempre dalla stessa locandina possiamo apprendere che, fatta salva l’eccezione dell’intervento di un Ingegnere del CIRA, il quale intratterrà sulle «Tecnologie del Volo Automatico per gli Aeromobili a Pilotaggio Remoto» (in lingua esclusivamente italiana, come da titolo), tutti gli altri docenti saranno dell’ENAC, incluso colui che tratterà l’argomento «Considerazioni sugli aspetti di safety».
Mi stupisce che altri possibili docenti partecipanti, quali competenti per altri aspetti dell’Aviazione Civile, complementari a quelli dell’ENAC, non compaiano con loro interventi o contributi disciplinari, rispettivamente nel campo degli ATM Providers (quali ENAV ed Aeronautica Militare), gli “utilizzatori” - effettivi o potenziali – (come, ad es., la Protezione Civile e la Difesa in generale) e le Autorità di investigazione (come ANSV e A.M.), istituzionalmente incaricate delle indagini sugli incidenti degli “aeromobili” UAS, quali sono stati voluti denominare gli APR.
Ma, si sa, nelle “Cose … d’Italia … nostra”, di questi tempi in cui si è persa qualsiasi nozione di “posizione di garanzia da parte delle istituzioni dello Stato” … TUTTO può accadere … ed accade !
Non per niente, la data odierna è … l’8 Ottobre 2011 !
(Testo redatto il giorno 8 ottobre 2011)
Ed eccoci ad un altro immancabile italico rito, questa volta in occasione della prossima ricorrenza della data del disastro aereo sull’aeroporto di Linate del 8 Ottobre 2001.
Son passati dieci anni e si son tenuti tanti processi giudiziari che hanno colpito veramente soltanto coloro che non avevano mende di comportamento nel caso, mentre hanno invece tralasciato di perseguire e colpire i veri responsabili di quelle povere Vittime, le quali son servite soltanto, a mio parere, a far salire alla ribalta delle cronache celebrative gente che non lo meritava. Infatti, in un caso, è bastata soltanto la posa di un pezzo di pietra, installata ”a ricordo” su di un aeroporto (in posizione ben nascosta), per risolvere il tutto, accompagnato - è vero - da un dovuto indennizzo “in colletta” ai parenti delle povere Vittime.
Ma in tema di risultati per modificare quelli che erano (e restano) i veri problemi dell’aeroporto di Linate, che sussistono invariati tutt’ora, anzi son aumentati in termini di rischio a causa dell’aumento del traffico a cui si continuano a spalancare le porte, segnatamente a quello di aeroplani dell’aviazione minore e forse a breve, ENAC consentendo, anche ai VDS (apparecchi per “Volo da diporto o sportivo”).
Ad esempio:- ormai è ben noto, il “sistema aeroporti di Milano” con Malpensa come hub è fallito, e di conseguenza l’aeroporto di Linate è sempre più critico in termini di sicurezza per la mancata realizzazione di tutti i moderni criteri di prevenzione. In particolare, il “Piano di Rischio aeroportuale della pista 36R/18L (quella principale per l’aviazione commerciale) non ha prodotto ancora la realizzazione di opere a norma riguardanti neppure l’area dell’asse-pista citata e per di più ignora tutta l’area sottostante le traiettorie di decollo/atterraggio, comprendenti le necessarie virate di avvicinamento/allontanamento, che non possono avvenire su “binari tranviari”, ma comportano una certa dispersione in dipendenza degli aeromobili che le effettuano e delle condizioni meteorologiche.
Dunque, mentre sussistono ancora tanti problemi di sicurezza sia di safety (forse irrisolvibili sul territorio) che di security, ecco che invece lo Stato Maggiore di ENAC si presta alla solita scena di facciata.
Così il 27 Settembre – reso pubblico con tanto di comunicato stampa di ENAC – si è svolto presso la sede della D. G. di tale Ente un “incontro”, su iniziativa della “Fondazione 8 Ottobre tra i parenti delle Vittime del 2001, cui hanno partecipato, oltre all’ENAC stessa, anche l’ENAV ed una delegazione congiunta della Flight Safety Foundation – FSF – e dell’International Air Safety Seminar – IASS – degli USA, giunta da Washington. Assenti di spicco: ANSV nella persona del suo Presidente e l’AMI in quanto probabilmente tra i non invitati. E’ risultata quindi in tutta evidenza la posizione dominante del “potere” pubblico della citata Fondazione.
D’interesse, in tutto l’incontro, è stata soltanto la pretesa preoccupazione espressa – chissà perché – dalla delegazione statunitense sul «cronico problema dell’ENAC relativo alla carenza di risorse umane in organico, soprattutto nel numero degli Ispettori di volo in attività». Aveva ricevuto “l’imbeccata” da chi, nell’ambiente?
Ma siamo proprio sicuri che sia questo il problema principale della sicurezza del volo in Italia ?
Parrebbe proprio di no, anche perché tutto questo è servito solamente a predisporre l’ambiente istituzionale aeronautico a preparare una degna celebrazione del disastro del 2001 all’aeroporto di Linate. E, visto come dopo 31 anni sono andate a finire le cose “finanziarie” del disastro del DC 9 dell’ITAVIA, ci sono buone speranze di ulteriori risultati anche in questo caso.
Dunque, quel che salta prepotentemente ai miei occhi, con la forza di un lampo (dovrei aggiungere:- di verità), è che a questo “meeting” con pretese tecniche (?) voluto dalla “Fondazione 8 Ottobre” è mancato un qualsiasi straccio di invito all’Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo – ANSV -, che in effetti in Italia dovrebbe essere la prima titolata a trattare di questioni di sicurezza operativa, intesa come prevenzione da disastri e da incidenti aeronautici, attraverso studi dedicate ed investigazioni tecniche di sicurezza. Stesso dicasi per l’AMI che nell’ultimo ventennio nel campo della sicurezza volo ed, in particolare della prevenzione, ha sviluppato enormi progressi incoraggiando all’interno della propria organizzazione lo sviluppo della “just culture”.
Lo smacco della mancanza di questi inviti, ha fatto assurgere la “Fondazione 8 Ottobre” ed i suoi esponenti al ruolo di veri paladini intemerati del “verbo” della sicurezza, usurpando il ruolo istituzionale di ANSV e la tradizionale esperienza di AMI in questo campo. Ovviamente il tutto con la compiacente complicità di ENAC.
Mi sembra che ormai il “Comitato direttivo della Fondazione 8 Ottobre” stia occupando anche sul piano istituzionale, sia all’interno che all’estero, posizioni che dovrebbero essere prerogativa di ANSV perfino in un “incontro” in cui si tratta anche della raccolta e conservazione di documentazioni post incidenti dell’aviazione civile commerciale e addirittura di rapporti con la Magistratura!
Nell’Italia del 2011 ormai si vive nella totale confusione di ruoli. 7 ottobreb2011
Certo che con questi scienziati della NASA e con questi giornalisti para-scientifici non si va molto lontano sulla strada della prevenzione degli incidenti … da rientri di rottami dallo spazio nell’atmosfera terrestre … e più in basso … “zone” frequentate giorno e notte dagli aeroplani del trasporto aereo ed abitate dai residenti sulla crosta terrestre !
I primi non è la prima volta che … “toppano” ! Ricordo che, solamente un paio di mesi fa, il lancio nello spazio di un satellite costruito da Canada e Stati Uniti è miseramente fallito, mandando in briciole milioni di dollari, a causa di errori di progettazione in quanto i tecnici degli USA avevano utilizzato quali parametri costruttivi delle loro parti il sistema di misura e calibrazione in pollici, mentre i canadesi avevano utilizzato il sistema decimale !
Dopo che per giorni ci erano rintronate le orecchie ed affaticati gli occhi nel seguire le notizie sulla possibile zona terrestre prevista di “atterraggio pesante” dei detriti del satellite statunitense UARS entro una fascia dapprima indicata genericamente come Nord d’Italia ed in seguito specificata come zona delle Tre Venezie, in orari comprendenti l’estensione di 6-9 ore per il possibile rientro e con promesso preavviso di circa 1 ora e 40 minuti al massimo prima delle “precipitazioni spaziali”, alla fine queste hanno avuto luogo alla chetichella in zone ancora non meglio precisate del Canada nord-occidentale e dell’Oceano Pacifico.
E tutto questo senza che l’ICAO, Eurocontrol o altre Agenzie internazionali o nazionali di regolamentazione o di gestione del Controllo del Traffico Aereo si fossero preoccupate di proteggere e prevenire il traffico di competenza, almeno con avvisi specifici ai naviganti, su quelle rotte che avrebbero potuto essere “a rischio” (anche se indefinito), al pari delle popolazioni civili sottostanti la prevista traiettoria di rientro del corpo non più satellitare.
Certo, le previsioni di rischio erano molto basse (0,9%) e quindi ulteriormente ridotte per coloro che si fossero trovati in volo a bordo di un aeromobile del trasporto aereo, ma “la prevenzione” avrebbe voluto almeno … un piccolo (e non costoso) avviso di allerta !
Ovvero, hanno mancato di dare disposizioni ai Centri di Controllo regionali del Servizio ATC/ATM di preoccuparsi di chiudere a scopo preventivo alcuni spazi aerei e/o alcune aerovie più esposte al “pericolo spaziale”.
Unica bella eccezione, a quanto mi risulta (e lo riconosco con piacere) quella della nostra ENAV SpA – Servizio AIS – che, alle ore 16.26/UTC del 23/9/2011 ha emesso il NOTAM numero 3343/2011 che di seguito riproduco:-
LIXX 1W3327/2011 23/09/2011 IN FORCE
RACW A)BRINDISI MILANO ROMA FIR
SPR B)2011-09-23 16:30 C)2011-09-24 06:00 EST
E)NAV WARNING. DUE TO 'UARS' FRAGMENTS SATELLITE UNCONTROLLED RE-ENTRY, POTENTIAL IMPACT AREA WILL BE EXPECTED FOLLOWING SPECIFIED.
THE FALLING PIECES MIGHT IMPACT AN AREA EXTENDING 100KM TO THE LEFT AND/OR TO THE RIGHT OF THE TRAJECTORIES WITHIN ITALIAN FIRS AS DEFINED BELOW.
(READ LONGITUDES AND DATA-TIMES)
463100N0134000E-441020N0071500E 231925-232010
465610N0110800E-453130N0132030E 240130-240215
NOTAM WILL BE ISSUED TO INFORM ABOUT CHANGES OF POTENTIAL IMPACT TRAJECTORIES AND TIME WINDOWS
F)SFC G)UNL
Q)LIXX/QXXLW/IV/NBO /W /000/999/4339N01139E546
L’avviso di navigazione emesso aveva validità dalle ore 16.30/UTC del 23 Settembre fino alle ore 06.00/UTC del 24 Settembre e riguardava il possibile rientro incontrollato nell’atmosfera terrestre di frammenti del satellite UARS, che avrebbe potuto interessare un’area di 100 km a sinistra ed a destra di una traiettoria all’interno della regione italiana definita da specifici punti geografici previsti, comprendente grosso modo il Triveneto, tra le ore 01.30/UTC e le ore 02.15/UTC del 24 Settembre (secondo previsioni della NASA). Termina promettendo l’emissione di altro avviso per informare di eventuali cambiamenti della “potenziale traiettoria” d’impatto al suolo. Questo NOTAM fu poi cancellato da un successivo avviso di fine allerta n. W 3346/2011.
In verità, assieme a questo lodevole intervento di ENAV SpA, soltanto la FAA /USA alle ore 18.33/UTC del 23 Settembre aveva emesso una “Special Notice” che informava, con il consueto pragmatismo americano, gli «aircraft» (invece che Piloti e Controllori) del potenziale pericolo costituito dal rientro nell’atmosfera del satellite UARS della NASA, con possibile impatto all’interno dello spazio aereo degli USA. Concludeva promettendo specifiche informazioni quando fossero rese disponibili dalla NASA e dal DoD (Department of Defence). Intanto disponeva che tutti i Piloti ed i membri di equipaggi di volo statunitensi dovessero informare gli Enti ATC circa qualsiasi avvistamento relativo alla caduta di detriti spaziali (il che la dice lunga sui dubbi che la FAA nutriva sulla zona di rientro !).
Il rientro dei relitti spaziali del satellite UARS è avvenuto in tutt’altra zona di quella preannunciata ed in orari ben diversi da quelli predetti dalla NASA, la quale si è poi astenuta dal dare il preavviso promesso di 1 ora e 40 minuti ai residenti nella zona di caduta. Perché ?
Perché – si è cercato di spiegare – il satellite UARS è stato deviato dalla sua rotta balistica al rientro negli strati densi dell’atmosfera terrestre in quanto la sua singola grande antenna fotovoltaica ha agito come una singola ala, provocandone in tal modo una rotazione incontrollata e la conseguente deviazione dalla rotta.
Tutto questo dovrebbe insegnare molte cose per il futuro ai Costruttori di navette, di stazioni orbitanti e di satelliti vari, se si vogliono prevenire guai seri a terra (anche perché i materiali che rientrano dallo spazio sono tossici), ma soprattutto di dotare ciascun veicolo, quando viene lanciato, anche d’una quantità residua di carburante tale che il motore direzionale di ciascun veicolo possa essere attivato e quindi diretto fuor dall’orbita per il rientro sulla terra o, ancor meglio, verso lo spazio stellare profondo !
Insomma, è più che mai urgente fare prevenzione anche nello spazio ! 2 ottobre 2011
Quando il 27 Giugno scorso scrivevo:- «… ed ancora … il 27 Giugno … ancora una volta si è ripetuto lo stanco e ritrito “rito” del ricordo … del disastro del 27 Giugno 1980, quando il DC 9 I-TIGI dell’ITAVIA … precipitò nel Mar Tirreno» mi sbagliavo definendo “stanco e ritrito” quel rito consumato in ambito istituzionale.
Infatti “quel rito” non era affatto né stanco né tampoco ritrito, era soltanto un “memento” al Magistrato monocratico del Tribunale Civile di Palermo di attribuire, secondo corrente colpevolista ad ogni “costo”, all’Aeronautica Militare (e stavolta anche al Ministero dei Trasporti), la responsabilità quanto meno patrimoniale dell’evento «caduta del DC 9 del Presidente dell’ITAVIA Davanzali».
Quel “leitmotiv” che ha occupato per oltre trent’anni le cronache giudiziarie fin dai tempi dell’inchiesta del Giudice Priore, mai giunta a sentenza definitiva, ha fatto ora la sua trionfale ricomparsa il 20 Settembre 2011, esattamente dopo 31 anni e 3 mesi (meno una settimana !) dal fatto, mai investigato seriamente e tecnicamente da veri esperti, se non nel “Libro Bianco” dell’Aeronautica Militare, con la pubblicazione della perizia eseguita da due grandi firme tecniche:- quelle dell’investigatore inglese Frank Taylor, prima della AAIB-UK e poi dell’Università di Cranfield e del noto progettista aeronautico italiano Ingegner Ermanno Mazzocchi, i quali hanno dimostrato con prove inoppugnabili, la vera causa del sinistro del 1980:- un ordigno esplosivo nascosto dietro la tazza della toilette destra in coda all’aereo !
Prove invece ignorate da alcuni dei Tribunali che nel tempo si sono occupati del fatto, i quali hanno invece preferito basarsi su consulenze e su prove contrastate e contestate anche fra gli stessi membri delle Commissioni peritali formate con tanti pretesi nomi altisonanti di cattedratici, ma senza alcun riconosciuto “investigatore di professione”.
La sentenza passata in giudicato del processo penale ai Generali dell’Aeronautica, svoltosi e conclusosi a Roma non molto tempo fa con la loro piena assoluzione, invece, non è stata tenuta in alcun conto dal Giudice monocratico di primo grado di Palermo !
Adesso, il 20 Settembre 2011, due Avvocati di parte civile, si sono affrettati a cantar vittoria per aver ottenuto a favore della propria assistita, congiunta di una delle vittime del disastro del DC 9, la bella sommetta di circa 1 milione e 900mila Euro, caricata sul groppone dello Stato italiano (e quindi di tutti noi contribuenti), attribuendola in parti uguali al Ministero Difesa-Aeronautica e al Dicastero dei Trasporti.
E così via (con somme risarcitorie differenti) per altri 80 casi di congiunti ricorrenti al Tribunale in nome della perdita di familiari, per un totale di oltre 100 milioni di Euro ! Tribunale che, si noti bene (come afferma la sentenza), ha rigettato «le domande [risarcitorie – ndr] proposte nei confronti del Ministero degli Interni e Presidenza del Consiglio»! come il dispositivo ha sentenziato:
"Le spese processuali sostenute dagli attori e dalle parti intervenute nel presente processo, liquidate come dispositivo in forza del principio della soccombenza devono essere poste a carico solidale dei Ministeri della Difesa e dei Trasporti. In ragione della complessità della vicenda oggetto del presente processo e considerato che, essendosi i convenuti costituiti quale unica parte complessa, la difesa dei convenuti non ha subito alcun aggravio a causa delle domande proposte nei confronti del Ministero degli Interni e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, si dichiarano integralmente compensate le spese tra gli attori del procedimento n.12865/07 e i terzi intervenuti in tale processo e il Ministero degli Interni e la Presidenza del Consiglio dei Ministri."
Le motivazioni ? Ah sì, le motivazioni del 10 Settembre 2011, come comunicate dagli Avvocati di parte civile. Scrive il Giudice Paola Proto Pisani:-
«Tutti gli elementi considerati consentono di ritenere provato che l’incidente occorso al DC 9 si sia verificato a causa di un “intercettamento” [sic ! – anziché “intercettazione” – corretto termine tecnico – ndr] realizzato da parte di “due caccia” [!] che, nella parte finale della rotta del DC 9 viaggiavano parallelamente ad esso, di un velivolo militare precedentemente nascostosi nella scia del DC 9 al fine di non esser rilevato dai radar [!], quale diretta conseguenza dell’esplosione [nella scia del DC 9 ? – ndr] di un missile lanciato dagli aerei inseguitori contro l’aereo nascosto, oppure di una “quasi collisione” [evento sconosciuto negli annali delle investigazioni di incidenti aeronautici, sia civili che militari ! – ndr] verificatasi tra l’aereo nascosto ed il DC9» !
Ah sì, come a dire (ma non si dice !) che Aeronautica Militare e Ministero dei Trasporti dell’epoca non sono stati capaci, rispettivamente, «di difendere “i sacri confini” del Paese», e di «non aver saputo tutelare l’incolumità dei trasporti [DC 9 del Presidente Davanzali] e dei Trasportati», nel caso specifico.
Questa è la conclusione del Tribunale di Palermo, scritta “nelle motivazioni” [testuale del comunicato-stampa, diramato il 21 Settembre – ndr] della sentenza con la quale ha condannato i Ministeri della Difesa e dei Trasporti al risarcimento dei familiari delle “vittime di Ustica” (sic !)[povera isola, fatta divenire “colpevole” del misfatto !- ndr].
Se questa è una sentenza … ditemi voi ! 30 settembre 2011
È recente la notizia che l’EASA ha aperto una pubblica consultazione tecnica, che scadrà il 24 Ottobre prossimo, per ricevere commenti e suggerimenti su una proposta di nuova regolamentazione riguardante gli standards di misurazione della quantità di carburante “usabile” presente nei serbatoi degli aeromobili commerciali, tendente ad eliminare la possibilità che venga a mancare - per esaurimento - il carburante necessario al funzionamento dei motori.
L’EASA si propone di modificare l’esistente standard di certificazione in quanto l’attuale regolamentazione (CS-25) richiede soltanto un indicatore di quantità del carburante per ciascun serbatoio.
Tale regolamentazione non contempla (come invece avviene sugli aeromobili certificati dalla FAA degli USA) un avviso di scarso livello del carburante, particolare sul quale però l’EASA si sente di obiettare che anche tale sistema non è completamente indipendente o immune da avarie afferenti il normale sistema di alimentazione del livello del carburante per i motori.
Con la nuova normativa l’EASA si propone di rendere obbligatorio che sugli aeroplani di nuova costruzione siano installati degli indicatori di livello del carburante per ogni serbatoio, oltre che il totale del carburante “usabile” presente a bordo, come pure un allarme in cabina di pilotaggio per segnalare lo scarso livello sempre del carburante “usabile” presente in ogni serbatoio.
E’ bene specificare il significato di “carburante usabile” in quanto nessun serbatoio può essere svuotato completamente in volo dalla pompe elettromeccaniche presenti in ciascun serbatoio e pertanto il riferimento dev’esser fatto alla quantità realmente “pescabile” e quindi “utilizzabile” dai motori.
Inoltre l’EASA si propone di ottenere che l’allarme entri in funzione quando la quantità totale di carburante “usabile” nei serbatoi raggiunga il livello richiesto per far funzionare i motori ancora per 30 minuti in condizioni di volo di crociera.
Ed ancora:- l’EASA richiederà ai Costruttori che negli scenari analitici per la certificazione del sistema di alimentazione del carburante ai motori siano valutate le conseguenze sia della la perdita totale delle informazioni di livello nei serbatoi che le errate indicazioni di “pieno” del carburante per provocare l’allarme.
E pretenderà pure che sia dimostrato che nessuna avaria di indicazione di quantità o che comporti la perdita totale delle informazioni basiche possa influire sul funzionamento del sistema di avviso oppure che impedisca la corretta attuazione del relativo allarme di scarsa quantità.
La modifica richiesta infine dovrebbe anche fornire indicazioni ai piloti della presenza di condizioni di pericolo quali quelle dell’anormale trasferimento di carburante tra i serbatoi, di alimentazione impedita da ostruzioni o di perdita del carburante; tutti eventi questi che potrebbero comportare il mancato flusso di carburante ai motori.
L’EASA ha raggiunto questa decisione in base al fatto statisticamente provato che su 30 disastri e 35 incidenti non mortali per cause collegate alla mancanza di carburante, avvenuti tra il 1970 ed il mese di Febbraio 2011, sarebbero potuti esser evitati con la nuova certificazione regolamentare.
Tra di essi l’EASA cita in particolare il gravissimo incidente avvenuto per il tentato ammaraggio nel Mar Tirreno al largo di Palermo nell’Agosto del2005 a causa dell’esaurimento del carburante a bordo dell’ATR 72 della Compagnia tunisina Tuninter che causò diverse vittime. Il grave incidente avvenne appunto a causa dell’esaurimento del carburante presente a bordo, dovuto ad un grossolano errore degli addetti alla manutenzione (installazione di un indicatore totale della quantità inadatto al modello di velivolo) accompagnato da una obiettiva negligenza dell’equipaggio, il quale non aveva provveduto a controllare effettivamente la quantità presente nei serbatoi per mezzo delle apposite aste misuratrici del livello presente nei serbatoi.
Ora … seppure in ritardo … la proposta di panacea che, se approvata, potrà trovare applicazione sugli aeroplani di nuova costruzione … solo tra qualche anno !
Comunque … meglio tardi che mai ! 27 settembre 2011
(Nota del 19 settembre) Così come subito dopo il 27 Giugno c.a. avevo commentato la celebrazione del “vuoto e ritrito rito politico del 27 Giugno”, non mi posso ora esimere dal commentare, con rigoroso rispetto della realtà e della verità la notizia del 12/9/2011:- «Ustica, condannato lo Stato. Negligenza e indagini depistate» !
Dunque, con rara sensibilità e … “chiaroveggenza”, il Tribunale Civile di Palermo questa volta, dopo ben 31 anni dall’evento del 27 Giugno 1980, ha sentenziato tout court (in attesa di partorire le motivazioni) che ai figli ed ai familiari degli aventi diritto delle 81 vittime del disastro aereo del DC 9 I-TIGI dell’Itavia (ma forse anche della parte lesa come proprietà di Itavia, fallita a seguito del fatto) spettino complessivamente 100 milioni di Euro di risarcimento da parte dei Ministeri dei Trasporti e della Difesa-Aeronautica.
Non è ancora noto, quindi, in quali parti verrà attribuito l’esborso della somma complessiva e come poi la torta verrà divisa, come pure in base a quale reato colposo, doloso o di alto tradimento spetti rispettivamente il salasso, in quanto per ora non è dato di apprendere coma mai sia stato tirato in ballo adesso il Dicastero dei Trasporti, anche se l’inchiesta tecnico-formale (ex articolo 827 del Codice della Navigazione allora vigente) non fu mai completata a causa del mancato recupero (fino al 1986) del relitto dell’aeroplano dal Mar Tirreno.
Mentre per quanto attiene il Ministero Difesa-Aeronautica, è facilmente intuibile che l’attribuzione sarà fatta in base agli ultimi rigurgiti “complottistici” attribuiti, per l’appunto, proprio ai Generali dell’Aeronautica Militare a suo tempo lungamente indagati e processati per aver «occultato la verità» e per «non aver saputo difendere il cielo della Patria» dall’ignoto killer straniero, ma alla fine pienamente assolti !
In quest’Italia del “di tutto, di più”, ci si può attendere veramente di tutto !
Attendiamo le motivazioni ! 25 settembre 2011
“Radiofante” (che funziona per chi la sa ascoltare) c’informa che “Comandante e Copilota” del brutto incidente di Palermo Punta Raisi del volo WindJet del 24 Settembre 2010 NON sono stati LICENZIATI, come vorrebbe far credere la corrispondenza di Repubblica-Palermo del 15 Settembre corrente o chi per essa.
Inoltre sembra di capire che quanto atteso sul tavolo della Procura della Repubblica del Tribunale di Palermo NON sia la “Relazione d’inchiesta” di ANSV; bensì una Relazione peritale d’ufficio dei consulenti del P. M., i quali, secondo le migliori tradizioni (vedi disastro di Tuninter dell’Agosto 2005) non si lasciano scappare occasione per far conoscere ai media anche ciò che è coperto dal segreto d’ufficio. Ma questa è l’Italia di oggi !
Risulta invece che il Comandante di quel volo NON è stato confermato nell’incarico al termine del lungo periodo per “malattia” (contratta il giorno dell’incidente, con prognosi non nota) consentito dal Contratto collettivo di lavoro per gli aeronaviganti tecnici.
Il Copilota invece, il quale era in PERIODO DI PROVA presso l’Esercente, NON è stato confermato per l’assunzione e quindi è rimasto disoccupato.
Ed è proprio per queste condizioni in cui è stato posto l’equipaggio che da ANSV pretendiamo di conoscere tra l’altro, in nome della sicurezza del volo, quale addestramento particolare i due componenti quell’equipaggio abbiano ricevuto sull’A. 319 e particolarmente sugli avvicinamenti strumentali di “non-precisione”, cioè quelle manovre per atterrare anche in condizioni di mancanza d’una radioassistenza come l’ILS, che fornisce anche un sentiero di precisione per la traiettoria di planata verso la testata della pista.
Ma mi risulta però che l’aeromobile A. 319 abbia un sistema interno per ovviare alla carenza del sentiero di planata originato da una radioassistenza ILS.
Vedremo cosa ci racconterà ANSV ! 23 settembre 2011
Premessa
Era il 12 Settembre allorché l’articolo che segue era già pronto e verificato, con la preziosa collaborazione del Collega, amico e collaboratore Dino Bosello, nel tentativo di “raddrizzar le gambe ai cani” (in verità con scarso successo presso le alte sfere della Repubblica Italiana) sulla gestione del trasporto aereo nazionale e sull’organizzazione preposta alla sicurezza dei voli sia in ambito nazionale che internazionale.
Ma il 15 Settembre, poco prima di proporlo per la pubblicazione su sito web che gentilmente mi ospita, ecco che su Repubblica–PALERMO del 15 settembre trova posto l’annuncio che una non meglio specificata Relazione sull’incidente del 24 settembre 2010 sarebbe in procinto di arrivare sul tavolo della Procura della Repubblica presso il Tribunale del capoluogo siciliano nella cui giurisdizione penale è avvenuto l’incidente aereo che, pur non causando fortunatamente grossi danni fisici agli occupanti del velivolo della Compagnia WindJet, ha causato la perdita totale dell’aeromobile, tipo Airbus A. 319.
Ed eccovi, opportunamente riprodotta la “notiziola” pubblicata a pag. 8 di Repubblica-PALERMO:
Il Comandante e il vice già licenziati
Aereo fuori pista fu errore del pilota
Non è ancora arrivata sul tavolo del procuratore aggiunto Maurizio Scalia, ma già si conoscono i risultati della relazione sull’incidente del 24 settembre2010 cui un aereo della WindJet è uscito fuori pista: Non si trattò di wind-shear, un vento anomalo che ha fatto sbalzare l’aereo, ma di un errore umano. L’inclinazione dell’aereo rispetto alla pista sarebbe stata sbagliata per un calcolo errato da parte del pilota. .., il comandante e il suo secondo ….sono stati licenziati dalla compagnia nei mesi scorsi.
Ormai, che fatti di dubbia rilevanza penale diventino oggetto di indiscrezioni più o meno ben remunerate - ancor prima che sia emesso un giudizio di tale portata – non dovrebbe più stupirmi, visto il degrado dell’ambiente giudiziario nazionale, ma … data la mia veneranda età, riesce ancora ad indignarmi!
Ma che qualcuno possa ritenere di poter liquidare l’evento del 24 settembre 2010 con un semplice titolo e sottotitolo di giornale, del tipo:- «Aereo fuori pista:- fu errore del pilota. Il comandante ed il vice già licenziati», proprio no !
Anche se a qualcuno, nel bel Paese, sia a Palermo che altrove, possano tremare le vene ed i polsi, noi restiamo in attesa di conoscere in che data verrà resa pubblica la Relazione d’inchiesta di ANSV, nonostante, pare di capire che la stampa siciliana ne sia già in possesso. Per quale via ?
Ma, per venire al sodo, alla radice del fatto, in quella Relazione d’inchiesta m’aspetto di trovare ben altro che “l’errore del comandante e del vice”, senza che l’ENAC, competente in materia, abbia mai annunciato di aver sospeso quei due piloti dalle funzioni, in attesa della conclusione dell’investigazione tecnico-amministrativa, doverosamente aperta sia da ANSV in base al mandato istituzionale ricevuto con il D. Lgs. n. 66/1999, sia da ENAC quale titolare della verifica della professionalità del personale navigante del trasporto aereo.
M’aspetto inoltre che la Relazione d’inchiesta spieghi se “comandante e vice” siano stati opportunamente addestrati e controllati come equipaggio nelle loro conoscenze sulla macchina ed in merito alle prestazioni sull’utilizzo del mezzo tecnologico loro affidato, nella particolare esecuzione di una manovra non semplice, quale quella dell’avvicinamento utilizzando radioassistenze di “non-precisione” ad una pista aeroportuale durante condizioni meteorologiche marginali.
M’aspetto anche che la Relazione d’inchiesta spieghi quali erano le procedure e le Direttive operative al personale da parte della Compagnia Aerea stessa.
E poi che ci venga spiegato com’è potuto accadere che i soccorsi aeroportuali non siano stati pronti ad intervenire o lo abbiano fatto con un ritardo inaccettabile.
Intanto rimane valido tutto quanto era stato scritto il 12 Settembre c. a., in attesa della data opportuna per venir pubblicato e che di seguito proponiamo:-
Erano trascorsi sei mesi dall’evento, quando il 24 marzo 2011, in merito al grave incidente (con perdita dell’aeroplano) dell’A 319 della Compagnia WindJet avvenuto durante l’atterraggio per pista 07 dell’aeroporto di Palermo, risoltosi soltanto fortunosamente senza vittime nonostante l’assenza tempestiva di soccorsi agli occupanti, scrivevo che, in nome della sicurezza dei voli, sarebbe stata necessaria sia un’accurata ma rapida investigazione, visto che erano disponibili tutte le evidenze e le testimonianze possibili, sia l’emanazione tempestiva delle raccomandazioni di sicurezza da parte dell’ANSV – onde evitare la possibile reiterazione di tale tipo di grave azzardo.
Orbene, dopo aver reiterato il 31 Maggio scorso la mia pubblica richiesta di azione preventiva da parte di ANSV, siamo giunti ad un anno esatto dall’evento ed ancora permane lo stato di “assordante silenzio”, ovvero l’assenza di qualsiasi raccomandazione da parte di ANSV.
In verità tale stato di cose era stato inizialmente interrotto dalla pubblicazione di alcuni brevi ed insignificanti comunicati nei quali – secondo ANSV – alcuni punti di interesse per la sicurezza consistevano in non più di quanto di seguito riproduco:-
In deroga, oltretutto, alla normativa internazionale vigente in materia che prevede di emanare la Relazione finale al più presto e comunque entro dodici mesi, e, se non fosse possibile, di pubblicare, comunque, dei rapporti provvisori in attesa della Relazione finale.
L’ICAO nell’Annesso 13 –“Aircraft Accident and Incident Investigation” così stabilisce:-
Chapter 6 – FINAL REPORT
Release of the Final Report
6.5 «In the interest of accident prevention, the State conducting the investigation of an accident or incident shall release the Final Report as soon as possible».
6.6 Recommendation.— The State conducting the investigation should release the Final Report in the shortest possible time and, if possible, within twelve months of the date of the occurrence. If the report cannot be released within twelve months, the State conducting the investigation should release an interim report on each anniversary of the occurrence, detailing the progress of the investigation and any safety issues raised.
[Pubblicazione della Relazione finale:- Nell’interesse della prevenzione dei sinistri, lo Stato che conduce l’investigazione di un sinistro aeronautico dovrà pubblicare la Relazione finale il più presto possibile.
Lo Stato che conduce l’investigazione dovrebbe pubblicare il rapporto finale nel più breve tempo possibile e, se possibile, entro 12 mesi dall’evento. Se non può essere pubblicato entro 12 mesi, lo Stato deve emettere un rapporto provvisorio ogni anniversario dell’evento dettagliando il prosieguo dell’investigazione ed ogni problema di sicurezza emerso].
Safety recommendations
6.8 «At any stage of the investigation of an accident or incident, the accident or incident investigation authority of the State conducting the investigation shall recommend to the appropriate authorities, including those in other States, any preventive action that it considers necessary to be taken promptly to enhance aviation safety».
[In qualsiasi stadio dell’investigazione di un disastro o d’un incidente, l’autorità investigativa dello Stato che conduce l’investigazione dovrà raccomandare alle competenti autorità, comprese quelle di altri Stati, qualsiasi azione preventiva che sia necessaria per accrescere la sicurezza del volo].
Anche il Parlamento Europeo conferma quanto da me asserito nella propria “REGULATION (EU) No 996/2010 OF THE EUROPEAN PARLIAMENT AND OF THE COUNCIL of 20 October2010” on the investigation and prevention of accidents and incidents in civil aviation and repealing Directive 94/56/EC:-
Article 16
Investigation report
6. The safety investigation authority shall make public the final report in the shortest possible time and if possible within 12 months of the date of the accident or serious incident.
7. If the final report cannot be made public within 12 months, the safety investigation authority shall release an interim statement at least at each anniversary of the accident or serious incident, detailing the progress of the investigation and any safety issues raised.
Article 17
Safety recommendations
1. At any stage of the safety investigation, the safety investigation authority shall recommend in a dated transmittal letter, after appropriate consultation with relevant parties, to the authorities concerned, including those in other Member States or third countries, any preventive action that it considers necessary to be taken promptly to enhance aviation safety.
Ricordo, a titolo di esempio, che per l’incidente del volo Air France 447 Rio Parigi del 2009 sono già state pubblicate ben 3 Relazioni Provvisorie ed i registratori di bordo sono stai recuperati soltanto dopo 23 mesi dall’evento, mentre in questo grave incidente di Punta Raisi tutti sono, fortunosamente, sopravissuti, equipaggio compreso ed i registratori erano disponibili immediatamente però ancora nulla è stato ritenuto degno di correzione e/o di azioni preventive.
Si rammenta che quanto contenuto negli Allegati tecnici alla Convenzione internazionale per l’Aviazione Civile, recepita in Italia con D. Lgs. n. 616 del 6 Marzo 1948, sono norme standard di una regolamentazione tecnico giuridica, liberamente sottoscritta dallo Stato italiano, il quale poi consente che tali norme vengano, impunemente, violate senza neppure perseguire i colpevoli di tali violazioni! Ed ecco perché finisce che la “sicurezza del volo” in Italia “fa acqua”.
Comunque le domande che mi pongo sono queste:-
Sebbene io non sia affatto un sostenitore dell’intervento della Magistratura nei casi di incidenti aeronautici in cui non ci siano state lesioni o vittime tra gli esseri umani, in questo caso sono favorevole perché penso che almeno quella non sarà tacitata !
E’ trascorso dunque 1 anno di tempo e … l’asina di ANSV non ha ancora figliato … nemmeno uno scampolo di raccomandazione pro-prevenzione.
Da ultimo devo rilevare che anche ENAC da parte sua tace e non fornisce alcuna notizia né in merito all’inchiesta sul tardivo o mancato intervento dei mezzi di soccorso dell’aeroporto di Punta Raisi e tanto meno riguardo alla definitiva e tanto promessa installazione e attivazione ufficiale del sistema SODAR/RASS per la rilevazione del fenomeno del wind-shear. 20 settembre 2011
Dopo dieci anni dal disastro dell’Airbus A. 300 precipitato il 12 Novembre 2001 poco dopo il decollo dall’aeroporto di JFK di New York per esser entrato nella scia turbolenta d’un Boeing B. 747 decollato un minuto e 40 secondi prima dalla stessa pista ed incontrata durante la procedura d’uscita, finalmente l’EASA – European Aviation Safety Agency – s’è decisa ad uscire con una proposta (ma si badi bene, soltanto come invito rivolto agli Esercenti di quel tipo di aeromobile), d’installare entro un tempo massimo di ben quattro anni un dispositivo capace di emettere un allarme visivo ed acustico ai piloti, allorquando questo sensore avverta un eccessivo azionamento del timone di direzione (rudder) dell’aeromobile, sotto forma di un doppio impulso contrastante a destra ed a sinistra rispetto alla posizione di neutro, inviato a tale superficie di governo dal pilota ai comandi.
Questo perché l’investigazione tecnica del National Transportation Safety Board – NTSB – degli USA in merito al sinistro del 2001 aveva concluso (dopo tre anni di complesso lavoro) che il disastro era avvenuto a causa di ben cinque consecutive azioni alternate nei due sensi effettuate sulla superficie del timone di direzione dal co-pilota ai comandi durante la salita post decollo con l’intento di contrastare il movimento di rollìo dell’aeroplano, innescato dall’entrata nella scia vorticosa (wake turbulence) prodotta da B. 747 e non evitata dall’A. 300.
L’investigazione del NTSB s’era conclusa raccomandando alla FAA – Federal Aviation Agency – in qualità di ente concedente la certificazione di aeronavigabilità per gli USA degli aeroplani, che era già stata emessa dall’Autorità di certificazione europea responsabile dell’approvazione degli aeromobili di Airbus Industries del tipo A. 300 ed A. 310, di considerare la necessità della modifica del sistema direzionale di tali aeroplani, consigliando di emettere un avviso agli Esercenti sulla pericolosità di un azionamento reiterato e contrastante del timone di direzione di tale tipo di aeromobili.
Infatti l’investigazione aveva stabilito che la causa del sinistro consisteva nell’azionamento violento e veloce a destra e a sinistra del timone stesso. Tale azione aveva esercitato un eccessivo carico aerodinamico della struttura sull’asse di imbardata fino a svellere la deriva dell’aeroplano completa del timone dal suo attacco alla fusoliera. Si è anche verificato il distacco di entrambi i motori prima dello schianto al suolo con tutto il suo carico umano, schianto che coinvolse anche numerose abitazioni ed ulteriori vittime tra i residenti.
Ora, a distanza di dieci anni, una non meglio specificata indagine conoscitiva pubblicata alla fine del 2010, avrebbe fatto conoscere che «il timone di direzione di tali aeroplani viene ancora usato (o anche solo concepito dai piloti da poter esser utilizzato) nel modo errato e sconsigliato dalla documentazione della Ditta costruttrice». Ciò continuerebbe ad avvenire per il fatto che i piloti non sarebbero stati addestrati ad eseguire la manovra corretta [e molto probabilmente anche “istintiva per pregressa esperienza di altri aeroplani” – ndr], così come “consigliata” dal Costruttore del velivolo, per uscire da situazioni di imbardata e di rollio in volo indotte da perturbazioni turbolente dell’atmosfera (e quindi, probabilmente) non solo da quelle di “wake turbulence”.
Così, nell’ultimo anno l’EASA s’è dedicata a studiare il problema e ha dovuto uscire ora con la proposta di far adottare il sistema di avviso e di allarme prodotto dal Costruttore per impedire l’uso scorretto del timone direzionale degli aeromobili Airbus A. 300 e A. 310.
Ma ciò, nella migliore delle ipotesi, se la “proposta” di modifica verrà accettata degli Esercenti che avranno quattro anni per adeguarsi, renderà meno inavvertite certe azioni effettuate sui comandi di volo dai piloti, sulla base di quanto erano abituati a fare in precedenza su altri aeroplani.
Nel frattempo … speriamo almeno che le Autorità di normazione costringano gli Esercenti ad addestrare opportunamente i piloti anche riguardo a questa peculiarità di quei particolari aeroplani commerciali.
Mah … 16 settembre 2011
È del 22 Agosto la notizia che durante l’annuale raduno dell’Associazione dei Piloti e dei Proprietari di aeroplani “Cirrus”, una prestigiosa Ditta della Florida ha annunciato la produzione di pneumatici per aeroplani, denominati “NeverFlat – Livesaver”, ovvero “Pneumatici salvavita”, che non necessitano d’essere messi in pressione.
La Ditta in questione è la “LoPresti Aviation Engineering” – ben nota negli ambienti aeronautici statunitensi per la propria specializzazione (da oltre quarant’anni) rivolta alle modifiche strutturali ed aerodinamiche ed al miglioramento complessivo di aeroplani per l’aviazione generale.
Il fondatore della Ditta, LeRoy “Roy” Patrick LoPresti” (1929 – 2002), nacque a Lyndhurst (New Jersey) da genitori di origine italiana e dopo essersi laureato in ingegneria, ha operato a lungo con cariche manageriali e progettistiche presso varie ditte di costruzioni aeronautiche (Grumman – Mooney – Piper e Beech Aircraft) sviluppando il proprio naturale talento che lo portò ad essere il brillante progettista dell’originale “Lunar Module” del programma Apollo della NASA; è stato impiegato come Pilota dell’USAF durante la guerra di Korea e successivamente sei anni quale collaudatore sempre nell’USAF.
L’impresa da lui fondata è gestita da tutti i suoi numerosi figli e nipoti ed il Presidente in carica – come riferisce in merito Flight International – in occasione del citato raduno dei membri del COPA ha presentato la geniale produzione di questo rivoluzionario pneumatico, denominato appunto “NeverFlat – Livesaver” perché è il primo pneumatico progettato per utilizzo aeronautico, la cui caratteristica è d’esser costruito attorno ad una banda di fibre di carbonio che viene annegata in ciascuna circonferenza laterale della struttura del copertone. Infatti il pneumatico è basato sull’assemblaggio di tale banda in un cerchione di materiale composito di grafite epossidica (carbonio) dentro le due pareti laterali in modo che mantengono rigida lateralmente la struttura e che verticalmente ha la stessa elasticità d’un copertone cinturato in acciaio, tanto da non richiedere alcun gonfiaggio né d’aria né d’azoto.
La Ditta, ancora vivente il Fondatore, aveva progettato una tale costruzione per automezzi militari da usare in Afghanistan dieci anni fa, ma a quel tempo la tecnologia nel campo dei materiali compositi non era ancora disponibile per un prodotto capace di sostenere la compressione alla toccata e le forze di accelerazione necessaria ad un pneumatico d’aeroplano. Il progresso nel campo dei materiali costituiti da filamenti di carbonio (del tipo dei nanotubi) avvenuti nel frattempo, hanno ora consentito questa rivoluzionaria realizzazione.
I dati sperimentali dicono che le proprietà di questo nuovo prodotto assicurano decise doti di miglioramento delle prestazioni di utilizzo, sia in termini di usura al rotolamento che di trazione del mezzo su cui vengono montati questi pneumatici.
L’innovativa concezione tecnica era scaturita da tempo nella mente del Fondatore, in sede di progettazione delle ruote per un veicolo della NASA destinato all’atterraggio soffice sul suolo lunare.
Nella presentazione del nuovo prodotto, l’attuale Presidente ha affermato che questo pneumatico va considerato tanto essenziale in aviazione quanto lo sono le cinture di sicurezza sugli aeromobili. In quanto anche se il 99% dei piloti che le utilizza non è mai stato salvato da esse, tuttavia chi invece lo è stato considera questa dotazione di bordo come indispensabile, così similmente il 99% dei piloti non è mai sbandato lateralmente dalla pista a causa d’un afflosciamento di un pneumatico, ma a coloro che è toccata una tale esperienza si dichiara entusiasta dell’adozione di questo nuovo prodotto per la sicurezza del volo.
La Ditta costruttrice è talmente certa delle caratteristiche annunciate e di sicurezza del prodotto tale da offrirlo alla vendita con una garanzia di dieci anni contro l’afflosciamento.
Ora, al di là del fatto che per ora la produzione è riservata agli aeroplani mono- e bi-motori della marca “Cirrus”, tuttavia la “LoPresti Aviation Engineering” sta lavorando anche con la Ditta Cessna ed almeno con un altro Costruttore di aeromobili executive a reazione per dotarne anche tali modelli, il prossimo sviluppo nel mondo del trasporto aereo dei “big brothers” dovrebbe essere facilmente prevedibile.
Molti incidenti ed addirittura disastri dell’aviazione civile e commerciale mondiale sono attribuibili allo scoppio dei pneumatici degli aeromobili con passeggeri, l’ultimo dei quali in ordine di tempo, attribuibile certamente a questo tipo di causa, risulta essere quello del Learjet 60, precipitato a Columbia (South Carolina) nel 2008. 8 settembre 2011
seguito dell’articolo “Ma Come ? …” pubblicato su Hot News.
Considerazioni del Com te Renzo Dentesano
Da una recentissima indagine condotta dalla Federal Aviation Administration – FAA – degli USA sul’utilizzo dei sistemi automatizzati a bordo degli aeroplani in generale e più in particolare del sistema di gestione automatica dei comandi di volo e di navigazione è emerso che i piloti dei voli commerciali regolari di linea e/o di commuters risultano affetti dalla “Sindrome di dipendenza dall’automazione”, ovvero – detta in altri termini - « i piloti commerciali sono “schiavi” dell’automazione, fino al punto di fidarsene anche quando … non sarebbe il caso».
È opportuno evidenziare, subito, che i piloti commerciali sono piuttosto “vittime” delle disposizioni delle Aerolinee di tutto il mondo che li obbligano ad utilizzare tutta l’automazione che hanno comprato dai Costruttori con la chimera di risparmiare qualche soldo su ogni volo, ma senza che nessuno abbia mai pensato e calcolato … “quanto viene a costare un incidente” anche “non grave” o disastroso.
La “spiata” – definiamola così – proviene da un “airline captain”, il quale risulta essere anche co-presidente del “comitato consultivo della FAA sull’addestramento dei piloti” !
Per lo scrivente, la notizia non è affatto clamorosa, in quanto è da tempo che vado citando questo deleterio stato di fatto, nonostante i media nazionali utilizzino, ancora, nei loro programmi erroneamente i termini “automatizzazione” che ha il significato di «rendere o divenire automatico … qualcosa», anziché “Automazione”, che indica invece «il ricorso a mezzi e procedimenti elettronici che assicurano uno svolgimento o funzionamento nel quale l’intervento dell’uomo risulti ridotto o eliminato» ! Ma questo è quanto accade regolarmente presso i “cosiddetti media”, che rifiutano qualsiasi aiuto da parte di chi è specializzato nella materia che s’intende trattare per informare “correttamente” (come sarebbe onesto) la pubblica opinione, della quale dovrebbero essere al servizio.
Lo studio della FAA è stato elaborato sulle risultanze investigative ufficiali di ben 46 incidenti, alcuni dei quali “incidenti gravi” (ma non disastri), proprio per avere la testimonianza e l’opinione di ben 734 piloti di linea coinvolti. Inoltre sono stati utilizzati anche i dati registrati e raccolti da Ispettori di volo della FAA, presenti in cabina di pilotaggio su oltre 9.000 voli.
Dallo studio è risultato che il 60% degli incidenti citati ed il 30% degli “incidenti gravi” sono accaduti perché i piloti coinvolti avevano avuto «difficoltà a pilotare manualmente l’aeroplano o perché non conoscevano “come” utilizzare correttamente l’automazione o addirittura perché non avevano neppure ravvisato se l’autopilota utilizzato si fosse o meno disinserito» [testuale - ndr], sebbene ci sia da notare che esistono avvisi ed allarmi sul suo funzionamento o meno.
A questo punto del testo vien fatta una precisazione:- «Considerato che le Aerolinee, ma anche le disposizioni [non meglio precisate, ma probabilmente riferite a quelle dei Costruttori - ndr] scoraggiano o perfino proibiscono di “disinserire” il comando del controllo automatico del volo, la FAA ha concluso che i piloti di Aerolinee hanno minori possibilità di migliorare la loro capacità di pilotaggio manuale». Considerazione che suona quasi patetica !
A sua volta il direttore operativo dell’ATA – Air Transport Association delle Aerolinee USA ha seraficamente commentato che, a suo modo di vedere, il modo migliore di gestire questa situazione sarebbe attraverso delle disposizioni sull’addestramento che garantiscano ai piloti stessi di dedicare una ”adeguata quantità di tempo” a pilotare manualmente l’aeroplano durante i voli di linea.
Questa poteva essere la soluzione prima che la situazione di “inadeguata manualità” dei piloti commerciali diventasse critica a causa dell’eccessiva ed esasperata automazione messa a bordo degli aeroplani commerciali ed obbligando tutti i piloti non soltanto ad utilizzarla, ma addirittura proibendone qualsiasi “non-utilizzazione” durante i voli di linea.
Dopo quasi trent’anni che vengono formati “piloti addestrati solo all’automazione”, costoro hanno perso pure quei pochi rudimenti che avevano appreso alle scuole di volo basico, senza aver mai fatto in vita loro non soltanto alcuna manovra acrobatica, ma neppure il riconoscimento e l’uscita da un “assetto inusuale” e transitando da un aeroplano ad un altro senza averlo mai visto in addestramento di transizione, perché tutto si svolge soltanto al simulatore di volo. Simulatore di volo che per quanto possa essere efficace nella riproduzione virtuale dell’aeroplano, delle situazioni e degli stimoli, non cancella mai quel senso di sicurezza che rimane nel subconscio, sapendo che anche la più catastrofica delle simulazione, non ne mette in pericolo l’incolumità fisica. Sono stati, inoltre, ridotti i membri dell’equipaggio di condotta perfino su tratte della durata di 12- 14 ore di volo. Adesso, dire a un tale tipo di pilota “automatizzato” di pilotare a mano qualche porzione di tratta o qualche avvicinamento, può essere un azzardo peggiore dello stato di fatto esistente ! 6 settembre 2011
E’ annunciata per il 1° Settembre la celebrazione dell’anniversario dell’inaugurazione ufficiale dell’aeroporto di “Leonardo Da Vinci” di Roma- Fiumicino, in occasione dei cinquant’anni dalla sua apertura ufficiale, per la quale si preannuncia una cerimonia con la partecipazione delle Autorità locali (?) ed una parata delle uniformi sociali adottate dalle Assistenti di Volo della Compagnia Alitalia, che per molti anni (almeno trenta) è stata il riconosciuto marchio, in campo internazionale in genere e della moda in particolare, del “Made in Italy”.
Finalmente pare che anche la nuova Alitalia abbia ritrovato un pizzico d’orgoglio del suo passato, mettendo a disposizione una mostra del suo archivio fotografico “Alitalia Forever”, per la celebrazione dell’aeroporto in cui si trasferì cinquant’anni fa, con … “armi e bagagli”, dalla precedente sede operativa di Ciampino, costruendo nel nuovo aeroporto il complesso della sua nuova base operativa unificata.
L’aeroporto ha subito nel corso degli anni molte innovazioni e miglioramenti, ma … rimane ancora un’opera incompiuta, rispetto al primitivo progetto che, accanto alla realizzata parte Sud dell’aeroporto, ne prevedeva anche uno sviluppo verso Nord dell’attuale sedime, nella tenuta di Maccarese, con la realizzazione di altre piste e con l’accesso ad una nuova aerostazione internazionale, tanto che sotto la testata della pista 25 fu realizzato un tunnel multifunzionale che doveva permettere l’accesso di una linea ferroviaria e di almeno due distinte corsie laterali riservate ai veicoli.
Ma … da allora … il progetto è rimasto tale, anche se negli ultimi anni (pre-crisi), qualche idea di sviluppo in tal senso pareva riaffiorare.
Ma poi, qualche “bello spirito” ha ideato … lo sviluppo dell’aeroporto di Viterbo (già denominato “l’aeroporto che non c’è”) per i Vettori “Low Cost” e da allora … nulla s’è più fatto ! Chissà … nel prossimo millennio … ! 3 settembre 2011
Dopo che oltre quarant’anni fa l’uranio impoverito ed esausto fece la sua comparsa nelle costruzioni aeronautiche con un limitato impiego quali masse di bilanciamento di alcuni comandi di volo su certi jumbojets è ora recentissima la notizia dell’inizio dell’utilizzo dei nanomateriali - già adoperati in diverse produzioni industriali (calcolatori elettronici – medicina interna – cosmetica – energia) anche in aviazione.
Sono definiti come nanomateriali quei materiali che hanno componenti strutturali con almeno una dimensione nell’intervallo 1-100 nm, sono il prodotto della “Nanotecnologia”, che è lo studio dei fenomeni e della manipolazione dei materiali a livello atomico e molecolare.
Un po’ di … nanocoltura
Il Micrometro (µm) è l’unità di misura della lunghezza corrispondente ad un milionesimo di metro (cioè millesimo di millimetro) ed equivale a 1.000 nanometri (nm).
La Nanotecnologia si riferisce a lunghezze dell’ordine di pochi “passi reticolari”. Un “passo reticolare” è la distanza che separa i nuclei atomici di un solido. Tanto per essere comprensibili diremo che la capocchia di uno spillo di 1 millimetro equivale 1 milione di nanometri.
I nanomateriali possiedono caratteristiche fisiche prima insospettate. Infatti, fin che si resta nell’ordine dei metri o dei decimi di millimetro, le caratteristiche fisiche della materia restano costanti, ma nella “nanodimensione” tutto cambia e se si scende nella “scala nano” i comportamenti conosciuti in fisica possono venir descritti soltanto utilizzando leggi ed equazioni che appartengono alla meccanica quantistica; il comportamento cioè diventa spesso anti-intuitivo, difforme dalla aspettative basate sull’ esperienza macroscopica. Ad es. il cubetto di ghiaccio che normalmente ha il punto di fusione a 0° C. a prescindere dalle sue dimensioni, nel caso di un nanocristallo avrà tale punto di fusione a temperatura ben inferiore in dipendenza delle sue dimensioni, ma non solo, in quanto anche altre proprietà chimico-fisiche varieranno il proprio comportamento. Insomma, in questo campo per cambiare le proprietà di un prodotto basta cambiare le dimensioni della materia che lo compone ! E questa è la chiave di volta della nonotecnologia !
Il primo riferimento alla nanotecnologia (seppur non utilizzando ancora questo termine) risale ad una lezione tenuta dallo scienziato Richard Feynman nel 1959, nella quale suggerì un modo per sviluppare l’abilità di manipolare atomi e molecole, il sistema conosciuto come “scale-down” (ovvero:- diminuzione progressiva [della materia]).
Il termine nanotecnologia fu coniato da Kim Eric Drexler che lo espose nel suo libro “Engines of creation:- The coming era of Nanotechnology” nel quale espose il concetto di autoreplicazione per i robot molecolari progettati dall’uomo, che dovrebbero replicarsi così come le cellule del corpo umano costruiscono copie di sé per riprodursi. Come conseguenza avviene che dopo gli investimenti iniziali sulla progettazione e costruzione del primo robot molecolare capace di autoreplicarsi, i costi dei successivi robot diventerebbero trascurabili.
Le nanotecnologie sono utilizzate dunque in gran varietà di campi di ricerca applicata ed il loro sviluppo apre nuove vie all’evoluzione del settore hi-tech oltre a promettere di migliorare le qualità di cosmetici, medicinali e perfino degli alimenti.
Ma se i nanotecnologi sono entusiasti ed affascinati dal mondo che essi prospettano, nanotossicologi e nanopatologi si preoccupano fortemente per la salute di lavoratori e ricercatori, ma soprattutto per le conseguenze sull’ambiente e quindi sull’uomo. Una scienziata dell’Environmental Protection Agency ha dichiarato:-«Comprendere quale pericolo si nasconde dietro queste molecole così modificate è importante poiché nei laboratori nanotech ne vengono già create milioni di tonnellate ogni anno ed è giusto conoscere se le persone che le producono materialmente corrono un qualsiasi rischio».
I nanotubi
Il prodotto che si intende introdurre in determinate parti delle costruzioni aeronautiche è il materiale “Composite nanotubes”, in breve i “nanotubi”.
Nel 1985 il chimico nordamericano Richard E. Smalley ha scoperto che, in particolari situazioni gli atomi di carbonio compongono delle strutture ordinate di forma sferica, denominate “fullereni”. Questo tipo di struttura di carbonio, a seguito di un successivo rilassamento molecolare, tende ad arrotolarsi su se stessa, ottenendo la tipica struttura cilindrica denominata appunto “Nanotubi di carbonio”.
Questi nanotubi possono esser considerati, analogamente al “fullerene”, come una delle forme allotropiche del carbonio, termine che in chimica sta ad indicare un composto che può assumere forme cristalline diverse e quindi manifestare proprietà fisiche e fisico-chimiche differenti.
Un nanotubo di carbonio inoltre è cento volte più resistente di un analogo filo d’acciaio e sei volte più leggero di questo. Pertanto, con materiali di questo genere è difficile trovare limiti di applicazioni. Perfino il loro costo non è più un problema: un kg. di nanotubi costava 500 Euro nel 2002 e 80-100 Euro nel 2010.
Perché utilizzarli in aviazione?
Questo è proprio ciò che rende preziosi i nanotubi, ovvero il materiale nanotecnologico, utilizzato ora nelle costruzioni aeronautiche, dato che i “compositi in nanotubi di carbonio” hanno rivelato di possedere spiccate proprietà e caratteristiche di schermaggio dalle “Interferenze elettromagnetiche – EMI” gli apparati elettronici ed i cablaggi elettrici degli aeromobili.
Finora le baie elettroniche dei velivoli commerciali e tutte le matasse dei cablaggi elettrici degli aeromobili venivano protette affogandole, come soluzione e nei limiti del possibile all’interno di materiali compositi non-conduttori, ma non era la soluzione ottimale, perché il metallo dei cablaggi e le fibre composite si dilatano e subiscono differenti modi di corrosione. Inoltre il metallo pesa molto (si pensi che i chilometri di cablaggi di un grande aeroplano arrivano a pesare tonnellate).
I “compositi in nanotubi di carbonio” (sigla CNT) rappresentano la possibile soluzione ideale. Il materiale CNT è un materiale conduttore e capace di canalizzare lontano qualsiasi possibile interferenza elettromagnetica proveniente dall’esterno della struttura portante.
Inoltre nelle ali dei velivoli, degli spazioplani e degli UAS, il cui bordo d’attacco deve contenere il sistema antighiaccio e di schiacciamento, ancora una volta il CNT rappresenta la soluzione ideale per il risparmio di peso e nell’evitare le conseguenze di differenti tempi e modi della corrosione dei materiali.
Considerazioni
Mentre i robot cui abbiamo in precedenza accennato, detti assemblatori per le loro capacità “genetiche”, potranno costituire in futuro oggetti più specializzati, utilizzando come materie prime per la produzione atomi, energia, software e (c’è chi azzarda), perfino il tempo, questi materiali nanotecnologici vengono di già utilizzati abbondantemente da molte industrie (metallurgia, vetraria, tessile , farmaceutica, elettronica, cosmetica, alimentare, ecc.) bisogna però anche dire che come ogni cosa creata dalla manipolazione dei materiali effettuata dall’uomo comporta anche dei rischi, i cosiddetti nanorischi.
Nanorischi ormai presi in considerazione dall’OMS – Organizzazione mondiale della Sanità – che ha aperto un progetto internazionale di ricerca sui rischi delle nanotecnologie, denominato “NanoReTox”.
Rischi che possono derivare soprattutto dall’inalazione attraverso le vie respiratorie e causare l’insorgenza di Mesoteliomi, cioè di neoplasie che colpiscono lo stato di cellule che riveste le cavità sierose del corpo (pleura, polmoni, peritoneo), esattamente come avveniva con l’amianto. Anche la nostra INAIL ha preso in considerazione questi rischi e da febbraio ha provveduto a pubblicare il suo “Libro bianco sulle nanotecnologie”.
In aviazione potranno avere effetto sui lavoratori delle costruzioni e della manutenzione, ma non solo. Infatti in caso di disastro aereo potrebbero essere esposti al rilascio di polveri sottili di nanomateriali anche i soccorritori e soprattutto gli investigatori d’incidente.
Che dire, infine?
Come tutte le cose della vita umana, a modesto parere dello scrivente, anche le tecnologie hanno i loro bravi pro e contro. Dovrebbe stare, come al solito, all’intelligenza umana, non renderle troppo esasperate, come purtroppo in aviazione è successo (e continua ad avvenire) nel campo dell’automazione ! 27 agosto 2011
Analisi dei Com.ti Dino Bosello e Renzo Dentesano.
Avevamo preannunciato che avremmo commentato le altre raccomandazioni che il BEA ha pubblicato nel suo terzo “interim report”:
recordings in order to guarantee the confidentiality of the recordings.
making public transport flights with passengers over maritime or remote areas, the activation of the emergency locator transmitter (ELT), as soon as an emergency situation is detected on board
Le prime quattro sono raccomandazioni attinenti l’acquisizione e la registrazione di ulteriori dati dalla strumentazione di bordo (visibile o non visibile da parte dei piloti) al fine di meglio definire quanto è successo in cabina di pilotaggio negli ultimi minuti di volo. Proposte, a nostro avviso, molto interessati ma che purtroppo mal si conciliano (come esperienza insegna) con l’utilizzo non corretto dei contenuti da parte di alcune Agenzie nazionali di Sicurezza Volo e dalle stesse Compagnie Aeree.
Fin quando non saranno adottate regole ben definite per la corretta lettura e conservazione riservata dei dati e definito il rapporto tra le Agenzie Sicurezza Volo e certe magistrature, l’acquisizione di ulteriori dati non migliorerà certo la prevenzione, che poi è l’essenza ed il fine ultimo di ogni investigazione di sicurezza.
Siamo dell’opinione che anche questo incidente, debba essere classificato come LOC-I “Loss of control - in flight” come quelli avvenuti negli ultimi 10 anni che qui elenchiamo (vedi anche tabella Boeing allegata):
1. Il 23 agosto 2000, alle 1930 ore locali, il volo Gulf Air 072, un Airbus A320-212, marche A40-EK, impattò nel Golfo arabico vicino all’aeroporto di Muharraq, Bahrain. Era partito dal Cairo con 2 piloti, 6 assistenti di volo e 135 passeggeri. L’Airbus era in avvicinamento alla pista 12 a BAH a velocità troppo elevata e l’equipaggio eseguì una virata stretta a sinistra per perdere velocità e quota. La manovra non ebbe successo e l’equipaggio decise di riattaccare. Mentre eseguiva la riattaccata l’aeromobile iniziò una discesa con 15° di assetto negativo. L’equipaggio non reagì alle informazioni ripetute del GPWS ed un minuto dopo l’inizio della riattaccata l’aeromobile è scomparso dallo schermo radar inabissandosi in mare. L’investigazione concluse che causa primaria dell’incidente fu un disorientamento spaziale dei piloti. Non ci sono stati sopravissuti.
2. Il 3 gennaio 2004 il volo 604 Flash Airlines decollava dall’aeroporto di Sharm el Sheikh con destinazione Parigi via Cairo. A bordo c’erano 135 passeggeri. Il Boeing 737-300 subito dopo il decollo, avvenuto alle 04:42, impattò nel mar Rosso, dopo il disorientamento spaziale dei piloti. Non ci sono stati sopravissuti.
3. Il 3 maggio 2006 il volo 967 dell’Armavia, la più grande compagnia armena, è partito da Yeravan per Sochi, una località balneare sul mar Nero in Russia. L’aeromobile precipitò in mare mentre effettuava una riattaccata dopo il suo primo avvicinamento all’aeroporto. Tutti i 113 presenti a bordo sono deceduti. Le condizioni meteo al momento dell’incidente avvenuto di notte erano al di sotto dei minimi di compagnia per la pista 06 in uso. Mancato controllo dell’assetto dell’aeromobile è stata la conclusione dell’investigazione.
4. Il 1 gennaio 2007 l’aeromobile B737-4Q8 - volo 574 dell’Adam Air - partito da Surabaya per Manado in Indonesia, è precipitato in mare vicino a Polewali in Sulawesi con tutti i suoi 102 occupanti. Il rapporto finale dell’investigazione ha stabilito che i piloti hanno perso il controllo dell’aeromobile dopo vari tentativi di risolvere i problemi del sistema inerziale, disconnettendo inavvertitamente l’autopilota, senza più riguadagnare il controllo.
5. Il 30 giugno 2009, alle 1.50 ore locali, un Airbus 310-324 operato dalla Compagnia Yemenia volo 626 partito da Sana’a per l’aeroporto di Moroni nelle isole Comorre è precipitato durante l’avvicinamento all’aeroporto e solo uno dei 153 occupanti è sopravissuto. L’investigazione ha determinato che è stato un errore dei piloti dopo aver interrotto il primo avvicinamento in condizioni di vento molto forte.
6. Il volo Ethiopian Airlines 409 era decollato il 25 gennaio 2010 dall’aeroporto di Beirut, in Libano con destinazione Addis Abeba, in Etiopia e subito dopo il decollo è precipitato nel Mediterraneo, nessuna delle 90 persone a bordo è sopravissuta. Il rapporto preliminare dell'incidente ha identificato l’errore umano come causa dell’incidente.
Alla luce di questi eventi, è necessario, quindi esaminare in dettaglio il livello di preparazione, addestramento ed allenamento degli equipaggi.
Le Autorità nazionali e sopranazionali dell’Aviazione Civile che emanano le regole dovranno provvedere nel breve a ridefinire programmi atti a migliorare le prestazioni degli equipaggi di volo (incluse le relative verifiche) ed in particolare modo la formazione dei piloti impegnati su aeromobili ad alta automazione in quanto questi, una volta perduti i dati essenziali, lasciano il pilota in balia degli eventi pur segnalando con una miriade di avvisi sonori e luminosi tutte le anomalie che nel frattempo si stanno verificando. I piloti dal canto loro devono prendere coscienza che anche gli automatismi possono fallire e devono, perciò, acquisire il concetto ed accettare il fatto che nei momenti critici diventano non più i controllori del sistema ma i veri gestori delle manovre dell’aeromobile.
Le ultime due raccomandazioni di sicurezza rivolte alle Autorità normatorie internazionali, riguardanti l’adozione di tecnologie in grado di trasmettere in tempo reale vitali informazioni di allarme e di soccorso dagli aeromobili in difficoltà, non possono che essere da noi condivise, ma prevediamo che troveranno difficoltà di attuazione a causa degli elevati costi sia per gli Stati sia per i Vettori. 25 agosto 2011
Dal numero 27/28 dell’agenzia Air Press del 18/7/2011 apprendiamo che il deputato Basilio Catanoso del Popolo della Libertà, a suo dire preoccupato per la “grave situazione in cui versa la finanza pubblica”, ha rivolto al Presidente del Consiglio un’interrogazione parlamentare a risposta scritta, per proporre l’unificazione ovvero la soppressione con confluenza nel Dipartimento della Protezione Civile, delle due Agenzie “di sicurezza”, quella nazionale ed indipendente per la Sicurezza del Volo – ANSV – e quella (erroneamente definita) “nazionale per la Sicurezza Ferroviaria”, vigilata dal M.I.T. ed istituita in base all’art. 4 del D. Lgs. n.162 del 10 Agosto 2007, recepimento della Direttiva comunitaria 2004/49/CE del 29 Aprile 2004.
In realtà tale Agenzia, divenuta operativa dal 16 giugno 2008, è denominata “Agenzia Italiana per la Sicurezza delle Ferrovie - AISF”, la quale tiene a precisare, nel testo della propria presentazione consultabile sul web, che «non ha obbligo di legge di condurre indagini sugli incidenti [ferroviari – ndr]», indagini che invece sono di spettanza «dell’Organismo investigativo costituito dalla Direzione Generale per le Investigazioni Ferroviarie» e che (si noti bene !) «non sono soggette all’obbligo di pubblicità». [Vedi “Presentazione Agenzia” all.1 ed “Indagini Ferroviarie” all. 2].
Dell’ANSV ricorderò soltanto che è stata istituita con D. Lgs. n. 66 il 25 Febbraio 1999, in osservanza alla Direttiva 94/56/CE del 21 Novembre 1994 e che in base all’Art. 3 della sua istituzione ha il preciso compito di prevenire gli incidenti aeronautici e di condurre le investigazioni tecniche sugli stessi, con il solo obiettivo di prevenire futuri incidenti.
Ora, se il sacro fuoco del “risparmio sulle spese degli altri” non avesse colpito a tradimento il deputato Catanoso, sarebbe stato molto più utile, per dare una mano alla “gravemente depressa finanza pubblica” ed al suo Presidente del Consiglio, quello di fare una proposta di tagliare tutti gli emolumenti suoi e dei suoi colleghi – deputati e senatori.
Ed ancora, il deputato Catanoso avrebbe potuto fare opera molto più utile ai problemi degli italiani, uno dei quali è quello di riuscire ad avere un linguaggio legislativo comune per fare leggi e regolamenti comprensibili a tutti, con il quale intendersi su tutte le questioni, sia finanziarie che tecniche, interessandosi ad un argomento scottante per l’aviazione civile nazionale, come quello attualmente oggetto di riunioni tecniche presso tavoli di lavoro sia del M.I.T. che dell’ENAC.
Intendo riferirmi ai problemi della “Terminologia tecnica” usata nelle leggi e nei Regolamenti applicativi in utilizzo presso tutti gli Enti operativi (intendasi di “safety”) e di “sicurezza” (intendasi di “security”), i quali devono attenersi a normative scritte in lingua italiana, ma che risentono purtroppo di difetti di “mala-traduzione”, ovvero di “arbitraria interpretazione” di testi di norme internazionali o comunitarie, concepiti e prodotti originariamente in lingua inglese con termini molto specifici e poi genericamente interpretati e tradotti in termini molto approssimativi in lingua italiana.
Così uno dei termini (che vorrei definire “tecnici”), inadeguatamente o erroneamente utilizzati nella lingua italiana è appunto il vocabolo “sicurezza”, che non riesce a differenziare ciò che è argomento di “safety” (sicurezza operativa) da ciò che è argomento di “security” (sicurezza anti-crimine, ovvero “contro gli illeciti”).
Qualora ciò non fosse abbastanza chiaro e sufficiente a far comprendere all’onorevole Catanoso quanto pesino sull’economia nazionale questo genere di incomprensioni, cercherò di farglielo capire in altro modo.
L’AISF, per le sue funzioni, è più un Ente simile all’ENAC, nell’ordinamento nazionale, che non all’ANSV, come ritiene a precisare lo stesso Ente, il quale esplicitamente dichiara che «le indagini e gli “inconvenienti” (?) ferroviari sono compito dell’Organismo investigativo, istituito presso la “Direzione Generale per le Investigazioni Ferroviarie – D.G.I.F.” del M.I.T., in base agli artt. 18 e 19 del precedentemente citato D. Lgs. n. 162/2007»!
E come non bastasse, neanche a farlo apposta, era appena partita la balzana proposta del deputato di abolire le due Agenzie, l’esistente ANSV e la fantomatica ANSF (in realtà AISF), come se la loro esistenza fosse uno “spreco di finanze pubbliche” [già perché gli incidenti non costano in termini economici, vero deputato? – ndr], tuttalpiù accorpandole nel Dipartimento della Protezione Civile (come non bastassero le incombenze assegnate a tale benemerita istituzione), ed ecco che il 24/7, in un’importante e vitale centrale elettrica e dei comandi della Stazione ferroviaria Tiburtina di Roma, scoppia un devastante incendio (quasi sicuramente doloso, perché altrimenti sarebbe ancora peggio per quanto attiene la “sicurezza” delle ferrovie italiane), in una struttura priva di qualsiasi difesa di prevenzione e di allarme.
Di conseguenza, come si possa concepire di voler amalgamare due enti profondamente diversi l’un dall’altro, cioè una ANSV dedita (anche se con affanno) a curare e prevenire la “safety” delle operazioni di volo, in quanto alla “security” delle stesse operazioni devono provvedere il M.I.T. quale organo istituzionale di sorveglianza, l’ENAC quale responsabile di tutta la normativa (assieme al Ministro degli Interni), l’ENAV quale responsabile delle installazioni dei Servizi di Navigazione Aerea, i Gestori aeroportuali quali responsabili delle operazioni a terra ed i Vettori quali responsabili di “security e safety” delle proprie operazioni di volo.
Se si raffronta questo quadro (seppur sommario) con i compiti esclusivamente d’indagine dell’Organismo investigativo allocato presso la D.G.I.F. per i casi di “incidente o di disservizio” delle Ferrovia, senza compiti di prevenzione né di “safety”, né di “security”, in quanto a quest’ultimo aspetto ci deve pensare la Polizia Ferroviaria del Ministero degli Interni, allora risulta lampante quanto sia improponibile ed inaccettabile la “proposta Catanoso”.
L’attuale apparato dell’Aviazione Civile esiste perché l’Organizzazione dell’Aviazione Civile Internazionale (O.A.C.I. – I.C.A.O. in inglese) si è premurata, da tempo, di imporre agli Stati contraenti di dotarsi obbligatoriamente di opportuni organi di “security”, specializzati nel presidio armato di tutte le proprie stazioni ed installazioni del Servizio di Navigazione Aerea, come pure per l’accesso alle zone operative degli aeroporti, allo scopo di prevenire sabotaggi, furti e qualsiasi altro atto illecito contro la “sicurezza dei trasporti”.
Così l’ENAC è tenuta a presidiare i propri uffici centrali e periferici, l’ENAV oltre alla propria sede, anche tutti i Centri di Controllo del Traffico Aereo e tutte le installazioni dei Servizi di Navigazione Aerea, così come l’ANSV deve provvedere vigilare sui suoi laboratori, mentre la sorveglianza preventiva contro gli atti illeciti presso gli aeroporti è compito delle relative Organizzazioni dei Gestori aeroportuali e dei Vettori.
Infine, si noti:- proprio io che non sono certo “tenero” verso l’ormai cronica presidenza (ancora confermata) all’ANSV, questa volta sono costretto ad intervenire, nella speranza, oltre che di evitare un tragico errore alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, anche di parare proprio quel “tanto peggio, tanto meglio”, che è nelle intenzioni di troppi interessi malcelati.
… ancora una volta si è ripetuto lo stanco e ritrito “rito” del ricordo del 27 Giugno 1980, quando il DC 9 I-TIGI dell’Itavia, in volo da Bologna a Palermo, precipitò nel Mar Tirreno nei pressi di Ustica con tutto il suo Carico umano, verso il quale, pur portando il massimo rispetto, ritengo si svolga ormai un copione privo di reali significati di cordoglio e sia invece pieno di mai sopiti interessi politici deteriori, come quello di continuare ad attaccare un ritornello giustizialista, che è stato – si riteneva – definitivamente debellato dalla sentenza finale emessa dal Tribunale di Roma.
Di contro, in questa stanca ma puntuale celebrazione mediatica annuale, alla quale assieme ai media nazionali, segnatamente le reti televisive che hanno perfino riprogrammato una pellicola scoop rivelatasi da tempo un flop quasi storico, si è unita anche la voce del Presidente della Repubblica, per chiedere “chiarezza” anche nei confronti di possibili “agenti” esterni o extranazionali, che dir si voglia. Ma nessuno, Capo dello Stato incluso, che abbia ancora dubbi o “verità” differenti da quelle tecnicamente accertate anche nei Tribunali della Repubblica, ha avanzato la proposta, anche da parte di chi ne avrebbe tutto il “diritto” (oltre che il “potere”), di ordinare ad un Ente dello Stato, qual’è l’Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo – ANSV – (naturalmente assumendosene tutte le spese, che non vanno fatte pagare sempre a … Pantalone), di aprire una nuova “investigazione tecnica” sull’incidente del 27 Giugno 1980. Incidente del quale il relitto (recuperato al 94% del totale a spese di … Pantalone) e la relativa documentazione analitica è ancora disponibile. Soprattutto esiste già una traccia di ricostruzione tecnico-investigativa documentata a firma di due persone insospettabili di deviazioni, quelle del Dott. Ing. Ermanno Mazzocchi Progettista aeronautico di chiara fama, purtroppo deceduto e dell’Investigatore di incidenti Mr. Frank Taylor dell’Università di Cranfiel (U. K.).
Se ci fosse veramente la volontà di mettere un punto fermo a dubbi, sospetti ed elucubrazioni più o meno strumentali, si abbia il coraggio di ordinare la riapertura di quell’inchiesta al solo scopo di cercar di conoscere esclusivamente la/e causa/e per la quale/i il DC 9 è precipitato, senza ricerca di fantasmi e di duelli aerei.
In merito, fra le altre, risulterebbe sintomatica e determinante anche la testimonianza di un collega Comandante, che la sera del 27 Giugno 1980 si trovava in volo, al comando di un B. 727 dell’Alitalia, nella zona a Sud di Ponza, proprio nei minuti precedenti la caduta di I-TIGI e che ancora oggi può testimoniare che non c’era alcuno scenario di “guerra nei cieli”.
Solo così, forse, quello del 27 Giugno, finirà d’essere il giorno dello stanco e ritrito “rito” politico-mediatico, per diventare semplicemente una riverente commemorazione degli innocenti che hanno perduto la loro vita in quel disastro e … perché anche coloro che per circa vent’anni abbondanti han dovuto subire processi ed umiliazioni, pur essendo “mondi da peccato”. 30 giugno 2011
Se la causa scatenante del comportamento “anomalo” dell’Airbus A. 330-200, volo AF 447 la notte del primo Giugno 2009 è quella nota fin da subito e cioè il ghiacciamento dei Pitot e quindi la mancanza o differenza di indicazioni mostrate ai piloti della velocità all’aria dell’aeromobile e divenuta parimenti inutilizzabile da parte dell’A/P e dell’A/T, tanto da indurne il disinserimento automatico, ora emergono tra gli investigatori ed i tecnici, prontamente raccolte dai media, due interrogativi sul comportamento dei piloti e/o dell’aeromobile.
La prima riguarda l’inspiegabile (o inconfessabile) comportamento dei piloti rimasti ai comandi, che hanno consentito all’aeroplano di salire dalla quota di crociera assegnata fino all’altitudine di quasi 38.000 piedi, i reiterati impulsi a cabrare dei piloti sui comandi di volo nonostante l’avviso di stallo. Mantenimento dell’assetto, una volta raggiunto, che sarebbe giustificato dalla mancata adozione del trimmaggio manuale, da parte degli stessi piloti, unica azione che avrebbe consentito all’aeromobile di uscire dalla condizione di super-stallo, oltre a quella altrettanto poco professionale del Comandante, assentatosi dal cockpit in prossimità del fronte intertropicale con relativi fenomeni virulenti.
La seconda riguarda il comportamento dell’aeromobile, passato in “alternate law” ed auto trimmatosi fino al limite di 13° nose-up e mai passato in “abnormal attitude law” nonostante il superamenti dei +30° di angolo d’attacco, situazione che avrebbe costretto i piloti al trimmaggio manuale.
Questo è quanto si può evincere da un articolo, pubblicato il primo Giugno nella ricorrenza del disastro, scritto sulla base dei progressi dell’investigazione, da un commentatore tecnico del sito web “Flight Global”, che di seguito proponiamo ai nostri lettori, opportunamente tradotto e commentato.
L’investigazione sulla sequenza del disastro del volo AF 447 di Air France ha potuto appurare che l’aeromobile non è mai passato all’“abnormal attitude law – legge di assetto eccessivo” dopo l’entrata nella condizione di stallo di velocità, nonostante l’alto valore di angolo di attacco raggiunto [ricordo che tale dato non è però mostrato ai piloti, ma solamente registrato tra i parametri del FDR – ndr].
L’“abnormal attitude law” è un sottosistema della “alternate law – legge alternata” legge che viene attivata allorché l’angolo di attacco supera i 30° a cabrare o allorquando le registrazione di alcuni parametri inerziali – assetto longitudinale e/o quello laterale – eccedono il livelli di soglia del sistema [che sono 50° di “pitch-up – assetto a cabrare” e/o 125° di “bank angle - angolo di rollìo” – ndr]>.
N. B.:- Il BEA, volontariamente o involontariamente - non è dato di conoscere – nel comunicato ha omesso di elencare i seguenti parametri che, automaticamente (come da progetto) dovrebbero intervenire ad attuare la “abnormal attitude flight law – legge di assetto di volo eccessivo”:-
Pitch attitude > 50° nose up or 30° nose down Bank angle > 125° Angle of attack > 30° or < - 10° (- 15° for A319 and A321) Speed > 440 knots or < 60 knots Mach > 0.91 or < 0.1
Parametri che in accordo alla nota del BEA del 27 maggio scorso hanno avuto la seguente evoluzione:
assetto a cabrare > di 50° non avvenuto;
assetto a picchiare > di 30° non avvenuto;
angolo di rollio > di 125° non avvenuto;
angolo di attacco > di 30° avvenuto;
angolo di attacco < a -10° non avvenuto.
velocità indicata > di 440 kt non avvenuta;
velocità indicata < a 60 Kt avvenuta e discrepante;
Numero di Mach > di M 0.91 non avvenuto;
Numero di Mach < di M 0.1 non conosciuto.
Il quesito è:- omissioni involontarie o protezionismo del fallimento di una delle regole che presiedono agli automatismi del sistema anti-stallo di Ziegler ?
La “legge alternata – alternate law” ha consentito al “trim – regolatore di bilanciamento al neutro dello stabilizzatore” del timone di profondità di assumere automaticamente l’assetto longitudinale di 13° a cabrare allorché l’aeromobile, sganciatosi l’A/P, ha incominciato a salire al di sopra dell’altitudine (livello di volo) di crociera assegnata di 35.000 piedi [fino a 37.500 piedi – ndr] ed ulteriori impulsi da parte dei piloti hanno consentito una nuova salita, a spese della velocità con conseguente super-stallo, fino a 38.000 piedi.
Di conseguenza a ciò, lo stabilizzatore si è “auto-trimmato longitudinalmente” [bilanciato automaticamente – ndr] a 13° a cabrare per il resto del volo, così che l’aeroplano avrebbe avuto la tendenza a cabrare anche nel caso di applicazione d’una spinta elevata ordinata ai propulsori dell’aviogetto !>.
A questo punto dell’articolo è scritta una frase sibillina che è davvero un punto cruciale per la determinazione dell’accaduto al programma dell’“abnormal attitude flight law”:. «Punto cruciale della “abnormal attitude law” – qualora adottata (?) – avrebbe inibito la funzione di auto-bilanciamento dello stabilizzatore, obbligando così l’equipaggio a ricorrere al bilanciamento manuale [azionando l’apposito volantino – ndr]».
A mio avviso il punto è questo:- i piloti ai comandi lo sapevano ? Erano addestrati ?
<Dopo aver raggiunto la condizione di super-stallo di velocità, l’angolo di attacco dell’aeroplano è rimasto oltre i 35° (!), ma mentre questa condizione superava la soglia d’intervento della “legge alternata -alternate law”, fissata a 30°, che pertanto avrebbe dovuto cedere il passo all’intervento della “legge di assetto eccessivo”, ecco che gli FMGEC (Flight Management Guidance and Envelope Computer) che presiedono a tutta l’automazione, avevano già rifiutato tutti i parametri forniti dalle unità ADIRU (Air Data and Inertial Reference Unit) di riferimento dei dati del flusso aerodinamico forniti dalla sonde di Pitot e tutti i parametri dei dati di velocità relativi, a causa della discrepanza delle misurazioni della velocità all’aria per le sonde difettose.
Dunque – ribadisce l’articolo – la “legge di assetto eccessivo” avrebbe dovuto intervenire, “innescata” da un disturbo inerziale tipo un assetto maggiore di 50° oppure un angolo di rollio di oltre 125°. Ma – precisa il BEA - «Ciò non è mai avvenuto», perché l’equipaggio di condotta avrebbe fallito nel compito di recuperare il controllo dell’aeroplano dopo che questo era salito fino a <metricconverter productid="38.000 piedi" w:st="on">38.000 piedi</metricconverter> ed era entrato in un profondo stallo di velocità. Gli impulsi dei piloti sui comandi di volo sono stati infatti principalmente a cabrare, nonostante la situazione di stallo già in atto>.
L’articolo di “Flight Global” ci fornisce una primizia:- La correlazione con il precedente sinistro di un Airbus A. 320, precipitato il 27 Novembre 2008 nel Mediterraneo, durante un avvicinamento all’aeroporto di Perpignan, seguito da una riattaccata programmata, per poi dirigere su altra destinazione finale, nell’effettuazione di un volo officina con un equipaggio misto formato da piloti di due Compagnie ed alcuni tecnici a bordo.
Informa in merito l’articolo di “Flight Global”:-
La mancata comprensione della necessità di dover bilanciare (“trimmare”) con il comando manuale lo stabilizzatore del timone di profondità dell’aeroplano ha comportato la perdita dell’A. 320 sei mesi prima del volo AF 447.
Non vi sono state indicazioni che l’aeroplano abbia commutato su alcun’altra legge del sistema diversa da quella della “alternate law” [indotta durante le prove del volo officina – ndr], tanto da poter far pensare ai piloti che il bilanciamento automatico (auto-trim) degli sforzi sull’equilibratore fosse tuttora disponibile durante tutta la discesa precedente l’avvicinamento, al termine del quale è avvenuto questo incidente. Infatti il sistema di bilanciamento automatico aveva posizionalo lo stabilizzatore del timone orizzontale completamente a fondo corsa a cabrare durante la prova di volo relativa all’inviluppo di avvicinamento alla condizione di stallo e così la logica dell’aeroplano aveva commutato le leggi di controllo dei comandi ed aveva inibito l’auto bilanciamento [con l’auto-trim a fondo corsa a cabrare – ndr].
Così senza l’indispensabile passaggio ad un bilanciamento effettuato manualmente attraverso l’apposito comando [diverso dall’auto trim –ndr], allorquando i piloti dell’A. 320 applicarono la spinta di riattaccata ai motori per interrompere l’avvicinamento e dirigere per la loro destinazione programmata, l’aeroplano entrò repentinamente in stallo con un assetto molto cabrato e, data la prossimità con la superficie marina, non vi fu più alcuna possibilità di riprenderne il controllo.
Nelle proprie conclusioni su questo caso il BEA mise in rilievo il fatto che l’eccezionalità di dover utilizzare il “trimmaggio manuale” dello stabilizzatore, creata dall’abitudine alla disponibilità dell’auto-trimmaggio, rendeva difficile per i piloti il ritorno a dover usare in volo l’indispensabile trimmaggio manuale.
Ed infine notava:- «Una delle poche circostanze nelle quali ad un pilota è richiesto di ricorrere all’utilizzo manuale del volantino di bilanciamento dello stabilizzatore è solamente durante le sessioni di addestramento al simulatore. Ed anche in tal caso, gli esercizi hanno inizio in situazioni di volo stabilizzato [e non certo in condizioni di turbolenza, come invece nel caso del volo AF 447 – ndr]». Così a seguito dell’incidente di Perpignan, il BEA aveva raccomandato ai normatori di sicurezza [francesi o dell’EASA, non è dato di sapere – ndr] ed agli stessi costruttori di Airbus Industries di dedicarsi a migliorare l’addestramento dei piloti e le tecniche di approccio alle condizioni di stallo, onde rinforzare i concetti sulla necessità di dedicare attenzione al controllo dell’assetto longitudinale di un aeroplano Airbus.>
Debbo evidenziare che quanto finora descritto è avvenuto mentre l’aeromobile volava dentro una formazione cumuliforme di forte intensità ed i piloti dovevano anche confrontarsi ed interpretare ripetute segnalazioni di avarie ed avvisi sonori e luminosi a volte contrastanti.
Considerazioni.
Sarebbe stato molto meglio da parte del BEA di raccomandare modifiche appropriate al sistema Ziegler oppure di provvedere di un qualsiasi tipo di avviso specifico ai piloti riguardo la legge dei comandi di volo che in quel momento governa l’aeroplano.
Già perché il maggior difetto insito nel concetto di automazione esasperata di questo tipo risiede proprio nel fatto che gli aeroplani sono governati da programmi spesso non palesi per i piloti e dai piloti si pretende che stiano solo a sorvegliare che cosa sta facendo l’aeroplano, salvo poi richiederne l’intervento correttivo all’improvviso, quando le cose vanno male proprio a causa di avarie o di fallimenti, anche parziali, dei sistemi che governano, appunto, normalmente, l’aeroplano.
Coloro che patrocinano ed invocano l’era dell’entrata in servizio di “unmanned aircraft” anche per l’aviazione commerciale si rendano conto che non sarà certo il “sorvegliante/manovratore” degli auspicati UAS a salvare le missioni nel caso di improvvise avarie o malfunzionamenti che non siano, anche a costui, opportunamente e chiaramente indicati.
In merito al caso specifico del volo AF 447, io che sono stato tra i primi a criticare il comportamento dei piloti, adesso, alla luce di queste gravi rivelazioni, pur non assolvendo l’equipaggio di condotta, perché non si va in volo portando passeggeri se non si è ben “capito l’aeroplano” (intendo:- ben studiato e ben compreso tutto il suo funzionamento), ora dico che, Autorità tutorie di aeronavigabilità francesi e/o di EASA, progettisti e costruttori del velivolo e responsabili delle operazioni dell’Aerolinea, che sapevano della dipendenza cruciale della commutazione automatica tra “alternate law” e “abnormal attitude law” e del malfunzionamento delle sonde di Pitot sono stati criminalmente irresponsabili a far continuare a volare gli aeromobili Airbus con queste sonde di Pitot. Difettose o per costruzione o per la loro collocazione, essendo state già soggette a diversi casi precedenti di ghiacciamento in volo a causa del malfunzionamento delle stesse.
Inoltre, quel che mi stupisce da parte del BEA, è che non dicano se hanno sentito i Collaudatori dei velivoli prodotti da Airbus Industries ed i responsabili delle Operazioni di volo di Air France per conoscere se, gli uni o gli altri, abbiano mai compilato ed approvato una Check-list dedicata a questi casi così abnormi, per farla includere nel Manuale Operativo, come item da conoscere a memoria da parte dei piloti. 11 giugno 2011
Ventiquattro mesi fa, il primo Giugno 2009 scompariva dal cielo dell’Atlantico, tra la costa brasiliana di Natal e la costa africana, il volo AF 447 – un Airbus A. 330-203 dell’Air France – in servizio da Rio de Janeiro a Parigi con 228 persone a bordo.
Il primo ed il tre Maggio 2011, 23 mesi dopo la scomparsa e dopo l’inizio della quarta campagna di ricerca sottomarina condotta dal BEA – il dipartimento francese per le inchieste sui disastri aerei – ha portato al ritrovamento delle “prove” racchiuse in quei due registratori che per tutto questo tempo hanno conservato nelle loro memorie la documentazione di quel volo ed in particolare degli ultimi tre minuti e mezzo del suo tragico epilogo.
Dagli ultimi messaggi trasmessi in automatico, per via satellitare, da appositi sensori sullo stato degli impianti di bordo, fu subito sospettato quanto oggi viene confermato dalle predette registrazioni e cioè che la causa scatenante del disastro è stato il malfunzionamento delle sonde di Pitot dell’aeromobile, già riscontrate difettose in altri eventi. Sonde che ghiacciando in volo ad alta quota, ostruivano il prelevamento dell’aria esterna sulla quale si basano appositi computer per la presentazione dei dati di velocità dell’aeromobile ai piloti ed ad altri sistemi di bordo. In effetti, dunque, sono arrivate quelle conferme su quanto era tecnicamente ipotizzabile e sospettabile fin dai primissimi giorni dopo la certezza del ritrovamento nell’oceano di alcuni reperti dell’aeromobile (in particolare tutta la deriva di coda) e di alcuni cadaveri recuperati dai mezzi di ricerca franco-brasiliani subito intervenuti nell’area di mare dell’ultima posizione conosciuta del volo.
Lo scorso 27 Maggio il BEA ha emesso un comunicato che qui proponiamo opportunamente tradotto e commentato.
Il volo è decollato da Rio – aeroporto Galeão – la sera del 31 Maggio 2009 alle ore 22.29/UTC, pressoché al massimo carico di utilizzazione dell’aeroplano, con il Comandante che fungeva da assistente (PNF) ed uno dei due co-piloti come PF.
Dopo circa 2 ore dalla partenza, il Comandante decideva di andare a riposare, nonostante in rotta sull’Atlantico fosse prevista la solita linea temporalesca subtropicale, cedendo il suo posto all’altro co-pilota, mentre il volo proseguiva in presenza di leggera turbolenza volando in nubi strato-cumuliformi a Livello di Volo FL 350, al numero indicato di Mach 0.82, asservito all’autopilota 2 (A/P) ed all’auto-manetta (A/T).
Circa 10 minuti dopo l’uscita dalla cabina di pilotaggio del Comandante, il PF avvisava per interfonico l’equipaggio di cabina che stavano per entrare in una zona maggiormente perturbata per turbolenza temporalesca e riduceva la velocità dell’aeromobile a quella raccomandata per turbolenza (Mach 0.80).
Per evitare il maltempo, deviava leggermente a sinistra della rotta autorizzata, ma dopo 2 minuti e 10 secondi soltanto, avveniva l’autoesclusione sia dell’A/P che dell’A/T ed il PF assumeva il controllo manuale. Questo era il primo sintomo delle formazioni di ghiaccio ai tubi di Pitot.
L’aeroplano, in turbolenza, iniziava a rollare verso destra ed il PF effettuava un leggero input a cabrare, ma tanto bastava per far intervenire un subdolo avviso di stallo di velocità, mentre la velocità indicata sullo schermo strumentale (PFD) di sinistra decadeva istantaneamente da 275 kts indicati fin verso il valore di fondo scala inferiore (60 Kts) come nel sistema integrato standby. Il FDR non registra i dati di velocità del sistema di destra.
Solo 16 secondi più tardi il PNF annunciava al PF:- «Non abbiamo indicazioni di velocità e … siamo sul sistema “alternate law” », riguardante non solo le indicazioni strumentali di velocità, ma anche l’esclusione dell’autopilota e dell’auto manetta, come previsto dalla filosofia delle protezioni dell’aeromobile del progetto Ziegler, del quale abbiamo dissertato in altro articolo pubblicato su questo sito web.
A questo punto, se i piloti ai comandi non capiscono ciò che può accadere, trovandosi già ad una quota critica per il buffet-on-set in turbolenza, basta non riuscire a mantenere l’assetto longitudinale dell’aeroplano, per arrivare ad uno stallo effettivo di velocità. Insomma se uno ricorda solo che la serie degli aeromobili Airbus viene venduta sotto il motto “l’aeromobile che non può stallare !”, allora … la “frittata” è quasi fatta !
Infatti, l’assetto longitudinale dell’aeroplano inizia progressivamente ad aumentare fino oltre 10° e l’aeromobile comincia a salire. Appena se ne accorge il PF effettua degli input a picchiare ed anche, alternativamente, delle correzioni laterali a destra ed a sinistra fino a 10°-12° per parte, mentre la velocità di salita dell’aeroplano incrementa fino a 7.000 piedi/minuto, per poi iniziare a scendere a 700 piedi/minuto. La velocità registrata sul display di sinistra, precedentemente scomparsa, aumenta repentinamente a 215 Kts (M. 0.68) quando l’aeroplano si trova a 37.500 piedi di quota.
A questo punto il PNF prova diverse volte a convocare in cabina il Comandante.
Son trascorsi soltanto altri 35 secondi ed ecco che si riattiva l’avviso di stallo, al che il PF risponde portando le manette dei due motori in posizione di spinta di Decollo/Riattaccata (TO/GA) e continua ad applicare degli input a cabrare, tanto che il trim dello stabilizzatore del timone di profondità (THS) passa da un valore accettabile per la crociera di circa 3° fino a 13° a cabrare in 1 solo minuto e tale rimane fino alla fine ormai prossima del volo !
Ancora 15 secondi e la velocità sulla strumentazione integrata “standby”, aumenta repentinamente a 185 kts. (concorde con altre velocità – recita il comunicato del BEA ), mentre il PF continua a dare impulsi a cabrare, tanto che l’aeroplano raggiunge la quota di 38.000 piedi con un assetto longitudinale di 16° (incredibile ma vero !).
I dati registrati ci dicono che l’incoerenza dei dati di velocità tra i displays di sinistra e standby è durata poco meno di 1 minuto primo ! Ma tanto è bastato!
Dopo 11 minuti e 40 secondi da quando aveva lasciato la cabina di pilotaggio e dopo 1 minuto e 30 secondi dal disinserimento dell’A/P, il Comandante riesce a rientrare in cabina di pilotaggio, proprio quando le indicazioni di velocità indicate sugli strumenti divengono completamente inattendibili sotto i 60 nodi e l’avviso di stallo cessa.
Da sottolineare che tutto questo avveniva in turbolenza e mente l’aeroplano oscillava abbondantemente a destra ed a sinistra, con un assetto longitudinale molto cabrato – ndr.
A quel momento l’altitudine dell’aeroplano era di 35.000 piedi, l’angolo di attacco(1) superava i 40° e la velocità discensionale era mediamente di 10.000 piedi al minuto, con l’assetto longitudinale del velivolo di circa 15° a cabrare, mentre la velocità di rotazione dei due motori (N1) era prossima al valore del 100%. [L’aeroplano è entrato evidentemente in una situazione di super-stallo ed a questo punto è ormai pressoché ingovernabile dai piloti – ndr]
Contemporaneamente l’aeroplano oscillava sull’asse laterale fino a 40° per parte. Un impulso sul sidestick ordinato dal PF di virare a sinistra e di comandare un assetto a fondo corsa a cabrare, durava ben 30 secondi.
Dall’esclusione automatica dell’A/P sono trascorsi soltanto 2 minuti, quando tra i due co-piloti ai comandi avviene un commento indicante che entrambi non hanno più alcuna indicazione strumentale digitale disponibile.
A questo punto la situazione dell’aeroplano era quella di avere le leve delle manette posizionate sul fermo della spinta minima (Idle) e di conseguenza il regime di rotazione dell’N1 dei motori era al 55%. Circa 15 secondi più tardi, il PF effettua un input a picchiare e l’angolo di attacco registrato indica un decremento del suo valore, la velocità indicata ritorna disponibile e l’avviso di stallo torna a suonare !
Nel successivo 1 minuto e 30 secondi il PF esclama «… stiamo arrivando a livello 100» e circa 15 secondi dopo rimangono registrati gli impulsi dei sidesticks di entrambi i piloti ed infine il PF esclama «avanti, hai tu i comandi !».
In tutta questa fase il valore dell’angolo di attacco(1) è rimasto sempre oltre 35°.
La registrazione dei dati si ferma dopo 2 ore 14 minuti e 28 secondi di volo.
Gli ultimi valori rimasti registrati sono stati:- velocità discensionale 10.912 piedi al minuto,
- velocità rispetto al suolo di 107 kts. (insufficiente al sostentamento in aria dell’aereo),
- assetto longitudinale 16,2 gradi nose up,
- angolo di bank di 5.2 gradi di inclinazione a sinistra;
- valore di prua magnetica di 270°.
L’aeroplano che “non stalla mai” era finito!
La caduta era durata in totale 3 minuti e 30 secondi, durante i quali l’aeromobile è sempre rimasto in regime di super-stallo(2) di bassa velocità con un’inutile indicazione [perché non mostrata ai piloti – ndr] dell’angolo di attacco rimasto sempre oltre il valore di 35 gradi !
Ecco, fin qui il comunicato riassuntivo emesso dal BEA (titolare dell’investigazione) sull’incidente del primo Giugno 2009, che prevede l’emissione di un interim report per la fine del prossimo mese di luglio, che mi riprometto di commentare a tempo ed a luogo opportuno.
(1) angolo di attacco (AOA):- angolo d’incidenza. Angolo formato dalla corda di un profilo aerodinamico con la direzione del vento relativo; la presenza di un angolo d’incidenza positivo è indispensabile per la formazione della portanza. Per contro, l’angolo di incidenza dev’essere minore del valore critico per impedire il verificarsi dello stallo. (vedi figura)
(2) super-stallo [deep-stall]: Condizione nella quale avviene un progressivo decadimento della velocità ed un incremento di angolo d’attacco mentre l’aeromobile scende quasi livellato o con un piccolo assetto a cabrare. L’azione di recupero prevede di diminuire il fattore di carico e spingere la barra di comando in avanti. Questa condizione può presentarsi anche su aeromobili con la coda a T, rendendo la situazione ancora peggiore. Se l’aeromobile non è recuperabile, siamo in presenza di stallo bloccato (locked-in stall). (vedi figura)
A questo comunicato ha fatto seguito un comunicato della Compagnia Air France, ripreso, come di seguito riassunto, dal commento di un autorevole editorialista aeronautico della testata aeronautica “Flight International”.
Air France denuncia subito «i problemi tecnici sul volo AF 447», enfatizzando, come scrive l’editorialista, le evidenze tecniche che hanno dato l’avvio all’inaspettata perdita di controllo dell’aeroplano da parte dei due co-piloti rimasti ai comandi. Il Comandante riuscirà a rientrare in cabina di pilotaggio solo poco più di un minuto prima della fine.
Riassume così la situazione l’articolista:- Le informazioni disponibili dimostrano che l’aeromobile [a seguito dell’improvviso distacco dell’autopilota – ndr] è salito ed è stallato in alta quota e che l’equipaggio ha fallito nel recupero dell’aeromobile dallo stallo, in tempo per evitare di precipitare nell’oceano. Dopo aver ricordato che il BEA ha confermato nella perdita dei dati di velocità disponibili per i piloti la causa iniziale dello scompiglio, anche l’editorialista omette di menzionare il fatto che nessuno dei due piloti ai comandi ha fatto riferimento agli assetti forniti dagli strumenti “stand-by”, pur disponibili, e che da soli avrebbero potuto evitare di mantenere i comandi in posizione favorevole allo stallo oppure di recuperare il controllo dell’aeroplano dagli assetti assolutamente inusuali che aveva assunto dopo il distacco dell’A/P.
La Compagnia Air France ha dichiarato: «… appare che il problema iniziale sia stato l’avaria delle sonde della velocità, che hanno causato il distacco dell’autopilota e la perdita dei relativi sistemi di bordo per la protezione dallo stallo, che hanno portato allo stallo in alta quota».
Rileva anche che la Compagnia omette di dissertare sulla reazione “dell’equipaggio” allo stallo, oltre al fatto di puntualizzare che il Comandante, il quale aveva lasciato la cabina di pilotaggio per andare a riposare, è rapidamente tornato per cercar di gestire la situazione [pur impossibilitato a tornare al suo posto di pilotaggio occupato dal Copilota al quale aveva ceduto il suo posto - ndr]. L’Air France ha tenuto anche a precisare che l’equipaggio era formato da tre piloti qualificati, che hanno mostrato un atteggiamento totalmente professionale e si sono dedicati ad eseguire i loro compiti fino alla fine.
Dal canto suo, l’editorialista conclude riportando il commento finale della Compagnia che sottolinea come tutti i dati ora disponibili dovranno essere analizzati e che soltanto alla fine di un tale complesso compito, che richiede pazienza e precisione, il BEA sarà in grado di stabilire le cause che hanno provocato il disastro.
In calce a questo editoriale compare infine una frase [di difficile attribuzione –ndr] che esprime il parere che la Ditta costruttrice Airbus Industries ha fornito finora soltanto molto limitate risposte in questo aggiornamento sul caso del volo AF 447, nel quale le informazioni rilasciate dal BEA “costituiscono un indispensabile passo verso la completa identificazione della complessa concatenazione degli eventi”.
A parere dello scrivente, un modo come un altro per mettere le mani avanti da parte di qualcuno, di fronte al fallimento [sempre a mio parere – ndr] del proclamato sistema che rendeva l’aeroplano sicuro, perché impossibile da stallare!
Insomma un po’ … come un novello Titanic !
Il vero commento che si può fare invece è quello che aver instillato nei piloti (e nelle Compagnie aeree) il concetto che quella serie di aeroplani prodotti [secondo il famoso progetto di Ziegler] li renda sempre e comunque “non inducibili allo stallo di bassa velocità” è il vero ed unico colpevole di questo sinistro.
Ciò in quanto il super-stallo sofferto da questo volo è ben peggio di uno stallo !
Come si è potuto constatare, perché finalmente confermato dalle registrazioni disponibili, il fattore scatenante la catena degli eventi relativamente al disastro dell’A. 330 - volo 447 di Air France - è stato, come del resto si poteva intuire fin dal principio, quello del difettoso funzionamento delle sonde di Pitot installate su questi modelli di aeroplani prodotti da Airbus, le quali, in particolari condizioni idonee di ghiaccio (e forse di anche di turbolenza in nube) tendevano ad ostruirsi bloccando il prelevamento dell’aria in cui si muoveva l’aeromobile.
Tutto ciò non viene al momento evidenziato in alcun modo dal comunicato riassuntivo emesso dal BEA, nel chiaro intento di non danneggiare né l’immagine dell’Air France e tanto meno quella dell’industria costruttrice sia dell’aeroplano che di quella del fabbricante di quel tipo di sonda di Pitot, modello che già aveva causato un certo numero di mancati incidenti letali a diversi voli di differenti Aerolinee.
Infine, è anche convincimento dello scrivente che l’incapacità dimostrata dai piloti ai comandi di recuperare gli assetti necessari a far uscire l’aeroplano dallo stallo iniziale di velocità in cui si era venuto a trovare proprio per la loro incapacità di riferirsi alle indicazioni degli strumenti “stand-by” per mantenere l’assetto del volo di crociera, che avrebbe evitato la salita oltre la quota massima di crociera alla quale l’aeromobile poteva volare per il peso del momento e per la temperatura della massa d’aria che stava attraversando in prossimità dell’Equatore.
Deficienze queste dovute forse a mancanza d’esperienza di volo basico strumentale e di volo acrobatico, oltre che di adeguato addestramento basico e ricorrente, necessari entrambi per il recupero strumentale da assetti inusuali, una volta assunti o per errore o verificatisi per scarsa attenzione al mantenimento dell’assetto longitudinale necessario al volo stabilizzato. 7 giugno 2011
E son otto i mesi già trascorsi senza che nessuna illuminata raccomandazione di sicurezza sia stata resa pubblica da parte di ANSV a rischiarare le preoccupanti tenebre che avvolgono l’ormai “misterioso” incidente del 24 Settembre 2010, accaduto ad un Airbus A. 319 di WindJet in atterraggio sulla pista 07 dell’aeroporto di Palermo-Punta Raisi.
E sì che di misterioso o di difficile quell’incidente non presenta caratteristica alcuna, essendo disponibile sia il relitto, sia i contenuti delle registrazioni del DFDR e del CVR che di quelle ATC, siano ben chiare e documentate le condizioni meteorologiche ed ambientali nelle quali l’evento si è verificato e sopratutto c’è la diretta testimonianza dell’equipaggio e di un comandante ospite in cabina di pilotaggio.
Ed ancora nulla è dato di sapere neppure del contesto di quei disservizi che hanno caratterizzato i mancati o tardivi soccorsi ai fortunati scampati a quello che poteva essere un disastro dalle luttuose conseguenze.
Ma quel che forse stupisce di più è l’assordante silenzio stampa in merito alle possibili rivalse e richieste d’indennizzo da parte dei per certi versi “fortunati” viaggiatori … scampati ad un possibile rogo, evitato soltanto … ad opera di Santa Rosalia !
Comunque, a fronte di tale acquiescente silenzio da parte dei viaggiatori scampati all’incidente, che al momento rimane ancora senza ragioni determinate ed accertate, neppure l’ENAC si ritiene in dovere di far conoscere a quei passeggeri, che nei suoi comunicati afferma di voler proteggere meticolosamente nei loro diritti, quale sia almeno l’esito di quell’inchiesta amministrativa, pomposamente annunciata al tempo dell’evento, con la quale il Presidente Riggio dava incarico al Direttore ENAC dell’aeroporto di Punta Raisi di accertare la portata e le cause del mancato tempestivo intervento dei necessari mezzi di soccorso e di salvataggio a favore dei passeggeri, usciti quanto meno ammaccati e comunque ben inzuppati d’acqua piovana abbondantemente elargita dalla già nominata benemerita Santa Rosalia !
A fronte dell’insistita campagna di richiesta non tanto d’informazioni, quanto invece di azioni correttive e preventive per il futuro, condotta dallo scrivente, l’ANSV non ha saputo per il momento far di meglio che dedicare alcune pagine del proprio “Rapporto informativo sull’attività svolta da ANSV nell’anno 2010 al caso, pubblicando un misto d’informazioni conosciute fin dalle prime ore seguenti all’incidente, allargate ad alcune informazioni meteorologiche sullo stato accertato del tempo nell’intervallo tra un’ora prima e dopo il grave incidente.
Così nella parte seconda del citato “Rapporto 2010 al punto 3 – titolo “L’aviazione commerciale”, a pag. 27 vien comunicato che «Tra le inchieste del 2010 relative ad eventi che hanno coinvolto aeromobili dell’aviazione commerciale, si segnalano, in particolare, le seguenti:
- Incidente velivolo A. 319 marche EI-EDM, aeroporto di Palermo- Punta Raisi, 24 Settembre 2010».
Il 24 settembre 2010, l’aeromobile A319 marche di immatricolazione EI-EDM decollava da Roma Fiumicino alle ore l9.24 per Palermo Punta Raisi, con a bordo 5 membri di equipaggio, 124 passeggeri e l0.000 kg di carburante per un peso al decollo di 65.000 kg.
A Fiumicino l’equipaggio, proveniente da Palermo con lo stesso aereo, aveva effettuato una sosta di 1 ora e I3 minuti, durante la quale aveva provveduto a far rifornire l'aeromobile con 6653 kg di carburante ed aveva ricevuto dalla società di handling la documentazione per il volo comprensiva del piano di carico e di un aggiornamento dei bollettini meteorologici.
Tra i passeggeri erano presenti due membri di equipaggio della stessa compagnia che rientravano fuori servizio: un assistente di volo ed un comandante: quest’ultimo veniva autorizzato dal titolare del volo ad occupare un posto in cabina di pilotaggio.
Per il volo, il comandante aveva assegnato il ruolo di pilota ai comandi (PF, Pilot Flying) al primo ufficiale. Il volo, fino alla prima fase della discesa, si era svolto seguendo il piano di volo previsto, senza evidenza di problemi e in condizioni di leggera turbolenza.
Una volta in contatto con l`ente di controllo di avvicinamento radar di Palermo e in discesa per 5000 piedi, l’equipaggio chiedeva al controllore di deviare dalla rotta prevista al fine di evitare delle formazioni nuvolose posizionate a Nord-Ovest dell’aeroporto e prima del punto iniziale della procedura strumentale alla quale era staro autorizzato.
Il controllore radar autorizzava la deviazione e successivamente forniva all’equipaggio vettori e quote idonei per stabilizzarsi, a circa 6 miglia nautiche dal VOR DME denominato PRS, sulla radiale finale della procedura di non precisione per la pista 07 denominata VOR Z 07.
Durante l'avvicinamento, stabilizzato sulla radiale e sul profilo di discesa, |'aeromobile incontrava un forte piovasco, che riduceva la visibilità orizzontale. Nella parte finale della procedura, il comandante assumeva il ruolo di pilota ai comandi (PF).
Proseguendo |'avvicinamento, l’aeromobile impattava il terreno immediatamente prima dell’inizio della RESA (Runway End Safety Area) che precede l'inizio della pista 07 di Palermo Punta Raisi e, con un successivo rimbalzo in pista, strisciava per circa 850 m prima di fermarsi sull'erba immediatamente a sinistra del bordo della stessa, occupandola parzialmente con la parte posteriore della fusoliera. Subito dopo i passeggeri e l’equipaggio evacuavano l’aeromobile attraverso le uscite di emergenza anteriori e posteriore destra.
Alcuni passeggeri e alcuni membri dell'equipaggio riporranno ferire e/o lesioni non gravi. L’aeromobile subiva gravi danni, tanto da risultare non recuperabile.
L'antenna del localizzatore della pista 25, composta da pali verticali che sostengono componenti orizzontali disposti in senso longitudinale rispetto alla pista, è stata quasi completamente distrutta; solo tre di questi pali con i rispettivi componenti orizzontali sono rimasti eretti.
L'aeromobile, dopo l’impatto, nello scorrimento sulla pista fino al suo arresto, ha prodotto sulla pavimentazione della RESA e della pista stessa delle leggere scarificazioni.
Il folder meteo a disposizione dei piloti conteneva le seguenti informazioni.
METAR per l’aeroporto di Palermo delle 15.20 UTC: vento da 180° con intensità 20 nodi; visibilità superiore a 10 km; nuvolosità con base delle nubi a 2500 piedi che copriva da 1/8 a 2/8 del cielo e, con base delle nubi a 7000 piedi, che copriva da 5/8 a 7/8 del cielo; temperatura 25 °C, temperatura di rugiada 14 °C; QNH 1002 hPa; windshear riportato per pista 20.
TAF per l’aeroporto di Palermo emesso alle 11.00 UTC e valido dalle 12.00 del giorno 24 alle 12.00 del giorno 25 che prevedeva: vento da 190° intensità 14 nodi; visibilità superiore a 10 km, nuvolosità con base delle nubi a 2500 piedi con copertura del cielo da 3/8 a 4/8; temporaneamente tra le 12.00 del 24 e le 06.00 del 25, visibilità di 4 km, temporale con pioggia con copertura del cielo da 3/8 a 4/8 di cumulonembi con base a 1400 piedi e un vento che si prevedeva in cambiamento tra le 03 e le 10 del giorno 25 verso una provenienza da 270° e intensità 12 nodi.
La carta di bassa quota (dal livello del mare fino alla quota di 10.000 piedi) del tempo significativo previsto, centrata per le ore 18.00 UTC, riportava: da 2000 fino a 10.000 piedi nuvolosità varia che copriva fino a 8/8 del cielo, isolati cumulonembi affogati nella massa nuvolosa da 2000 a 10.000 piedi e temporali isolati con rovesci e pioggia.
La situazione meteorologica in atto tra le 17.00 UTC e le 18.30 UTC era la seguente.
METAR delle 17.20 UTC: vento da 140° 9 nodi, variabile tra 070° e l80°; visibilità 6000 metri; temporale con pioggia; copertura da 1/8 a 2/8 del cielo di cumulonembi con base a 1800 piedi, da 3/8 a 4/8 con base a 2200 piedi e da 5/8 a 7/8 con base a 3000 piedi; temperatura 20 °C, temperatura di rugiada 16 °C; QNH 1002 hPa.
METAR delle 17.50 UTC: vento da 070° intensità 12 nodi; visibilità 4000 metri; temporale con pioggia; una nuvolosità con copertura del cielo da 1/8 a 2/8 di cumulonembi con base a 1800 piedi, da 3/8 a 4/8 con base a 2200 piedi e da 5/8 a 7/8 con base a 3000 piedi; temperatura20 °C, temperatura di rugiada 17 °C; QNH 1001 hPa; temporale recente con pioggia; windshear riportato per pista 20. Nota: visibilità minima 4 km.
ATIS delle 17.30 UTC (trasmesso sulla frequenza 123.875 di Palermo): vento da 100° intensità 4 nodi, variabile tra 070° e 180°; visibilità 6 km; temporale moderato con pioggia; una nuvolosità con copertura del cielo da 1/8 a 2/8 di cumulonembi con base a 1800 piedi, da 3/8 a 4/'8 con base a 2200 piedi e da 5/8 a 7/8 con base di 3000 piedi.
ATIS delle 17.50 UTC (trasmesso sulla frequenza 123.875 di Palermo); vento da 060° intensità 14 nodi; visibilità 4000 metri; temporale moderato con pioggia; una nuvolosità con copertura del cielo da 1/8 a 2/8 di cumulonembi con base a l800 piedi, da 3/8 a 4/8 con base a 2200 piedi e da 5/8 a 7/8 con base a 3000 piedi; temperatura 20 °C, temperatura di rugiada 17 °C; QNH 1001 hPa; temporale recente con pioggia e windshear riportato per pista 20.
ATIS delle 18.20 UTC (trasmesso sulla frequenza 123.875 di Palermo): vento da 040° intensità 4 nodi, direzione variabile tra 330° e 120°; visibilità 4000 metri; temporale moderato con pioggia; una nuvolosità con copertura del cielo da 1/8 a 2/8 di cumulonembi con base a 1800 piedi, da 3/8 a 4/8 del cielo con base a 2200 piedi e da 5/8 a 7/8 del cielo con base a 3000 piedi; temperatura 20°C, temperatura di rugiada l8 °C; QNH 1000 hPa.
WINDSHEAR WARNING 04 delle l6.S5 UTC e valido dalle I6.50 UTC alle l7.S0 UTC; moderato windshear, 20 nodi in avvicinamento pista 20 tra 1500 piedi a 300 piedi di quota riportato alle l6.50 UTC da un A321.
AERODROME WARNING 01 delle l6.50 UTC e valido dalle I7.00 UTC alle I9.00 UTC: temporale previsto, nessun cambiamento.
Dalla predetta documentazione merita d’esser evidenziato che all’ora dell’arrivo del volo WindJet nell’area di Punta Raisi le condizioni meteorologiche erano esattamente quelle previste dai bollettini METAR e dalle previsioni di temporale valide dalle ore 17.00 alle ora 19.00 UTC di quella serata, note all’equipaggio e complete di informazioni sulla possibile presenza del fenomeno del wind-shear, riportato per pista 20.
Il Controllore addetto al radar di avvicinamento dell’aeroporto provvedeva a fornire ai piloti i valori di prua e di quota da assumere per stabilizzarsi a circa 6 NM (11 km) dal VOR/DME “PRS”, sulla cui radiale di avvicinamento doveva esser condotta la fase finale autonoma della procedura di non-precisione per la pista 07.
Questo stralcio del Rapporto in esame dà per accertato che «durante l’avvicinamento, stabilizzato sulla radiale e sul profilo di discesa, l’aeromobile incontrava un forte piovasco che riduceva la visibilità orizzontale» e «nella parte finale della procedura, il comandante assumeva il ruolo di pilota ai comandi (PF)».
Ecco, il punto cruciale è determinato proprio dal fatto che la riduzione della visibilità orizzontale induce il comandante ad assumere la condotta del velivolo, perché, a quel punto, deve assumere la decisione se iniziare una manovra di riattaccata avendo perso il contatto con il terreno antistante, oppure se avendone ancora una certa “osservabilità” decide di proseguire nella manovra di atterraggio.
E qui i casi sono due:- o era in grado di “vedere la pista” sotto la stessa angolazione prevista dalla sua posizione per un corretto sentiero di avvicinamento a vista o doveva riattaccare, oppure proprio in quel momento si è manifestato un fenomeno di wind-shear talmente intenso ed improvviso da non dargli neppure il tempo di dare la necessaria potenza ai motori per poter effettuare la riattaccata. Ma … il rapporto nulla dice circa l’applicazione o la tentata applicazione di potenza di riattaccata !
Infatti il testo informa solamente che «… proseguendo l’avvicinamento, l’aeromobile impattava il terreno immediatamente prima dell’inizio della RESA (Runway End Safety Area) che precede l’inizio della pista 07 di Palermo Punta Raisi e con un successivo rimbalzo in pista, strisciava per circa 850 metri prima di fermarsi sull’erba immediatamente a sinistra del bordo della stessa …. ».
Orbene, questa la dinamica descritta dal rapporto ANSV, ma il Presidente di ANSV a pagg. 49 -50 si premura anche di rammentarci che cosa sono « Le raccomandazioni di sicurezza»:
9. Le raccomandazioni di sicurezza
Come già anticipato, nel 2010 I'ANSV ha predisposto, a fini di prevenzione, 18 raccomandazioni di sicurezza, alcune delle quali, ritenute di maggior interesse generale, sono riportate di seguito.
Una raccomandazione di sicurezza si identifica in una proposta formulata dall’autorità investigativa per la sicurezza dell’aviazione civile (in Italia, l’ANSV ) sulla base dei dati emersi da una inchiesta, ai fini della prevenzione di incidenti ed inconvenienti ( in sostanza, consiste in una proposta finalizzata al miglioramento della sicurezza del volo).
Sulla base della previsione 6.8 dell'Allegato 13 alla Convenzione relativa all’aviazione civile internazionale le raccomandazioni di sicurezza devono essere indirizzate alle competenti istituzioni (nazionali. estere, sovranazionali in qualunque momento dell'inchiesta, quando ritenuto necessario per migliorare la sicurezza del volo.
Una raccomandazione di sicurezza può essere emessa, oltre che a conclusione della relativa inchiesta tecnica, anche in corso di inchiesta, nel caso in cui se ne ravvisi la necessità. La tempistica per l’emissione di una raccomandazione di sicurezza dipende quindi, sostanzialmente, da due elementi: dal tipo e dalla gravità della criticità o della irregolarità riscontrata; dal grado di urgenza con il quale si voglia portare a conoscenza della comunità aeronautica la citata criticità o irregolarità, al fine di consentirne la rimozione.
La previsione 6.10 dell’Allegato 13 impone agli Stati che abbiano ricevuto una raccomandazione di sicurezza di informare lo Stato che la ha emessa (quindi la relativa autorità investigativa proponente) sulle misure adottate a seguito della raccomandazione di sicurezza o sulle ragioni per le quali si sia deciso di non adottare misure.
Le raccomandazioni di sicurezza possono essere altresì emanate anche al di fuori di una inchiesta di sicurezza. Sempre |'Allegato 13, alla previsione 8.8, prevede infatti la possibilità di emanare raccomandazioni di sicurezza anche a seguito di attività non correlate a quella d' inchiesta (ad es. attività di studio).
In linea con quanto previsto in materia di raccomandazioni di sicurezza dall’ Allegato 13 si pone il regolamento (UE) n. 996/2010.
Ragionevolmente ci aspettavamo che ANSV volesse davvero prevenire l’accadimento di eventi del genere ed emanasse contemporaneamente delle “raccomandazioni di sicurezza” atte a correggere la situazione operativa di Palermo-Punta Raisi, aeroporto sul quale da anni è promessa l’entrata in servizio ufficiale (e non sperimentale) del sistema di rilevamento e di allarme sulla presenza effettiva del fenomeno del wind-shear o qualche altra raccomandazione, secondo me, più mirata.
Altrimenti … l’investigazione tecnica a che serve e quanto deve durare ?
Ricordiamo che finora nemmeno un interim report è stato divulgato.
Forse che il Presidente di ANSV sta programmando di effettuare delle ricerche archeologiche all’inizio pista 07 di Punta Raisi per fare qualche raccomandazione? 31 maggio 2011
Da una succinta ma pressoché agnostica presentazione delle risultanze contenute nel “Rapporto informativo sull’attività svolta da ANSV nel 2010” in merito agli incidenti accaduti all’Aviazione Civile italiana, il Direttore responsabile dell’Agenzia di stampa Air Press prende lo spunto per rilasciare un suo parere e rilevare che l’incidenza degli eventi gravi è decisamente buona par quanto attiene l’aviazione commerciale, mentre permane ancora preoccupante per quanto concerne le operazioni di volo dell’aviazione generale.
Finisce poi con il dedicare ampio spazio alla notizia (testuale) che «si è aperto presso la sede ENAC un tavolo tecnico-giuridico per promuovere le iniziative legislative volte a disciplinare le responsabilità penale dei controllori italiani … iniziativa condivisibile con il consenso di ENAV e Aeronautica Militare, nata a seguito della sentenza della Corte di Cassazione che, confermando la condanna dei due Controllori … rei di aver concesso un “visual approach” notturno ad un volo poi schiantatosi contro lo sperone roccioso di Baccu Malu, è il fatto che ha ampliato notevolmente [secondo la Giustizia italiana – ndr] i compiti dell’ATC, assegnando una funzione di polizia della navigazione aerea che va ben oltre i tradizionali compiti previsti per il controllo del traffico aereo».
Commentando il fatto dell’istituzione del citato “tavolo tecnico-giuridico”, il Direttore di Air Press, sul numero 18 della sua pubblicazione, afferma, fin dal sottotitolo, che in termini di sicurezza del volo, quello della sicurezza è «un tema delicato su cui non devono prevalere logiche corporative, ma l’incolumità degli utenti». Affermazione questa, apodittica ed oltre tutto populistica, che ignora completamente il fatto che fa parte di quel principio sacrosanto di “Just Culture”, adottato negli anni recenti anche dall’ICAO che ora lo propugna quale mezzo idoneo a migliorare la sicurezza del volo e non certo a coprire responsabilità penali, quando queste esistano veramente e non siano invece la solita caccia all’errore di stampo giustizialista, come va di moda in Italia ( e per la verità anche in altri Paesi ancorati alle vecchie mentalità dei principi falsamente “illuministi” che sono alla base dei Codici nazionali ispirati al Codice Napoleonico).
Non tiene conto che la pronuncia di quella condanna è stata resa possibile soltanto dal mancato riconoscimento da parte della Magistratura inquirente prima e di quella giudicante poi del mancato recepimento nelle norme internazionali dell’ICAO nell’ordinamento nazionale. E’ possibile, quindi, in Italia arrivare ad interpretazioni garantistiche ben diverse dai compiti e dalla preparazione che viene impartita ai Controllori del Traffico Aereo, civili o militari che siano.
Infatti ciò avviene perché mentre la Convenzione di Chicago del 1944 sull’Aviazione Civile Internazionale è stata resa esecutiva in Italia con D. Lgs. numero 616/1948, ratificato con Legge n. 561/1956, il recepimento nell’ordinamento nazionale degli Allegati tecnici (parte integrante della Convenzione stessa, ma in continuo aggiornamento) è avvenuto soltanto con l’art. 1 della Legge 13 Maggio 1983 n. 213 (28 anni fa !) e con il Decreto del Presidente della Repubblica n. 461 del 4 Luglio 1985, ma … malgrado questo recepimento formale, gli Allegati dovevano venir emanati in lingua italiana tramite Decreti ministeriali.
Decreti ministeriali sempre disattesi dai vari Ministri pro-tempore in carica al Ministero più volte riformato (dai Trasporti e dell’Aviazione Civile a quello della Navigazione per approdare, ancora più infelicemente, in quello delle Infrastrutture e dei Trasporti attuale), finché con l’avvenuta istituzione di ENAC – Ente Nazionale per –l’Aviazione Civile – negli anni più recenti (1997 - fine secolo) alcuni degli Allegati sono stati oggetto di pubblicazione sotto forma di Regolamenti tecnici attuativi dell’Ente.
Ma evidentemente ciò alla Magistratura italiana non basta, anche se, come recita il D. Lgs. 250/1997 istitutivo dell’Ente, questo è «dotato di autonomia regolamentare, organizzativa, amministrativa, ecc. ecc. ed sottoposto all’indirizzo, vigilanza e controllo del Ministro dei Trasporti e della Navigazione [ora M.I.T. – ndr]».
Solo così si può spiegare come la Magistratura italiana si attenga ancora a principi normativi che ignorano completamente quali cambiamenti sono intervenuti in campo tecnico anche nel cotesto del Controllo del Traffico Aereo e debitamente regolamentati negli Annessi alla Convenzione internazionale sull’Aviazione Civile che disciplina con leggi comuni tutta la materia riguardante l’Aviazione Civile e che vengono rispettati e ripresi anche dalla Regolamentazione comunitaria dell’Unione Europea.
E dire che quanto avviene è diretta conseguenza, oltre che dell’ignavia ministeriale, anche della maldestra riforma del Codice della Navigazione – Parte Aerea – avvenuta nel 2005 con l’approvazione del testo in vigore da parte del Parlamento, male indirizzato dai rappresentanti degli Enti chiamati a far parte della Commissione riformatrice.
Rimane solo da chiedersi:- Ma quando il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – vero competente per la regolamentazione della materia – si deciderà a fare quel che da troppo tempo avrebbe dovuto fare e non ha fatto ?
Fortunatamente il 2012 si sta avvicinando a grandi passi e nel 2012 riprenderanno le ispezioni dell’ICAO alle varie amministrazioni delle Aviazioni Civili. Ed allora … sarà pur cura di qualcuno di informare gli Ispettori ICAO di quale sia lo stato effettivo di caos regolamentare nel quale continua a dibattersi l’Aviazione Civile nazionale.
Per intanto, accontentiamoci di andare avanti … a “tavoli tecnico-giuridici” ! 17 maggio 2011
E son sette i mesi trascorsi dalla sera di quel 24 Settembre 2010 senza che alcuna raccomandazione di sicurezza da parte di ANSV sia stata emessa e/o che, da parte di ENAC, qualche misura correttiva sia stata adottata nei confronti sia del Vettore che dei responsabili del funzionamento degli interventi di sicurezza e di pronto soccorso dell’aeroporto di Palermo - Punta Raisi e delle sue infrastrutture e radio-assistenze.
Sarà anche vero che da parte delle nostre Autorità tutorie si confida – come al solito – nello stellone e … nell’arrivo del bel tempo estivo, ma … sarebbe bene che ricordassero che anche d’estate sulla Sicilia, come sul resto d’Italia, possono avvenire, transiti piuttosto devastanti di fronti temporaleschi con associati fenomeni di wind-shear e quant’altro li accompagni.
Sembra che ormai nessuno si ricordi più (stampa aeronautica specializzata in testa) delle promesse sul sistema di rivelazione del wind-shear che doveva essere completato (dopo oltre una decade di sperimentazione) sull’aeroporto di Punta Raisi, mentre ora invece pare che spuntino come funghi tanti altri aeroporti italiani (almeno una dozzina) ai quali pare ne sia stata promessa, dalle competenti Autorità, l’installazione (a spese dello Stato) su aeroporti dati in concessione gestionale quarantennale a capitali privati. Il tutto per un giro di promessi favori con i produttori di sistemi complessi di rilevazione del tipo così a lungo sperimentato sull’aeroporto siculo … ed ancora non operativo !
Ricorderò solo che impianti del genere SODAR/RASS e similari vengono richiesti anche su aeroporti dove raramente sono segnalati fenomeni di wind-shear, mentre che aeroporti veramente affetti dal fenomeno, con dati obiettivamente rilevabili, sono invece molto limitati nel numero e nella frequenza.
Oltre a Punta-Raisi, personalmente ritengo che solamente aeroporti orograficamente infelici come quelli di Genova-Sestri, di Villanova d’Albenga, di Firenze-Peretola e di Reggio Calabria (quest’ultimo pericoloso per ben altri più gravi motivi) siano effettivamente colpiti abbastanza frequentemente da questo fenomeno. Fenomeno particolarmente critico e subdolo per aeroplani non dotati di sistemi integrati di rilevamento del vento e di sistemi automatici di controllo della velocità impostata di riferimento e corretta durante appunto tutta la fase di avvicinamento per l’atterraggio.
Sarebbe opportuno per tutti i contribuenti (o, quanto meno, per lo Stato), quello di prendere in sincera considerazione l’opportunità irripetibile che si offre con le scelte del prossimo “Piano aeroporti” e cioè quella di decretare la soppressione (quanto meno) degli aeroporti di Firenze e di Reggio, che possono venir surrogati, con opportuni mezzi di comunicazione rapida, dagli aeroporti di Pisa (per Firenze) e di Lamezia-Terme o di Catania per Reggio Calabria, tenendo però ben presente che Catania-Fontanarossa è soggetto sia alle eventuali eruzioni dell’Etna sia alla vicinanza con Sigonella, base degli UAS NATO nel Mediterraneo. 26 aprile 2011
Sulla scia della messa sotto accusa di Airbus Industries, ad una settimana esatta di distanza dal precedente provvedimento, la Magistratura francese annuncia di aver avanzato una formale accusa penale anche nei confronti dei responsabili di Air France, ancora per la “scomparsa” del volo Air France 447 avvenuta nella notte del 1 Giugno 2009, mentre l’Airbus A. 330 era in volo commerciale tra Rio de Janeiro e Parigi.
Così, come c’era da aspettarsi, la Magistratura francese ha deciso di aprire un’inchiesta penale anche sul Vettore di bandiera francese per il medesimo caso che la scorsa settimana aveva riguardato l’imputazione del Costruttore dell’aeromobile.
La Compagnia Aerea francese ha prontamente contestato tale iniziativa giudiziaria con un comunicato nel quale si può leggere che «Air France ritiene che non ci siano elementi probanti per siffatta inchiesta giudiziaria, promossa nei confronti dell’Aerolinea e del Costruttore, riguardante la perdita del velivolo A. 330 di Air France e si oppone a questa incriminazione, ribadendo che non esistono prove atte a sostenere l’accusa. Ancora attualmente l’investigazione tecnica non ha potuto provare alcun difetto e non esiste alcuna relazione tra i fatti citati dai Consulenti d’Ufficio della pubblica accusa e l’incidente stesso».
Così, dopo il disastro del Concorde di Air France all’aeroporto Charles de Gaulle di Parigi (25 Luglio 2000), che soltanto nel 2010 ha; visto condannare in sede penale, da una Corte francese, sia la Compagnia degli USA “Continental” con pesanti indennizzi a carico, a causa di un suo aeromobile che avrebbe perso sulla pista una striscia metallica finita sotto le ruote del Concorde in decollo e, anche se più lievemente, Airbus Industries ed Air France per indennizzare le vittime, mentre rimane tuttora sub-iudice il procedimento civile. Questa è un’altra iniziativa giudiziaria francese che, su basi prettamente indiziarie, apre dei procedimenti penali nel campo dell’aviazione civile, basandosi pressoché completamente soltanto sui pareri dei propri Consulenti d’Ufficio, senza attendere, o senza dare alcun credito (come nel caso del Concorde), alle risultanze dell’investigazione tecnica, ma basandosi esclusivamente sulle tesi accusatorie, anche se prive di “prove provate”.
La notizia, dopo aver ricordato che la scorsa settimana il Capo di Airbus Industries aveva affermato il proprio disaccordo sull’iniziativa penale, menzionando «l’assenza di prove a sostegno delle tesi accusatorie», adesso tocca ad Air France dissentire e rammentare che un quarto tentativo di campagna di ricerca sottomarina del relitto del volo 447 e possibilmente di prove e di cause del disastro, dovrebbe avere inizio in Atlantico a partire dal giorno 23 Marzo. Ha poi aggiunto che tale ulteriore ricerca viene al momento finanziata proprio da Air France e da Airbus congiuntamente, mentre in caso di successo nella localizzazione del relitto, allora interverrà lo Stato francese, sempre sotto la guida tecnico-operativa dell’Agenzia investigativa francese BEA.
In ogni caso ormai, in futuro dobbiamo aspettarci altro lavoro per le Corti di giustizia e per gli Avvocati francesi, ad ogni accadimento di sinistri aeronautici, anche quando non esiste prova che un crimine volontario sia stato commesso.
Conseguenza dell’ … illuminato Codice Napoleonico. 29 marzo 2011
Son già trascorsi esattamente sei mesi da quando il 24 Settembre 2010, un aeromobile A. 319 marche EI-EDM della Compagnia Wind Jet è finito fuori pista sull’aeroporto di Palermo Punta Raisi nel quale rimasero feriti 20 dei 123 passeggeri, i quali hanno vagato in mezzo alle piste dell’aeroporto sotto violenti scrosci di pioggia, essendo venuta a mancare – stando alle cronache – la tempestiva presenza dei mezzi di soccorso e di trasporto verso la lontana aerostazione.
Ora, persistendo l’assordante silenzio dell’Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo (ANSV) nel fornire una qualsiasi appropriata “raccomandazione di sicurezza” (di cui è così prodiga di solito quando l’evento interessa la Magistratura, come se questo caso non possa accadere di nuovo, perché nulla è cambiato da allora salvo forse le condizioni meteorologiche, v’è da chiedersi quanto meno, che cosa osti a concludere l’investigazione.
Altrettanto da parte di ENAC che, nell’immediatezza dell’evento, aveva pomposamente annunciato una propria inchiesta amministrativa sul mancato funzionamento del “Piano di emergenza aeroportuale”.
Tanto che parrebbe proprio che quell’aeroplano abbia deciso autonomamente di darsi “una grattatina” alla zona ventrale, motori compresi, salvo la scoperta di ulteriori danni da parte di quell’investigazione tecnica sulla quale l’ANSV pare sia tenuta al “segreto istruttorio” (o ad altro segreto?).
Mentre che su brani di comunicazioni intercorse tra i due piloti durante l’avvicinamento e registrate sul CVR sequestrato da ANSV, il segreto istruttorio ha tenuto così bene da essere pubblicate dai media, come va di moda di questi tempi in Italia !
Dunque, durante l’avvicinamento strumentale di non-precisione alla pista 07, l’aeroplano ha toccato la superficie terrestre (fortunatamente livellata) ben prima dell’inizio fisico della pista e senza incontrare ostacoli rilevanti, salvo l’impatto che ha avuto con il muso contro l’antenna frangibile del Localizzatore dell’ILS a servizio della pista 25.
Stante l’assenza finora di qualsiasi segno di vita da parte dell’ANSV (forse perché mancava ancora la nomina dei tre membri del decaduto Collegio direttivo?) dopo ben sei mesi dall’evento, che non dovrebbe aver rappresentato difficoltà investigative essendo avvenuto sul sedime aeroportuale e senza morti o feriti gravi, con l’aeromobile, l’equipaggio ed i suoi Registratori di bordo a disposizione degli Investigatori, ebbene non si comprende come non possa esser scaturita nemmeno una raccomandazione di sicurezza, quasi non fosse successo nulla, anzi, che tutto abbia funzionato egregiamente bene (aeroplano, equipaggio, servizi ATS, servizi antincendio e di soccorso e di trasporto del Gestore, assistenze tecniche suppletive al volo per un aeroporto affetto da fenomeni di wind-shear, trasporti e non ultimo il “piano di emergenza” approvato (e provato ?) dalla locale direzione di aeroporto dell’ENAC, visto che proprio a tale direzione periferica l’ENAC aveva affidato la conduzione dell’inchiesta relativa al funzionamento dei servizi di assistenza ai passeggeri.
Non vorrei che questo fosse il solito preludio da parte di ANSV a concludere le inchieste dopo molti, troppi anni !24 marzo 2011
La Ditta di costruzioni aeronautiche francese “Dassault” annuncia di aver effettuato per la prima volta con il bireattore executive “900 LX” un avvicinamento strumentale di precisione con il nuovo sistema satellitare di navigazione europeo “EGNOS – SoL” (entrato in funzione solo ai primi di Marzo) all’orograficamente impegnativo aeroporto pirenaico di Pau.
L’aeromobile di nuova costruzione “900 LX” era equipaggiato per questa prova con una avanzata strumentazione digitale della cabina di pilotaggio, denominata “EASY 11”.
Come si ricorderà, EGNOS – SoL è la controparte europea del sistema satellitare GNSS/GPS – Global Navigation Satellite System/Global Positioning System - degli USA per il potenziamento del servizio satellitare di navigazione d’area, da tempo in funzione per l’aviazione nello spazio aereo.
Il sistema EGNOS è stato perfezionato nella sua versione “Safety-of-Life” per poter migliorare l’accuratezza e l’inviolabilità del sistema GPS di navigazione satellitare gestito dall’USAF per le proprie esigenze militari, tanto da poter garantire valori di precisione fino ad 1 m orizzontalmente ed a 2 m verticalmente !
Dal felice esito di questo test, la ditta Dassault ritiene di poter confermare che questo sistema è in grado di offrire ai piloti commerciali la possibilità di usufruire di rotte e traiettorie più dirette e precise ed alle Aerolinee i vantaggi di separazioni di traffico ridotte e pertanto di migliorare la puntualità e le capacità ricettive degli aeroporti serviti.
In Italia, una volta certificati gli aeromobili così equipaggiati e, dopo opportuno addestramento qualificati ed abilitati anche i piloti e dopo che siano state approvate specifiche procedure strumentali di precisione, sarà possibile operare con maggior sicurezza su molti aeroporti, in particolare su quelli finora inaccessibili in condizioni strumentali di volo a causa delle condizioni meteorologiche avverse, segnatamente aeroporti come Aosta, Bolzano, l’Elba e Pantelleria, come pure Latina, qualora venisse preso in considerazione per essere trasformato da militare in civile, consentendo così una soluzione alternativa a quella discussa ed avversata di Viterbo per surrogare l’aeroporto di Ciampino. 15 marzo 2011
Si è tenuto nei giorni scorsi ad Istanbul un seminario di studio della Flight Safety Foundation – FSF – dedicato al tema della “European Aviation Safety” nel quale la maggior preoccupazione è stata in merito ai mutamenti economici globali ed a quelli culturali che avvengono ai giorni nostri e che pongono in pericolo il mantenimento degli ottimi livelli di sicurezza raggiunto dalle maggiori Aerolinee europee.
Questo perché – secondo il Presidente della Fondazione – il veloce contemporaneo sorgere di nuove potenti e floride economie emergenti da un lato e le preesistenti, una volta floride, economie che avevano una lunga tradizione nel trasporto aereo dall’altro, sono ora in difficoltà. Il rischio è superabile – a detta dell’oratore – purché la comunità dell’aviazione civile sia conscia di ciò e sappia gestire al meglio la situazione.
L’Amministratore della FSF a sua volta ha indicato un altro rischio per l’industria del trasporto aereo, così commentando:- Le Autorità di normazione sono in difficoltà economiche (senza specificare se si riferisse all’ICAO o ad altri organismi) e pertanto le Compagnie Aeree devono esser in grado di accettare l’onere di tenere comunque alto il proprio standard di sicurezza del volo. Ciò, a suo dire, è particolarmente importante in quelle regioni del globo che non hanno una lunga tradizione in aviazione, ma che ora vedono le loro Aerolinee ed i loro interessi economici svilupparsi velocemente anche nel campo dell’aviazione civile.
Da parte sua il Presidente dell’ERA – l’Associazione delle Aerolinee della regione europea – ha messo in guardia i partecipanti al Convegno dell’immanente pericolo riguardante l’uso invalso recentemente presso diverse Aerolinee europee di formare i propri equipaggi con membri di diverse nazionalità e per di più con personale con contratti a termine, spesso utilizzati simultaneamente a formare lo stesso equipaggio. Ha dunque denunciato questa pratica per il rischio ad essa connesso e che andrebbe cautamente gestita e se possibile contenuta. Inoltre ha espresso il convincimento che l’addestramento periodico dei piloti dovrebbe comprendere anche lo studio degli incidenti aerei gravi.
Infine ha informato i partecipanti sul grave rischio che corrono in diversi Paesi i direttori, gli amministratori ed un po’ tutti gli addetti operativi delle Compagnie Aeree, di essere automaticamente esposti a procedimenti penali, a seguito di qualsiasi incidente aereo e che pertanto è bene si ripassino accuratamente i termini di responsabilità della posizione da loro occupata nell’organizzazione della rispettiva Compagnia rispetto a quelli delle leggi penali del proprio Paese !
In merito ha annunciato che l’Associazione ha dato incarico allo Studio legale Gates & Partners di esaminare questo aspetto generalizzato, onde poter preparare i dirigenti esecutivi delle Aerolinee aderenti alla propria Associazione, affinché possano a loro volta aggiornare tutti i propri dipendenti.
Questo un po’ come dire … visti i tempi … altro che “just culture” … preparatevi un buon Collegio di difesa !
Insomma pare che l’era giustizialista avanzi dappertutto ! 12 marzo 2011
Ho letto con attenzione la relazione fatta dal Comandante F. Capuano su quanto esposto dai vari oratori al Convegno sulla sicurezza e mi permetto di fare alcune osservazioni.
Il testo esordisce così:- «Gli aspetti tecnici e legali che scaturiscono dopo un incidente aereo difficilmente mettono d’accordo tutte le parti in campo. La complessità dell’indagine tecnica, che non accerta le colpe e le responsabilità, è utilizzata senza alcuna discriminante all’interno dell’inchiesta giudiziaria, così realizzando una disuguaglianza di rappresentatività delle altre parti coinvolte nel processo».
Desidero evidenziare che quella tecnica non è un’indagine (compito della polizia giudiziaria) ma un’investigazione minuziosa di tutte le evidenze tecniche ed organizzative riguardanti l’evento, al fine di accertare cause, concause, fattori contributivi ed organizzativi – falle attive o latenti – omissioni o commissioni, che devono servire ad imparare da quanto è accaduto per la prevenzione gli incidenti. Perciò è improprio l’utilizzo che se ne vuol fare in un ambiente non tecnico e non specialista sull’argomento, com’è quello delle Corti di giustizia nazionali, a causa della connivenza con la norma legislativa, chiaramente imposta in materia da una certa parte ed accettata senza fiatare dal responsabile dell’ANSV.
Del resto la stessa situazione si verifica pure nei giudizi per incidenti automobilistici, ferroviari o riguardanti casi di pretesa malasanità, nei quali occorrerebbero competenze molto specifiche e specializzate da parte di tutti gli “esperti” chiamati a far da consulenti ai magistrati inquirenti prima e giudicanti poi.
Il relatore poi prosegue affermando:- «… ma l’accertamento della “verità processuale” va perseguita in un’ottica diversa da quella tecnica, per mettere in luce elementi causali ed omissioni invisibili a prima vista o mancanti nell’investigazione tecnica e che invece costituiscono quei fattori che aggregandosi in maniera invisibile provocano l’incidente».
Presentata così l’inchiesta giudiziaria, a mio avviso, diventa un’inchiesta sull’occulto invece di qualcosa che dev’essere basata su fatti ed evidenze provabili, in quanto, se al termine “verità” si è costretti ad aggiungere l’aggettivo “processuale”, si tratterà sempre d’una verità soggettiva e non oggettiva come invece dev’essere la “responsabilità oggettiva” attribuibile a ciascun individuo per poter diventare imputato di qualcosa. Inoltre non si riesce a comprendere perché “elementi causali ed omissioni” dovrebbero essere “invisibili a prima vista”, anche perché in una investigazione tecnica ben condotta ed esauriente (come del resto per le indagini giudiziarie) esiste sempre “una seconda (ed altre ancora) … vista/e”, ovvero prova, o più propriamente, esame od esami e prove. Ed ancora, forse che il significato dei vocaboli in lingua italiana assume altra valenza rispetto alla liturgia giudiziaria, ma affermare che la “verità processuale” va “perseguita” anziché dibattuta e provata, ovvero obiettivamente accertata, mi sembra veramente sconcertante.
Dunque, quella dell’investigazione tecnica non può definirsi “un’ottica” (ma non credo nemmeno quella dell’indagine “processuale”, come afferma l’autore), bensì un procedimento di accertamento tecnico di fatti causali che non si comprende perché dovrebbero essere invisibili ad occhi esperti ed a metodologie collaudate.
L’investigazione tecnica infatti viene affidata ad un Investigatore (Investigator-in-charge), il quale dev’essere nominato in base alla sua competenza, obiettività ed indipendenza, deve cioè esser “super partes”, mentre in un procedimento giudiziario i vari “esperti” (posto che esperti lo siano effettivamente), sono nominati consulenti dalle parti (accusa, difesa, parti civili) e come tali portatori di interessi comunque speculativi, anche se in senso buono, della difesa di un imputato.
L’articolo si sofferma poi a fare, in un sottile gioco delle parti, il panegirico del deludente intervento del Presidente dell’ENAC, Prof. V. Riggio, il quale, secondo Capuano, in sostanza si sarebbe limitato a sostenere che «… il nostro rateo di incidenti è più che soddisfacente … e ciò non toglie che l’attenzione deve continuare ad essere mantenuta alta».
Questa prima parte del resoconto viene chiusa dalla notizia che al Convegno
«… più esperti si sono “confrontati” su uno dei temi più delicati del trasporto aereo». Veramente questi “confronti” mi sono sfuggiti, in quanto non vi è mai stata alcuna opportunità di dibattito, all’infuori di un paio di contestazioni sollevate nei confronti dell’oratore Dr. B. Barra, Presidente di ANACNA, in merito alla durata dell’intervento e di un’altra avvenuta alla fine dell’intervento dello sceneggiatore e giornalista Dr. A. Purgatori, autore di un intervento provocatorio se pur interessante a risvegliare la platea ed anche le Istituzioni. Sorvolo invece sull’inopportuno intervento fatto fare da un familiare di una delle vittime del disastro di Linate.
Il resoconto riprende poi con una serie di affermazioni, constatazioni e commenti espressi dal relatore/organizzatore.
La più interessante delle quali è la personale valutazione quando afferma che «Una segnalazione sulla pericolosità rappresentata dal bird-strike deve generare un cambiamento di regole e procedure, piuttosto che stimolare l’accumulo di dati nei vari centri di raccolta …», ma senza dirci che cosa egli propone in merito.
Passa poi a disquisire sulle segnalazioni che «rappresentano vere e proprie comunicazioni di eventi, di fatti, idee, opinioni, scritte da personale specializzato che si aspetta risposte di analoga specializzazione. … Chi decide di segnalare un fatto potenzialmente pregiudiziale per la sicurezza del volo, ha necessità non solo di sapere che la sua identità sarà protetta, a meno di richiesta della magistratura, ma anche di vedere che la propria segnalazione contribuisce a produrre eventuali correzioni di norme, procedure, regolamenti, nel superiore fine di garantire una sempre maggior protezione “al mondo aeronautico”. Viceversa ha bisogno di conoscere il perché la propria segnalazione, che riteneva utile per la sicurezza del volo, in realtà non lo sia stata».
Mi sorprende che non si conosca come chi dall’Amministrazione viene incaricato del compito di esaminare le segnalazioni ricevute, dovrebbe avere almeno pari o maggiori conoscenze tecniche, organizzative, psicologiche e d’interesse per i fattori umani di colui che origina la segnalazione. Purtroppo tra gli amministrativi addetti a queste incombenze, molta cultura del genere è ignota oppure è solo mera teoria.
Il relatore ci informa che «C’è consapevolezza da parte di ANSV di come, ancor’oggi, il bird-strike ed il wind-shear continuino ad essere fatti pericolosi certamente non risolvibili continuando a produrre statistiche più o meno affascinanti». Ma allora, tenuto conto che neppure le tempestive informazioni, laddove disponibili in materia, non gli sono gradite, perché non ci ha detto che cosa immagina e che cosa vorrebbe per eliminare i predetti fatti pericolosi.
Il relatore Com.te Capuano presenta, poi, il suo parere in merito al Direttore d’Aeroporto:-«Prima che l’art. 1236 del codice della navigazione fosse modificato, il comandante dell’aeromobile trovava nel direttore dell’aeroporto la naturale interfaccia tecnica e legale alla quale rivolgersi per rappresentare un fatto, certo di parlare a chi ascoltava e capiva un linguaggio di comune interesse, certo che i fatti potenzialmente pericolosi per la navigazione [aerea] sarebbero stati gestiti con aeronautica urgenza e senso di responsabilità. Oggi, l’art. 1236, così com’è stato modificato, prevede un generico preposto dell’ENAC del quale, a prima vista non sono chiare le funzioni e le responsabilità».
Concordo con il relatore sull’errore commesso con la riforma del Codice della Navigazione all’art. 1236 che ha comportato la soppressione della figura giuridica del Direttore di aeroporto dell’amministrazione dell’Aviazione Civile nazionale, per poi doverne surrogare malamente e parzialmente i compiti con un generico incaricato dell’ENAC presente in non tutti gli aeroporti civili. Concordo sulla figura giuridica del Direttore di aeroporto, figura che però aveva il grave problema di avere pochi dipendenti e poco preparati a disposizione per gestire realtà complesse come quelle degli aeroporti moderni ed era trascurato dall’amministrazione centrale di Roma, sempre afflitta da problemi di bilancio.
Si poteva mantenere la figura di garanzia rappresentata dal Direttore di aeroporto, responsabile amministrativo della presenza dello Stato, che avrebbe assicurato ben altra sorveglianza e vigilanza sulle gestioni privatistiche degli aeroporti dati in concessione ai Gestori.
Grave errore questo, che stiamo ancora pagando in termini di credibilità della res publica.
Sulla presentazione dell’intervento effettuata al Convegno dai due Avvocati D’Amico e Bronzone in merito alle responsabilità civili e penali del comandante, il relatore Capuano esprime il parere che il Codice continua ad individuare il comandante di aeromobile come responsabile della spedizione aerea, ovvero «… come colui che continua ad esercitare la “final authority … benché la sua capacità di governo delle attività connesse alla preparazione ed esecuzione del volo, negli ultimi anni, sia profondamente mutata», ma ancora una volta devo rilevare che manca qualsiasi proposta correttiva, come ad esempio, potrebbe essere quella di individuare nel Codice della navigazione delle precise responsabilità tecniche degli amministratori di Compagnia aerea e degli addetti, ad esempio, al carico e centraggio dell’aeromobile prima della partenza, senza lasciare ciò all’incerta sensibilità di accertamento da parte di un procedimento giudiziario in caso di disastro.
L’interessante intervento dell’attentissimo Magistrato Dr. Lorenzo Matassa viene ridotto nel resoconto ad una scontata affermazione che «… negli “incidenti” aerei sia necessario accertare colpe e responsabilità precise», quando in effetti, per il nostro ordinamento giudiziario, ciò è obbligatorio nel caso di disastro aereo con vittime o feriti o con la perdita totale dell’aeromobile; ad. es. per l’art. 428 c.p. – Naufragio, sommersione o disastro aviatorio – e per l’art. 449 c. p. – Delitti colposi di danno (incendio o disastro per caduta di aeromobile adibito al trasporto di persone) e quindi dovrebbe trattarsi di un genere di evento fortunatamente abbastanza infrequente, ma subito compensato ad abundantiam da altre norme codicistiche, quali il più generico, ma senz’altro grave come reato, art. 432 – Attentati alla sicurezza dei trasporti.
La relazione del Comandante Capuano riprende poi affermando che l’aviazione è cambiata rispetto a quando fu emanato il CdN e che «… lo scenario e gli interessi in campo sono profondamente mutati ed il pilota è sempre più costretto in un ruolo dove deve accettare decisioni già prese. Poiché la sicurezza del volo è un dovere di tutti, occorre favorire un cambiamento di cultura delle organizzazioni che, non certo per diletto, fanno trasporto aereo. Non sono certo le parole, quali quelle di una “just culture” che producono il cambiamento, quanto piuttosto le convinzioni di chi opera nella stanza dei bottoni», frase ad effetto quest’ultima, che però non propone nulla di concreto a favore dell’auspicato cambiamento.
Ed in merito conclude che «Occorrono norme chiare per aiutare un settore di alta specializzazione in continua evoluzione, che subisce decisioni che hanno il valore di milioni di euro, prese nel giro di qualche secondo. C’è bisogno di una legge quadro del settore che riunisca le troppe norme sparse [e] (?) di una authority alla quale riferire».
Osservo che quanto scritto non ci consente prima di tutto di comprendere a quali norme aeronautiche intenda riferirsi, se internazionali, comunitarie o nazionali. Poi di “authority” alla quale riferire, a mio avviso, sono pure troppe e tutte “open” alle “richieste” della Magistratura, che finisce per diventare l’authority suprema, almeno in termini di conseguenze per chi viene giudicato colpevole, pur senza conoscere le costrizioni temporali e situazionale di chi opera in prima linea.
Riferendosi all’ANSV, afferma che:- «La stessa legge istitutiva dell’ANSV, che prevede la collaborazione con la Magistratura [dimentica di precisare:- “ove richiesto” – Art. 3, comma 3, lettera b) – ndr], per esempio, si presta a non poche perplessità, considerando che l’investigazione tecnica condotta dall’ANSV NON produce “una verità”, ma arriva a delle “conclusioni” che potrebbero essere ben diverse da quelle alle quali perverrà l’inchiesta giudiziaria».
Certamente è così, in quanto l’investigazione tecnica non deve indicare colpe o responsabilità, ma solo evidenze di conoscenza utili a fini di prevenzione, mentre l’inchiesta giudiziaria persegue (questa sì) qualsiasi commissione od omissione individuale o collettiva che abbia provocato un evento classificabile come delittuoso.
Quanto poi alla fine distinzione che vuol fare in merito alla “verità”, dovrebbe sapere che tutto dipende dal “metro” di paragone usato per emettere, in un caso una conclusione e nell’altro una sentenza !
Anche l’affermazione forzata secondo cui «… ciò che l’ANSV produce entra interamente nel processo penale …» corrisponde al vero soltanto in quanto è Magistratura a decidere di volersi avvalere della Relazione tecnica dell’ANSV, mentre ben diverso è il discorso per quanto attiene al caso della deviazione dalla norma commessa dal Presidente di ANSV nel caso del disastro di Linate, per il quale ha messo a disposizione in qualità di CTU - Consulente tecnico d’ufficio - l’investigatore che aveva incaricato dell’investigazione tecnica. Quindi, per favore, non aggiungiamo confusione ad una situazione nazionale già abbastanza confusa e … senza certezza del diritto nell’applicazione delle norme internazionali, come, ad esempio, si è verificato nel caso dell’incidente di Cagliari del 2004.
Il relatore Comandante Capuano finisce per proporre entusiasticamente che «…gli stessi investigatori che hanno condotto l’inchiesta dovrebbero essere considerati come testimoni processuali», possibilità questa non solo condannata dall’ICAO in varie sedi, ma addirittura vietata per legge in alcuni Stati membri come ad esempio la Francia e gli USA !
E la conclusione in merito al Convegno? Ecco che «Dal convegno insomma, così come lo stesso On. G. Terranova, membro della commissione Trasporti della Camera dei deputati ha rimarcato più volte, scaturisce la necessità di una normativa che stando al passo con i tempi risponda agli indirizzi dell’Unione europea ed internazionali, favorisca la crescita economica del settore all’interno di un alveo normativo di sicurezza». Frase puramente di effetto retorico, ma non certo utile per la sicurezza del volo.
Ma certamente, mancava ancora una ciliegina sulla torta, confezionata come segue:- « Ciò che è stato fatto negli ultimi anni in Italia, per esempio con l’adozione del Regolamento ENAC per “la costruzione e l’esercizio degli aeroporti”, rappresenta sicuramente l’apertura di un tracciato nuovo che non può, però, considerarsi concluso». Concludo a mia volta:- «Meno male ! Così forse saranno corretti certi strafalcioni pubblicati in quel Regolamento dell’ENAC».
Una precisazione finale:- Subito dopo il Convegno del 16 Febbraio m’ero dedicato a scrivere un primo commento sullo svolgimento dell’evento (del quale avevo diligentemente preso appunti) che ritenevo importante in partenza, in quanto promosso sotto l’etichetta della “sicurezza del volo”, tanto che il giorno 18 avevo potuto inviare tale commento al Direttore di Air Press (che aveva fatto il moderatore del Convegno) con la proposta di pubblicazione da parte della sua Agenzia, proposta che però non è stata accolta. In data 21 Febbraio è stato da Air Press pubblicato il resoconto sull’evento fatto dall’organizzatore del Convegno, Comandante Capuano, ed in tal modo ho potuto conoscere ufficialmente quanto avevo avuto modo di ascoltare di persona.
Così, questa volta soltanto sulla base di quanto ufficialmente comunicato dall’organizzatore stesso dell’evento, mi sono accinto a scrivere questo nuovo commento, in quanto sono stato più agevolmente messo in grado di valutare e commentare, secondo il mio libero giudizio, quanto pubblicamente esposto.
Ebbene, la conclusione è che ne sono rimasto profondamente deluso, perché quello che mi aspettavo potesse essere un contributo per una nuova iniziativa di sicurezza, si è rivelata essere invece una celebrazione dei diritti della Magistratura a giudicare un incidente secondo i propri parametri di colpevolezza, in favore del giusto risarcimento di un danno patito agli eventuali eventi diritto, principio mai messo in discussione da nessuna investigazione tecnica o istituzione pro sicurezza del volo.
Tutto ciò nulla ha a che fare con il concetto di prevenzione degli incidenti su cui si fonda il princìpio della sicurezza del volo nel rispetto dell’errore commesso “involontariamente” da uno qualsiasi degli addetti di prima linea, che invece devono esser messi in grado, dall’Organizzazione di appartenenza, nell’interesse vero della società civile, di errare il meno possibile.
Il 2 Marzo il V. Presidente della Commissione europea per l’industria, l’italiano Antonio Tajani, ha annunciato che il servizio denominato “Safety-of-Life”, acronimo “SoL” del sistema di navigazione satellitare pan-europeo per l’aviazione civile, realizzato da “ESA – European Satellite Agency” in collaborazione con i finanziatori Eurocontrol e Commissione Europea (CE), è finalmente operativo, talché l’industria del trasporto aereo in particolare potrà avvantaggiarsi di tale sistema anche ai fini della sicurezza della navigazione aerea.
Ciò significa che con “SoL” (o “Salvavita”, in italiano) di EGNOS, acronimo di “European Geostationary Navigation Overlay System”, l’aviazione civile potrà contare su di un sistema di navigazione aerea precisa e più sicura di quello garantito nell’ultimo ventennio (dal 1994 full operational) dal sistema GPS – Global Positioning System, gestito dall’Air Force degli Stati Uniti.
Così “SoL – EGNOS” diventa il servizio europeo certificato di navigazione aerea basato sulla copertura geostazionaria satellitare per l’aviazione ed è il nuovo sistema di navigazione di precisione, fornito da appositi trasponditori (apparati elettronici di rice-trasmissione per la generazione di segnali di risposta allorquando ricevono una interrogazione su una determinata frequenza radio), installati su tre satelliti geostazionari ad un’altezza di 36.000 km nello spazio, ed è completato da una rete terrestre composta da quaranta stazioni interconnesse di posizionamento, sorvegliate da quattro centri di controllo. L’area di copertura di precisione del sistema pan-europeo (cui ha partecipato l’ESA per l’Italia) comprende la maggior parte dei territori e degli spazi aerei europei e sarà ulteriormente estesa a zone limitrofe, quali la parte settentrionale dell’Africa.
Questo sistema di navigazione e di precisione per gli avvicinamenti strumentali alle piste degli aeroporti privi di guida elettronica (ILS), richiede comunque l’installazione a bordo di un impianto di ricezione dei segnali satellitari, completo di antenna satellitare e di display di informazioni GPS, qualora l’aeromobile non ne sia già dotato. Infatti l’architettura del sistema e le relative prestazioni sono conformi agli standards dell’ICAO ed in armonia con il sistema GNSS – sistema globale di navigazione satellitare, basato però su quello militare statunitense. Sistema di precisione della posizione terrestre che essendo militare, avrebbe potuto, in qualsiasi momento e senza alcun preavviso, venir degradato volontariamente nella sua precisione, nei casi di improvvisa crisi mondiale per la sicurezza degli USA.
L’avvìo ufficiale di “SoL – EGNOS” significa, in termini pratici per l’aviazione civile, la probabile riduzione dei ritardi per gli aeromobili sugli aeroporti molto trafficati, in quanto si potranno ridurre le separazioni fra aeromobili anche nei casi in cui si verifichino condizioni meteorologiche sfavorevoli al volo (purché a terra le operazioni siano efficienti come quando splende il sole), che di solito comportano dirottamenti. Permetterà, inoltre, di effettuare procedure strumentali su piste di aeroporti sui quali, a causa di ostacoli che ne impediscano l’effettuazione di un avvicinamento diretto, impongano una procedura di avvicinamento strumentale curvilinea per l’atterraggio.
Per gli aeroporti più piccoli e che non dispongono di un’onerosa installazione ILS (in termini di costi e di superfici di rispetto), significa che si potranno effettuare avvicinamenti strumentali completi di guida verticale purché i velivoli siano così equipaggiati e che l’aeroporto abbia specifiche procedure di avvicinamento ufficialmente approvate per le loro piste.
Naturalmente anche i piloti dovranno essere addestrati e qualificati ad effettuare tali procedure e, vogliamo sperare nell’interesse della sicurezza per sé e per gli altri, che nessuno tra i piloti professionisti e tra quelli privati voglia azzardare manovre non previste o ad effettuare procedure non autorizzate, rispetto a quelle che saranno pubblicate. Affermo questo, perché purtroppo all’introduzione in servizio del GPS si son verificati casi nei quali, piloti dotatisi di GPS portatili o anche installati a bordo, si sono avventurati ad effettuare procedure strumentali improvvisate, finite con tragiche conseguenze. 8 marzo 2011
Un Airbus A. 380 della Compagnia di bandiera australiana ha subito una grave avaria in volo che, seppure non catastrofica per gli effetti sulla cellula come nel grave incidente del 4 novembre 2010 in Indonesia, ha tuttavia indicato una nuova debolezza nel sistema di lubrificazione dei reattori di quel tipo.
Il nuovo difetto ad uno dei motori scelti per equipaggiare i suoi velivoli coinvolge direttamente Airbus Industries e la scelta della sua filosofia costruttiva rivela ancora una volta (per chi sia attento a coglierli) i lati deboli, se non proprio un flop, nella pretesa ideazione geniale del sistema “anti-uomo idiota”, progettato da Bernard Ziegler.
Nell’Agosto 2009 un Airbus A. 320 della Compagnia SATA Airlines – marche CS-TKO - mentre atterrava all’aeroporto di Punta Delgada delle isole Azzorre (aeroporto anche base di armamento della Compagnia) incappò in un atterraggio che definire “pesante” è pure dir poco. L’atterraggio avveniva con l’Automanetta (Auto-Throttle – A/T) inserita e con azione manuale sui comandi di volo da parte del PF (Pilota-ai comandi) al di sotto dei 1.000 piedi.
La successiva investigazione tecnica condotta dall’Agenzia portoghese GPIAA (Gabinete de Prevenção e Investigação de Acidentes com Aeronaves) ha appurato che l’aeromobile toccò una prima volta la pista con un violento contraccolpo, che aveva raggiunto il valore di ben 2,13 g dovuto ad un alto rateo di discesa finale di 752 ft/min e rimbalzò in aria ad un’altezza di circa 4 m.
Mi sia consentito, a questo punto, commentare in modo ammirato il modo in cui è stata condotta l’investigazione tecnica effettuata dall’Investigator-in-charge Artur Pereira, cui si è dovuti ricorrere per poter commentare il fatto ed il modo esemplare nel quale nel “Final Report” sono state presentate le evidenze e le risultanze.
Dopo che l’aeroplano rimbalzò in aria, a causa del mancato posizionamento delle manette su idle e per la logica progettuale del sistema Ziegler l’automanetta comandava il mantenimento della velocità finale di avvicinamento, a questo punto il pilota ha ridotto le manette ad idle, per riatterrare, sono usciti gli spoilers e l’aeroplano è piombato sulla pista con un valore registrato di ben 4.86 g !
Registrazione però non immediatamente visibile strumentalmente su alcun indicatore a disposizione dei piloti (gi-metro). Il tutto però registrato su di un messaggio “load report” automatico di pronta lettura dell’unità di gestione dati di bordo, disponibile per l’interrogazione da parte dei tecnici di terra.
Il Comandante, purtroppo, non mise nulla di quanto accaduto per iscritto, neppure del suo “sospetto” sul Technical Log Book (Quaderno tecnico di bordo).
Non appena i tecnici furono informati dal Comandante soltanto di “un sospetto di atterraggio pesante”, andarono a consultare il relativo messaggio automatico prodotto dall’unità di gestione dei dati, senza però riuscire a decifrarlo ed a comprenderne la gravità. Purtroppo la Direzione del Materiale della Compagnia ed il suo dipartimento di ingegneri della manutenzione erano già chiusi a causa dell’ora tarda alla quale era accaduto il fatto, onde ottenere spiegazioni ed istruzioni. Così, sotto la costrizione del tempo (l’aeroplano doveva ripartire per la tratta di ritorno a Lisbona con lo stesso equipaggio), si limitarono assieme ai due piloti ad effettuare un’ispezione a vista delle principali strutture portanti visibili dell’aeromobile e lo rilasciarono per il nuovo volo.
Il limite fissato da Airbus per definire un “hard landing” è di 2,6 g di accelerazione verticale.
E’ bene evidenziare che la procedura corretta stabilita da Airbus per evitare altri danni peggiori a seguito di eventuali balzi in aria all’atterraggio impone che i piloti effettuino una riattaccata (a meno di evidenti rotture di parti quali ali e carrelli) dopo il primo contatto “vero” con la pista.
Dopo l’evento e dopo la sommaria ispezione niente fu scritto né dal Comandante, né dai tecnici sul “Technical Log book”, però questi ultimi si premurarono di avvisare telefonicamente i loro colleghi di Lisbona.
L’aereo così partì ed arrivò a Lisbona, dove però, anche qui i tecnici di terra della Compagnia non seppero interpretare e capire quanto registrato sul messaggio automatico di superamento dei limiti di carico di accelerazione verticale.
Ma visto che nulla era stato scritto sul Technical Log book e che l’aeroplano aveva felicemente volato per il viaggio di ritorno, si limitarono anch’essi ad una sommaria ispezione a vista e rilasciarono l’aeroplano per un ulteriore impiego.
Dopo questo grave evento l’aeromobile ha effettuato altre sette tratte nonostante avesse accusato gravi danni (invisibili ad occhio nudo) all’attacco delle ali alla fusoliera.
Così questo aeromobile nuovo, con solo due mesi di vita e soltanto 533 ore di volo complessive, finalmente dovette sottostare ad un check A da parte di ingegneri/tecnici capaci e fu immediatamente fermato per riparazioni, in quanto le accurate ispezioni effettuate documentarono “notevoli danni” riportati dalle coperture dei vani di alloggiamento nell’ala di entrambi i carrelli principali e quelli ancora maggiori dovuti alla compressione subita dai pneumatici dei carrelli principali e dalle relative ruote, da dover essere smontati completamente ed inviati ad officine specializzate per la loro revisione.
L’aeromobile è potuto rientrare in servizio soltanto il 30 Novembre 2009...a distanza di circa 4 mesi dall’evento, con grave danno per il traffico estivo della Compagnia.
L’investigazione tecnica ha stabilito che i tecnici di terra, sebbene qualificati per il loro lavoro, non avevano comunque eseguito le azioni stabilite dal Manuale di Manutenzione dell’aeromobile e sono stati, di conseguenza, prontamente rimandati all’addestramento per istruirli a leggere correttamente i dati di accelerazione registrati e ad effettuare correttamente le ispezioni previste in questi casi. Nulla è dato di sapere sui provvedimenti a carico del Comandante, il quale non ha provveduto a segnalare correttamente e doverosamente l’evento.
Ma quel che più conta di apprendere da questo evento tecnico-operativo è che a seguito delle conclusioni dell’investigazione, si è potuto stabilire che causa determinante dell’altissimo valore di accelerazione verticale subito dal velivolo al secondo e quasi distruttivo contatto con la pista, è stato l’estensione automatica degli spoilers alari (diruttori aerodinamici posti sulle ali), che, secondo la logica dell’impianto di decelerazione concepito dall’ideatore del sistema, si estendono automaticamente in volo quando l’aeromobile torna ad avere le manette della spinta dei motori manualmente ridotte al minimo dall’azione dell’equipaggio di condotta, entro 3s dal primo contatto con la pista.
Dal 2010 e proprio a seguito di questo grave ma fortunatamente mancato possibile disastro, Airbus Industries ha deciso di modificare la linea di produzione di A. 320/330/340 con una nuova logica rispetto al sistema ideato e realizzato a suo tempo da Bernard Ziegler.
Infatti ora la logica del sistema “anti-uomo stupido”, com’era definita dal suo inventore, è stata modificata e se durante un atterraggio pesante le manette non sono ridotte al minimo avviene comunque l’estensione degli spoilers fino a 10°, per estendersi poi completamente una volta ridotte le manette al minimo. Attraverso questa modifica si riduce di conseguenza l’accelerazione verticale al successivo contatto con la pista se proprio il pilota non riattacca e vuole per forza atterrare.
Come si può vedere, qualsiasi sistema concepito dalla mente umana non può prevedere tutti gli errori che possono venir commessi dagli operatori di sistemi complessi nel contesto delle attività cosiddette “a rischio autorizzato” (perché oltretutto impongono decisioni da prendere nel tempo di secondi o addirittura di frazioni di secondo), tanto da poter essere commessi perfino dagli inventori e dai progettisti che a tavolino dispongono di tutto il tempo che vogliono per pensare, meditare e correggere le loro azioni o le loro idee. Insomma errori umani tali da richiedere correzioni anche ai “sistemi anti-uomo stupido”, come pretendeva di aver creato Ziegler.
D’altronde non è detto che anche la modifica ora introdotta a correzione di questo problema operativo non sia esente da altro tipo … di rischio d’errore, in quanto ora l’equipaggio di condotta deve provvedere autonomamente alla gestione delle manette di potenza dei motori sia per la riattaccata, ma anche qualora dovesse decidere dopo il primo balzo di rimanere a terra (per tema di aver prodotto rotture importanti) …!
Le conseguenze le vedremo ed esamineremo al prossimo seppur abbastanza raro incidente, che speriamo rimanga ancora fra gli “incidents” e non degeneri fra gli “accidents” !
Nota:- Ha collaborato con me per la parte della ricostruzione tecnica della presentazione dell’evento il collega Comandante Dino Bosello, che è stato anche pilota di A. 321. 26 febbraio 2011
Fortunatamente si tratta solamente di una mia scherzosa interpretazione “non autorizzata” del vero titolo della notizia che proviene dagli USA, fonte il quartier generale della Casa madre del conosciuto costruttore aeronautico, noto in tutto il mondo con il marchio “Boeing Aircraft”. Titolo che in realtà reca quanto segue:- «Vibrating cockpit seats proposed for pilot alerts – ovvero – Sedili vibranti della cabina di pilotaggio proposti per allertare i piloti».
Dunque, qualcosa di pratico ed assolutamente non drammatico, anche se discutibile, come del resto tutte le innovazioni ancora non provate nella loro effettiva utilità ed efficacia.
La notizia provenente da Boeing infatti spiega che la Ditta ha avanzato (presumibilmente alla FAA, dopo aver saggiamente depositato un brevetto internazionale) l’idea della possibilità di adottare nelle cabine di pilotaggio degli aeromobili commerciali di sua produzione dei sedili che scuotono o vibrano, quale avviso di allerta a chi vi siede sopra, sostitutivo di alcuni allarmi sonori e visivi come indicazione di problemi di emergenza, di malfunzionamenti non subito altrimenti percettibili o perfino di comunicazioni in arrivo, destinate a quel volo.
La proposta, come già detto, coperta prontamente da brevetto internazionale, svela alcuni dettagli di questi meccanismi che, secondo il Costruttore, verrebbero annegati sotto i sedili dei piloti e che, una volta innescati da malfunzionamenti di alcuni impianti selezionati, siano in grado di fornire un inequivocabile segnale d’avviso ai piloti, i quali però, non essendo né sordi né ciechi, ne avrebbero (a mio parere) un’effettiva utilità solo qualora stessero dormendo alla grossa (cosa non consentita), ma che purtroppo qualche volta è accaduta !
Tra gli avvisi di allerta menzionati nella notizia di presentazione della proposta se ne citano alcuni tra quelli che richiedono un intervento immediato dei piloti, quale l’allarme di imminente pericolo di collisione con la superficie terrestre e quello di pre-stallo del velivolo e pure quelli in cui l’equipaggio può agire in modo meno urgente per ripristinare comunque le piene condizioni di sicurezza del volo.
Tra queste eventualità, a seguito del “pasticciaccio” dell’equipaggio di condotta dell’A. 320 che doveva atterrare a Minneapolis-St. Paul (Minnesota) e che invece sorpassò la sua destinazione, è previsto il richiamo fatto ai piloti di dover effettuare i dovuti “riporti di posizione”, oppure di dare risposta a comunicazioni in arrivo in voce o in data-link. Ma soprattutto nell’eventualità che piloti sopraffatti dall’affaticamento di troppe ore di volo cadano addormentati durante i periodi di relax del volo di crociera, questo potrebbe essere un automatismo pre-programmabile e pertanto molto utile.
Dunque alla Boeing sono convinti che esista una necessità più che potenziale di adottare un sistema o meglio un metodo nuovo per allertare i piloti attraverso un livello di stimolazione efficace, anche se meno traumatico del suono di un gong o d’una sirena bitonale che perfora i timpani e lascia il personale momentaneamente scioccato o sconvolto.
Questa proposta di allerta tuttavia contiene la possibilità che il meccanismo adottato sia in grado di attivare vari livelli delle vibrazioni del sedile, che possono variare di ampiezza, di frequenza dello scuotimento e della sua durata, a seconda della natura del messaggio necessario da comunicare in merito alla gravità dell’allarme.
Il funzionamento poi potrebbe essere anche pre-programmato per intervenire al momento del sorvolo di specifici punti della rotta ovvero attivato da interventi dall’esterno, come ad esempio da una attivazione originata da Controllo del Traffico Aereo.
Si tratta insomma, a mio modo di vedere, di una proposta concreta ed altamente positiva per la sicurezza e per la prevenzione di certi tipi di incidenti dovuti a disattenzione o a stanchezza dei piloti ai comandi.
Adesso si tratterà di vedere come verrà valutata dalla FAA e dall’industria del trasporto aereo commerciale, con un occhio attento ai costi di tutti gli automatismi che vengono proposti o imposti, anche se non tutti sono stati effettivamente idonei a prevenire gli incidenti ed a fornire validi ausili ai piloti per aumentare la sicurezza del volo, che, per quanto attività umana tra le più sicure, fa pur parte di quelle attività definite “a rischio autorizzato”.
Solo in che misura quel rischio sia inteso come “autorizzato” varia ancora molto da Paese a Paese e soprattutto sottoposto al giudizio della rispettiva macchina giudiziaria che, novello Polifemo, cerca sempre un “Nessuno” da sbranare. 22 febbraio 2011
La Federal Aviation Administration - F.A.A. - degli USA, dopo sei anni dall’evento e ad uno dalla conclusione dell’investigazione tecnica, ordina agli Esercenti delle più vecchie serie di aeromobili Boeing B. 737 (dalla serie 100 alla 500) di provvedere entro tre anni a modificare l’installazione degli avvisi di allarme della quota cabina e della configurazione dell’aeromobile, separandone i rispettivi avvisi, finora affidati ad un unico allarme, comune in cabina di pilotaggio per il mancato funzionamento, una volta in volo, dell’impianto di pressurizzazione dell’aeromobile, rispetto a quello a terra di configurazione errata per il decollo.
Ciò con l’intento di rendere impossibile ai piloti di equivocare sull’intervento acustico dell’allarme comune ai due impianti, scambiandolo per l’avviso di incorretta configurazione a terra dell’aeromobile prima del decollo, così come purtroppo era avvenuto a bordo del B. 737-300 dell’Aerolinea cipriota Helios Airways ai due piloti (tedesco il Comandante e cipriota il giovane Co-pilota) dopo il decollo da Larnaca il 14 agosto 2005.
L’aeromobile era arrivato fino sopra Atene e si era messo in holding sul VOR di KEA in quanto asservito al sistema di gestione del volo in automatico Flight Management System – FMS, pre-programmato dall’equipaggio di condotta prima della partenza. Il volo si concluse tragicamente con l’aeromobile precipitato vicino al nuovo aeroporto di Atene per l’esaurimento del carburante e la morte di tutti gli occupanti, gran parte dei quali erano deceduti per ipossia già durante la salita alla quota di crociera di 34.000 piedi (11mila m).
Durante la successiva investigazione tecnica, aperta dall’Autorità greca, alla quale partecipò anche la FAA in quanto Ente certificatore dell’aeromobile e dei suoi motori, la FAA trovò che nei circa trent’anni di produzione delle predette serie di B. 737 s’erano verificati ben 25 casi nei quali l’equipaggio di condotta aveva equivocato sull’intervento dell’avviso intervenuto in volo circa la mancata pressurizzazione fornita della quota-cabina che denunciava di star salendo assieme all’aeroplano invece di essere mantenuta alla prevista regolazione del valore della pressione differenziale. Ciò proprio in quanto l’avviso comune di malfunzionamento di due differenti impianti di bordo veniva annunciato dallo stesso suono intermittente di allarme.
Adesso, la modifica ordinata da FAA comporta l’installazione sul cruscotto centrale della cabina di pilotaggio di due differenti avvisi luminosi, debitamente etichettati.
Tuttavia l’ordine ha già trovato l’opposizione (per motivi economici) da parte di una Compagnia aerea statunitense che esercisce ben 37 B. 737 delle serie interessate alla modifica, la quale ne vorrebbe la diluizione in un arco di cinque anni, ma tale richiesta è stata rigettata da FAA.
Se qualcuno ne volesse sapere di più in merito al disastro del B. 737 della Helios Airways, veda il mio articolo del 25 Marzo 2010, epoca in cui fu conclusa l’investigazione greca che ha richiesto cinque anni di tempo per esser completata, in ciò facendo a gara con i tempi delle investigazioni della nostra Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo. 16 febbraio 2011
La notizia del 3 Febbraio 2011 che spiccava su Flight International informava che il 28 Ottobre 2009 un Airbus A.330-200 australiano in volo da Narita (Japan) per l’Australia aveva subito «un rapido calo nelle indicazioni di velocità presentate ai piloti ai suoi comandi», pur essendo dotato di tre sonde Pitot protette dal sistema antighiaccio prodotto dall’americana Goodrich che sostituivano quelle della “Thales” installate su tutti i velivoli Airbus fino alle prime risultanze desunte dalla scomparsa nell’Oceano Atlantico del volo A. 330-300 di Air France il 1° Giugno 2009.
Quell’incidente aveva promosso da parte delle Autorità di certificazione la raccomandazione di sostituire almeno due delle tre sonde della marca “Thales” con analoghi rilevatori della velocità all’aria prodotti dalla ditta Goodrich.
In data 27 Gennaio 2011 l’Australian Transport Safety Board – ATSB ha concluso la sua investigazione pubblicando la relativa Relazione, formato ICAO, di quasi 200 pagine ed oltre al caso pertinente, ha anche esaminato le scarse notizie che è riuscito a recuperare in merito ad un analogo incidente, subìto (caso?) proprio dallo stesso aeromobile A.330, marche VH-EBA il 19 Marzo 2009, quando però il velivolo era ancora equipaggiato con tubi di Pitot prodotti dalla “Thales” e cioè quando il disastro dell’A. 330 di Air France non era ancora avvenuto.
Il volo del 28 Ottobre, mentre si trovava nei pressi dell’isola statunitense di Guam in volo di crociera a 39.000 piedi 12.000 metr), appena entrato in una zona di nubi cumulonembiformi ma senza turbolenza, agli occhi dei piloti ai comandi ha evidenziato un improvviso seppur abbastanza breve disaccordo nel valore dell’anemometro/machmetro con un calo della velocità, denunciato da 250 a 50 Kts. (minimo della scala), tra le indicazioni presentata sullo schermo strumenti lato del comandante e sull’anemometro stand-by di emergenza. A ciò è subito seguito il disinserimento automatico dell’autopilota in uso, del sistema di automanetta, la scomparsa delle barre di tendenza del Flight Director lato comandante, mentre l’impianto dei comandi di volo fly-by-wire scadeva alla funzione “Alternate law”, indicando così che alcune delle protezioni automatiche dell’inviluppo di volo dell’aeromobile non erano più in atto.
Di conseguenza i piloti hanno dato subito l’avvio all’applicazione della procedura stabilita dalla loro Aerolinea per gestire questo tipo di emergenza di indicazioni di velocità incerte tra le tre fonti disponibili e, dopo aver accertato che apparentemente erano tornate tutte a concordare fra loro, provvedevano a reinserire in attività l’autopilota e l’automanetta, sebbene entrambe, poco dopo, si siano nuovamente disinserite, fortunatamente ancora per breve tempo e sempre senza presenza di turbolenza atmosferica.
Così, dopo aver ripetuto la manovra verificando che le tre indicazioni di velocità concordassero, i piloti hanno reinserito entrambi gli automatismi di gestione del volo in crociera, controllando però attentamente il tutto per il resto del viaggio fino alla loro destinazione che era l’aeroporto di Coolangatta, sulla costa orientale dell’Australia, proprio al confine fra lo Stato del Queensland ed il territorio del New South Wales, a circa metà strada tre le più note città di Perth e di Sydney.
La Relazione finale dell’investigazione condotta dall’ATSB per prima cosa stabilisce che il disaccordo tra le velocità indicate a bordo è stato dovuto « … a temporanea occlusione delle sonde dell’impianto del Comandante e dell’anemometro stand-by, probabilmente a causa di cristalli di ghiaccio» [!] nonostante l’apposito riscaldamento dei tubi di Pitot fosse inserito e funzionante. Ed aggiunge:- «Entrambi gli accadimenti riguardanti il velivolo VH-EBA sono avvenuti in condizioni ambientali estreme ed al di fuori di quelle contemplate nei requisiti internazionali di certificazione per le sonde di Pitot», rilevando che, in questo campo, già il BEA francese ha raccomandato all’Autorità di certificazione europea EASA di riesaminare i criteri di approvazione delle sonde di Pitot alle condizioni ancora inesplorate di ghiacciamento alle alte quote, in precedenza non esaminate a questo preciso scopo.
La Relazione finale quindi conclude che il disaccordo fra le vitali indicazioni di velocità all’aria indicata ai piloti era dovuta probabilmente appunto a cristalli di ghiaccio depositatisi sulle predette sonde di Pitot (stranamente però su due Pitot di tre), mentre dalle scarse informazioni reperite sull’evento del 15 Marzo sullo stesso aeromobile, ma non segnalate come incidente dal suo equipaggio di quel giorno, si è potuto conoscere solamente che «il problema con le informazioni di velocità all’aria avevano comportato una diminuzione della stessa ad un ritmo di oltre 30 Kts al secondo su almeno due “canali” della velocità indicata», tanto che l’indicazione dell’anemometro del Comandante era calata fino al minimo della scala, mentre, anche in questo caso, s’era disinserito l’autopilota e forse qualcos’altro.
Devo confessare però che a me, personalmente, i conti in merito comunque non tornano. Infatti, mi domando, com’è che nella maggior parte degli accadimenti di questo tipo, conosciuti ed avvenuti prevalentemente ad aeromobili prodotti da Airbus Industries – modelli 320 – 321 – 300 - 330 – 340 – gli episodi di discordanza dei valori di velocità, prelevati dalle sonde Thales o Goodrich che fossero, interessavano quasi sempre una o due sonde su tre e, prevalentemente, quelle posta sul lato opposto della fusoliera rispetto all’utenza anemometrica che devono servire?
Non è che sia il caso di rivedere la posizione della fusoliera sul fianco della quale sono installate le sonde, ovvero che sia il caso di rivedere l’intero impianto di rilevamento della velocità degli aeromobili di quel tipo?
Adesso poi, secondo quanto raccomandato dal francese BEA, è giunto il momento che FAA da un lato dell’Atlantico ed EASA dal lato europeo inizino una campagna di rilevamento in volo in alta quota (oltre 30.000 piedi) sui dati relativi alle caratteristiche delle particelle di ghiaccio esistenti a 40.000 piedi ed oltre, per servire da nuovi riferimenti di condizione per la certificazione di tutti gli impianti antighiaccio ed in particolare di quelli dell’impianto Pitot.
Può effettivamente darsi che la composizione delle particelle di ghiaccio con nuovi inquinanti (ceneri vulcaniche nell’alta atmosfera, ad esempio) e/o le dimensioni delle gocce d’acqua sopraffusa possano essere diverse in altissima quota (Fino a 55.000 piedi) rispetto a quelle che si incontrano fino a 30-35 mila piedi e che sono state finora il parametro di misura per la progettazione e per la certificazione degli impianti antighiaccio in generale e delle protezioni antighiaccio ai tubi di Pitot più in particolare.
Ed ecco perché sarebbe veramente necessario anche che la campagna di ricerche sottomarine in Atlantico per ritrovare il relitto dell’A. 330 di Air France, onde poter recuperare i Registratori di bordo o quanto meno il solo DFDR, che dovrebbe riprendere per la quarta volta entro la fine di questo mese, avesse lo sperato successo. 11 febbraio 2010
L’EASA – European Aviation Safety Agency, il 22 Dicembre 2010, un anno e mezzo dopo il disastro dell’A. 330-200 di Air France, precipitato nell’Oceano Atlantico la notte del 1 Giugno 2009 durante il volo Rio de Janeiro – Parigi, ha emanato una direttiva di aeronavigabilità con due distinte misure di sicurezza da applicarsi dal 5 Febbraio 2011:
- la prima mette in guardia i piloti di aeromobili A. 330 (bireattori) ed A. 340 (quadrireattori) prodotti da Airbus Industries su “come” intervenire nel caso di «indicazioni di velocità indicata inattendibili», ovvero di difetto indotto in alcune funzioni dell’automazione da parte di dati errati generati dai sensori di Pitot per misurare la velocità dell’aeromobile. Funzioni che riescono a produrre improvvisi comportamenti pericolosi dell’intero velivolo e in grado, quanto meno, di comandare la disinserzione dei sistemi dell’autopilota e dell’automanetta, normalmente in funzione durante il volo, anche per precise sollecitazioni da parte delle Aerolinee ai propri piloti onde guadagnare in accuratezza della navigazione;
- la seconda ordina agli stessi piloti (con disposizione obbligatoria che le Compagnie Aeree devono inserire immediatamente nei propri Manuali Operativi dei predetti modelli di aeroplani) di rinunciare alla tentazione di reinserire immediatamente l’autopilota se questo si sia staccato spontaneamente dal funzionamento in atto, particolarmente durante i lunghi voli di crociera in alta quota.
Con questa disposizione l’Agenzia europea finalmente riconosce che le rilevanti differenze di velocità indicata (o di numero di Mach indicato dalla strumentazione di volo) tra le sorgenti d’informazione dei dati di velocità forniti dagli impianti di statica e di dinamica di bordo installati su questi modelli di aeroplani commerciali possono causare il distacco delle funzioni dell’autopilota e dell’automanetta e perfino che i comandi di volo “fly-by-wire” possono regredire alla “legge alternata”, ovvero “legge secondaria” del funzionamento di protezione dell’inviluppo di volo sulla quale è stato progettato per ragioni di sicurezza questo tipo di aeromobili.
Oltre a questi già gravi difetti che possono presentarsi in volo su questi aeromobili, particolarmente in condizioni avverse quali presenza di ghiaccio e/o di turbolenza atmosferica (com’è successo verosimilmente nel caso ufficialmente ancora irrisolto del 1 Giugno 2009), anche le “barre di tendenza” dell’impianto del “flight director” che normalmente compaiono sugli orizzonti artificiali di ciascuno dei due piloti ai comandi possono “scomparire” alla vista, complicando vieppiù la gestione essenziale del volo da parte dei due piloti.
Di conseguenza a queste premesse contenute nella disposizione piuttosto preoccupante dell’EASA, l’Organo di certificazione e di sorveglianza tecnica europeo ordina ai piloti ed alle Compagnie Aeree che utilizzano questi aeromobili:-
- di non reinserire subito l’autopilota e l’automanetta e di non seguire le eventuali indicazioni delle barre di tendenza governate dal flight director ed invece di affidarsi esclusivamente alle indicazioni di assetto dell’orizzonte artificiale meccanico “stand-by”, mantenuto al centro dei pannelli strumentali tra i due piloti proprio per le situazioni di emergenza estrema e di pilotare manualmente l’aeroplano, mantenendo assetto e potenza in volo livellato;
- di effettuare un controllo incrociato delle indicazioni fornite dagli indicatori di velocità e di Mach indicato onde cercar di stabilire quali dei due impianti di riferimento di “air-data” di bordo tra sistema principale e sistema alternato sia più affidabile in un confronto fra essi;
- il tutto per un tempo non inferiore ai 30 secondi (!?), mentre si cerca di tenere quanto più possibile “stabile” (!?) l’aeroplano in rotta [anche in condizioni di turbolenza severa? - ndr], prima di effettuare la scelta di reinserire l’autopilota ed eventualmente anche l’automanetta.
Tutto ciò per non avere brutte nonché brusche e pericolose reazioni d’assetto dell’aeroplano, dovute alla presenza di segnali errati da parte dei sistemi “air-data” che potrebbero comandare improvvisi e violenti cambi nell’assetto orizzontale dell’aeromobile, ovvero proprio ciò che si teme di appurare in merito al disastro dell’Air France (se e quando verranno recuperate dal fondo dell’Oceano i Registratori di bordo) e di altri episodi di questo genere verificatisi su altri aeromobili di questo tipo, risoltisi in questi casi diversamente, in quanto avvenuti di giorno ed in condizioni non perturbate da turbolenze particolari.
In conclusione, questi due tipi di aeroplani, anche per EASA oltre che per la FAA degli USA, possono continuare a volare, basando tutte le certezze di garantire una navigazione sicura sull’intervento, pronto e competente, di quegli uomini, cioè i soli due piloti che son rimasti a costituire l’equipaggio di condotta dei moderni aeroplani commerciali a reazione, avendo l’industria del trasporto aereo, affascinata dai miraggi dell’automazione infallibile, eliminato ogni altro specialista che potesse dare una mano nei casi di emergenza in cabina di pilotaggio !
A questo punto, a chi scrive, i conti non tornano più e se c’è qualche sapiente tecnico che certifica questi pretesi “robot volanti” che dovrebbero essere “autarchici” o quasi, me lo spieghi per favore:-
Com’è che sugli aeroplani da trasporto militare (truppe e materiali, oltre che VIP governativi) di tutte le Nazioni occidentali – pur dotati degli stessi impianti automatizzati sia di condotta che di navigazione – l’equipaggio di condotta è formato al minimo di due piloti e da un Tecnico di Volo, se non anche da uno o due “loadmasters” e talvolta pure da un navigatore e/o di un addetto ai sistemi d’arma?
Certo, è vero che l’essere umano è fallibile e come tale anche i piloti commettono i loro errori che vengono giustamente individuati durante le investigazioni tecniche per cercare di prevenire i “fattori latenti” esistenti in tutte le organizzazioni (come del resto avviene anche con i Controllori del Traffico Aereo).
Rimane inspiegabile però che questi errori, fatti senza dolo o negligenza, vengano poi “inferiti” in procedimenti penali da giudici non competenti nella vasta materia “aviazione”. Tant’è che in Paesi aeronauticamente evoluti è rarissimo veder istituire procedimenti penali se non in sospetta o provata esistenza di negligenza o di dolo, mentre in alcuni Paesi, quale il Nostro è di prassi.
Così possiamo constatare che l’ordinamento giuridico dell’Unione Indiana (Bahrat Juktarashtra – nel loro idioma hindi) quando vi sia da giudicare casi di incidenti aerei, in quanto l’investigazione tecnica abbia lasciato aperte ipotesi di sabotaggio, di attentato o di sospetto dolo o negligenza alla base dell’evento, vengono investiti del caso appositi Tribunali aeronautici (dei quali contiamo di darvi notizie più precise e dettagliate quando saremo riusciti a procurarcele in via ufficiale), Tribunali composti da giudici appositamente istruiti e mantenuti aggiornati anche sulla scienza dell’aviazione dallo Stato. Soltanto quando sia provato dolo, negligenza o terrorismo, i presunti rei vengono inviati a processo penale, mentre in tutti gli altri casi coloro che rimangono incriminati per un fatto aviatorio vengono poi sottoposti esclusivamente a procedimento risarcitorio civile !
Beh! Mica male in tema di evoluzione … verso la quale in Occidente ora si tenta di far arrivare nelle Corti giudicanti il concetto della “Just Culture”, ovvero della “Giustizia corretta” !
Se con la ventilata riforma della Giustizia in Italia qualcuno volesse prendere in considerazione l’esempio indiano, penso farebbe cosa meritoria per la sicurezza del volo e per la prevenzione degli incidenti aerei. 3 gennaio 2011
A 29 giorni dall’evento il Collegio direttivo della Sicurezza per i Trasporti australiano – ATSB – durante un’apposita conferenza stampa internazionale ha presentato ufficialmente il primo rapporto preliminare di 54 pagine sulla grave avaria in volo, con esplosione non contenuta della carcassa del suo motore n. 2, di un nuovissimo Airbus A. 380. Mercè la riconosciuta abilità dei suoi piloti il volo è rientrato in emergenza all’aeroporto di Singapore-Changi, dal quale era partito.
L’ATSB aveva già provveduto a far conoscere abbondanti particolari per indicare alle ditte costruttrici sia del motore (Rolls-Royce Trent 900) che dell’aeroplano a due ponti (Airbus Industries A. 380) le misure urgenti da adottare onde scongiurare il ripetersi di tali gravi avarie motoristiche che potrebbero avere conseguenze catastrofiche sia per l’aeroplano che per il suo carico umano.
Riepiloghiamo rapidamente il fatto:- L’A. 380 della Aerolinea australiana Qantas, partito da Singapore per l’Australia, è dovuto rientrare in emergenza all’aeroporto di Changi, dopo aver subito, mentre era in salita sopra l’isola di Batam (situata a Sud dell’aeroporto di partenza), l’esplosione del motore n. 2 che oltre a mettere fuori uso questo gigantesco reattore aveva anche danneggiato vari punti dell’ala, come pure alcuni impianti di bordo (idraulico, elettrico e del carburante) e parzialmente l’adiacente motore n. 1.
Subito dopo aver provveduto ad isolare tutti gli impianti relativi a quel motore, l’equipaggio di condotta composto, fortunatamente, oltre che dai due piloti ai comandi anche da altri tre piloti presenti in cabina di pilotaggio, (per un totale di 72mila ore di esperienza di volo), ha richiesto il rientro a Singapore.
E’ atterrato sopra il peso massimo previsto fermandosi a 150 metri dalla fine della pista, dopo un’ora e 49 minuti di volo. Una volta arrestato il velivolo, il motore 1 non si spegneva tanto da richiedere l’intervento dei mezzi antincendio che con potenti getti di schiuma riuscivano ad arrestarne la rotazione, nel mentre che l’evacuazione degli occupanti del velivolo avveniva solamente sul lato destro, proprio a causa del motore n. 1 che non si riusciva a spegnere.
Questo rapporto preliminare indica nel cedimento per fatica (!) di un disco della pressione intermedia della turbina di questo motore la causa scatenante dell’evento che a sua volta ha causato la frattura del disco stesso non più adeguatamente lubrificato, provocandone la fratturazione con esplosione di suoi pezzi e di altre parti (come le palette dello stesso disco) danneggiate di conseguenza, proiettandole all’esterno, oltre la carcassa dello stesso motore e verso quello adiacente e l’ala stessa, che ha riportato due grossi squarci, fortunatamente mancando di poco i serbatoi in essa alloggiati, pur avendo danneggiato le linee di alimentazione del carburante di quel lato. Talché l’equipaggio si è trovato a dover fronteggiare anche una veloce perdita di carburante con conseguente grave squilibrio del baricentro dell’aeromobile!
Le successive ispezioni tecniche sul motore rimosso dall’ala e portato assieme all’altro rapidamente nelle officine della Rolls-Royce, accertavano che l’avaria del disco della turbina che si era fratturato era dovuto ad un problema verificatosi durante la costruzione di alcune parti interne ed al successivo loro assemblaggio nel motore presso la ditta costruttrice.
Determinata la causa, altri motori di quello stock di produzione venivano sbarcati e richiamati in fabbrica, mentre una modifica del Costruttore, subito approvata da EASA – European Aviation Safety Agency - quale ente tecnico tutore delle costruzioni aeronautiche prodotte in Europa, provvedeva ad introdurre un regolatore-limitatore elettronico di sovravelocità del regime di rotazione della turbina in caso di cedimento di qualche disco del reattore.
Al termine della presentazione alla stampa internazionale accorsa per la conferenza in Australia, il Capo della Commissione investigatrice ATSB annunciava ufficialmente che il resoconto finale su questo grave incidente sarà completato e pubblicato entro un anno dall’evento, come contemplato dalle norme ICAO in materia di investigazioni. Nel frattempo proseguiranno le indagini tecniche per verificare se dovessero rendersi necessarie ulteriori modifiche a questo tipo di grossi reattori oppure all’aeromobile ed ai suoi impianti di bordo.
Dopo la presentazione di questo rapporto preliminare a distanza di meno di un mese dall’evento che dimostra la volontà di prevenire l’accadimento di altri incidenti similari ci viene spontaneo chiederci:- ma la nostra omologa Agenzia Nazionale Sicurezza del Volo quando ci erudirà su quanto accaduto al ben più grave incidente aereo di Palermo ? Quanti anni dovremmo aspettare per aver delle notizie/raccomandazioni ?
Speriamo di non dover aspettare lo stesso lungo tempo trascorso per la pubblicazione del rapporto d’inchiesta dell’ANSV relativa ad un incidente ad un aeromobile B. 767 che in decollo dall’aeroporto di Fiumicino ha sperimentato un incendio motore nel 2004 ? 08 dicembre 2010
Presentazione.
Il Comandante M. Gillen è Comandante-pilota di Airbus A 320, pilota istruttore di B 737 e di B 777 ed in possesso di un Master in Scienze della Università del North Dakota ed ex dirigente delegato ai Fattori Umani.
Ha presentato all’ultimo convegno della FSF lo studio denominato “Perizia di pilotaggio nel tempo”; questo studio ha orizzonti molto vasti in quanto esamina criticamente i risultati della ricerca effettuata su un campione di 30 piloti professionisti dell’aviazione commerciale al fine di individuare la loro attuale abilità manuale, senza autopilota quindi, nel volo strumentale basico.
L’obiettivo della ricerca è quello di trarre un giudizio statistico, a mio avviso piuttosto “tosto”, a carico degli effetti, a lunga scadenza, dell’automazione delle cabine di pilotaggio dei moderni aeroplani da trasporto pubblico.
E, di riflesso, sulle responsabilità dei costruttori di tali aeroplani assieme a quelle dei Vettori che impongono ai propri piloti di utilizzare esclusivamente l’automazione disponibile ed a quelle dei piloti stessi che trovano più comodo e più pacifico adeguarsi a queste politiche, piuttosto che mantenere allenate le loro doti di coordinazione richieste dal pilotaggio manuale utilizzando i soli dati strumentali grezzi dei loro strumenti primari di volo. Strumenti che appartengono al famoso riquadro “T” basico del cruscotto strumentale del pilota di qualsiasi aeromobile con strumentazione analogica:- anemometro, orizzonte artificiale con [viro]-sbandometro incorporato, altimetro, [giro]-bussola, cui si è aggiunto nel tempo il variometro (o indicatore di velocità verticale). Strumenti sopravvissuti anche nelle cabine degli aeromobili denominati glass-cockpit (ovvero dotati di strumentazione digitale), ma ormai affogati in un unico schermo che offre una miriade di indicazioni, multi colore, all’attenzione dei piloti.
I piloti chiamati a partecipare volontariamente alla ricerca sono stati 30, distinti in due gruppi e sono stati sottoposti agli stessi test:- 18 erano piloti di aeromobili narrow-body (N-B) e 12 erano piloti di aeromobili wide-body (W-B).
Introduzione.
Con l’avvento degli aeromobili a reazione della categoria da trasporto con cabine di pilotaggio altamente automatizzate, la gran parte del “noioso” lavoro [non mi sembra una definizione corretta quella di dare del “noioso” ad un lavoro che richiede alta precisione – ndr] di pilotare manualmente un aeroplano esclusivamente con riferimento alle informazioni “grezze” (cioè non processate né meccanicamente né informaticamente da altri elaboratori – ndr] della strumentazione basica per il volo dell’aeroplano, sta diventando una “cosa … del passato”. [Quest’opinione è vera fin tanto che … a bordo tutto funziona regolarmente ed i piloti riescono a seguire ciò che sta facendo l’automazione correttamente programmata per rilevare possibili errori di inserzione dei dati o avarie del sistema, ma non è così quando le cose … incominciano ad andare … diversamente – ndr].
A causa del diffuso utilizzo dell’automazione ai piloti non è più richiesto di utilizzare, giornalmente, le loro capacità di pilotaggio con riferimento alle indicazioni “grezze”. Questo stile di pilotaggio, con il trascorrere del tempo, può cagionare il deterioramento della perizia personale dei piloti nel volo strumentale basico. In effetti, gran parte delle Aerolinee d’oggidì incoraggiano [o impongono ? – ndr] l’utilizzo dell’automazione da parte dei piloti, in tal modo acuendo il problema.
Dopo essersi chiesto:
quale fosse la percezione dei piloti professionisti in merito alla loro personale perizia nell’utilizzo della strumentazione di volo;
fino a che punto si fosse esteso il degrado nella perizia di pilotaggio strumentale da parte dei piloti impiegati sui moderni e automatizzati aeromobili a reazione;
statisticamente, attraverso appositi test, il grado di deterioramento di tale perizia, confrontando i dati sulle prestazioni di tali piloti a fronte degli standard di certificazione della FAA.
il Comandante Gillen ha deciso di condurre una ricerca su di un gruppo di 30 piloti professionisti.
Iª Fase.
Presupposti della ricerca.
Ciascun pilota partecipante all’indagine è un pilota di aeromobile da trasporto a reazione, qualificato secondo la Parte 121 delle FAR (Federal Aviation Regulation), presso una Aerolinea USA (passeggeri o cargo).
Ciascun partecipante ha trascorso almeno un anno in una particolare posizione nella cabina di pilotaggio di un tipo di aeroplano e quel pilota era abituato ed a proprio agio nel volare su quel particolare aeroplano (vale a dire che l’aeroplano non è più “nuovo” per lui).
Ciascun pilota è qualificato ed impiegato sul rispettivo tipo di aeroplano.
Ciascun pilota è reputato un pilota di linea [cioè “abilitato in linea – ndr].
I piloti non avevano, precedentemente, avuto conoscenza o praticato le manovre da effettuare e non gli era stata concessa alcuna possibilità di effettuarle.
Si parte dal presupposto che ciascun pilota effettui il volo al meglio delle proprie capacità durante le manovre richieste.
Ciascun Controllore giudicherà le manovre su di un modello condiviso dopo aver ricevuto un adeguato e specifico addestramento.
Campionatura.
La ricerca ha utilizzato i dati derivati da piloti di linea impiegati da una delle maggiori Aerolinee USA.
Cinque manovre strumentali basiche sono state effettuate per trenta volte da ciascun gruppo di piloti;
I piloti sono stati classificati in funzione del tipo di aeroplano che volavano ed appartenevano alle seguenti due categorie:
a- Piloti di lungo raggio su wide-body (B. 777, 747400, A 330 e 340);
b- Piloti di corto raggio su narrow-body (B. 757 e 737- 300, A 320).
A ciascun pilota è stato richiesto di compilare un questionario in merito alla valutazione della propria perizia e sul proprio grado di allenamento.
Raccolta dei dati – Indagine quantitativa.
I seguenti quesiti sono stati posti ai piloti partecipanti, prima dell’inizio della sessione di addestramento:-
Esperienza come pilota:
sulla vecchia generazione di aeromobili (non digitali);
sulle nuova generazione di aeromobili (digitali);
anni trascorsi quale pilota sulle vecchie generazioni di aeromobili;
Percezione personale della propria perizia nel volo strumentale
Raccolta dei dati – Indagine qualitativa.
Dati sulla posizione occupata a bordo (Captain or First Officer) ed esperienza nella posizione;
Manovre classificate da un Pilota Controllore su di una scala da 5 ad 1.
Scala di giudizio su 5 livelli:
5
| Il pilota è rimasto ben entro i limiti fissati dall’Aerolinea e la prestazione è stata esemplare.
|
4
| Il pilota è rimasto entro gli standard dell’Aerolinea ed ha volato secondo gli standard strumentali della licenza ATP (Airline Transport Pilot).
|
3
| Il pilota ha effettuato piccole deviazioni, che ha prontamente corretto, dallo standard dell’Aerolinea. Livello strumentale basico.
|
2
| Grandi scostamenti (deflessione a fondo scala dell’indice di riferimento dell’indicatore) per più di 10 secondi.
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1
| Il pilota ha commesso gravi errori rispetto allo standard della Compagnia Aerea, errori che non sono stati prontamente corretti e/o erano pericolosi, oppure non è stato capace di effettuare la manovra senza essere assistito. Perdita di controllo o disastro.
|
Analisi dei dati.
Valutazioni delle manovre.
Comparazione delle prove di tutti i gruppi della tipologia dei tests:-
Esperienza rispetto alle manovre;
Piloti di W-B rispetto ai piloti di N-B;
Piloti rispetto allo standard FAA;
Correlazione tra la classificazione delle manovre per gruppo di piloti verso le auto valutazioni della loro capacità strumentale complessiva.
Nella presentazione dello studio fanno poi seguito delle tabelle che riportano i dati elaborati secondo un metodo non descritto, che descriverebbe i risultati dei vari test effettuati per giungere alle conclusioni, che sono poi quelle che ci interessano.
Esperienza.
Dai risultati relativi alle esperienze, relativamente ai tipi di aeromobile considerati, è emerso che:-
Il 56% dei piloti non avevano mai volato o erano più di 10 anni che non volavano su aeromobili con strumentazione non digitale:-
Il 46% dei piloti ha dichiarato che erano 2 anni o meno che avevano volato su aeromobili con strumentazione non digitale;
Il 73% ha detto di aver volato negli ultimi 10 anni soltanto su aeromobili con strumentazione digitale.
Dagli stessi dati si è potuto determinare che i piloti di narrow-body hanno volato su aeromobili con strumentazione digitale più a lungo dei piloti di wide-body e che non vi sono differenze fra i due gruppi relativamente al modo in cui hanno valutato le loro prestazioni di volo strumentale.
I risultati in merito alla valutazione sul proprio stato di serenità per un volo effettuato con riferimento ai dati strumentali grezzi, hanno evidenziato che la maggioranza (86%) ha avuto diverse “riserve” [non meglio specificate – ndr] nel dover volare soltanto con tali informazioni.
- Perizia nelle manovre di volo (basate sui dati strumentali grezzi):-
Le valutazioni dei piloti indicano che essi ritengono di poter effettuare tali manovre, seppure riconoscono un loro diminuito livello di abilità.
- Riduzione della perizia con il trascorrere del tempo:-
Le risposte fornite indicano che la maggioranza di loro pensa che la propria perizia sia in parte diminuita con il passare del tempo.
- Perizia praticata in volo strumentale basico:-
Le risposte indicano che la maggioranza di essi sta effettuando almeno “una certa” [non meglio specificata – ndr] pratica di volo di volo strumentale basico [che potrebbe essere definito “self-training without reference – ndr].
IIª Fase.
- Valutazione del pilotaggio manuale.
Questa parte dello studio verte, con lo stesso gruppo di piloti, sulle valutazioni in merito al pilotaggio strumentale manuale degli aeromobili a fronte degli standard pratici per il conseguimento della licenza FAA.
- Risultanze della valutazione (standard FAA verso Licenza ATP).
La media delle manovre effettuate durante la prima fase della ricerca è stata raffrontata con gli standard di certificazione FAA, sia per la licenza ATP - Air Transport Pilot – che per l’abilitazione strumentale.
Le prove hanno evidenziato che i piloti hanno volato 5 manovre di strumentazione basica ben al di sotto degli standard FAA.
- Risultanze della ricerca.
- Gli standards di certificazione per le Licenze ATP sono definite dal “Practical Test Standards Manual” della FAA.
Tutte le manovre sono state giudicate inferiori agli standard FAA per un certificato ATP e di fatto la maggioranza delle manovre sono state classificate al livello minimo o inferiore a quello richiesto per la certificazione/abilitazione strumentale basica.
La manovra con la classificazione più bassa è risultata essere stata con la media di 2,4 punti. Questo dato è ben inferiore al livello di certificazione per il rilascio della certificazione strumentale basica.
La manovra migliore è risultata quella del decollo strumentale, classificata al livello 3,2.
Ci sono state due manovre classificate con media inferiore a 3 e tre manovre classificate superiori a livello 3.
RISULTANZE GENERALI.
- I piloti volontari partecipanti avevano una media di sette anni di esperienza di volo sul loro particolare tipo di aeromobile:
Il 73% aveva oltre 10 anni di esperienza di volo su aeromobili di nuova generazione con strumentazione digitale.
Il 47% aveva due anni o meno di volo in servizio commerciale su aeroplani strumentati analogicamente.
- L’80% dei piloti partecipanti hanno ammesso che la loro perizia nel volo strumentale basico è calata con il passare del tempo.
Comunque, quando interpellati se si sentivano di volare delle manovre strumentali basiche con riferimento esclusivo a dati strumentali grezzi, il 100% di essi avevano dichiarato di essere in grado di farlo.
Il 60% di essi concordava con l’asserzione di sentirsi a proprio agio a volare con riferimento esclusivo a dati strumentali grezzi.
I piloti (80%) hanno anche indicato che spesso si allenavano nella pratica del volo con riferimento ai soli dati grezzi.
CONCLUSIONI.
Lo studio ha concluso che i piloti professionisti esaminati hanno accusato “un significativo declino” nella loro perizia di volo strumentale basico
Lo studio ha inoltre evidenziato che in generale i piloti non sono coscienti di questo decadimento della loro perizia di volo strumentale manuale.
IMPORTANZA dei risultati.
- I disastri aerei più recenti indicano che in certi casi i piloti non hanno avuto prestazioni adeguate nelle situazioni più impegnative e critiche per i tempi di decisione a disposizione. Tutto ciò indica mancanza di allenamento per il mantenimento della perizia personale, con eccessiva fiducia nei sistemi di volo automatizzato.
- Gli esempi sono:-
DH8 D di Buffalo (NY)
B. 737 di Amsterdam
A. <metricconverter productid="320 in" w:st="on">320 in</metricconverter> Pakistan.
SIGNIFICATO finale.
- Certe avarie tecniche possono tradursi in significativi deterioramenti della strumentazione digitale della cabina di pilotaggio e/o delle prestazioni dell’automazione in uso.
Allorquando avvengono queste avarie, i piloti sono obbligati a ricorrere alla loro perizia strumentale basica per poter volare in sicurezza l’aeroplano.
- I piloti che si mantengono allenati nel volo strumentale basico aumentano la loro perizia complessiva di volo. Essi possono dedicare minor attenzione per far volare l’aeroplano e maggior tempo a gestire il loro ambiente di lavoro [anche se degradato, come nel caso di sopravvenuta avaria tecnica – ndr].
- Sebbene la maggior parte dei piloti partecipanti abbiano concordato che le loro perizia strumentale è diminuita nel tempo, le risposte date ai quesiti della ricerca indicano che essi si sentono ancora in grado di volare le manovre strumentali basiche.
Le risposte fornite in merito alla perizia personale non sono state confermate dalle classificazioni ricevute in esito alle manovre effettuate.
Ciò comporta la conclusione che i piloti partecipanti ritengono d’essere in realtà in grado di effettuare le manovre in maniera migliore di quanto fatto nel test e ciò può tradursi in un senso di falsa auto sicurezza [autostima ? – ndr].
Precedenti.
Le classificazioni ottenute nelle manovre generalmente combaciano con ciò che una rivisitazione della letteratura in materia rivela in altri studi del genere.
Precedenti studi indicano che la perizia personale, se non utilizzata, degrada con il tempo. Ciò è stato osservato anche attraverso le classificazioni medie riportate nelle manovre di questo studio.
Le risposte ai quesiti, fornite dai partecipanti, sebbene sincere, riguardo al decadimento della perizia nel tempo, con sono affatto conformi rispetto alle classificazioni ottenute nelle manovre o con le risposte fornite sul medesimo oggetto in precedenti ricerche.
I piloti che hanno partecipato allo studio ritengono che la loro perizia non sia diminuita tanto quanto indicano le classificazioni ottenute durante la ricerca [autostima, ancora una volta ? – A questo ragionevole dubbio dovrebbero rispondere degli psicologi moderni – ndr].
Il Futuro.
Ciascun pilota professionista è stato, ad un certo punto della sua carriera, altamente competente nella perizia del volo strumentale manuale.
- La chiave segreta per il mantenimento di tali abilità sta nell’allenamento pratico:-
Allenamento durante il volo (secondo la politica dell’Aerolinea).
Addestramento iniziale.
Addestramento ricorrente.
È ora necessario uno studio successivo per determinare quale allenamento pratico sia necessario per mantenere tali abilità ad un livello completo.
Commento finale (da parte del traduttore dello studio)
Se questo accade su di un campione di 30 piloti (volontari !) di una delle maggiori Compagnie Aeree statunitensi (ed anche mondiali) e pure controllata da un Ente federale di prestigio come la FAA, a parer mio sarebbe dovere delle Autorità tutorie delle aviazioni civili dei Paesi cosiddetti “civili” quello di effettuare analoghe campionature (ma con lo stesso metodo di severità !) sui piloti delle rispettive Aerolinee nazionali. E l’ICAO dovrebbe imporre qualcosa di simile a tutti gli Stati !
Questo perché la sicurezza non si fa con le chiacchiere, ma con i fatti in tema di prevenzione !
Nell’aviazione civile mondiale già si assicurano altri controlli “ad personam” per accertare l’idoneità psico-fisica individuale (purtroppo poco “psico” e molto “fisica”, a parere dello scrivente) e poco o niente, ad esempio, sulla tossico dipendenza, ma almeno per i piloti ci sono inoltre ben due controlli annuali sulla personale “proficiency” professionale ed una sessione di addestramento ripetitivo.
Pertanto v’è da chiedersi:- che cosa uscirebbe da analoghi controlli effettuati su altre categorie di professionisti, il cui operato può risultare altrettanto delicato, se non addirittura letale ? 6 dicembre 2010
Dopo che la Fondazione 8 Ottobre 2001 (costituita dopo l'incidente aereo di Linate nel 2001) e il Centro studi Demetra hanno consegnato a Milano il “premio della pace” all'Amministratore Delegato di ENAV, con un attestato di riconoscimento per aver trasformato la Società in un modello di progresso, efficienza e professionalità, ENAV ci dovrebbe spiegare qualcosina.
Mi si voglia perdonare l’ardire da parte di codesto “sacro Totem”, ma non riesco proprio a comprendere come il suo Consiglio di Amministrazione controllato dal Ministero dell'Economia e delle Finanze e vigilato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, persista a denominare “E.N.A.V.” - dove E. sta per Ente, N. sta per Nazionale, A. sta per Assistenza e V. sta per Volo – questo Ente Pubblico Economico o “public Company” (detto all’americana) quale incaricata di:- fornire il “Servizio di Traffico Aereo – ATS” nello spazio aereo nazionale.
Spazio aereo nel quale devono essere forniti da parte dello Stato italiano – Stato contraente la Convenzione di Chicago sull’Aviazione Civile internazionale – i “Servizi di Navigazione Aerea - ANS”, consistenti in vari Servizi specializzati, tra i quali spicca per importanza il Servizio ATS che, modernamente, comprende i “Servizi CNS – [Tele]Comunicazioni, Navigazione e Sorveglianza [del Traffico]”, i ”Servizi MET – Metereologici [in rotta ed in aeroporto]” e “AIS – Servizio Informazioni Aeronautiche”, tutti effettuati nel rispetto delle norme contenute negli Allegati alla Convenzione di Chicago e continuamente aggiornati dall’I.C.A.O. – International Civil Aviation Organization.
Ed ENAV in Italia è il “Service Provider – Fornitore del Servizio” che deve assicurare il buon Servizio di Navigazione Aerea, nella sua qualità, appunto, di “ANS Provider – Air Navigation Service Provider”, istituito con lo scopo di mantenere e facilitare un ordinato e scorrevole flusso del traffico aereo e prevenire le collisioni.
Come si può fin qui vedere, la parola “assistenza” non compare mai ed è soltanto una storpiatura (tra le tante), introdotta in Italia fin da quando il Servizio di Navigazione Aerea era gestito dalle Autorità militari aeronautiche e più precisamente dall’Ispettorato delle Telecomunicazioni e dell’Assistenza al Volo – I.T.A.V. – del Ministero Difesa – Aeronautica. Ciò perché così veniva concepito in Italia tale Servizio, in quanto allora tutti i Piloti potevano (anzi dovevano) tutt’al più “essere assistiti”, ma non certo come quei Piloti militari che avevano le “lasagne” dorate sulle maniche, i quali concepivano soltanto il concetto di “essere assistiti”, ma non certo d’essere “controllati” ed “autorizzati” durante le fasi del volo da coloro che, dalle sale ATC (Air Traffic Control) comunicavano con loro !
Dopo "l’ammutinamento" del 1979 (comprensibile ma non giustificabile, a mio parere) dei pur benemeriti Controllori (allora tutti militari), il tutto si è comunque perpetrato a causa d’una mentalità dominante che ha portato dapprima all’istituzione di AAAVTAG – Azienda Autonoma di Assistenza al Volo per il Traffico Aereo Generale – (Legge n. 242 del 26 Maggio 1980), gestita da vari Commissari ed in seguito soppiantata, con la Legg n. 665 del 21 Dicembre 1996 di trasformazione dell’AAAVTAG in “Ente di diritto pubblico economico”, con la quale quell’Azienda assumeva la denominazione di “Ente Nazionale per l’Assistenza al Volo – ENAV”, con il Ministero dei Trasporti e della Navigazione incaricato di esercitare la “vigilanza” sull’Ente e con la Corte dei Conti ad esercitare il controllo sulla gestione finanziaria (da cui lo status di Ente pubblico-economico). La Legge n. 665/1996 contemplava altresì la norma che l’ENAV dovesse esser trasformata, entro il 21 Dicembre 1998, in una “Società per Azioni”, provvista di capitale del Tesoro dello Stato.
Quanto di seguito presentato non vuol essere un semplice e sterile esercizio di semantica o una critica all’interpretazione dei termini utilizzati in lingua inglese nella intestazione di ENAV SpA, bensì un appello alle conseguenze legali e giudiziarie per i suoi dirigenti e per i suoi dipendenti operativi di continuare ad utilizzare il termine di “assistenza al volo” per definire le proprie attività di “Fornitore di Servizi di Navigazione Aerea”. La mia, quindi, non è una velleità di disquisire sulla correttezza o meno della denominazione societaria di organismi o enti pubblici, bensì il desiderio di arrivare in Italia ad un livello di intelligibilità e di comprensione della terminologia tecnico-legale nella vita pubblica e soprattutto in quella legale-giudiziaria che attualmente risulta essere molto precaria e troppo spesso equivocata.
Ma torniamo all’ENAV ed al Servizio di Controllo del Traffico Aereo (ATCS) dei nostri giorni nello spazio aereo nazionale, racchiuso nella denominazione più moderna di Servizio della Navigazione Aerea.
Dunque, ENAV SpA è per lo spazio aereo nazionale il “Fornitore del Servizio di Navigazione Aerea” di gestione del traffico generale e dei relativi flussi, sotto il quale devono sottostare gestionalmente il traffico aereo civile e commerciale ed anche il traffico non-operativo militare. Questo anche se alcuni limitati spazi aerei nazionali sono gestiti in delega dall’Aeronautica Militare.
Sperando d’esser stato sufficientemente chiaro nel presentare “che cosa sia” e “che cosa debba fare” l’ENAV SpA, andiamo allora a verificare “come” questa Società (ripetiamo, dotata di capitale del Tesoro dello Stato) si presenti in Italia e verso l’estero, inteso come mondo dell’Aviazione Civile internazionale.
Orbene, sul proprio sito web, l’ENAV SpA nella versione italiana della sua home-page si presenta ufficialmente come “Società Nazionale per l’Assistenza al Volo”, dizione che perlomeno conferma in parte il suo acronimo originale, salvo travisare la sua “E” originaria di Ente (essendo una SpA o meglio una Company di Servizi), divenuta tale solo dopo la mutazione da “Ente pubblico non-economico” in “Public Company” nel 2000.
Nella pretesa traduzione in lingua inglese sul proprio sito web – ENAV SpA – e, quel ch’è peggio, anche in contesti internazionali come quello recente del Seminario internazionale sulla “sicurezza aerea” di Milano della FSF - Flight Safety Foundation, l’ENAV si presenta pubblicamente con un’equivoca denominazione di “Italian Company for Air Navigation Services”, che non è più né una “Society” né una “Corporation”, bensì qualcosa di più simile ad una “institution” o una “Organization” di fornitura di “public services”.
Ora, nulla di più ridicolo di tutto questo per un’Organizzazione che si colloca tra i sostenitori dell’evoluzione dell’ATS partecipanti al progetto “SESAR”, ma anche di più pericoloso per i suoi dirigenti e soprattutto per il proprio personale operativo, in quanto costoro, a seconda dei casi, a seguito di incidente aereo, vengono indicati superficialmente sia nei Tribunali della Repubblica che sui media nazionali quali “uomini Radar”, «responsabili dell’assistenza dei Piloti in volo».
Di conseguenza i Controllori vengono regolarmente processati e condannati a priori (sulla stampa innanzitutto) quando avviene l’incidente, spesso per cause non identificabili nell’assistenza al volo, bensì per certe falle dell’Organizzazione del Servizio, oppure al concorso di altri fattori insiti nel “sistema”.
L’Aviazione Civile italiana non è, purtroppo, ancora “Sistema” e l’attuale Autorità – l’ENAC –non è ancora in grado (per carenza di personale adeguato, pur avendo da poco un nuovo valido Direttore a capo del Reparto “Spazio Aereo”) di indirizzare e sovrintendere ai reali bisogni della gestione in sicurezza dello spazio aereo nazionale, indicandoli ed imponendoli al Fornitore dei Servizi della Navigazione Aerea.
Tutto ciò è fattibile soltanto incominciando a comprendere lo spirito e traducendo correttamente in lingua italiana (se proprio necessario) i termini usati nella normativa internazionale ICAO o in quella comunitaria da parte della UE/EASA. 19 novembre 2010
Da Mosca arriva la notizia, ripresa dall’Agenzia di stampa aeronautica “AvioNews”, che il vice-ministro russo dei Trasporti ha affermato che la Russia starebbe studiando di utilizzare in futuro degli aeroplani commerciali dotati di motori alimentati con bio-carburanti a base di … segatura !
Aeroplani il cui impiego costerà molto meno non soltanto per il minor costo della materia prima «in quanto la Russia è un Paese pieno di boschi e di molta segatura» - come ha dichiarato il politico, ma soprattutto perché tale tipo di alimentazione energetica non sarà soggetta all’imposta mondiale sull’inquinamento ambientale.
A sua volta il Capo della Compagnia “Russian Technologies Corporations” avrebbe affermato che «Trucioli di legno, nodi e radici delle piante verranno “trattati” per ottenere il bio-butanolo necessario a creare questo nuovo combustibile moderno».
Il bio-butanolo è più correttamente definibile come “alcol butilico”, ovvero trattasi di un composto organico prodotto per ossidazione di un idrocarburo unito ad un composto chimico che contiene il radicale “butile”.
L’alcol butilico è un liquido incolore che brucia con una fiamma luminosa, ottenuto dalla fermentazione di sostanze amidacee, delle quali è ricco il legno delle piante. Questo prodotto attualmente viene già usato obbligatoriamente in molti Paesi come additivo del carburante in una percentuale soltanto del 10-15%.
Attendiamo di vedere se queste proprietà sono oppure riusciranno ad essere rese compatibili con il funzionamento dei motori aeronautici, ma soprattutto, sotto l’aspetto della sicurezza aeronautica della sua utilizzazione, quale sarà la sua accettabilità tecnica nei riguardi della sua infiammabilità e del suo potere detonante.
In definitiva, si tratterà di vedere se di questa novità avranno di che gioire gli ambientalisti che in futuro, al passaggio di questi aeroplani russi, invece che dell’odore acre dei fumi del kerosene, potranno invece odorare le essenze delle conifere della Siberia e degli Urali, oppure avranno di che preoccuparsi gli esperti di sicurezza del volo. Chi vivrà … vedrà! 13 novembre 2010
Frase molto usata a Roma, specialmente per giustificare … le marachelle …
Air Press (auguri al nuovo Direttore !) ha pubblicato nel n. 40 del 18/10 una sintesi dello “studio” effettuato per conto del Ministero dei Trasporti e dell’ENAC dal “Consorzio One Works – KPMG e Nomisma”. “Studio” che aveva il compito di fotografare lo stato degli aeroporti civili e di quelli militari aperti al traffico civile (I° Volume) e per indicare le soluzioni migliorative per un “Piano sul sistema aeroportuale nazionale” (II° Volume). Finalmente apprendiamo che lo “studio”, già annunciato per concluso per il mese di Gennaio del c.a., annunciato come consegnato nel mese di Luglio ai committenti (con cinque mesi di ritardo !) e da allora rimasto forse nei cassetti dei destinatari per altri quattro mesi, cioè fino a questa “informativa” fornita ad Air Press. Ma infine … esiste davvero !
Presento e commento, succintamente, i punti salienti del lavoro in oggetto:-
Contenuti dello “studio”.
Testualmente:- «… gli aeroporti presi in esame sono 47 (comprendendo anche Comiso) quali aeroporti aperti sedi di traffico commerciale, rispetto ad un totale di 102 “scali” [sic!] aperti al traffico civile …; gli altri vengono “letti” come “sistemi coordinati” nell’ambito di cinque macroaree così costituite:- Nord-Ovest / Nord-Est/ Centro-Nord / Centro / Sud».
Nonostante il fatto che a Comiso sia stato accettato un Gestore approvato da ENAC (forse questo è il vero motivo del ritardo nella presentazione dello “studio”), l’aeroporto non ha tuttora alcun traffico commerciale (né regolare, né occasionale) e la sua utilità economica è tutta da dimostrare ! Nello “studio” sono stati considerati (a mio giudizio) dei “doppioni” inutili e tutti in cerca di “clienti” [leggasi:- Vettori disposti a provarci –ndr] gli aeroporti quali Siena-Ampugnano, Taranto (che serve solo agli aeromobili cargo d’un’industria di costruzioni aeronautiche), Foggia e Tortolì-Arbatax (che serve soltanto ai trasporti d’un consorzio ittico) e che quindi potrebbero essere più proficuamente definiti come “aeroporti privati”, mentre non vengono citati nell’elenco l’esistente aeroporto di Vicenza, né il sempre “programmato” aeroporto di Viterbo, quest’ultimo considerato quale candidato alla futura sostituzione parziale di Roma-Ciampino.
Non vengono considerate “vicinanze conflittuali” quelle degli aeroporti di Orio-al-Serio e Montichiari, Forlì e Rimini, Salerno e Napoli-Capodichino, quest’ultimo sempre più “pericoloso” nell’eventualità di un incidente in fase di decollo tanto da far proporre l’apertura al traffico civile dell’aeroporto di Grazzanise (senza tuttavia considerare la chiusura futura di Capodichino) e di quello altrettanto, se non più “pericoloso” di Reggio Calabria, del resto già servito da S. Eufemia Lamezia e volendo anche da Catania (con collegamento rapido via mare). Ciò mentre Grosseto e Firenze (prevista la spesa d’una nuova pista diversamente orientata) possono benissimo servire il bacino di Siena assieme a Perugia.
Tutto questo va debitamente considerato e meditato a fronte dei contenuti d’una tabella dello “studio” che sta a dimostrare coma una realtà economica come quella della Germania (la più vicina a noi come estensione territoriale), con una superficie di 357mila kmq ed 82 milioni di abitanti, mantiene 40 aeroporti civili, mentre l’Italia, con una superficie di 301mila kmq e 60 milioni di abitanti (extracomunitari compresi) ne propone 47, suscettibili di diventare 48 (con Viterbo, al quale ultimo però mancano tutti i presupposti infrastrutturali), vale a dire quanti ne conta la Spagna con una superficie di 505mila kmq.
Tutto questo nonostante si sostenga nello studio che «l’Italia è in linea con gli altri Paesi in termini di 1 aeroporto ogni 650 mila abitanti e ogni 300 mila kmq, con valori di densità molto minori alla media dei Paesi comparati».
“Risultanze dello studio”
Nella premessa si afferma:- «La rilevazione compiuta sul “sistema” [che “sistema” non è – ndr] aeroportuale italiano, tenuto conto di una “uniforme crescita” [garantita da che cosa? – ndr] futura del mercato, porta a ritenere che la somma degli scali “strategici”, “primari” e “complementari” [come definiti “convenzionalmente nello studio” – ndr] esistenti è in grado di rispondere a livelli di traffico che lo stesso “studio” prospetta per il prossimo ventennio.»
«La soddisfacente risposta alla futura domanda di traffico rimane però condizionata:-- alla realizzazione delle infrastrutture attinenti alla altre forme di trasporto, prevalentemente ferro/gomma, per attuare un’efficace intermodalità con l’aria, ampliando non solo l’estensione dei bacini serviti, ma anche la partecipazione al servizio di rete di quel patrimonio [recuperato da ENAC perché dismesso dall’A. M. – ndr] aeroportuale esistente che oggi gioca un ruolo di complemento;
- alla realizzazione degli interventi di adeguamento e potenziamento riguardanti la maggior parte degli aeroporti, pianificati ed indicati [quindi anche Comiso, Viterbo, Grazzanise, ecc. – ndr] nello studio anche oltre l’orizzonte dei “Piani di sviluppo aeroportuali”.
Fatti salvi l’aeroporto di Napoli-Grazzanise e quello di Viterbo, quale “nuovo terzo scalo” del Lazio [dimenticando ancora Roma-Urbe, di recente rammodernato per l’aviazione d’affari a corto raggio – ndr], non è prevista la realizzazione di nuovi “scali” [e dài ! –ndr] nell’intero Paese entro il Prossimo ventennio.
Gli interventi aeroportuali di valore strategico sono i seguenti:-
- potenziamento ed espansione dell’aeroporto di Fiumicino;
- potenziamento ed espansione dell’aeroporto di Malpensa;
- pianificazione espansione del sedime aeroportuale di Venezia-Tessera;
- realizzazione d’una nuova pista di volo dell’aeroporto di Firenze;
- prolungamento della pista di volo dell’aeroporto di Catania-Fontanarossa;
- pianificazione del nuovo “scalo” [ferroviario ? – ndr] di Grazzanise;
- pianificazione del nuovo “scalo” [idem, come sopra – ndr] di Viterbo.
Dal punto di vista dell’intermodalità, le reti ferro/gomma a cui dovrà essere riservata un’attenzione prioritaria [e quindi a spese dello Stato – ndr] sono quelle a servizio dei seguenti aeroporti:- Roma-Fiumicino – Milano-Malpensa – Milano-Linate -Venezia-Tessera – Bergamo-Orio – Brescia-Montichiari (!) – Genova-Sestri – Bologna – Verona-Villafranca – Pisa-S. Giusto – Viterbo (!) – Napoli-Capodichino (!) – Napoli-Grazzanise (!) - Bari – Lamezia Terme - S. Eufemia – Catania-Fontanarossa – Palermo-Punta Raisi – Cagliari-Elmas».
Il resto del testo poi va sotto il titolo “Adempimenti per il consolidamento istituzionale dello studio” [ma che vorrà dire? – ndr], a sua volta suddiviso in “Trasportistico”, “Ambientale” e “Territoriale/urbanistico”, che riteniamo essere costituito da visioni altamente opinabili (del resto come le mie!) degli Autori dello “studio”.
Infine, sotto il titolo “Esigenza d’uno strumento operativo in forma di Piano strategico nazionale”, le conclusioni contenute non fanno altro che enfatizzare la super-riconosciuta esigenza (da troppo tempo sentita e ben prima di questo Governo!) di avere al più presto un Piano strategico di un vero “sistema aeroportuale nazionale”, valido almeno per i prossimi vent’anni, che sia veramente al servizio economico della Nazione e non di sterili e costosi campanilismi.
Ma chissà mai se qualcuno che può vorrà leggere e meditare anche su questa umile e gratuita opinione professionale, oltre a quelle pagate a caro prezzo da Pantalone per questo “studio”, che sarebbe stato compito di ENAC e Ministeri competenti di effettuare ! 07 novembre 2010
Questa volta la notizia è a lieto fine e non è di quelle clamorose, ma comunque dovrebbe far riflettere …
Nei primi giorni del corrente mese di Ottobre, una notizia molto scarna, sotto il titolo “Comandante colto da malore muore durante il volo”, riportava l’informazione che si trattava del Capo-equipaggio d’un Airbus A. 330-300 della Qatar Airways, deceduto ai comandi (per un non meglio specificato “malore”) durante il volo tra Manila e la capitale del Qatar. Il co-pilota, subentrato in comando, ha atterrato a Kuala Lumpur dove un altro equipaggio è salito a bordo per portare a destinazione il volo interrotto.
Soltanto dopo molti giorni e (pare) varie insistenze da parte di alcune Agenzie medianiche specializzate nei confronti della Compagnia, questa ha comunicato che il Comandante deceduto era di nazionalità indiana dell’età di 43 anni, mentre s’è rifiutata di comunicare qualsiasi informazione sul co-pilota, quale l’età od altro.
Allora v’è da chiedersi:- la non remota nel tempo decisione dell’ICAO, preceduta o seguita a ruota da quasi tutte le Autorità delle aviazioni civili nazionali, di consentire di volare in servizio sul pubblico trasporto a piloti di oltre 60 anni, purché in coppia con altro pilota più giovane, alla luce di questo fatto quale garanzia dà circa la sicurezza dei passeggeri, legata all’efficienza dei due piloti utilizzati ai comandi, ormai come standard pressoché internazionale. 20 ottobre 2010
Dopo il mio precedente articolo “Italiota”, sono costretto ancora una volta ad evidenziare l’assoluta necessità di rispettare la lingua italiana nel tradurre i termini tecnici tradotti dalla lingua inglese. Questo oltre che per il rispetto verso la lingua di “Dante Alighieri” anche perché il pubblico in generale e gli addetti a i lavori, in particolare, siano messi in condizioni di capire esattamente quel che si vuole comunicare.
Si possono denominare “requisiti” quelle che sono norme, regolamenti, disposizioni attuative od anche semplici proposte [di legge], nel caso, di “federal laws” quali sono quelle riguardanti le F.A.R. della Federal Aviation Administration – FAA - degli U. S. A., così come il suo attuale Direttore titola, addirittura in copertina, sul numero 36 di Air Press ?
Sono un fedele lettore di questa Agenzia di stampa aeronautica, tecnica e politica fin dai tempi in cui il Suo rimpianto Fondatore Fausto Alati mi aveva voluto come “collaboratore esterno” e mi disturba (e molto !) veder ora maltrattata la nostra lingua, della quale Fausto Alati era un piccolo grande “mastino”, difendendola strenuamente proprio perché padroneggiava perfettamente la lingua inglese, anche tecnica, ed i suoi significati corrispondenti !
Com’è possibile travisare il significato ben distinto del termine inglese “requirement” usato nel testo della proposta di norma avanzata dalla FAA per essere immessa, una volta approvata, tra le FAR ?
Requirement in inglese significa «something required – wanted or needed», mentre in italiano il corrispondente «bisogno/esigenza/necessità o requisito» indica «(s. m.) ciascuna delle qualità necessarie e richieste per uno scopo determinato», ma NON “regole, norme, disposizioni o anche solo proposte attinenti alla precedenti elencate forme di regolamentazione” !
Non si tratta forse di quel solito pressappochismo tecnico al quale pian piano ci sta abituando quell’Agenzia, la quale invece dovrebbe essere particolarmente attenta nel definire in italiano ogni parola d’un testo tecnico, prima ancora che regolamentare, originato in lingua inglese fin dalla sua origine straniera?
O quel Direttore si è convertito a seguire la moda delle traduzioni maccheroniche in voga nei documenti applicativi sfornati dall’ENAC ?
Negli ultimi tempi ho notato molta approssimazione nel trattare le notizie tecniche aeronautiche ed ho ritenuto necessario ed utile nel nome della chiarezza, rendere pubbliche le mie opinioni. Speriamo che servano !
Errare humanum est, sed perseverare diabolicum. 9 ottobre 2010
Evento
Il “Bureau d’Enquétes et d’Analysis pour la securitè de l’Aviation Civile – BEA” francese ha pubblicato questo mese la propria relazione finale in merito alla perdita totale dell’aeroplano Airbus A. 320, marche D-AXLA in leasing alla “XL Airways – Germany.” Perdita per caduta avvenuta durante un volo prova prima della restituzione alla aerolinea “Air New Zealand” al termine di un contratto di locazione del Maggio 2006. L’aeroplano è finito in mare davanti alla costa prospiciente l’aeroporto di Perpignan (Francia meridionale) il 27 Novembre 2008, causando la morte dei tre piloti e dei quattro tecnici presenti in cabina passeggeri. Il velivolo era stato sottoposto ad una grande revisione presso la ditta “EAS Industries” di Perpignan ed era stato verniciato con i colori di “Air New Zealand”. Il contratto di locazione fra le due Compagnie aeree contemplava che, al termine del periodo, venisse effettuato un programma di controlli in volo, a garanzia della perfetta aeronavigabilità dell’aeromobile.
Il volo di collaudo era stato programmato sullo spazio aereo ad ovest della Francia per un totale di 2 ore e 35 minuti di volo. L’aeromobile aveva raggiunto livello di volo FL 320 corrispondente ad una altitudine di 9700 m durante il quale le alette esterne dei sensori dell’angolo di attacco (AOA) dei due impianti 1 e 2 s’erano bloccate in posizione corrispondente all’assetto di crociera del velivolo e tali rimasero fino alla fine, all’insaputa dei piloti ai comandi. Dopo essere salito a FL 390 e dopo circa un ora di volo, l’aeromobile aveva richiesto il rientro a Perpignan, ha iniziato la discesa ed ha effettuato altre prove; l’A. 320 fu autorizzato ad effettuare un avvicinamento ILS per pista 33 con riattaccata, come richiesto dall’equipaggio, prima di proseguire in volo per Francoforte, base della “XL Airways”.
Poco prima di raggiungere il punto d’inizio della procedura strumentale (pur in presenza di cielo sereno), questo equipaggio eterogeneo decise di effettuare proprio una verifica della protezione di bassa velocità (Low speed checks -caratteristica della produzione di aeroplani di Airbus Industries) che consiste nell’attivazione delle protezioni dell’angolo d’attacco AOA in normal law e in configurazione di atterraggio [per intenderci, la stessa protezione che era intervenuta nella disastrosa esibizione a bassa quota del Airbus A. 320 di Air France sull’aeroporto di Molhouse-Absheim il 26 Giugno 1988, causando la morte di 136 invitati a quel volo].
A Perpignan, effettuando rischiosamente tale prova all’altezza di soli 3000 piedi =1000 metri l’equipaggio perse il controllo dell’aeromobile che precipitò a mare uccidendo tutti e sette i presenti a bordo di questo anomalo volo prova.
La relazione sul disastro
Il BEA, nella sua relazione sull’investigazione, svela che il disastro a seguito della perdita di controllo del velivolo, fu causato principalmente dalla decisione dei piloti ai comandi di effettuare il controllo sul funzionamento della protezione dell’angolo di attacco (AOA) che, purtroppo, essendosi bloccati i sensori per ghiaccio rendeva impossibile l’intervento della prevista protezione.
Pur riconoscendo che i piloti non erano a conoscenza del blocco dei sensori dell’AOA, in quanto non è chiaro se mancasse o non fosse stato notato un apposito avviso evidente di questo tipo di avaria, essi vengono indicati dal BEA quali responsabili per non aver tenuto presente la quota e la velocità previste per tale tipo di prova “da collaudatori” di quell’impianto di protezione dallo stallo. Così, non avendo i piloti interrotto la dimostrazione prima dello stallo a quella bassa quota, essi persero il controllo per stallo effettivo del velivolo.
La relazione finale evidenzia che tre giorni prima del fatale incidente la ditta di manutenzione e revisione “EAS Industries”, prima della verniciatura della fusoliera aveva effettuato un lavaggio esterno di tutto l’aeromobile , provvedendo a proteggere tutti i sensori esterni dei vari impianti con apposite protezioni temporanee. Afferma anche che a quel lavaggio non era seguita un’accurata asciugatura, ragion per cui durante il volo prova dell’A. 320, aL 320, le alette dei sensori dei due impianti AOA 1 e 2 inquinate da residui d’acqua, esposte al flusso dell’aria esterna a diversi gradi sottozero a quella quota, s’erano ghiacciate in una posizione di volo livellato ad alta velocità e pertanto non erano più in grado di muoversi per segnalare il raggiungimento dell’AOA critico di stallo corrispondente al flusso della bassa velocità all’aria e di alta incidenza delle ali, al momento finale della prova.
Il BEA non dà alcun accenno circa la verifica che le coperture di tutti i sensori esterni dell’aeroplano fossero state rimosse, anche se è improbabile che qualcuna di esse sia rimasta in loco, dati i controlli pre-volo effettuati da almeno due persone facenti parte di questo team di piloti e di tecnici che andavano in volo.
Il BEA conclude che i seguenti sono stati i fattori contributivi al disastro:-
La decisione di effettuare la prova a quota troppo bassa;
L’equipaggio ai comandi per non aver identificato e corretto la posizione estrema a cabrare dello stabilizzatore orizzontale del timone di profondità al momento dell’applicazione della spinta massima ai motori per contrastare l’avvenuto stallo di bassa velocità, così causando un nuovo stallo, questa volta incontrollabile.
L’improvvisazione nella decisione di procedere alla verifica della protezione contro lo stallo, causata dal richiamo del volo al rientro all’aeroporto, ha incrementato il carico di lavoro sui piloti ai comandi.
La decisione di adottare un programma di collaudo, sviluppato per piloti collaudatori e sconosciuto a questo equipaggio.
La mancanza di direttive in merito alla effettuazione di voli non commerciali in aree di volo operative.
La mancanza di norme applicative per le procedure di pulitura di un aeromobile a seguito di lavaggio con acqua che era stato effettuato tre giorni prima di questo volo. Questo ha comportato il bloccaggio dei sensori AOA a causa del il ghiacciamento dei residui d’acqua riusciti a penetrare all’interno dei sensori.
Inoltre, i seguenti sono altri probabili fattori che possono aver contribuito al disastroso evento:-
Inadeguato coordinamento fra i membri presenti in cabina di pilotaggio, composta da tre piloti di linea aerea.
La fatica che può aver ridotto la loro consapevolezza in merito alle varie informazioni sullo status degli impianti e dei comandi di volo al momento dello stallo.
Fin qui la relazione del BEA, che ben si guarda dall’accennare ad una seppur minima critica al progetto approvato a suo tempo dall’autorità di certificazione francese ed adottato dai progettisti di Airbus, riguardante la realizzazione della protezione sullo stallo, ideato da Bernard Ziegler, dapprima pilota e poi ingegnere fino a diventare il Capo di “Aerospaziale” (poi assorbita dal consorzio “Airbus Industries”); costui aveva ideato e stabilito tutto il pacchetto di protezioni e di automazioni dell’A. 320 ed aveva definito questa protezione contro lo stallo «la protezione contro il pilota-idiota», causando proteste e resistenze da parte dei Sindacati dei piloti francesi negli anni ’80.
Commento
Adesso noi saremmo felici di conoscere che cosa ne pensa uno dei maggiori estimatori del genio di Ziegler, il brillante autore contemporaneo Willian Langewiese, a sua volta pilota da 15 anni, autore del libro “Fly by Wire”, scritto nel 2009 per celebrare la felice riuscita dell’ammaraggio forzato dell’A. 320 della “US Airways” – volo 1549 – nelle gelide acque del fiume Hudson (New York) il 15 Gennaio 2009, a causa dell’avaria contemporanea, ma non completa (fortunatamente) di entrambi i motori che avevano ingerito in volo una quantità imprecisata di grosse oche canadesi. Il libro dedicato a questa vicenda encomiabilmente gestita, ha come sottotitolo la significativa presentazione:- «Le oche, la planata, il “miracolo dell’Hudson”», dove l’autore descrive con molta proprietà fasi e commenti tecnici del drammatico evento. Ma ha dedicato anche molte delle pagine del testo a considerazioni non del tutto condivisibili sul “genio” di Ziegler.
Ciò detto e mentre tutta la comunità dell’aviazione civile e del trasporto aereo plaudiva l’impresa “miracolosa”, anche questo autore elogia l’abilità del Comandante Chesley Sullenberg e del co-pilota Jeff Skiles, dimenticando però di menzionare adeguatamente l’eccezionale freddezza del Comandante di riavviare per prima cosa l’APU (generatore elettrico ausiliario di bordo) e di far tesoro di ogni singolo Watt erogato unitamente al motore sinistro il cui generatore continuava a fornire corrente ed a far funzionare i comandi di volo, alimentati da cavi a fibre ottiche, indispensabili per muovere le relative superfici esterne, che, altrimenti, avrebbero reso ingovernabile l’A. 320 che sarebbe stato destinato a precipitare fuori controllo. Così l’alimentazione elettrica disponibile per i comandi e le protezioni contro lo stallo rimaste attive ed efficienti, hanno consentito al Comandate Sullenberg di attuare una discesa planata verso il fiume (unico luogo praticabile), di effettuare la richiamata prima dell’impatto con l’acqua e di ammarare senza stallare e quindi senza rompere l’aeroplano, salvando così incolumi tutti i passeggeri ed i membri dell’equipaggio che si sono rifugiati sulle ali dell’aeromobile che ancora galleggiava e poi raccolti da battelli e dai ferry-boat ed altri natanti giunti in soccorso.
Ma tornando al caso dell’A. 320 di Perpignan, in effetti, il BEA sostiene che si poteva eludere lo stallo di bassa velocità verificatosi durante la prova di funzionamento della protezione AOA (in avaria, ma non nota ai piloti) ma era una manovra molto ardua e solo se ci fosse stata molta quota da perdere. Ciò perché, a mio avviso, su di un aeromobile di quella fatta, con i comandi di volo azionati attraverso i due sidesticks anziché da comandi convenzionali a cavi ed attuatori idraulici delle superfici di governo potrebbero trasmettere al pilota almeno quelle indispensabili sensazione fisiche delle superfici di comando stesse che diventano molto “lasche” e poco reattive prima del distacco completo dei filetti fluidi delle ali e della coda dell’aeromobile, per poi ridiventare normali e reattive non appena l’aeromobile in caduta riacquista la velocità necessaria a renderle di nuovo efficienti. Insomma sulla moderna linea di aeroplani “fly-by-wire” con sidestiks, di concezione Airbus, ai piloti vengono a mancare quelle sensazioni di feed-back che li aiutavano molto in diverse circostanze. Mi preme anche sottolineare il funzionamento delle manette di potenza, che non muovendosi dalla posizione allorquando il regime dei motori viene variato dall’automanetta (autothrottle), non forniscono al pilota quel feed-back che sugli aeroplani “normali” è dato appunto dal movimento delle manette, percettibile anche visivamente. Sugli aeromobili Airbus la variazione è denunciata soltanto dalle indicazioni sulla strumentazione riservata al funzionamento dei motori.
Infine, il 22 settembre, qualche giorno fa, un Airbus A320 della compagnia JetBlue è atterrato sull’aeroporto di Sacramento (USA) scoppiando tutti e quattro i pneumatici e ha rovinato i cerchioni delle 4 ruote del carrello principale.
L’investigazione del NTSB-USA dopo la lettura del DFDR ha concluso che l’evento è stato causato dall’inserimento del freno di parcheggio, effettuato per errore da uno dei piloti all’altezza di circa 5.100 ft (!) durante l'avvicinamento.
La dimostrazione che, nonostante tutto, l’impegno mal riposto dal Sig. Ziegler non è riuscito a sfornare un aeroplano a prova di ”pilota idiota”, come lui credeva d’aver realizzato.
Conclusione
Probabilmente le mie ultime osservazioni sono un po’ troppo tecniche per chi non sia “del mestiere”, ma a mio avviso vanno fatte onde permettere di comprendere quanto il “rivoluzionario” concetto di automazione spinta di Ziegler non sia affatto a prova di “pilota idiota”, bensì sia molto aleatoria e comunque comporti anche un alto carico di lavoro, prettamente mentale, per i piloti in certe fasi del volo, mentre in altre concilia la noia e la rilassatezza del personale di condotta, ridotto a due soli piloti anche su tratte di volo molto lunghe.
Insomma, sì, i voli costano meno e rendono possibili le tariffe aeree “low cost”, ma qualcuno s’è mai chiesto:- a quale prezzo ? 28 settembre 2010
Sulla scia delle proposte di alcune ditte aeronautiche di progettare futuri aeromobili commerciali con un solo posto in cabina di pilotaggio (anche a seguito dell’uso degli UAV/UAS anche per operazioni cargo), l’amministratore delegato di Ryanair se ne esce con un’ipotesi che più demenziale non potrebbe essere: «Eliminiamo il copilota … e all’occorrenza sostituiamolo con una Hostess».
Anzi, in caso di emergenza, nella “visione” di Michael O’ Leary, la Hostess da sola dovrebbe riuscire a far atterrare un qualsiasi aeroplano commerciale (magari un A. 380 o un B.747), perchè secondo questo signore, sarebbe sufficiente insegnarle ad atterrare !
Alla domanda di un intervistatore in merito a che cosa succederebbe in caso di un malore dell’unico pilota, O’ Leary non ha avuto esitazioni:- «« Il pilota farebbe suonare un campanello, entrerebbe [nel cockpit –ndr] una Hostess e lei potrebbe prendere il controllo dell’aeroplano». Evidentemente O’ Leary ha visto troppi film fantascientifici americani nei quali grandi aeroplani commerciali rimangono senza guida alcuna per attacchi cardiaci e/o ferimento dei due piloti da parte di dirottatori, a loro volta sopraffatti da “superman” occasionalmente a bordo, il quale salva tutto e tutti … oppure ha preso un colpo di sole.
Questa estemporanee sortite hanno impressionato perfino la portavoce di “Fliers Right”, organizzazione internazionale che si batte per i diritti dei passeggeri e che persegue sì l’adozione di tariffe economiche, ma non a costo della vita, la quale ha dichiarato: «O’ Leary offende sempre la dignità di chi vola !».
A prescindere dall’assurdità di questa proposta e ricordiamo anche le sue “intenzioni” di far volare in piedi i passeggeri e di far pagare ai suoi ospiti anche l’uso dei servizi igienici di bordo, s’è disinvoltamente dimenticato di spiegare come farebbe volare gli aeroplani della Compagnia di cui è a capo allorquando dovesse rimpiazzare i suoi piloti comandanti, che devono ritirarsi per raggiunti limiti d’età, con nuovi comandanti, ovvero senza più piloti con esperienza di volo commerciale ogni tempo. In tal caso l’addestramento con i “simulatori di volo” chiaramente non sarebbe sufficiente a formare piloti con esperienza di volo e nozioni di comando, ma forse, nella sua delirante “visione”, l’esperienza potrebbero farsela facendo loro allenare ad atterrare degli aeromodelli, come le Hostesses.
Insomma, il boss visionario, per risparmiare quattrini, ma anche per farsi gratuita pubblicità con queste strampalate uscite, le studia proprio tutte, ma che arrivasse perfino a mettere in gioco la sua credibilità ma anche a minare la sicurezza dei passeggeri e la dignità di chi vola, proprio non ce lo aspettavamo !
Infatti, dopo aver litigato su scala internazionale con autorità dell’aviazione civile di mezzo mondo e con molti colleghi refrattari alle sue pazzie, adesso la sua “visione del trasporto aereo” arriva perfino a non vergognarsi di insidiare i cardini della sicurezza dell’aviazione commerciale.
Ecco, giusto per dare un’dea quanto sia insufficiente il pilotaggio affidato a due soli piloti di voli commerciali, ovvero senza la presenza d’una terza persona qualificata, qual’era il tecnico di volo oppure l’accompagnatore del carico sui cargo, presentiamo qui di seguito il caso del più recente disastro accaduto appena pochi giorni fa e precisamente il 3 Agosto ad un B. 747-400 F, versione cargo dell’omonimo modello per passeggeri, appartenente alla flotta del Corriere statunitense UBS, decollato dall’aeroporto di Dubai - Emirati arabi – con destinazione Colonia – aeroporto di Bonn.
Dopo 25 minuti dal decollo, i piloti chiedevano al competente Centro di Controllo del Traffico Aereo di tornare all’aeroporto di partenza dichiarando emergenza a bordo a causa di fumo che penetrava nella cabina di pilotaggio dalla fusoliera stipata di merci come i bagagliai. Hanno indossato le maschere d’ossigeno ma avevano difficoltà a vedere gli strumenti di volo e degli altri dati essenziali, quali quelli dei computers di bordo.
Dopo meno di 50 minuti l’aeromobile, ormai giunto nei pressi dell’aeroporto di Dubai verso il quale stava dirigendo, precipitava al suolo in zona disabitata.
Ora, se a bordo ci fosse stato un terzo membro d’equipaggio come il tecnico di volo oppure l’accompagnatore del carico, costui avrebbe potuto prendersi il compito di recarsi in fusoliera, munito di maschera e bombola d’ossigeno e di estintore, a cercare di estinguere o di ritardare il propagarsi del possibile focolaio d’incendio, del quale sono state trovate tracce inconfondibili tra i rottami dell’aeromobile, disintegratosi al suolo. Invece con due soli piloti ai comandi ed apprestandosi l’equipaggio ad atterrare al più presto possibile, neppure il co-pilota ha potuto abbandonare la cabina di pilotaggio almeno per estendere la “tenda antifumo”, che dovrebbe isolare il cockpit dalla cabina piena di merci e di pacchi.
Così a sole 10 miglia nautiche (18 km) dalle piste dell’aeroporto, rese tutte disponibili per il suo rientro d’emergenza, l’aeromobile è precipitato causando il decesso dei due piloti e la perdita completa del suo carico, che ora dovrà esser risarcito dall’assicurazione.
Provate ad immaginare quale danno da risarcire ci sarebbe stato nel caso che su quel cargo fossero state caricate le auto da corsa di un paio scuderie di Formula 1, come spesso succede, oltre le dolorose perdite di esseri umani.
Eppure, gli sforzi di prevenzione degli incidenti e dei disastri aerei dovrebbero insegnare di più alle Autorità di certificazione e di aeronavigabilità in tema di sicurezza del volo e non sottostare agli indirizzi sconsiderati di costruttori e Compagnie aeree volti a risparmiare quattrini eliminando gli esseri umani dal ciclo produttivo e pensando di rimpiazzarli, come propone O’Leary con personale non specializzato oppure con un’automazione sempre più esasperata, di cui conosciamo finora soltanto alcune delle conseguenze negative. 11 settembre 2010
Con il termine ITALIOTA non intendo riferirmi all’antico colono appartenente alle popolazioni di lingua greca che ha colonizzato e vissuto, a partire dell’ottavo secolo A.C., nella parte meridionale della penisola italiana (Magna Grecia) ed era distinto dai popoli italici autoctoni, bensì a coloro che scrivono o parlano attraverso i moderni mezzi di comunicazione di massa ed a quei burocrati che propongono leggi e circolari utilizzando una lingua pseudo-italiana, imbarbarita da termini stranieri e/o da traduzioni “maccheroniche”, che denotano scarsa conoscenza sia dell’italiano sia della lingua anglossasone della quale si servono per esprimersi e per comunicare con gli italiani.
Ritengo sia difficile o impossibile da sradicare l’utilizzo disinvolto di parole straniere nella lingua italiana dalla maggioranza di coloro che scrivono e parlano alla gente attraverso i “media”, considero però intollerabile che ciò avvenga negli atti pubblici e perfino nelle leggi dello Stato.
Che il fenomeno sia ignorato dagli Accademici della Crusca già è grave, ma che ad esso si conformi chi ci dovrebbe governare è proprio inaccettabile.
Tutti i Governi degli ultimi cinquant’anni hanno promesso circolari circa la semplificazione e la comprensibilità del linguaggio tecnico e burocratico ma mai nessuno si è adoperato per raggiungere questo obiettivo.
Tempo fa lo scrittore e editorialista Mario Cervi, eccellente penna del giornalismo italiano, rispondendo nella sua rubrica “La stanza di Mario Cervi” ad un lettore che, al mio pari, cercava di sollevare la questione dell’imbarbarimento della lingua italiana (con tanto d’elencazione di parole inglesi inutilmente utilizzate al posto di quelle omologhe esistenti in italiano), asseriva:- «Gli esempi da lei portati - e i sinonimi da lei indicati – sono molto calzanti. Se è vero, verissimo che trovare un’espressione appropriata per il “tie-break” del tennis è difficile, altrettanto vero che “gestione” al posto “management” è perfetto, anche se per molti suona male. Allora “target” per obiettivo è poco chic e benessere per “welfare” è provinciale. L’esempio – il cattivo esempio - viene dall’alto. Ci sono peraltro parole italiane che hanno acquisito risonanza mondiale. Non per l’alta politica o l’alta economia. Ma “pizza” e “mafia” non esigono traduzione nemmeno in capo al mondo».
Con queste conclusioni un po’ argute, un po’ consolatorie Cervi riconosce le ragioni del lettore bresciano, il quale nel suo scritto aveva elencato una parte dei barbarismi correnti che seguono; mentre altri ne ho aggiunti io.
Perché gossip anziché pettegolezzo ?
E poi:-
- baywatch anziché bagnino;
- runner “ corridore;
- mission “ scopo o missione;
- shopping “ comperare, fare acquisti;
- escort “ prostituta;
- privacy “ riservatezza.
Ed ancora:- Sales Manager (product-marketing) per responsabile di vendite, … ecc.;costumer service per servizio clienti; front office per sportello pubblico, ecc.-
Ma il peggio avviene con il “burocratese” con ambizioni tecniche:-
- Report per relazione,
- Network “ rete,
- Draft “ bozza,
- Test “ prova,
- Devolution “ decentramento,
- master plan “ piano generale,
- mouse “ puntatore,
- desktop “ schermata iniziale,
- badge “ tesserino,
- budget “ bilancio preventivo,
- driver “ conducente o autista,
- harddisk “ disco fisso,
- question-time “ interrogazione a risposta immediata,
- welfare state “ stato assistenziale,
- welfare minister “ ministro del lavoro, ecc., ecc.-
Ed ancora peggio con i termini squisitamente tecnici:-
- analogic per misurabile/paragonabile per numeri o quantità,
- digital “ numerico o alfanumerico,
- dedicated “ specializzato,
- sensible-data “ dati rilevanti,
Ed infine i barbarismi forzatamente italianizzati:
- “implementare” per realizzare/attuare,
- “monitorare” “ controllare/sorvegliare,
- “zonizzazione” “ divisione del territorio,
- “satisfattivo” “ efficace!
La catastrofe linguistica avviene nel campo regolamentare dell’aviazione civile italiana, vedi il Codice della Navigazione – Parte Aerea – all’art. 777 aggiornato a seguito della riforma del 2005, alcuni Regolamenti della stessa ENAC come il “Certificato di Operatore aereo per imprese di trasporto aereo” ed il consimile “Certificato di Operatore aereo “, come pure la Circolare ENAC OPV-< 09 A , ecc.. Tutti documenti che hanno risentito dell’errata traduzione del termine ICAO di “Operator” con l’errato equivalente termine italiano di “OPERATORE” anziché di “ESERCENTE”, unico termine corretto sancito fin dalla Prima Parte del Codice della Navigazione.
Il “Regolamento Tecnico” dell’ENAC (derivato per buona parte dal precedente “Regolamento Tecnico del Registro Aeronautico Italiano”, scritto ed approvato da valenti tecnici e giuristi dell’epoca), definisce il termine “OPERATORE” come segue:- «Chiunque esegua un lavoro aeronautico o ne diriga direttamente l’esecuzione», vale a dire, per chi intenda l’italiano, gli addetti alle costruzioni e manutenzioni aeronautiche, quali i vari specialisti del settore e gli ingegneri aeronautici. Di contro, definisce il termine “ESERCENTE” quale «Persona, organizzazione o impresa impegnata o che offre di impegnarsi nell’esercizio di aeromobili», conformemente alla definizione di “Operator” data dall’ICAO e perfino dai successivi Regolamenti aeronautici emanati dalla Comunità Europea (CE).
Il Regolamento Tecnico già citato definisce il termine “ESERCIZIO”, (utilizzato nella precedente definizione) come «Attività svolta con e per un aeromobile e sue parti dal primo rilascio dei relativi Certificati sino al definitivo esonero dall’impiego». Ed i relativi certificati contemplati dal C.d.N erano prima e sono ancora il “Certificato di Esercizio” e quello di ”Aeronavigabilità”.
Inoltre, il Regolamento CEE 2407/92 del 23 Luglio 1992 sul rilascio delle licenze ai “Vettori aerei, al comma b) definisce «”Vettore Aereo” un’impresa di trasporto aereo munita di “licenza d’esercizio” valida», fornendo in sostanza una definizione analoga a quella del nostro Codice della Navigazione- Parte Prima.
Anche il Regolamento CE n. 1108/2009, tradotto male in italiano, definisce “Operatore” «qualsiasi persona fisica o giuridica che gestisca o intenda gestire uno o più aeromobili o aeroporti». Ecco dunque apparire l’“Italiota”, perché in lingua tecnica italiana, a norma del C.d.N., giuridicamente, tali “IMPRESE” si definiscono rispettivamente “Esercente di aeromobili” e “Gestore di aeroporti” !
A quest’ultimo termine, infatti, si ricorre fin a partire dalla Legge nazionale n. 537 del 27 Dicembre 1993, nella quale all’art. 13 è stabilito che «Entro l’anno 1994 sono costituite apposite società di capitale per la “gestione dei servizi” e per la realizzazione delle infrastrutture degli aeroporti».
Quindi il “Regolamento Tecnico” dell’ENAC, attualmente in vigore, scredita l’uso del suddetto termine tecnico.
Regolamenti che dovrebbero essere facilmente compresi da tutti gli utenti, per essere rispettati, così come avviene per le norme standard dell’ICAO, che vengono emesse in inglese, poi tradotte nelle altre cinque lingue ufficiali dell’ICAO.
In occasione del convegno giuridico annuale che si tenne presso l’Università di Modena il 4/8/2002, il Professor Michele Comunale Pinto, in merito al recepimento in italiano delle Norme internazionali dell’ICAO notava quanto segue:- «… di provvedimenti normativi che vengono adottati con una lingua diversa da quella italiana ne conosciamo anche altri: basti pensare alle Convenzioni internazionali che vengono introdotte nel nostro ordinamento nella lingua ufficiale nella quale sono state redatte. In Gazzetta Ufficiale si accompagnerà una “traduzione non-ufficiale”. Nel nostro caso non è probabilmente nemmeno necessario questo: nella realtà del mondo aeronautico, anche in sede ICAO sono redatti atti in altre lingue, ma è ben noto che la lingua nella quale vengono effettivamente redatti è la lingua inglese. Occorre dunque ammettere che è la “lingua pratica” del mondo aeronautico. Anche esigenze di SICUREZZA richiedono che l’Annesso [tecnico alla Convenzione di Chicago sull’Aviazione Civile internazionale – ndr] venga utilizzato in tutto il mondo con la medesima lingua di base, anche perché altrimenti c’è il rischio che possano accadere una serie di incidenti. Basti ricordare l’incidente [25 gennaio 1990 – ndr] dell’aereo della compagnia di bandiera colombiana che va a cadere per l’interpretazione errata della situazione del carburante nelle comunicazioni terra/bordo/terra. Da questo misunderstanding è occorso l’incidente con 113 morti.
Forse ciò fa riflettere sull’opportunità che gli Annessi siano utilizzati in inglese.» !
Da parte mia condivido da sempre l’esigenza che la documentazione ICAO più significativa sia utilizzata in originale, quindi senza traduzione, ma in Italia, particolarmente dai nostri tecnici normatori, questa posizione è stata sempre ignorata e oltretutto dimenticano anche di notificare le differenze dei termini usati, come sarebbe previsto, all’Organismo internazionale.
E torniamo allo spinoso argomento riguardante le traduzioni in lingua italiana dei termini regolamentari emanati in lingua inglese dall’ICAO, così come magistralmente illustrato dal Prof. Comunale Pinto.
In italiano è ormai consuetudine definire con il termine “SICUREZZA” sia il termine inglese “SAFETY” che il termine “SECURITY”, di significato originale profondamente diverso. Infatti, il termine “Flight Safety” va inteso come “Sicurezza operativa del volo”, mentre la “Aviation security” è equivalente al significato della “Prevenzione da atti illeciti ai danni della sicurezza pubblica”, così come definita dalla Legge n. 94 del 15 luglio 2009 – “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica”.
In alcuni documenti tecnici e circolari aeronautiche emanate o tradotte da ENAC bisogna leggere pagine e pagine del testo prima di riuscire a comprendere se il termine utilizzato nel titolo vuole trattare l’argomento “sicurezza del volo” oppure intende riferirsi alle attività di prevenzione a favore della “protezione pubblica” similmente a quanto avviene con gli interventi preventivi o repressivi delle Forze dell’Ordine dello Stato.
Al fine di chiarire meglio i precedenti esempi e l’importanza che l’Organizzazione dell’Aviazione Civile Internazionale attribuisce alla precisa definizione di tutta la terminologia utilizzata nella normazione, sottolineo che la Convenzione di Chicago sull’Aviazione Civile Internazionale fin dall’art. 44, comma h), dedicato a presentare le sue finalità, per la chiara comprensibilità dei termini, sotto il comma c) si preoccupa di stabilire, tra le espressioni usate in quel testo, la definizione del vocabolo inglese “Airline” – in italiano “Aviolinea” –nel significato di voler individuare «qualsiasi “impresa di trasporti aerei” che offra od eserciti un servizio aereo internazionale». Esattamente con la medesima definizione che usa per definire il termine “Operator”, che in italiano, come già affermato, è identificato nella figura giuridica di “Esercente di aeromobili”, mentre per lo stesso termine usato per identificare un’impresa di gestione aeroportuale viene utilizzato il termine di “Gestore aeroportuale”.
Infatti, come precedentemente soltanto accennato, la già citata Parte Prima del Codice della Navigazione, approvato dal R. D. del 30 Marzo 1942 – n. 327 e tuttora vigente, fin dall’art. 7 – Disposizioni preliminari -, sotto il titolo “Legge regolatrice delle responsabilità dell’armatore [marittimo – ndr] e dell’esercente [di aeromobili – ndr]” - stabilisce inequivocabilmente che per l’ordinamento nazionale è l’Esercente dell’aeromobile a rispondere per atti o fatti dell’equipaggio, mentre il successivo art. 8 precisa che i poteri e doveri del comandante dell’aeromobile, parimenti alle sue attribuzioni, sono regolati dalla legge nazionale.
Non da meno, in tempi molto più recenti, anche la Comunità Europea con i suoi Regolamenti originali scritti nella lingua inglese (male tradotti in lingua italiana) usa definizioni equivalenti a quelle in vigore in Italia prima della riforma del 2005. Riforma che purtroppo ha risentito degli effetti di errate traduzioni effettuate negli uffici comunitari e superficialmente accettate dall’Ente normatore nazionale.
Propongo infine due esempi, a mio avviso eclatanti, di come è stato tradotto il Regolamento CE n. 1108/2009:-
- all’articolo 2 al § 1, comma b), alla fine, laddove nel testo inglese è scritto «… minor hail or bird damage (including holes in the “radome”)», testo comprensibilissimo per qualsiasi addetto all’aviazione civile, ma la corrispondente traduzione italiana è stata la seguente:- «… danni lievi provocati dalla grandine o dagli uccelli (tra cui fori nel “raduomo”)».Questo termine non esiste nella nostra lingua italiana, era sufficiente esprimersi con «… danni lievi … (inclusi fori nella copertura dell’antenna radar di bordo)».
- ancora all’art. 19 dello stesso Regolamento – titolo “Investigation report” – tradotto impropriamente in “Relazione d’inchiesta”, anziché in “Relazione sull’investigazione tecnica”, perché è di questo che si tratta, al § 6, seconda riga il testo inglese contempla quanto segue:- « … shall release an interim report ...», nella traduzione maccheronica in lingua italiana si trova scritto « … rilascerà una “relazione interinale” …», anziché «… una relazione intermedia» !
Segnalo infine l’uso improprio dei seguenti termini:-
- provision per previsione anziché disposizione/provvedimento;
- to provide “ prevedere (solo legale) anziché provvedere.
Conclusione.
L’elenco di osservazioni e considerazioni è stato più volte fatto ufficialmente presente sia al D.G. di ENAC che al D. G. per gli Aeroporti ed il Traffico Aereo del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (quest’ultimo nella sua qualità di Autorità di sorveglianza dell’ENAC), invocandone l’intervento e la doverosa correzione di questa terminologia equivoca e fuorviante, ma purtroppo senza risultato alcuno.
Questa volta, oltre alla pubblicità a queste notazioni tecniche, si cercherà di richiamare direttamente l’attenzione del Ministro competente per il Dicastero della “Semplificazione normativa”, nella speranza di trovare ascolto, prima che si debba lamentare qualche grave incidente nell’aviazione civile italiana. 06 settembre 2010
Sul n. 7 c. a. del mensile “Aeronautica” dell’Associazione Arma Aeronautica a firma di Gaetano Battaglia, membro del Centro Studi della stessa organizzazione, è stato pubblicato un interessante articolo sul tema della “Just Culture: dilemma irrisolvibile?”. L’Autore si domanda se, a fronte della necessità d’un giusto bilanciamento tra le esigenze della Sicurezza del volo e quelle della Giustizia, nel mondo in generale e nel nostro Paese in particolare, ciò sia realizzabile.
Alla fine di un’acuta analisi risponde che in merito al particolare argomento del «Occurrence Reporting in Civil Aviation» per la raccolta dei dati volontariamente sottoposti dagli addetti all’aviazione, ciò non possa esaurirsi soltanto con il richiamo all’art. 8 della Direttiva europea n. 2003/42/CE del 13 Giugno 2003, recepita in Italia (a modo nostro) con il D. Lgs. n. 213 del 2 Maggio 2006. La Direttiva europea stabilisce, infatti, che «Gli Stati membri, senza pregiudizio all’applicazione dei pertinenti articoli del Codice penale, debbono limitarsi, nell’istruire procedimenti riguardanti quelle violazione non premeditate o non volute dalla legge, che giungono a loro conoscenza per effetto delle procedure di riporto [Occurrence Reporting] previste obbligatoriamente dalle regole nazionali in materia, a meno che non si tratti di negligenza grave». Il resto del notevole scritto meriterebbe d’esser riprodotto da chi pubblicherà il mio commento.
A questo punto da parte mia sorge la domanda:- E per la banca dati del “Voluntary Reporting”, come la mettiamo ?
Infatti il Parlamento italiano – come nota anche l’Autore stesso – ha parzialmente fatta sua tale Direttiva, nel senso che ha stabilito per legge l’elenco delle circostanze/eventi che debbono obbligatoriamente essere oggetti di rapporto da parte degli “operatori”, nonché di quelli che facoltativamente ne fanno parte ed indicano l’ENAC e l’ANSV quali Enti responsabili dell’attuazione delle rispettive procedure (D. Lgs. n. 213). Tale Decreto infatti, pur prevedendo la cancellazione dai rapporti forniti dagli “operatori”dei riferimenti alla persona, non ne garantisce la non-punibilità. Ecco dunque il nostro modo di recepire le Direttive europee !
Così quello che sarebbe un contributo prezioso alla prevenzione degli incidenti e quindi alla Sicurezza del volo, viene messo a rischio dal momento che questi rapporti ed altri documenti relativi alla Sicurezza del volo possono venir sequestrati dalle autorità giudiziarie ed utilizzati anche contro gli stessi autori che li hanno scritti. Pertanto la possibilità che quanto denunciato a fin di buona conoscenza possa esser utilizzato per l’indagine e l’incriminazione dello stesso autore si scontra con la volontà di contribuire volontariamente all’attività volta a fare Sicurezza preventiva.
Quello della “just culture” è un princìpio accettato ed accreditato da tutte le Organizzazioni aeronautiche mondiali (ICAO compresa, che proprio di questi tempi prepara un’apposita norma, al pari della UE), proprio in antitesi con la finora imperante “blame culture”, ovvero della “cultura della punizione”, spesso applicata in qualunque caso dall’autorità giudiziaria, invece dell’eventuale rieducazione tecnico-addestrativa di chi abbia sbagliato in buona fede e compatibilmente con il livello addestrativo raggiunto.
A scanso di qualsiasi equivoco va comunque sottolineato che nessuno intende ostacolare il corso della giustizia penale, ma s’intende affermare che questa va applicata senza intralciare l’investigazione tecnica il cui solo scopo è quello di identificare le cause e le evidenze documentabili e solo qualora risultino (in qualsiasi fase) le prove di grave negligenza o violazione delittuosa e volontaria delle norme intervenire.
Ed a questo proposito va ribadita la necessità delle nomine, da parte del magistrato competente, di periti e di esperti qualificati e non di quelli auto referenziati. Purtroppo non esiste in Italia un album degli investigatori e la legislazione italiana in materia è completamente carente, specialmente se confrontata con quella esistente in altri Paesi di cultura aeronautica molto avanzata, che dispongono pure di una magistratura specializzata (India compresa!) sull’argomento . 28 agosto 2010
Si ha notizia che il 6 Agosto i responsabili della sicurezza aerea del NTSB-USA, a seguito di un incidente accaduto durante la fase di crociera ad un Airbus A. 319 della aerolinea Air Canada in volo da Victoria (British Columbia) per Toronto (Ontario) il 10 gennaio 2008 ed investigato, per competenza giurisdizionale, dal TSB – Transportation Safety Board – l’equivalente canadese del NTSB –USA, hanno investito ufficialmente i pari grado dell’EASA (European Aviation Safety Agency) del problema relativo alla “autorità” del timone di direzione di alcuni tipi di aeromobili costruiti da Airbus Industries ed approvati con “Certificato di navigabilità” da parte dell’EASA stessa.
Sunto dell’investigazione.
Il 10 Gennaio 2008 l’A. 319-114 dell’Air Canada, matricola C-GBHZ, volo ACA 190 in rotta tra Victoria e Toronto a livello di volo FL 350 (35000 ft) era preceduto di 8,1 NM (miglia nautiche) da un B. 747-400 in volo a FL 370 da Hong Kong a Chicago. Nello spazio aereo del Centro di Controllo di Seattle (Stato di Washington) essendosi allargata a 10.7 NM la separazione orizzontale tra il B. 747 e l’Airbus che era meno veloce, quest’ultimo in accordo alle regole vigenti, veniva autorizzato a salire allo stesso livello di volo di 370. Mentre l’aeromobile saliva, attraversando il livello di volo 366, incontrava la turbolenza di scia del B. 747 ed iniziava a sobbalzare decisamente fino ad accusare una serie di rollii trasversali, dapprima corretti dall’autopilota, poi quando questo fu disinserito dal Comandante del volo, fu corretto dapprima con gli alettoni e poi, persistendo le sempre più ampie oscillazioni trasversali, anche con la pedaliera che comanda il timone di direzione. La combinazione delle manovre correttive e la scia turbolenta fecero perdere violentemente circa 1.000 piedi di altitudine e causarono 8 contusi leggeri e 3 feriti più seriamente tra gli 88 presenti a bordo (83 passeggeri e 5 componenti l’equipaggio). Via radio veniva dichiarata l’emergenza e richiesto il dirottamento sull’aeroporto di Calgary (Alberta) a FL 350.
Da evidenziare il fatto che, durante il violento rollio trasversale e la perdita di quota, in cabina di pilotaggio tutto ciò che non era appropriatamente vincolato venne proiettato in alto ed un grosso voluminoso manuale, in dotazione all’aeromobile, colpì al capo il Comandante, fortunatamente in modo non grave.
Una volta giunti a terra e soccorsi i passeggeri, l’aeroplano fu obbligatoriamente sottoposto ai controlli previsti per volo in turbolenza severa.
Gli estesi accertamenti effettuati evidenziarono dei danni all’impennaggio verticale del velivolo e successivamente l’esame dei dati del DFDR (Digital Flight Data Recorder) rilevò che durante i violenti rollii e la perdita di quota, si erano sviluppate delle ampie accelerazioni laterali (high lateral G force), eccedenti i limiti strutturali fissati dal Costruttore per l’integrità dell’impennaggio verticale, che, pertanto dovette venir rimosso e sostituito.
Questa investigazione permise di stabilire una serie di affinità con un precedente disastro aereo:- Nel Novembre del 2001 un Airbus A. 300-605 dell’American Airlines decollato dall’aeroporto Kennedy di New York durante la salita iniziale incontrò la scia turbolenta di un Boeing B. 747, decollato un minuto prima dell’Airbus da un’altra pista. Anche in questo caso si manifestò un ampio movimento di rollìo ed il co-pilota ai comandi attuò una manovra correttiva intervenendo per mezzo della pedaliera che agisce sul timone di direzione per fermare la ampie oscillazioni laterali del velivolo. Anche in questo caso si svilupparono delle accelerazioni laterali, però talmente gravi da provocare la rottura ed il distacco dell’intero impennaggio verticale di coda (“fin” e “rudder”), causando la caduta incontrollata dell’aeromobile.
La principale conclusione dell’investigazione del TSB, cui parteciparono anche investigatori del NTSB, sull’incidente dell’A. 319, atterrato in emergenza a Calgary, fu che sulla serie di velivoli costruiti da Airbus Industries del tipo A. 318 – A. 319 – A. 320 – A. 321 è possibile che un pilota, sulla base delle manovre contemplate dal Manuale di Volo, per contrastare il rollio applichi, tramite la pedaliera, delle correzioni sul timone di direzione tali da generare sull’impennaggio verticale dei carichi strutturali aerodinamici eccedenti i limiti di certificazione del progetto, fino ad arrivare a carichi estremi che divelgono l’intero impennaggio verticale di coda.
L’intervento del NTSB sull’EASA.
Adesso il NTSB interviene nei confronti dell’EASA – European Aviation Safety Agency – quale Agenzia di certificazione dei prodotti aeronautici europei per chiedere di modificare le norme di certificazione dei modelli di velivoli a fusoliera larga costruiti da Airbus Industries onde ottenere di limitare la “sensibilità” degli impulsi del pilota sulla pedaliera che comanda i movimenti del timone di direzione. Questo perché aveva a suo tempo determinato che la “causa probabile” (come usa il Board) del distacco in volo dello stabilizzatore verticale (impennaggio di coda) è stata quella della “scoperta” che carichi aerodinamici eccessivi, generati dagli impulsi dal pilota ed eccedenti quelli massimi di progetto, provocano questo genere di effetti incontrollabili e disastrosi.
In base a quel precedente del 2001 e del più recente grave danno strutturale accusato dall’A. 319 nel 2008, chiede all’EASA di far riconsiderare ad Airbus Industries il progetto della serie di tipo d’aeromobile già citata e di valutarne attentamente le misure correttive che servirebbero a limitare la “autorità” (o sensibilità) del comando della pedaliera sul timone di direzione, modificandone il sistema di funzionamento.
Ciò in quanto dal DFDR è risultato che il pilota dell’incidente dell’Air Canada ha applicato tre distinti impulsi direzionali completi della libertà di escursione del timone, in tal modo eccedendo il limite del fattore di carico laterale di progetto di ben il 29% rispetto a quello massimo, in reazione a quanto stava facendo il velivolo sotto gli effetti della turbolenza di scia generata dal B. 747 ad oltre 10 NM di distanza.
Nel caso del co-pilota ai comandi dell’Airbus della A. A., costui agì con quattro distinti impulsi per ciascun senso laterale e durante il quarto di essi era riuscito a superare il limite di progetto dello stabilizzatore verticale quasi di un valore doppio di tale limite.
All’inizio del corrente anno l’EASA aveva proposto la ricertificazione del modo di funzionamento del timone di direzione per i modelli dell’A. 300 e dei modelli della serie A. 310 – spiega il NTSB – ma dato che il sistema del comando del timone direzionale della serie A. 320 è simile a quello delle serie A. 310 e A. 300, allora il NTSB ritiene che vada richiesta la riprogettazione e certificazione anche di quest’ultima serie di modelli con un limitatore di corsa del timone del tipo “a fermi progressivi” e variabile con la velocità dell’aeromobile, sistema che dovrebbe ridurre meccanicamente l’escursione della superficie direzionale.
Per dimostrare tecnicamente la validità della sua richiesta, il NTSB ha specificato che l’investigazione del disastro dell’A. 300 di American Airlines ha dimostrato che il sistema adottato da Airbus Industries «… produce reazioni eccessivamente ampie dell’aeroplano per gli stessi impulsi dati al timone, sia a bassa che ad alta velocità del velivolo, tali da cogliere alla sprovvista il pilota e da innescare un evento di accoppiamento negativo di reazioni pilota/ aeroplano».
Pertanto il NTSB ritiene che un limitatore dell’escursione della corsa del timone direzionale “a rapporto variabile” rispetto alla velocità del velivolo assicuri una miglior protezione rispetto al sistema “a fermi progressivi” adottato da Airbus.
Ciò per ovviare agli elevati carichi aerodinamici indotti dal sistema “a fermi progressivamente variabili” e causati da prolungati impulsi di escursione del timone dell’aeroplano, quando questo vola ad alta velocità. Infatti il sistema suggerito dal NTSB mantiene reazioni relativamente uniformi per tutto l’inviluppo della velocità dell’aeromobile e richiede al pilota un maggiore sforzo fisico sulla pedaliera per produrre analoghi impulsi ciclici sul timone quando l’aeroplano vola ad alte velocità, come in fase di crociera.
Di conseguenza il NTSB ha deciso di emettere tre raccomandazioni di sicurezza nei confronti di EASA, riguardanti li tema della “sensibilità” del timone direzionale:-
chiede ad EASA di modificare le sue specifiche di certificazione per gli aeromobili a fusoliera larga, onde garantire una manovrabilità “sicura” sull’asse di imbardata per tutto l’inviluppo di volo, con specifiche che comprendono i limiti di efficienza della pedaliera di comando del timone di direzione;
una volta che tali specificazioni siano state mutate, l’EASA dovrebbe rivedere i progetti degli aeroplani già prodotti per stabilire se essi rispettano il nuovo standard ed in caso contrario determinare se tali aeroplani sono sufficientemente protetti contro le reazioni avverse di accoppiamento delle azioni del pilota/timone per impulsi impartiti durante tutta la gamma di velocità di certificazione. Qualora l’EASA dovesse trovare che la protezione è inadeguata, allora dovrebbe imporre le modifiche necessarie ad impedire eventi di accoppiamento a seguito di impulsi impartiti al timone direzionale quando l’aeromobile stia volando ad alta velocità;
chiede ad EASA di riesaminare la possibilità di modificare gli impianti direzionali dei velivoli A. 300-600 e A. 310 per aumentarne la protezione dagli effetti dell’applicazione di ampi impulsi pericolosi al timone, ad alta velocità dell’aeromobile.
Ed ancora, il NTSB richiede ad EASA di rivedere anche una sua precedente dichiarazione dove affermava che l’addestramento fornito ai piloti sarebbe stato sufficiente ad evitare pericolosi impulsi da essi impartiti alla pedaliera del timone direzionale.
Eventi correlati a queste raccomandazioni.
A seguito delle raccomandazioni di NTSB mi viene spontaneo ricordare l’incidente del volo AF 447 F-GZCP del 1° giugno 2009 in volo da Rio a Parigi.
In questo caso si tratta di un aeromobile Airbus A330-203 che dai dati finora pubblicati è scomparso dopo essere entrato in un’area temporalesca e dal momento che il primo pezzo di aeromobile rinvenuto è stato la deriva e lo stabilizzatore verticale nulla osta individuare in un non corretto intervento sulla pedaliera la perdita di controllo dell’aeromobile da parte dell’equipaggio.
Inoltre voglio ricordare il volo Lufthansa LH 044 del 3 Marzo 2008, un A. 320 in servizio passeggeri da Monaco di Baviera ad Amburgo che in avvicinamento a quest’ultimo aeroporto in presenza di venti ciclonici che avevano colpito con nubifragi ed inondazioni quasi tutto il Nord Europa e particolarmente la Germania ha fallito drammaticamente l’atterraggio.
Il giorno seguente la stampa tedesca e particolarmente il “Bild Zeitung” scrivevano che “… la co-pilota di 24 anni era riuscita ad atterrare sostituendo il Comandante !”.
Naturalmente subito dopo <personname productid="la Lufthansa" ha smentito questa versione ed ha emesso un comunicato nel quale precisava che la signorina MAXI J. era stata effettivamente ai comandi durante l’avvicinamento e l’atterraggio, però quando l’aeroplano ormai sulla pista, a causa del vento trasversale eccedente i limiti fissati era diventato per lei ingovernabile, era intervenuto il Comandante ad effettuare la riattaccata ed il successivo dirottamento.
Nei giorni seguenti divennero disponibili documentazioni filmate riprese da terra, da un punto vicino alla recinzione del sedime aeroportuale che mostrava la sequenza dell’avvicinamento finale ed il tentativo di atterraggio con la successiva riattaccata, quando l’aereo stava razzolando sulla pista fino al punto di venirne a contatto con l’estremità dell’ala sinistra.
Nel mio scritto del Marzo e pubblicato sotto il titolo “Mitizzazioni … e MAXI-balle” scrivevo, in parte, quanto segue:-
«La migliore delle riprese (ancora disponibile su certi siti web specializzati e su “Youtube”) inizia ad un’altitudine stimata di circa 300- 200 piedi in presenza di vento a raffiche proveniente da destra rispetto all’asse pista. Già a quel punto la traiettoria dell’aereo non risulta stabilizzata ed in forza dell’intensità del vento, conosciuta e comunicata ai piloti dalla Torre di Controllo, il Comandante sarebbe dovuto intervenire a comandare la riattaccata.
Invece nello spazio di pochi secondi l’aeroplano è già sopra la pista e da lì incomincia a scendere più velocemente, mentre inizialmente si può incominciare a vedere il pilota ai comandi abbassare correttamente e stabilmente (seppure in ritardo) l’ala destra per compensare la deriva del vento che tendeva a scarrocciare l’aeromobile verso sinistra.
Ma per carenza di capacità di volo basico (utilizzo della pedaliera) da parte del pilota ai comandi, abbassare soltanto l’ala destra senza contemporaneamente azionale il pedale sinistro della pedaliera che comanda il timone di direzione per quel tanto necessario a mantenere la corretta direzione di moto verso la mezzeria di pista, non è stato fatto, anzi ha causato che l’aeroplano si portasse fin sul bordo destro della pista e per giunta con un’angolazione di circa 30 gradi rispetto all’asse della pista.
A questo punto il pilota ai comandi commette il secondo errore:- per riallinearsi alla meno peggio verso il centro della pista, ecco l’aeroplano livellare le ali e subito, per effetto del vento, esser spostato verso il bordo sinistro con l’ala sinistra inclinata pericolosamente verso il suolo, tanto che l’estremità va strusciare sulla superficie della pista, andando a finire per urtare due “cinesini” [luci di bordo-pista – ndr] del lato sinistro della pista stessa, con una inclinazione valutabile intorno ai 18-20 gradi.
Finalmente, sopra il bordo sinistro della pista, si può veder l’aeroplano che alza leggermente il muso e sotto la spinta dei reattori, utilizzati pressoché a piena potenza (si presume), riesce ad allontanarsi dal suolo, pur danneggiato ma non feralmente, ed a riprendere un volo controllato (nel senso della direzione), interrotto in precedenza dalla strisciata del terminale dell’ala sinistra contro la superficie della pista».
Questo pericoloso ma fortunato incidente (per come s’è risolto), dovuto non solo alla scarsa esperienza e preparazione a contrastare il vento al traverso con quel tipo di aereo, di suo già particolarmente instabile lateralmente perché governato soltanto tramite i joystick anziché a mezzo d’una cloche o d’un volantino tradizionale, i quali consentono al pilota di avere un feedback dell’entità dello sforzo applicato sui comandi, è attribuibile a due fattori:-
- il primo, è senz’altro dovuto alla mancanza di conoscenza o di pratica dei princìpi del volo basico in merito a come correggere, con l’inclinazione laterale ma contemporaneamente con l’uso del timone di direzione, l’assetto dell’aeroplano sui tre assi in presenza di una deriva dovuta al vento al traverso della pista;
- in secondo, alla leggerezza del Comandante che ha continuato a permettere un avvicinamento con vento al traverso eccedente i limiti approvati, pur conoscendo l’entità del vento al traverso, per di più fidando eccessivamente sulla capacità di quel pilota. Infatti quando il timone direzionale è stato utilizzato in modo corretto dal Comandante durante la riattaccata, l’aeroplano, a bassa velocità, s’è comportato normalmente.
Ancora adesso, sui siti web citati, si possono vedere delle foto dell’estremità inferiore dell’ala sinistra di quel A. 320 che, avendo per un certo tratto strisciato sulla superficie della pista e divelto due “cinesini” di bordo-pista, è profondamente rigata e la relativa winglet (aletta di estremità sul terminale dell’ala) danneggiata.
Commento finale.
Così se EASA accetterà ed impone ad Airbus le raccomandazioni emesse dal NTSB, i relativi provvedimenti costeranno un bel gruzzolo di quattrini ad Airbus Industries per provvedere alla riprogettazione e ricertificazione dei modelli di aeroplano coinvolti. D’altra parte non sarebbe molto facile ad EASA eludere questa motivata richiesta di modifiche sia dei requisiti di normazione che delle condizioni di certificazione, richiesta fatta in nome della sicurezza del volo e di affidabilità del prodotto di Airbus Industries.
Ma il succo della presente esposizione di fatti accaduti e di azioni correttive in atto o richieste sta tutto nella seguente domanda rivolta a chi deve fornire i finanziamenti ed i mezzi necessari per condurre anche costose investigazioni:- «Ma a che cosa servono le investigazioni tecniche, effettuate da Investigatori specializzati, sugli incidenti anche minori oltre che quelle sui disastri aerei ?».
La risposta è la seguente:- Anche se tale tipo di indagine costa e in molti casi trascorre troppo tempo fra l’evento, l’individuazione delle cause e le relative conclusioni correttive, l’investigazione è indispensabile per stabilire appunto le cause degli eventi e per poter fare prevenzione e tutelare la pubblica incolumità, sia in volo che al suolo. <strong>19 agosto 2010
Correva la fine dell’anno 1979 e ad un convegno sull’addestramento degli equipaggi di condotta, promosso dalla IATA nell’ambito delle iniziative del “SAFAC” (Comitato di sicurezza dell’Organizzazione), al quale partecipavo in rappresentanza della Compagnia di bandiera, un’intera sezione del convegno era dedicata all’esame del tema «Overcoming the Hazards of Automation on the Flight Deck- Superare i rischi dell’automazione in cabina di pilotaggio».
Sul tema (oltretutto nuovo), erano stati presentati una dozzina di documenti di lavoro, creati dai responsabili della sicurezza e dell’addestramento degli equipaggi di condotta di diverse Compagnie Aeree, tra le maggiori dell’epoca (British Airways – KLM – Trans World Airlines – Scandinavian Airlines, ecc.).
Alcuni erano così interessanti che, dopo averli diffusi tra i colleghi Dirigenti o con incarichi nella Compagnia cui appartenevo, mi premurai di conservarli gelosamente. Dopo oltre trent’anni, ritengo giunto il momento di riportarli all’attenzione dei Lettori, nella speranza che qualcuno ne faccia ancora tesoro, perché, a mio modo di vedere, ce n’è ancora bisogno.
Sono utili per approfondire il tema dell’automazione che commento da tempo e per valutare i punti essenziali di alcuni di questi documenti che ritengo “illuminanti” ancora ai nostri giorni, per chi li voglia considerare seriamente.
A quel tempo i modelli di aeromobili parzialmente automatizzati (es.:- con auto manetta, autobrake, computers di navigazione ed in seguito con FSM - Flight Management Systems) erano ben pochi:
1964: l’Hawker-Siddeley HS 121, trireattore denominato “Trident”;
1969: il Boeing B. 747;
1970: il MDD DC 10-10 ed il Lockheed 1011 Tristar;
1972 l’Airbus A. 300 e il MDD DC 10-30
mentre erano in fase di costruzione e collaudo, su progetti già annunciati al pubblico, aeromobili come l’A. 310 e successivi sviluppi A. 320 e 321, i Boeing B. 757, 767 e 737).
Primo documento SAS
Ciò che allora mi colpì della presentazione, fu il primo documento presentato dalla SAS, intitolato «Is automation detrimental to Flight Safety ? – È l’automazione pregiudizievole per la sicurezza del volo ?». Sulla pagina di copertina, nel Sommario, riportava la seguente frase:-«Sebbene l’automazione generalmente aumenti la sicurezza del volo, tuttavia possono svilupparsi certi rischi in conseguenza della sua utilizzazione. Questo documento elenca alcuni di questi rischi ed evidenzia l’importanza di attenuarli per mezzo dell’applicazione di validi criteri di progettazione, adeguate procedure operative ed addestrative e la necessità di opporsi allo sviluppo di comportamenti di rilassatezza e autocompiacimento».
Il testo inizia con il chiedersi:- «Che cosa cerchiamo di acquistare con l’automazione ?». Con l’automazione s’intende alleviare il problema del carico di lavoro troppo intenso [particolarmente per gli equipaggi di condotta composti da due soli membri – ndr], composito e svariato specialmente nelle Aree Terminali di Controllo.
In conseguenza di ciò evidenzia che «il primo scopo dell’automazione è quello di diminuire tale carico di lavoro troppo intenso e concentrato e che l’impiego dell’automazione è quello di migliorare le prestazioni, con l’utilizzo dell’autopilota, degli autospoilers e del sistema di decelerazione automatica durante l’atterraggio (autobrake). Evidenzia inoltre che i sistemi automatici non sono soggetti alla fatica, influenzati dalle illusioni ottiche e da altri effetti che colpiscono gli esseri umani».
Continua poi considerando che, oltre al costo di tali sistemi automatici, si deve considerare che essi implicano anche alcuni rischi, che sarebbero in grado di vanificare gli scopi stessi dell’automazione, qualora non fossero conosciuti e neutralizzati.
Infatti, un’automazione “troppo esuberante” può facilmente indurre i piloti all’autocompiacimento, inteso come rilassamento della vigilanza [per l’eccessiva fiducia sull’affidabilità dell’automazione]. Il testo prosegue confermando che tutti i sistemi automatici compiono esattamente ed accuratamente gli ordini che gli vengono impartiti con la programmazione che è introdotta dall’essere umano, sia esso il progettista del sistema o, tatticamente, l’operatore finale, vale a dire il pilota.
Di conseguenza, ogni sistema automatico dovrebbe essere progettato [ed ancora oggi tali non lo sono compiutamente – ndr] in maniera logica per il pilota che lo deve utilizzare e la programmazione prima del volo sia facile e chiara.
Rimane comunque il rischio che il pilota possa inserire erroneamente dei dati, in particolare nei sistemi automatici di navigazione e di condotta del volo [INS, FMS, ecc. – ndr] e questo rischio aumenta con l’accresciuta sofisticazione e complessità dell’automazione impiegata. Il rischio maggiore si corre allorquando un sistema automatico, o peggio, l’intera automazione di uno dei due piloti ai comandi va improvvisamente in avaria, mentre il peggiore dei rischi rimane quello dell’avaria non manifesta (non palese), quando in pratica il sistema sembra lavorare ed invece, in realtà, non reagisce ai comandi introdotti durante la programmazione del volo. Esempio può essere quello dell’autopilota che manca di effettuare la commutazione automatica ai diversi “modi” programmati di funzionamento.
A questo punto il documento si chiede come si possano superare questi rischi. I suggerimenti sono esposti in quattro sezioni.
La prima sezione tratta essenzialmente dell’esigenza che debba esser fatto ogni sforzo affinché nel ramo delle componenti fisiche del sistema (hardware) siano rispettati rigorosamente i principi di ingegneria riguardanti il funzionamento della mente dell’essere umano, mentre dal lato dei componenti di programmazione (software) i principi costruttivi devono esser tali che la gestione del sistema sia logica e chiara e consenta pure l’adozione e l’applicazione d’una lista di semplici regole fondamentali.
La seconda sezione è dedicata alle procedure, che devono essere ben definite sia tecnicamente che operativamente per il corretto utilizzo del sistema.
La terza sezione riguarda l’eliminazione del rischio e quindi dell’errore. Infatti è dedicata al delicatissimo aspetto dell’addestramento, in quanto parte dalla premessa che « può non essere più sufficiente soltanto addestrare i piloti ad azionare i comandi appropriati per ottenere la funzione voluta, ma siano necessarie ben maggiori e complete informazioni di fondo. Più precisamente si tratta di nozioni su come sia stato concepita la progettazione del sistema, come i dati di immissione sono stati immagazzinati e come possono essere reperiti, inibiti o bloccati ed infine quale sia l’interazione fra i differenti computers che compongono il sistema».
Ancora più importante dev’essere l’insegnamento riguardante ciò che il sistema può fare, ma anche ciò che il sistema non può fare e più precisamente specificare che il sistema non è in grado né di pensare, né di prendere decisioni, ma soprattutto che non può esercitare alcun discernimento [funzione tipica della mente dell’essere umano – ndr].
Compito dell’addestramento iniziale e di quello ricorrente è anche quello di ribadire che durante l’utilizzo dell’automazione non può esser tollerato alcun rilassamento nella vigilanza da parte del pilota ed infine che egli deve essere il “padrone del sistema”.
La quarta sezione è dedicata ad un elemento ritenuto talmente importante da esser nuovamente trattato a fondo:- questo riguarda [precipuamente in fase di crociera – ndr] il rischio di rilassamento della vigilanza per noia, ma soprattutto per autocompiacimento in merito alla situazione [quando cioè tutto sembra … sotto controllo, perché tutto sembra andare per il meglio – ndr]. Da notare che in questo documento l’argomento è trattato in modo originale, proprio perché trattato in epoca … antesignana ! Si afferma che «per superare il problema del rilassamento e dell’eccesso di fiducia nell’automazione è necessario un’eliminazione pressoché totale dei rischi creati dall’utilizzo dell’automazione stessa !». Rischi di principio che sono stati pressoché individuati nel testo presentato … oltre trent’anni fa !
Commento
Ancora oggi condivido questo antesignano pensiero esposto dall’Autore appartenente alla prestigiosa SAS, in merito all’automazione a bordo degli aeromobili attualmente in uso nell’aviazione commerciale internazionale. Mi viene logico di chiedermi:- Ma tutti questi principi riguardanti i rischi dell’automazione (ed altri in seguito rivelatisi più peculiari), saranno mai stati valutati ed incorporati anche nell’automazione dei progetti riguardanti gli UAV/UAS, sui quali non esiste più un pilota in volo sull’aeromobile, ma soltanto un “manovratore/sorvegliante” del sistema confinato però a terra dentro una remota stazione di controllo, che non consente di avvertire stimoli ed effetti fisici capaci di mettere in preallarme i piloti degli “aeromobili che volano” ?
L’uso degli aeroveicoli senza pilota a bordo può esser giustificato militarmente dall’esigenza di non porre a rischio la vita di piloti altamente specializzati in missioni particolarmente pericolose (sia come incursori in territorio nemico che, in certi casi, come rifornitori di armi e materiali sulla linea del fronte).
Questo non è però giustificato per l’aviazione commerciale se non per un motivo molto azzardato:- quello di ridurre, inizialmente, ad un unico pilota l’equipaggio di condotta necessario a guidare un aeromobile ed in un tempo successivo quello di eliminare totalmente i piloti a bordo, ma utilizzare qualcuno per manovrare a distanza dei “mezzi –aerei” che dovrebbero trasportare quei coraggiosi passeggeri che vorranno viaggiare in futuro. Le garanzie saranno proprio le stesse ?
Secondo documento SAS
Il secondo documento presentato sullo stesso tema sempre dalla SAS tratta della «Automatic complacency», titolo che in questo caso va tradotto, come in psicologia applicata, e cioè come «Aspettativa umana nell’automazione», ovvero, più semplicemente, come “auto-confidenza dell’essere umano nell’automazione”.
Il documento inizia affermando che il problema del ruolo dei piloti è quello di confrontarsi con la necessità d’avere un comportamento qualificato e professionale di fronte all’interfaccia tra i due sistemi:- la mente dell’essere umano a fronte del concetto progettuale applicato nella costruzione della “macchina”, specialmente se componente d’un sistema più complesso.
Per ben inquadrare l’argomento, personalmente ritengo utile ricordare che “la macchina”, anche il più complesso computer, è solo una “macchina utensile”, progettata per aiutare l’uomo a compiere certe specifiche funzioni, ma assolutamente non per prendere decisioni al posto dell’essere umano.
Specifica il documento:- «la macchina non è in grado di “pensare” per noi, non può lavorare al di fuori dei propri rigidi confini di prestazioni e non può nemmeno rendersi “compiacente” nei confronti dell’utilizzatore. Di conseguenza sta a noi [piloti – ndr] non lasciare che questo utensile lavori in proprio e senza che noi ne conosciamo i suoi punti deboli ed i suoi limiti».
Il documento prosegue esaminando alcune peculiarità:- ad esempio l’autopilota e l’automanetta normalmente lavorano molto bene nei loro rispettivi compiti, ma nessuno dei due sistemi di bordo conosce molto di ciò che sta facendo l’altro o ciò che l’altro intenderebbe fare … e poi ancora, nessuno dei due conosce molto delle limitazioni operative dell’aeromobile [seppure qualcosa è cambiato in questi trent’anni – ndr].
Sembra, tuttavia, che i piloti contino molto sui sistemi automatizzati [anche perché adesso è loro imposto di usarli sempre, tanto da perdere la”manualità del pilotaggio” – ndr] e, nel caso particolare, si affidino sempre ai comandi di volo automatizzati, al punto tale da trascurare i dati primari degli strumenti di volo, tanto da modificare le precedenze sulla consultazione dei dati disponibili. Così l’utilizzo dell’automanetta tende a degradare la consapevolezza della velocità, come l’utilizzo della pre-selezione per l’aggancio automatico dell’altitudine/altezza assegnata tende a degradare la consapevolezza [e la vigilanza –ndr] della quota e così via per i tanti automatismi che divengono disponibili. Un altro modo di descrivere il problema è quello di constatare che i piloti si adattano ad uscire dal “circuito di comando e controllo” (loop). Ciò che più stupisce è il fatto che i piloti si difendono incolpando il sistema automatizzato (che però è solo un fattore contribuente dell’eventuale errore umano) e quindi si tende a giustificare il comportamento confidando eccessivamente sulla tecnica e modificando il comportamento procedurale consistente appunto nella scansione strumentale dei dati primari di volo.
In definitiva i piloti devono ancorarsi ai seguenti principi:-
1.- la macchina non solleva l’uomo dalle sue responsabilità;
2.- la macchina non riduce il carico di lavoro dell’uomo, con riferimento al conseguimento dei suoi risultati;
3.- la macchina aumenta il rendimento complessivo;
4.- l’aumentato rendimento consente di:
- migliorare la sicurezza;
- equilibrare i carichi di lavoro;
- migliorare la precisione;
- ottimizzare la regolarità;
- ridurre i costi [vero fine ultimo dell’automazione – ndr].
In questo contesto, il ruolo gestionale del pilota può essere riassunto come segue:-
Pianificare – Programmare – Convalidare – Sorvegliare – Correggere – e, se necessario – Scartare e/o Rilevare la funzione.
Vale a dire:- rimanere nel “loop” !
Commento
Bisogna riconoscere che l’Autore di questo documento, un pilota degli anni ’70, aveva comunque ben inquadrato i problemi professionali che si andavano presentando ed arriva ad elencare da un lato ed a consigliare da un altro, i principi comportamentali che sono rimasti tuttora validi. Principi che dovrebbero essere alla base delle conoscenze professionali di ciascun pilota, in merito ai rischi presentati dall’utilizzo di qualsiasi sistema automatizzato nelle operazioni di volo.
Documento British
Questo è stato presentato da un “Management Pilot”della British Airways, il quale poi nel testo finisce per presentarsi come un pilota che è stato assegnato ad un aeroplano di costruzione britannica che, a buon titolo, può esser considerato il primo aeroplano che presentava nel cockpit una discreta automazione, consistente prevalentemente in un autopilota tecnicamente molto progredito per l’epoca. Si tratta del trireattore a medio-raggio Hawker-Siddeley HS 121 “Trident” che aveva volato per la prima volta nel 1962 e fu introdotto in linea nel 1964 dalla British European Airlines – BEA. Aereo per certi versi avveniristico in quanto, assieme soltanto al “Caravelle SE 210 della Sud Est Aviation, era in grado di effettuare procedure automatiche di atterraggio (autoland) e l’unico, a quel tempo, ad avere una mappa mobile di navigazione, gestita da un sistema Doppler.
L’Autore esordisce con la sua autobiografica:-«Avendo speso nove anni su di un aeromobile avente un autopilota estremamente progredito [per l’epoca – ndr] ed altri sistemi automatizzati prima d’essere trasferito ad un aereo relativamente più semplice, ho avuto la possibilità d’osservare alcuni dei cambiamenti che avvengono riguardo alle tecniche ed alle attitudini mentali allorché un individuo è posto in un ambiente di lavoro automatizzato … Tutti gli aeroplani dovrebbero essere automatizzati quanto più possibile e penso che i progressi tecnologici siano avvenimenti naturali. Ritengo però che il grado di addestramento e quello del successivo utilizzo dei sistemi automatizzati abbiano bisogno di controlli molto, ma molto accurati. Più un sistema è all’avanguardia, più i controlli dovrebbero essere accurati».
Così, dopo aver spiegato i comportamenti da lui tenuti sul discretamente automatizzato HS 121 “Trident”, particolarmente riguardo alle tecniche di avvicinamento ed atterraggio automatizzate con l’autopilota governato da tre distinti canali, ebbe modo di notare le notevoli differenze con le procedure di avvicinamento manuale. Quando fu assegnato al più modesto bireattore BAC 1-11, impiegato sul corto raggio, cioè un velivolo che per quanto attiene all’autopilota era piuttosto “primordiale”, (aveva cioé la sola funzione di mantenimento prua e di aggiustare lo stabilizzatore del timone di profondità per mantenere le altitudini assegnate, senza l’automanetta), ebbe modo di rafforzare le sue osservazioni relativamente alle notevoli differenze tecniche ed operative.
Entrambi gli aeroplani presentavano però un “vizio” comune, cioè quello di essere molto sensibili alle variazioni del centro di gravità soprattutto in fase di atterraggio, variando di molto la maniera di effettuare la fase di richiamata prima della toccata sulla superficie della pista (flare). Di conseguenza si ebbero diversi casi di “atterraggio pesante”, con danni strutturali ad entrambi i tipi di velivoli sopra menzionati.
Questo pilota trae le sue conseguenze ed afferma sia indispensabile seguire certe regole fondamentali:-
1.- I criteri di funzionamento dei comandi automatizzati dovrebbero seguire quanto più possibile i criteri dei comandi di controllo manuali.
2.- I modus operandi dei sistemi automatizzati dovrebbero essere gli stessi delle operazioni effettuate in modo manuale.
3.- Il comportamento dell’aeroplano sotto controllo automatizzato dev’essere tale da rimanere ben dentro i confini di capacità di quel sistema; ad es:- non utilizzare una funzione di automanetta il cui funzionamento sia basato solamente sulla differenza rispetto alla velocità impostata, in quanto non sarebbe in grado di sopportate le minima variazione del fattore vettore.
4.- Assicurarsi che tutti coloro che impiegano il sistema siano consapevoli delle sue limitazioni, o meglio, di quali siano i lati positivi e quali quelli deboli del sistema stesso.
5.- Garantire che l’utilizzo dei sistemi automatizzati di bordo mantenga sempre il pilota nel “loop” (al centro del processo), in modo tale che in caso di avaria o di malfunzionamento il pilota sia capace d’intervenire in sicurezza [ ma questo forse tuttora è il punto più disatteso dai progettisti –ndr].
Commento
Indubbiamente si tratta d’un documento con un punto di vista molto limitato sull’automazione a causa delle esperienze dell’Autore con due tipi di aeroplano, uno automatizzato e l’altro no. Tuttavia è encomiabile lo sforzo prodotto per esaminare e raccomandare dei criteri per migliorare e fornire i concetti informatori che dovrebbero esser tenuti in considerazione ancora oggi.
Documento TWA
Il quarto documento, presentato da TWA, è dedicato alla «Gestione delle prestazioni dell’aeromobile in una cabina di pilotaggio automatizzata» e illustra l esperienze fatte in merito all’utilizzo di un sistema computerizzato di gestione delle prestazioni (PMS – Performance Management System) collegato all’automanetta e quindi dei vantaggi operativi che si attendevano dall’utilizzo di questo sistema. Ciò perché i parametri usati per ottenere le prestazioni dell’aeroplano ricavate dai dati disponibili sia durante la pianificazione prima del volo che da quelli ricavati in volo dalla consultazione del Manuale di volo del Costruttore, raramente erano precisi ed accurati. Il cervello di quel sistema era fondato totalmente sul PMS, in grado di fornire informazioni su tutti gli aspetti del volo, quali la velocità da mantenere in crociera, l’altitudine ottimale [e quindi consentiva la “crociera a gradini” - ndr], il profilo di discesa, quello per la deviazione all’alternato ed era fisicamente connesso ai comandi di volo dell’aeromobile attraverso l’azione dell’autopilota e dell’auto- manetta.
Si trattava insomma, a parere dello scrivente, d’uno dei primi tentativi operativi di automazione, in seguito concretizzatosi con il FMS (Flight Management System) come lo conosciamo, perfezionato, oggi.
Parlando in termini pionieristici, TWA si premurava d’informare i suoi piloti dei possibili rischi per la sicurezza del volo. Dovevano essere attentamente valutati in quanto, non sempre, questi potevano apparire materialmente inequivocabili [inizi del problema del cambiamento dei “modi” di funzionamento – ndr]. Le ripercussioni sulla sicurezza – si premoniva – potevano essere molto subdole e questa doveva essere la principale preoccupazione degli equipaggi di condotta durante l’utilizzo di quel sistema antesignano.
Commento
È dunque attraverso pionierismi del genere che si è giunti a certi risultati nell’attuale realizzazione dell’automazione di bordo, spesso ora portata a livelli molto spinti, talvolta esasperati. Oggi, come allora, la mole dei rischi che si possono correre con l’automazione troppo spinta, viene costantemente (o quasi) superata dalla disciplina professionale e dalla vigilanza esercitata dai membri dell’equipaggio di condotta, equipaggio ormai generalmente ridotto a due soli piloti.
Conclusione
Ho scelto di presentare questi datati documenti in quanto, a parere mio, emblematici del fatto che fin da allora si poteva intravedere la latente discrasia tra la logica con la quale funziona la mente umana dell’utilizzatore (cioè quella operativa del pilota) e quella introdotta nella “macchina” dai suoi progettisti. Specialmente se questa è complessa in quanto costituita dalla sommatoria di dati di più computers e di solito immessa con criteri e principi logici da progettisti talvolta di differenti scuole di pensiero cibernetico, che purtroppo sono raramente a diretto contatto con i problemi del volo e dell’effettivo ambiente operativo (ATC, aeroporti, meteorologia e relative informazioni più o meno attendibili).
Logica questa che, alla prova dei fatti, non è risultata sempre idonea ad interfacciare le due entità:- la logica del cervello dell’operatore (soprattutto se scarsamente informata ed addestrata) e quella del sistema, concepito a tavolino, ma con scarsa conoscenza dei reali problemi ambientali nei quali il sistema deve operare. Un esempio per tutti:- la ri-programmazione del sistema nelle fasi critiche del volo come quelle dell’avvicinamento ed atterraggio, quando la pista assegnata viene cambiata all’ultimo momento.
Dopo questa panoramica dei primi anni in cui l’automazione si affacciava sulla scena operativa e ricorrendo con la memoria a quanto vado da tempo esponendo nei miei scritti, non mi rimane che sperare che la corsa insensata verso l’automazione e la robotizzazione del volo non divenga così spinta o audace da ipotizzare e realizzare l’eliminazione dell’essere umano a bordo degli aeromobili commerciali, per trasferire i problemi su altri esseri umani, però basati a terra e privati anche delle percezioni fisico-sensoriali che il pilota in volo prova.
In merito all’automazione così esasperata degli ultimi anni e quella che si promette dall’industria per il futuro (aeroplani commerciali con un unico pilota a bordo entro il 2025 e senza alcun pilota a bordo dopo il 2030), ma anche per sdrammatizzare la serietà della situazione così presentata, mi sia consentito di riportare una facezia di humour inglese che ben si adatta a mettere in ridicolo certi atteggiamenti super-tecnologici:- «Un contadino va in città a trovare il figlio, che dopo un brillante corso di studi, è diventato ricercatore industriale. Rivolgendosi al figlio, il padre s’informa:- “Allora, figliolo, cosa fai ?”
Il figliolo risponde con sussiego:- “Sono responsabile d’un laboratorio e sto mettendo a punto un solvente liquido universale, cioè un solvente che scioglie qualsiasi sostanza conosciuta”. Il buon padre, scarpe grosse e cervello fine, come s’usa dire, riflette un po’, e poi osserva:- “Ma dimmi: il tuo solvente … che scioglie tutto, in quale bidone pensi di metterlo ?». 31 luglio 2010
Si ha notizia del decesso, avvenuto il 19 Luglio a Melbourne – Australia – dell’Inventore del “Registratore dei suoni in cabina di pilotaggio” degli aeromobili commerciali, il Dottore in Scienze David Ronald de Mey WARREN (20 Marzo 1925 – 19 Luglio 2010), conosciuto nel mondo aeronautico come lo scienziato australiano noto per aver inventato (nel 1956) ed in seguito sviluppato il “Cockpit Voice Recorder – CVR” sull’onda dei disastri del primo aeromobile commerciale con motori a reazione, il britannico De Havilland “COMET”.
Ricordiamo che tra il 1953 (2 Maggio) ed il 1954 (10 Gennaio e 8 Aprile) ci furono, in rapida successione, ben tre misteriosi (allora) disastri aerei di questi quadrireattori presso Calcutta (India) e nel Mar Tirreno, rispettivamente presso l’isola d’Elba ed al largo, all’altezza del Golfo di Policastro. A seguito di questi disastri, il Dottor Warren, avendo partecipato in parte, come esperto, alle investigazioni del “crash” presso Calcutta, concepì l’idea di dedicarsi alla realizzazione di un registratore in grado di ritenere i suoni e le comunicazioni verbali udibili nella cabina di pilotaggio degli aeromobili commerciali quale aiuto prezioso agli Investigatori di incidenti aerei per poter meglio comprendere quali fossero le vere cause e gli eventuali fattori contribuenti degli incidenti aerei.
All’epoca, per questi scopi, esisteva soltanto un primordiale registratore elettro/meccanico dei dati di volo, il “Flight Data Recorder – FDR”, il quale era in grado di incidere su apposite strisce di carta stagnola, per mezzo di punte metalliche collegate a cinque sensori installati sull’aeroplano, solamente cinque parametri di volo, oltre a segnare il tempo dell’evento registrato.
Soltanto due anni dopo (nel 1956) il Dr. Warren aveva già realizzato il primo CVR, che si basava su di un apparato di registrazione che utilizzava dei nastri magnetici ed aveva la capacità di registrare comunicazioni e suoni udibili in cabina di pilotaggio e di mantenerli per la durata di 30 minuti, prima di auto-cancellare i suoni del primo minuto per rendere il nastro utilizzabile per i successivi 30 minuti e così via.
Quest’invenzione veniva, nei propositi dello scienziato, ad aggiungere una nuova dimensione diagnostica, per completare il quadro che poteva venir a formarsi nella mente degli investigatori a seguito della ricognizione del relitto e del luogo nel quale esso giaceva.
Subito dopo si dedicò all’impresa di riunire la sua invenzione con i nuovi “Flight Data Recorders – FDR”, che, a loro volta diventavano anch’essi a funzionamento magnetico, per divenire in seguito a funzionamento digitale.
Ma dovettero accadere molti altri disastri di aerei commerciali prima che le Autorità aeronautiche dei Paesi membri che si riunivano all’ICAO negli incontri tecnici sull’argomento delle investigazioni, riconoscessero e comprendessero quanto importante potesse essere questo nuovo e moderno “Registratore di Bordo” e quindi decidessero di richiederne l’installazione obbligatoria a bordo di tutti gli aeromobili commerciali di peso al di sopra di 5.700 kilogrammi.
Così si verificò che diversi disastri aerei nei quali furono utilizzate anche le registrazioni del CVR poterono essere risolti non solo sulla base dei dati del FDR e delle voci registrate di Piloti e Controllori coinvolti, ma anche da altri suoni registrati dal CVR, come, ad es., il suono prodotto dai motori oppure da quei rumori caratteristici generati dalla carlinga dell’aeroplano, colpita in volo da violente grandinate.
Il Dottor David Warren, primogenito di un oriundo europeo, era nato in una piccola isola prossima alle coste del Northern Territory australiano e rimase orfano all’età di soli nove anni, quando suo padre perse la vita in un incidente aereo avvenuto nel 1934 nello Stretto di Bass.
Dal 1952 (a soli 27 anni) e fino al 1983 il Dr. Warren è stato il principale scienziato addetto alla ricerca presso i laboratori dell’Organizzazione aeronautica per la Difesa del Governo australiano, situata a Melbourne e nel 2002 fu insignito dell’onorificenza di Ufficiale dell’Ordine d’Australia (AO).
Il Dottor Warren va dunque degnamente ricordato nella storia dell’Aviazione Civile internazionale quale benefattore delle capacità investigative sugli incidenti aerei e di conseguenza anche come benefattore della prevenzione pro sicurezza del volo.
Questo scritto, nella mia qualità di Investigatore certificato dal NTSB degli USA e quale ex membro dell’ISASI, vuol essere un commosso omaggio di gratitudine per la memoria del Dottor David WARREN, benefattore della sicurezza del volo e della prevenzione degli incidenti dell’aviazione commerciale mondiale. 24 luglio 2010
Ci risiamo con gli “airliners” senza piloti a bordo come titolavo il mio pezzo pubblicato sul sito web aerohabitat.eu il 3 Luglio scorso.
Thales Aerospace, una Società fornitrice di apparati e d’interi sistemi automatizzati destinati all’aviazione commerciale internazionale, in data 7 Luglio con un comunicato commerciale fa sapere che è pronta a fornire i propri automatismi alla Ditta di costruzioni aeronautiche brasiliana Embraer che per prima lanciò l’idea di aeromobili con un solo pilota a bordo. Per inciso, la Thales" è la stessa ditta che costruisce i tubi di Pitot utilizzati a bordo di molti aeromobili commerciali ed oggetto di critiche sulla loro funzionalità in sicurezza.
A sua volta dunque, Thales si dichiara favorevole e pronta a pensare all’introduzione d’un aeroplano di linea commerciale costruito e predisposto per essere “gestito” [si noti:- “non pilotato”] da un unico pilota a bordo, sempre però come “sorvegliante e risolutore” dell’automazione di bordo, quando questa dovesse fallare ! Tutto ciò quale parte del proprio progetto denominato “Cockpit 3.0 rivolto alla progettazione di “qualcosa di nuovo” che divenga disponibile per il futuro del trasporto aereo, futuro inteso al massimo entro l’anno 2030. Infatti, il credo industriale di Thales è tutto racchiuso nella dichiarazione che «guardando al lontano orizzonte … abbiamo adottato il lungimirante concetto di andare in quella direzione», cioè di procedere con l’automazione sempre più spinta, in modo da arrivare al traguardo indicato, con una “cabina di pilotaggio” per un unico essere umano o anche completamente senza. Ed il portavoce del progetto afferma:- «Il concetto progettuale del “Cockpit 3.0 è indirizzato a ridurre i carichi di lavoro, la complicatezza dell’insieme del sistema e in definitiva, la portata dell’errore umano [naturalmente inteso in senso operativo – ndr], come pure la dimensione della cabina di pilotaggio stessa, onde poter sfruttare meglio la lunghezza della cellula per aumentare il volume interno destinato al carico pagante» !
In tal modo Thales crede di poter fornire per il 2030 della “cabine di pilotaggio” [o meglio delle “celle” – ndr] che saranno «più “sicure”, più semplici, più facili per addestrarsi, insomma di poter realizzare un aeroplano capace d’esser “gestito” da un unico “pilota”». E subito dopo si allude anche al “futuro controllo da terra”. Infatti Thales conclude le proprie considerazioni sulla possibilità di realizzare il progetto con la seguente frase retorica:- «Il Co-pilota è proprio necessario a bordo degli aeroplani oppure può esserlo a terra ?».
Infine ecco spuntare, sulla scia della moda UAS/UAV, il “controllo da terra” [inteso come capacità di gestire il “mezzo aereo” in volo – ndr] e ciò pensato e realizzato per ovviare a qualsiasi difficoltà dell’automazione o eventualmente alle necessità dell’unico pilota “in volo”.
Ma il punto forse più importante di questa dichiarazione d’intenti, un po’ commerciale, un po’ programmatica, ma complessivamente molto utilitaristica ed appagante per il business, è quella dove Thales finge d’interessarsi anche alla sicurezza, dichiarando che «Molti problemi rimangono da risolvere, compreso quello del quesito riguardante “quanto” e “come” la sicurezza del volo possa venir degradata dal fatto di non aver più in cabina di pilotaggio un Co-pilota, il quale, con i suoi interventi faccia obiezione ad azioni o decisioni non-standard attuate dal Primo Pilota, e poi, “cosa” potrebbe capitare se quest’unico pilota divenisse improvvisamente inabile durante il volo ed infine, a “come” provvedere a trasferire ai nuovi piloti in addestramento le esperienze necessarie per diventare Comandanti di un aeromobile commerciale ?». E conclude:-«La risposta potrebbe non essere la stessa per tutti i settori dell’aviazione commerciale. Ad esempio, un unico pilota potrebbe diventare realtà a bordo degli aeroplani cargo pieni di merci ben prima d’essere utilizzato sugli aeromobili da trasporto passeggeri [già, ma s’intenderebbe far volare il cargo nello spazio aereo comune, costituendo comunque un azzardo per gli altri in caso di inabilitazione dell’unico pilota – ndr]. Ovviamente noi abbiamo fatto la proposta, ma alla fine è il “mercato” che deve decidere [bisogna però vedere quale sarà la valutazione dell’Autorità preposta alla sicurezza del volo – ndr]». Insomma, come si può constatare, un certo cinismo viene comunque messo in conto, ben prima di vedere la reazione del pubblico a tale tipo di “proposte”.
Abbiamo finora rispettato la traduzione del termine usato nel comunicato, che è «incapacitation», termine definito in lingua italiana appunto con il vocabolo «inabilitazione» o «perdita di abilità di attendere alle proprie funzioni», che sta a definire lo stato di un essere umano che in volo venga colpito da qualsiasi tipo di malore, che può essere più o meno grave.
Esiste infatti l’inabilitazione di tipo non-palese di un membro dell’equipaggio di condotta, che può esser scoperta dall’altro soltanto dalla mancanza (assoluta o parziale) di risposte appropriate da parte dell’essere umano che ne è colpito, e quella di tipo evidente o dichiarato, che può andare dall’accasciamento dell’individuo sui comandi oppure con una manifestazione dei sintomi o dei malori accusati e comunicati all’altro membro presente in cabina di pilotaggio. Esistono poi inabilitazioni di durata temporanea, per finire con quelle letali e palesi.
Le cause di inabilità temporanea o persistente, di tipo palese che possono colpire gli esseri umani in cabina di pilotaggio, pur se periodicamente controllati fisicamente e fiscalmente da appositi Enti sanitari specializzati sono:
- Ipossia.
- Fumi o vapori (per incendio o contaminazione dell’impianto di condizionamento).
- Intossicazioni alimentari.
- Sonnolenza o torpore.
- Attacco cardiaco, ictus o apoplessia, anormalità cerebrali momentanee.
- Problemi vascolari.
- Diabete mellito.
- Azioni terroristiche.
- Raggi laser rivolti agli occhi dei piloti (anche da terra).
L’evento più recente nel quale si è verificata la necessità di sostituire uno dei piloti a bordo per “inabilitazione” a svolgere i propri compiti è avvenuto lo scorso 14 Giugno. Il Primo Ufficiale d’un Boeing 767 in volo da S. Francisco a Chicago con 225 passeggeri ed un equipaggio di cabina di 7 membri ha accusato un imprecisato malore dopo circa un’ora di volo ed è quindi rimasto inabilitato a continuare il suo lavoro. Il Comandante, dopo aver provveduto tramite l’equipaggio di cabina ad individuare se tra i presenti a bordo ci fosse stato, fuori servizio, qualche pilota di Compagnia, ha scelto una assistente di volo del suo stesso equipaggio di cabina che era in possesso del brevetto di pilota “privato”ed aveva accumulato circa 300 ore di volo.
E’ stata scelta dal Comandante per rimpiazzare certe funzioni tipiche del co-pilota e dopo un breve ambientamento al posto del co-pilota, è stata utilizzata per leggere le voci della “check-list” (elenco delle operazioni da compiere e verificare) per la verifica da parte del Comandante della corretta configurazione dell’aeromobile per la procedura di avvicinamento e di atterraggio, oltre ad altri compiti ausiliari.
Così l’aeroplano ha felicemente preso terra a Chicago, dove si è provveduto a ricoverare il Primo Ufficiale inabilitato.
Ricordo anche un altro episodio accaduto nel Gennaio del 2008, questa volta ad un volo di linea canadese da Toronto a Londra quando, anche in questo caso, il Primo Ufficiale s’è improvvisamente accasciato ed ha dovuto esser rimosso dalla cabina di pilotaggio e sostituito da un membro dell’equipaggio di cabina che ha coadiuvato il Comandate fino all’atterraggio a destinazione.
Da quando esiste l’aviazione commerciale molti sono stati i casi di inabilitazione lieve o perfino letale che si son dovuti registrare tra i piloti in cabina di pilotaggio.
Il caso di inabilitazione più grave che possa capitare su di un airliner moderno è accaduto il 14 Agosto 2005 e non posso esimermi dal ricordarlo, seppure succintamente.
Un Boeing B. 737-300 della Compagnia aerea cipriota Helios Airways, partito da Cipro, è precipitato (senza che vi fosse alcuno vivo ai comandi) nei pressi del nuovo aeroporto di Atene (precisamente nella località di Grammatico) a causa dell’inabilitazione contemporanea e letale di entrambi i piloti causata da ipossia ed ipotermia che aveva colpito quasi tutti gli occupanti del velivolo, esclusi probabilmente un paio di assistenti di cabina. L’evento è stato generato da una serie incredibile di errori degli addetti alla manutenzione del velivolo e degli stessi piloti. L’investigazione tecnica condotta dall’Ente ellenico per gli incidenti aerei ha stabilito che la causa diretta del disastro è stata, assieme ad altri elementi scatenanti, «l’inabilitazione per ipossia dell’equipaggio di condotta [composto da due piloti ! - ndr], iniziata già durante la fase di salita alla quota di crociera, alla quale il velivolo s’è stabilizzato in base alla programmazione immessa nell’automazione di bordo, mentre il volo è poi continuato fino al momento dello spegnimento dei motori a causa dell’esaurimento del carburante, conclusosi con l’impatto dell’aeroplano con il suolo».
Abbastanza drammatico ed eccezionale, no?
Orbene … l’inaspettato non finisce mai di accadere, come del resto recita il detto:-«The worst … never ends».
Ed ecco dunque il perché ormai da anni vado mettendo in guardia dalla “troppa automazione” e sono contrario all’immissione degli UAS/UAV (“mezzi-aerei” senza pilota a bordo) ad operare negli spazi aerei comuni, assieme al traffico aereo tradizionale, che ha raggiunto e mantiene ancora un invidiabile record di sicurezza nel trasporto aereo dei passeggeri. 17 luglio 2010
E così … stanno per incominciare le vacanze estive per tutti, parlamentari e giudici compresi … ed anche il mondo dell’aviazione civile si adegua, non prima però d’aver consumato uno dei suoi riti … pre-festivi.
Infatti il 6 Luglio s’è tenuta la “classica fumata bianca” con relativa benedizione parlamentare per tutti coloro che si son prestati a far numero al convegno organizzato da Demetra, la quale, forte di referenze quali quelle di un ex D. G. di ENAC (ma sempre e tutt’ora avvocato dello Stato) e del Presidente d’una Fondazione che è stata accontentato dal primo con un pezzo di sasso che è stato collocato in un angolo recondito dell’aeroporto di Fiumicino, dedicato alle povere Vittime del grave incidente avvenuto sull’aeroporto di Linate.
Aeroporto di Fiumicino che dovrebbe essere la gloria e la porta d’ingresso alla Capitale e che invece non è giudicato nemmeno in grado di ricevere (per ragioni di sicurezza) l’Airbus A. 380, secondo i responsabili d’una Aerolinea internazionale importante come Emirates.
Così l’estate, come s’è aperta, così si chiuderà sia in campo internazionale che in quello nazionale senza che né il relitto dell’A. 330 del volo AF 447 scomparso in Atlantico il 1 Giugno 2009 sia stato non dico ritrovato, ma neppure sia stato chiarita e compresa compiutamente la valenza tecnica di quei messaggi trasmessi in automatico dai sistemi di quell’aeroplano. Così in ambito nazionale non risulta svelato il perché, ad oltre un mese dalla data in cui è stato consegnato ad ENAC, lo “studio”, commissionato a caro prezzo ad un consorzio di ditte appositamente costituito, riguardante la situazione degli aeroporti civili nazionali, sia stato svelato agli utenti italiani, ma neppure consegnato al Ministro competente. Il quale Ministro invece ha trovato il tempo per esplicare tutta la sua “competenza” nel promettere al Presidente della Provincia ed al Sindaco di Viterbo (ricevuti in contemporanea) che … l’aeroporto si farà, … sebbene spetti ad AdR non solo presentare un “Master Plan di fattibilità”, ma perfino di reperire i capitali necessari per trasformare quello che viene pomposamente chiamato aeroporto di Viterbo (ora militare) in un aeroporto civile capace di ricevere il traffico che ora ( e da diversi anni) utilizza l’aeroporto di Ciampino !
Nel frattempo però si provvede a sfornare fior di fondi per l’insonorizzazione delle case più prossime alla pista di Ciampino, costruite a suo tempo in barba ad ogni “servitù aeronautica” allora contemplata nel Codice della Navigazione – Parte Aerea in vigore all’epoca.
Ecco forse perché del “famoso Piano degli aeroporti nazionali” non si sa più niente. Vero, Sig. Ministro ? 14 luglio 2010
Pare sia un virus … Mi stavo già meravigliando:- eravamo giunti alla mattina del 26 Giugno 2010 e… ancora nessun articolo giornalistico, nessuna celebrazione, nessun documentario, nessun film (neppure la presentazione di quella “bufala” del “Muro di gomma”, finito miseramente con la sentenza del Tribunale di Roma che assolveva i Generali dell’A. M. da un’accusa di tutt’altro genere) ; insomma niente di tutto quel che, da 29 anni a questa parte, iniziava almeno un mese prima del 27 Giugno, giorno definito del “Mistero di Ustica”.
Sia ben chiaro che, detto con tutto il rispetto dovuto alle povere vittime innocenti e per quei loro parenti che si sono comportati dignitosamente nel loro dolore, senza scandali e solo giustamente chiedendo l’accertamento della verità a fini di Giustizia, quello di Ustica poteva esser definito un “mistero” fino a quando, con colpevole ritardo, la Giustizia italiana non si è prodigata per recuperare quel relitto, del quale non c’era traccia che parlasse con evidenza di quanto accaduto. Invece, approfittando della situazione nel Mediterraneo, per quanto riguardava la “guerra fredda” in corso, tutte quelle masse nazionali che non tifavano né per la Nato né per il proprio Paese, si scatenarono in campagne di stampa ed altro, per gettare quanto più fango possibile sui vertici dell’Arma Azzurra del tempo, accusandoli di non saper difendere lo spazio aereo del nostro Paese o d’esser colpevoli di trame d’alto tradimento.
Così evidenze molto delicate e che già contenevano alcuni elementi esplicativi furono dati in pasto sia ad una Commissione d’inchiesta tecnico-formale composta per l’occasione con membri “esperti” di tutto e di niente, ma senza la partecipazione d’un solo Investigatore certificato e degno di questa definizione. Poi, in mancanza d’un Ente investigativo nazionale, il tutto finì in mani ancora più squallide e sprovvedute dei membri di diverse Commissioni peritali nominate dalla Magistratura, le cui inchieste effettuate con mezzi e metodi improvvisati, finivano per contraddirsi l’un l’altra.
Poi finalmente si arrivò ad un primo recupero di parti dell’aeromobile I-TIGI – volo Itavia 870 – tra cui il registratore delle voci della cabina di pilotaggio, che rendeva disponibili due importati elementi, che qualora fossero stati valutati nella giusta luce e collegati alle registrazioni dell’unico Radar civile italiano che fin dal primo giorno dimostravano che attorno al volo Itavia 870 non c’era stata nessuna battaglia e che i tre “angeli”, scambiati da alcuni “inesperti” di radar avevano fatto gridare alla presenza d’un aereo supersonico che avrebbe attaccato il volo civile, erano soltanto segnali spuri. Poi un altro inesperto di radar civili (era un radarista navale nordamericano) intorbidò ulteriormente le acque parlando dello scoppio vicino all’aereo di un missile aria-aria di prossimità, del quale però non si trovò traccia alcuna quando l’intero relitto fu finalmente recuperato e reso disponibile, ancora una volta purtroppo, a mani e menti inesperte di investigazioni d’incidenti aerei.
Due elementi del Registratore CVR, erano indicativi:.-
il primo: l’interruzione della registrazione avvenuta mentre l’apparato memorizzava un forte sibilo di aria che usciva con violenza dalla cabina pressurizzata, indicando il verificarsi d’una decompressione esplosiva;
il secondo: la voce d’uno dei due piloti (mai accertato quale dei due fosse) che stava pronunciando una parola di stupore o di avvertimento all’altro, parola che rimane mozzata. La parte di parola era “Guar…”, interpretabile come qualcosa che poteva indicare un problema interno od esterno al velivolo. Elemento che avrebbe potuto essere indicativo, se valutato da un investigatore capace e che conoscesse bene il velivolo.
Il recupero successivo riportò in superficie circa l’80% della struttura, completa dei motori e di parte dell’arredamento interno, particolare importante in quanto permise di rilevare su di alcuni cuscini delle poltrone dell’aereo dei frammenti di plastica del rivestimento interno della cabina, proiettati con violenza dal settore di coda in direzione del settore di prua dell’aeromobile. Questo indicava inequivocabilmente che s’era verificata un’esplosione interna di un ordigno che aveva iniziato la decompressione esplosiva e la successiva parziale disintegrazione del lato destro del velivolo. Quindi c’era stata un’esplosione ma non all’esterno, bensì all’interno della cabina pressurizzata. Adesso si trattava di trovare il punto d’inizio della deflagrazione e le relative evidenze, quando ormai era accertato che si trattava d’un esplosivo militare del tipo T4, del quale bastano piccole quantità per provocare notevoli distruzioni sulle pareti di ambienti chiusi e per di più pressurizzati, coma la cabina di un aeromobile.
Passarono altre mani ed altri uomini, finché a qualcuno venne in mente di difendere l’Aeronautica Militare ed i suoi alti Ufficiali rinviati a giudizio e chiamò a compiere una perizia tecnica due elementi di valore: un Investigatore straniero dell’AAIB inglese, Mr. Taylor ed un famoso progettista e costruttore di aeroplani, l’ingegner Ermanno Mazzocchi. Purtroppo però costoro non furono mai riconosciuti dalla Magistratura inquirente, che continuava a correre dietro ai fantasmi della “guerra aerea”.
Così mentre questi ultimi lavoravano seriamente, frugando tra le evidenze della ricostruzione del relitto (effettuata encomiabilmente ad iniziativa d’uno dei Periti della Magistratura dentro un hangar di Pratica di Mare), altri periti stavano combattendosi a suon di relazioni e contro relazioni che finirono per confondere ancor di più la Magistratura inquirente.
Quando infine i due Periti di parte terminarono il loro lavoro, strettamente collegato con le evidenze della registrazione del CVR, si poté conoscere veramente ed inequivocabilmente ciò che era avvenuto sul volo Itavia 870: un ordigno, posto in un vano di servizio adiacente alla tazza del gabinetto della toilette di destra era scoppiato subito dopo che l’aereo aveva abbandonato in discesa la quota di crociera. Ordigno ovviamente attivato da una semplice capsula barometrica e da una piccola batteria, sapientemente programmata per innescare l’esplosione alla prima variazione di pressione in discesa che l’aeroplano avesse compiuto !
Ecco:- questo sarebbe stato il “Mistero di Ustica”:- era sufficiente andare a vedere all’aeroporto di Bologna chi aveva avuto accesso all’aeromobile e se questo era rimasto “sorvegliato efficacemente” e “controllato prima dell’imbarco dei passeggeri” con le tecniche antiterrorismo in vigore già da molti anni presso le Aviazioni Civile che già avevano avuto a che fare con eventi terroristici di vario tipo, da quello mediorientale a quello di tipo indipendentista (come nel Nord-Irlanda). Qui si trattava chiaramente d’un “affare” tutto italiano !
Troppo tempo era ormai passato e comunque la Magistratura e la Polizia non ritennero di doversi muovere capillarmente a fronte di queste evidenze, disponibili tra i rottami del relitto, tra i quali si poteva ancora identificare la parte della tazza del gabinetto deformata dall’esplosione interna ed il colore della scritta rossa Itavia posta sul portellone della stiva anteriore che fu proiettato all’esterno dalla sovrappressione dello scoppio e che fini per urtare la cappottatura esterna del motore destro dell’I-TIGI, lasciandovi tale impronta.
Prova che quelli registrati dal Radar di Roma il 27 Giugno 1980 fossero semplici “angeli” (tracce spurie), fu data dal volo effettuato con un DC 9 dello S. M. A. M. (in cabina di pilotaggio del quale c’era anche lo scrivente) che fu effettuato per esser intercettato alla stessa quota sulla posizione geografica del disastro da un F 104 (aereo di fine mappatura e supersonico, come si pretendeva fosse quello dei famosi “tre angeli”), il quale eseguendo l’identica ipotetica rotta del fantomatico aereo assalitore, fu invece sempre costantemente rilevato e registrato dallo stesso Radar, e non con “tracce” intermittenti come erano i “tre angeli”.
Ma torniamo al tema di questo scritto. Ecco dunque che alle 12.40 circa del 26 Giugno, il canale televisivo la 7 per primo ci ha pensato a ristabilire il “cerimoniale”, con tanto di riprese delle parole di circostanza del Capo dello Stato, e con la presentatrice che annuncia che la sera successiva ci saremmo potuti sorbire un programma, ovviamente titolato “Il mistero di Ustica”, nel 30mo anniversario del disastro.
Disastro che, come al solito (seppur più velatamente), parlando di «battaglie aeree nei nostri cieli» viene immancabilmente attribuito nel migliore dei casi all’A. M. per “non aver saputo difendere i nostri cieli” e nel peggiore si sfoga continuando a gettar discredito genericamente sugli Uomini dell’Arma Azzurra, dal grado di Generale in giù, fino a collegare alcuni suicidi di sottufficiali dell’Arma e la morte in volo a Ramstein di alcuni piloti della Pattuglia acrobatica nazionale, attribuendo tutto al disastro di Ustica.
Così il 27 sera alle 21.30 mi sono accinto all’impresa di ascoltare (detto con il dovuto rispetto ai famigliari delle Vittime) quel Capofamiglia che si è prestato, forte del suo lutto plurimo, ad offrire alla regia continui sprazzi di memorie utili ad una ricostruzione dei fatti affettiva (ma di parte), che è stata contrastata solo per pochi secondi, da un Generale della riserva dell’Arma che veniva posta sotto accusa.
Ma il meglio doveva ancora avvenire con il programma serale di lunedì 28 Giugno, quando durante la rubrica “Chi l’ha visto?”, sorprendentemente si è cominciato a trattare del “mistero di Ustica”, senza che ciò fosse annunciato nel programma condotto da Federica Sciarelli. Giornalista che già alcuni mesi prima s’era impegnata a”ricostruire e commentare a modo suo” il disastro di Montagnalonga (aeroporto di Palermo Punta Raisi) del 5 Maggio 1972. Anche in quell’occasione la predetta s’era permessa di travisare i fatti tirando in ballo le risultanze dell’inchiesta tecnico-formale, inchiesta colpevole, a suo dire, di «non aver saputo indicare la “sua” verità su quell’evento». Per sua sfortuna, si dà il caso, che io sia ancora vivente e che nelle prime ore del 6 Maggio 1972 già stavo sul posto in qualità di Membro addetto alla “sicurezza volo” di quella Commissione, guidata dall’indimenticabile Generale Francesco Lino, che proprio in conseguenza di quel disastro pubblicò quel programma di ammodernamento degli aeroporti italiani e delle relative radioassistenze conosciuto all’epoca come “Rapporto Lino”.
In quelle funzioni, ho avuto modo di partecipare a tutte le fasi dei lavori di quella Commissione d’inchiesta e sono tuttora in grado di smentire tutto quanto è stato insinuato nel corso di quella puntata di “Chi l’ha visto?” [del 21/12/2009], come ho ampiamente documentato nel mio articolo di precisazione, pubblicato il 13/1/2010 sul sito web “aerohabitat.eu” - Dossier – rubrica “Aviation topics”, che mi ha ospitato, in quanto la RAI non si è mai resa disponibile a sentire la mia “campana” e quella di almeno altri due superstiti viventi di quella Commissione. Invito a confrontarsi pubblicamente che la responsabile della rubrica si è ben guardata dall’accettare. L’articolo, ancora consultabile sul sito citato, reca il titolo “IO … ERO SUL POSTO … a Montagnalonga …”.
In questo caso, io non c’ero, ma il giorno seguente mi preoccupai di intervistare un paio di colleghi Comandanti che la sera del 27 Giugno e all’incirca nelle stesse ore (poco prima delle 21.00 locali – ora legale) s’eran trovati a volare nella zona a Sud di Roma, uno proveniente da Tunisi e l’altro in viaggio per Atene ed oltre. Quest’ultimo (ancora vivente) aveva volato dal VOR di Ponza a quello di Caraffa di Catanzaro circa 1 ora prima delle 21.00, mentre il Collega proveniente con il volo da Tunisi aveva sorvolato il VOR di Palermo e proseguito per il VOR di Sorrento (Punta Campanella), sorvolando quindi Ustica e tutta la rotta fra i due punti circa 20 minuti prima della scomparsa del DC 9 dell’Itavia. Ebbene entrambi non avevano notato alcunché di anormale (visibilità ottima) in tutto quel settore del Tirreno, dove poi si è verificata la tragedia. Ma nessuno di essi fu mai sentito dal Magistrato inquirente, che aveva già intrapreso a battere un’altra pista …
Ma la “storia non finisce qui”, purtroppo:- ascoltando il velato suggerimento del Capo dello Stato ed alcuni rumori “viscerali” provenienti da altre fonti politiche (come il Senatore a vita Cossiga) ecco che su tali ed altre … pressioni, anche il Ministro della Giustizia Angelino Alfano si lascia coinvolgere dal rigurgito giustizialista di certa Magistratura e due giorni dopo si presta a firmare ben quattro rogatorie internazionali (di cui dice di non conoscere il testo, probabilmente per “non condividerlo”) giunte sul suo tavolo ad opera di due P. M. della Procura di Roma; rogatorie indirizzate a Stati Uniti, Francia (che novità !) e, stavolta non si sa perché, anche a Germania e Belgio !
Tutto ciò sebbene che nel corso del programma “Chi l’ha visto?” fosse stato chiamato in causa da Washington anche il noto opinionista E. Luttwak, il quale ha saputo replicare alle insinuazioni sul “mistero di Ustica” ricordando che in Italia è sempre di moda utilizzare il verbo “usticare”, per indicare le annuali commemorazioni e rievocazioni di certi scenari, dovuti al fatto incontrovertibile che il caso del disastro di Ustica sia finito nelle mani “impreparate alla bisogna” della Magistratura italiana, soltanto perché all’epoca in Italia non esisteva ancora un Ente permanente, competente ed indipendente incaricato di effettuare le investigazioni sugli incidenti aerei (come esisteva nei Paesi più aeronauticamente avanzati) ed invece si dovesse ancora ricorrere (ex art 827 dell’allora vigente Codice della Navigazione – Parte Aerea) all’intervento di Commissioni formate da membri non sempre “esperti” e non sempre “all’altezza del compito”. Senza contare il fatto che l’allora Ministero dei Trasporti e dell’Aviazione Civile non era in grado di finanziare prontamente il recupero del relitto del DC 9 dalla posizione in cui era stato rilevato in fondo al Mar Tirreno. Ragion per cui, la Commissione dell’epoca, con l’ausilio della presenza di un membro tecnico, ingegnere del Registro Aeronautico Italiano, poté soltanto concludere che il DC 9 era precipitato a causa d’una esplosione indeterminata di natura esterna o interna al velivolo. E avendo a disposizione il solo tracciato registrato dal Radar civile di Roma, bisogna riconoscere che ci andò abbastanza vicino. Anche se da lì in poi si scatenò la “psicosi” della “battaglia aerea” … per abbattere l’aereo di Gheddafi e di cui il DC 9 dell’Itavia – volo 870 del 27 Giugno 1980 - sarebbe stato vittima “involontaria” !
Ed invece il DC 9 fu una vittima “volontaria” e preordinata da parte di chi ordinò e da parte di chi effettuò, durante il transito dell’aereo allo scalo a Bologna, la semplice operazione di far entrare un pacchettino contenete l’esplosivo, la capsula barometrica e la piccola batteria nel vano laterale della toilette di destra dell’aeromobile.
Quindi meglio avrebbero fatto il Presidente della Repubblica ed il Ministro ad ordinare rispettivamente alla Magistratura ed alla P. G. la ripresa seria e minuziosa delle indagini all’aeroporto di Bologna e agli interessi collegati con l’impresa titolare di quel volo, impresa che a seguito di quel fatto fu fermata e fallì miseramente. 10 luglio 2010
E’ trascorso un solo giorno dall’annuncio di Embraer di voler progettare un airliner gestito da un unico pilota a bordo ed ecco la frenesia delle riviste specializzate di voler già valutare e concludere sui pro e sui contro di tale novità ancora più esasperata dell’applicazione dell’automazione.
Così “Flight International” apre il suo commento sulla rubrica “Safety” con una provocazione, scrivendo:-«Tutti gli aeroplani possono esser “volati” da un unico pilota». Ma subito aggiunge:-«Il principale argomento di sicurezza che richiede la presenza di due piloti è l’inabilitazione che può colpire un pilota ai comandi ed è proprio per questo motivo che le cabine di pilotaggio sono ergonomicamente progettate in modo che il pilota rimasto possa portare a destinazione, in sicurezza, l’aeroplano [ed i suoi passeggeri – ndr], anche nel caso in cui colui che sia rimasto “incapacitato” dovesse essere il Comandante».
Dunque la normativa in vigore accetta il princìpio che un unico pilota possa gestire un airliner, ma consente ciò soltanto in caso di un’emergenza in volo !
Il dibattito si sposta così sul territorio delle considerazioni pratiche e culturali. Una considerazione pratica che viene subito in mente è quella che, siccome tutti i piloti commerciali devono essere abilitati come i piloti-comandanti, allora ci si chiede come potrebbero in futuro raggiungere la competenza richiesta senza un apprendistato in qualità di co-piloti? E poi, per un unico pilota a bordo, l’autopilota d’un tale aeroplano dovrà essere certificato anche per i periodi di tempo d’assenza del pilota ai comandi, con una funzione che non gli consenta di sganciarsi o di escludersi, funzione che costituirà di per sé un problema tecnico che solleva una miriade di altre questioni tecniche.
Il commentatore afferma poi che oggidì un aeroplano commerciale può essere estremamente complesso, ma con un’automazione che si “autosorveglia” [e che talvolta provvede a sopperire automaticamente al problema – ndr] e con i miglioramenti apportati all’affidabilità degli impianti, tutto ciò ha drasticamente ridotto il carico di lavoro dell’essere umano [problema che è poi alla base del tedio e di tutte le altre conseguenze causate proprio dall’automazione ndr].
Così Embraer , basandosi sul futuro scenario del nuovo ambiente creato dalla modernizzazione del sistema ATM [ma sarà vero anche in Africa e sugli Oceani ? – ndr] che dovrà assicurare una precisa navigazione quadridimensionale a ciascun volo, giunge a presentare la propria visione dell’airliner del futuro, governato da un unico pilota.
Però anche il commentatore di Flight International s’accorge che uno dei punti deboli del ragionamento dei progettisti di Embraer consiste nel fatto che un essere umano, messo nella condizione di operare in un ambiente completamente automatizzato rischia anche psicologicamente di essere escluso dal ciclo attivo.
In caso di avaria all’automazione [progettata e assemblata da uomini fallibili e perciò essa stessa fallace – ndr] rimane solo l’intervento del pilota che potrebbe risultare inefficace proprio nel momento del bisogno. Bisogna infatti rammentare sempre che l’essere umano è un pessimo sorvegliante passivo, mentre è prezioso quando è coinvolto nel ciclo attivo.
La conclusione del commentatore è ancora più stupefacente, allorché si chiede:- «La questione reale non è quella del “se” l’equipaggio (?!) possa esser ridotto ad un unico pilota, bensì la questione è, qualora l’operazione si dovesse attuare, quanto possa essere effettivamente funzionale e, alla fine, se l’unico pilota che rimane sia meglio collocato sull’aeroplano oppure sia meglio metterlo a controllare da terra questo “mezzo-aereo”, da una stazione di controllo.» Stazione di controllo che a sua volta deve riuscire a controllare, in ogni frangente, e a tenersi in comunicazione con i ricevitori di bordo per i comandi da impartire da terra e poi, se tali comandi siano stati efficaci anche nei casi di emergenza e di avarie di vario genere che possono capitare a bordo del “mezzo-aereo”. Un esempio per tutti: un incendio nella cabina di pilotaggio tra le “scatole nere” che governano l’aeroplano. Già, l’aeroplano ! Ma con quali passeggeri a bordo, non se lo chiede mai nessuno ?
Anche per gli UAV/UAS si parla d’impiego o di missioni pericolose per l’essere umano, nelle quali è conveniente perdere la piattaforma militare piuttosto che un pilota, oppure di aerei cargo o porta rifornimenti alle truppe di prima linea sulla linea del fuoco!
Per quelli civili si parla tanto di adibirli a compiti di sorveglianza, ad esempio di frontiera, ma già il Corpo degli USA assegnato a questo compito sopra la frontiera messicana non ne è più entusiasta (dopo averne perduto uno andato fuori controllo). Non resta molto altro se non la sorveglianza ad alta quota di estese foreste o pianure coltivate con prodotti di alto valore strategico alimentare, oppure la sorveglianza in volo di oleodotti e i gasdotti che peraltro dispongono di ben altri sistemi di allarme e di intervento di settorizzazione sui tratti in avaria !
E allora ? Non sarebbe meglio tornare a studiare seriamente quanto suggeriva recentemente la professoressa del M.I.T.:- l’interazione ragionevole tra computers e la mente degli esseri umani designati a “comandare” l’aeroplano e di tutto ciò che ne deve agevolare la missione: quella del trasporto in sicurezza ! Ci sarà qualcuno capace di ascoltare ? 26 giugno 2010
Abbiamo appena avuto notizia che Airbus Industries promette d’installare a bordo degli aeromobili commerciali un nuovo sistema d’automazione che sarà “infallibile” contro gli urti con il terreno, arrivando perfino, in caso di emergenza a trasferire i comandi (e con essi “il comando”) dell’aeroplano dall’equipaggio di condotta al nuovo sistema definito “infallibile” !
Ed ecco che la ditta di costruzioni aeronautiche brasiliana Embraer annuncia per il prossimo 2020 la prevista possibile introduzione sul mercato del trasporto aereo d’un tipo d’aeroplano di linea progettato per esser affidato, gestito e manovrato sotto la responsabilità d’un solo Pilota-in-comando (e ai comandi) !
Ciò sarà possibile, secondo il portavoce del Costruttore, con il nuovo sistema di gestione del Traffico Aereo (ATM) che sarà adottato in Europa e negli USA (SESAR e NextGen). Annunciando quest’intenzione della Compagnia, il responsabile delle vendite ha tenuto a precisare che «molto dev’esser fatto per convincere i viaggiatori, le autorità di normazione ed i sindacati che il concetto è fattibile»!
Il concetto … è sempre il solito:- concepire le operazioni di volo per un aeromobile governato da un solo pilota consentirà sostanziali risparmi alle Compagnie aeree e … bontà loro, risolverà la prevista penuria di piloti una volta che l’industria del trasporto aereo ricomincerà a svilupparsi nuovamente !
Certo, dopo i bei risparmi conseguiti nell’ordine dalla Compagnie aeree con la progressiva riduzione del numero dei componenti gli equipaggi di condotta, dapprima eliminando i marconisti, poi i navigatori ed infine i tecnici di volo (flight engineers), ma nel prossimo futuro anche uno dei superstiti piloti, le Compagnie aeree si arricchiranno più di Paperon de’ Paperoni, sennonché … tutto questo e molto altro, in termini di sicurezza, è già stato pagato alle industrie che sfornando computers sempre più potenti e sofisticati, sistemi elettronici integrati sempre più complicati e nuovi tipi d’automazione sempre più “autonomi” da qualsiasi intervento dei “superstiti” in cabina di pilotaggio, ebbene … tutti quelli che erano risparmi sulla forza lavoro son finiti e continueranno a finire nelle capaci tasche dei Costruttori, anziché in quelle degli “imprenditori” che rischiano i loro capitali, sia umani che finanziari.
Ma, … rimane ancora un piccolo ”ma” …
Certo, esistono gli ascensori automatici, ma in caso di “emergenza” si rischia tutt’al più di restare chiusi in una cabina per un certo tempo; esistono i trenini semi-automatici che viaggiano su precorsi unidirezionali di modeste estensioni; esistono i TAV, dove però c’è ancora il “dead-man”, il quale se non tocca un aggeggio, dimostrando d’esser ”vivo” … per le eventuali emergenze del sistema, allora in treno si blocca automaticamente (sistema back-up), ma le innovazioni del tipo UAV/UAS o quella del “single-pilot airliner”, ancora non è stata prospettata né accettata dal pubblico pagante.
Chissà, … forse al “single-pilot” per salvarsi daranno (su richiesta) un seggiolino eiettabile, coma ai piloti militari, ma … ai passeggeri (se ci saranno) … cosa daranno ? 25 giugno 2010
Anche se con una certa riluttanza, sono proprio costretto a tornare su di un argomento molto serio e grave, sul quale credevo di aver speso tutte le parole possibili. Ed invece …
Da una serie di articoli comparsi sui maggiori organi di stampa statunitensi (The New York Times e The Wall Street Journal) durante la metà di questo mese di Giugno, ma più precisamente da un pregevole pezzo della scrittrice Christine Neuroni dal titolo “Mapping the intersection of mind and computer” e gli altrettanto intriganti commenti di due giornalisti (Andy Pasztor e Daniel Michaels) in merito al misterioso disastro dell’Airbus A. 330 di Maggio a Tripoli, si è riacceso in campo internazionale un dibattito che da tempo cova sotto la cenere dell’aviazione commerciale:- «Automazione a bordo sì, automazione a bordo no!».
Tutto origina, per l’ennesima volta, dalla constatazione del rilassamento mentale (“complacency”) che sembra colpire sempre più spesso i piloti commerciali durante i lunghi voli effettuati in cabine di pilotaggio (tra l’altro pressoché sigillate) altamente automatizzate, che richiedono soltanto una continua sorveglianza di operazioni ripetitive, che sono proprio l’ultima cosa nella quale la mente umana è portata ad essere pronta e vivace.
Riferendosi al recente disastro di Tripoli, gli autori citati sostengono che quell’incidente in atterraggio va visto come uno dei casi nei quali almeno due piloti contemporaneamente sono “sconcertati” da quel che fa l’aeroplano e non sono in sintonia con i “comandi” computerizzati impartiti all’aeroplano; così finisce che un aeromobile commerciale completamente funzionante finisce il proprio volo schiantandosi a terra [addirittura capottando e finendo con il disintegrarsi – ndr].
Ma questo non è un caso unico. Numerosi studi effettuati negli ultimi 15 anni stanno a dimostrare che i piloti di questi aeromobili altamente automatizzati falliscono nel compito di “sorvegliare” ciò che l’aeroplano (affidato agli automatismi) sta facendo e ciò almeno nella maggioranza di tutti i “disastri aerei commerciali”.
Così, sull’onda delle ultime 104 vittime dell’A. 330 di Tripoli, quale grande novità viene proposta ?:- «Ancor maggior automazione !». Proprio così !
Airbus Industries ha comunicato di star progettando un sistema automatizzato “infallibile” contro gli schianti contro il terreno, arrivando a specificare che in caso di “emergenza” (?!) il sistema trasferirebbe i comandi dell’aeroplano dai piloti direttamente all’automazione di bordo ! Tutto ciò senza considerare che in definitiva l’automazione fa fare all’aeroplano o ciò che è stato impostato dai piloti nel programma del volo o/e (comunque sempre) ciò che è stato immesso nel programma di progettazione del sistema [pur sempre progettato da altri esseri umani e quindi … fallibili come i piloti - ndr]. Tutto ciò senza soppesare che … quando è l’automazione a guastarsi o a fallire, allora si chiede all’essere umano seduto da ore ai comandi di intervenire in pochissimi istanti per “salvare … capra e cavoli” !
E’ ormai accertato che “troppa automazione” o “automazione troppo esasperata e non a misura d’uomo” causa un decremento della perizia professionale di base dei piloti; una Professoressa del Massachusetts Institute of Technology – il celebre M.I.T. – (a suo tempo anche pilota navale) afferma che vi è anche una ragione più profonda per dover esser preoccupati in merito all’automazione nelle cabine di pilotaggio:- il tedio !
Comunque costei è una sostenitrice dell’automazione ed arriva ad immaginare un futuro nel quale esiteranno almeno alcuni aeroplani commerciali (preferibilmente aerei cargo – dice) senza equipaggio di volo.
Di contro, proprio una sua allieva, candidata ad un Master in dottorato, un Primo Tenente, ha dimostrato che “troppa automazione può risultare controproducente” [come del resto lo scrivente va sostenendo da molti anni - ndr].
Infatti, un’eccessiva automazione può portare ad una diminuzione dei carichi di lavoro d’un qualsiasi addetto a compiti importanti, decremento che può risultare tale da indurre il soggetto in uno stato di scarso impegno cerebrale, il che produce a sua volta una diminuzione dello stato di vigilanza, ovvero in uno stato di prolungata mancanza di stimolazione attentiva che induce nel soggetto un senso di tedio e che porta alla distrazione. La ricercatrice conclude che proprio lo stato di tedio produce effetti negativi in diversi campi: sul morale, sulle prestazioni e sulla qualità del lavoro.
D’altronde – concede la profesoressa del MIT – le conclusioni del Primo Tenente non devono stupire in quanto è provato che «la mente umana “desidera” esser stimolata e se non trova tali stimoli nell’impegno in corso, allora la mente tenderà a distrarsi». Caso emblematico di ciò può esser considerato il grave episodio dei due piloti dell’A. 320, che nell’Ottobre scorso, mentre erano impegnati in una discussione di lavoro si sono distratti al punto di sorpassare (con l’aeroplano vincolato alla programmazione automatizzata da loro caricata) l’aeroporto di destinazione di Minneapolis St. Louis.
Ma lo studio di quel Primo Tenente è ben chiaro e preciso sull’argomento:- è proprio l’automazione di per sé che rappresenta un’occasione di distrazione, così come d’altra parte aiuta i piloti a ridurre il proprio carico di lavoro ed accresce la precisione di calcolo e di navigazione. Nelle odierne cabine di pilotaggi si vengono a trovare assieme due sistemi estremamente complessi:- la mente [dell’uomo – ndr] ed il computer [di bordo]. I contorni di tale intreccio vengono soltanto ora ad essere delineati e sarebbe quindi prematuro trarre delle conclusioni definitive.
Da parte mia non posso che compiacermi di queste espressioni quanto meno di cautela in direzione di ulteriori esasperazioni e complicazioni dell’automazione di bordo, specialmente se non dovessero tener di conto … della mente dell’uomo, per ora ancora a bordo dell’aeroplano. Forse in un futuro il pilota non sarà più a bordo, bensì a terra, dentro una stazione “di controllo”, ma con gli stessi, anzi aggravati, problemi di non aver a disposizione alcuna altra “sensazione spaziale e/o muscolare” del volo e degli sforzi esercitati sui comandi, mentre si attende il feed-back dell’azione comandata.
Altrimenti si diventa “piloti delle stelle”, così come son ridotti ad esser i componenti degli equipaggi dei voli spaziali orbitali. 24 giugno 2010
La buona novella arriva dal Dipartimento del Clima e dell’Atmosfera dell’Istituto norvegese di ricerca che ha sviluppato un sistema da installare a bordo degli aeroplani, denominato AVOID, che dovrebbe permettere l’individuazione delle ceneri vulcaniche da parte dei piloti. Il sistema) è basato su di una tecnica di raggi all’infrarosso passiva, che installato su di un aeroplano, viene ora sottoposto alle necessarie verifiche pratiche in volo da EasyJet e dalla ditta di costruzioni aeronautiche Airbus (che speriamo, non voglia “automatizzare” anche questo sistema !).
L’inventore norvegese ed ora responsabile del progetto applicato all’aviazione civile afferma che «essere in grado di “vedere” la cenere vulcanica è la chiave per rendersi affrancati di volare negli spazi aerei, in quanto la cenere stessa non è distribuita uniformemente ed in maniera compatta nel settore di spazio aereo situato “sottovento” al vulcano in fase di attività eruttiva che genera la nube».
Ci tiene inoltre a ribadire che la cenere vulcanica non satura i cieli e pertanto ci sono sempre delle rotte possibili da percorrere per evitare il pericolo rappresentato dai contenuti della nuvola. Precisa poi che in certe zone del globo terrestre quali l’Alaska, il Giappone, l’Indonesia (ed ora l’Islanda) le Linee Aeree devono compiere grandi e costose deviazioni per evitare le ceneri, in conformità a previsioni di modelli matematici ricavati dalle osservazioni satellitari riguardanti grossolanamente le posizioni previste della presenza della nube. Ora, installando sugli aeromobili dell’aviazione commerciale questo sistema di rilevazione di questo pericolo, tali deviazioni di rotta potranno essere minimizzate e si potranno praticare rotte più dirette.
Attualmente, con i satelliti, conosciamo molto circa la distribuzione tridimensionale nell’atmosfera della cenere, ma il rilevamento della sua posizione e soprattutto della precisa densità del contenuto della nuvola è molto difficile; di conseguenza, l’unica vera soluzione consiste nell’esser in grado di “vederla”, un po’ come avviene con i radar meteorologici in grado di rilevare le nubi convettive ed il loro contenuto di ghiaccio e di grandine.
Il razionale alla base del sistema è il seguente:- siccome sappiamo che gli effetti dell’eruzione si manifestano con l’emissione di successivi “convogli” di pennacchi di fumi e di ceneri, che tendono a salire ed a formare la nube, la quale poi si sposta nel letto del vento dominante, conosciamo anche come la nube si distribuisce nell’atmosfera, praticamente in stratificazioni, tipicamente dello spessore di 500 -2.000 m (1.500 –6.000 piedi).
Pertanto il sistema andrebbe adoperato (un po’ come il radar meteo di bordo) in maniera “tattica”, cioè andando in volo ed osservando (da una distanza fino a 100 km circa) il contenuto della nube, a questa distanza il pilota sarebbe in grado di effettuare piccoli aggiustamenti della traiettoria e/o della rotta dell’aeroplano, in modo da evitare lo strato denso di cenere.
Però prima AVOID dovrà essere provato ed i suoi dati dovranno esser confrontati con altri dati ricavati indipendentemente, il che potrà avvenire nei prossimi 2 o 3 mesi, vulcano permettendo.
In chiusura, non posso esimermi dal rilevare come a fronte di questa e di altre iniziative basate sull’impiego di aeromobili commerciali con equipaggio di condotta a bordo (ma senza passeggeri), nonostante le mie sfide, non uno dei costruttori o degli utilizzatori di UAV/UAS si è fatto avanti, dichiarandosi disponibile a far utilizzare per i rilevamenti almeno uno dei mezzi-aerei, governabili da terra ! 14 giugno 2010
Il n.° 22 del 31 Maggio di Air Press ci rende edotti che il 26 Maggio si è tenuto un convegno organizzato dall’APAC – Associazione dei Professionisti dell’Aviazione Civile - dedicato al seguente argomento:- «Prospettive per un “governo” dell’Aviazione Civile in Italia:- Quale veste giuridica per l’ENAC ?».
Fin dal titolo s’intende far capire che a giudizio di questa elitaria Associazione di Ingegneri dell’ENAC, un “governo dell’Aviazione Civile in Italia” oggi non esista e forse, considerato che il delegato a governare questo importante settore della vita nazionale è attualmente il Ministro che si deve occupare di Infrastrutture e Trasporti, seppur assistito da Sottosegretari di Stato e dal Dipartimento dell’Aviazione Civile del proprio dicastero, hanno proprio ragione ! Ma non tanto in merito alla collocazione giuridica nel contesto ordinamentale della Repubblica, quanto nella competenza e nell’attenzione prestata alle problematiche del settore. Prova eclatante di ciò è che il famoso “Piano nazionale per gli aeroporti” commissionato ad un consorzio esterno anziché esser sviluppato all’interno delle competenze ministeriali e di ENAC (piano che, detto per inciso, rimane ancora un oggetto misterioso), non è stato ancora reso noto, nonostante i ripetuti trionfali annunci, che durano da quasi sei mesi, di pubblicazione imminente.
Però all’Art. 1 – punto 2 – del D. Lgs. n.° 250 del 25 Luglio 1997 – si legge che «L’ENAC, è sottoposta all’indirizzo [leggasi: guida, orientamento, direzione, tanto per capirci – ndr], vigilanza [sorveglianza, garanzia – ndr] e controllo [direzione, regolazione] del Ministro dei Trasporti».
Dunque, due ruoli ben chiari e stabiliti a suo tempo dal Legislatore per i due organi di Stato:- Uno che governa (il Ministro) ed uno «l’ENAC, ente pubblico non economico, dotato di autonomia regolamentare, organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile e finanziaria», cioè l’ENAC [Art. 1 – punto 1].
Argomento principale del convegno, come presentato dall’Agenzia di stampa specializzata, era dunque il seguente:- «Uno studio [del Prof. Leopoldo Tullio – ordinario di diritto della “navigazione” dell’Università “La Sapienza di Roma – ndr] individua ed analizza tre possibili soluzioni [del quesito:- Quale veste giuridica per l’ENAC? – ndr]:- 1) Autorità amministrativa indipendente; 2) Agenzia; 3) Società per Azioni, valutando per ognuno pro e contro». Ed è ciò che il Prof. Tullio ha fatto, nella sua veste di Relatore.
A mio modesto avviso, quanto presentato dal Professore è uno studio puramente teorico in quanto, in tema di futuro ampliamento della competenze o meno di ENAC, il punto 3 dell’Art. 1 del D. Lgs. n.° 250/1997, purtroppo finora disatteso proprio da quell’Ente che avrebbe dovuto farsene carico di sollecitarlo, recita quanto segue:- «L’ENAC è trasformata in “ente pubblico economico” non oltre il luglio 1999». Inoltre questo sarebbe l’unico passo possibile prima di un’eventuale (ma deprecabilissima) decisione di trasformare l’Ente in una Società per Azioni, che però non appare né idonea né conveniente ad assicurare una corretta indipendenza d’un tale organismo dalle pressioni di lobbies di vario genere.
Tra i presenti al convegno, oltre le alte cariche di ENAC, c’era il Sen. A. M. Cicolani, gli amministratori delegati di Alenia e di Agusta, il vicepresidente di Assaeroporti, il direttore della standardizzazione di EASA, l’italiano ing. Francesco Banal, ed oltre al Prof. Tullio, un altro ordinario di diritto internazionale dell’Università di Macerata, Prof. Gianluca Contaldi
Per primo ha preso la parola il nuovo D. G. di ENAV, il quale con il proprio intervento ha fatto capire d’esser ben felice che la responsabilità di normare il suo settore sia stata delegata l’ENAC, togliendosi così di dosso quel tipo di attribuzione che invece, a seguito del procedimento penale per il disastro di Linate del 2001 aveva messo nei guai l’allora amministratore delegato di ENAV, mentre la Magistratura aveva ignorato qualsiasi responsabilità attribuibile invece agli Enti Centrali di ENAC. Il D. G. di ENAV ha auspicato che ‘l’ENAC sia messo in condizione di poter contare su proprio personale, selezionato e formato ad hoc per la proprio Direzione Centrale per lo Spazio Aereo, anziché dover ricorrere ai contributi di esperienze professionali prestate dalla stessa ENAV e dall’A. M. italiana. Per fortuna alla carica di Direttore Centrale dell’ENAC per lo Spazio Aereo, recentissimamente è stato scelto l’Uomo giusto collocato al posto giusto, il Generale Pilota Antonio Pilotto, ahimè però per la durata di un solo anno, il che costituisce un fatto decisamente ridicolo !
Il successivo oratore, l’amministratore delegato di Alenia Aeronautica ha trattato di due argomenti di suo interesse:- il primo, auspica l’adozione di nuove tecnologie di “virtualizzazione” per velocizzare i processi di certificazione di ENAC, applicabili ai propri prodotti aeronautici, cosa che semplificherebbe di molto la vita dell’industria delle costruzioni aeronautiche; mentre per il secondo punto, sempre attento allo stesso tema delle certificazioni, ha auspicato che tale procedimento “virtualizzato” sia applicato a tutti gli aspetti afferenti alle emergenti esigenze degli UAVs, in quanto modelli prodotti appunto da Alenia e destinati, secondo i desideri dei costruttori, ad operare incondizionatamente negli spazi aerei comuni all’aviazione, anziché in quelli riservati (per motivi di sicurezza, trattandosi di “mezzi-aerei” senza pilota responsabile a bordo), come finora è avvenuto per quelli utilizzati dalla Difesa.
Ha poi voluto prendere la parola il Capo dell’ufficio legislativo del Ministero, soltanto per sottolineare che con l’entrata in vigore della Direttiva 2009/12/CE concernente “i diritti aeroportuali”, l’ENAC dovrà occuparsi dei compiti colà stabiliti «con risorse umane, finanziarie, e strumentali e con l’apposita costituzione d’una nuova struttura interna che dovrà esser realizzata nell’ambito delle dotazione organica dell’Ente». Questa sarebbe una delle “ulteriori competenze” (richieste da ENAC), approvate in seguito alle modifiche apportate alla citata Direttiva comunitaria da parte della Camera dei Deputati:- quella cioè di approvare i piani di sviluppo ed ammodernamento degli aeroporti nazionali (competenza sottratta alla finora incombenza ministeriale), presentati dalle Soc. di Gestione.
Il Prof. Tullio ha poi sviluppato le possibili ipotesi delle conseguenze di eventuali cambiamenti della struttura di ENAC a causa sempre di queste ulteriori incombenze, arrivando perfino ad ipotizzare una dicotomia di ENAC in due distinte realtà organizzative:- una che potrebbe essere l’Autorità del Trasporto Aereo, che potrebbe mantenere la natura giuridica di Ente pubblico non-economico (com’è ancora attualmente l’ENAC) e così continuare ad operare mediante le proprie attuali strutture centrali e periferiche, mentre il secondo organismo di questa operazione di smembramento potrebbe assumere «la qualificazione giuridica di Ente di diritto pubblico (agenzia)». Soluzione questa, a mio avviso, improponibile per i rilevanti costi ed il rilevante impiego di risorse umane (come s’è evidenziato nel necessario riordino di ANSV).
Infine, il Prof. Contaldi ha espresso il parere che «la forma di Società per Azioni» esaminata quale possibilità, apparirebbe poco rispondente alle esigenze rappresentate da APAC. Infatti, adottando una tale ipotesi, (testualmente) «potrebbe avvenire che funzioni certificative essenziali per la sicurezza del trasporto aereo vengano di fatto allocate presso l’impresa che le effettua al prezzo più basso, ovvero che sia stabilita nello Stato membro che prevede le condizioni meno restrittive». E dunque, la deduzione di questo oratore è stata quella che «l’ipotesi ricostruttiva più rispondente a tali esigenze è quella dell’Ente pubblico economico», come del resto era stato stabilito (e poi disatteso) nel 1997 dal Legislatore !
In conclusione, questa velleitaria iniziativa di APAC e di ENAC (palesemente congiunta), volta principalmente ad acquisire maggior potere per l’Ente di quanto già non abbia, non ha prodotto alcuna idea praticabile, tanto che il Presidente di APAC in carica, l’ing. Tripaldi, ha dovuto limitarsi ad auspicare che «qualunque soluzione sarà individuata dal Legislatore …» [il quale, visto l’esigua partecipazione politica ha dimostrato disinteresse a qualsiasi cambiamento del settore – ndr] «… per il futuro giuridico di ENAC, sarà di fondamentale importanza il mantenimento dell’indipendenza», chiara allusione alla conquistata autonomia dal Ministero e dal suo Dipartimento, il quale ultimo, allora, non si comprende che cosa ci stia a fare !
Insomma quell’indipendenza di fatto che, a mio avviso, era l’unico obiettivo perseguibile per il quale questo convegno è stato indetto ! 12 giugno 2010
Il 28 Aprile si è tenuto a Londra un convegno tecnico-legale della Royal Aeronautical Society – RAeS – dedicato al tema relativo a “La tendenza dei sistemi giudiziari di aprire procedimenti penali pressoché automaticamente alla notizia di disastri aerei dell’aviazione commerciale”. Questo fenomeno sta diventando globale è in continuo aumento e non è ben chiara la motivazione.
L’apertura automatica di procedimenti penali a seguito di disastri aerei è stata definita da molti degli intervenuti al convegno come “ indesiderabile ed illogica”.
E’ stata anche criticata la pretesa dell’industria del trasporto aereo che il sistema giudiziario comprenda ed accetti come sano e buono il “sistema di just culture” volto ad incoraggiare e stimolare le denuncie volontarie, anonime e riservate degli addetti al settore in merito a possibili falle nel sistema. Non che i benefici apportati dalla “just culture” siano stati negati, ma da alcuni intervenuti è stato criticato il modo “ingenuo” con il quale gli argomenti in favore sono sostenuti. Sarebbe, per costoro, “ingenuo” ritenere che l’industria del trasporto aereo possa invocare un privilegio non accordato a nessun altro settore, cioè quello dell’immunità dall’apertura di procedimenti giudiziari.
Uno degli intervenuti, un Avvocato patrocinatore, ha confermato che sta diventando sempre più comune che un procedimento penale segua pressoché automaticamente un incidente aereo. Di conseguenza avviene che nell’aviazione commerciale tutti tendano a proteggersi sia sotto il profilo personale sia amministrativo e che le procedure siano progettate come “bastioni difensivi contro qualsiasi critica” piuttosto che come modi migliorativi del sistema stesso. Ha espresso l’opinione che il settore possa migliorare attraverso una “semplificazione dei procedimenti” con una struttura manageriale che definisca le linee di responsabilità e così consenta la creazione di una situazione d’equilibrio tra gli scopi dell’investigazione tecnica e quelli dell’inchiesta giudiziaria.
A mio modesto parere egli ha espresso idee alquanto confuse o forse comprensibili soltanto da “legulei del diritto” (oltretutto valide per la common law), più che soluzioni del problema dell’indipendenza dell’investigazione tecnica dall’inchiesta giudiziaria e dei benefici dell’immunità del “reporting” per la prevenzione degli incidenti.
Ha infine concluso affermando che dovrebbe esistere un “accordo” in materia basato sulle risposte da dare ai seguenti tre punti:-
Quale protezione dev’esser garantita a coloro che forniscono informazioni volontarie sulle falle del “sistema” a beneficio della sicurezza?
Come può esser garantito che le deposizioni rese da testimoni di un sinistro o anche di un incidente non siano trattate in modo che i testimoni non siano costretti ad avvalersi del diritto di non rispondere?
Come si può assicurare che non sia fatto cattivo uso dei risultati di un’investigazione tecnica su di un evento?
Ha parlato poi il rappresentante di Skyguide, Capo delle operazioni dell’Ente elvetico fornitore dei Servizi di Navigazione Aerea. Skyguide proviene dalla pesante esperienza d’un procedimento giudiziario a seguito della collisione in volo sopra Überlingen tra due aeroplani commerciali del Giugno 2001, procedimento che ha messo chiaramente in luce le responsabilità e le falle di quel “sistema” di Controllo del Traffico Aereo. Episodio che inoltre, a processo concluso è costato la vita ad uno dei Controllori, ritenuto responsabile, da parte di parenti d’una vittima del disastro.
Questo dirigente elvetico ha voluto illustrare la propria opinione sul tema della “just culture”, esordendo con la testuale dichiarazione che «l’industria dell’aviazione civile è parzialmente responsabile per la mancanza di avanzamento verso la realizzazione d’una “just culture” perché il concetto stesso richiede d’esser modificato»; ciò, a suo dire, a causa della scarsa considerazione rivolta alla comprensione degli obblighi sociali e costituzionali che motiva il sistema giudiziario ed in quanto il messaggio dell’industria dell’aviazione è troppo settario ed unilaterale essendo basato sull’infondata presunzione che «la sicurezza [del volo – ndr] deve prevalere sulle esigenze di “giustizia”». Motiva il suo parere con il fatto che «il modo in cui il messaggio della “just culture” viene esposto non è né comprensibile né accettabile dalle autorità giudiziarie o dalla gente comune».
Probabilmente basa la sua asserzione esclusivamente sul modello del diritto penale svizzero.
Comunque – a suo dire - «… non è solamente la tendenza a perseguire gli addetti alle operazioni di prima linea [leggasi:- piloti, controllori del Traffico Aereo, meccanici, ecc. - ndr] che va estendendosi, bensì i procedimenti penali stanno tralasciando “la prima linea” e salendo la scala gerarchica della dirigenza aziendale», in pratica –secondo lui – la magistratura starebbe puntando l’attenzione anche sulle falle del “sistema organizzativo” [come in effetti dovrebbe sempre avvenire – ndr], anziché sull’errore umano ed involontario del singolo. ovvero proprio ciò che sostiene il principio della “just culture” !
In seguito ha espresso il parere che tutta l’industria dell’aviazione civile sembra aver deviato dalla posizione concettuale originale della “just culture” così come contemplata nell’Annesso 13 dell’ICAO, nella quale semplicemente si evidenzia (a suo parere) la necessità della protezione dei dati prodotti all’interno d’una investigazione di sicurezza, mentre che – sempre secondo lui – sarebbe insostenibile l’attuale messaggio diffuso in nome della “just culture” secondo il quale il “diritto” della magistratura a rinviare a processo penale qualcuno a seguito di un “accident” o di un “incident” dell’aviazione commerciale sarebbe messo in discussione. [Ma quale orribile crimine sarà mai cercar di far modificare il preteso “interesse d’ordine pubblico” che è alla base dell’intervento della magistratura per sostituirlo (o meglio per integrarlo) con il concetto di “interesse per la sicurezza pubblica” !– ndr]
Infine prova a precisare che la “just culture” non debba o non possa esistere solamente in quanto riconosce che aprire un procedimento giudiziario sugli “incidents” dell’aviazione dovrebbe esser qualcosa che avviene soltanto qualora vi sia evidenza che vi è stato un pericolo concreto e non si sia trattato soltanto d’un rischio ipotizzato. Dunque, che vi sia prima una chiara evidenza di colpevole negligenza o di volontaria violazione di carattere penale.
Altrimenti, ragionando così, personalmente ritengo che si esponga qualsiasi persona coinvolta in un “accident” o in un “incident” a venir sottoposto a processo ancor prima di conoscere le cause dell’evento, cause che sono determinabili soltanto da parte di una investigazione tecnica competente ed indipendente, non impedita o ritardata dalla magistratura.
Infine, quest’oratore conclude come segue:- «Gli Investigatori tecnici dovrebbero esser addestrati a compilare relazioni d’inchiesta che impediscano interpretazioni legali errate delle loro conclusioni [leggasi: elencazione delle cause – ndr] e che gli esperti giudiziari ed i pubblici ufficiali incaricati di indagare i casi aeronautici siano parimenti addestrati in merito agli aspetti pratici, operativi e tecnici del trasporto aereo. Pertanto suggerisco che l’U. E. possa istituire un team di specialisti che abbiano un’istruzione tecnica e che tale tipo di esperti possano esser resi disponibili per le esigenze giudiziarie in tutta Europa».
Questo dirigente di Skyguide dimostra di non avere una chiara conoscenza di come si svolgono le inchieste giudiziarie nei Paesi europei che traggono i concetti informatori del loro diritto penale dal prototipo del Codice Napoleonico del 1804 (seppure in versioni aggiornate), come ora avviene nel nostro Paese.
Un altro avvocato, presentato come veterano dell’aviazione britannica, con la pretesa di proporre una legge aeronautica internazionale o perfino “universale” che dovrebbe partire dalla semplificazione delle esistenti, ha proposto la tesi secondo la quale «l’unico reato aeronautico dovrebbe esser quello riguardante qualcuno che operi senza un’adeguata “licenza professionale”, o meglio, in violazione dei requisiti in essa autorizzati». Dopo averci edotti su che cosa si intenda per “licenza aeronautica”, ha sostenuto che l’unico potere di cui necessitano gli Enti normatori dell’aviazione dovrebbe esser quello di poter rilasciare, sospendere o revocare le licenze aeronautiche, di ordinare un nuovo addestramento teorico e/o pratico suppletivo quando necessario e di ottenere tutte le informazioni necessarie per adempiere ai doveri di propria competenza. La logica alla base di ciò sarebbe quella che la legge ordinaria sarebbe applicabile a tutti gli altri aspetti dell’aviazione, come avviene per le altre attività umane, in quanto è illusorio per il settore dell’aviazione di chiedere per legge dei privilegi speciali, con diretto riferimento alla “just culture”.
Da parte mia faccio osservare che esistono delle eccezioni in materia giuridica ed ordinamentale, rammento, infatti “la non punibilità dei giudici per i loro errori (e perfino per le loro negligenze), le prerogative d’immunità parlamentare durante le funzioni esplicate dai deputati nelle loro funzioni, il diritto al segreto professionale per gli avvocati e quello confessionale per i ministri del culto, e così via.
Ovvero tutti privilegi rispetto alla legge comune !
E comunque, ciò che si chiede con la “just culture” non è un’immunità incondizionata, ma solo la comprensione per gli errori umani involontari commessi dagli “operatori di prima linea” sotto costrizione temporale nell’assumere una decisione e non per reati gravi, intenzionali o colposi.
È stata poi la volta d’un avvocato che esercita a Parigi, il quale, dopo aver spiegato e comparato le differenze giuridiche tra legislazione britannica e francese, ha puntualizzato che in Francia, mancando una Corte dei Coroners (come nei Paesi anglosassoni), titolata a certe funzioni in favore delle vittime degli incidenti di morte violenta e dei loro congiunti, in Francia queste funzioni sono esercitate direttamente dalla Corte penale.
Come si vede, l’utopia d’una legge aeronautica internazionale o perfino “universale”, qui sarebbe già naufragata, perché il diritto in vigore nei vari Paesi risente delle sue origini:- dal Codice napoleonico quella francese e della maggior parte dei popoli latini, che discende direttamente dallo “ius” romano, a fronte di quello di tipo anglosassone (common law), basata per analogia sui casi precedentemente giudicati, oppure, ancor peggio quello di altre forme di pensiero:- da quello germanico a quello elvetico, tanto per esemplificare quelli più diffusi in Europa.
Ha poi spiegato che dopo dieci anni, nel 2010, s’è deciso di aprire un procedimento penale nei confronti d’un certo numero di persone a seguito del disastro del Concorde in decollo dall’aeroporto parigino Charles de Gaulle avvenuto nel 2.000. Le Compagnie aeree coinvolte nel caso (Air France e Continental) e le loro Compagnie assicuratrici avevano provveduto entro un anno a pagare un completo risarcimento pecuniario (com’è ormai pratica comune tra le maggiori Aerolinee mondiali) alle vittime ed ai loro parenti, senza necessità di adire ad una Corte di giustizia, questo rinvio di persone a giudizio fa del caso Concorde decisamente un caso limite per la sua soltanto potenziale utilità per la società civile.
Debbo osservare però che proprio questa discrezionalità penale riservata alla magistratura dei Paesi che nel loro sistema giuridico ed ordinamentale si sono ispirati e continuano a basarsi sui principi del Codice Napoleonico, di solito interferisce e condiziona la tempestiva apertura delle investigazioni tecniche e quindi la ricerca delle cause a fini di prevenzione come viene conclamato dall’ICAO.
Allo stesso tempo la controversa bozza di proposta della C. E. (Commissione Europea) di istituire in Europa “una rete di agenzie nazionali d’investigazione degli incidenti aerei” [agenzie che ormai esistono in tutta Europa, ma che ora si vorrebbe compattare in un singolo “modus operandi” – ndr], è stata avanzata quale proposta legale e pratica più adatta che non la creazione d’una agenzia centralizzata sopranazionale.
A parere di questo oratore, questa bozza offrirebbe alla Francia l’opportunità di ristabilire l’equilibrio tra alcune sperequazioni esistenti nel proprio ordinamento giuridico esigendo che il sistema giudiziario debba giustificare ogni pretesa di avocare a sé il compito di farsi carico di assumere le prove del caso.
A questo punto del convegno è intervenuto il responsabile delle politiche per la sicurezza dei voli della Direzione generale per la mobilità e per i trasporti (DG TEN) della C. E., il quale ha voluto esporre altri aspetti relativi alla proposta di Regolamento che – a suo parere – intenderebbe eliminare teoricamente la necessità dell’intervento delle Corti di giustizia a favore delle vittime [degli incidenti e sinistri aerei – ndr], perché la proposta in discussione includerebbe il requisito (testualmente) «for investigations to take account of the interests of those harmed by the event or their relatives», ovvero, che gli investigatori (e per loro le investigazioni) debbano tener conto degli interessi di coloro che sono danneggiati dall’evento o dei loro parenti. Perciò la proposta – secondo lui – richiederebbe che vi sia “miglior protezione dei diritti delle vittime degli incidenti aerei”.
Ma allora qualcuno mi dovrebbe spiegare perché di questa discriminazione fra i diritti delle vittime di incidenti aerei e quelli delle vittime di incidenti di altre tipologie di trasporto pubblico, quali, ad esempio, treni e traghetti, per i quali viene ugualmente effettuata un’investigazione tecnica ed un’indagine giudiziaria (senza che quest’ultima blocchi la prima) ma soprattutto senza che vi sia bisogno che gli investigatori dell’indagine tecnica debbano tener conto dei diritti risarcitori delle vittime e dei loro congiunti.
E poi come potrebbero gli addetti all’investigazione tecnica (investigatori, analisti e curatori della stesura della relazione finale) tener conto degli interessi puramente risarcitori [che sottintendono un’attribuzione di responsabilità nei confronti di qualcuno – ndr] delle vittime dei disastri aerei quando l’ICAO, che regolamenta l’investigazione tecnica in tutte le sue fasi, comanda che l’investigazione tecnica non possa e non debba assegnare giudizi di responsabilità o di colpa, ma soltanto attribuendo l’incarico di girare alla magistratura l’incombenza di agire in caso di accertamento d’un caso di negligenza o di dolo ?
Per quanto attiene la necessità d’un miglior equilibrio tra un’efficiente investigazione tecnica di sicurezza ed un procedimento giudiziario, questo rappresentante della DG TEN chiarisce che intenzione della Commissione è quella di indicare che a tal fine «dovrebbero esser conclusi degli accomodamenti preliminari tra la autorità investigative di sicurezza e quelle giudiziarie per assicurare la protezione delle informazioni di sicurezza riservate, quali le dichiarazioni testimoniali dei piloti e gli appunti degli investigatori, acché queste informazioni siano mantenute riservate e rese disponibili soltanto in circostanze eccezionali [senza però indicazione nel Regolamento quali queste informazioni possano essere – ndr]». La bozza inoltre contemplerebbe disposizioni per l’uniforme interpretazione ed applicazione dell’Annesso 13, eliminando tutte le “differenze discrezionali” adottate dai vari Stati rispetto al citato Annesso riguardo il modo d’interpretare i suoi contenuti [in verità, oltre la doverosa elencazione delle “Definizioni dei termini” non ho trovato nulla di ciò nel Regolamento - ndr].
Infine è intervenuto anche un consulente legale dell’EASA per chiarire che l’Agenzia [in base al suo mandato – ndr] non intende prender parte al procedimento investigativo, ma parteciperebbe in rappresentanza dello Stato di progetto dell’aeromobile o come Ente certificatore dello stesso qualora costruito in Europa, ma che è essenziale che l’Agenzia abbia accesso alle informazioni ed ai dati di qualsiasi investigazione, onde poter svolgere il proprio ruolo di Ente normatore tecnico e per veder prese in considerazione le raccomandazioni di sicurezza da parte dei destinatari di esse.
Secondo il relatore di Flight International circa questo convegno, la lunga discussione su come la “just culture” dovrebbe interfacciarsi con l’investigazione tecnica e con il procedimento giudiziario – a suo parere - sembrerebbe in fase di maturazione – anche se riconosce che nessuno degli interventi ha richiamato specificamente questo argomento.
A mio modesto avviso, quanto sopra rilevato è dovuto al fatto che il Regolamento comunitario non ha mai affrontato direttamente (come del resto il convegno), oppure disposto, una regola valida per tutti circa i rispettivi ruoli e la loro conseguente stretta osservanza. Infatti la bozza si limita ad auspicare un accordo preliminare fra le parti interessate al caso (investigazione tecnica ed inchiesta giudiziaria), senza mai stabilire “chi fa che cosa” e “quando lo debba fare”, pur nel rispetto delle esigenze di entrambe queste due delicate funzioni.
Ma soprattutto la bozza di Regolamento ha mancato di regolamentare chiaramente che l’inchiesta giudiziaria non possa mai bloccare l’investigazione tecnica e che un procedimento giudiziario venga aperto solamente quando sia accertata l’esistenza di violazioni volontarie, di dolo o di negligenza grave.
D’altra parte, come ho tante volte suggerito in passato, in Italia basterebbe che alcuni Ufficiali di Polizia Giudiziaria seguissero e documentassero con mezzi audiovisivi tutte le fasi dell’investigazione tecnica e soltanto quando questa riveli (in qualunque fase) la necessità di aprire un’inchiesta giudiziaria, ciò avvenga sulle basi della documentazione incontrovertibile delle prove assunte dai delegati della Magistratura; documentazione ottenuta e conservata su mezzi audiovisivi che non possano esser manomessi o alterati. 9 giugno 2010
Ma com l’è che l’è ? – come dicono i lumbard
Il 20 Maggio 2010, in pompa magna, nella biblioteca del Senato della Repubblica è stato presentato dal suo Presidente e dal suo Direttore Generale il “Rapporto 2009 di ENAC, nel quale, a pag. 83, in merito agli aeroporti italiani si può leggere quanto segue:-
«1. Pianificazione aeroportuale:
1.1. Lo studio sullo “Sviluppo futuro” della rete aeroportuale nazionale …
Nel corso del 2009 l’ENAC, a seguito di gara europea [!], ha commissionato al raggruppamento formato da ONE WORKS SpA – KPMG Advisory SpA – e NOMISMA SpA [toh – chi si rivede – ndr] lo studio sullo ”Sviluppo futuro della rete ….”.
Dal modello evolutivo che verrà definito al termine del lavoro, scaturiranno le esigenze con cui si deve misurare la capacità dell’intera rete aeroportuale del nostro Paese … omissis.
Il lavoro è monitorato nei suoi sviluppi da una Commissione istituita ad hoc [!] e composta da rappresentanti di ENAC e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
Lo studio, una volata ultimato, potrà costituire il riferimento tecnico per la redazione del “Piano Nazionale degli aeroporti Italiani – [PNAI, l’infausto acronimo – ndr] … omissis.»
E fino qua, ormai … transeat ! – anche se stupisce (e stupiva) che il famoso “Studio per il Piano Nazionale degli Aeroporti” non fosse ancora pronto, dopo esser stato annunciato di prossima presentazione (con relativi squilli di tromba) fin dall’inizio del 2010.
Ma ecco che in data 24 Maggio 2010 (95mo anniversario – scordato da tutte le istituzioni - dell’intervento dell’Esercito italiano nella Grande Guerra 1915-1918) – sul numero 21 l’Agenzia Air Press – pagg. 708 – 710 – ci informa che il Direttore Generale dell’ENAC ha dichiarato quanto segue (testualmente):-
«Pianificazione aeroportuale.
Nei prossimi giorni sarà presentato dall’ENAC Al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti lo studio preliminare all’elaborazione del “Piano nazionale degli aeroporti” che l’Ente ha commissionato al raggruppamento formato da ONE WORKS SpA, KPMG Advisory SpA e Nomisma SpA. Lo studio ci è stato consegnato qualche giorno fa e dalle prime verifiche mi sembra che ci sarà spazio per tutti [?!] e che quindi non ci saranno penalizzazioni in termini di chiusura di aeroporti, come è stato paventato da qualcuno.
A breve lo trasmetteremo al Ministero [!] che poi deciderà come utilizzarlo per l’elaborazione del “Piano degli aeroporti nazionali”.
In merito alla possibilità di affidare le Regioni il compito di finanziare gli aeroporti a carattere esclusivamente regionale, si tratta di andar a vedere prima di tutto qual è il discrimine tra aeroporto nazionale e aeroporto di interesse regionale (discrimine peraltro fissato dall’UE in riferimento al movimento passeggeri: [da 5mln fino a 10 mln nazionali, sotto 5 mln regionali – ndr]. Ad oggi non c’è un criterio di differenziazione né nella normativa nazionale, né in quella internazionale, né nella normativa comunitaria, né in quella ICAO. Posso dire che da noi è difficile che si possa configurare un aeroporto di esclusivo interesse regionale, anche per il fatto della dimensione limitata dal punto di vista dell’estensione territoriale delle regioni.
Lo studio si compone di due distinti dossier:- un atlante degli aeroporti italiani [esistenti - ndr] che rappresenta un’analisi puntuale sullo stato di fatto dei 47 aeroporti aperti al traffico commerciale con voli di linea, divisi per macrobacini di traffico e un dossier sullo stato del “sistema aeroportuale” [?] con scenari e strategie di sviluppo».
E più oltre nella stessa pagina, troviamo che « … inoltre sono state esaminate le nuove infrastrutture programmate di Viterbo e Grazzanise», sulla fattibilità delle quali - quali le delocalizzazioni degli aeroporti di Ciampino e Capodichino – lo studio non si pronuncia,sia ben chiaro.
Intanto, come primo commento a caldo, dobbiamo notare che in merito agli investimenti aeroportuali il Presidente di ASSAEROPORTI nel suo intervento (senza peli sulla lingua) nel corso della presentazione dello studio, ha espresso il seguente grave rilievo:- «Il provvedimento [governativo – ndr] che consente di alzare da <metricconverter productid="1 a" w:st="on">1 a</metricconverter> 3 Euro il contributo per passeggero da destinare agli investimenti per le infrastrutture aeroportuali è legge dello Stato, ma finora non è successo niente.
La burocrazia che blocca un provvedimento voluto dal Governo per ragioni di una gravità straordinaria è responsabilità di un “basso potere” e della volontà egemone di qualcuno». Legittima domanda:- A chi si riferiva ? Perché non fare nome e cognome ?
Comunque, in merito a questa tante volte annunciata presentazione dello studio affidato al “raggruppamento” scelto da ENAC a suon di quattrini, dimostrando altresì di non aver fiducia nelle capacità delle sue risorse interne (magari, se del caso, coadiuvate da qualche Facoltà universitaria competente in materia), quando sarà ritenuto comodo far avere anche al Ministro competente la sua brava copia dello studio stesso, per la quale il Ministero ha concorso finanziariamente, riteniamo che sarà anche giunta l’ora di farla conoscere ai “sudditi” del settore dell’aviazione commerciale (contribuenti in primis) ed allora anche noi avremo da dire la nostra sullo studio e su tutto il resto, in quanto la materia è stata oggetto anche di indagine conoscitiva dalla Commissione Trasporti della Camera.-
Indagine conoscitiva che si è conclusa in Parlamento con l’impegno formale da parte del Ministro [ref.:- Air Press n. 8 – pag. 239 – prima colonna – ndr] di «considerare le oltre 40 pagine del dossier [della Commissione – ndr] un indirizzo vincolante, la base da cui partire anche per costruire il “Piano Nazionale degli Aeroporti”».
Per ora basti soltanto sapere che nel dossier della Commissione Trasporti sullo stato del “sistema aeroportuale” (definizione che non riteniamo di poter condividere, in quanto quello nazionale non è un “sistema”) non sono menzionate “le nuove infrastrutture programmate di Viterbo e Grazzanise” come peraltro anche negli aeroporti oggetti di studio desunti dall’atlante di cui a pag 84 del Rapporto ENAC 2009. 29 magio 2010
In conseguenza delle polemiche sorte sui danni patiti dalla Compagnie aeree e dai Gestori aeroportuali, ma soprattutto a seguito delle pretese di risarcimento di alcuni esercenti che chiedono l’intervento del Governo ecco che sul n. 18/19 di Air Press del 10 Maggio viene pubblicato il parere del Ministro dei Trasporti ed indirettamente quello dell’ENAC che ufficialmente tace [pag. 601].
Ma né l’uno né l’altro hanno il coraggio di assumere una posizione netta, anzi il primo sembra accusare il secondo affermando che «La regolazione e le azioni di vigilanza NON devono creare sovrapposizione rispetto a quanto già chiaramente definito nelle norme comunitarie e nazionali». Cosa intendesse però lo sa soltanto il Sig. Ministro stesso.
Sarebbe bastato che dichiarassero che si sono attenuti a quanto veniva deciso in sede europea dalla Commissione, sulla base delle proiezioni probabilistiche di Eurocontrol per garantire “la massima sicurezza possibile in mancanza di dati certi ed obiettivi sulla consistenza della nube” che veniva soltanto segnalata nei suoi spostamenti dai satelliti meteorologici, in quanto in Europa manca un apposito satellite per tale genere di rilevamenti.
Tipo di satellite che invece è proficuamente gestito dal NOAH degli USA; mentre in Europa soltanto i tedeschi hanno una stazione di rilevamento volante per i campioni prelevati direttamente dall’atmosfera, stazione installata a bordo di un aeroplano biturbina DO 28, il quale però ha una tangenza pratica troppo limitata.
Apprendiamo anche che il 4 Maggio si è tenuta una riunione straordinaria di tutti i 27 Ministri dei Trasporti dell’UE durante la quale sono state esaminate e per la massima parte approvate (con quale competenza specifica, Dio solo sa) le misure proposte e presentate dalla Commissione europea.
In effetti, approvando di ampliare molte delle competenze ed introducendone di basilari riguardanti la gestione dello spazio aereo in caso di crisi vulcanica, la Commissione in primis ed i Ministri “competenti” hanno di fatto criticato la gestione della “nube vulcanica” per le conseguenze sul traffico aereo gestite da Eurocontrol, anche se in UE continua il sogno del “Single European Sky” e quello ad esso collegato di “SESAR”.
I Ministri hanno tra l’altro approvato alcune iniziative incomprensibili o forse mal presentate e comunque mal commentate (ad es.:- “Uno schema di esecuzione”), e dall’altro soprattutto «l’accelerazione dell’estensione delle competenze dell’Agenzia europea per la sicurezza aerea [leggasi volgarmente “Eurocontrol” – ndr] in particolare sull’Air Traffic Management», come se non fosse quello il maggior compito assegnato da sempre appunto ad Eurocontrol.
Tuttavia, come d’uso in Commissione UE, si è finito per costituire l’ennesimo “gruppo di lavoro”, con il compito di fare «un inventario degli strumenti tecnologici e metodologici più rilevanti a disposizione sui rischi derivanti dall’attività vulcanica e tracciare un percorso di ricerca per avere strumenti validi ed aggiornati che consentano di prendere le opportune decisioni a livello internazionale in casi simili e arrivare così a presentare a Settembre, all’Assemblea generale dell’ICAO una nuova proposta per la gestione dei rischi legati all’attività vulcanica».
A seguito di un nuovo risveglio eruttivo del solito vulcano islandese che ha indotto le competenti Autorità, sulla base delle proiezioni probabilistiche di Eurocontrol, la quale a sua volta si basa sulla valutazione del VAAC di Londra, a chiudere il 17 Maggio gli spazi aerei di Scozia, Irlanda Paesi Bassi e parzialmente l’area di Londra in certi settori. I rappresentanti dell’industria del trasporto aereo di tutto il continente, coordinati da European Airlines Association, hanno scatenato una nuova offensiva di protesta contro il blocco dello spazio aereo. Costoro si dicono preoccupati dalla conseguenze finanziarie del blocco sui voli commerciali ben più che dei supposti pericoli rappresentati dalle deiezioni di questa nuova fase eruttiva.
Pertanto, come riferisce uno degli autorevoli commentatori di ATI, Agenzia di notizie di Flight International, costoro contestano il provvedimento di blocco, motivandone la ragione con il fatto di «aver perso fiducia nella capacità del Centro di consulenza per le ceneri vulcaniche – VAAC – di produrre informazioni attendibili». Anzi, specificando in merito che:- «Il VAAC non può continuare a basarsi solo su simulazioni [sullo spostamento della nube – ndr], in quanto la chiusura dello spazio aereo non può basarsi soltanto sulla previsione della presenza della cenere nella nube».
La scorsa settimana, a seguito della protesta, la CAA della Gran Bretagna ha ospitato una conferenza che riuniva tutte le parti interessate del mondo del trasporto aereo (Commissione europea, Autorità nazionali di aeronavigabilità, Compagnie aeree, Costruttori aeronautici e motoristici) onde chiarire il pensiero scientifico in materia e per esaminare possibili strategie alternative.
Dunque, come si può vedere, il problema principale è e rimane quello di stabilire e verificare quello che contiene la nube eruttata:- si tratta di sostanze veramente nocive per l’uomo, per gli aeroplani e/o per i loro motori, oppure no?
Cioè è possibile assumere decisioni basate e proporzionate al rischio su solide evidenze?
Ebbene la mia risposta è ancorata alla stessa proposta, quella che ho già manifestato nei miei articoli precedenti:- “Un’occasione perduta per gli UAS/UAV a profitto della sicurezza del volo” e “Eruzioni vulcaniche e loro effetti”.
Bisogna cioè che la C. E. si doti di 4 o 5 UAS/UAV corredati con sistemi e sensori di rilevamento dei campioni di atmosfera e del contenuto della nube, prelevati a varie altezze e prontamente trasmessi in data-link a stazioni al suolo, in grado di valutare in tempo reale la consistenza dell’inquinamento e l’eventuale pericolosità dei campioni prelevati e su tali certezze scientifiche basare le decisioni di chiusura o meno dei diversi spazi aerei europei. 26 maggio 2010
Considerazioni e notizie da parte dei Com.ti Dino Bosello e Renzo Dentesano
Alla domanda “ma gli Airbus sono sicuri ?” che la stampa in genere pone, se ti interpellano come “esperto”, non è poi così facile rispondere.
Ma che cosa asserire, in assenza di dati certi ed inconfutabili come quelli che solitamente si ottengono dai Registratori di bordo ?
I dati dell’A. 330 libico disintegratosi al suolo, vicinissimo all’aeroporto di Tripoli, per ora non sono ancora noti, mentre quelli dei Registratori dell’A. 330 di Air France, sparito nell’Atlantico mentre era in volo da Rio de Janeiro a Parigi il 1 Giugno 2009, che anche in questi giorni vengono ricercati sui fondali dell’Oceano non “parlano”, perché non sono stati ritrovati (e forse non lo saranno mai !), dato che la campagna di ricerche sottomarine del relitto cesseranno definitivamente il 25 di questo mese di Maggio.
Già, ma quel relitto non si trova e con esso i Registratori perché è finito l’aiuto che ci si poteva aspettare dalle indicazioni acustiche dei radiofari collegati ai Registratori finiti sul fondo dell’Oceano, i quali avevano una autonomia di trasmissione del segnale di 30 giorni. Ed ora è un po’ come cercare un ago in un pagliaio, soprattutto se, come appare probabile allo scrivente, l’A. 330 di Air France si è disintegrato in volo (contrariamente a quanto sostiene il BEA francese), lasciando quale unico inconfondibile relitto tutta la deriva di coda con ancora attaccato il timone di direzione.
Già, perché il mio motivato sospetto è proprio questo:- che gli aeromobili altamente automatizzati costruiti da Airbus Industries, abbiano nel timone di direzione verticale il loro tallone d’Achille, ovvero che proprio questa superficie di governo dell’aeromobile sia male dimensionata ed abbia una libertà di movimento insufficiente (in alcuni casi) oppure eccessiva (in altri casi), in volo ad alta ed a bassa velocità, con le relative conseguenze su tutta la struttura di coda per ciascun modello di aeromobile coinvolto.
La storia inizia nell’ormai lontano 30 Giugno 1994 quando un aeromobile A. 330, serie 300, già assegnato ad Air France ma utilizzato sull’aeroporto di Tolosa da un team di collaudatori di Airbus Industries, effettuava un volo di prova/collaudo con vari centraggi del baricentro dell’aeroplano. Al secondo decollo durante il distacco dalla pista, l’aeroplano incomincia ad effettuare vari sbandamenti laterali che finiscono con la perdita totale di controllo del velivolo, che si distrugge nell’impatto con il terreno a fianco della pista. Sono morte tutte le otto persone che si trovavano a bordo, inclusi due piloti italiani invitati come osservatori, nonostante si trattasse di un volo di prova/collaudo. Dal comportamento dell’aeroplano, senz’altro causato inizialmente da un baricentro eccessivamente arretrato e complice anche qualche errore dei piloti ai comandi, alla tragica fine, a mio parere, ha contribuito anche (in questo caso) la “scarsa autorità” del timone di direzione. Infatti fu modificato su tutti gli aeroplani prodotti successivamente, adottando come piano verticale di coda quello del contemporaneo modello di quadrireattore denominato A. 340.
Dopo un periodo di tranquillità per il modello A. 330, ecco che il 12 Novembre 2001 un A. 300-600 di American Airlines questa volta, dopo esser decollato dall’aeroporto JFK di New York entra nella scia turbolenta di un B. 747 decollato da un’altra pista dello stesso aeroporto, si schianta fuori controllo sul quartiere di Queens. La successiva inchiesta tecnica ha stabilito che il volo si è abbattuto al suolo a causa d’un comando brusco e violente attuato dal Primo Ufficiale che era ai comandi sul timone di direzione per contrastare l’effetto della turbolenza di scia. Tale comando sul timone di direzione ha causato il distacco in volo dell’intera deriva verticale di coda del velivolo e di un motore, ragion per cui l’aeroplano sbilanciato e senza possibilità di utilizzare il timone direzionale è precipitato senza controllo. In questo caso la parte mobile dell’impennaggio verticale, cioè il timone di direzione, è risultato avere eccessiva “autorità” ed il conseguente carico aerodinamico sulla struttura verticale di coda ne ha provocato il cedimento totale a partire dalla base di attacco alla fusoliera. Duecentosessanta le vittime che si trovavano a bordo, più cinque abitanti che si trovavano nelle case distrutte dall’impatto e dall’incendio.
Arriviamo così ai guai degli ultimissimi anni, preceduti da diversi casi di inaspettate e violente perdite di quota avvenuti durante il volo di crociera a diversi aeroplani Airbus appartenenti a diverse Compagnie e spiegati con malfunzionamenti causati all’automazione di bordo dalle sonde anemometriche di un certo tipo (ad es.: volo Quantas a 37.000 piedi da Singapore a Perth), ecco che il 1 Giugno 2009 avviene il disastro dell’A. 330-300 di Air France in pieno Atlantico, del quale però viene ritrovato a galleggiare sulle onde soltanto l’inconfondibile impennaggio verticale, staccatosi alla base di attacco alla fusoliera.
Il 13 Aprile corrente anno un aeromobile cargo A. 330-B4-203, marche XA-TUE precipita nei sobborghi di Monterrey (Messico) durante la manovra di riattaccata in mezzo ad un temporale, causando la morte degli otto occupanti. L’unico dato finora disponibile è che l’impennaggio di coda è stato trovato ad una certa distanza da dove il velivolo è precipitato incendiandosi. Mancano ancora i dati dei Registratori di bordo, affidati alla decrittazione dei laboratori del NTSB degli USA.
Ed ora l’ultimo: il 12 Maggio l’A 330-200 dell’Afriqiyah Airways in avvicinamento alla pista 09 di Tripoli stava effettuando, molto probabilmente, un avvicinamento di non precisione utilizzando un VOR, definito inattendibile come da Notam emesso da tempo dalle Autorità di Tripoli. La visibilità era in rapido peggioramento, il cielo parzialmente coperto da qualche strato di nubi, il sole che sorgeva di fronte proprio in faccia ai piloti dopo un lungo volo notturno, sono per il momento i soli elementi che, possiamo affermare, hanno contribuito all’evento.
Ma la causa del sinistro, per ora è difficile da determinare, salvo che dalle investigazioni in corso non risulti che un’improvvisa avaria ad un motore o ad un comando di volo sia intervenuta improvvisamente nell’ultimissima parte dell’avvicinamento.
A questi importanti elementi aggiungiamo le problematiche connesse all’adozione di un’avionica computerizzata molto sofisticata e forse esasperata che allontana sempre più il pilota dal contesto del volo come, tra l’altro, ben evidenziato fin dall’inizio della costruzione degli aeromobili Airbus da parte dell’associazione piloti mondiale IFALPA.
Avionica in cui l’equipaggio è relegato alla periferia dell’elaborazione decisionale; equipaggio che in determinate condizioni, avvicinamenti di non precisione come in questo caso e con condizioni meteo in peggioramento, rischia di intervenire molto in ritardo con implicazioni disastrose. Il pilota ha sì sempre la possibilità di staccare l’autopilota e quindi passare al controllo manuale ma la fiducia assoluta negli automatismi che gli viene inculcata nella fase addestrativa non gli consente una scelta precauzionale ed obbiettiva prima di trovarsi nei guai ed effettuare un’efficace manovra di scampo.
In ogni caso, dalle immagini video che abbiamo avuto modo di vedere, risulta molto strano il fatto che l’aeromobile, così prossimo alla pista, si sia disintegrato a parte il timone di direzione verticale. Se ricordate anche l’aeromobile B. 737 turco finito prima della pista ad Amsterdam si è spezzato in più parti ma non disintegrato come questo. Forse abbiamo bisogno di nuovi elementi e chiavi di lettura ed in attesa sarebbe necessario individuare delle modifiche ai sistemi ed alle procedure che, applicate ad una filosofia tanto esasperata, siano in grado di modificarla senza stravolgerla, ma che permetta il non ripetersi di eventi similari. 21 maggio 2010
Anche se sulla base di premesse sbagliate, il 21 Maggio 2001 aveva luogo un “Incontro di studio” organizzato dal CSM presso l’Aula Magna della Corte d’Appello di Roma tra Magistratura penale – A. G. - ed Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo – ANSV.
In un clima definito “di collaborazione” avveniva un unico e “storico” incontro tra il Presidente dell’ANSV, presenti anche Rappresentanti dell’omologa agenzia francese BEA ed ottanta Magistrati provenienti da ogni parte d’Italia, con l’intento di affrontare «il problema dei rapporti reciproci in caso di indagine su un incidente aereo». Tale era l’oggetto della riunione stimolata da una Circolare della Direzione generale degli Affari Penali del Ministero di Grazia e Giustizia inviata ai Presidenti delle Corti d’Appello ed ai Procuratori Generali dei Tribunali di tutta Italia.
Questo è quanto riportava il n. 21 di Air Press del 28 Maggio 2001 (Direttore della testata il giornalista Oscar da Riz).
La presenza dei Rappresentanti del BEA francese era giustificata per un analogo passo esperito dall’Autorità Giudiziaria francese avvenuto in precedenza e che oltr’Alpe pare aver dato buoni frutti. L’incontro però avveniva su basi alquanto diverse, in quanto salvaguardava appieno i diritti del Bea di svolgere indipendentemente le proprie “investigazioni” senza dover poi in alcun modo esser chiamato ad apparire nelle Aule di Giustizia in veste di perito della Pubblica Accusa.
L’iniziativa italiana invece era basata sul “presupposto della collaborazione”, indicato nella Circolare del competente Direttore degli Affari Penali del Ministero, «sulla richiesta in tal senso formulata dall’Autorità Giudiziaria precedente che intenda avvalersi del contributo specialistico che l’Agenzia può fornire in relazione ad indagini correlate a resti [leggasi:- relitti – ndr] che coinvolgano aeromobili».
Ora il menzionato “presupposto di collaborazione” trova il suo errato fondamento nel Decreto Legislativo n. 66 del 25 Febbraio 1999 che ha istituito (sulla base della Direttiva 94/56/CE del 21 Novembre 1994 l’ANSV, laddove (Art. 3 – Compiti e finalità – comma 3-b) il nuovo organismo provvede a «collaborare, ove richiesto, con l’autorità giudiziaria nello svolgimento delle inchieste correlate a “fatti” aeronautici”. Ma non su “accidents” ed “incidents” come invece sancisce l’Art. 3, comma 1: «L’Agenzia … conduce le inchieste tecniche di cui all’articolo 826 del codice della navigazione, così come sostituito dall’art. 17, comma 1 del presente decreto, con il solo obiettivo di prevenire incidenti e “inconvenienti” [!?], escludendo ogni valutazione di colpa e responsabilità». Non v’è chi non veda la contraddizione dei termini di questo disposto, ma in certi ambienti fa comodo così tanto che a seguito del grave disastro aereo di Linate del 8 Ottobre 2001 (successivo alla riunione) la Procura Penale del Tribunale di Milano richiese ed ottenne dal Presidente dell’ANSV la nomina a Consulente Tecnico d’Ufficio d’un allora investigatore dell’Agenzia.
Tornando all’incontro del 21 Maggio 2001, Air Press informava che secondo la succitata Circolare «il magistrato che indaga su un incidente aereo, cioè il pubblico ministero, può richiedere la collaborazione dell’Agenzia la quale collabora nell’ambito della sua stretta competenza che è quella dell’accertamento dei “motivi” tecnici che hanno provocato l’incidente, mentre la ricerca delle responsabilità spetta ovviamente alla magistratura». Concludeva la Circolare:- «Nel quadro d’un corretto rapporto istituzionale, l’autorità giudiziaria potrà, nella conduzione delle indagini, tener conto del contemporaneo svolgimento di inchieste tecniche [improprio definirle così in quanto gli accertamenti tecnici sono “investigazioni” sulle cause a fini di prevenzione], al fine di evitare che venga pregiudicato il corretto esito di quest’ultime».
Orbene, è proprio quel “potrà … tener conto” che aggiunto a quel “può richiedere la collaborazione”, che rovinano tutto !
Perché se il Magistrato inquirente non vorrà “tener conto…” oppure “… non potrà ottenere la collaborazione nella ricerca di colpevoli o responsabili”, allora inibirà (come avviene ormai da tempo) qualsiasi accesso al relitto, alle evidenze ed alle registrazioni sia radio sia radar dell’evento sul quale gli Investigatori dovrebbero “investigare” a fini ultimi di tutela della vita umana e della necessaria prevenzione degli incidenti. Questo blocca il circolo virtuoso della prevenzione degli incidenti che appunto può aver inizio soltanto con una tempestiva conoscenza delle evidenze.
A conclusione dell’incontro il Presidente (ora Commissario) di ANSV commentava che c’era stato un grande interesse per il tema trattato e la volontà di “collaborazione” è stata espressa da tutti gli intervenuti a partire dall’allora vice presidente del CSM, il prof. Giuseppe Verde, dal dottor Antonio Fojanelli, procuratore della Repubblica a Vicenza, dal dottor Settembrino Nebbioso e dal dottor Giovanni Salvi, sostituti procuratori della Repubblica presso il Tribunale di Roma. Il dottor D’Ambrosio del Ministero di Grazia e Giustizia ha avanzato una proposta, ritenuta molto interessante da tutti gli intervenuti. Nelle more, a suo dire, d’una necessaria revisione del decreto istitutivo dell’Agenzia «sarebbe bene predisporre, in tempi brevi, un Regolamento governativo, finalizzato a fissare in maniera precisa le modalità di collaborazione tra autorità giudiziaria e ANSV».
Questo Regolamento farebbe da ponte, nell’attesa – come si accennava – della revisione del decreto 66/99, revisione che tutti i partecipanti al dibattito hanno indicato come necessaria, stante la necessità di «eliminare le “problematiche interpretative” in esso attualmente esistenti, onde coordinarlo meglio con l’ordinamento penale esistente e favorire l’effettiva collaborazione tra autorità giudiziaria e ANSV, fermi restando i rispettivi ruoli istituzionali».
E’ prassi tecnico-giuridica affermata a livello mondiale quella sancita dall’ICAO ed in accordo al principio della “Just Culture” si ribadisce che l’investigazione tecnica deve escludere qualsiasi valutazione di colpa e responsabilità. Lo sviluppo di questa proposta di buona volontà reciproca, allo scrivente, che pur l’apprezza, non sembra percorribile, mentre ritengo urgente e necessaria la revisione del D. Lgs. 66/99 che dovrebbe sfociare in una iniziativa ministeriale di riforma del c.p.p. proprio ora che la riforma della Giustizia in Italia sembra in fase di avvio.
Ciò perché quanto auspicato nel convegno di studio di nove anni fa non ha portato ad alcun cambiamento positivo, mentre invece si sono aggravati gli episodi negativi che hanno, spesso, portato a blocchi delle investigazioni tecniche e di conseguenza a ritardi anche gravi nell’adozione delle necessarie misure preventive e correttive. Speriamo che per la sicurezza dei voli non si debba attendere altri 10 o più anni ! 15 maggio 2010
Mentre leggevo le conclusioni degli Investigatori d’incidenti olandesi in merito al “crash” in corto finale alla pista 18 R dell’aeroporto di Amsterdam-Schiphol del bireattore Boeing B. 737-800 – marche TC-JGE, volo Turkish Airlines 1951 del 25 Febbraio 2009, m’è venuta la curiosità professionale di cercare un sito web che contemplasse la statistica di “accidents” e di “incidents” di aeromobili commerciali perduti o danneggiati per difetti dovuti ad informazioni errate fornite ai piloti o direttamente ai comandi di bordo dall’automazione o dai sistemi elettronici ad essa collegati.
Ricordo che l’aeromobile è andato completamente distrutto a causa d’uno stallo di velocità avvenuto all’altezza di soli 360 piedi - 120 metri dal suolo per l’improvviso ritardo al minimo della spinta di entrambi i motori, comandato dall’automazione di bordo, che ha provocato la morte dei tre piloti (tra i quali un pilota-controllore), d’un altro membro dell’equipaggio di cabina e di cinque passeggeri, ferendone un’altra ottantina, durante lo schianto al suolo (fortunatamente senza incendio) che ha prodotto la rotture in tre parti della carlinga e la separazione delle ali.
Ebbene, su di un centinaio circa di siti, specializzati nel ramo, da me consultati, non sono stato capace di trovarne alcuno che trattasse appunto di statistiche relative ad eventi di questo tipo per confrontare questo genere di incidenti e/o di aeroplani tra le flotte di aeromobili prima e dopo l’introduzione appunto dell’automazione esasperata a bordo degli aeromobili commerciali.
Talché avrei deciso di lanciare un appello/sfida ai signori padroni delle statistiche di genere aeronautico sulla sicurezza del volo invitandoli a cimentarsi ed a confrontare i casi d’incidenti aerei nei quali l’automazione sia decisamente stata quanto meno un fattore nell’incidente e quindi d’indicarne quale sia l’incidenza statistica ricavabile.
Solo se troverò qualcuno in grado di darmi informazioni oggettive in materia, allora mi sentirò in grado di analizzare e di commentare appropriatamente il “crash” di Schiphol, in quanto mi rifiuto di credere che sia bastato uno solo degli altimetri di bordo, collegato ad uno solo dei due autopiloti con auto manetta che devono essere inseriti contemporaneamente per comandare un avvicinamento strumentale in automatico, a poter iniziare una catena di effetti quali quello che ha causato appunto lo schianto al suolo in regime di stallo di velocità.
Purtroppo infatti le investigazioni tecniche condotte all’oscuro anche dei precedenti statistici per tipo di aeroplano, di avaria e di componente specifica alla base del malfunzionamento, si rivelano spesso incomplete e quindi fuorvianti in merito alla determinazione corretta delle cause, ma soprattutto possono inficiare la validità delle misure preventive e correttive che sono il “succo” finale di ogni investigazione tecnica sui sinistri aeronautici. 14 maggio 2010
Dopo l’ elogio alla Commissione europea nei precedenti numeri di Air Press per la riapertura degli spazi aerei di pertinenza, nel numero 17 della stessa Agenzia viene ospitato l’articolo d’un collaboratore esterno.
Sotto il titolo si afferma che «Anche se “pullula” di vulcani l’Italia DEVE affidarsi ai centri di osservazione altrui», per quanto riguarda le “Eruzioni e ceneri vulcaniche negli spazi aerei”. Nel testo manca completamente la spiegazione e la motivazione di codesto titolo, ragion per cui non si riesce a comprendere che cosa si volesse indicare con tale asserzione. Invero la cartina pubblicata a corredo, mostra la dislocazione dei nove Centri di monitoraggio delle eruzioni e per il tracciamento delle nubi cineree, denominati “International Airways Volcano Watch – IAVW” e le relative regioni mondiali di competenza con i vari Centri istituiti dall’ICAO fin dal 1987.
Centri che bene hanno operato per quanto di loro competenza nell’ultima occasione.
Sfortunatamente, per quanto attiene ai compiti loro assegnati, questi Centri si devono limitare, come ho illustrato in altri articoli, a sorvegliare i vulcani in attività ed a seguire a mezzo rilevamenti ed osservazioni satellitari le relativi nubi di vapori, gas e ceneri nel loro percorso.
Un itinerario dettato dai venti atmosferici e che coinvolge gli spazi aerei percorsi da “Aerovie” [definite dall’ICAO:- “Area di controllo o sua porzione istituita in forma di corridoio equipaggiato con radioaiuti alla navigazione”].
Ma nel loro mandato manca completamente l’incarico, così come mancano i necessari mezzi e strumenti, per effettuare il prelievo di campioni delle deiezioni vulcaniche e del loro potere inquinante dell’aria dal suolo fino quanto meno al livello della tropopausa per consentire l’esame e la valutazione delle concentrazioni di gas tossici e delle particelle contenute nella nube vulcanica. Quindi dal livello del mare fino quanto meno al livello di volo massimo di volo degli aeromobili civili e militari.
Comunque, dalla cartina saggiamente pubblicata rimane confermato che, per quanto attiene il continente europeo, due sono i Centri istituiti, il primo è il Centro di Londra che copre dal Mare del Nord e relativa porzione di Oceano Atlantico fino al confine con l’Islanda e le isole britanniche, mentre il secondo è il Centro di Tolosa che provvede a tutta l’Europa continentale fin poco oltre gli Urali, comprende anche l’India e poi tutta l’Africa.
In verità in Italia esiste una sottostazione “casereccia” di sorveglianza dell’eventuale attività eruttiva dell’Etna, che è stata istituita da ENAC in partecipazione con l’Aeronautica Militare e con la collaborazione dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia – INGV – la quale opera con il suo Nucleo Permanente di Monitoraggio e Allarme – NPMA – fin dalla eruzioni del 2000-2001 e di quella del 2002, denominata “l’eruzione perfetta”, che ha emesso lava, ceneri ed altri prodotti vulcanici per 16 milioni di metri/cubi e che ha causato la chiusura dell’aeroporto di Catania-Fontanarossa e dello spazio aereo limitrofo.
Per esser certi di esser compresi ci sia consentito di chiarire che scientificamente viene definito “vulcano” qualsiasi spaccatura della crosta terrestre (o sottomarina) attraverso la quale fuoriescano con andamento discontinuo o permanente materiali gassosi, liquidi e solidi, ad alta temperatura.
I vulcani inoltre si distinguono dal tipo di eruzione che può essere “esplosiva” per quelli situati in zone orogenetiche (faglie in moto di collisione) oppure di tipo “effusivo” per quelli situati ai margini di zone contigue ma in allontanamento.
In Italia sono considerati come “attivi” dieci siti e più dettagliatamente i seguenti:-
- Colli albani (denominato “Vulcano laziale”);-
- Campania:- Il Vesuvio – i Campi Flegrei – Ischia e Procida.
- Sicilia (e altre isole):- L’Etna – lo Stromboli (in attività permanente e perciò detto anche “Faro del Mediterraneo”) – Lipari – isola di Vulcano – Pantelleria.
Sono anche considerati vulcani, ma “dormienti” laghi formati da “caldere” vulcaniche quali quelle di Bracciano, Bolsena, ecc. oppure da rilievi orogenetici come i Colli Euganei (Abano Terme) e da espressioni vulcaniche come quelle dei “soffioni boraciferi” di Larderello a 11 km da Pisa sui Monti Metalliferi, mentre esiste quanto meno un vulcano semisommerso, denominato “Isola Ferdinandea”.
In compenso a confronto con luoghi come l’Indonesia, le Filippine" e la “cintura di fuoco” del Pacifico in generale la situazione italiana è ben poca cosa in fatto di “pullulazione”.
Se a ciò si aggiunge la preesistente collaborazione operativa con l’INGV, con i Centri meteorologici di veglia dell’Aeronautica Militare, con la meteorologia aeroportuale assicurata da ENAV e perfino con il Centro operativo della Protezione Civile, si vedrà che per quanto attiene lo spazio aereo nazionale,«… anche se l’Italia “pullula” di vulcani …» non è costretta ad affidarsi ai Centri di Osservazione altrui, altra cosa per quanto attiene lo spazio aereo europeo e mondiale che sono coperti appunto dal “sistema di allarme IAVW”, instaurato istituzionalmente dall’ICAO.
A quest’ultimo “sistema” manca soltanto (e non è poco !) la capacità di “andare in nube” e “a varie altezze”, con mezzi più rapidi e più mobili dei palloni sonda meteorologici, per prelevare campioni delle sostanze gassose, aeriformi e cineree che formano la nube stessa quando questa sale e va ad interferire con gli spazi aerei generalmente occupati dall’aviazione civile e commerciale e dalle aeronautiche militari dei vari Paesi.
E questa possibilità, per quanto a mia conoscenza, sarebbe ora realizzabile soltanto con l’impiego degli UAV/UAS che dovrebbero appunto, sia in compiti civili che militari, sostituire il prezioso elemento umano nei voli comportanti missioni rischiose e pericolose.
Ed invece, anche in quest’ultima grave occasione vissuta in Europa, son dovuti andare in volo i piloti civili di varie Aerolinee e di un Costruttore aeronautico europeo con velivoli di linea, dotati (in alcuni casi) in tutta fretta di appositi sensori, per determinare la composizione della nube ed a posteriori basandosi sulle risultanze delle ispezioni tecniche affrontate sempre dalle Compagnie aeree che hanno promosso queste dispendiose prove. Spese che hanno affrontato volontariamente, ma sempre meno dispendiose del prolungamento del blocco dei voli commerciali, giustificato inizialmente dalla doverosa prudenza nei confronti dei passeggeri e delle popolazioni, ma poi mantenuto senza dati di fatto riguardo alla sua consistenza e pericolosità relativa.
Forza, Signori Costruttori di UAV/UAS:- guadagnatevi il diritto al volo negli spazi aerei comuni, quando il traffico è bandito, dimostrando che anche in condizioni di rischio e pericolo riuscite a “manovrare” a distanza i vostri “mezzi-aerei” ! 8 maggio 2010
La campagna di ricerca sottomarina del relitto e dei Registratori di bordo del volo AF 447 del 1 Giugno 2009 – viene annunciato – terminerà il 25 Maggio.
Airbus Industries e la stessa Air France hanno stanziato un milione e mezzo di Euro ciascuna per finanziare le ricerche iniziate dal solo BEA francese con una certa collaborazione di Brasile e Stati Uniti d’America.
E tuttavia il BEA che continua a gestire l’intera operazione di tentato recupero.
Le ultime notizie non sono però molto incoraggianti in quanto delle due navi attrezzate - inizialmente assegnate all’operazione congiunta - quella appartenente agli USA è stata ritirata per farla accorrere a collaborare alla sistemazione del problema della piattaforma petrolifera esplosa nel Golfo del Messico, dal cui fondo continua a fuoriuscire … una marea di greggio altamente inquinante l’ecosistema di buona parte del Golfo stesso.
Così entro il 25 del mese in corso o si ritroveranno le “scatole di colore orange” (come sono effettivamente colorati i contenitori dei due apparati di registrazione) ed il loro contenuto sarà ancora utilizzabile (come dovrebbe), oppure … quello dell’A. 330 dell’Air France – volo 447 – rimarrà … un mezzo mistero.
L’accertamento delle cause … utili alla sicurezza dei voli in generale ed a quelli degli aeromobili costruiti dal Aibus Industries in particolare, potrebbe continuare a rimanere un "mistero". 6 maggio 2010
Il 14 Aprile, quando il vulcano islandese ha velocemente emesso un’estesa nube di ceneri e vapori acquei (dovuti al repentino disgelo del ghiaccio che ricopriva la montagna), i Governi e, in particolare, le Autorità dell’Aviazione Civile europee si sono trovati a dover prendere una difficile decisione per evitare che nello spazio aereo di quasi tutta l’Europa si verificasse la perdita di potenza o peggio, la “piantata” dei motori a reazione degli aeromobili commerciali.
La decisione, basata sul parere tecnico emesso dall’Agenzia per il Controllo del Traffico Aereo Eurocontrol sulla base di simulazioni risultanti da modelli matematici sullo spostamento della nube a causa dei venti atmosferici, di interdire al volo qualsiasi attività civile pressoché in tutta Europa, ha provocato un blocco totale del traffico aereo con pesanti disagi ai viaggiatori e gravi perdite finanziarie alle Compagnie aeree.
Decisione iniziale corretta e tempestiva, ma il mantenimento del divieto è stato conseguenza soltanto della mancata effettuazione di missioni volte a prelevare vaste quantità di campioni atmosferici a tutte le quote per poi verificarne le specifiche da quei mezzi che più avrebbero potuto dimostrare la loro utilità in un cielo deserto di traffico:- gli UAS/UAV.
Il mancato impiego di questi “mezzi-aerei”, come ho già scritto in un precedente articolo, ha fatto mancare completamente qualsiasi possibile analisi sui contenuti tossici o abrasivi delle particelle contenute nella nube vulcanica; analisi sulla quale poi basare una decisione più scientifica sui possibili rischi per la sicurezza dei voli commerciali e dei relativi passeggeri.
Soltanto il 22-23 Aprile , dopo che alcune Compagnie aeree europee avevano fatto volare alcuni quadri e bireattori come cavie senza passeggeri nello spazio aereo europeo senza riportare danni ai motori, il blocco è stato revocato e lo spazio aereo europeo è stato progressivamente riaperto al traffico civile.
La decisione del blocco era stata presa sulla base dell’unico parere dell’ICAO esistente in materia di eruzioni vulcaniche:- “Tutti gli Esercenti civili debbano evitare qualsiasi grado di contaminazione dei motori a reazione e delle rispettive cellule da parte di gas tossici e di ceneri vulcaniche”.
Ciò in base a due gravi esperienze negative del passato, pur risoltesi senza conseguenze letali.
La prima, avvenuta nel 1982 ad un quadrireattore B. 747 della B. A., il quale in volo notturno diretto ad Auckland (New Zealand) si trovò improvvisamente a volare dentro una nube di ceneri vulcaniche particolarmente tossiche ed abrasive emesse dal vulcano Gulunggung (Indonesia), tanto che la mancanza d’aria necessaria al funzionamento di suoi reattori ne provocò lo spegnimento in rapida successione. Mentre l’aeromobile planava l‘equipaggio tentava di raggiungere l’aeroporto di Giacarta e riusciva, uscito dallo strato inferiore della nube peraltro invisibile, ad effettuare la riaccensione dei motori. Uno dei quali però dovette essere subito spento a causa dei danni subiti. Per l’atterraggio i due piloti del Jumbo si son dovuti superare in bravura, atterrando con una visione anteriore ridotta a zero a causa dei vetri che erano stati smerigliati dalle ceneri corrosive della nube e guardando la pista soltanto dai finestrini laterali che consentivano di individuare i bordi esterni laterali della pista.
Nel 1989 un altro B. 747 in volo da Tokio ad Amsterdam, è penetrato sull’Alaska nella nube emessa dal vulcano Mount Redoubt, riportando ugualmente danni a tutti i quattro motori, ma riuscendo tuttavia ad atterrare all’aeroporto di Anchorage.
In seguito a questi eventi, l’ICAO ha istituito e realizzato nove Centri di controllo delle nubi vulcaniche, distribuiti nella zone più a rischio della Terra, dove cioè esiste un maggior numero di vulcani conosciuti attivi. Il Centro per l’Europa si trova in Francia ed ha una sua succursale informativa a Catania, per sorvegliare le frequenti eruzioni magmatiche dell’Etna e dei vulcani delle isole Eolie.
C’è anche da distinguere tra eruzione ed eruzione e tra queste i conseguenti effetti in ambito aeronautico, secondo osservazioni fatte anche dallo scrivente, si possono distinguere in due grandi gruppi, e ciò in base alle risultanze delle analisi effettuate sui campioni dei fumi e delle ceneri.
Si distinguono in ceneri espulse da attività vulcaniche eruttive di tipo altamente esplosivo con deiezione di materiale piroclastico e quindi con rilascio nell’atmosfera oltre che di fumi e ceneri anche di lapilli, contenenti i cristalli più abrasivi e pericolose per il volo da quelle espulse da eruzioni non-esplosive nel corso dell’evento.
E’ sintomatico il caso (oltre quelli del Krakatoa nel 1883 che fece 36.000 vittime e del Tambura del 1815, entrambi in Indonesia, con 92.000 vittime) dell’eruzione esplosiva del vulcano islandese Laki che nel 1783 emise un tipo di nube talmente tossica, composta da anidride solforosa e da acido solforico tale da causare la morte di 23.000 persone in Gran Bretagna per le conseguenze determinate sui polmoni delle vittime.
Ma torniamo ai giorni nostri.
Le industrie costruttrici di motori a reazione concordano che tali motori possono tollerare senza eventi catastrofici livelli di contaminazione dell’aria indispensabile al loro funzionamento fino a valori compresi tra 10 e 17 g/m3 e la CAA inglese ha adottato un suo limite di contaminazione pari od inferiore al valore di 10-16 g/m3 ed in base a questo livello di contaminazione il fornitore dei Servizi di navigazione aerea inglese (il NATS) può aprire al traffico lo spazio aereo.
Gli stessi valori che hanno consentito alle Autorità europee dell’aviazione civile di dichiarare agibile gran parte dello spazio aereo ’è ancora da aggiungere che la CAA inglese, molto attiva perché molto colpita dall’evento, ha consentito anche i voli cavia del giorno 19 Aprile in quanto ha comunicato alle Aerolinee interessate che potevano effettuare le loro valutazioni di rischio, sviluppare procedure operative onde preparare i naviganti, imponendo però di compiere ispezioni sugli aeroplani adoperati prima e dopo ciascun volo e di denunciare qualsiasi rischio accertato o sospetto di danneggiamento degli aeroplani stessi e dei loro motori. Ha anche deciso di effettuare alcuni voli per provare se lo standard attualmente in vigore consistente nell’applicare un cuscinetto di distanza orizzontale di 60 miglia nautiche (111 km) dalle nubi ritenute sospette fosse o meno adeguato.
Ora, tutto ciò è senz’altro encomiabile, ma avviene senza avere la certezza della presenza di contaminazioni pericolose nelle nubi e nello spazio aereo, il che renderà problematica o vana l’applicazione di tali misure precauzionali.
La gravità dell’eruzione del vulcano islandese per l’aviazione civile è consistita nel fatto che la sua nube ha ricoperto i cieli d’un intero continente, il quale ha la caratteristica, nel suo complesso, di avere la maggior densità assoluta di traffico aereo di tutto il mondo. I vulcani disseminati sulla superficie terrestre eruttano molto frequentemente, normalmente le loro ceneri interessano aree geografiche nelle quali l’attività aviatoria commerciale è ben inferiore a quella europea o statunitense e per ovviare e provvedere alla loro sorveglianza sono stati istituiti quei nove Centri di monitoraggio delle attività vulcaniche in atto onde preservarne dai possibili effetti nocivi i traffici dell’aviazione civile.
Perciò la tattica di far evitare le zone atmosferiche contaminate ben individuate, pur valida, questa volta non ha potuto esser utile in quanto la nube ha interessato pressoché i cieli di tutto il continente europeo.
Problema che potrebbe ripetersi anche a breve scadenza per nuove eruzioni di questo o di altri vulcani gemelli islandesi e quindi dobbiamo rispondere al seguente quesito:- il rischio per i voli dovuto alla presenza d’una precisa nube vulcanica è un fattore accertabile scientificamente, oppure rimane soltanto lo spauracchio del sospetto che possa esserlo?
Finora non è stato fatto e potrebbe sembrare più facile a dirsi che a farsi, ma il punto è proprio questo:- per evitare blocchi totali del traffico aereo europeo bisogna adeguarsi ed organizzarsi per ottenere dati certi ed attendibili sul livello di inquinamento dell’atmosfera.
Ecco il motivo per cui in un mio recente articolo indicavo negli UAS/UAV il “mezzo-aereo” idoneo ad esplorare la nube sospetta e per mezzo di adeguati sensori installati o installabili a bordo riuscire a misurare il livello di contaminazione esistente nell’atmosfera ed in particolare dentro la massa d’aria interessata dalla nube. Infatti quegli UAS/UAV, tante volte proclamati spendibili nelle missioni pericolose, hanno caratteristiche motoristiche che poco soffrono la contaminazione nel caso in cui vengano usati quelli equipaggiati con motori a scoppio ed eliche, mentre quelli dotati di motore a reazione potrebbero essere messi in grado di operare veleggiando all’interno della nube, per poi riavviare il reattore quando scesi al di sotto della stessa. Oltretutto se incontra materiale abrasivo che colpisce la cellula, a bordo non c’è nessuno che debba sopravvivere e che abbia necessità di vedere all’esterno per atterrare.
Tutto questo va preparato prima di dover sopportare un nuovo blocco indiscriminato di tutto lo spazio aereo del continente europeo.
Ritengo proprio che l’aviazione commerciale mondiale debba imparare a convivere anche con questi eventi che seppure saltuari rischiano di paralizzare il traffico aereo o, peggio, di provocare gravi disastri. I nove Centri di sorveglianza delle nubi vulcaniche potrebbero non bastare a prevenire tragedie dell’aria.
Perciò, ripeto, la soluzione, a mio avviso, rimane quella dell’effettuazione preventiva dell’esplorazione con i “mezzi-aerei”, che non espongono a rischio nessun essere umano, essendo dotati, nel peggiore dei casi, anche di paracadute per atterrare quando fuori controllo.
Però sia ben chiaro:- questo è l’unico impiego possibile per gli UAV/UAS nello spazio aereo comune, quando non aperto al traffico aereo commerciale. Che poi gli UAV/UAS vengano utilizzati sui campi di battaglia come piattaforme armate o con compiti di sorveglianza e di intelligence, è tutta un’altra cosa !
Altrimenti, rimangano dentro gli spazi aerei riservati. 01 maggio 2010
L’Interstate Aviation Committee – MAK – della CIS, nominato quale ente tecnico dalla Commissione governativa d’inchiesta decisa dal Governo di Mosca per il disastro del Tupolev TU 154 M che trasportava la delegazione polacca a Smolensk lo scorso 10 Aprile, non ha comunicato, ancora, nulla in merito ai contenuti delle registrazioni dei Registratori di bordo recuperati. Ha invece lasciato trapelare la notizia che da «… informazioni derivate dai Flight Recorders dell’aeroplano» (testuale), l’aeromobile polacco era equipaggiato con due importanti sistemi di navigazione e di allerta per il rischio di collisioni contro il terreno.
Nell’ordine, i due impianti citati sarebbero:-
- un Global Positioning System – GPS – (costruito negli USA), come del resto lo scrivente aveva ipotizzato, basandosi sull’ostinazione con la quale l’equipaggio polacco aveva cercato d’atterrare, effettuando ben quattro avvicinamenti;
- un Ground Proximity Warning System – GPWS – (di costruzione non dichiarata), il quale però, sempre a parere dello scrivente, poteva essere di scarso aiuto durante l’effettuazione degli avvicinamenti con carrello esteso ed in completa configurazione d’atterraggio e con basso rateo di discesa, in assenza di segnali elettronici di guida all’atterraggio.
Il MAK però deve ancora precisare se i due impianti di bordo fossero funzionanti ed utilizzati dall’equipaggio al momento dell’incidente e questo si potrà sapere soltanto quando verranno rese note le comunicazioni terra/bordo/terra e quelle fra i due piloti ed il navigatore presente a bordo in veste di addetto alle radio comunicazioni.
Come ho già scritto, il fatto di aver reiterato per ben quattro volte l’avvicinamento alla pista era sintomatico dell’utilizzo del GPS. La mancanza sull’aeroporto di un radiofaro non poteva però garantire l’accuratezza che è richiesta per effettuare un avvicinamento strumentale di precisione e l’utilizzo del GPS si è rivelato un azzardo fatale come purtroppo si è visto dal risultato finale.
Il MAK ha comunicato anche che sta ancora esaminando la documentazione tecnica in merito ai lavori di modifica apportati a questo aeromobile presso la ditta di revisione “Aviakor”, basata a Samara, effettuati verso la fine dell’anno 2009.
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Ai primi di Aprile sono iniziate nell’Oceano Atlantico le operazioni di ricerca sottomarina del relitto dell’Airbus A. 330 dell’Air France, precipitato la notte del 1 Giugno scorso dopo tre ore di volo e 45 minuti dal decollo da Rio de Janeiro in un’area oceanica situata a circa 435 miglia nautiche a NordEst dell’isola Fernando de Noronha con a bordo 216 passeggeri e 12 membri d’equipaggio.
Ora le ricerche, coordinate dal BEA, sono iniziate da circa tre settimane e vedono impiegate le due navi appoggio (“Seabed Worker” e “Anne Candies”), dotate di apparecchiature di ricerca sottomarina dei Registratori di bordo dell’aeroplano scomparso, tra le quali primeggia il robot sottomarino “Remus”.
Le ricerche finora sono state infruttuose, come lo erano state quelle condotte durante i mesi di Giugno e Luglio, quando ancora funzionavano gli impulsi sonori prodotti dagli appositi “locators” collegati ai Registratori che si stanno disperatamente ricercando per poter stabilire, cause e modalità del disastro. A quelle prime ricerche avevano partecipato finanziariamente con circa 40 milioni di dollari oltre al Governo francese anche quelli del Brasile e degli USA.
In seguito alle difficoltà di ritrovare i Flight Recorders impropriamente definiti coma “scatole nere”, l’EASA avrebbe inviato all’ICAO, in occasione del recente meeting sulla sicurezza del volo - tenutosi a Montreal dal 30 Marzo al 1 Aprile – una lettera proponendo uno standard internazionale secondo il quale tutti gli aerei commerciali in volo dovrebbero esser in grado di originare automaticamente dei messaggi contenenti informazioni oltre che sulla posizione del velivolo, anche quelli della sua altitudine, della sua velocità e direzione (prua), inviate via satellite ad apposite stazioni installate presso la base della Compagnia di appartenenza. Inutile dire dei costi e dell’intasamento di messaggi che tale soluzione comporterebbe.
Comunque, ben che vada, se una tale decisione dovesse essere presa dall’ICAO, la sua realizzazione pratica sui primi aeroplani costruiti secondo queste esigenze non si potrà vedere (ottimisticamente) prima di 4 o 5 anni !
Intanto speriamo nella buona sorte di questa campagna di ricerca. 30 aprile 2010
Questa dell’eruzione del vulcano islandese è stata fin dal primo giorno un’occasione malamente perduta per la sicurezza del volo (o forse artatamente non utilizzata) dai costruttori e dai sostenitori (i militari in prima linea) dell’impiego degli UAS/UAV negli spazi aerei utilizzati dal traffico aereo dell’Aviazione Civile internazionale. I Governi europei ed il Commissario della U. E. avevano velocemente deciso (contrariamente al solito) di vietare qualsiasi uso dello spazio aereo europeo al traffico aereo commerciale (ma non a quello militare).
Infatti questa sarebbe stata l’occasione buona per convincere tutti sull’utilità di quei “mezzi-aerei” mandandone un paio a volare fino a 45.000 piedi di altezza.
Perché non si è volato negli spazi aerei europei interessati dalla lunga nube di vapori e di ceneri eruttate dal vulcano (nube diretta secondo i venti prevalenti da Ovest verso Est), per saggiarne, attraverso i sensori di cui sono già dotati per volare sui campi di battaglia, oppure installati per la circostanza, la composizione e gli eventuali effetti sui reattori e sui motori a pistoni e sulle eliche di questi novelli “aeromobili”, come si son voluti impropriamente definire con apposita legge?
Ma no ! Forse la paralisi del traffico aereo civile era un’occasione troppo ghiotta par i militari della Nato che … potevano volare, indisturbati e senza restrizioni di sorta, … a pattugliare i cieli d’Europa?
Che i Governi d’Europa abbiano o meno sbagliato nel valutare la situazione di rischio sulla base sia delle stime sulla composizione della nube che sull’andamento della stessa, effettuate da Eurocontrol in base a modelli computerizzati si vedrà, ma quel che è proprio mancata del tutto è stata la carenza d’iniziativa per acquisire evidenze scientifiche sulle sostanze contenute nella nube stessa (per la maggior parte vapori acquei più che cristalli e ceneri tossiche).
Evidenze che potevano venir conseguite celermente se soltanto uno dei possessori o dei costruttori di UAS/UAV (militari in primis) si fosse offerto di far esplorare la consistenza effettiva della nube inviando in esplorazione un paio di UAS/UAV.
Già … mi sarà obiettato … con il rischio di perderli.
Ma come, obietto a mia volta, non è stato sempre affermato che gli UAV/UAS sono il mezzo ideale per i voli “pericolosi”, in quanto la loro perdita non comporta il sacrificio di esseri umani per compiere le missioni belliche “difficili” ?
Ed invece, dopo quattro giorni di caos, le decisioni prese da alcune Aerolinee, pur con divieto di volo in vigore, di inviare uno o più aeroplani ciascuna a verificare gli eventuali effetti del volo nell’atmosfera dello spazio aereo europeo, con i soli piloti a bordo (ed in qualche caso perfino con dirigenti della Compagnia a bordo) hanno dimostrato la mancanza di qualsiasi conseguenza su motori e cellule. E, si badi bene, sono stati piloti civili sia su quadrireattori che su bireattori a prestarsi a far da cavie per poter controllare a posteriori gli effetti di quei voli sui reattori e sulle strutture. Già, ma questo i militari della NATO … già lo sapevano !
Secondo me … costruttori e sostenitori degli UAS/UAV hanno perduto una buona occasione … per rendersi effettivamente utili! 24 aprile 2010
Sul numero 10 di Air Press dell’8 Marzo è stato pubblicato un articolo con il titolo “L’ICAO – Un’organizzazione che non ha poteri coercitivi”, volendo con ciò indicare che, a differenza dei Regolamenti emessi dall’UE che entrano direttamente a far parte delle legislazioni nazionali dei Paesi aderenti, «solo un’apposita norma nazionale può “implementare” sul territorio uno standard prescritto dall’ICAO».
Nel testo in esame si intende spiegare e convincere il lettore che «gli Stati membri mantengono la loro sovranità nazionale e sono liberi di non “implementare” uno standard. In tal caso devono però darne immediata informazione».
A conferma di ciò è stato tradotto il testo originale in lingua inglese dell’Art. 38 della Convenzione di Chicago del 1944:- «Ogni Stato al quale risulti “impraticabile” aderire totalmente ad uno di tali standard o procedure internazionali … omissis … deve dare immediata comunicazione all’ICAO di tali differenze tra la prassi e quella stabilita dagli standard internazionali. Omissis».
Si asserisce inoltre: « In sostanza, gli Stati non sono obbligati ad “implementare” gli Standard ICAO, anche se ciò sarebbe auspicabile per migliorare la sicurezza»!
Onde evitare interpretazioni personali mi sia consentito puntualizzare quanto segue avvalendomi del testo “Diritto Aereo” del Dott. Giorgio De Stefani (ex Dirigente ENAC):- «La regolamentazione tecnico giuridica degli Allegati o Annessi tecnici alla Convenzione comprende “norme standard” e “pratiche raccomandate”». Pratiche raccomandate è purtroppo malamente tradotto in italiano, in realtà si tratta di “specificazioni tecniche e procedure consigliate” (SARPs), che, all’Art. 37 sono indicate come “Sistemi pratici raccomandati” o, meglio ancora secondo me, sarebbe più corretto tradurre in “Procedure consigliate”.
Per “norma standard” s’intende qualsiasi specificazione la cui uniforme applicazione è riconosciuta necessaria per la sicurezza e la regolarità della Navigazione Aerea internazionale ed alla quale gli Stati contraenti devono uniformarsi.
Per “ procedure consigliate” s’intende ogni norma la cui uniforme applicazione è riconosciuta desiderabile per la sicurezza, regolarità ed efficienza della Navigazione Aerea internazionale».
In un altro testo del Dott. De Stefani, pubblicato sul n. 97 della rivista “Trasporti” dedicato agli “Annessi ICAO”, nell’introduzione l’Autore scrive:-«Una delle più importanti manifestazioni dell’Organizzazione Internazionale dell’Aviazione Civile è certamente l’emanazione dei regolamenti tecnico-giuridici, denominati Annessi, il cui scopo è quello di uniformare norme e procedure tra gli Stati contraenti».
E più oltre aggiunge:- «Tuttavia occorre evidenziare che gli Annessi non posseggono la stessa forza vincolante della Convenzione … » e successivamente che:-«In modo esplicito l’ICAO afferma che gli standards e le pratiche raccomandate sono “only for convenience” designated as Annexes to the Convention (see art. 54 of the Convention)», senza però azzardare una traduzione della sentenza riportata in inglese.
Di conseguenza mi adatterò al compito, interpretando la citazione come segue:- “Gli standards e le pratiche consigliate sono soltanto per comodità definiti come Annessi alla Convenzione”. Il che parrebbe smentire, in parte, l’affermazione di una “dottrina italica” che gli Annessi non possiederebbero “la stessa forza vincolante della Convenzione”, in quanto, come si vedrà all’art. 54, sono parte integrante della Convenzione anche se, appunto, la dottrina in vigore in Italia l’ha sempre negato e sebbene esista la possibilità che la loro applicazione sia soggetta a quanto contemplato dagli articoli 37 e 38 della Convenzione stessa.
Inteso ciò, il testo originale in lingua inglese del citato Articolo della Convenzione del 1944 dice:-«Article 38. Any State which finds it impracticable to comply in all respect with any such international standard or procedure, or … etc. … or which deems it necessary to adopt regulations or practices differing in any particular respect from those established by an international standard, shall give immediate notification to ICAO of the differences between its own practice and that established by international Standard.»
L’aggettivo “impracticable” tradotto letteralmente in italiano, come si evince dall’articolo di Air Press, ha un tenore alquanto vago ed utilitaristico, significa “qualcosa cui non è possibile o conveniente ricorrere”.
Gli Statisti hanno fatto firmare il 6 Marzo 1948 all’allora Presidente della Repubblica Senatore Enrico De Nicola il Decreto Legislativo n. 616 (poi ratificato con la Legge 17 Aprile 1956, n. 561). Tale decreto all’Art. 1 sancisce che «Piena ed intera esecuzione è data alla convenzione internazionale per l’aviazione civile stipulata a Chicago il 7 dicembre 1944». A tale Decreto (diventato poi Legge dello Stato) è allegata la traduzione ufficiale in lingua italiana del testo originale della Convenzione stilata in inglese e tale traduzione differisce sia nei termini che negli intendimenti da quella che riportata nel sopra citato articolo. Il testo ufficiale della Convenzione, ormai Legge della Repubblica italiana, recita:-
«Art. 38. Ogni Stato al quale riesca impossibile di conformarsi completamente con tale standard o procedura internazionale, o di adattare pienamente i propri regolamenti o sistemi pratici … omissis … oppure che ritenga necessario di adottare regolamenti o sistemi pratici differenti in qualche particolare da quelli stabiliti da uno standard internazionale, notificherà immediatamente all’OACI le differenze fra i propri metodi e quelli stabiliti dallo standard internazionale. Omissis».
Dunque la Legge dice che lo Stato cui riesca “impossibile”, cioè sia impedito da fattori o circostanze non superabili, conformarsi completamente, dovrà notificare all’ICAO, ma non significa che gli Stati non sono obbligati ad “implementare” gli Standard ICAO, come asserito dall’autore dell'articolo.
Ma non basta, l’Art. 37 sottolinea quale dovere degli Stati aderenti alla Convenzione quanto segue:- «Ogni Stato contraente s’impegna a collaborare nell’assicurare il più alto grado possibile di uniformità nei regolamenti, nei modelli, nelle procedure e nell’organizzazione relativamente agli aeromobili, al personale, alle rotte aeree ed ai servizi ausiliari, in tutti i casi in cui tale uniformità faciliti e migliori la navigazione aerea. A tal fine l’Organizzazione per l’Aviazione Civile Internazionale adotterà, e se necessario, modificherà di volta in volta, gli standards internazionali e i sistemi pratici e le procedure raccomandate …».
L’art. 54 della Convenzione che tratta dei doveri del Consiglio dell’ICAO dispone, inoltre, che il Consiglio «adotti, in applicazione alle disposizioni del Capitolo VI [quello dedicato agli artt. 37 e 38 – ndr] della presente Convenzione, gli standards internazionali ed i sistemi pratici raccomandati, disponendoli, per comodità [“only for convenience”] come allegati alla presente Convenzione e notifichi a tutti gli Stati contraenti le misure prese».
Dunque, come rimarca il Dott. De Stefani, «nell’articolo 37 si configurano due “impegni”, secondo me “obblighi”:- il primo è riferito agli Stati contraenti affinché collaborino per assicurare il più alto grado possibile di uniformità nei regolamenti … ecc., ecc. … in tutti i casi in cui tale uniformità faciliti e migliori la navigazione aerea; il secondo ha come destinatario l’ICAO affinché adotti e modifichi di volta in volta, se necessario, gli standards internazionali, i sistemi pratici e le procedure raccomandate [consigliate – ndr] che vengono poi specificamente elencate».
Negli ultimi anni l’ICAO ha istituito le ispezioni “IUSOAP - Universal Safety Oversight Audit Programme”, regolamentate dal DOC 9735 – AN/960, alle quali anche l’Autorità dell’Aviazione Civile nazionale è stata sottoposta ed a seguito di tali ispezioni ha dovuto adeguare molte mancanze e differenze non notificate in precedenza all’ICAO rispetto agli Standard in vigore. Ispezioni effettuate dalle apposite squadre ispettive ICAO composte da almeno tre membri, così come stabilito dalla apposita Risoluzione A32-11 decisa dall’Assemblea Generale del 1 Ottobre 1998.
Al fine di essere chiaro e preciso, non posso esimermi dal riprodurre fedelmente in originale il testo ICAO relativo al “Mandatory Audit Programme”, così come aggiornato nel corso della 35ma Assemblea Generale del 2004:- «USOAP – Objective of the Programme.
The objective of the USOAP is to promote global aviation safety through auditing Contracting States, on a regular basis, to determine State’s capability for safety oversight by assessing the effective implementation of the critical elements of a safety oversight system and the status of the State’s implementation of safety-relevant ICAO SARPs, associated procedures, guidance material and safety-related practices».
Mi asterrò dal tradurre il paragrafo 3.1 – Cap. 3 – Audit Policy - “Programme objective” del DOC 9735 ICAO, almeno fino a quando lo Stato italiano non si deciderà a pubblicare un testo ufficiale che stabilisca la corretta traduzione italiana della terminologia tecnico–legale, completa delle relative definizioni dei termini in lingua inglese, utilizzati sia dall’ICAO che dall’Unione Europea nei propri documenti. Regolamenti e Direttive europee, tradotti arbitrariamente in italiano da traduttori non specializzati nella materia aeronautica, senza rendersi conto dei danni che fanno alla nostra aviazione civile. Come è avvenuto nella recente traduzione del Regolamento CE n. 1108/2009 dove il termine tecnico “radome” inglese è diventato in italiano “raduomo”, anziché “copertura dell’antenna del radar di bordo” ed “interim report” è diventato “relazione interinale”!
Sintetizzando, dirò soltanto che lo scopo del Programma ICAO deciso dalla 32ma Assemblea ed aggiornato dalla 35ma Assemblea generale dell’ICAO, intende incoraggiare la sicurezza complessiva dell’aviazione civile internazionale attraverso delle verifiche periodiche esercitata sui singoli Stati contraenti per determinare il grado di applicazione, non solo delle norme standard, ma anche delle specificazioni tecnico-procedurali consigliate, oltre che delle relative procedure e finanche del relativo materiale esplicativo inerente la sicurezza delle operazioni dell’aviazione civile mondiale.
E lo scopo s’intende raggiunto soltanto quando un apposito “team” dell’ICAO redige le risultanze della propria ispezione sotto forma di un “audit interim report” contenente una valutazione sul livello di sicurezza riscontrato secondo uno dei tre gradi di giudizio sulla “compliance”, sulla “conformance” e sulla “adherence” per ciascuna voce presa in esame durante l’ispezione. Consente allo Stato sotto esame di rispondere entro termini temporali ben precisi con un documento di “proposed corrective action plan”. Poi, in base a quanto proposto dallo Stato trovato in difetto, l’ICAO risponde con l’approvazione o meno di quanto presentato per rientrare nei parametri di sicurezza fissati. Segue quindi una valutazione finale che conclude il ciclo ispettivo con un “audit final report”, documento riservato per lo Stato ispezionato e con un “audit summary report” disponibile pubblicamente per la conoscenza e la considerazione da parte di tutti gli altri Stati contraenti.
Dunque, nessuna sanzione diretta viene applicata dall’ICAO, bensì soltanto un invito allo Stato ad attuare quanto dallo stesso proposto e dall’ICAO approvato per rientrare nell’osservanza delle norme standard, nelle specificazioni/procedure consigliate, e del materiale esplicativo inerente la sicurezza delle operazioni dell’aviazione civile internazionale, riscontrate carenti.
In caso di violazione delle norme della Convenzione, l’art. 54, lettera j) dispone che il Consiglio intervenga con:- «riferire all’Assemblea ogni violazione alla presente Convenzione, qualora uno Stato contraente abbia trascurato di prendere le misure adatte entro un periodo di tempo ragionevole dopo la comunicazione della violazione stessa».
L’ICAO, quindi, possiede poteri (anche se indiretti) di richiamare all’ordine gli inosservanti. Infatti può determinare la retrocessione d’uno Stato facente parte della prima fascia degli Stati membri del Consiglio ad un livello di seconda categoria. Tento per chiarezza, ritenevo dovuto. 21 aprile 2010
A distanza d’una settimana dal disastro del TU 154 M della flotta presidenziale polacca con a bordo gran parte del Governo, alcuni Capi militari e di altri notabili polacchi avvenuto durante il quarto tentativo di avvicinamento per l’atterraggio sull’ex base aerea militare, ora civile, di Severny a Smolensk (Russia), si incomincia ad avere notizie un po’ più precise, corredate dall’immagine del luogo tratta da una mappa di Goggle Earth.
L’aeroporto si trova a Nord della città, ma non è dotato di adeguati radioaiuti per atterraggi strumentali di precisione in condizioni di visibilità ridotta per nebbia come quelle della mattina del 10 Aprile.
Secondo dichiarazioni rilasciate da responsabili dell’Ente normatorio dell’aviazione civile della CSI, denominata Rovatsja, a Flight International, l’aereo polacco era così basso durante il quarto avvicinamento che a 1.200 m dalla testata della pista 26, quando per una corretta traiettoria doveva trovarsi a non meno di 60 m di altezza sul terreno, ha invece colpito le cime di alcuni alberi alti 8 m ed ha finito la propria corsa divenuta incontrollata impattando il suolo a soli 400 m dalla testata della pista, di poco spostato sulla sinistra rispetto al prolungamento dell’asse di centro pista.
Non è noto quali radar/radio-assistenze siano rimaste in funzione sulla ex base militare (forse qualcosa di simile al militare TACAN occidentale), da poco convertita in aeroporto civile, in quanto il radar militare di sorveglianza prima esistente sembra sia stato rimosso e due radiofari non-direzionali dovrebbero esse stati i soli radioaiuti utilizzabili, quali assistenze da terra.
L’insistenza nel tentare per ben quattro volte l’avvicinamento, mi porta a pensare che i piloti polacchi si siano avvalsi delle informazioni derivate da un GPS - Global Positioning System – sistema che però non fornisce indicazioni di altezza sul terreno e sugli ostacoli e la cui precisione spaziale non è in grado di garantire l’accuratezza necessaria atta a consentire l’effettuazione di un avvicinamento strumentale di precisione.
Ma in merito non ci sono indicazioni da parte della Commissione governativa russa, che è stata incaricata dell’inchiesta dallo stesso Presidente della CSI.
Rimane per ora occulto il motivo per il quale l’equipaggio di condotta del TU 154 abbia attuato i reiterati pericolosi tentativi di avvicinamento quando era al corrente delle condizioni di visibilità per nebbia, proibitive perfino per iniziare il primo degli avvicinamenti di non precisione date le radioassistenze disponibili sull’aeroporto.
Il comandante del volo era un pilota polacco di 35 anni d’età che aveva un totale di 3.528 ore totali di volo, delle quali ben 2.973 ore effettuate sul tipo di aeromobile del disastro, mentre il suo co-pilota aveva 1.939 ore di volo, delle quali 506 sul tipo. In cabina di pilotaggio vi era anche un navigatore di 59 anni (quasi sicuramente, come d’uso negli equipaggi dei Paesi dell’ex blocco orientale) addetto alle comunicazioni radio, che nell’occasione si svolgevano in lingua russa, seppure, sembra, con qualche difficoltà.
Da rilevare ancora che i Controllori russi avevano suggerito al comandante polacco di dirottare sugli aeroporti di Minsk o di Vitebsk in Bielorussia oppure di Vuknovo a Mosca, ma tutte queste soluzioni avrebbero poi comportato un trasporto su strada della durata di quattro ore dell’intera delegazione che doveva partecipare alla commemorazione dei militari polacchi trucidati a Kathyn nel 1940.
Un fatto che rende ancor più inquietante e fitto il mistero su questo disastro:- solo tre giorni prima lo stesso aeroplano aveva volato da Varsavia a Smolensk con a bordo il Primo Ministro ora deceduto, l’equipaggio di condotta di questo secondo volo presidenziale era quindi a conoscenza della mancanza di idonei radioaiuti di precisione all’avvicinamento.
Infine si rileva che circa 30 minuti prima dell’arrivo del volo presidenziale polacco un aereo IL 96 della Forza aerea russa che doveva atterrare a Smolensk con a bordo personale del Servizio federale russo per la sicurezza anticrimine, era stato “ordinato” di dirottare su altro aeroporto a causa delle esistenti proibitive condizioni di visibilità, inferiori ai minimi di Stato in vigore.
I Controllori del Traffico Aereo russo infatti possono impartire “ordini” ai piloti militari, mentre entrambi i piloti polacchi, avendo uno “status” civile, rispondevano soltanto alle norme dell’Aviazione Civile Internazionale – ICAO.
Ma proprio da ciò l’ultima perplessità:- allora perché il Governo della CSI ha istituito una Commissione d’inchiesta governativa, anziché affidare il caso all’Agenzia indipendente di investigazioni sugli incidenti aerei denominata MAK – Intestate Aviation Commitee – così che vi potessero partecipare il Rappresentate accreditato polacco ed i suoi consulenti (“advisers” tecnici) a norma dell’Annesso 13 sugli incidenti aerei dell’ICAO ?
Vedremo, speriamo in breve tempo, le conclusioni che dovrebbero venir rese note pubblicamente ?
19 aprile 2010
Nel mese di marzo del 2008 scrivevo un articolo intitolato “Mitizzazioni e Maxi … balle” (dove Maxi è un cognome, come si vedrà), commentando la notizia mediatica accompagnata da un video che una “co-pilota” della Compagnia Lufthansa avesse fatto atterrare un Airbus 320 carico di passeggeri, sostituendo il Comandante durante l’atterraggio all’aeroporto di Amburgo durante l’imperversare dei venti ciclonici dell’area depressionaria denominata “Emma” che allora stava investendo tutta l’Europa centrale.
Già il Comandante del volo aveva mal valutato sia decidendo di tentare l’atterraggio in presenza del forte vento al traverso e sia affidando la manovra ad una giovane pilota di 24 anni.
La ripresa televisiva, veramente impressionante, mostrava che già a 300 piedi (100 m) di altezza, quasi sopra l’inizio pista, l’aeroplano era alto e destabilizzato a causa del vento che la faceva da padrone e l’aeroplano procedeva quasi come una foglia morta che cade da un ramo. Quando finalmente ha ripreso la discesa verso la pista, già “lungo”, si vede l’aeroplano abbassare l’ala destra (correttamente contro vento), ma senza l’intervento della co-pilota sul timone di direzione dalla parte opposta per mantenere l’allineamento di pista. Così il velivolo prima finisce a destra quasi oltre il bordo sopravento della pista e poi, livellando momentaneamente le ali, spostarsi sotto l’azione del vento sul bordo opposto con l’estremità dell’ala sinistra che puntava la superficie della pista, infine raschiandola e collidendo contro un “cinesino” (luce di bordo pista).
Solo a quel punto interveniva il Comandante che effettuava una riattaccata abbastanza movimentata. La stampa tedesca si sbizzarriva in racconti da far resuscitare le Valchirie, attribuendo alla co-pilota capacità non comuni.
Il successivo comunicato stampa di Lufthansa precisava che la co-pilota, certa Maxi J., era effettivamente ai comandi per l’atterraggio, ma era pur sempre «sotto la sorveglianza del Comandante» !
Ora, a distanza di due anni una notizia dell’Agenzia ATI di Flight International ci informa che «gli Investigatori tecnici tedeschi ritengono che la mancanza di “chiarezza” dei limiti operativi con vento al traverso abbia contribuito al grave contatto dell’ala dell’A. 320 contro la superficie della pista mentre tentava l’atterraggio ad Amburgo».
Il lapidario giudizio della relazione d’inchiesta dichiara che «una manovra di riattaccata (go-around) sarebbe stata “saggia”» e che il valore di vento al traverso di 33 nodi con raffiche fino a 38 nodi riportato alla voce “Massimo vento al traverso dimostrato per l’atterraggio dal Costruttore” sul Manuale Operativo Lufthansa, è stato esiziale.
Di fatto l’equipaggio era stato informato dalla Torre di Controllo che il vento raggiungeva la velocità di 28-29 nodi, ma con raffiche fino a 47 nodi!
Una successiva ricerca fatta nel corso dell’investigazione tra i piloti Lufthansa ha rivelato come la metà degli intervistati ritenesse che il limite scritto nel Manuale fosse un limite invalicabile, ma l’altra metà lo considerava soltanto come “un’indicazione di massima”, evidentemente ritenendosi superiori in capacità ai piloti collaudatori della Casa costruttrice.
L’Ente investigativo tedesco ha concluso che ciò era «una evidenza della considerevole carenza interna d’informazioni tecniche», aggiungendo che i termini usati nel manuale Operativo dell’Aerolinea non erano adeguatamente definiti e spiegati.
Ancora una volta, l’incomprensione e la mancanza di chiarezza nella terminologia, porta a queste conseguenze; questa volta fortunata, ma molto pericolosa.
Infine, l’Ente investigativo ha indirizzato la raccomandazione di sicurezza più importante a Lufthansa che deve stabilire propri limiti di vento al traverso per i piloti, sulla base delle proprie specifiche operazioni, le quali dovrebbero sempre tener conto della capacità media dell’organico dei piloti impiegati e non di quella dei piloti collaudatori, abituati ad altro tipo di pilotaggio e oltretutto senza passeggeri a bordo! 10 aprile 2010
Dopo il Presidente di ANSV, anche il Presidente di ENAC prof. Vito Riggio è sceso in campagna elettorale (personale), come ci fa conoscere il n. 11 di Air Press (pag. 350), sotto il titolo «Riggio: Grazzanise aeroporto internazionale e Capodichino “city airport”», mentre «quanto allo scalo di Pontecagnano-Salerno [aperto nel 2008 – ndr] bisognerà inventarsi “qualche formula suggestiva, di tipo turistico, per utilizzare al massimo questa struttura”», già pagata da Pantalone, aggiungiamo noi.
Insomma … il classico colpo al cerchio e l’altro alla … botte campana.
Infatti, in quanto ha espresso partecipando alla presentazione d’un rapporto annuale realizzato da un certo “Centro studi dell’azienda campana per la mobilità sostenibile” di chiara estrazione regionale, il Presidente ha trovato il modo di farci conoscere il suo personale pensiero (che naturalmente intende tradurre in pratica per darsi lustro, se troverà l’appoggio del Consiglio di Amministrazione dell’Ente che presiede), però bellamente ignorando il recente indirizzo ministeriale in materia di aeroporti. Salvo che già non conosca gli esiti dello studio per il “Piano nazionale per gli aeroporti”, commissionato assieme al Ministero che dovrebbe “indirizzarlo, vigilarlo e controllarlo” ad un apposito Consorzio di ditte estranee all’amministrazione anziché servirsi delle competenze tecniche che pure ci dovrebbero essere all’interno del Ministero dei Trasporti e dell’ENAC stessa.
In tal caso, bontà sua, ce ne ha anticipato una parte di quello che riguarderà la parte campana dello studio su scala nazionale, che dovrebbe essere super partes !
Comunque da questo annuncio fatto alla stampa specializzata, si evince che il Presidente dell’ENAC intende raccattarsi anche l’aeroporto militare di Grazzanise (dopo quello di Comiso, inaugurato in pompa magna, ma ancora non operativo) «perché intanto si possa mettere in piedi (!) questo nuovo grande aeroporto internazionale di Grazzanise, in modo da consentire alla Campania di avere tutto il traffico che può avere e riducendo a poco a poco Capodichino ad un “city airport”». Ed ha aggiunto (in barba al “Piano nazionale degli aeroporti”) «… c’è una conferenza dei servizi, finalmente il piano è approvato, quindi la Regione ha una disponibilità finanziaria che ha stimato e penso che dovrebbe partire il più presto possibile» !
Già, perchè in qualche modo bisognerà pur compensare il calo occupazionale che si avrà a Capodichino, da lui giudicato « … limitato strutturalmente nella sua impossibilità a crescere», mentre la Società di gestione concessionaria (per 40 anni !) la GESAC-British Authority comunica che i “principali investimenti da realizzare tra il 2009 e il 2015 sono previsti nella somma di 101 milioni di Euro”.
Insomma … una pianificazione mica male, sia nei confronti con il rispetto dell’indirizzo ministeriale conosciuto riguardante l’apertura di nuovi aeroporti civili e neppure riguardo ai 101 milioni di Euro che la Società GESAC-BAA dovrebbe investire su Capodichino nel periodo che va fino al 2015.
Ma tant’è la cose in Italia vanno così. Allegria ! 26 marzo 2010
Flight International – ATI – in data 15 Marzo ha ricordato a Parigi che la ripresa delle ricerche sottomarine del relitto e dei registratori di bordo dell’Airbus A. 330 – volo AF 447 – scomparso nell’Oceano Atlantico lo scorso 1 Giugno 2009 stanno per ricominciare, sebbene ritardate di qualche giorno rispetto al programma precedentemente comunicato, a causa “di difficoltà tecniche ed amministrative”, dal BEA - Bureau d’Enquetes e d’Accident – francese, ente investito dell’autorità di effettuare le investigazioni tecniche sugli incidenti dell’aviazione civile francese.
Il BEA ha pure annunciato che la nave di ricerche sottomarine Anne Candies, equipaggiata con un sonar capace di captare le due frequenze aeronautiche sulle quali possono trasmettere i radiofari localizzatori di posizione dei registratori di bordo dell’A 330 e che viene trainato lateralmente sul fondo oceanico fino alla profondità di 6.100 m, prevede di arrivare nel porto brasiliano di Recife entro il 24 Marzo, dove si incontrerà con una seconda nave partecipante alla campagna di ricerca, la Seabed Worker, sulla quale sarà trasferito un batiscafo per la ricerca di profondità degli stessi registratori. L’armatore e gestore della prima nave, la ditta Phoenix International, ha precisato che la propria apparecchiatura sonar può esser utilizzata per coprire un sentiero sottomarino della larghezza di 1.800 m per ogni passata a pettine effettuata nella zona di ricerca individuata come probabile giacenza del relitto. L’apparecchiatura costituita dal batiscafo sottomarino di ricerca, denominato CURV – 21, è guidato e vincolato alla nave madre da cavi di traino del peso dichiarato di quasi tre tonnellate.
Questo che va ad iniziare tra breve sarà il terzo tentativo di recupero dei registratori dell’A 330 dell’Air France, senza i quali è impossibile stabilire una effettiva ricostruzione di quanto sia accaduto a bordo prima della definitiva perdita dell’aeroplano e del suo carico umano.
Ciò sebbene i dati disponibili dai radio messaggi inviati in automatico dagli apparati di bordo dell’A 330 abbiano finora indicato chiaramente che alcuni malfunzionamenti delle sonde di velocità del velivolo hanno compromesso l’attendibilità dei dati necessari al funzionamento dei vari automatismi che governavano l’aeromobile durante il volo di crociera tra Rio de Janeiro e Parigi.
Per amor della verità, ma soprattutto in nome del progresso aeronautico è veramente indispensabile poter far luce completa sulle cause della perdita di questo volo, anche se altri casi consimili sugli aeroplani dello stesso costruttore aeronautico non erano mancati, ma si erano conclusi senza il disastro finale.
Per il momento non rimane che … attendere ! 22 marzo 2010
E’ confermato così che gli aeroporti nazionali non sono “un sistema”, ma piuttosto un’insieme di infrastrutture aeroportuali nato e, negli anni, modificato con disordine. Lo testimoniano i 3 aeroporti calabresi, i 4 aeroporti toscani +1 quello dell’isola d’Elba e i 4 siciliani, più l’aeroporto di Comiso inaugurato, ma non citato nel documento!
Unici esempi, ma soltanto parzialmente virtuosi, possono essere considerati gli aeroporti lombardi, con chiare e distinte funzioni, purtroppo degenerati in parte dal ruolo equivoco imposto dalla politica, della sopravvivenza di Linate e del progetto infelice di Malpensa 2000.
Gli aeroporti lombardi infatti, nonostante la pessima realizzazione funzionale delle piste di Malpensa 2000, perlomeno assolvono a distinte esigenze di trasporto aereo, con Malpensa concepito come hub, Orio al Serio come internazionale e charter, passeggeri e cargo, Brescia-Montichiari ereditato abbastanza recentemente dalla dismissione della base da parte dell’A. M. e Linate, che dovrebbe essere soltanto un aeroporto domestico, ma che ora svolge un ruolo misto di internazionale e di “City airport”.
Mentre accettabili, visti come “sistema”, risultano essere gli aeroporti veneti e dell’Emilia-Romagna, mentre fanno “sistema” gli aeroporti sardi e quelli siciliani comprendenti le isole di Pantelleria e Lampedusa. Lascia invece a desiderare la situazione della regione toscana.
Persistono le lacune esistenti in tema di accessibilità e collegamenti con le esistenti reti stradali e ferroviarie di quasi tutti gli aeroporti nazionali, non si può far altro che condividere appieno la conclusione fondamentale dell’indagine conoscitiva effettuata con eccezionale buona volontà dai membri della Commissione Trasporti della Camera.
Tale conclusione è articolata su due punti fondamentali ed irrinunciabili:-
a) Il Paese non ha bisogno di un maggior numero di aeroporti, ma di aeroporti più grandi e più efficienti, fatto salvo il punto che il territorio lo consenta;
b) Vanno sanate, attraverso un accurato piano programmatico governativo per una vera rete aeroportuale nazionale le attuali pesanti carenze esistenti, costituite principalmente da “gap” di accessibilità agli aeroporti dovuto alla scarsezza di collegamenti con la rete ferroviaria e stradale tra aeroporti e città destinate ad essere servite.
Occorre precisare subito che nei 10 punti individuati dalla Commissione, soltanto 5 o 6 sono quelli che effettivamente riguardano la rete aeroportuale necessaria a creare “un sistema” che consenta anche in Italia il previsto sviluppo del trasporto aereo di passeggeri e di merci, mentre per i rimanenti punti risaltano chiaramente alcune considerazioni “protezionistiche o clientelari” dedicate a gestori e fornitori di servizi aeroportuali ed una, in particolare, volta a “rafforzare i poteri dell’ENAC” (come se glia attuali non fossero sufficienti). Quello che in realtà manca da parte di ENAC è la capacità “del presidio di sorveglianza delle norme in vigore” da parte di tutti i vari soggetti operanti sugli aeroporti, siano essi soggetti nazionali o internazionali.
Esaminiamo dunque quei punti ritenuti meritevoli di menzione e considerazione, in quanto altamente auspicabile che vengano attuati:-
Sulla scia del disastro del volo AF 447 avvenuto la notte del 1° Giugno 2009 sull’Oceano Atlantico che ha colpito oltre che la Compagnia Aerea Air France anche tutto il trasporto aereo internazionale e l’immagine stessa della sicurezza del volo, l’ICAO, con inusitata solerzia proprio per la gravità del caso, ha indetto presso il proprio Quartier Generale di Montreal una “High-level Conference” dei propri Stati contraenti, aperta agli Osservatori permanenti ed agli esperti delle investigazione tecniche, per il prossimo 29 Marzo – 1° Aprile 2010.
Scopi dichiarati della Conferenza sono quelli di uniformare un consenso generale sul problema, ottenere impegni comuni e formulare delibere ritenute necessarie [e quindi a livello di “Standards” –ndr] per misure più efficaci ed efficienti per azioni proattive a favore della sicurezza del volo e della prevenzione degli incidenti da parte dell’Aviazione Civile internazionale.
Alla chiusura dei termini per la presentazione di proposte documentali da parte degli Stati partecipanti risultavano presentati i seguenti documenti ripartiti per le tre fasi in cui si articolerà la Conferenza tecnica e precisamente 6 documenti riguardanti “The global aviation safety”, ben 21 documenti concernenti il tema riguardante “The practice management of safety” e 16 scritti “Other safety issues”, nelle varie lingue ufficiali dell’Organizzazione (inglese, francese, spagnolo, russo, cinese ed arabo).
Di questi 43 testi, 12 sono stati presentati dal Segretariato dell’ICAO, ben 11 dalla Spagna a nome della Comunità Europea, 4 dall’Australia, 15 dagli USA, 1 dall’IFALPA ed i rimanenti 12 da Paesi diversi tra cui non figura l’Italia che inspiegabilmente non ha nulla da dire a livello internazionale.
Molto interessanti risultano essere le tre pagine con le quali l’ICAO presenta sul proprio sito web l’Agenda dei lavori, accompagnata da commenti e spiegazioni sui temi posti in discussione. Sarà molto interessante prossimamente poter leggere e commentare quanto sarà dibattuto e deciso a questa Conferenza, tutta dedicata alla sicurezza dei voli commerciali.
Negli stessi giorni della chiusura dei termini utili per la presentazione delle “proposte di lavoro” per la Conferenza, l’Agenzia internazionale “Air Transport Intelligence” pubblicava in data 1° Marzo, sotto il titolo “Complicatezza dell’investigazione sulla caduta del volo AF 447”, uno studio dedicato a sviscerare le problematiche sollevate da quel disastro, studio che pertanto merita d’essere esaminato:-
«Le complicazioni incontrate dall’investigazione in merito alla distruzione dell’aeromobile A. 330 – volo AF 447 – [a causa delle difficoltà di rintracciare il relitto sul fondo dell’Atlantico e soprattutto gli indispensabili registratori di bordo – ndt] indirizzeranno il dibattito congressuale sui temi di fondo inerenti il recupero appunto dei dati di volo, tutte le comunicazioni da e per l’aeromobile in volo ed il “tracciamento” degli aeromobili in volo sulle lunghe rotte oceaniche non coperte dalla sorveglianza dei radar del Controllo del traffico.
L’adunanza di Montreal arriva dopo poche settimane da quando il BEA - Bureau d’Enquetes et d’Analyses – francese ha pubblicato uno studio sulle numerose opzioni potenzialmente in grado di evitare la perdita delle informazioni essenziali contenute nei Registratori di bordo (DFDR e CVR) nei casi d’incidente di aeromobili commerciali in mare.
Rappresentanti della Comunità Europea [segnatamente gli spagnoli, come abbiamo anticipato – ndt] presenteranno alla Conferenza una serie di documenti che evidenzieranno l’eccezionale stimolo fornito dalla perdita del volo AF 447. Due tentativi di ritrovare i Registratori di bordo dell’Airbus sono già falliti ed è in programma un terzo che dovrebbe aver inizio alla metà del corrente mese [condizioni meteo-marine permettendo - ndt]. Il documento relativo a questo caso afferma che “ a causa della mancanza dei dati, le circostanze precise e le cause del disastro potrebbero rimanere sconosciute”.
Lo stesso documento ricorda anche che la caduta dell’Airbus A. 310 di Yemenia nelle acque delle isole Comore, avvenuto nello stesso mese del 2009, ha presentato analoghe difficoltà per il recupero dei dati di volo, dato che nell’impatto con il mare il radiolocalizzatore si è separato dal modulo contenente la memoria del registratore ed ha ritardato di otto giorni il suo ritrovamento. Poi, a causa di altri danni subiti dal contenitore dei dati, sono state necessarie altre due settimane di lavoro per recuperare i dati registrati.
Sulla scia del disastro del volo AF 447 il BEA francese ha istituito un gruppo di lavoro finalizzato al recupero dei registratori di bordo, gruppo che ha valutato le tecnologie disponibili per tre grandi aree sulla base della maturità delle tecnologie esistenti, dei costi e del livello di affidabilità delle apparecchiature da imbarcare. Le tre aree esplorate sono state: quella relativa alla trasmissione dei dati durante il volo, quella di nuovi registratori di bordo e quella dedicata al miglioramento della localizzazione post incidente dei relitti in mare o in luoghi remoti ed inospitali. Quel gruppo di lavoro ha recentemente riferito in merito alle risultanze dei propri studi.
L’installazione di registratori di peso più leggero collocati all’interno della deriva degli aeromobili è stata una delle opzioni prese in considerazione, ma anche se l’intero impennaggio verticale dell’aeromobile dell’A. 330 dell’Air France è stato recuperato mentre galleggiava sulla superficie dell’Atlantico, relitti della deriva e del timone di direzione sono stati recuperati soltanto nel 20% di 26 casi simili.
Sono stati presi in considerazione pure dei progetti di registratori di dati sganciabili dall’aeroplano e capaci di rimanere a galla, ma mentre il gruppo ha accettato come fattibili tali innovazioni, le ha ritenute valide soltanto quali possibili soluzioni future. Il BEA ha infatti precisato che il genere di registratori sganciabili in volo sarebbero “difficili da installare” su aeroplani non progettati in sede di costruzione.
Nel medio periodo, una situazione d’emergenza in volo potrebbe, a bordo d’un aeroplano dotato d’impianto di trasmissione satellitare, far scattare le trasmissione d’un messaggio contenente i dati essenziali per l’investigazione tecnica del problema. Il gruppo di lavoro ha precisato che mentre delle prove di questo genere sono già state effettuate da molti anni, il genere delle condizioni atte a “scatenare” la trasmissione automatica “non sono ancora mature per gli standards dell’industria” [senza però specificare si s’intenda dell’industria del trasporto aereo o di quella delle industrie costruttrici. E non è detto che possa funzionare anche in caso di collisioni in volo o di emergenze strutturali catastrofiche – ndt].
Parimenti l’utilizzo dell’impianto di bordo ACARS - Aircraft Communications Addressing and Reporting System – usato per le comunicazioni operative usuali dei parametri del funzionamento degli impianti alle rispettive sedi di manutenzione degli aeroplani commerciali è stata ritenuto una soluzione possibile.
Il BEA ha comunque formalmente consigliato che i radio-localizzatori sottomarini collegati ai DFDR ed ai CVR abbiano la capacità di trasmettere il loro segnale per novanta giorni anziché gli attuali trenta e che gli aeroplani siano equipaggiati con localizzatori che trasmettano su frequenze inferiori a 8,5-9,5 kHz, piuttosto che su quella di 37,5 kHz. La gamma di frequenza più bassa di trasmissione proposta dovrebbe ampliare la portata del segnale da 1 a 4 miglia nautiche, a parità di potenza d’emissione, migliorando così la possibilità di esser captata e localizzata dai sonar delle navi militari.
Altre opzioni esaminate, ma considerate meno realizzabili, sono state quelle dell’adozione di radiofari rispondenti alle interrogazioni delle stazioni a terra [tipo il “radar-trasponder” di bordo – ndt] e le soluzioni delle trasmissioni continua di tutti i parametri del registratore dei dati di volo (DFDR), assieme a quella dei suoni registrati dal CVR in cabina di pilotaggio e perfino di video-immagini riprese da telecamere installate nella cabina di comando ed in grado di vedere sia i piloti sia gli strumenti di bordo.
Così i partecipanti alla Conferenza saranno informati dalla delegazione della Comunità Europea sul fatto che “le comunicazioni terra/bordo/terra inaffidabili e non continue e che la sorveglianza insoddisfacente del traffico oceanico” abbiano avuto un impatto sfavorevole al tempestivo avvio delle fasi di ricerca, salvataggio e recupero del relitto dell’aeroplano caduto a mare. Pertanto tale delegazione chiederà che l’ICAO intraprenda una revisione completa dei sistemi a breve e a lungo termine per il miglioramento delle comunicazioni e della sorveglianza del traffico aereo oceanico ed un esame completo delle possibilità di ridurre i problemi di inaffidabilità della frequenze radio in fonia ad altissima frequenza.
Nonostante l’aumentato utilizzo dei riporti di posizione via “data-link” stabilito nelle regioni di volo oceaniche, la delegazione europea intende specificare che il progresso in tema di livelli minimi di sorveglianza continua degli aeromobili commerciali in volo e la verifica della loro conformità al mantenimento della rotta autorizzata è giudicato troppo scarso, parzialmente a causa delle differenze esistenti nelle procedure delle varie regioni oceaniche di volo.
I costi delle comunicazioni satellitari – dirà ancora la relazione europea – sembrano essere un deterrente per gli esercenti delle linee aeree commerciali – esibendo come prova dati che dimostrerebbero come soltanto il 40% degli aeromobili che volano nell’area del Nord Atlantico sono seguiti in qualsiasi momento da una stazione ATC a terra:- e ciò può essere spiegato dall’incertezza che regna tra gli utenti di poter avere un effettivo ritorno soddisfacente, in termini operativi e finanziari, dai loro investimenti necessari per usufruire di tali assistenze».
Fin qui l’informativa contenuta nello studio pubblicato dall’ATI sul prossimo avvenimento internazionale sulla sicurezza volo.
In un comunicato a parte, ma strettamente collegato alla Conferenza ICAO sulla sicurezza volo, la stessa Agenzia ATI ha pubblicato, sotto il titolo “Gli Investigatori russi premono per avere quale standard internazionale delle telecamere installate in cabina di pilotaggio degli aeromobili commerciali”, un articolo nel quale è evidenziata la proposta che l’Interstate Aviation Committee – MAK – dell’Aviazione Civile della “Comunità degli Stati Indipendenti” intende presentare alla Conferenza.
La proposta degli Investigatori della Comunità degli Stati Indipendenti – CSI – contempla l’installazione a bordo degli aeromobili commerciali di telecamere capaci di registrare non solo nella cabina di pilotaggio per sorvegliare le azioni del personale e le informazioni fornite dai relativi strumenti indicatori di riferimento ed anche nelle stive degli aeromobili, ma anche e soprattutto la cabina passeggeri ed in particolare le uscite di sicurezza, previste per l’evacuazione rapida dell’aeroplano da parte di tutti gli occupanti. Ciò a seguito di diversi casi nei quali – secondo i russi – si sono verificati troppi decessi per il fatto che i passeggeri non sono stati in grado, pur essendo sopravvissuti all’impatto, di abbandonare l’aeromobile in preda alle fiamme. I casi più eclatanti, citati dagli Investigatori, sono stati:-
Di conseguenza il MAK conclude che “attualmente gli Investigatori mancano di informazioni oggettive sulle procedure di evacuazione degli aeromobili incidentati, dato che l’unica fonte rimane unicamente quella della testimonianza dei traumatizzati occupanti sopravvissuti. Pertanto l’ICAO dovrebbe riesaminare la proposta, presentata da diversi anni, di stabilire l’installazione di telecamere all’interno della fusoliera, come pure in altre zone dell’aeromobile, compresa la cabina di pilotaggio e le stive, esaminandola come una “necessità” e perseguendo la soluzione “come un problema della massima priorità”.
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E, dato che, da temi di sicurezza operativa siamo passati a temi che riguardano la registrazione di azioni che avvengono a bordo di aeroplani dell’aviazione commerciale internazionale, non posso far a meno di concludere questo scritto se non presentando e commentando la seguente notizia che riguarda da vicino anche la serietà e l’attendibilità della nostra Autorità nazionale dell’Aviazione Civile, preposta a governare ed a vigilare su tutta l’attività nazionale ed internazionale che si svolge entro lo spazio aereo e sugli aeroporti nazionali da parte delle Compagnie Aeree, dei piloti, degli specialisti e degli addetti a tutte le attività commerciali e sportive collegate all’aviazione.
La notizia apparsa su tutti i mezzi d’informazione e di stampa nazionali ed europei in data 5-6 Marzo corrente titolava in modo scioccante come segue:- «Pericolo – Per 13 anni vola senza brevetto – Finto pilota svedese arrestato in Olanda». Ed ecco uno dei testi pubblicati in merito:-«Pilotava aerei carichi di passeggeri senza avere il brevetto. Ora rischia sei anni di carcere in Olanda il falso pilota bloccato all’aeroporto di Amsterdam mentre stava per mettersi al comando d’un Boeing 737, destinazione Ankara, con 101 passeggeri a bordo. Sulla storia di Thomas Salme, uno svedese di 41 anni, domiciliato a Milano, che per 13 anni si è seduto alla cloche, emergono particolari sempre più inquietanti. L’uomo è stato fermato dalla Polizia olandese dopo una segnalazione delle Autorità svedesi. Al suo attivo aveva più di 10.000 ore di volo ed aveva pilotato aerei anche per l’italiana AirOne, poi fusasi con Alitalia [e quindi sotto sorveglianza tecnico-disciplinare dell’ENAC – ndr]. Ora lavorava per i turchi della Corendon Airlines. Comprensibile l’imbarazzo dei vertici della Compagnia turca che si sono limitati a spiegare che il pilota era con loro da due anni e che “è stato abile ad ingannare la Società, producendo documenti falsi”. Il pilota “senza patente”, stando ai media olandesi, tra l’altro si mostrava sempre sicuro di sé. Ad amici e “colleghi” raccontava le sue imprese da playboy (ho una ragazza in ogni città) ed amava descriversi su internet come un “fotografo volante”. “Vivo a Milano, ma il mio posto di lavoro è il mondo”, scriveva!». E tanto basti, anche se mi scuso per queste stupidaggini riportate ad abundantiam. Comunque la morale di questa storia è che con tutti i sistemi di sorveglianza e di sicurezza messi in atto dall’aviazione civile internazionale, succede che in certi Paesi, l’eccessiva burocrazia, non riesca a stanare le mele marce che vivono di queste attività truffaldine. E siccome, questo è il secondo caso che la sorveglianza degli Ispettori incaricati della sorveglianza sul personale delle Compagnie Aeree con base a Milano s’è dimostrata non efficiente, sarà il caso che il Dipartimenti del Ministero dei Trasporti, competente per la vigilanza sull’ENAC, almeno stavolta intervenga con misure appropriate. Il caso precedente ha visto coinvolto addirittura uno di quegli Ispettori dell’ENAC, incaricato della sorveglianza sul personale di volo d’una Compagnia con base a Linate, che cercava di corrompere un Ispettore di Volo dell’ANSV, il quale stava indagando sulla regolarità dei titoli professionali dei due piloti deceduti nell’incidente avvenuto nei pressi dell’aeroporto di Linate proprio mentre lì appresso transitava la carovana del Giro ciclistico d’Italia. Soltanto a seguito della denuncia dell’Investigatore dell’ANSV l’Ispettore dell’ENAC è stato scoperto e processato.
Ed allora, meno burocrazia formale e più attività di sorveglianza effettiva, andrebbe instaurata dall’ENAC sugli aeroporti e sulle attività di volo commerciali nazionali. 11 marzo 2010
Commento del Com.te Renzo Dentesano
Spiace doverlo affermare, ma i nostri politici, di qualunque colore siano, ancora una volta hanno parzialmente fallito il compito in tema di trasporto aereo e di aviazione civile che s’erano prefissi. E questo solo per non essersi affidati alle capacità di tecnici indipendenti ed imparziali e per aver invece dato ascolto prevalentemente alle pretese di maggior potere (essenzialmente burocratico ed improduttivo) dei vertici dell’ENAC, senza sentire alcun parere da parte del pur esistente Dipartimento del Ministero dei Trasporti.
Una sola gemma si evidenzia nel documento conclusivo reso noto dopo un anno di lavori da parte della Commissione Trasporti della Camera che per produrlo ha effettuato anche due trasferte (a Zurigo ed a Monaco, ma non a Singapore, ad esempio), sotto la peraltro abile guida del suo Presidente On.le Mario Valducci.
La gemma in questione consiste tutta nelle dichiarazione che «l’Italia non ha bisogno di altri aeroporti nuovi, bensì di aeroporti più grandi, più efficienti e soprattutto meglio collegati sia alla rete ferroviaria che stradale …, migliorandone l’integrazione tra i sistemi in aeroporto e di aumentare il numero delle piste».
Però, v’è da chiedersi:- Ma quando si indica che l’Italia ha bisogno di «aeroporti più grandi e più efficienti, … aumentandone il numero delle piste» si è provveduto a constatare che «i maggiori aeroporti» abbiano disponibile il necessario terreno e lo spazio aereo relativo per aumentare il numero attuale delle piste esistenti ?
Oppure ciò sarà una sorpresa ?
Tutto il resto è molto approssimativo. Ad iniziare dal fatto che, dopo un anno di lavoro, nel documento non si è riusciti a fornire dati almeno numericamente corretti, almeno a giudicare dai contenuti delle due tavole illustrative, denominate rispettivamente “Il sistema aeroportuale italiano” e “Il quadro in Europa: numero aeroporti per Paese (2008)”.
Nel primo caso, oltre a rilevare che sulla cartina raffigurante l’Italia è stata omessa la sigla dell’aeroporto di Salerno (pur indicato con il solito simbolo), si nota la mancanza dell’aeroporto civile di Comiso (già inaugurato, ma ancora non operativo), per il quale sono state spese ingenti somme. Ma il grave consiste nel fatto che nella didascalia posta al fianco della citata raffigurazione dello Stivale, si può leggere che «il sistema aeroportuale italiano è costituito da:- 100 aeroporti, di cui 47 aeroporti commerciali (voli di linea)», aeroporti delle isole di Lampedusa e Pantelleria inclusi.
Ma se si va ad esaminare il proposto “Quadro in Europa”, nella riga dedicata all’Italia troviamo quanto segue:
- 44 aeroporti con più di 15.000 passeggeri/anno, di cui:
- 30 “ “ “ “ 150.000 “ / “ , di cui:
- 13 “ “ “ “ 3 milioni» “ / “ , di cui:
- 6 “ “ “ “ 5 “ “ / “ , il che
porta ad un totale di 49 aeroporti commerciali (e non 47), anzi, qualora si faccia riferimento al testo che indica che «il 95% del traffico totale si deve a 20 “scali”, di cui solo 7 superano la soglia di 5 milioni (allora non più 6 !) di passeggeri l’anno e 8 generano il 70% del traffico aereo», si arriva alla somma di 50 aeroporti commerciali, sempre se l’aritmetica non è un’opinione !
Infine, la notazione che «l’ENAC dovrà avere un ruolo ancora più stringente nel controllo della qualità dei servizi dati, della “sicurezza” (quale ?) e della tutela dei consumatori», sembra solo voler invocare un’ulteriore burocratizzazione, senza quel progresso che solo può venir assicurato dalla presenza e dalla sorveglianza dello Stato sulle operazioni aeroportuali, sui gestori e su tutta l’utenza, mentre oggi vistose lacune si verificano proprio nella gestione delle attività aeroportuali, come dimostrano ad esempio le croniche crisi nella riconsegna dei bagagli che si verificano ad ogni periodo di punta del traffico e che penalizzano le operazioni dei vettori, i quali vengono poi sanzionati per i ritardi appunto da ENAC !
Ed ora non resta che attendere la presentazione del più volte annunciato “studio sul piano nazionale degli aeroporti”, commissionato a caro prezzo a società esterne ad ENAC ed al Ministero competente, che invece ne avrebbero dovuto avere le capacità tecniche per effettuare questo tipo di “survey”.
Dal Ministro committente lo studio in parola apprendiamo che egli si è « impegnato a considerare le oltre 40 pagine (!) del dossier [come] un indirizzo vincolante, la base da cui partire per costruire il “piano nazionale degli aeroporti”».
E allora vedremo …
Intanto ci ripromettiamo di esaminare nel dettaglio, al più presto possibile, “i dieci punti” che costituiscono «le linee di intervento per gli aeroporti italiani», così come proposti dalla Commissione Trasporti della Camera. 10 marzo 2010
Sul numero della prima settimana del mese di Maggio del 1991 (che avevo accuratamente conservato), l’autorevole rivista “Flight International” pubblicava un editoriale sull’amministrazione della Giustizia nei sinistri dell’aviazione civile internazionale. A distanza di vent’anni è più attuale che mai, in particolar modo per il nostro Paese.
Sotto il titolo “Error and punishment – errore e punizione”, l’editoriale diffondeva concetti riferibili a fatti accaduti all’epoca, che cercherò di presentare debitamente tradotti.
«Nella propria relazione conclusiva sulla caduta di un Boeing B707 della Compagnia di navigazione aerea AVIANCA a New York nel Gennaio del 1990 il “National Transportation Safety Board – NTSB” ha così determinato la responsabilità del sinistro che ha provocato la morte di tutte le 73 persone che si trovavano a bordo. Ai piloti è stata addossata la “completa responsabilità”, in quanto non avevano applicato le procedure standard internazionalmente accettate, che sono alla base dell’addestramento dei piloti. I piloti, a corto di carburante, non avevano denunciato l’emergenza al controllo del traffico aereo e l’aeromobile è precipitato al suolo.1
Se i piloti fossero sopravvissuti, come sarebbero stati giudicati? Sarebbero stati puniti dalla Compagnia? Il diritto civile li avrebbe giudicati responsabili? Certamente!
Se fossero sopravvissuti sarebbe stato richiesto anche l’intervento della giustizia penale? Questo è il quesito. Quale genere d’errore o quale omissione procedurale deve aver commesso un pilota professionista per esser sottoposto a giudizio penale?
Quei piloti [di Avianca – ndt] hanno pagato con la loro vita e quindi non hanno dovuto affrontare alcuna imputazione. Ma altri piloti sono sopravvissuti ad incidenti disastrosi e sono stati messi sotto accusa e dichiarati colpevoli di comportamenti criminosi.
Per converso, i piloti ai comandi del B. 737-400 della “British Midland” distrutto a Kegworth (U. K.) nel Gennaio del 1989 hanno potuto seguire sia l’investigazione tecnica dell’incidente che l’iter processuale, sono stati incolpati di non aver utilizzato tutte le informazioni disponibili in cabina di pilotaggio, però non sono stati accusati di alcun reato [sebbene l’incidente in questione abbia causato 47 vittime tra i presenti a bordo – ndt].2
Un altro gruppo di professionisti, i dottori in medicina [e più particolarmente i chirurghi – ndt], se commettono gravi errori sono passibili di due tipi d’incriminazione oltre alle richieste di risarcimento:- punizione da parte del proprio ordine professionale di categoria che in molti Paesi può significare l’impossibilità di esercitare ancora la propria professione ed essere perseguiti penalmente, accusati di intenzionalità e d’esser stati negligenti, fatto dimostrato da imprudente noncuranza per le regole della professione.
Comunque, casi così gravi da richiedere il giudizio d’una Corte giudicante oltre all’intervento disciplinare da parte del proprio ordine professionale sono [in Inghilterra ! - ndt] molto rari.
I piloti professionisti sono e possono essere esposti alle medesime forme di sanzioni disciplinari di quelle dei medici [in Italia da parte di quella che era l’istituzione della “Gente dell’Aria”, ora divenuta un mero strumento disciplinare di ENAC – ndt], sebbene che la prima sanzione disciplinare viene erogata dalla Compagnia aerea di appartenenza.
L’estrema sanzione disciplinare può esser il licenziamento. Questo tipo di punizione è estremamente grave e severa. Infatti, quando un pilota perde il suo impiego per esser stato licenziato, le sue probabilità di trovare un lavoro con un’altra Aerolinea di pari importanza è molto remota. Quella punizione normalmente dovrebbe esser considerata sufficiente [anche perché l’errore commesso o il reato non sarebbe più reiterabile – ndt].
Un’ulteriore azione punitiva nei confronti d’un pilota può esser adottato dalla propria Autorità nazionale dell’aviazione civile con il declassamento o la revoca della licenza professionale aeronautica che essa stessa ha rilasciato.
La revoca è una punizione terribile, in quanto comporta la completa perdita di qualsiasi possibilità di esercitare la professione.
La discrezionalità di andare oltre questa fase e quindi al tribunale penale non dovrebbe mai essere chiesta specialmente se i piloti dimostrano fiducia nei sistemi che reggono il potere disciplinare. Se essi non dovessero rispettarlo la corte sarà per forza coinvolta.
I piloti, i medici o altri professionisti [quali d esempio i Controllori del Traffico Aereo o i membri d’altre categorie che operano in prima linea ed hanno a volte poco tempo per decidere – ndt] che possono commettere uno sbaglio che possa avere come conseguenza un danno o un incidente grave, non dovrebbero essere incriminati quali presunti criminali, salvo il caso in cui sia palese la volontà di commettere gravi atti per imprudenza o negligenza.
Pertanto, bisogna chiedersi dove si collocano i piloti dell’incidente dell’Avianca?
Dato che pochi esseri umani sono così intenzionalmente negligenti fino al punto di tentare di uccidersi volontariamente, il caso rimane tra quelli definiti come imperizia.
Dunque, a meno che dall’investigazione tecnica non sia evidenziata l’imprudenza, il caso non dovrebbe mai finire davanti ad un Tribunale. I piloti dell’Avianca hanno dato dimostrazione dì incompetenza [e di ciò dovrebbe essere chiamato a rispondere il loro datore di lavoro – ndt], ma non di negligenza. Richiede, invece, d’essere completamente riorganizzato il sistema della società di navigazione aerea che ha effettuato l’addestramento di quei piloti ed in particolare ha consentito la loro abilitazione in linea».
Commento.
Questo era, ben vent’anni fa, il concetto di “Just Culture” che già dominava nell’opinione pubblica e tra i media di connotazione anglosassone o più precisamente britannica e che noi condividiamo. Ben diverso e distinto dal pensiero che, all’epoca, divideva la concezione inglese in merito agli incidenti involontari dal pensiero del NTSB americano. Questi ultimi infatti, nella relazione finale sul caso del B. 707 dell’Avianca precipitato a New York «… hanno deciso di individuare una “responsabilità” per il sinistro …», tipo di determinazione di colpevolezza che non è contemplata dalle norme dell’investigazione tecnica contenute nell’Annesso 13 dell’ICAO, in quanto lo scopo dell’investigazione tecnica è solo quello di individuare le cause dell’evento e di emettere raccomandazioni di sicurezza atte a prevenire la reiterazione degli “accidents” e “incidents”.
Sulle posizioni britanniche si è in seguito evoluto anche il pensiero del NTSB e soprattutto quello dei media statunitensi, ma non quello dell’opinione pubblica in generale e più in particolare, ovviamente, quello dell’intera avvocatura statunitense, che va sempre e comunque alla caccia delle responsabilità del sistema o della aziende coinvolte, anche con o senza il coinvolgimento del singolo operatore di prima linea.
1 Il 25 gennaio 1989 il volo 052 della Compagnia Aerea Avianca un Boeing 707-321B alle 2134 ETD si è schiantato su un’area residenziale a Cove Neck, Long Island, New York. Il volo era partito da Bogota per l’aeroporto J.F.K. di New York con uno scalo intermedio a Medellin, aveva 158 persone a bordo e 73 perirono nell’incidente.
A causa delle cattive condizioni meteorologiche nella zona a NE degli Stati uniti il volo è stato costretto dal controllo del Traffico Aereo a circuitare per tre volte in attesa di istruzioni per una totale di 1 ora e 17 minuti. Durante il terzo periodo d’attesa, l’equipaggio informò il Controllo del traffico aereo che non poteva attendere per più di 5 minuti in quanto il carburante stava per terminare e non poteva raggiungere Boston che era il suo aeroporto alternato.
Ha in seguito effettuato un avvicinamento con riattaccata all’aeroporto JFK. Mentre cercava di ritornare sull’aeroporto, l’equipaggio sperimentò una perdita di potenza a tutti e quattro i motori per mancanza di carburante e si è spezzato sull’area residenziale a 25 Km dall’aeroporto.
2 L’otto gennaio 1989 il volo 092 della BMA ha decollato da Londra alle 19:52 con destinazione Belfast. 13 minuti più tardi, mentre attraversava FL 283 in salita, l’equipaggio ha riscontrato vibrazioni moderate/severe accompagnate da odore di fumo e vapori in cabina di pilotaggio. Una parte di una paletta del fan del motore numero 1 si era staccato causando lo stallo del compressore. L’equipaggio è intervenuto riducendo la potenza del motore numero 2 credendo fosse il motore interessato. Il rumore è cessato, l’equipaggio ha spento il motore numero 2 ed ha chiesto il dirottamento ad East Midlands ed ha iniziato l’avvicinamento per pista 27. A 900 ft e a 2.4 nm dalla pista improvvisamente la potenza del motore numero 1 ha iniziato a diminuire e si è acceso l’avviso di fuoco. Appena la velocità è scesa sotto i 125 Kts si è attivato l’avviso di stallo e l’aeroplano ha strisciato sugli alberi ad una velocità di 115 Kts ed ha impattato sul terrapieno dell’autostrada M1 fermandosi a 900 m dalla pista.
Sono deceduti 47 dei 126 passeggeri a bordo. 27 febbraio 2010
Prima d’esaminare le dichiarazioni del Presidente dell’ANSV rilasciate ad Air Press e pubblicate l’8 Febbraio sul n. 6/2010, è necessario ripercorrere l’iter per capire il ritardo di ANSV nel far conoscere il proprio punto di vista in sede nazionale in merito alla proposta della Commissione europea di nuovo Regolamento in materia di investigazioni su “accidents” ed “incidents” dell’aviazione civile e le relative conseguenze sull’attività di prevenzione di tali eventi. Prevenzione che, secondo l’ICAO, dovrebbe costituire la vera essenza delle ragioni per le quali le investigazioni tecniche sono state affidate ad organi indipendenti, permanenti e specializzati di ciascuno dei singoli Stati membri dell’UE (Direttiva 94/56/CE).
La proposta di regolamento comunitaria è stata pubblicata il 29 Ottobre 2009 [Regolamento (CE) “COM (2009) 611 final” – ndr] per modificare la vecchia Direttiva 94/56/CE del 1994 che ha dimostrato, nel corso di 15 anni, di essere insufficiente a garantire l’indipendenza e l’integrità dell’investigazione tecnica.
Il 9 Novembre 2009 sul n. 43/44 di Air Press è stata pubblicata la dichiarazione dell’allora vice-presidente della Commissione, responsabile per i Trasporti, On. A. Tajani, il quale asseriva che «le nuove regole proposte miglioreranno la qualità delle “indagini” sugli incidenti e l’attuazione delle raccomandazioni di sicurezza. Ed aggiungeva che «le nuove regole, inoltre, chiariranno il ruolo “delle parti coinvolte” [interventi dell’A.G. nei casi di investigazioni tecniche – ndr], proteggeranno meglio importati informazioni sulla “safety”, garantiranno l’indipendenza delle “indagini” [“investigazioni tecniche” di “accidents” ed “incidents” – ndr] e rafforzeranno l’attuazione delle raccomandazioni di sicurezza».
Il 16 Novembre 2009, sul n. 45 Air Press scriveva: La Commissione ha svolto consultazioni pubbliche con gli “attori” del settore e le autorità nazionali [e quindi presumibilmente anche con ANSV – ndr] ed ha realizzato uno “studio di valutazione”, arrivando così ad individuare alcune criticità, come l’assenza d’una capacità investigativa uniforme nell’UE, l’esistenza di tensioni tra “inchieste sulla sicurezza” ed “altre procedure” [procedimenti giudiziari – ndr], la mancanza di chiarezza sul ruolo della Comunità nelle “inchieste” … omissis». Dunque, pareva acclarata una presa di coscienza della Commissione europea nel merito delle “criticità” e delle “tensioni” esistenti tra gli organi nazionali incaricati delle “indagini sugli incidenti” e che quindi anche ANSV avesse fatto conoscere in sede europea le sue difficoltà e le sue “perplessità”, tanto da aver consentito ad un Rappresentante italiano di alto livello presso la Commissione di esprimere il proprio ottimismo.
L’opinione del Presidente di ANSV viene alla luce, solo, sul numero 6/2010 di Air Press con il titolo “Una proposta che suscita molte perplessità”.
Dopo essersi preoccupato di rafforzare la propria posizione agli occhi della Presidenza del Consiglio (da cui dipende la sua nomina) con la proposta di “riordino dell’ANSV”, avanzata in tempo utile per il Consiglio dei Ministri dello scorso 15 Ottobre, ecco che l’8 Febbraio 2010, Air Press pubblica una sua lunga ed articolata “opinione”, presentata con la seguente introduzione:-«Si corre il concreto rischio di condizionare negativamente l’attività delle autorità investigative comunitarie [nazionali – ndr], ridimensionandone le capacità di operare in maniera efficace».
Sulla proposta partecipazione di esperti dell’EASA - European Safety Aviation Agency – alle investigazioni tecniche egli afferma che «l’EASA non è un soggetto terzo rispetto al “sistema aviazione civile” [concetto condivisibile – ndr], in quanto EASA, con la sua attività di regolazione, di certificazione dei prodotti aeronautici [costruzioni aeronautiche – ndr], di standardizzazione e di coordinamento del “Programma SAFA – Safety Assessment for Foreign Aircraft Programe” … potrebbe esser direttamente coinvolta, nell’ambito dell’esercizio della propria attività [istituzionale – ndr], nell’accadimento di un incidente o di un “inconveniente” [sic]».
Delle argomentazioni avanzate dal Presidente Franchi, soltanto due mi sembrano sostanziali e degne d’essere considerate a Bruxelles, nonostante la sua osservazione critica che «comunque la Commissione non sia intenzionata ad accettare estese modifiche in base alla sua proposta, malgrado le incongruità in essa contenute, che rischiano di creare alle autorità investigative dei seri problemi a livello attuativo di certe disposizioni. In particolare, l’attuazione di alcune norme rischia di portare ad un’eccessiva burocratizzazione delle “inchieste” ed all’ingessamento dell’attività investigativa, rendendo complicata la conclusione di qualsiasi inchiesta».
I due punti essenziali sono:-
Nella proposta di Regolamento viene sempre riconosciuto all’A.G. da un lato il diritto di rilasciare l’autorizzazione di accesso affinché l’investigazione tecnica possa iniziare a poter individuare le possibili cause del sinistro, al fine di impedirne la reiterazione e le inevitabili conseguenze e per un altro verso di poter decidere sulla diffusione di registrazioni e di evidenze utilizzabili, esclusivamente per finalità proprie dell’investigazione tecnica e per le raccomandazioni di sicurezza, quindi nel mancato rispetto delle (SARPs ICAO).
Allorquando sullo stesso evento intervenga l’A.G., allora le citate norme NON risolvono i problemi che si sono finora manifestati, in quanto il controllo del luogo dell’evento e delle evidenze disponibili continua ad essere assunto direttamente dall’A.G. competente, sulla base delle prerogative che attualmente le sono riconosciute dagli ordinamenti nazionali vigenti nei singoli Stati europei. Ma ciò avviene e continuerà ad avvenire, in netto dispregio delle norme aeronautiche contenute negli Annessi Tecnici alla Convenzione di Chicago sull’Aviazione Civile Internazionale, qualora non si provveda a dare pari dignità e potere anche all’investigazione tecnica, oltre che all’indagine giudiziaria !
Dunque siamo alla tardiva constatazione che la normativa proposta dalla Commissione europea non tiene in alcun conto delle negative esperienze degli ultimi tre lustri, anzi, al contrario, sembra cullarsi nell’illusione che le Agenzie dei singoli Stati membri chiamate all’espletamento delle investigazioni tecniche non trovino ostacoli ed impedimenti nelle loro funzioni dagli interventi dell’A.G. in tutti i casi di “accidents”.
Ma, se neppure questa volta non si riuscirà a far riconoscere l’urgenza e l’indiscutibile competenza di queste Agenzie ai fini dell’indispensabile opera di prevenzione e di scambio delle informazioni tecniche, disponendo ex lege di voler provvedere a sanare una situazione europea già dimostratasi paralizzante in diversi Paesi, allora vuol dire che chi legifera al Parlamento Europeo non conosce il problema, non è in grado di far tesoro delle esperienze negative che si verificano nel buon funzionamento della legislazione europea erga omnes e se ne dovrà assumere la responsabilità nei confronti degli elettori. E la responsabilità, questa volta, sarà ancora maggiore, in quanto andrebbe sprecata l’esperienza che pure tanto è costata sia in termini “di inutile caccia alle streghe” da parte della Magistratura che dei relativi costi di giustizia e di efficienza delle istituzioni volute dalla Comunità europea.
Ma al di là di queste indiscutibilmente importanti notazioni, la dichiarazione rilasciata dal Presidente di ANSV non migliora quanto già osservato in altre sedi da interlocutori della Commissione.
Dobbiamo, comunque, riconoscere il suo “coraggio” nelle dichiarazioni pubblicate l’8 Febbraio 2010, laddove si decide finalmente a esprimere una valutazione che testualmente precisa:-«Gli Stati membri, per il “considerato n. 15 [delle proposta di Regolamento – ndr], devono provvedere … affinché le autorità responsabili delle “inchieste in materia di sicurezza” [investigazioni tecniche – ndr] … possano svolgere il loro compiti nelle migliori condizioni possibili e senza che vengano compromessi gli obiettivi dell’indagine giudiziaria. Ciò premesso [ed ecco l’inedito atto di coraggio – ndr], la proposta in esame merita almeno serie riflessioni, basate sull’esame del testo in lingua inglese, giacché il testo in lingua italiana, a causa d’una serie di errori, di imprecisioni e [perfino – ndr] di omissioni in sede di traduzione, presenta delle significative difformità rispetto sia al testo inglese sia a quello in francese, che alterano conseguentemente il senso dell’articolato» !
Se n’è accorto il Prof. Franchi, sebbene non sia la prima volta che accade [accadeva fin dai tempi della traduzione della Direttiva 94/56/CE – ndr], ma finora non l’ha mai fatto presente né alla Presidenza del Consiglio, né alle competenti Commissioni di sorveglianza di Camera e Senato e neppure all’ENAC che manda i suoi rappresentanti alle riunioni tecniche a Bruxelles.
Ricordiamo che già allora i termini inglesi “accident” ed “incident” furono barbaramente tradotti in lingua italiana con “incidente” ed “inconveniente”, ma in tutti questi anni sono stati utilizzati anche da lui nei suoi testi, come pure usa assieme ad ENAC (Rif. Air Press N. 5 del 1 Febbraio 2010 – pagg. 138 e ssgg. – titolo “Sicurezza dell’aviazione civile”) il termine “sicurezza” senza riuscire fin dal titolo ad identificare di quale “sicurezza” si tratti, se di quella “operativa – safety” o di quella “pubblica – security”. Tutto ciò è assai deplorevole nei confronti dei contribuenti, che dovrebbero esser messi in condizione di capire subito di che cosa si tratta allorquando si esamini una legge o una disposizione. Questa è una forma di “burocratese” che c’era stato promesso sarebbe stata eliminata, ma siccome le riforme non si fanno con l’urgenza che la situazione italiana richiederebbe, ecco che stiamo ancora andando inutilmente per Tribunali, come nel caso dell’incidente accaduto durante il rullaggio sull’aeroporto di Ronchi dei Legionari il 20 Aprile 2004.
Rimanendo sul tema, ritengo utile segnalare quanto scrive il Generale di Squadra Aerea (r.) Antonio Pelliccia sul n. 1/2010 del Mensile dell’Ass. Arma Aeronautica – pagg. 14-15 – sotto il titolo La Cultura aerospaziale”:«In diverse occasioni negli anni passati … osservai che la ricerca d’un orientamento dottrinale adeguato era ostacolata dal nominalismo crescente nel campo degli studi strategici e dalla proliferazione degli eufemismi, degli aggettivi e attributi affibbiati alla guerra ed alla strategia. Nel tempo il fenomeno si è diffuso anche perché è dovuto in parte al progresso scientifico che porta con sé la necessità di inventare nuove parole e nuovi modi di dire. In Italia hanno peggiorato la situazione in maniera preoccupante la traduzione dall’inglese, a volte frettolosa e non sempre fedele e corretta e il fenomeno segnalato da F. Varola [L’inglese mal digerito – Manfrini Editore, 1988] per cui una parola nel transitare da una lingua all’altra tende a modificare il significato originario e, a volte, a capovolgerlo. Termini che hanno un significato inequivocabile, come “comando”, per esempio, sono stati resi contorti ed astrusi aggiungendo ad essi aggettivi oppure integrandoli con sostantivi sostitutivi. O come “controllo”, un francesismo diventato nello stesso tempo comando, potere, verificazione. Tant’è che non sempre la stessa locuzione “comando e controllo” è intesa correttamente: nel linguaggio comune è diventata un’abitudine parlare di “comando e controllo” quando si vuol fare riferimento ad una organizzazione di comando qualsiasi. Mentre la locuzione si riferisce a due tipi di comando, cioè a due modi diversi di dirigere, coordinare e verificare. Il primo può essere pieno e significa autorità di prendere decisioni o di dare ordini in tutti i campi della sfera militare. Oppure può essere “operativo” con lo stesso significato, ma con l’esclusione del campo amministrativo e logistico. Il “controllo” invece è un’autorità delegata a fare eseguire decisioni e ordini di un superiore gerarchico. Ne consegue che nella NATO … omissis. Una parola che sta diventando sempre più diffusa è “assetto” dall’inglese “asset” [si badi bene, non l’aeronautico “attitude” – ndr] che, secondo il Thesaurus, è un neologismo derivato dal francese “Assez” che indica quantità e come tale è usato. Oppure come il francesismo “supporto” in luogo di sostegno… omissis. E così via.
In particolare vi è poi la confusione generata dal sistematico ricorso al linguaggio specialistico e dall’uso di tecnicismi da parte degli “aeronautici”. L’ho denunciato diverse volte in tutte le sedi, in particolare in un articolo in cui citai il Foglio d’ordini n. 19 del 1926 (art. 3) che recita:-“Il Ministero dell’Aeronautica ha determinato la compilazione di un vocabolario tecnico aeronautico, nel quale siano raccolti i vocaboli e le espressioni più adatte per la nomenclatura italianamente esatta di tutti i ritrovati della scienza, per la maggior parte dei quali invece sono ora adoperati vocaboli od espressioni di origine straniera, o addirittura trasportati integralmente da una lingua all’altra; mentre la grande ricchezza del nostro idioma consente indubbiamente di sopperire alle nuove necessità senza bisogno di ricorrere a lingue straniere”.
Nel 1964 il Registro Aeronautico Italiano pubblicò la “Terminologia Aeronautica”, redatta preminentemente da ufficiali dell’Aeronautica, che realizzò in parte la decisione in materia di quarant’anni prima. Negli anni ’60-‘70 provò l’ottimo direttore della Rivista Aeronautica, Antonio Duma, a promuovere la compilazione di un dizionario aeronautico ma l’opera fu interrotte dalla sua cessazione dall’incarico. Omissis».
E conclude:- «In conclusione perseguiamo lo sviluppo della “cultura aerospaziale”, come ha auspicato il Capo di Stato Maggiore, Generale Tei, nello stesso numero della Rivista, e … facciamo pure tesoro dei contributi di pensiero stranieri, ma evitiamo l’imbarbarimento della nostra lingua. Ricordiamo infine che l’Accademia della Crusca e quella dei Lincei hanno lanciato un appello per salvaguardare la lingua italiana».
E’ vero che i tempi sono cambiati, ma è anche vero che di questo passo fra cinquant’anni o giù di lì la nostra lingua sarà sparita, in una babele di lingue e dialetti, dato che a centocinquant’anni di distanza dall’Unità d’Italia, abbiamo ancora rigurgiti padani e celtici, per non parlare di chi si permette di traslare nella nostra lingua, pretenziosamente italianizzandoli, termini tecnici e legali che non appartengono alla nostra cultura.
Lo Stato con i suoi burocrati abbia il coraggio di effettuare il grande passo:- quello di accettare norme e regolamenti emessi dalle istituzioni internazionali o paneuropee (come ad es. ONU, ICAO, UE, CE e JAA) nella lingua internazionale che si è imposta, cioè la lingua anglosassone, rispettando il significato di ogni singolo termine in essa usata e accuratamente definito ufficialmente !
Ritengo di aver sviscerato il punto che è alla base di tanti guai ed incomprensioni sia in campo tecnico e soprattutto in quello legale/giudiziario, campi nei quali purtroppo ci si ostina a non usare e a non conoscere la terminologia dei vocaboli inglesi e si deve ricorrere a delle traduzioni in lingua italiana effettuate a Bruxelles o in Italia da persone che non conoscono il reale significato dei termini e le conseguenze che questi provocano.
Spero che in sede governativa ci sia qualcuno che riesca a capire ed a raccogliere il messaggio e voglia risolvere questa che è attualmente una vera vergogna nazionale. Mi pare che esista un Ministro ed un Ministero ad hoc:- che lavori, finalmente !
L’Italia si potrà rifondare soltanto con riforme adeguate ai tempi e alle nuove tecnologiche che stanno entrando nella nostra vita di tutti i giorni. In campo medico come in quello aerospaziale ormai l’inglese è entrato a pieno titolo per poter usare i mezzi messi a disposizione dalla tecnologia e per poter comprendere quanto viene scoperto nei laboratori di ricerca di tutto il mondo.
I tempi dell’impero romano sono finiti, ma … per sopravvivere dignitosamente come entità nazionale, questa è la situazione da affrontare. Per chi vi propone queste note, si tratta d’un grido:- Spes ultima dea ! 20 febbraio 2010
L’installazione di blocchetti in [cemento comprimibile] conglomerato cementizio frantumabile realizzato alla fine di una pista di lunghezza ridotta per la decelerazione e l’arresto ha impedito ad un aeromobile commerciale Bombardier CRJ 200 con a bordo 31 passeggeri e 3 membri d’equipaggio di piombare in mare da una banchina che si trova alla fine della pista dell’aeroporto “Yeager” di Charleston (West Virginia).
L’evento è accaduto lo scorso 19 gennaio, a seguito di una manovra d’interruzione della corsa di decollo, avvenuta, quando l’aeroplano aveva già raggiunto una velocità elevata.
Il velivolo si è fermato nei primi 46 m della nuova superficie d’arresto che misura una lunghezza complessiva di soli 123 metri. Questa speciale superficie “letto d’arresto” è stata progettata per fornire un effetto equivalente a quello di una “Superficie di sicurezza di pista - Runway Safety Area - RSA” così come obbligatoria sugli aeroporti sotto giurisdizione della FAA.
Pur nell’arresto abbastanza brusco, non sì son dovuti lamentare feriti o contusi a bordo, in quanto tutti gli occupanti erano regolarmente assicurati ai loro posti con le cinture di sicurezza allacciate. Al momento mancano invece informazioni sugli eventuali danni subiti dal piccolo bireattore.
In accordo allo standard ICAO [anche] in Italia utilizziamo la “RESA – Runway End Safety Area – Superficie di sicurezza di fine pista”.
Per l’ICAO, la RESA (che dovrebbe <esser costruita e preparata in modo da migliorare la fase di decelerazione fuori pista>) deve possedere le seguenti caratteristiche:-
- esser larga due volte la larghezza della pista;
- esser lunga almeno 90 metri = 300 ft con la raccomandazione che:
- per piste di codice 1 e 2 (di 30 metri di larghezza) una RESA di 120 metri;
- “ “ “ 3 e 4 (di 45 m “ “ ) “ RESA di 240 m;
L’ENAC ha disposto, circa due anni fa, che sugli aeroporti italiani privi di tale superficie, perché non già predisposta o perché impossibile da realizzare per mancanza di spazio utile, questa fosse ricavata riducendo la dimensione longitudinale della pista per creare la RESA con le stesse caratteristiche della pista utilizzabile e quindi con scarsi effetti di decelerazione.
La FAA invece adotta per i propri aeroporti civili uno standard diverso e cioè, sul prolungamento di ciascun fine pista, una RSA larga 150 metri e lunga ben 300 metri.
Queste dimensioni sono di difficile applicazione pratica soprattutto alla fine delle piste d’aeroporti concepiti e costruiti prima del 1980. Laddove non è possibile ricavare una RSA standard, la FAA con il concorso di una Società d’ingegneria e di alcune Università ha escogitato la soluzione di adottare la tecnologia denominata “EMAS – Engineered Material Arresting System”, cioè di un “sistema d’arresto degli aeromobili con materiale speciale”.
Così un EMAS standard, alla fine d’una pista si deve estendere per una lunghezza massima di soli 175 m, ma sono ammessi anche casi di lunghezze inferiori laddove la prima dimensione non sia disponibile e gli aeroplani che utilizzano l’aeroporto non superino certe dimensioni.
Nel caso dell’aeroporto di Charleston la lunghezza della RSA disponibile era di soli 123 m e ne sono bastati circa un terzo per salvare l’aeromobile ed i suoi occupanti.
Attualmente l’installazione del sistema EMAS, sviluppato e messo in opera da una Società del New Jersey, viene compiuto con la stesura di un “letto” con blocchi di cemento comprimibile per ottenere la decelerazione degli aeroplani in modo da soddisfare il requisito della FAA in materia, come si può vedere nella foto.
Le installazioni aeroportuali eseguite prima del 2006 richiedono una periodica manutenzione tramite tinteggiatura della superficie per garantire la compattezza e il funzionamento della superficie d’arresto. Il sistema è già diffuso su 44 fine-pista di 30 aeroporti degli Stati Uniti ed è nei piani della FAA d’installare nel corrente anno altri quattro EMAS su 4 diversi aeroporti. Contemporaneamente, per le nuove pose in opera, la FAA assieme alla Società prescelta sta studiando la possibilità, [per] onde evitare la tinteggiatura periodica, di applicare uno strato di pellicola plastica come rifinitura della superficie d’arresto. 9 febbraio 2010
Da una notizia pubblicata dall’autorevole notiziario statunitense “Air Transport Intelligence – ATI” apprendiamo che, sulla scia della precisa dichiarazione rilasciata a Gennaio dall’Amministratore della FAA e pilota Randy Babbit, «i piloti professionisti di linee aeree necessitano di maggior tempo dedicato al pilotaggio manuale degli aeroplani per sottrarsi al forte influsso deteriorante dell’automazione di bordo», fa ora eco la seguente pubblica ammissione da parte di uno dei principali rappresentanti dell’Associazione dei Piloti di linea “ALPA”, il Direttore esecutivo per la sicurezza del volo Rory Kay:-«Esistono ormai molti casi di disastri aerei esaminando i quali si può constatare il decremento delle capacità basiche di pilotaggio da parte degli equipaggi di condotta degli aeroplani».
Nella stesa occasione l’ALPA ha annunciato quali siano le principali priorità che l’esecutivo sociale si è posto per l’anno in corso:- «Migliorare l’addestramento ed il processo di abilitazione anche ricorrente dei piloti di linea e lotta alla fatica operazionale dei piloti».
Ciò avveniva alla fine di Gennaio, prima che fosse convocata la riunione pubblica del NTSB sul caso dell’incidente del volo “commuter” del turboelica precipitato a Buffalo nel Febbraio del 2009. In quella sede è stata pubblicata la causa di quel disastro, dovuto ad un palese errore professionale del pilota-in-comando, il quale all’insorgere dell’avviso di pre-stallo, ha risposto accentuando ulteriormente l’assetto longitudinale dell’aeromobile in virata, senza saperlo più governare.
Nella dichiarazione del rappresentante ALPA è stata poi precisata la seguente preoccupazione del Presidente dell’Associazione:-«L’incrementato assegnamento fiduciario dei piloti nei confronti dell’automazione di bordo sta determinando la conseguenza che i piloti perdano la loro capacità fondamentale di gestire e di pilotare manualmente il proprio aeroplano».
Condivido questa dichiarazione anche se a mio avviso è incompleta, in quanto manca di menzionare un altro fattore che si sta deteriorando nella professionalità di certi piloti:- quello della propria consapevolezza situazionale e spaziale in ogni istante del volo ! Altrimenti tante tragiche “lezioni del passato”, anche di quello più recente, rischiano di esser dimenticate e di andare perdute !
Infine va ricordato che l’Amministratore Babbit aveva recentemente annunciato la propria intenzione di tenere in primavera a Washington un “summit” d’esperti di aerolinee e di “fattori umani” per dibattere il problema esistente nell’aviazione civile, rilevando che già parecchie Compagnie aeree gli avevano comunicato il proposito di cambiare le loro procedure operative per disporre «un po’ più di “pilotaggio manuale” !». Basterà ?
Personalmente non lo credo, perché se non si provvede anche a migliorare l’addestramento sia nel campo della consapevolezza spazio-temporale in volo e l’allenamento alla ripresa del controllo dell’aeroplano da assetti inusuali (magari provocati proprio dall’automazione come nel caso dell’AF 447 del 1°Giugno 2009), il problema non sarà risolto.
Anche negli USA, pure a seguito del Convegno di Londra del 1° Dicembre 2009 e l’iniziativa dell’Air France di convocare una Commissione di esperti stranieri per frugare al proprio interno, si incomincia a dibattere sugli effetti dell’automazione! 8 febbraio 2010
La caduta in mare del Boeing B.737-800 dell’Ethiopian Airlines (una delle meno incidentate Compagnie aeree del mondo) presso Beirut il 25 Gennaio scorso, ha suonato un nuovo campanello d’allarme per la sicurezza dei voli dell’aviazione commerciale internazionale.
Qualora l’investigazione dovesse confermare le prime evidenze, che lasciano intravedere come causa principale di questa sciagura “il disorientamento del pilota ai comandi” con la conseguente perdita di controllo dell’aeromobile, in altre parole «la perdita di consapevolezza della situazione spaziale durante il volo» allora negli annali statistici avremo che dal 2.000 ad oggi, si annoverano ben 976 vittime di disastri aerei di questa specifica tipologia.
Le indicazioni cui accennavo puntano tutte ad evidenti similarità tra questa ultima sciagura con altri sei sinistri mortali, accaduti dall’anno 2.000, che hanno avuto come fattore comune la perdita in mare, di notte, di aeroplani peraltro perfettamente funzionanti.
Dei sei casi, almeno due sono avvenuti durante la fase di salita iniziale, subito dopo il decollo, mentre in altri due casi (A.320 Gulf Air e A.320 di Armavia) il sinistro è avvenuto a seguito di una riattaccata per visibilità ridotta ed un altro (A.310 di Yemenita) è accaduto durante una manovra notturna di circuitazione dell’aeroporto per atterrare sulla pista non fornita di guida elettronica all’atterraggio (ILS). Vi è poi quello atipico dell’A.330 di Air France la cui perdita di controllo è avvenuta durante il volo di crociera, probabilmente innescata da un’improvvisa ma non catastrofica avaria iniziale.
I due disastri, apparentemente simili a quello dell’incidente di Beirut, sono stati quelli del B.737 di Adam Air e quello del B.737-300 dell’egiziana Flash Airlines nel Mar Rosso, in decollo dall’aeroporto di Sharm-el-Sheikh, del quale ho personale approfondita conoscenza avendo avuto l’incarico di investigarlo e per il quale ho prodotto una perizia depositata presso la Procura della Repubblica del Tribunale Penale di Venezia.
Questi voli erano in salita ed in virata subito dopo il decollo notturno verso il mare, senza riferimenti esterni attendibili, con il pilota sicuramente soggetto a delle sensazioni illusorie determinate dagli effetti dell’accelerazione cinematica dell’aeroplano. Entrambi, anche per il mancato intervento del co-pilota, hanno comportato la perdita di controllo dell’aeroplano a causa del disorientamento spaziale accusato dal pilota-ai-comandi.
Il B.737 etiopico partito dall’aeroporto di Beirut ha iniziato la sua salita in virata verso il mare, di notte, con condizioni temporalesche tutt’intorno. Subito dopo il decollo non ha rispettato le istruzioni di prua impartitagli, per motivi di traffico, dal Controllore del volo e l’aeromobile è scomparso dal radar senza alcuna comunicazione da parte dei piloti.
La manovra notturna di salita in virata, specialmente quando iniziata subito dopo il distacco dalla pista e con l’aeromobile in accelerazione comporta una rapida transizione dall’aeroporto ben illuminato a quel contrasto sensoriale stridente dell’oscurità sopra il mare che appare come un “buco nero”, nel caso specifico rotto probabilmente solo dal bagliore di qualche lampo. Questa manovra finisce per diventare molto impegnativa e costituisce un’occasione per l’accadimento di un incidente per un pilota la cui consapevolezza del rischio non sia abbastanza radicata.
Tutto ciò comporta una valutazione critica della situazione operativa ed ambientale e necessita pesare attentamente l’incidenza dei vari fattori sulle capacità dell’uomo e della macchina, per affrontare l’operazione con la dovuta riserva di sicurezza; in altre parole si tratta di saper adottare la corretta “Strategia del margine”, così come assieme ad altri Autori, ho indicato nel libro dal titolo omologo.
Questo evento diventa così un fenomeno che dev’essere urgentemente ed accuratamente analizzato. Ciò che collega questi incidenti, infatti, non è soltanto la circostanza che essi siano avvenuti sul mare e di notte, bensì il fatto che esiste una relazione che ha come causa quella del “disorientamento spaziale del pilota”. Con la precisazione che “il disorientamento è più probabile che avvenga sul mare, in condizioni di oscurità, in quanto sul mare non vi sono riferimenti visivi esterni, anche quando la visibilità è ottima”.
E’ sufficiente una momentanea “distrazione” dagli strumenti da parte del pilota, magari per evitare d’entrare in una nube temporalesca, che in lui s’insinua il sintomo del disorientamento sensoriale e se il co-pilota non interviene tempestivamente con indicazioni precise e/o magari con interventi diretti sui comandi, il volo termina in un disastro.
Consapevolezza del rischio ed un’accurata preparazione sono gli unici rimedi per chi è preposto al comando di un velivolo commerciale. 5 febbraio 2010
Recensione e commento del Com.te Renzo Dentesano
Presentazione
Sono rimasto assai colpito da quanto ho avuto modo di leggere sul numero 6/2009 della “Rivista Aeronautica”:- La posizione di garanzia dei Controllori del T. A. – “Profili di responsabilità” – a firma d’un giurista militare, il Ten. Col. Salvino Salamone, in uno scritto presentato dal Brig. Gen. CCrn Marco M. Zumbo. L’Autore riferisce, commentandole e motivandole, le sue legittime perplessità legali in merito alla sentenza del Tribunale di Cagliari sull’incidente del bireattore schiantatosi la notte del 24 Febbraio 2004 in avvicinamento all’aeroporto di Cagliari-Elmas.
Riepilogo succintamente il luttuoso evento:-
L’incidente è avvenuto il 24 Febbraio 2004 alle ore 05.49 locali al velivolo Cessna 500 “Citation”, matricola austriaca OE-FAN che operava il volo CIT 124 per trasportare una equipe medica di tre sanitari oltre all’equipaggio di tre persone da Roma-Ciampino a Cagliari, aeroporto di Elmas. Alle ore 05.43’15” il Pilota-in-comando del volo, che si trovava in discesa a circa 3.000 m di altezza e a 41 nm 66 km di distanza dall’aeroporto di Elmas, chiedeva di effettuare un avvicinamento a vista per la pista in uso, ottenendo l’autorizzazione dai Controllori di Avvicinamento e di Torre di Cagliari, con il vincolo di mantenere l’aeroporto “in vista”. Dopo circa 6 minuti, alle ore 05.49’30” il velivolo impattava la cima d’un rilievo orografico di 1010 m d’altezza (Punta “Su Baccu malu”) situato a circa 18 nm 29 km Est dell’aeroporto di Elmas ed a circa 10 nm 16 km a Nord del VOR di Capo Carbonara sul quale doveva passare in accordo all’autorizzazione, mai cancellata, da parte dell’ATC di Roma e di Cagliari. Le sei persone a bordo decedevano nel violento impatto ed il velivolo rimaneva completamente distrutto.
Dall’inchiesta aperta dalla competente Agenzia Nazionale per la Sicurezza del volo – ANSV – riferiamo la seguente conclusione sulle cause dell’incidente:-
<L’incidente, classificabile quale CFIT (Controlled Flight Into Terrain), è stato causato dalla conduzione del volo ad una quota significativamente inferiore all’altitudine minima di settore, insufficiente a mantenere la separazione dal terreno [che il Pilota-in-comando aveva dichiarato di mantenere “in vista” – ndr], durante un avvicinamento a vista notturno, in assenza di adeguati riferimenti visivi [logica conclusione, essendo il velivolo andato a sbattere mentre era perfettamente controllabile, soltanto perché l’equipaggio non era stato capace di mantenere quanto promesso all’ATC e cioè di continuare a mantenere il terreno “in vista” durante la discesa, sotto la propria responsabilità, così come richiesto – ndr]>.
La competente Procura della Repubblica apriva le sue indagini, al termine delle quali decideva di rinviare a giudizio penale i due Controllori in servizio all’Avvicinamento di Cagliari ed alla Torre di Controllo di Elmas la notte dell’incidente, con la seguente motivazione:- <Aver autorizzato il “visual approach” senza rispettare la normativa vigente in materia>, che il GUP indicava nella “Nota n. 41/8880 della DGAC del 21 Giugno 1981 (esistente all’epoca) e <in specie, senza aver fornito al pilota le informazioni necessarie sull’orografia della zona>, assistenza non contemplata tra i compiti prescritti dalle norme tecniche esistenti negli Annessi tecnici e nei Documenti specifici dell’Assistenza al Volo della Convenzione di Chicago sull’Aviazione Civile Internazionale (ICAO) per i Controllori del Traffico Aereo.
Il GUP del Tribunale di Cagliari dott. G. Lavena, con sentenza n. 204 emessa il 17 Marzo 2008 e con motivazioni depositate un anno dopo (5 Febbraio 2009) dichiarava <colpevoli i due Controllori militari del Traffico Aereo per i reati di omicidio colposo plurimo e disastro aviatorio colposo, in relazione alla tragedia del 24 Febbraio 2004>, in base ad un teorema fondato su una pervicace posizione relativa ad un preteso principio dell’istituto “posizione di garanzia”, che sarebbe stata attribuibile ai due imputati. Questo il nocciolo della pronuncia giudiziaria, che non teneva in alcun conto tutte le posizioni contrarie non solo dei Difensori, ma perfino quelle dei Consulenti Tecnici d’Ufficio dello stesso GUP, nettamente schierati nel dichiarare la completa estraneità dei due Controllori all’addebito loro mosso.
Andiamo ora ad esaminare la sintesi della ratio giuridica alla base dell’introduzione del Gen. Zumbo al testo del T. Col. Salamone, che seguirà. Il Generale esordisce affermando che <negli Uffici di consulenza giuridica della Forza Armata, un forte interesse ha suscitato la sentenza di primo grado relativa alla tristissima tragedia aerea [della località] dei “Sette Fratelli”, verificatasi nel 2004 in Sardegna. La pronuncia contiene infatti una particolare applicazione dell’istituto “posizione di garanzia” che, se si dovesse consolidare, potrebbe determinare un ampliamento di funzioni professionali [dei Controllori del Traffico Aereo], con il possibile insorgere di responsabilità individuali. Sulla base del menzionato istituto si è riconosciuta la responsabilità penale concorsuale di due controllori di volo, a fronte di comportamenti rispettosi della disciplina di settore; agli stessi è stata addebitata l’inosservanza di un aggiuntivo “dovere di assistenza al volo” – ossia di fornire informazioni sull’orografia dell’area sorvolata durante una procedura di avvicinamento a vista – [dovere] non previsto tra i compiti istituzionali, ma derivante dalla loro “posizione di garanzia”. Se il citato orientamento giurisprudenziale si radicasse, ne potrebbe conseguire che le condotte cautelari, esigibili dagli addetti al Servizio ATC anche oltre le funzioni codificate, lungi dall’essere identificate in modo sufficientemente specifico in via preventiva, verrebbero a sostanziarsi solo a posteriori con la valutazione del GUP, il quale potrebbe pertanto addebitare il mancato rispetto di qualunque ulteriore comportamento che, in sede di ricostruzione “a freddo” dei fatti, avrebbe potuto evitare il verificarsi di eventi dannosi o pericolosi. Da qui l’esigenza dell’approfondimento della tematica.
Il T. Col. Salvino Salamone evidenzia che la configurazione dell’istituto in esame, fatta propria dalla sentenza n. 204/08, non individuando con precisione fonti e contenuti dei doveri discendenti dalla posizione di garanzia, non si concilierebbe con i principi, fondamentali in materia penale di tassatività e determinatezza [di compiti e di responsabilità personali – ndr].
L’autore dell’articolo sottolinea inoltre che la costruzione giurisprudenziale in argomento determina negli operatori uno stato di acuta incertezza, che può provocare una dilatazione dei tempi decisionali e procedimentali nell’ambito d’una funzione di assistenza tecnica che dev’essere caratterizzata, invece, da un lato, ad alcuni pronunciamenti della Corte di Cassazione relativi ad altri gravi incidenti aerei e, dall’altro, al moderno concetto della “just culture”, una possibile versione più circoscritta e “garantista”, tale da preservare fondamentali esigenze di certezza giuridica e, quindi, irrinunciabili margini di serenità tra le categorie professionali coinvolte. In sintesi, i doveri di intervento e assistenza discendenti dalla posizione di garanzia, la cui omissione può assumere rilevanza giuridica, vanno ricercati nelle fonti di rango primario o regolamentare (ad iniziare dalle norme degli Annessi Tecnici ICAO, oggetto di recepimento) e nella manualistica tecnico-operativa, costituente la disciplina di settore>.
Il Generale prosegue poi con altri importantissimi riferimenti ad altri rilievi trattati nello studio, che è bene che chi è interessato vada a leggere.
Il testo proposto dall’Autore, che inizia riepilogando il caso giuridico, così come è stato ripreso con altre parole dal suo Superiore, prosegue con un ampio richiamo alle norme OACI/ICAO e alle regole nazionali applicabili alla disciplina ed ai compiti assegnati ai Controllori del T.A., comunemente ben note. Per concludere poi la sua premessa ricordando che <in base al DOC 4444 ICAO (§ 6.5.3), come integrato nell’AIP-Italia (ENR 13-1) e dal manuale dei Servizi del T.A. di A.M. – cap. VI § 5.3, condizione fondamentale ai fini del rilascio di autorizzazione ATC a condurre un “avvicinamento a vista” è che il pilota sia in grado di mantenere il riferimento visivo con il terreno. Nella pratica aeronautica, la richiesta di “visual approach” da parte del pilota viene autorizzata dal controllore se, sussistendo le condizioni prescritte, non vi sia presenza di traffico conflittuale e non sussistano motivi ostativi dal punto di vista meteorologico>.
Ricorda poi che anche il processo penale seguito al disastro aereo di Capoterra [13-14 Settembre 1979 – DC 9 dell’ATI – ndr] <avvenuto durante la fase di avvicinamento notturno, ma sotto controllo del Radar di Cagliari APP [allora funzionante – ndr], era stata fatta applicazione dell’istituto delle “posizione di garanzia” nei confronti del Controllore, per non aver impedito un evento che aveva l’obbligo di impedire proprio in virtù di quell’obbligo di garanzia derivante dalla posizione di controllo che gli consentiva di neutralizzare una concreta parte del pericolo di collisione con gli ostacoli al suolo>, il Controllore fu condannato nel 1982 per aver concorso a causare l’evento, con attribuzione di percentuale di colpa, (condanna confermata sia in Appello che dalla Corte di Cassazione). L’Autore passa a fare delle considerazioni sulla “posizione di garanzia” ed in seguito delle interessantissime distinzioni sull’evoluzione di tale posizione, nettamente distinta, nei giudizi sui disastri aerei di Verona (1975) e di Linate (2001).
Tuttavia bisogna anche riconoscere che la pronuncia della Corte di Cassazione – così come citata dall’Autore - IVª Sezione – 6 giugno 2008, n. 22614, <emessa in esito al disastro aereo di Linate del 8 Ottobre 2001, con riguardo specifico ai profili di doverosità discendenti dalla posizione di garanzia, ha precisato che « deve trattarsi, per il principio di tassatività, di un obbligo sufficientemente specifico, giacché la norma, che definisce l’azione impeditiva doverosa, identifica la condotta tipica della fattispecie omissiva impropria»>, non fa una grinza.
Peccato però sia stata applicata anche nei confronti del Controllore “ground” di Linate, che era l’unico a fare seriamente il suo dovere e forse anche di più, mentre altri, nelle condizioni operative e meteorologiche esistenti sull’aeroporto di Linate (nebbia fitta e mancanza del Radar aeroportuale di sorveglianza a disposizione dei Controllori di Torre), avrebbero avuto il dovere di ridurre o addirittura di sospendere le operazioni di arrivo e di partenza dalla pista di Linate!
In verità l’authority cui è domandato tale compito era stata ben individuata (il locale Direttore dell’Aeroporto) ed anche severamente condannata dal Giudice di primo grado nonostante che, oltre a questa incombenza ne avesse altra più specifica e pregnante:- quella di inibire l’atterraggio e il successivo decollo ad un aeromobile non certificato ed a piloti non abilitati ad operare in condizioni di scarsa visibilità. L’obbligo in questa circostanza non solo era “sufficientemente specifico”, ma anche esaltato dal fatto che l’esercizio della funzione di garanzia andava esercitata in via preventiva ed in tutta tranquillità attraverso il riscontro delle evidenze cartacee. In buona sostanza un tranquillo riscontro da “scrivania” senza l’assillo operativo cui soggiace il personale di front line ATC.
L’Autore comunque conclude il suo articolato impegno affermando recisamente che <Motivazioni sia di ordine giuridico legate alla portata precettiva del princìpio di tassatività, che di natura culturale, basata sugli innovativi approcci concettuali della “just culture”, fanno ritenere non condivisibile l’inquadramento dell’istituto della “posizione di garanzia” dei Controllori del Traffico Aereo, recepito nella sentenza n. 294/08. A fronte di ciò, si è voluto sottolineare come i recenti pronunciamenti della Suprema Corte, intervenuti in esito ai due sinistri aerei di Verona e di Linate, propendono invece per una strutturazione più circoscritta dell’istituto in esame.
I doveri di intervento e di assistenza insiti nella posizione di garanzia di cui si possa pretendere l’osservanza – così da comportare, in caso di condotte omissive, eventuali responsabilità sul piano penale – dovrebbero essere sempre ricercati nelle fonti di rango primario, regolamentare [SARPs per ICAO - ndr] e nei manuali applicativi [DOC per l’ICAO – ndr] e nelle procedure tecnico-operative [PANS per l’ICAO – ndr] vigenti, per obblighi derivanti all’Italia da una Convenzione Internazionale sull’Aviazione Civile, debitamente recepita nel nostro ordinamento nazionale.
Con riferimento a quest’ultimo assunto – l’Autore è dell’avviso che – un particolare sforzo debba esser profuso nel continuare a formalizzare in disciplina positiva i comportamenti che via via emergono dalla pratica operativa come adeguati e funzionali allo svolgimento “in sicurezza” della navigazione aerea.
In definitiva, si ritiene che il riconoscimento della posizione di garanzia in capo al personale controllore del traffico aereo, in quanto in grado contribuire ad una maggior safety nel campo della navigazione aerea, abbia un proprio fondamento logico-giuridico. Sul piano consequenziale degli specifici doveri cautelari esigibili appare preferibile la posizione emergente della più recente giurisprudenza di legittimità, sopra riassunta, che si ricollega direttamente ai principi generali di tassatività/determinatezza, così collocando competenze e responsabilità dei controllori in un quadro di certezza giuridica, presentando, al contempo, affinità con il concetto oramai diffuso nei paesi aeronauticamente più evoluti, della “just culture”. Va considerato infine che analoghe applicazioni dell’istituto della posizione di garanzia potrebbero intervenire nei confronti di altre categorie di personale parimenti esposte a “rischio professionale”, come piloti, tecnici della manutenzione, operatori sanitari ed altri [ad es.:- Agenti delle Forze dell’ordine – ndr]. Al riguardo, quale considerazione di fondo, si può sostenere che, a fronte di casistiche nelle quali dovesse emergere l’esigenza di interventi a fini di garanzia, il rispetto delle regole e delle istruzioni sancite nella regolamentazione tecnica di settore dovrebbero continuare a rappresentare la condizione necessaria e sufficiente per preservare da eventuali responsabilità penali il personale che opera quotidianamente in ambienti complessi e rischiosi>.
Da parte mia desidero precisare che qualora il pilota-in-comando del volo CIT 124 in esame, quella notte, si fosse attenuto alla dovuta osservanza dell’altitudine minima di settore (MSA) per la posizione nella quale si trovava (derivata tra l’altro da sua esclusiva scelta), nessuna autorizzazione del Controllo del T. A., per giusta o sbagliata che fosse, avrebbe mai potuto/dovuto costringerlo/indurlo a scendere al di sotto della MSA e l’incidente non sarebbe accaduto.
Rimane il dubbio che al GUP qualcuno queste regole le abbia spiegate. A giudicare dal contenuto del fascicolo processuale sembrerebbe proprio di sì. E, se qualcuno gliele ha spiegate, perché ha ritenuto di poter applicare il famoso “istituto della posizione di garanzia”? In questo caso, a mio parere, il suo giudizio comporta delle pesanti conseguenze nella gestione operativa del Controllo del Traffico Aereo.
Per quanto riguarda il mio commento generale in merito al commendevole studio effettuato dall’Autore, penso che andrebbe inoltrato ed esaminato con molta attenzione da coloro che, in opportuna sede, saranno incaricati di revisionare e riformare le norme codicistiche penali in materia di incidenti in tutti i campi di “lavori a rischio autorizzato”.
In chiusura mi rimane da specificare che l’Autore di questo pregevole studio giurisprudenziale è attualmente il Capo della Sezione “Consulenza” – Ufficio giuridico – della Sicurezza del Volo dell’A. M. 30 gennaio 2010
Celebrazione a cura del Com.te Renzo Dentesano
Con la mia denominazione di “mom-airliner” mi permetto di celebrare il 40mo anniversario del primo volo di linea del velivolo Boeing B. 747, consegnato (al termine del 2009) in ben 1.418 esemplari, sul quale mi ritengo fortunato di aver potuto volare per quasi vent’anni, dalla fine del 1970 fino alla fine nel 1989 della mia carriera come pilota professionista.
Il 22 Gennaio 1970 il Clipper “Victor” della PANAM prendeva il volo dall’aeroporto JFK di New York, con a bordo 345 passeggeri e 19 assistenti di volo, oltre all’equipaggio di condotta di tre membri, con destinazione l’aeroporto di London-Heatrow dove atterrò dopo 5 ore e 10 minuti di volo. Il volo si svolgeva con un giorno di ritardo sulla data stabilita per il debutto commerciale, in quanto la sera del 21 Gennaio il Clipper “Young America”, destinato al volo inaugurale, durante il rullaggio era dovuto tornare al parcheggio per un problema ad un motore, lasciando così il posto alla ribalta della celebrità al Clipper “Victor”, destinato purtroppo, sette anni dopo, ad una ben più triste notorietà. Quella d’esser rimasto coinvolto in uno scontro al suolo il 27 Marzo 1977 sulla pista del secondo aeroporto dell’isola di Tenerife, dov’era dirottato a causa d’un attentato dinamitardo all’aeroporto principale, colpito in pieno da un altro B. 747 della KLM che decollava nella nebbia, provocando così il più grande disastro della storia dell’aviazione civile internazionale con 583 vittime.
Ma vediamo le sue origini:- La storia del progetto del Boeing B. 747 inizio circa 50 anni fa quando il vulcanico padre-padrone dell’allora florida PANAM, Juan Trippe, rivolgendosi all’allora Presidente della Boeing Bill Allen, disse:- «Se mi costruisci un aereo “gigante”, io te lo comprerò». Bisogna subito aggiungere che la PANAM; aveva già una lunga tradizione all’utilizzo di idrovolanti civili molto capienti (68 passeggeri) e a grande autonomia transpacifica, quali il famoso B. 314 che diede l’avvio alla serie dei Clipper che operarono tra il 1939 ed il 1941 prima dell’entrata in guerra degli USA nel secondo conflitto mondiale, e che, dopo la cessazione di esso, ricominciò con un grande aeroplano terrestre con fusoliera a due piani e con motori a pistoni, il B. 737 “Stratocruiser”, dal 8 Luglio 1947 all’entrata in servizio del Boeing B. 707 il 26 Ottobre 1958.
La proposta di Juan Trippe finì attraverso Mr. Allen nelle mani giuste, quelle del Capo ingegnere progettista Joe SUTTER, il quale riuscì veramente a progettare, a costruire e a rendere operativo e pagante “the right airplane”, il gigantesco B. 747 che aprì la strada all’era dei voli di massa.
Al momento del roll-out della nuova creatura, il 28 Settembre 1968, ancora prima del primo volo officina del 9 Febbraio 1969, la Boeing aveva già totalizzato ordini per il B. 747 da parte di 26 Aerolinee degli USA, dell’Asia e Australasia e dell’Europa, tra i quali quello dei primi B. 747/100 dell’ALITALIA, guidata dall’Ingegner Bruno Velani, fondatore della Compagnia.
Così il 12 Dicembre 1969, ancor prima del rilascio della certificazione da parte della FAA avvenuta il 30 Dicembre, avvenne la consegna del primo esemplare della linea di produzione alla PANAM, vettore di lancio, la quale riuscì a mettere in linea il nuovissimo aeroplano esattamente quarant’anni fa, il 22 Gennaio 1970.
Alla fine del 1972 la serie 100 fu seguita dalla nuova versione serie 200, con motori più potenti ed affidabili e con autonomia ancora maggiorata ed in seguito dalle serie 300 (limitatissima) e dalla serie 400, che per adeguarsi alle nuove regole del risparmio a tutti i costi, comportò il rifacimento della cabina di pilotaggio per l’utilizzo da parte di solo due piloti, eliminando per sempre l’utilissima figura operativa del Flight-engineer (Tecnico di volo, in italiano). Ora assieme al B. 787 bireattore, denominato “Dreamliner”, si sta preparando una rivisitazione del B. 747 quadrireattore, con la nuova sigla B. 747/8, progettato con un’autonomia di 15.000 kilometri, più riserve, previsto per il quarto trimestre del 2010 o per il secondo trimestre del 2011. Aeroplano che avrà la stessa cabina di pilotaggio del B.787, fusoliera allungata a 80 metri e nuove ali molto flessibili che, assieme a tutto il resto, dovranno garantire un’efficienza molto migliorata.
Mi pare giusto a questo punto ricordare brevemente anche la figura del fondatore della ditta “The Boeing Company” che attualmente con il suo settore “aeroplani commerciali” produce a Seattle (Stato di Washington) appunto la linea civile
Il fondatore è stato un ex iscritto alla Yale University, tale William Edward Boeing, nato a Detroit (MI) il 1 Ottobre 1891 e morto a Seattle (WA) il 28 Settembre 1956, proprio l’anno in cui fu firmato il contratto per il B.747 tra la Compagnia di lancio PANAM e Boeing Company. Costui era stato anche il fondatore e pilota della prima Compagnia autorizzata ad esercire una rotta aerea postale internazionale, che trasferì nella Boeing Company, fondata nel 1916, a capo della quale rimase fino a quando, disgustato da una legge federale che proibiva alle ditte costruttrici di aeroplani di esercitare anche lavoro aereo, si ritirò a vita privata all’età di 52 anni.
Mi son permesso di chiamare affettuosamente “Mamma aeroplano” il Boeing B. 747 perché si è rivelato in tante occasioni un mezzo affidabile e sincero, amorevole come una “mamma”, perdonando tante cose e salvando anche la vita e la carriera di tanti padri di famiglia che, ai comandi di un altro aeroplano, sarebbero finiti molto male, così come tanti mancati incidenti internazionali, dei quali sono venuto a conoscenza durante la mia attività di pilota prima e di addetto alla “sicurezza del volo” poi, anche dopo il ritiro dal pilotaggio per raggiunti limiti d’età, m’hanno insegnato.
In effetti s’è trattato veramente di un aeroplano degno di rispetto e che, se rispettato nelle sue elementari esigenze tecniche, rispettava a sua volta i piloti che si attenevano alle sue norme operative ed alle sue caratteristiche di docile, ma agile “pachiderma” degli aeroporti, che lo hanno accolto pur senza esser stati preparati adeguatamente alle sue dimensioni ed alle sue esigenze tecniche.
Inoltre ha costituito veramente una pietra miliare con il suo limitato ma significativo progresso d’una automazione limitata, ma a “misura d’uomo”, nell’evoluzione della specie degli aeromobili veramente “ogni tempo”, con i suoi atterraggi in “Categoria III a”, con la sua affidabile automanetta e con i suoi innovativi sistemi di navigazione inerziale, poi copiati da tutti gli aeroplani commerciali che sono seguiti, pur con le loro sofisticate innovazioni, fino all’avvento del “satellitare”.
Purtroppo in seguito, anche il successo della trasformazione della sua cabina di pilotaggio in “glass cockpit” per due soli membri di equipaggio e la successiva esasperata automazione che è stata introdotta su tutti gli “airliners” successivi (di tutti i Costruttori), per poter essere operati anche sulle lunghe distanze da due soli piloti hanno portato all’attuale, poco soddisfacente (in termini professionali), situazione dell’aviazione commerciale, che ha risentito sì di diverse crisi, ma anche del calo dell’abilità di pilotaggio manuale da parte di molti piloti.
E, forse, il peggio, deve ancora avvenire, se si pensa che tutta la tecnologia auto-robotizzata contemplata per immettere gli UAV/UAS negli spazi aerei comuni dell’aviazione civile internazionale, ormai è anche apertamente dichiarato da parte dei progettisti dei costruttori, d’esser volta alla riduzione ad un solo pilota (per il momento) sugli aeromobili cargo di prossima generazione.
Una cosa, mi sento ancora di consigliare a chi è ancora in grado di farlo, ma che pilota lo è già, magari lasciato in “cassa integrazione” in Italia o a stipendi di fame negli ex ricchi Stati Uniti:- se ne avete le possibilità economiche, andate a farvi un “master” negli USA o in U.K. dove alcune Università hanno già aperto le iscrizioni per corsi della “durata di 4 anni (!)” per qualificarvi “piloti-manovratori” oppure di “tecnici di sistema” da “ground station” per gli UAV/UAS, che ormai hanno intrapreso, con il supporto delle industrie produttrici degli UAV/UAS, l’arrampicata al “Single Sky” internazionale.
Mi spiace dover chiudere questa mia intesa celebrazione di “mamma” B.747 con queste amare considerazioni, ma ormai sembra che questo sia il futuro del ruolo del Pilota di linea, dato che tutti hanno ormai dimenticato la lezione del LEM-Eagle del programma Apollo, allunato il 20 Luglio 1969 sulla luna, soltanto grazie all’intervento manuale nella manovra del suo pilota, quando l’automazione fornita da diversi computer stava per causare un incidente disastroso per i due astronauti che si trovavano a bordo. Ed ora la seconda perdita di un “Predator” italiano dell’A. M. in Adriatico, forse sta a confermare i miei dubbi su automazione esasperata e non a misura d’uomo.
“Historia magistra vitae”, ma solo se conosciuta e compresa da chi di dovere. Ed ora sembra che nessuno abbia più orecchi, occhi e cervello per apprezzare le esperienze che dovrebbero insegnare qualcosa al genere umano. 22 gennaio 2010
Questione di cultura aeronautica - Note del Com.te Renzo Dentesano
La Gran Bretagna ha adottato una legge che rende perseguibili penalmente coloro i quali, utilizzando criminalmente gli effetti abbacinanti, talvolta purtroppo permanenti, del puntamento di raggi laser contro la vista dei piloti degli aeromobili, mettendone in pericolo la vita o l’integrità fisica ovvero, ancora più genericamente, soltanto contro aeroplani in volo o a terra, ma comunque con persone a bordo.
Le statistiche dell’Autorità dell’Aviazione Civile (CAA) britannica, indicano che vi sono stati oltre 700 casi del genere all’anno.
La nuova legge, inserita nell’Articolo 222 dell’Air Navigation Order [equivalente al nostro Codice della Navigazione – Parte Aerea –, che purtroppo è difficile aggiornare al fine di poter rispondere alle esigenze della moderna aviazione], stabilisce che un individuo non debba mai «puntare qualsiasi fascio di luce ad alto potenziale [com’è il laser] o comunque irraggiare di luce qualsiasi aeromobile in volo, in modo tale da abbagliare, accecare o soltanto distrarre il pilota».
Qualsiasi trasgressore sarà prima accusato, secondo un altro articolo, del reato d’aver messo in pericolo un aeromobile ed i suoi occupanti e poi anche del reato contemplato dalla nuova legge. La CAA& è convinta che la nuova norma, che è entrata in vigore il 1° Gennaio c. a., aumenterà la percentuale delle condanne, in quanto è avvenuta in reazione all’incremento delle segnalazioni dei piloti, riguardanti l’intenzionale indirizzamento di fasci di raggi laser contro i loro aeroplani in volo in prossimità di certi grandi aeroporti.
La probabilità, in Gran Bretagna, d’esser ora colti sul fatto d’abbacinare aeroplani, sono rapidamente aumentate ed una volta individuati i trasgressori, questi vengono inevitabilmente accusati di due gravi reati penali, dato che le Autorità hanno deciso di perseguire inflessibilmente qualsiasi episodio di puntamento laser contro gli aeromobili.
Infine è stato specificato che la sorveglianza sarà particolarmente attenta in vicinanza di quegli aeroporti che lo scorso anno hanno totalizzato ben 737 rapporti obbligatori compilati da parte dei piloti. Di tal numero di eventi oltre 50 sono stati registrati nei pressi dell’aeroporto di Manchester, circa 40 ciascuno presso gli aeroporti di Glasgow, di Birmingham e di Leeds ed infine circa 30 presso London-Heathrow.
Inutile dire che una tale barbara e pericolosa moda non potesse essere più tollerata in Inghilterra ed ora, questa nuova forma di teppismo, verrà strenuamente combattuta e perseguita, così com’è avvenuto per gli hooligans negli stadi. Da noi, fortunatamente, il criminale fenomeno pare poco diffuso, ma purtroppo non conosciamo i dati statistici di rapporti obbligatori all’ENAC riguardanti tali eventi contro aeroplani.
Ricordo solamente che qualche anno fa c’erano state diverse segnalazioni alla Polizia di Stato per episodi avvenuti nei dintorni dell’aeroporto di Ciampino, ma il pronto intervento delle Forze dell’ordine, riuscirono in breve tempo a sgominare la teppistica, insensata moda. 20 gennaio 2010
La notizia bomba, pubblicata il 13 Gennaio, è che l’Amministratore della Federal Aviation Administration degli USA intende convocare per il mese di Aprile (ma forse anche prima) una riunione di rappresentanti delle aerolinee statunitensi e di esperti del settore dei “fattori umani”, per confrontarsi con loro in merito alle conseguenze che l’automazione troppo “evoluta” comporta sulle prestazioni umane di piloti, controllori e tecnici aeronautici.
Il Responsabile della FAA, nominato all’alta carica federale lo scorso Giugno 2009, ha precisato che gli effetti d’una automazione troppo spinta può avere effetti indesiderabili anche nei settori appunto dei controllori del traffico aereo ed in quello dei tecnici addetti alla manutenzione e alle revisioni degli aeromobili delle flotte aeree commerciali. Perciò, ha notato, lo scopo primario della riunione annunciata sarà proprio quello di favorire lo scambio d’idee tra le aerolinee commerciali, le quali potranno così comunicare ciò che hanno imparato dagli eventi e dai casi loro capitati e far conoscere se qualcuno ha sviluppato qualche buona procedura, così da poter divulgare l’esperienza acquisita con gli altri, al fine di migliorare la sicurezza del volo, ormai, come afferma l’editoriale di “Flight International”, ferma ai risultati raggiunti alla fine de XX° secolo.
Inoltre ha specificato d’esser stato indotto ad assumere tale decisione dopo che nel Giugno del 2009, alla sua nomina, aveva già sentito da diverse Compagnie aeree l’intenzione di cambiare certe procedure operative interne, per chiedere ai piloti di effettuare “un po’ più di tempo di volo manuale”. Attualmente i piloti di linea sono istruiti ad inserire l’autopilota ed altri automatismi di bordo subito dopo il decollo e di mantenerli in funzione per tutto il volo fino all’avvicinamento alla destinazione e talvolta fino all’atterraggio, compatibilmente con la norma FAA che comunque i piloti debbano effettuare almeno tre atterraggi mensili in modo manuale. Inoltre v’è da notare che l’esteso utilizzo degli autopiloti è anche sempre più determinato da misure di contenimento dei consumi di carburante e da esigenze di precisione nella tenuta del livello di volo assegnato, specialmente per il volo di crociera in alta quota, data la riduzione a 300 m della separazione tra i livelli di volo (RVSM) apportata da non molti anni per i voli anche sopra i 29.000 piedi di crociera. E di più l’esigenza di precisione sarà necessaria in tanto in quanto la FAA organizzando il proprio spazio aereo nazionale (NAS) con l’adozione della navigazione a quattro dimensioni (4d), la quale richiederà che il passaggio di certi punti di riporto da parte degli aeromobili debba avvenire “ad orari relativamente precisi”.
L’Amministratore della FAA ha poi concluso il suo annuncio precisando d’aver chiesto agli esperti di “fattori umani” della sua amministrazione di concentrare l’attenzione sul fatto che non venga mai ignorato il princìpio che sia sempre l’uomo a prendere la decisione finale indipendentemente dalle macchine e dagli automatismi. 19 gennaio 2010
Notizie e commenti del Com.te Renzo Dentesano
Finalmente, forse, qualcuno nell’industria del Trasporto Aereo, i Costruttori d’aeroplani e di sistemi automatizzati e le Compagnie aeree, incominceranno ad aprire gli occhi ed a valutare e capire quanto pochi addetti, tra i quali mi annovero, stiamo cercando di far intendere ormai da anni, circa i danni prodotti da una automazione troppo esasperata nel settore dell’aviazione civile in generale (Controllo del Traffico Aereo incluso).
Uno studio pubblicato il giorno 11 Gennaio, dedicato alla sicurezza del volo commerciale, effettuato dall’autorevole testata “Flight International”, si conclude con il seguente allarmante messaggio: «Sebbene le moderne cabine di pilotaggio [nelle quali i piloti sono confinati e “soli” a trascorrere “lunghe ore” di volo] abbiano contribuito positivamente al miglioramento della sicurezza del volo all’inizio di questo nuovo secolo, l’attuale generazione di piloti dimostra d’essere completamente “out of practice” [leggasi:- “fuori esercizio” – ndr] nella condotta manuale dei velivoli loro affidati, specialmente qualora siano costretti ad utilizzare informazioni dei parametri di volo e di navigazione presentati sotto l’aspetto di “dati grezzi” [leggasi:- “rappresentazioni alfanumeriche o caratteri analogici non raffinati e da interpretare” – ndr], allorquando i sofisticati sistemi automatici di bordo vanno in avaria oppure quando, come talvolta accade, i piloti siano costretti al volo a vista, come negli avvicinamenti in condizioni meteorologiche od operative marginali».
Queste le obiettive, a mio modo di vedere, conclusioni di David Learmount, autorevole commentatore di Flight International su fatti ed attualità dell’aviazione civile internazionale.
Learmount, poi, nell’articolo intitolato “La sicurezza del volo delle Aerolinee è in stallo e necessita di nuovi impulsi per progredire” afferma che: «Le Aerolinee hanno esaurito i progressi rappresentati dalle strategie della gestione della sicurezza operativa sviluppate durante l’ultima decade del XX° secolo e non riescono più a migliorare i loro precedenti successi in materia, a meno che non riescano a sviluppare nuove e radicali idee innovative sul tema. Questa la cruda rappresentazione che deriva dall’esame delle prestazioni globali in termini di “sicurezza operativa” [alla quale personalmente mi sentirei di affiancare anche i risultai economici], conseguiti durante la prima decade del nuovo secolo. L’ultimo grande progresso in termini di performances di sicurezza da parte delle Aerolinee, considerate globalmente, era avvenuto intorno all’anno 2.000, ma i frutti di quei cambiamenti, non sono stati raccolti e anche se il livello della sicurezza operativa si mantiene abbastanza alto, i progressi in materia si sono arrestati circa sei anni fa. Come spiego più dettagliatamente nella mia rassegna sull’argomento, quel livello ha segnato una netta caduta rispetto ad un secolo di incremento della sicurezza, conseguito fino agli anni più recenti a partire dai tempi dei fratelli Wright. La mia analisi dimostra che molti dei gravi incidenti accaduti nel 2009 potevano essere prevenuti e puntano la responsabilità sui molti anni di volo effettuati da parte dei piloti “gestendo” il volo di aeromobili altamente automatizzati».
Fin qui la notizia che annunciava sinteticamente la pubblicazione dell’interessante analisi del commentatore tecnico di “Flight International”, cui poi ha fatto seguito la presentazione della lunga relazione relativa alla rivisitazione dei disastri aerei accaduti nel 2009.
In merito agli episodi di “perdita di controllo dell’aeromobile durante il volo” (abbreviati in LOC “Loss of Control “), l’autore afferma che «…sono proporzionalmente annotate quali cause alla base di gravi disastri aerei … » e che «Alla “Crew Management Conference”, tenutasi in Dicembre a Londra, i partecipanti hanno lungamente dibattuto sull’argomento, cioè se questo deterioramento delle prestazioni professionali dei piloti sia un sintomo evidente degli effetti a lungo termine, determinati sugli equipaggi di condotta, dell’operare su aeromobili altamente automatizzati. In assenza di qualsiasi adeguato cambiamento nei requisiti richiesti dalle attuali norme sull’addestramento ricorrente, è stato ritenuto che non vi sia motivo di credere che questo stato di fatto cambi. Con l’introduzione d’un esasperato livello di automazione non è stato più ripristinato quel tipo di addestramento, atto a recuperare il controllo dell’aeromobile a seguito di inavvertita perdita dell’assetto di volo oppure a causa di condizioni d’assetto inconsuete e non comandate, oppure a causa di malfunzionamenti dei sistemi di guida a seguito delle conseguenze innescate da dati erronei di velocità forniti dai sistemi di rilevamento di quel delicato parametro di volo, com’è probabilmente accaduto sull’Atlantico la notte del 1° Giugno 2009 al volo AF 447».
Comunque, fin dall’anno 2.000, gravi incidenti hanno ripetutamente dimostrato l’incapacità dei piloti di aeromobili glass-cockpit a gestire situazioni che avrebbero dovuto risolvere con successo, ricorda l’autore.
Il 2.009 purtroppo non è stato un’eccezione.
Infatti, gli esempi più eclatanti dell’anno appena terminato, oltre a quello ancora non provato dell’A 330 dell’Air France, sono stati:
- la caduta durante un avvicinamento all’aeroporto di Amsterdam del B. 737-800 della Turkish Airlines;
- il disastro del biturboelica Bombardier Dash 8 - Q 400 a Buffalo (N.Y);
- la distruzione in atterraggio del Boeing MD 11F a Tokio-Narita;
- la caduta a mare durante l’avvicinamento notturno all’aeroporto di Moroni (Isole Comore) dell’A 310 della Yemenita Airlines.
In seguito, l’autore acutamente osserva che la componente addestrativa che attualmente manca ai piloti durante il volo sugli aeroplani altamente automatizzati è quella del processo interattivo, che è contemporaneamente fisico-percettivo e mentale-cognitivo, con l’aeromobile stesso e con i suoi sistemi di navigazione, che per i piloti abituati agli strumenti analogici delle precedenti cabine di pilotaggio, erano il pane quotidiano. Infatti non esistevano tutti quei display che ora forniscono moltissime informazioni integrate di navigazione e dei sistemi digitali di gestione del volo. Ora, sebbene tutti i piloti inizino il loro addestramento basico iniziale imparando ad utilizzare i “dati grezzi” dei parametri basici di volo forniti dagli strumenti analogici [che rimangono presenti a bordo anche dei glass-cockpit come strumenti di riserva in emergenza elettrica], quando transitano su velivoli con cabine di pilotaggio altamente automatizzate, si trovano nella condizione di non praticarne più la lettura e l’acquisizione dei dati relativi. Questo non sarebbe un problema, fino a quando però una qualsiasi avaria elettrica o strumentale non li lasci con null’altro da consultare se non gli strumenti analogici stand-by, magari di notte o in condizioni meteorologiche avverse.
In merito, pertanto, conclude l’autore, la soluzione addestrativa è solo quella di allenare i piloti a far fronte a questa perdita di pratica durante i voli di linea, introducendo sia un addestramento obbligatorio ricorrente a riguadagnare il controllo dell’aeromobile da assetti inusuali che periodi di addestramento obbligatori al simulatore utilizzando soltanto dati strumentali grezzi durante le apposite sessioni di addestramento semestrale.
Ma, sottolinea l’autore, fino ad oggi nessuna Autorità con compiti normatori del settore sta interessandosi dell’argomento.
Il mio commento:- Insomma, come al solito sono i piloti a dover mettere la classica pezza ad improvvide soluzioni tecnologiche e/o alle loro subdole avarie !
Così come fortunatamente dimostrato dall’abilità dei piloti di certi equipaggi di condotta che nel 2.009 hanno dato prova di saper cosa fare con sangue freddo e perizia, come nel caso del magistrale ammaraggio dell’Airbus A 320 nelle acque del fiume Hudson a New York a seguito della collisione con grossi volatili che avevano mandato in avaria entrambi i motori. Oppure nel caso del meno spettacolare, ma ugualmente degno di menzione, dell’equipaggio di condotta del Boeing B 747-400 che durante il decollo dall’aeroporto in quota di Johannesburg (S. Africa) è riuscito ad evitare di precipitare al suolo in stallo subito dopo essersi staccato dalla pista, a causa della retrazione inattesa, perché non voluta né comandata, degli ipersostentatori del bordo d’attacco alare, avvenuta alla fine della rotazione per l’involo. 18 gennaio 2010
Ci siamo, finalmente ! Incominciano a venire allo scoperto le vere mire ed i veri interessi industriali che finora si celavano dietro lo sviluppo dei programmi di UAS/UAV civili, a seguito degli sbandierati vantaggi degli impieghi militari di tali “mezzi-aerei” sui campi di battaglia e nelle missioni di sorveglianza e d’intelligence.
La notizia pubblicata come “Newsletter” sul sito “Flight Global” della prestigiosa testata aeronautica “Flight International” lo scorso 28 dicembre annuncia quanto segue:-
"La Compagnia General Electric – Aviazione – (GE) sta prendendo parte ad una serie di prove di volo con la Federal Aviation Administration degli USA, al fine di dimostrare la possibilità di ridurre il numero dei membri degli equipaggi di condotta, inizialmente sugli aeromobili cargo civili (prevalentemente impiegati sulle tratte intercontinentali).
Il primo volo di prova ha avuto inizio in dicembre. Durante tale volo, effettuato da un UAS del tipo “AAI Shadow 200 la GE ha inteso dimostrare la validità del proprio progetto di “controllo della traiettoria di volo in 4 dimensioni” (altitudine verticale e distanze orizzontali e laterali più il parametro tempo), avendo a bordo il proprio “sistema di gestione del volo – FMS”, già certificato dalla FAA per gli aeromobili civili.
Scopo primario dichiarato del progetto è quello di dimostrare l’applicabilità della tecnologia proposta e di sviluppare il programma per integrare gli UAS equipaggiati con questo “sistema di gestione del volo a 4 dimensioni” nello spazio aereo nazionale (NAS) degli USA (per il momento). La Compagnia che promuove questo progetto ha dichiarato che «…partire da un “sistema di gestione del volo certificato dalla FAA, avvantaggia lo sforzo prodotto, dato la diffusa presenza della metodologia FMS nei settori delle aerolinee e dell’aviazione d’affari».
Durante il volo prova effettuato ufficialmente per la FAA il “pilota-manovratore” dello Shadow 200 ha fatto effettuare al mezzo-aereo delle manovre quali:
- il volo lateralmente ad una aerovia;
- voli diretti da un punto di riporto ad un altro;
- variazioni di velocità e di altitudine anche durante le fasi di salita, discesa e crociera.
Al termine, il rappresentante della ditta ha affermato che «… la precisione della navigazione durante le manovre è stata “ migliore” di quella effettuata dai piloti a bordo di un aeroplano».
Ci sarebbe comunque da chiedere a questo signore non certo quale capacità di precisione il sistema garantirebbe durante l’acrobazia (visto che non si pratica con gli aeromobili commerciali), bensì, quanto meno, come si comporterebbe il sistema in caso di rimessa del velivolo da assetti inusuali oppure come si riprenderebbe il controllo dopo eventi imprevisti del tipo di quello accaduto al volo AF 447 del 1 Giugno 2009 sull’Atlantico.
Costui ha quindi dichiarato che la tecnologia proposta dalla sua ditta «può, eventualmente, consentire ai Controllori del Traffico Aereo di effettuare direttamente una modifica della traiettoria di volo di un UAV (cioè di fatto sostituendo il “manovratore” situato nella ground station e di fatto rendendo così il Controllore del Traffico Aereo il manovratore del mezzo-aereo). Di bene in meglio:- Mi dovrebbe costui spiegare come farebbe il Controllore del Traffico Aereo, investito del nuovo compito, a conoscere quanto l’aeromobile oggetto delle sue cure sia prossimo ai limiti di “buffet on set” per il nuovo livello di volo che vorrebbe assegnare, oppure se la manovra richiesta da una improvvisa virata non comporti un aumento di “g” tale da far stallare l’aeromobile? Subito dopo ha aggiunto che ciò « … potrebbe avere future conseguenze di larga portata anche per l’aviazione che utilizza piloti a bordo». Vale a dire che ciò comporterebbe, secondo la citata fonte della notizia, la possibilità che «si possa pensare d’avere un unico pilota a bordo degli aeromobili cargo civili»!
Già ! Ma quando dopo 6, 8, 10 ore di volo quell’unico pilota ai comandi necessiti, magari, di fare un piccolo bisognino, ci penserà forse l’FMS di bordo oppure il “manovratore” dalla ground station, a farlo per lui ? Oppure nel progetto, la poltrona del posto di comando sarà dotata anche dei servizi igienici essenziali ?
La GE ha infine comunicato che sta lavorando fin dal 2008 con la Lockheed-Martin ad un programma destinato ad esplorare un proprio sistema di gestione della traiettoria del volo (FMS) all’interno del nuovo sistema di Controllo del Traffico Aereo disegnato dalla Lockheed, la quale, a sua volta, sta completando il contratto stipulato con la FAA per ammodernare le infrastrutture del sistema di Controllo del Traffico Aereo della FAA, nell’ambito del programma di adeguamento dell’automazione per il “controllo in rotta – (ERAM)”.
Dal 2010, promette la ditta, la GE inizierà a studiare una moderna architettura di controllo proprio per accogliere gli UAV nel NAS. E che, mentre per gli aeromobili con piloti a bordo l’intero sistema di gestione del volo rimarrà installato sugli aeroplani, per i mezzi-aerei è previsto che certi elementi siano una parte installati a bordo dell’UAS, mentre altri saranno sistemati nella stazione di controllo a terra.
Infine è stato annunciato anche che vi sarà, durante il quarto trimestre del 2010, una “significativa” dimostrazione dal vero, sponsorizzata dalla FAA, in merito alla gestione dei mezzi-aerei UAS, comprensiva di operazioni di “gestione del volo a 4 dimensioni”.
Da tempo cerco di attirare l’attenzione su quanto la tecnologica e gli interessi industriali influenzeranno, inevitabilmente, la sicurezza del volo, ma anche le relative attribuzioni di responsabilità dei principali “attori” delle operazioni volo, Piloti ed Addetti all’assistenza al volo. Ritengo che, quanto sopra riferito, possa essere la “campana a martello” per le coscienze addormentate o distratte da altri problemi.
Per concludere un quesito, almeno, si impone:- Ma i passeggeri che usano il trasporto aereo, che ne pensano, di trovarsi accanto dei mezzi-aerei il cui controllo è affidato completamente all’automazione, oppure, nel migliore dei casi, a qualcuno che sta comodamente a terra e che comanda il traffico di aerei senza piloti a bordo?
Forse sarà venuta l’ora, per le organizzazioni sindacali e professionali dei Piloti e dei Controllori del Traffico aereo, di valutare le nuove responsabilità che si ipotizza di affidare ai loro colleghi?
Si badi bene, non sarà un’electronic game, ma una vera “war-game” con l’industria ed i rispettivi “regulators”, che ormai si sono spinti troppo avanti, nel vendersi la pelle dell’orso! 15 gennaio 2010
Testimonianza del Com.te Renzo Dentesano
Circa 6 ore dopo lo schianto del 5 Maggio 1972 del volo AZ 112 del DC 8/43 – marche I-DIWB – dell’Alitalia contro il crinale di NE di Montagnalonga, sovrastante l’abitato di Carini, in direzione dell’aeroporto di Punta Raisi, all’alba del 6 Maggio 1972 … io, ero sul posto !
E non ero solo … nella mia funzione di Ufficiale addetto alla Sicurezza del Volo della Commissione prontamente allestita dal Presidente e Dirigente della DGAC del Ministero dei Trasporti e dell’Aviazione Civile Generale Francesco Lino. Durante la riunione tenutasi meno di due ore dopo la notizia del disastro presso la sala riunioni della Direzione d’Aeroporto di Fiumicino, presente anche, in rappresentanza della Compagnia, il Presidente e Fondatore dell’Alitalia Ingegner Bruno Velani, il quale prontamente mise a disposizione della Commissione stessa un DC 9 che partì per l’aeroporto di Punta Raisi poco dopo la mezzanotte tra il 5 ed il 6 Giugno 1972.
E siccome … io c’ero … assieme a diversi altri membri della Commissione guidata dal Generale Lino e che fu scortata in cima a Montagnalonga da Ufficiali di P. G., su ordine del P. M. competente per territorio, durante tutti i rilievi effettuati per l’intera giornata, fino a sera, a distanza di quasi 38 anni, posso ancora testimoniare su quel fatto e smentire quanto affermato durante la trasmissione di RAI TRE “Chi l’ha visto ?” del 21 Dicembre scorso, alla quale avrei potuto partecipare (come si usa fare quando si vuol documentare seriamente delle storie vere ascoltando testimoni dell’epoca), qualora qualcuno si fosse scomodato ad invitarmi come persona “informata”.
Già, perché le “inchieste” (anche quelle giornalistiche), si fanno ascoltando tutti i testimoni disponibili ed attendibili e non solo quelli di parte, oppure interessati puramente allo spettacolo.
Che sia stata l’agenzia Reuter (di allora) a pretendere di «proporre e rilanciare lo scenario dell’esplosione in volo, un attentato …» mi sorprende assai, perché mi giunge nuova essendo all’epoca occupato ad “investigare”, mentre è assolutamente escluso dalle risultanze delle evidenze raccolte ed esaminate non solo sul posto, ma anche presso laboratori specializzati dell’A . M. che esplosione diversa da quella del carburante contenuto nelle ali dell’aeromobile, incendiatosi al momento dello schianto, si sia mai verificata in precedenza, come diverse testimonianze dirette stanno a dimostrare. Le fiamme conseguenti si sono riversate lungo lo scosceso costone che precipita verso Carini, come pure i 4 motori staccatisi dalle ali, rimaste tra le rocce del crinale, e come i corpi della maggior parte degli occupanti, proiettati in avanti, appunto oltre il crinale, dalla violenza dell’urto. Nessun indizio d’incendio precedente all’urto, né tracce di esplosivo sui corpi degli occupanti, ritrovati quasi tutti completamente svestiti ed abbastanza integri esteriormente, proiettati lungo la ripida discesa verso Carini, come documentato dall’abbondante materiale fotografico scattato dalla Commissione e dagli Ufficiali di P. G. che ci accompagnavano passo passo, registrando la dislocazione di corpi delle vittime e delle parti dell’aeroplano, come noi della Commissione li catalogavamo e li indicavamo, a partire dalla cima e giù giù lungo il costone, verso valle.
Che cosa fosse il “rapporto Peri”, non sapevo, ma sono certo di poter escludere che la persona citata partecipasse alle operazioni di quel lungo giorno e dei giorni successivi, in quanto mai incontrata, neppure durante i lunghi briefings serali. Comunque ora, grazie a “Chi l’ha visto?”, scopro che trattasi di un Ufficiale di P. G., incaricato sei anni dopo (!) di interrogare pregiudicati e galeotti dell’epoca, il quale, nel raccogliere questo tipo di “rivelazioni” di “pentiti … ante litteram”, s’è lasciato prendere la mano da sacro zelo, aggiungendo nei suoi verbali opinioni ed illazioni personali in merito al clima politico o “bombarolo” di quella stagione italiana.
Dunque, cerchiamo un momento di vedere di che cosa parliamo.
Il volo AZ 112 della sera del 5 Maggio con aeromobile DC 8/43 – matricola I-DIWB – era affidato al Comandante R. B., il quale poteva avvalersi della collaborazione del Primo Ufficiale B. D., del Motorista G. D. F. e di 5 membri dell’equipaggio di cabina.
L’inevitabile conclusione riguardo alla/e causa/e del sinistro su cui convenne al termine dell’investigazione l’intera Commissione inquirente tecnico-formale di allora, rappresentante dei Piloti dell’ANPAC incluso, fu quella della condotta di un avvicinamento notturno a vista effettuato dal Primo Ufficiale, al quale il Comandante aveva affidato la manovra di discesa e d’avvicinamento per l’atterraggio, purtroppo non sorvegliata, come sarebbe dovuto avvenire, dal Comandante R. B., il quale s’era riservato il ruolo di eseguire le radio comunicazioni e di assistenza al pilota incaricato della manovra di atterraggio, effettuata concettualmente e praticamente in «non osservanza del circuito aeroportuale approvato».
In merito ricorderò ancora che al rappresentante dei Piloti dell’ANPAC fu attribuito il delicato incarico, con la collaborazione degli altri piloti facenti parte della Commissione, di effettuare la ricostruzione di tutta la traiettoria seguita dall’aeromobile a partire dall’aeroporto di Fiumicino ed in particolare, basandosi sui tempi di sorvolo dei punti di riporto e delle caratteristiche di volo dell’aeroplano nelle varie fasi, dal punto di sorvolo dell’isola di Ustica alla verticale dell’aeroporto di P. Raisi, a partire dal livello di crociera a 5.000 piedi (come da autorizzazione del Controllo) e di quella immediatamente successiva, adottata dal Primo Ufficiale per l’ulteriore discesa dall’altitudine d’inizio procedura e per l’intera manovra di posizionamento per l’atterraggio.
Manovra che, invece di venir effettuata nel circuito aeroportuale a ciò preposto, cioè sopra il mare a Nord dell’aeroporto, fu invece eseguita dirigendo dapprima verso Sud Sud Ovest per un breve tratto (fino quasi a Partinico ed a sorvolare Montelepre, visto da testimoni locali), per poi virare a sinistra e con prua verso Est Nord Est ritornare verso la verticale dell’aeroporto ad una altezza ben inferiore a quella precedente, con l’intenzione di portarsi rapidamente in posizione di sottovento per la testata della pista 25 che era quella in uso.
L’impatto dell’aeroplano con il terreno, circa tre minuti dopo il sorvolo della verticale dell’aeroporto di P. Raisi, comunicata chiaramente dal Comandante alla Torre di Controllo, avvenuto strusciando da una posizione circa 25 metri più bassa della sommità del crinale di Montagnalonga fino a disintegrarsi contro le rocce che ne delimitavano il successivo burrone, con le sue tracce indicava chiaramente sia la direzione ultima del moto che l’assetto dell’aeroplano in discesa e in leggero aggiustamento di accostata verso destra.
Purtroppo la quota raggiunta durante la discesa di quest’ultima fase di volo fu insufficiente a far loro evitare per pochi metri il crinale roccioso del bordo orientale di Montagnalonga, che rappresentava l’ultima parte della zona di “buco nero” che i piloti si trovavano ancora a sorvolare, rappresentata dal pianoro di Montagnalonga, mentre tutta la valle costiera sottostante e la costa settentrionale risultavano chiaramente illuminate dall’alone delle luci degli insediamenti civili degli abitati della piana di Carini e da quelle dell’aeroporto di Punta Raisi.
Furono poi proprio questi particolari della ricostruzione della traiettoria seguita in questa fase intermedia dell’avvicinamento notturno “a vista”, effettuato d’iniziativa dell’equipaggio di condotta, che mi permisero nei mesi successivi di collaborare (a fini scientifici) alla richiesta di un ricercatore appartenente ad una Corporation scientifica statunitense che stava lavorando ad un contratto del Department of Transportation, sotto la sorveglianza della FAA. Progetto di ricerca le cui risultanze furono in seguito pubblicate e messe a disposizione dal National Technical Information Service del Governo federale con il titolo “Study of Optical Illusions during Visual Approaches” di G. C. Armstrong, il quale aveva a suo tempo richiesto alle Autorità dell’Aviazione Civile ed a tutte le Compagnie aeree mondiali di inviare informazioni su eventi di questo tipo, a titolo di ricerca, i cui risultati furono poi spediti a coloro che avevano collaborato, in un volume edito nel 1974, che è ancora in mio possesso.
Ma per quanto attiene la menzogna che la Commissione tecnico-formale abbia esaurito in pochissimi giorni ed affrettatamente i propri lavori, per rispetto alla memoria del Generale Francesco Lino, tengo a precisare che sotto la sua alacre e fattiva guida, la Commissione stessa ha lavorato alle diverse fasi dell’indagine (investigazione, raccolta delle prove, testimonianze, ricostruzione degli eventi e della traiettoria seguita dal volo AZ 112, stesura delle risultanze, analisi e conclusioni) dal 6 Maggio al 12 Settembre 1972, per circa 120 giorni complessivi, come la data di chiusura della stessa Relazione sta a dimostrare ancor oggi, assieme alla data dell’invio della traduzione in lingua inglese al servizio ADREP dell’ICAO, oltre all’inoltro al competente Ministero.
Anche l’equivoca affermazione fatta durante la trasmissione: «L’esame [autoptico] venne fatto solo sui corpi dei due piloti … omissis … solo perché la prima commissione d’inchiesta li aveva accusati d’esser loro, con la loro imperizia, … e perché ubriachi e drogati, ad essere responsabili della strage» non può essere sottaciuta.
Debbo e voglio precisare – pro veritate - che:-
- mancata osservanza del circuito di traffico aeroportuale;
- mancata osservanza da parte di entrambi i piloti dei compiti previsti dal Manuale d’Impiego per ciascuno di essi.
Devo ancora aggiungere che nei giorni seguenti al disastro, in base alle testimonianze attendibili e verificate raccolte durante la prima fase dell’investigazione, in particolare con l’intervento di un DC 8 dell’Alitalia al comando del Capopilota del settore DC 8, furono effettuati due voli prova riguardanti la ricostruzione della traiettoria del volo AZ 112 sulla base delle indicazioni che mi venivano fornite da una coppia di persone che, dalla terrazza della loro casa sita in Terrasini, avevano potuto seguire visivamente buona parte dell’arrivo del volo sopra Punta Raisi ed in seguito lo avevano rivisto ricomparire da Ovest Sud Ovest, fino a scomparire per qualche istante dietro Montagnalonga, poco prima dell’apparire della palla di fuoco che dal crinale si alzava verso il cielo e verso la vallata.
Personalmente, stando accanto a loro, comunicavo via radio al Comandante del volo di apportare delle correzioni rispetto ai passaggi concordati in precedenza e gli aggiustamenti per quelli successivi, fino a determinare ed a stabilire la traiettoria più prossima a quanto osservato dalla coppia di testimoni (oltre a quanto osservato da quelli che all’aeroporto attendevano parenti in arrivo su quel volo). Così, in base a queste testimonianze ed ai calcoli di velocità e di quota caratteristici d’un velivolo DC 8 in arrivo su di un aeroporto per un avvicinamento notturno a vista, pur effettuato nella sua parte finale in maniera ben diversa da quello che era il circuito standard di discesa nel circuito di traffico dell’aeroporto di Punta Raisi, la Commissione stabilì la traiettoria effettivamente effettuata dall’aeromobile, in mancanza dei dati del Registratore di volo a 5 parametri che era stato recuperato tra i rottami, ma che non funzionava per un’avaria risalente a sei giorni prima. <s style="text-line-through: double">
Tutta la traiettoria del velivolo dalla partenza da Fiumicino fino al sorvolo del CTR di P. Raisi e particolarmente quella parte che va dall’ora di sorvolo di Ustica fino all’ora di primo sorvolo di Punta Raisi, in base alle comunicazioni Radio registrate effettuate dall’equipaggio, fu ricostruita sulla base delle velocità caratteristiche, minime e massime, attuabili con un DC 8, per i venti presenti, con riferimento agli orari di sorvolo dei punti comunicati dall’equipaggio a Roma Controllo, a Palermo Avvicinamento e dalla registrazione dell’orario di primo sorvolo dell’aeromobile sopra la verticale dell’aeroporto, stante la nottata perfettamente limpida e senza nubi, fino all’istante dello schianto. Il tutto sulla base delle testimonianze visive di coloro che avevano potuto osservare il percorso delle luci di navigazione dell’aeromobile, sia da Terrasini e da Tappeto, che, in minima parte anche da Montelepre, oltre che da alcuni di coloro che attendevano l’arrivo del volo all’aeroporto.
Se del caso, mi riprometto di tentar d’ottenere anche altre testimonianze da parte di altri partecipanti alla Commissione d’inchiesta tecnico formale, ancora viventi. Per il momento … sufficit, ma forse ritornerò ancora più approfonditamente sull’argomento, che ha visto ben tre processi penali, che non sono stati in grado di provare una virgola diversa da quanto stabilito dalla Commissione d’inchiesta tecnica, pur in carenza di maggior precisione di dati che sarebbe potuta venire dal Registratore di dati di volo (FDR).
Qualora si voglia insistere a parlare dell’iter giudiziario, seguito alla vicenda, per buona memoria di tutti, riproduco quanto pubblicato sul “Manuale giuridico-amministrativo – Navigazione Aerea”, tratto dal testo del Dr. Giorgio De Stefani:-
"Sentenza del Tribunale di Catania del 22/5/1981:- Concludendo, tutte le ipotesi sopra esaminate, pur non esaurendo tutta la vasta gamma delle ipotesi possibili, hanno in comune un comportamento dei piloti che esclude in modo reciso l’ipotizzato nesso di causalità fra l’omissione addebitata agli odierni imputati e l’evento finale. … omissis …
Nella specie, la condotta di volo dei piloti, qualunque sia la spiegazione ad essa data, si impone quale causa unica ed esclusiva nella produzione dell’evento, relegando l’omissione degli imputati al rango di mera occasione del fatto. Le suesposte considerazioni comportano l’assoluzione degli imputati con formula ”per non aver commesso il fatto”».
Il testo si conclude con la seguente doverosa precisazione:- «la sentenza del Tribunale di Catania è stata confermata dalla Corte di Appello di Catania (sentenza del 13 giugno 1983) e dalla Corte di Cassazione - 5ª Sezione – (sentenza del 4 aprile 1984)».
E poi … “Chi l’ha visto”, i suoi autori e la sua conduttrice, forse … si persuaderanno a non toccare certi argomenti prima di essersi documentati appropriatamente.
Certo è che per cercar di riuscire a comprendere le oscure finalità degli ispiratori e di certi partecipanti alla trasmissione del 21 dicembre 2009, bisognerebbe avere un certo tipo di mentalità … come quella così ben descritta da Leonardo Sciascia nel suo breve romanzo “A ciascuno il suo”, ambientato nella Sicilia della seconda metà degli anni ‘ 60, che solo lui conosceva così bene a fondo … 13 gennaio 2010
Notizie e considerazioni del Com.te Renzo Dentesano
L’Agenzia investigativa francese BEA ha rilasciato il 18 Dicembre 2009 la seconda “Relazione intermedia” riguardo al disastro dell’Airbus A330-200 – volo AF 447 – del 1 Giugno scorso, così come contemplato dalle norme ICAO in materia di investigazioni di accidents/incidents dell’aviazione civile internazionale. Le ricerche, condotte all’epoca, non hanno permesso di localizzare il relitto dell’aeromobile, precipitato integro (secondo quanto sostengono gli Investigatori di quell’Agenzia) sulla superficie dell’Oceano Atlantico, sprofondando poi sul fondo intorno alla profondità di 6.000 m.
Nel comunicato emesso, l’Agenzia informa che sta lavorando alacremente con i rappresentanti di altre Agenzie investigative europee (Germania, Regno Unito, USA, Brasile e Russia) oltre che con l’Agenzia marittima del Governo francese, la marina degli Usa e con alcuni istituti oceanografici, meteorologici e matematici, nell’intento di varare un piano congiunto di ricerca sottomarina del relitto dell’aeromobile e delle sue “preziose” scatole arancioni che contengono i Registratori di bordo dell’A 330 perduto. La campagna di ricerca avrà inizio, nella zona individuata da questi studi in corso, al principio del prossimo mese di Febbraio.
Il piano di ricerca contempla l’utilizzo di mezzi sottomarini e di equipaggiamenti robotizzati in grado di operare appunto alle profondità oceaniche di 6.000 metri.
Per comprendere esattamente l’importanza del piano di ricerca volto a cercar di trovare gli indispensabili Registratori di bordo onde analizzare e tentare di individuare le cause del disastro per prevenire incidenti similari, bisogna tener presenti le seguenti due evidenze:-
1. L’esistenza di altri casi analoghi (ma più fortunati) di malfunzionamenti di certi impianti di bordo degli aeromobili A330 ed A340 avvenuti nei tempi precedenti quello del disastro (e pure dopo).
2. La consimile evidenza di “dati di velocità indicata/numero di Mach indicato incoerenti” [leggasi:- “dati invalidi o inesatti” – ndr] del sistema di misura di questo essenziale parametro di volo, ampiamente denunciata anche nei messaggi automatici inviati dall’aeromobile alla Manutenzione dell’Air France a Parigi pochi istanti prima della perdita del velivolo e la loro comparazione con gli altri 13 casi di discrepanze rimaste documentate nei Registratori di bordo di altri velivoli A330 ed A340, appartenenti però a 5 diverse Compagnie aeree che utilizzano questi due tipi di aeroplani.
Se il piano di ricerca avrà successo e riusciranno a localizzare il relitto principale, allora dopo aver visionato ed osservato lo stato del relitto, si cercherà per mezzo di equipaggiamenti robotizzati sottomarini, di recuperare fisicamente i Registratori di bordo (DFDR e CVR) con i loro dati di volo e le registrazioni delle comunicazioni. Questo ciò che la campagna di ricerca e recupero si propone.
Rivediamo i dati essenziali di questo caso, per ora poco chiaro a causa della mancanza di elementi definitivi:-
- L’aeromobile A330 – serie 200 – marche F-GZCP di Air France – volo 447 – era decollato nella tarda serata del 31 Maggio dall’aeroporto Galeâo di Rio de Janeiro con destinazione Parigi con 216 passeggeri e 12 membri d’equipaggio. La perdita di controllo dell’aeromobile è avvenuta nelle primissime ore del 1 Giugno, dopo circa 3 ore e 45 minuti dalla partenza, quando il volo si trovava sopra l’Oceano Atlantico, circa 435 miglia nautiche a NNE dell’isola brasiliana di Fernando de Noronha, diretto verso Dakar (Senegal).
- Non ci sono stati messaggi radio di emergenza o di pericolo originati dall’equipaggio di condotta, ma soltanto numerosi messaggi generati automaticamente dal velivolo, destinati alla Manutenzione dell’Air France a Parigi. L’ultimo contatto radio dei piloti dell’aeroplano con il Controllo del Traffico Aereo brasiliano era avvenuto circa 35 minuti prima del tempo presunto di perdita di controllo del velivolo, ricavato dall’ora di invio dell’ultimo messaggio automatico che appunto denunciava l’incoerenza dei dati originati dagli impianti di misurazione della velocità e di numero di Mach all’aria del velivolo, che influiscono su alcuni impianti quali l’autopilota e l’automanetta.
- Sono proprio questi dati che presentano notevoli similarità con gli altri casi che gli Investigatori stanno esaminando. Tuttavia gli Investigatori francesi insistono nel ritenere che i disturbi dei parametri di velocità siano soltanto uno degli elementi della catena di eventi che hanno portato alla perdita del velivolo. Come questo volo anche i voli esaminati si trovavano ad attraversare zone di masse d’aria instabili, associate a forti fenomeni convettivi (nubi cumuliformi imponenti), caratteristici della zona semipermanente di convergenza intertropicale, capaci di innescare quei dati definiti “incoerenti” nel sistema di rilevazione e gestione dei dati di velocità all’aria del velivolo, che vanno ad influenzare negativamente altri impianti del controllo automatico del volo, autopilota ed automanetta in primis.
- Così, mentre su altri velivoli della medesima casa costruttrice, l’europea “Airbus Industries”, tali “perturbazioni” dei dati essenziali hanno comportato malfunzionamenti di alcuni impianti tra cui lo sganciamento del mantenimento della quota di crociera, con conseguenze relativamente modeste, quali perdite improvvise di altitudine limitate ad un migliaio di piedi (+/- 300 m) ed in qualche caso il ferimento di qualche occupante che non si trovava allacciato al proprio posto, permettendo comunque ai loro piloti di rimanere entro i limiti dell’inviluppo di volo per il quale l’aeroplano è progettato, nel caso del volo AF 447, l’equipaggio di condotta non è stato in grado di mantenere il controllo del velivolo. Velivolo che è finito, dall’altitudine di crociera, ad impattare la superficie dell’Oceano, anche se (come sostengono gli Investigatori francesi), in assetto di volo quasi livellato, ma comunque ad altissima velocità, come i pochi relitti recuperati hanno dimostrato.
- Ad esempio, il 7 Ottobre 2008, un velivolo A330-300 dell’australiana Qantas, in volo da Singapore a Perth (Australia), ha avuto ben 30 passeggeri ed almeno 3 assistenti di volo rimasti feriti o seriamente contusi o con arti fratturati. I piloti di quel volo lanciarono per radio il messaggio di “Mayday” e quindi dirottarono sul più vicino aeroporto disponibile, quello di Learmonth, situato presso la città di Exmouth, sulla costa Nord-Occidentale del territorio del Western Australia, aeroporto con la pista adeguata per i velivoli widebody civili, in quanto sede d’una grossa base dell’Air Force australiana.
- Del volo AF 447, assieme a quei pochi relitti, nei giorni seguenti il disastro sono stati recuperati un totale di 50 corpi, mentre i rimanenti sono rimasti imprigionati nella carcassa del relitto. Da quanto recuperato è stato dedotto che l’aeromobile ha impattato violentemente la superficie dell’Oceano, ma a quel momento la carlinga sarebbe stata ancora pressurizzata (il che proverebbe che non si sarebbe spezzata in volo). Questo fatto ha poi permesso che, spiattellando sull’acqua, dagli squarci della fusoliera fossero eiettate certe sue parti interne ed alcuni corpi degli occupanti. Le maschere dell’ossigeno risulterebbero non fuoriuscite automaticamente, tutti i giubbotti salvagente erano dentro le loro custodie e non sarebbero stati utilizzati, gli ipersostentatori alari che risulterebbero retratti per il volo in crociera e non estesi, come sarebbe avvenuto se i piloti avessero potuto tentare un ammaraggio.
- Dei 50 corpi recuperati in mare assieme ai relitti dell’aereo, di cui ricorderemo lo strano ripescaggio dell’intero impennaggio verticale divelto alla base (deriva e timone di direzione dell’aeroplano) galleggiante sull’Oceano, ben 43 evidenziano fratture multiple della colonna vertebrale, delle zone pelviche e toraciche, segni che lasciano intendere che le vittime erano ai propri posti con le cinture allacciate e che l’aeroplano ha impattato ad alta velocità la superficie dell’Oceano, strusciando sul ventre, in presenza d’una violenta componente di forze d’urto dal basso verso l’alto.
Che dire di più ? Vedremo i risultati … a Marzo o più tardi ! 7 gennaio 2010
Considerazioni del Com.te Renzo Dentesano
Il 25 Novembre, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sul sistema aeroportuale italiano, voluto su iniziativa dalla IXª Commissione parlamentare della Camera, sono stati ricevuti il Presidente dell’ENAC ed il project manager di ONE WORKS SpA, i quali hanno consegnato e riferito in merito ad una “prima parte dello studio” commissionato da ENAC stessa ad un Consorzio formato dalla citata Società, da KPMG e da Nomisma, quale anteprima del lavoro ancora in atto e che è stato promesso sarà terminato e consegnato “entro i primi mesi del 2010.
La prima informazione, che lascia attoniti, è constatare che la burocrazia dell’apparato statale e regionale riguardante la pregressa pianificazione dello sviluppo degli aeroporti già esistenti in Italia, all’esame di questi ricercatori è risultata talmente “complessa e lunga” che l’iter per l’approvazione dei piani di sviluppo aeroportuale dura in media dai 5 ai 6 anni tra “approvazione tecnica” da parte dell’ENAC, “valutazione d’impatto ambientale” da parte del Ministero dell’Ambiente, “approvazioni complete di conferenza dei servizi con altri dicasteri ed Enti di Stato (Strade, Ferrovie, ecc.)”, da parte del Ministero delle Infrastrutture ed “approvazione finale” del Ministero dei Trasporti. E riteniamo, forse, di aver dimenticato di citare CIPE e Tesoro, quanto meno, oltre che ciascuna delle Regioni interessate.
Questo primo riscontro ci porta a chiederci:
1. Ma se ci sono tali e tante “competenze tecniche” di verifica, di valutazione ambientale ed infrastrutturali ed infine economico-finanziarie tra i Ministeri della compagine governativa ed eventualmente con il concorso degli Enti tecnici e specialistici oltre che dello Stato, anche delle Regioni, allora che bisogno c’era che il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti congiuntamente all’ENAC autorizzasse quest’ultima a stanziare l’imponente cifra concessa al Consorzio di ditte per condurre lo studio sul “sistema” aeroportuale necessario al futuro progresso civile del trasporto aerei in Italia? Quelle stesse competenze (alle quali si sarebbero potute unire quelle di qualche dipartimento universitario di alcuni atenei italiani specializzati in docenze dell’ingegneria dei trasporti, infrastrutturali, economiche, ambientali e finanziarie) avrebbero potuto e dovuto saper formare l’apposito consorzio per effettuare lo studio necessario, certamente per una cifra inferiore.
2. In attesa del necessario piano per lo sviluppo della rete aeroportuale nazionale, che bisogno c’è per l’ENAC d’esser autorizzata ad acquisire (e per il Ministero dei Trasporti di approvare l’acquisizione) certi aeroporti che vengono dismessi dall’Aeronautica Militare e che si trovano collocati a brevissima distanza in linea d’aria da aeroporti civili già esistenti e che ne compromettono la relativa operatività dello spazio aereo? Oppure con nocumento, quanto meno economico, dello stesso bacino di traffico ?
Esempi per tutti:- Rimini in concorrenza con Forlì e Bologna, ma anche Treviso con Venezia ed in futuro Grosseto (militare, ma aperto ai civili) con Siena e poi civili con civili: Reggio C. e Crotone con S. Eufemia Lamezia, ecc. ecc.).
3. All’interno del Consorzio prescelto, chi è che ha verificato la compatibilità dello spazio aereo disponibile (che non è illimitato in un Paese montagnoso come l’Italia) per ciascun aeroporto o “sistema aeroportuale” da sviluppare, rispetto alle esigenze del Controllo del Traffico Aereo e nel confronto con le esigenze militari, anche in vista dell’introduzione nello spazio aereo comune di “mezzi aerei senza pilota a bordo”, quali gli UAV/UAS, inizialmente militari, ma poi anche civili (servizi e forse cargo) che proprio sugli aeroporti hanno delle esigenze completamente diverse dagli aerei di linea, un po’ come le scuole di volo ? Ad esempio, perché manca l’ENAV nel consorzio ? Già, mi obietteranno, ma ci pensa l’ENAC a dare gli indirizzi necessari per lo spazio aereo, con il personale prestatole appunto dall’ENAV !
Se poi vogliamo addentrarci, anche se di poco, nell’esame del testo presentato al Parlamento, per quanto attiene i “piani di sviluppo aeroportuale” negli ultimi anni, soltanto 7 piani risultano aver completato l’iter operativo. Di questi, i più vecchi risalenti agli anni ’80 (Fiumicino e Genova) e Milano-Malpensa del ’93 sono giunti in porto, mentre altri 4 sono stati approvati fra il 2003 e il 2005, mentre per altri 17 piani l’iter non s’è ancora concluso !
Invece dall’analisi degli accordi di programma-quadro stipulati dalle Regioni nell’ultimo decennio relativamente alle “infrastrutture aeroportuali”, alla fine del 2006 nelle 6 Regioni (Piemonte, Val d’Aosta, Lombardia, Umbria, Puglia e Sicilia) lo stato di avanzamento degli accordi (!) per realizzare le opere era appena del 31%, mentre altre tre autorità regionali non avevano raggiunto nemmeno il 30% del totale degli accordi necessari a distanza di ben 3 anni dalla stipula del primo.
Al di là di questi dati statistico-burocratici piuttosto deprimenti, che la dicono lunga sul funzionamento del nostro apparato burocratico, di questa presentazione dello studio consortile, segnalo le seguenti considerazioni:-
A causa dei mancati adeguamenti degli ultimi decenni, spesso caratterizzati da totale carenza di investimenti adeguati (secondo lo studio), il “sistema” aeroportuale viene definito come “sostanzialmente esausto”, però lo studio stesso continua a considerarlo “sistema”, quando “sistema” non è, a mio modesto parere.
In conclusione, il documento per ora consegnato come anticipazione al Parlamento tramite la Commissione che ha aperto l’iter conoscitivo, sostiene che alla luce delle evidenze generali già emerse sono indispensabili interventi normativi urgenti per l’adeguamento della rete aeroportuale nazionale per rimanere in futuro al passo con le esigenze di mobilità del trasporto aereo internazionale e nazionale.
Ed intanto, la finanziaria di quest’anno (finanziaria da tempi di crisi), fila via così …
Poi, in futuro, dopo che sarà stata pagata la salata parcella per il lavoro consortile commissionato, vedremo quanto resterà per gli aeroporti, dopo gli interventi della burocrazia … 1 gennaio 2010
Resoconto e considerazioni del Com.te Renzo Dentesano
Sull’incredibile evento “di distrazione” dell’equipaggio di condotta dell’A 320 di NW Airlines del 21 Ottobre scorso, un silenzio radio durato un’ora e 17 minuti, l’NTSB il 16 Dicembre ha rilasciato un comunicato nel quale si rileva che ben tre distinti periodi di dati memorizzati sul Registratore CVR di bordo, comprese quindi anche le comunicazioni terra/bordo/terra con Minneapolis, sono stati illegalmente cancellati.
Ciò è avvenuto allorché dopo l’arrivo dell’aeromobile al parcheggio e lo spegnimento dei motori e dell’alimentazione elettrica generale, quest’ultima è stata reinserita per ben tre volte, alle ora 21.54, alle 23.05 ed alle 02.03, causando la nuova registrazione del CVR con conseguente cancellazione di parte dei primi 30 minuti di registrazione delle voci in cabina di pilotaggio, che devono rimanere memorizzate sul nastro. Questo fatto è potuto avvenire perché né i due piloti coinvolti, né i tecnici dello scalo con a capo l’assistente al Capo Pilota della Compagnia, giunto sul posto per assistere agli interrogatori dei piloti da parte del locale FBI, degli Sky Marshals e dell’Agenzia di Polizia dei trasporti, hanno provveduto, come avrebbero dovuto, a disattivare l’interruttore elettrico a ripristino automatico che alimenta di corrente elettrica l’apparato di registrazione dei suoni (e quindi di cancellazione automatica progressiva di quanto memorizzato). In ciascuna occasione il CVR ha lavorato per circa 5 minuti, provocando così la cancellazione di oltre la metà della registrazione, che serve appunto in caso d’incidente o di irregolarità. Pertanto gli ultimi 13 minuti rimasti memorizzati hanno inizio quando l’aeromobile in fase di avvicinamento era sceso sotto i 1.000 piedi" = 300 metri di altitudine e le comunicazioni riguardavano le normali operazioni di atterraggio.
È stato inoltre accertato che sono risultati mancanti tutti i documenti cartacei scritti di quel volo, compreso il “piano di volo”, che i piloti avevano dichiarato di aver consegnato all’assistente al Capo Pilota, quando costui era potuto salire a bordo, prima delle varie forze di Polizia intervenute. Quest’ultimo invece ha dichiarato di non aver ricevuto nulla dai piloti ed anzi ha precisato che, con sua grande sorpresa, gli stessi piloti avevano pressoché ultimato le loro incombenze post-volo, avendo perfino chiuso le borse di Compagnia con i documenti di navigazione.
In precedenza all’inizio della manovra di avvicinamento è risultato che il Primo Ufficiale aveva provveduto a cancellare dal display gli otto distinti messaggi inviati loro in data-link durante il volo dagli addetti alle operazioni (flight dispatchers) della Compagnia. Costui si è giustificato affermando di averlo fatto “inavvertitamente”. Comunque i messaggi in questione sono stati recuperati presso il “service provider” di questo servizio (ARINC).
Insomma … un po’ troppe “distrazioni” ed “inavvertenze” per un equipaggio di condotta di professionisti !
I due piloti hanno perso il posto di lavoro in Compagnia e sono stati privati della loro licenza professionale dalla FAA. Così altri piloti staranno più attenti … a non concedersi distrazioni durante il volo. 27 dicembre 2009
L’incidente di Jamaica e le considerazioni del Com.te Renzo Dentesano
L’incidente di Jamaica e le considerazioni del Com.te Renzo Dentesano
Nella tarda serata del 23 Dicembre un Boeing B. 737- serie 800 dell’American Airlines partito da Miami (FL) con 148 passeggeri e sei membri d’equipaggio a bordo ha tentato un atterraggio notturno sull’unica pista dell’aeroporto della capitale Kingston (Jamaica), denominata 12/30 dall’orientamento del suo asse, mentre stavano imperversando rovesci di pioggia dalle nubi temporalesche di una intensa perturbazione sub-tropicale, collegata con l’ondata di gelo che ha colpito contemporaneamente la costa orientale degli Stati Uniti.
Il volo AA 331 ha tentato l’atterraggio su questa pista di lunghezza marginale di 2.716 metri per le esistenti condizioni meteorologiche e per la presenza di vento in coda sull’unica testata (12) della pista dotata dell’assistenza di guida elettronica all’atterraggio strumentale ILS.
La corsa d’atterraggio è così terminata ben oltre la fine della pista e perfino oltre il perimetro del sedime aeroportuale contro una massicciata che, oltretutto separa la lingua di terra sulla quale sorge la pista dalle acque dei Carabi.
Così la fusoliera, con il muso fracassato fino all’inizio del posto di pilotaggio, si è fratturata ubito davanti al bordo d’entrata alare, mentre il carrello è stato divelto ed il reattore di destro, venuto a contatto con il terreno e la massicciata è stato divelto dal suo attacco alare, mentre quello destro è rimasto pure seriamente danneggiato. Dei circa quaranta passeggeri rimasti feriti o contusi, soltanto due hanno richiesto il ricovero ospedaliero in osservazione.
Insomma, … è andata ancora bene !
La morale:- Non si tenta un atterraggio notturno con il vento in coda su di una pista di lunghezza marginale ed in presenza di violente precipitazioni temporalesche come quelle sub-tropicali della Jamaica, impunemente ! 26 dicembre 2009
Considerazioni del Com.te Renzo Dentesano sul Regolamento CE n. 216/2008 per quanto riguarda gli a/p.ti, la “gestione” del t. a. e i servizi di n. a. e abroga la Direttiva 2006/23/CE
Esaminando velocemente e soltanto superficialmente la parte del testo riguardante le modifiche al precedente già penoso Regolamento che intende sostituire, fin da pag. L 309/53 e 54 non si possono passare, ma anzi si rilevano subito, le seguenti immancabili “cavolate” (per usare un termine gentile) della traduzione in italiano del testo comunitario:-
- L’Art. 1 recita:- Il Regolamento 216/08 è così modificato: Art. 1 – AMBITO DI APPLICAZIONE. L’Art. 1 è sostituito dal seguente:- § 1):- Il presente Regolamento si applica:- comma 1) omissis; comma 2) omissis; comma 3)omissis; § 2):- L’Art. 3 è così modificato:- Comma a) omissis; comma b) omissis; comma c):- La lettera h) è sostituita dalla seguente [testo errato ed inaccettabile –ndr]:- «h) “operatore”, qualsiasi persona fisica o giuridica che gestisca o intenda gestire uno o più aeromobili o aeroporti».
Osservo:-
1. – In lingua italiana e nel Codice della Navigazione – Parte I – per quanto riguarda gli “aeromobili” sono previste le figure degli “Esercenti di aeromobili”, mentre per quanto attiene gli “aeroporti la Parte III del Codice riformato prevede i “Gestori aeroportuali” e NON usano il termine “operatori” se non nel contestato e malaugurato caso uscito con la riforma 2005-2006 (per ignoranza ed indolenza dei rappresentanti dell’ENAC in seno alla Commissione di revisione del Codice), che hanno sostenuto il termine che istituiva il “Certificato di Operatore Aereo” (copiato dall’inglese) anziché quello di “Esercente Aereo”, accanto a quello altrettanto errato del “Certificato di Operatore di Lavoro Aereo” anziché quello di “Certificato d’esercenza di Lavoro Aereo”.
2. – Le osservazioni precedenti trovano riscontro anche sulla base del testo regolamentare del successivo comma p), che individua nel «Servizio di gestione del piazzale» [quello] “fornito per gestire le attività ed il movimento di aeromobili e veicoli su un piazzale”.
3. – Infine si deve far notare che al § 6, comma a) (che sostituisce il § 1) sancisce che «l) L’esercizio degli aeromobili [e NON le “operazioni” o gli “operatori” ! – ndr] … deve soddisfare … omissis» ed al successivo § 4 è scritto «I Gestori degli aeroporti … omissis».
E tanto basti ! Per ora ! Ma almeno … un po’ di coerenza, almeno nello stesso testo ci sarebbe da attendersi da chi (profumatamente pagato) ci rappresenta nelle sedi comunitarie e comunque internazionali ! 21 dicembre 2009
Considerazioni del Com.te Renzo Dentesano
Il 27 Novembre la Federal Aviation Administration – FAA – ha rilasciato le trascrizioni delle comunicazioni radio intercorse tra il Controllo del Traffico Aereo della FAA ed il volo Northwest 188 nella serata del 21 Ottobre scorso, quando i piloti dell’Airbus A320 hanno mancato per ben 1 ora e 17 minuti di rispondere alle chiamate radio ed hanno finito per oltrepassare l’aeroporto S. Louis di Minneapolis (MS), che era la loro destinazione finale.
Hanno sorvolato regolarmente, provenendo da S. Diego (CA), i settori di pertinenza del Centro Radar di Controllo di Denver (CO) ed hanno confermato il cambio sulla nuova frequenza radio 132,17 MHz alle ore 17.56 MST – (orario standard della Regione delle Montagne rocciose). Da allora i successivi settori Radar di Denver hanno tentato invano (per oltre 20 minuti) di comunicare con il volo NW 188. Alla fine del tempo di sorvolo del proprio settore, l’ultimo Controllore di Denver ha chiamato il Centro di Controllo di Minneapolis per conoscere se quel volo fosse passato di propria iniziativa sulle loro frequenze, ricevendo però risposta negativa. Così, dopo aver sorvolato il Nebraska, ma sempre in silenzio radio, il volo NW 188 fu chiamato e cercato via radio anche da altri voli della stessa Compagnia, sempre senza alcun risultato. Solo allorquando un aeroplano lo ha cercato sulla frequenza di guardia, il contatto radio con i piloti dell’A320 fu ristabilito e subito dopo (alla fine d’un silenzio durato oltre 1 ora) costoro si sono fatti vivi sulla frequenza assegnata con il Controllo di Minneapolis (Minnesota), dichiarando che il loro silenzio era dovuto a mera “distrazione”, che non avevano sentito alcuna delle chiamate da terra e che, trovandosi già a sorvolare Eau Claire nel Wisconsin (ovvero circa 150 km a N/E dell’aeroporto di destinazione) facevano richiesta d’esser autorizzati a tornare indietro.
La risposta del Controllore (sulla base anche delle norme di security nazionale) fu quella di chiedere subito se ci fossero state intrusioni di estranei in cabina di pilotaggio ed i piloti confermarono di no. Precisarono di essersi “distratti” e di non aver sentito alcuna chiamata radio dai vari settori di Controllo, quindi il controllore provvide a passare le comunicazioni al collega del settore arrivi di Minneapolis. Quest’ultimo, dopo aver richiesto e verificato l’autonomia residua dichiarata dai due piloti, emise l’autorizzazione a dirigere verso l’aeroporto di S. Louis, non prima però di aver domandato ai due piloti se avessero il tempo di fornire una “breve spiegazione” su quanto era accaduto. Il comandante rispose:- solo distrazione, è tutto ciò che posso dire.
Subito dopo, il Controllore pressato dalle richieste del FBI e della Polizia aeroportuale di S. Louis, domandò ancora ufficialmente:- Northwest 188 v’è qualcosa che possiate chiarire in merito alla vostra distrazione ?
La risposta del comandante è stata la seguente:- Stavamo trattando alcuni problemi di Compagnia e questo è tutto ciò che posso dirvi in questo momento.
La sospensione dal servizio dei due piloti da parte della Compagnia è arrivata subito dopo l’atterraggio ed alla fine degli interrogatori effettuati immediatamente da FBI e Polizia locale. Due giorni dopo i piloti sono stati intervistati separatamente da parte degli Investigatori del NTSB, anche alla presenza di Ispettori della FAA.
Pochi giorni dopo l’Amministratore della FAA ha emesso l’ordinanza di revoca della licenza professionale di entrambi i piloti, i quali però, difesi dal proprio sindacato di categoria, hanno contestato la decisione, sulla base dell’accordo di immunità spettante a coloro che prima d’una indagine abbiano denunciato spontaneamente (ed anche anonimamente) il loro coinvolgimento in qualsiasi evento riguardante la sicurezza del volo, purché questo non configuri un crimine federale.
Ora, se è vero che i due piloti hanno comunicato in frequenza la loro “distrazione”, che è stata alla base dell’evento di allarme anche per il dispositivo di security nazionale in tema di dirottamenti aerei e relativi pericoli di attentati, è altrettanto vero che essi avevano coscientemente violato precise disposizioni federali e di Compagnia (approvate dalla FAA) in merito al comportamento da tenere a bordo durante il servizio e per aver utilizzato computers portatili per usi personali mentre erano in volo ai comandi di un aeromobile in servizio di pubblico trasporto. 18 dicembre 2009
Notizie e commenti del Com.te Renzo Dentesano
Sul sito web australiano AirSafe.com il 6 Novembre è comparsa la seguente notizia che, opportunamente tradotta in lingua italiana, di seguito riferiamo:-
- «Lo schianto [nell’Oceano Atlantico – ndr] del velivolo Airbus A. 330 dell’Air France, avvenuto il 1 Giugno 2009, è ancora sotto procedimento investigativo [anche se senza alcun recupero significativo di indispensabili evidenze quali i registratori di bordo – ndr] ed ecco che un recente incidente di volo che coinvolge lo stesso tipo di aeroplano può far luce su quel disastro.
Secondo un articolo del giornale Herald Sun, ai primi albori del giorno 29 Ottobre i piloti dell’Airbus A. 330-200, volo JQ 12 della Compagnia Jetstar hanno denunciato che molti dei loro strumento digitali su schermi catodici della cabina di pilotaggio [da cui il soprannome di “glass cockpit” ndr] si sono oscurati per circa 6 secondi mentre l’aeroplano attraversava una perturbazione temporalesca a metà strada tra il Giappone e l’Australia [sull’Oceano Pacifico – ndr].
Durante quei 6 secondi dello spegnimento degli strumenti sugli schermi, l’autopilota (A/P) ha preso a funzionar male e dei dati fluttuanti sono comparsi su uno dei tre indicatori di velocità del jet. Dopo di che le indicazioni degli strumenti sono tornate normali e l’aeromobile ha proseguito verso la sua destinazione, atterrando circa 5 ore dopo, senza ulteriori problemi.
L’Ufficio per la sicurezza dei Trasporti australiano – ATSB – e l’Autorità di sicurezza dell’Aviazione Civile – AACA – hanno aperto una investigazione su questo incidente e stanno esaminando qualsiasi similarità di questo evento con quelle che hanno indotto lo schianto del volo Air France 447».
Il 7 Novembre, il Dr. Todd Curtis di Air Safe ha scritto:- «L’ATSB sta attualmente investigando questo incidente e non ha ancora rilasciato una relazione in merito».
Fin qui la notizia mediatica proveniente dall’Australia.
Nonostante la riconosciuta serietà del sito, lo scrivente ha voluto attendere per avere una conferma ufficiale della notizia dell’evento, conferma che è comparsa soltanto il 13 Novembre, con la comparsa sul sito del ATSB del seguente «Status of investigation:-
- Aviation SafetyInvestigation Report – Active – number AO-2009-065 – Occurrence: 28 October 2009 – Time 15.37/UTC – Serious Incident of Airbus A. 330-202 – VT-EBA – inflight <metricconverter productid="1.145 Km" w:st="on">1.145 Km</metricconverter>. South of Guam Island from Narita (Tokio) to the Australian Golden Coast:- ABSTRACT:- [tradotto] Durante il volo in crociera, l’equipaggio di condotta ha ricevuto una serie di messaggi d’avvertimento dall’ECAM – Electronic Caution Alert Module – e l’autopilota (A/P) si è staccato. I messaggi comprendevano un avviso di NAV ADR DISAGREE ed un altro annuncio che i computers preposti al controllo del volo (Flight Management Computer System) avevano cambiato status di funzionamento da “norma di controllo regolare” a “norma di funzionamento alternata”.
L’investigazione continua. Una relazione non è stata ancora rilasciata in merito a questa investigazione».
Per cercar di comprendere questo caso e le somiglianza con quanto si ritiene [in base ai radio-messaggi automatici trasmessi dall’aeroplano alla base di armamento – ndr] sia accaduto al volo Air France 447 (di cui daremo di seguito un sommario dell’evento) del 1 Giugno, è d’uopo conoscere quanto segue:-
- Alcuni degli strumenti di volo della cabina di pilotaggio degli aeromobili costruiti da Airbus Industries ed in particolare gli indicatori di velocità (IAS/Mach Indicators), come in tutti gli aeroplani, ed il Primary Flight Display (PDF) ed il Navigational Display (ND), sul cruscotto davanti a ciascun pilota, ricevono i dati necessari al loro funzionamento dalle sonde (statiche e dinamiche) del sistema di Pitot, le quali, tramite dei sottocomputers elaborano i dati attraverso ciascun ADR (Air Data Reference). Quest’ultimo, in caso di avaria o malfunzionamento di una delle sonde principali che causino la perdita delle informazioni di velocità e di altitudine, viene commutato sull’ADR 3 (di riserva), il quale, a sua volta è alimentato da un separato ADIRU 3 – Air Data Inertial Reference Unit – il quale, facendo parte dell’ADIRS (sistema di ADIRUs, per quanto attiene le informazioni inerziali di navigazione) è indispensabile per ristabilire le informazioni agli schermi degli strumento dei piloti e per alimentarne anche i dati di assetto necessari al funzionamento dell’autopilota e del FMS – Flight Management System – di bordo.
Questo, in parole povere, quanto il malfunzionamento dei tubi di Pitot in particolare possono influire sui delicati sistemi digitali delle informazioni agli strumenti (virtuali) dei piloti e sul corretto funzionamento dei computers di guida dell’aeroplano e degli strumenti delegati a fornire l’assetto di volo ai piloti e quindi di tutta la condotta di volo dell’aeroplano.
Ecco quindi evidenziate molte delle similitudini degli avvertimenti ai piloti del volo Jetstar con i messaggi automatici generati dai malfunzionamenti avvenuti in volo sul velivolo A. 330 dell’Air France ed inviati sempre automaticamente alla propria base di manutenzione a Parigi. Di conseguenza e reciprocamente si fanno evidenti le similarità con il volo A. F. 447, di cui diamo di seguito il seguente sommario riepilogativo, dopo averne trattato abbondantemente, ma non definitivamente (come purtroppo dobbiamo fare ancora), nell’articolo su Aerohabitat intitolato «AF 447, l’analisi del Com.te … “Cherchéz le timon et les sondes”» e pubblicato il 25 Giugno. Notizi
Anche il volo Air France 447 si è trovato ad attraversare in crociera una zona interessata dalla perturbazione atmosferica permanente intertropicale, con nubi temporalesche che hanno evidentemente provocato disturbi (ghiaccio o acqua sopraffusa ?) ai tubi di Pitot montati su questo tipo di aeroplano, già sotto accusa per altri simili avvenimenti accaduti in volo e risoltisi felicemente soltanto per la bravura degli equipaggi di condotta.
La perdita dell’Airbus A.330-203, marche F-GZCP dell’Air France con 216 passeggeri più 12 membri d’equipaggio a bordo, in volo da Rio de Janeiro a Parigi e di cui si sono perduti tutti i collegamenti radio sia automatici che con i piloti, è avvenuto in una posizione di poco successiva al sorvolo del punto di riporto di ORATO e prima di TASIL, sulla rotta atlantica UN 873 tra Natal (brasile) e Dakar (Senegal), alle ore 01.35’15” del 1 Giugno, mentre volava al livello di crociera pari a <metricconverter productid="35.000 piedi" w:st="on">35.000 piedi</metricconverter> (<metricconverter productid="10.700 metri" w:st="on">10.700 metri</metricconverter>).
Le ricerche, iniziate qualche ora dopo da parte di aerei e di navi brasiliane ai quali si sono aggiunte successivamente mezzi nautici francesi ed statunitensi, non hanno sortito alcun risultato immediato fino al 6 Giugno, data dalla quale e fino al 18 Giugno sono stati recuperati qualche decina di corpi senza vita ritornati a galla ed alcuni pezzi dell’aeroplano, i più significativi dei quali sono consistiti soltanto nell’intero impennaggio verticale di coda e in un paio di componenti interne dell’arredo della cabina dell’aeromobile, che però hanno offerto soltanto ben scarse indicazioni, secondo gli investigatori francesi del BEA – “Bureu d’enquète et d’Analyses pour la sécurité de l’aviation civile”.
Costoro ancora affermano che l’aeromobile sarebbe piombato “integro” a gran velocità contro la superficie del mare. Personalmente non sono portato a condividere questa ipotetica sommaria ricostruzione, come ho avuto modo di affermare nelle pagine del sito che mi ospita, sulla base di precedenti disastri di questo tipo di aeroplano, avvenuti però a bassissima quota ed a velocità molto contenuta.
Gli altri casi più recenti di malfunzionamento delle sonde anemometriche si sono risolti fortunatamente senza gravi conseguenze e pertanto è mancata finora qualsiasi possibile estrapolazione delle prevedibili conseguenze.
Dunque, questo del volo Jetstar del 28 Ottobre potrebbe veramente, per proiezione ed estrapolazione analitica dei dati disponibili, aprire nuovi spiragli di comprensione di quanto possa esser successo al volo Air France 447, perdurando l’incapacità di localizzarne il relitto e di poterne eventualmente recuperare i registratori di bordo. Operazione resa ormai veramente ardua per il fatto che il localizzatore sonoro del Crash recorder del velivolo francese è ormai muto dalla fine di Giugno e prima non è stato mai rilevato dagli apparati sonar dei battelli di superficie e sottomarini che lo cercavano di captare. 12 dicembre 2009
del Com.te Renzo Dentesano, membro del Comitato scientifico di STASA
Gent.mo On. Tajani,
mi rivolgo a Lei come la persona più adatta, per la Sua provenienza dai ranghi dell’Arma Azzurra, a comprendere il tipo di problematica che vado a sottoporLe.
Le presento le considerazioni tecniche che seguono, in merito alla proposta di nuovo Regolamento CE, definita “COM (2009) 611 final”, pubblicata a Brussels il 29 Ottobre 2009, nella speranza che Ella voglia raccogliere e presentare nelle sedi opportune e qualificate almeno qualcuna delle osservazioni da me avanzate sulla base della mia esperienza professionale.
Sono un ex pilota dell’Aeronautica Militare, ex Com.te Alitalia dove ho svolto la funzione di Direttore della Sicurezza Volo, specializzato in investigazione incidenti aeronautici acquisita oltre trent’anni or sono presso la “National Aircraft Accident Investigation School” del N.T.S.B. degli USA. Specializzazione sempre praticata in seguito, sia in campo investigativo che in sede di studio degli eventi del passato e del presente. Eventi che continuo ad esaminare ed a commentare sia su giornali e riviste specializzate che su siti web dedicati alle problematiche del mondo dell’Aviazione Civile. Sono membro del Comitato Tecnico Scientifico di S.T.A.S.A. presieduto dal Presidente Dr. Bruno Barra.
Questi sono i miei commenti e suggerimenti su alcuni artt. del proposto regolamento:
L’Art. 2 cataloga le “Definizioni terminologiche” e confido per amor di logicità linguistica e tecnica che alcuni definizioni, in particolare i termini accidents e incidents,, vengano tradotti con maggior proprietà di termini nella traduzione in lingua italiana che ne verrà fatta, non importa se a Brussells o a Roma.
- Nota:-I termini accident e incident sono stati impropriamente tradotti in italiano nel Decreto Legislativo n. 66/1999 rispettivamente con i termini “incidente” ed “inconveniente”. Entrambi non indicano con esattezza il significato dei corrispondenti vocaboli usati nella stesura del testo originale in lingua inglese della Direttiva 94/56, che intendeva quello che nella nostra lingua viene definito rispettivamente “disastro” o “”sinistro” (es.:- “disastro aereo” e “sinistro stradale”) ed “incidente”, cioè un evento inatteso, ma non mortale che accade durante una qualsiasi attività e che ne interrompe il regolare svolgimento. Ma un “inconveniente” è solo e soltanto un fatto spiacevole, motivo di disturbo o di limitazione, che niente ha a che fare con il termine italiano di “incidente”. Insomma un inconveniente si verifica se, mentre io sono al bar sorbendo un caffé, mi macchio vistosamente la cravatta proprio quando sono atteso ad una importante cerimonia o riunione.
L’Art 12 è importantissimo in quanto definisce inequivocabilmente lo status, le prerogative ed i compiti dell’Investigatore incaricato dall’Autorità investigativa.
Nota:- A mio parere le prerogative e le facoltà assegnate agli “esperti” ed ai “consulenti” dell’Investigatore incaricato, così come sono qui dettagliate, sono foriere di possibili fraintendimenti e perciò debbono essere ridefinite. Inoltre, anche il comma 1 riguardante lo status dell’Investigatore incaricato si presta a dubbi ed interpretazioni laddove inserisce l’inciso «… and notwithstanding any judicial inquiry, the Investigator–in-charge shall …». Infine, al comma 2, lettera g), andrebbe aggiunto qualcosa come « … provision of air navigation services or aerodrome operation and search and rescue organization involved in the operation».
L’Art. 13 stabilisce che « Per assicurare un appropriato coordinamento delle indagini sulle cause degli accidents e incidents in aviazione, le autorità dell’investigazione tecnica devono trovare collaborazione con altre autorità, in particolare attraverso un coordinamento con quelle giudiziarie, quelle dell’aviazione civile, quelle delle operazioni di ricerca e soccorso ed altre, passibili di essere coinvolte nell’investigazione»
Nota:- Omette di citare quelle sanitarie e di pronto soccorso, le unità speciali di pronto intervento armato antiterrorismo e di lotta agli inquinamenti di tutti i tipi (in particolare quelle capaci di rendere inerti le fibre di carbonio negli incidenti che coinvolgano gli aeroplani che usano tali componenti nelle loro strutture). In conclusione, il previsto coordinamento non deve in alcun modo ritardare l’intervento e l’opera dell’Investigatore incaricato, il quale deve poter intervenire subito dopo le operazioni di soccorso e salvataggio.
L’Art. 15 si dilunga nell’opportuna precisazione della protezione da assicurare a tutte le evidenze dell’evento.
Nota:- Nel penultimo capoverso di questo articolo è contemplata un’eccezione che andrebbe ben ponderata nel significato pratico per le sue potenziali implicazioni, in quanto completamente a discrezione dell’autorità giudiziaria inquirente di primo grado (P. M.). L’ipotizzata eccezione di poter rendere pubbliche registrazioni o trascrizioni delle comunicazioni ed eventuali segnalazioni riservate, non dovrebbe esser lasciata, almeno fino a conclusione dell’investigazione tecnica, alla discrezionalità della competente Autorità Giudiziaria di primo grado, ma la necessità d’una tale deroga al nuovo Regolamento dovrebbe esser approvata solo da un “giudice” terzo.
L’Art. 16 tratta dell’uso delle registrazioni, ma non fa la dovuta distinzione con la riproduzione delle registrazioni (depurate di nomi e cognomi) nel testo della Relazione d’inchiesta, che altrimenti potrebbe diventare incomprensibile ai fini della prevenzione. Tanto è vero che il successivo Art. 17 dichiara molto confusamente che la riproduzione delle registrazioni trattate dagli artt. 15 e 16 potrà essere pubblicata nella Relazione solo se depurata (a discrezione di chi non è detto) delle informazioni «..non rilevanti per l’analisi..».
L’Art. 18 ribadisce il divieto di divulgare informazioni sull’evento da parte del personale dell’autorità investigativa, degli esperti e consulenti partecipanti all’investigazione
Nota:- Pratica purtroppo consueta, in Italia, sia per il potere giudiziario sia per i cancellieri dei tribunali, avvocati e consulenti.
L’Art. 19 stabilisce al suo comma 5) che «L’autorità investigativa di sicurezza debba render pubblico il rapporto finale nel più breve tempo possibile e, se possibile, al massimo entro dodici mesi dalla data dell’accadimento». Inoltre, al comma 6), è stabilito che qualora ciò non fosse realizzabile, l’Autorità investigativa dovrebbe emettere un interim report almeno ad ogni anniversario dell’incidente, spiegando il procedere dell’investigazione e qualsiasi altro problema incontrato.
Nota:- Prescrizione indispensabile.
L’Art. 20 tratta delle raccomandazioni di sicurezza.
Nota:- Questo articolo, al comma 3) mette un ostacolo discutibile nello stabilire che qualsiasi raccomandazione di sicurezza non debba in nessun modo produrre il più pallido sospetto di attribuire colpe o responsabilità (accertate) di un evento a qualcuno che sia coinvolto, per cui non si potrebbe più scrivere che cosa una persona al suo posto di lavoro non avrebbe dovuto fare o che non avrebbe fatto qualcosa ! Mi sembra un eccesso di garantismo, che forse non permetterebbe di comprendere l’errore da prevenire.
L’Art. 21 discetta sul follow-up delle raccomandazioni di sicurezza, senza però stabilire alcuna penalità per i destinatari d’una raccomandazione che non venga attuata senza giustificazioni o senza motivazioni adeguate alla gravità del contenuto.
L’Art. 22 tratta di disponibilità della lista dei passeggeri in evenienza d’un incidente, però limitando il caso ad Aerolinee partenti da un aeroporto comunitario3
Nota:- Non si capisce perché non alle Aviolinee che subiscano un incidente in arrivo ad un aeroporto comunitario ! Dimenticanza ?
L’Art. 23, a mio modesto avviso, non dovrebbe trovar ospitalità in questo Regolamento, bensì in qualche altra legge comunitaria, riguardante l’assistenza ai congiunti delle vittime e dei feriti.
L’Art. 24, al primo comma, stabilisce che “La commissione” (quale? quella europea?) debba essere “assistita da un comitato”, non si capisce preposto a che cosa fare e da chi composto.
COMMENTO AL PROLOGO
Oltre a quanto sopra già commentato presentando, seppur succintamente, il contenuto principale dei singoli Articoli del proposto Regolamento comunitario, qui di seguito intendo esaminare alcuni punti dell’introduzione del documento:
Riguardo al punto 10, il discorso va completato con le seguenti precisazioni:-
- In Italia, l’Autorità investigativa contemplata dalla Direttiva 94/56/CE del 21 Novembre 1994 ha visto la sua istituzione pratica solo nel Novembre 1999, con 5 anni di ritardo rispetto il termine fissato, con la nomina governativa del Presidente dell’Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo – ANSV.
- Purtroppo, fin dal suo inizio l’Agenzia ha dovuto lamentare delle interferenze nel proprio lavoro da parte della Magistratura nazionale, che ne hanno addirittura condizionato l’apertura dei lavori investigativi. Magistratura che è intervenuta in ogni disastro o sinistro aereo, perfino quando non vi erano persone lese ma soltanto danni all’aeromobile, fino ad arrivare al culmine rappresentato dalla nomina, convenuta tra i due organi, dell’Investigatore incaricato dell’investigazione tecnica anche a Consulente Tecnico del Magistrato inquirente, con tutti i danni e gli equivoci che ciò ha comportato ad entrambi i procedimenti.
- Ed ancora ai giorni nostri continuano le interferenze rappresentate dal sequestro di tutte le evidenze, come nel caso dell’ammaraggio dell’ATR 42 della Tuninter nel Tirreno e più recentemente con il sequestro, tuttora in corso, dei pezzi del relitto del velivolo Cessna 650 disintegratosi al suolo a Trigoria all’inizio dell’anno in corso.
Riguardo al punto 15, va precisato quanto segue:-
- Questa disposizione non fa che reiterare la debolezza della situazione creatasi con la pressoché analoga fumosa disposizione della Direttiva 94/56, che ha sempre consentito alla Magistratura nazionale di interferire con le investigazioni tecniche, proibendo l’accesso all’Investigatore incaricato. Sequestrando non solo le indispensabili registrazioni dei Registratori di bordo (quando esistenti) e quelle presso i Centri di Controllo del Traffico Aereo e/o delle Torri di Controllo aeroportuali, ma procedendo alla rimozione ed al sequestro dei rottami degli aeromobili incidentati, di fatto impedendo il lavoro dell’Investigatore incaricato.
Pertanto il proposto Regolamento avrebbe dovuto obbligare gli Stati membri a rivedere e revisionare la legislazione in vigore (leggasi, per l’Italia:- codice penale, codice di procedura penale e codice della navigazione – parte aerea), per richiederne la modifica nel senso auspicato dal princìpio della Just Culture, che sta espandendosi in tutto il mondo più aeronauticamente e civilmente progredito. In tale contesto tendere a limitare facili criminalizzazioni e conseguenti sanzioni penali per violazioni involontarie e non intenzionali che possono prodursi nello svolgimento di attività complesse. In estrema sintesi si avverte l’esigenza di correttivi al codice penale ed al codice della N.A. costruiti nella logica di una cultura giuridica più moderna e rispettosa delle indicazioni internazionali volta a dare spazio adeguato alle inchieste tecniche svolte da specialisti ed, anche, ad incoraggiare la comunicazione degli errori professionali, per fare opera di prevenzione a tutto vantaggio dell’incolumità dei cittadini. In tal modo anche il nostro Paese potrà finalmente dare attuazione pratica alla direttiva CE 42/03 ed alla legge nazionale di recepimento (Dlgs 213/06) sul “reporting” che ad oggi non ha potuto esplicare alcun effetto benefico sul piano della sicurezza del volo e della prevenzione per i limiti imposti proprio dal nostro ordinamento giuridico.
Il successivo punto 18 non fa che evidenziare ancora quanto accade in Italia:
- Quanto accade, infatti, non è altro che il frutto diretto di quanto lamentato nel commento al precedente punto 15. Com’è possibile intervenire tempestivamente con l’investigazione, con le conclusioni e con le raccomandazioni idonee a prevenire i sinistri se tutte le evidenze dell’evento vengono sequestrate e bloccate per i tempi biblici occorrenti alla Magistrature per muoversi e riuscir a trovare se e chi (sospetto colpevole) sottoporre al giudizio di un Tribunale?
Spero d’esser stato sufficientemente esplicito ed esauriente nell’evidenziare i problemi da risolvere con il nuovo Regolamento comunitario, che deve costituire effettivamente un progresso per il futuro delle investigazioni tecniche in Paesi come l’Italia che ancora soffrono le ambiguità e le incertezze offerte dalla Direttiva 94/56/CE.
Rimango a Sua completa disposizione per qualsiasi chiarimento o necessità e ringrazio per l’attenzione che vorrà prestare a questo contributo per migliorare la sicurezza del volo. 4 dicembre 2009
La proposta di nuovo Regolamento CE, definita “COM (2009) 611 final”, destinata a sostituire, per migliorare, i contenuti della vecchia Direttiva 94/56 del 1994, è stata pubblicata a Brussels il 29 Ottobre 2009.
La proposta si apre con un “Memorandum di presentazione” che analizza “la tensione tra safety investigation ed altri procedimenti”, chiaramente in riferimento alle interferenze delle Autorità giudiziarie di alcuni Stati membri nei confronti dell’apertura delle investigazioni tecniche sugli incidenti aerei da parte delle Autorità investigative preposte, istituite nella Comunità proprio in base all’applicazione della Direttiva 94/56. In Italia la citata Direttiva ha trovato applicazione soltanto con il Decreto Legislativo n. 66 del 25 Febbraio 1999, istitutivo dell’Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo – ANSV – e realizzazione nel Novembre dello stesso anno. La costituzione pratica dell’Agenzia stessa è avvenuta con 5 anni di ritardo rispetto al termine fissato dalla Direttiva 94/56.
Il Memorandum prosegue affermando che «le investigazioni [tecniche] indipendenti dei sinistri aerei sono indispensabili per guidare il miglioramento della sicurezza del trasporto aereo» e con la constatazione che «l’analisi delle circostanze dei sinistri porta alle raccomandazioni fatte per prevenire la reiterazione di questi drammatici eventi». Viene poi chiaramente specificato che l’obbligo di aprire le investigazioni degli incidenti dell’aviazione civile è sancito dalla Convenzione sull’Aviazione Civile Internazionale della quale gli Stati membri sono parti contraenti e che le relative specificazioni uniformi (standards) e quelle consigliate – SARPs – al riguardo sono definite nell’Annesso 13 della Convenzione di Chicago e nelle relative notizie esplicative (guidance material).
E’ quindi evidenziata la necessità di cambiare la normativa in materia in quanto:-
il sistema comunitario per l’investigazione dei sinistri in aviazione civile, come pure il sistema di riporto degli eventi, così come attualmente in vigore, è non proprio ottimale; e
la Direttiva 94/56/CE, ormai vecchia di 15 anni, non è più in grado di soddisfare i requisiti della Comunità europea e dei singoli Stati più competenti nel campo delle investigazioni.
Nel terzo capitolo introduttivo si segnala che la Commissione ha condotto una dettagliata analisi dell’esistente situazione in materia di investigazione dei sinistri dell’aviazione civile e del sistema di riporto dei relativi eventi, con il risultato che la maggior parte delle risposte alla consultazione pubblica condotta nel 2007, ha evidenziato che il punto principale è il miglioramento dell’efficienza del quadro regolamentare relativo all’investigazione dei sinistri. Inoltre è emerso che il fatto più grave che si registra in alcuni Stati membri è il clima di tensione tra investigazioni tecniche dei sinistri aerei e altri procedimenti [ovviamente quelli giudiziari – ndr].
L’articolato capitolo cinque, trattando degli obblighi sia verso l’ICAO che verso la CE derivanti dalla Direttiva 94/56, sottolinea la necessità di uno strumento comunitario che sia in grado di «rafforzare l’efficienza delle investigazioni tecniche di sicurezza sui sinistri introducendo nelle Leggi comunitarie degli standards e delle specificazioni consigliate relative alla conservazione delle evidenze e delle informazioni delicate di sicurezza, appunto nel rispetto delle norme dell’Annesso 13 alla Convenzione di Chicago».
Il capitolo sei infine sottolinea il fatto che nonostante l’esistenza dell’EASA, la responsabilità della conduzione delle investigazioni dei sinistri aerei rimane ai singoli Stati membri, pur nell’ambito d’una auspicata collaborazione ed aiuti reciproci.
Dopo tali sommari indirizzi viene pubblicato con la sigla “2009/0170 (COD)” la Proposta di Regolamento sulle investigazioni e sulla prevenzione di accidents e incidents dell’Aviazione Civile, che andrebbe a sostituire la Direttiva 94/56 di pari oggetto, conferendo però al nuovo documento comunitario lo status superiore di Regolamento.
La proposta si apre con una Introduzione, composta di 5 voci di riferimento ad entità comunitarie esistenti, seguita da ben 25 punti dei quali citerò soltanto quelli più importanti:
2:- La sollecita conduzione delle investigazioni tecniche di sicurezza su accidents e incidents dell’aviazione civile migliora la sicurezza dell’aviazione e contribuisce a prevenirli.
4:- La Direttiva 94/56/CE del 21 Novembre 1994 che stabiliva i principi basilari delle investigazioni necessita d’essere sostituita allo scopo di migliorare l’efficienza dei sistemi di investigazione e di prevenzione degli accidents e incidents.
6:- La Convenzione sull’Aviazione Civile Internazionale che si occupa dell’attuazione delle misure necessarie a garantire la sicurezza delle operazioni degli aeromobili, particolarmente attraverso l’Annesso 13 a tale Convenzione ed i suoi successivi emendamenti, stabilisce le norme sugli standards e le specificazioni internazionali per l’investigazione degli accidents e incidents riguardanti gli aeromobili.
10:- Le investigazioni tecniche di sicurezza di accidents e incidents dovrebbero esser effettuate sotto controllo d’una autorità investigativa di sicurezza indipendente per evitare qualsiasi conflitto d’interessi e qualsiasi possibile interferenza esterna nel corso della determinazione della cause dell’evento sotto esame.
12:- Il ruolo di coordinamento delle Autorità di investigazione dev’essere riconosciuto in un contesto europeo, prendendo atto dell’esistente collaborazione tra di esse e che le risorse investigative disponibili negli Stati membri devono venir utilizzate nel miglior modo costo/efficienza possibile; ciò può esser ottenuto istituendo una Rete europea di Autorità investigative di sicurezza dell’Aviazione Civile.
15:- Gli Stati membri dovrebbero, nell’osservanza della legislazione in vigore riguardante i poteri delle autorità responsabili per l’inchiesta giudiziaria, consentire alle autorità responsabili per l’investigazione tecnica per la sicurezza dell’aviazione civile di eseguire i propri compiti nella miglior condizione possibile; gli scopi dell’inchiesta giudiziaria non dovrebbero essere comunque compromessi.
16:- L’efficienza d’una investigazione di sicurezza è ottenibile solo qualora gli elementi costituenti “evidenze” siano adeguatamente salvaguardati.
17:- Il sistema dell’aviazione civile è basato sul feedback e sulle lezioni apprese da accidents e incidents, fatti che richiedono una rigorosa diligenza nell’assicurare la riservatezza per garantire la futura disponibilità di valide fonti d’informazione; in tale contesto le informazioni di sicurezza confidenziali non dovrebbero esser utilizzate per scopi diversi da quelli della prevenzione di simili eventi, salvo che vi sia un interesse pubblico superiore che ne consigli la divulgazione.
18:- Per la prevenzione degli eventi è importante rendere pubbliche le risultanze dell’investigazione nel minor tempo possibile.
19:- Le raccomandazioni di sicurezza derivate dalle investigazioni degli accidents e incidents dovrebbero essere sempre debitamente processate da coloro cui sono dirette per ottenere una adeguata prevenzione; le raccomandazioni di sicurezza dovrebbero sempre essere tenute in considerazione dal momento che la sicurezza dell’aviazione ciivle viene sempre più regolamentata a livello comunitario.
25:- La Direttiva 94/56/CE verrebbe pertanto abrogata.
***
Il Regolamento apre con l’Art 1 che recita:- «Questo Regolamento mira a migliorare la sicurezza dell’aviazione civile garantendo un elevato grado di efficienza e di qualità alle investigazioni di sicurezza dell’aviazione civile europea, con il solo scopo della prevenzione di futuri accidents e incidents, senza attribuzione di colpe o responsabilità».
L’Art. 2 cataloga le “Definizioni terminologiche”1
1 speriamo, per amor di logicità linguistica e tecnica che alcuni definizioni, in particolare i termini accidents e incidents, vengano tradotti con maggior proprietà di termini nella traduzione in lingua italiana che ne verrà fatta, non importa se a Brussells o a Roma ! [Vds. “Commento al prologo” alla fine, titolo:- rif. ad Art. 2].
L’Art 3 ribadisce i principi già conosciuti e consolidati e la rappresentatività degli Stati interessati all’evento nella formazione della Commissione investigativa guidata dall’Investigatore incaricato dall’Autorità dello Stato di accadimento dell’evento.
L’Art. 5 propone i principi già stabiliti dall’Annesso 13 alla Convenzione di Chicago.
L’Art. 6 tratta della cooperazione tra le Autorità investigative degli Stati già stabiliti dall’ICAO.
L’Art. 7, completamente nuovo, sviluppa l’argomento relativo alla Rete europea delle Autorità investigative sugli eventi nell’aviazione civile internazionale, seguito dall’Art. 8 che ne tratta l’organizzazione relativa.
L’Art. 9, completamente nuovo, esamina la partecipazione dell’EASA alle investigazioni degli eventi con l’intervento conoscitivo e consultivo di propri esperti.
L’Art. 10 esamina la partecipazione all’investigazione dello Stato di progettazione dell’aeromobile.
L’Art. 11 stabilisce l’obbligo di notifica sia da parte delle persone coinvolte che da parte delle Autorità investigative di accidents e serious incidents dell’aviazione civile.
L’Art 12 è importantissimo in quanto definisce inequivocabilmente lo status, le prerogative ed i compiti dell’Investigatore incaricato dall’Autorità investigativa.1
L’Art. 13 stabilisce che « Per assicurare un appropriato coordinamento delle indagini sulle cause degli accidents e incidents in aviazione, l’autorità dell’investigazione tecnica devono trovare collaborazione con altre autorità, in particolare attraverso un coordinamento con quelle giudiziarie, quelle dell’aviazione civile , quelle delle operazioni di ricerca e soccorso ed altre, passibili di essere coinvolte nell’investigazione»2
L’Art. 14 ribadisce il principio che l’Investigatore incaricato dev’essere messo in condizione di poter salvaguardare sia i rottami che tutta l’area dell’evento. In particolare si osserva che non gli viene esplicitamente conferita l’autorità di comandare le Forze di Polizia di primo intervento per garantire il presidio dell’area dell’evento.
L’Art. 15 si dilunga nell’opportuna precisazione della protezione da assicurare a tutte le evidenze dell’evento.3
1 Con riferimento alle prerogative e alle facoltà assegnate agli “esperti” ed ai “consulenti” dell’Investigatore incaricato, come sono qui dettagliate nel testo, a mio parere, sono foriere di possibili fraintendimenti e perciò debbano essere esaminate e ridefinite. Inoltre, anche il comma 1 riguardante lo status dell’Investigatore incaricato si presta a dubbi ed interpretazioni laddove inserisce l’inciso «… and notwithstanding any judicial inquiry, the Investigator–in-charge shall …». Infine, al comma 2, lettera g), andrebbe aggiunto qualcosa come « … provision of air navigation services or aerodrome operation and search and rescue organization involved in the operation».
2 Omette di citare espressamente le Forze di Polizia (solitamente le prime ad arrivare sul posto) e segnatamente quelle di Polizia giudiziaria (in Italia), ma anche quelle sanitarie e di pronto soccorso e le unità speciali di pronto intervento armato e di lotta agli inquinamenti di tutti i tipi (in particolare quelle capaci di rendere inerti le fibre di carbonio negli incidenti che coinvolgano gli aeroplani che usano tali componenti nelle loro strutture).
3 Nel penultimo capoverso di questo articolo è contemplata un’eccezione che andrebbe ben ponderata nel significato pratico per le sue potenziali implicazioni, in quanto completamente a discrezione dell’autorità giudiziaria inquirente.
L’Art. 16 tratta dell’uso delle registrazioni, ma non fa la dovuta distinzione con la riproduzione delle registrazioni (depurate di nomi e cognomi) nel testo della Relazione d’inchiesta, che altrimenti potrebbe diventare incomprensibile. Tant’ è vero che il successivo Art. 17 dichiara molto confusamente che la riproduzione delle registrazioni trattate dagli artt. 15 e 16 potrà essere pubblicata nella Relazione solo se depurata (a discrezione di chi non è detto) delle informazioni «… non rilevanti per l’analisi …».
L’Art. 18 ribadisce il divieto di divulgare informazioni sull’evento da parte del personale dell’autorità investigativa, degli esperti e consulenti partecipanti all’investigazione1
L’Art. 19 stabilisce al suo comma 5) che «L’autorità investigativa di sicurezza debba render pubblico il rapporto finale nel più breve tempo possibile e, se possibile, al massimo entro dodici mesi dalla data dell’accadimento». Inoltre, al comma 6), è stabilito che qualora non fosse realizzabile, l’Autorità investigativa dovrebbe emettere un interim report almeno ad ogni anniversario dell’incidente, spiegando il procedere dell’investigazione e qualsiasi altro problema incontrato.
L’Art. 20 tratta delle raccomandazioni di sicurezza2
L’Art. 21 discetta sul follow-up delle raccomandazioni di sicurezza, senza però stabilire alcuna penalità per i destinatari d’una raccomandazione che non venga attuata senza giustificazioni o senza motivazioni adeguate alla gravità del contenuto.
L’Art. 22 tratta di disponibilità della lista dei passeggeri in evenienza d’un incidente, però limitando il caso ad Aerolinee partenti da un aeroporto comunitario3
L’Art. 23, a mio modesto avviso, non dovrebbe trovar ospitalità in questo Regolamento, bensì in qualche altra legge comunitaria.
L’Art. 24, al primo comma, stabilisce che “La commissione” (quale? quella europea?) debba essere “assistita da un comitato”, non si capisce preposto a che cosa fare e da chi composto.
L’Art. 25 riguarda la lista delle penalità applicabili ai violatori di questo Regolamento4
L’Art. 26 precisa che la Direttiva 94/56/CE è abrogata, mentre il conclusivo Art. 27 fissa il termine d’entrata in vigore della nuova Direttiva, quando questa sarà stata pubblicata dalla Gazzetta Ufficiale della Comunità europea
La proposta termina con l’avvertenza che il Regolamento è obbligatoriamente ed interamente applicabile in tutti gli Stati membri.
Segue, come allegato, una lista esemplificativa degli “serious incidents” dell’aviazione civile.
1 Pratica consueta, in Italia, sia per il potere giudiziario sia per i cancellieri dei tribunali.
2 Al comma 3) mette un ostacolo discutibile nello stabilire che qualsiasi raccomandazione di sicurezza non debba in nessun modo produrre un pallido sospetto di attribuire colpe o responsabilità (accertate) di un evento a qualcuno che sia coinvolto, per cui non si potrebbe più scrivere che cosa una persona al suo posto di lavoro non avrebbe dovuto fare o che non avrebbe fatto! Mi sembra il colmo del garantismo.
3 Non si capisce perché non alle Aviolinee che subiscano un incidente in arrivo ad un aeroporto comunitario !
4 Mi risulta incompleto e poco specifico nell’identificazione dei trasgressori.
Commento al prologo.
Oltre a quanto sopra già commentato presentando, seppur succintamente, il contenuto principale dei singoli Articoli del proposto Regolamento comunitario, qui di seguito intendo esaminare alcuni punti dell’introduzione del documento:
Riguardo al punto 10, il discorso va completato con le seguenti precisazioni:-
In Italia, l’Autorità investigativa contemplata dalla Direttiva 94/56/CE del 21 Novembre 1994 ha visto la sua istituzione pratica solo nel Novembre 1999, con 5 anni di ritardo rispetto il termine fissato, con la nomina governativa del Presidente dell’Agenzia Nazionale per la Sicurezza del Volo - ANSV, come si è voluto denominare, impropriamente, l’istituzione incaricata di effettuare le investigazioni tecniche e di emanare le raccomandazioni idonee a prevenire ulteriori eventi dello stesso tipo; infatti sarebbe stato più logico denominarla “Agenzia di investigazioni e di prevenzione per la sicurezza del volo”.
Purtroppo, fin dal suo inizio l’Agenzia ha dovuto lamentare delle interferenze nel proprio lavoro da parte della Magistratura nazionale, che ne hanno addirittura condizionato l’apertura dei lavori investigativi. Magistratura che è intervenuta in ogni disastro o sinistro aereo, perfino quando non vi erano persone lese ma soltanto danni all’aeromobile, fino ad arrivare al culmine rappresentato dalla nomina, convenuta tra i due organi, dell’Investigatore incaricato dell’investigazione tecnica anche a Consulente Tecnico del Magistrato inquirente, con tutti i danni e gli equivoci che ciò ha comportato ad entrambi i procedimenti.
Ed ancora ai giorni nostri continuano le interferenze rappresentate dal sequestro di tutte le evidenze, come nel caso dell’ammaraggio dell’ATR 42 della Tuninter nel Tirreno e più recentemente con il sequestro, tuttora in corso, dei pezzi del relitto del velivolo Cessna 650 disintegratosi al suolo a Frigoria all’inizio dell’anno in corso.
Riguardo al punto 15, va precisato quanto segue:-
Questa disposizione non fa che reiterare la debolezza della situazione creatasi con la pressoché analoga fumosa disposizione della Direttiva 94/56, che ha sempre consentito alla Magistratura nazionale di interferire con le investigazioni tecniche, interdicendo l’accesso all’Investigatore incaricato ed a sequestrare non solo le indispensabili registrazioni dei Registratori di bordo (quando esistenti) e quelle presso i Centri di Controllo del Traffico Aereo o delle Torri di Controllo aeroportuali, ma perfino procedendo alla rimozione ed al sequestro dei rottami degli aeromobili incidentati, di fatto impedendo il lavoro dell’Investigatore incaricato.
Pertanto il proposto Regolamento avrebbe dovuto obbligare gli Stati membri a rivedere e revisionare la legislazione in vigore (leggasi, per l’Italia, codice penale, codice di procedura penale e codice della navigazione – parte aerea) per richiederne la modifica nel senso auspicato dal princìpio della Just Culture, che sta prendendo piede in tutto il mondo più aeronauticamente e civilmente progredito.
Il successivo punto 18 non fa che evidenziare quanto di negativo accade in Italia:
Quanto accade infatti non è altro che il frutto diretto di quanto lamentato nel commento al precedente punto 15. Com’è possibile intervenire tempestivamente con l’investigazione, con le conclusioni e con le raccomandazioni idonee a prevenire i sinistri se tutte le evidenze dell’evento vengono sequestrate e bloccate per i tempi biblici occorrenti alla Magistrature per muoversi e riuscir a trovare se e chi sottoporre al giudizio di un Tribunale.
Infine, una ulteriore precisazione va fatta a completamento di quanto commentato in merito all’Art. 2:-
I termini accident e incident sono stati impropriamente tradotti in italiano nel Decreto Legislativo n. 66/1999 rispettivamente con i termini “incidente” ed “inconveniente”. Entrambi non indicano con esattezza il significato dei corrispondenti vocaboli usati nella stesura del testo originale in lingua inglese della Direttiva 94/56, che intendeva quello che nella nostra lingua viene definito rispettivamente “disastro” o “”sinistro” (es.:- “disastro aereo” e “sinistro stradale”) ed “incidente”, cioè un evento inatteso, ma non mortale che accade durante una qualsiasi attività che ne interrompe il regolare svolgimento. Ma un “inconveniente” è solo e soltanto un fatto spiacevole, motivo di disturbo o di limitazione, che niente ha a che fare con il termine italiano di “incidente”. Insomma un inconveniente si verifica mentre io sono al bar, sorbendo un caffè, e mi macchio vistosamente la cravatta proprio quando sono atteso ad una importante cerimonia o riunione ! Punto e basta !
CONCLUSIONE.
Ritengo opportuno fornire pubblicamente le presenti considerazioni nella speranza che qualcuno dei nostri Rappresentanti nazionali al Parlamento europeo o qualcuno appartenente alle istituzioni del settore voglia raccogliere e presentare nelle sedi opportune e qualificate almeno qualcuna delle osservazioni da me avanzate sulla base dell’esperienza professionale. Specializzazione in investigazione acquisita oltre trent’anni or sono presso la “National Aircraft Accident Investigation School” del N.T.S.B. degli USA e sempre praticata, in seguito, sia sul campo investigativo che in sede di studio degli eventi del passato e del presente. Eventi che continuo ad esaminare ed a commentare sia su giornali e riviste specializzate che su siti web dedicati alle problematiche del mondo dell’Aviazione Civile.
26 novembre 2009
Considerazioni amare del Com.te Renzo Dentesano
Nelle sue criptiche “Centurie astrologiche” un certo Michel Gassonet, laureato in medicina, alias Michel de Nostredame, più conosciuto come Nostradamus, d’origine provenzale, vissuto nel 1500, il quale è stato capace di superare la cultura del suo tempo, attingendo con intelligenza al sapere dei sapienti e dei popoli che lo avevano preceduto nei secoli, tra le altre profezie astrologiche contenute nelle quartine del suo lavoro più conosciuto, scrisse di «uomini in grado di volare … con faccia di maiale», figura pittorica che solo 400 anni dopo può, a noi contemporanei, ricordare le maschere per l’ossigeno usate dai piloti aviatori.
Bisogna considerare che difficilmente un uomo (o un veggente ?) del suo tempo avrebbe potuto descrivere diversamente un arnese del genere.
Orbene, non vorrei che accanto ai “maiali volanti” profetizzati nel 1500 da Nostradamus ed accanto agli “asini volanti” di meno celebri autori, fossimo adesso giunti ad avere in volo, ai comandi di velivoli commerciali, degli “psicopatici del personal computer”, ormai tanto schiavi di un tale strumento da non poterne fare a meno neppure quando stiano svolgendo un’attività tanto delicata e di attenzione quanto quella di “governare” in volo un aeroplano carico di passeggeri e, già di suo, carico e stracarico di computers e di automatismi di bordo.
Già, ho parlato di “governare” un aeroplano ed avrei potuto aggiungere di “navigare” un aeroplano, ma oggidì i piloti degli aeromobili più elettronicamente moderni sono ridotti a fare “i pigiatori di tasti di computers” e poi ad annoiarsi a vedere (o meglio, spesso ad assistere svogliatamente) come l’automazione governa e fa navigare l’aeroplano specialmente durante la fase di crociera.
A fronte di queste affermazioni realisticamente crude, ritengo doveroso giustificarle con le recenti notizie che qui di seguito fornirò e che cercherò infine di commentare, concludendo.
L’evento
La notte del 21 Ottobre, il volo 188 della Northwest Airlines effettuato con un Airbus A. 320 (!) con 144 passeggeri e 5 membri d’equipaggio a bordo, partito da S. Diego – sigla KSAN (California) con destinazione l’aeroporto di Minneapolis-S. Paul (Minnesota) situato quasi al confine orientale con lo Stato del Wisconsin, dopo aver interrotto le comunicazioni radio con i Centri a terra per 1 ora e 16 minuti.
A fronte delle continue chiamate effettuate da vari Centri di Controllo - anche da altri velivoli in volo - soltanto all’altezza della città di Eau Claire situata nel Wisconsin e quindi circa 150 km. a NordEst dell’aeroporto di destinazione, i suoi piloti hanno stabilito il collegamento via radio con il Controllo del Traffico Aereo di Minneapolis, comunicando seraficamente di «esser stati distratti» e di voler ritornare all’aeroporto di S. Paul (sigla KMSP), atterrandovi con circa 1 ora di ritardo sullo stimato d’arrivo.
Una volta a terra i due piloti, un Comandante di 53 anni ed un Primo Ufficiale di 54 anni, subito interrogati sia dal FBI che dalla Polizia dell’aeroporto, in quanto s’era sospettato un dirottamento, tanto da far tenere in allarme 4 aerei da caccia dell’USAF in due aeroporti militari, hanno candidamente dichiarato di essersi concentrati in una discussione.
Hanno discusso del nuovo sistema di turni di volo e di servizio adottato dalla Compagnia dopo l’incorporazione in Delta Airlines.
Avrebbero aver perduto la “situational awareness” dell’aeroplano per non aver sorvegliato la navigazione, programmata sul sistema di gestione del volo che governa l’autopilota e di non aver “percepito” le chiamate radio loro rivolte, nonostante sentissero le comunicazioni radio dagli altoparlanti della cabina di pilotaggio.
In realtà, più che di una “discussione tra loro”, s’era trattato, come in seguito è emerso durante “l’intervista” condotta dagli Investigatori del NTSB, di un’assurda concentrazione di attenzione a due “lap-top computers” (in italiano: computers portatili) di loro proprietà, usati per imparare ad entrare nei meccanismi del nuovo sistema di turnazione adottato dalla Compagnia, dopo appunto l’incorporazione in Delta Airlines.
Il 27 Ottobre il NTSB ha rilasciato alcune informazioni a seguito dell’intervista durata 5 ore con i due piloti, avvenuta domenica 25 Ottobre.
L’informativa fornita dal NTSB riguarda notizie fornite da Delta (alla quale appartiene ora Northwest Airlines), da FAA e da altri e si conclude con una serie di quesiti che dovranno trovare risposta da parte di NTSB stessa, di FAA, delle due Aviolinee e della Difesa degli USA.
Riportiamo di seguito l’informativa disponibile, debitamente tradotta.
I punti accertati
L’evento riguarda il volo 188 della Northwest Airlines. L’equipaggio di condotta ha smesso di comunicare con i Centri di Controllo del Traffico Aereo mentre era in crociera di volo a 37.000 ft. (11.250 m.).
I due piloti sono stati “intervistati” separatamente Domenica 25 Ottobre per un totale di 5 ore. Nessuno dei due è stato in precedenza implicato in disastri, incidenti o violazioni [non viene però menzionato da quanto tempo volassero con A. 320 o altri aeromobili “fly-by-wire” – ndt]. Nessuno dei due ha denunciato un qualsiasi disturbo di salute in atto.
Entrambi hanno dichiarato di non essere stati né affaticati né addormentati o appisolati durante il volo. Entrambi hanno affermato che non si è trattato d’una discussione animata fra di loro. Entrambi hanno [sibillinamente – ndt] dichiarato che «vi era “mancanza di attenzione” in cabina di pilotaggio».
I piloti hanno dichiarato che vi fu un intenso periodo di “discussione” durante la quale essi non hanno monitorato l’aeroplano o le chiamate loro rivolte da parte del Controllo del Traffico Aereo [omettendo qualsiasi accenno ai messaggi loro indirizzati dai dispatchers di Compagnia - ndt], anche se entrambi hanno dichiarato che essi sentivano le conversazioni scambiate dal traffico alla radio.
La “discussione”, iniziata durante la fase di crociera, riguardava il nuovo sistema di turnazione degli equipaggi di condotta messo in atto da Northwest dopo la recente incorporazione in Delta.
I piloti hanno dichiarato che al livello di crociera utilizzavano gli altoparlanti della cabina di pilotaggio per ascoltare le comunicazioni al posto delle loro cuffie auricolari individuali complete di microfono. Nessuno dei due s’è accorto neppure dei messaggi inviati loro dai dispatchers della loro Aviolinea. Ciascun pilota stava usando il proprio personal computer mentre discutevano le procedure di turnazione degli equipaggi di condotta dell’Aviolinea.
Delta Airlines, che ha già sospeso dal servizio entrambi i piloti fino alla conclusione dell’investigazione in atto, ha dichiarato che utilizzare i computers portatili e/o impegnarsi in attività non collegate con la conduzione dell’aeromobile durante il volo è rigorosamente contrario alle disposizioni della Compagnia riguardanti il lavoro in cabina di pilotaggio e che trasgressioni a tali disposizioni comportano la rescissione del contratto di lavoro individuale.
Entrambi i piloti hanno dichiarato d’aver perduto coscienza del trascorrere del tempo.
Nessuno dei due piloti aveva cognizione della posizione geografica dell’aeroplano fino al momento in cui, circa 5 minuti prima dello stimato orario d’atterraggio, sono stati contattati da un assistente di cabina che chiedeva notizie circa l’orario stimato di arrivo dell’aeromobile a destinazione. È stato a quel punto che il Comandante ha consultato i propri strumenti di volo e si è reso conto che l’aeroplano aveva oltrepassato l’aeroporto di destinazione.
[Il fatto che l’aeroplano abbia oltrepassato sotto la guida dell’autopilota l’aeroporto di destinazione starebbe ad indicare che i piloti avevano programmato sul sistema di gestione automatica del volo l’aeroporto alternato sul quale dirottare in caso di non poter atterrare in quello di destinazione, però non viene fornita notizia di quale aeroporto potesse trattarsi – ndt].
Entrambi i piloti hanno affermato che non esistono in atto procedure per le quali gli assistenti di volo debbano controllare i piloti durante il volo.
Quando il Controllo del Traffico Aereo ha chiesto la natura del loro problema, i piloti hanno risposto «solo mancanza di attenzione in cabina di pilotaggio» e «occupati con problemi di compagnia». Il NTSB ha in programma di “intervistare” altro personale della Compagnia, compresi gli assistenti di volo, il Lunedì 26 Ottobre ed intende esaminare le comunicazioni del Controllo del Traffico Aereo.
Sia i dati preliminari del Cockpit Voice Recorder (CVR) che la relativa registrazione che dura 30 minuti rivelano che questa inizia soltanto durante l’avvicinamento finale e continua fino a quando l’aeroplano è giunto al molo di sbarco e che le conversazioni in cabina di pilotaggio sono state registrate attraverso i microfoni delle cuffie auricolari (cuffie che non erano state usate dai piloti almeno durante una parte del volo), ma non dai microfoni posti sul cielo della cabina di pilotaggio (area microphone).
Inoltre una parte dei 30 minuti registrati comprende alcuni periodi di tempo dopo la fine del volo sotto esame [fatto che comporta che il sistema di registrazione è rimasto alimentato e non protetto in attesa dell’inevitabile inchiesta tecnica sul fatto, forse per mancanza di disposizioni di Compagnia per casi di evento in volo – ndt].
Il Flight Data Recorder (FDR), che contiene i dati di alcune centinaia di parametri dell’aeroplano, ha registrato l’intero volo, compresa la parte durante la quale non vi è stata alcuna comunicazione radio da parte dell’equipaggio di condotta. Gli Investigatori stanno esaminando i parametri registrati per vedere se contengono qualche informazione riguardante le azioni dei piloti durante la porzione di volo nella quale è stato “perduto” [ovvero, “omesso” -ndt] ogni contatto radio.
Questioni poste da questo evento
Un certo numero di questioni rimangono aperte in merito a questo incidente, alcune delle quali devono trovare risposta da parte di NTSB, di FAA e/o delle Aviolinee coinvolte.
La maggior parte riguarda le implicazioni di sicurezza nazionale aperte da questo evento.
Potenziali problemi di sicurezza operativa e di sicurezza nazionale
L’equipaggio di condotta dell’aeromobile è rimasto senza effettuare alcun contatto radio per ben oltre 1 ora ed ha volato nell’area della città di Minneapolis (Minnesota) senza esser intercettato da aeroplani militari armati [questo fatto richiama tragicamente alla memoria la data del 11 Settembre 2001 e le sue conseguenze – ndt].
Sebbene l’aereo non abbia effettuato manovre che potessero esser considerate ostili, tuttavia pare che non vi fossero aeroplani militari in aria oppure qualsiasi altra risorsa militare al suolo per occuparsi dell’aeroplano se questo fosse stato in mano a dirottatori o comunque non più sotto il controllo del suo equipaggio di condotta [leggasi: - in mano a terroristi – ndt].
Carenza d’una banca-dati per la Sicurezza del Volo
Nonostante il fatto che esistono precedenti eventi di piloti che abbiano sorpassato la loro destinazione [il più recente caso americano è stato quello avvenuto nelle Hawaii (50° Stato degli USA) il 13 Febbraio 2008 quando un volo interno da Honolulu all’isola di Hilo dello stesso arcipelago, con 40 passeggeri più l’equipaggio a bordo, ha superato la destinazione di 26 miglia (50 km. circa) a causa del fatto che entrambi i piloti s’erano addormentati in volo di crociera – ndt] oppure casi nei quali i piloti non rispondevano alle comunicazioni radio da parte dei Centri di Controllo a terra.
Occorre tuttavia rilevare che, da un lato non esiste un requisito legale o regolamentare che obblighi a riferire questo genere di eventi ad una banca-dati di sicurezza dell’aviazione; dall’altro che sia consultabile da parte del pubblico.
Del tipo – ad esempio - di quelle gestite dal NTSB e dalla FAA.
Di conseguenza, qualsiasi stima di probabilità dell’accadimento o della frequenza di questo genere di eventi comporterà il fatto di sottostimare gravemente l’eventuale rischio per la popolazione [in effetti, questa osservazione nell’interesse della pubblica incolumità, risulta fondata in un’era nella quale perfino certi modelli di automobili adottano sistemi per i quali il motore non parte se il guidatore ha bevuto alcolici e che svegliano il conducente se questi dà segni di stare per addormentarsi alla guida; sistemi che dovrebbero essere obbligatori per tutti i mezzi pubblici e per tutti i camion – ndt].
Tecnologia delle registrazioni delle comunicazioni in cabina di pilotaggio
Il CVR – Cockpit Voice Recorder – non ha mantenuto la registrazione di quella parte del volo durante la quale l’equipaggio di condotta è stato a lungo senza effettuare comunicazioni via radio, ma pure i piloti stavano parlando fra di loro.
Così, mentre la FAA ancora consente alle Aviolinee di installare dei registratori delle voci che hanno una durata della registrazione con limite di 30 minuti, sono disponibili modelli con capacità di registrare 2 ore di comunicazioni/conversazioni, durata che sarebbe stata più che sufficiente in questo caso per mantenere la registrazione dell’intero periodo di tempo nel quale l’equipaggio di condotta non rispondeva alle chiamate radio loro indirizzate.
Conclusione
Con questo evento ci troviamo di fronte, probabilmente, ad un nuovo tipo di mancanza di professionalità, favorita da un assurdo senso di autocompiacimento, misto con un altrettanto assurdo eccesso di fiducia nell’automazione, quest’ultima resa disponibile in dosi troppo massicce, tanto da indurre i piloti ai comandi ad un profondo senso di noia in fase di volo di crociera, in quanto hanno poco o nulla da fare rispetto a quando dovevano governare e navigare l’aeroplano attraverso i propri interventi competenti e professionali, che ne assorbivano sempre l’attenzione.
Troppe omissioni e diverse decisioni avventate da parte di piloti professionisti hanno come origine proprio i motivi che ho sommariamente elencato qui sopra e che, a mio avviso, dovrebbero costituire un ottimo motivo per convocare un tavolo tecnico internazionale magari presso l’ICAO.
Un confronto e discussione tra piloti di linea anziani (anche se “retired” per raggiunti limiti d’età), quelli più giovani, con psicologi del lavoro aeronautico, ergonomisti, progettisti di hardware ed a programmatori di software di computers e di programmi informatici operativi per equipaggi dell’aviazione civile (con esigenze ben diverse da quelle dei piloti militari da combattimento), con il compito di limitare l’automazione a ciò che possa essere veramente utile a garantire la sicurezza e la precisione del volo e per radiare tutto ciò che possa predisporre degli esseri umani, pur preparati e competenti, alla distrazione causata della noia.
Facciamo insomma in modo che le “Centurie” rimangano soltanto quelle di Nostradamus e che ai giorni nostri non abbiano a diventare centurie di vittime del Trasporto Aereo, a causa dell’eccesso di automatismi a bordo degli aeroplani, eccesso che alla fine consente ai piloti di far volare gli aeroplani con le tastiere dei computers di bordo.
Quello che abbiamo preliminarmente cercato di esaminare qui sopra, non ne è stato altro che un inevitabile risultato, conclusosi fortunatamente senza un disastro.
Dopo il mio precedente articolo “GLASS COCKPIT, il punto” pubblicato sia sul sito www.aerohabitat.eu che www.aerohabitat.org , questa è la seconda riflessione proposta alla comunità attenta ai problemi della sicurezza aeronautica. E chissà che non possa venir ripresa anche all’estero da qualcuno che comprende la lingua italiana e che cerca di capire cosa avviene nei cieli di tutto il mondo. 03 novembre 2009
Notizie e commenti a cura del Com.te Renzo Dentesano.
Il Convegno - organizzato da IFSC - Italian Flight Safety Committee - si è tenuto alla Casa dell’Aviatore in Roma il 21 Ottobre in collaborazione con Air Press, il cui Direttore Dr. Igino Coggi ha fatto da moderatore, affiancando il Presidente di IFSC Comandante Marco Alberti, che ha organizzato l’incontro con l’intento di agevolare lo scambio di informazioni disponibili sull’argomento. Informazioni che però sono risultate non omogenee ed incomplete e quindi non comparabili l’una con l’altra, come ha puntualmente indicato nella sua minuziosa elencazione di dati, durante la sua relazione, il Segretario Generale di IFSC Com.te Giuseppe Borgna. Egli dopo aver evidenziato come in campo nazionale non esistano dati di danneggiamenti ad aeromobili comparabili con quelli tenuti nelle statistiche internazionali, a causa di lacune e di differenze tassonomiche di metodo, ha concluso invocando, anche in questo settore, l’applicazione di una sana “No blame culture”.
Stupisce tuttavia che in quest’analisi dei danneggiamenti ad aeromobili da parte degli equipaggiamenti ancillari addetti alla loro assistenza e manovrati da esseri umani quasi sempre dipendenti da Società di Gestione aeroportuale o di Handling, manchi completamente, perché inesistente, qualsiasi dato statistico di fonte ENAC.
ENAC che dovrebbe almeno monitorare la sicurezza sugli aeroporti (come prima faceva la DGAC del Ministero dei Trasporti e dell’Aviazione Civile) per valutare tutti gli eventi relativi alle operazioni che vi possano accadere e che, in definitiva, costituiscono un indice della sicurezza esistente nella parte “air-side” e più precisamente sugli “aprons” aeroportuali della “Movement Area”.
E sarebbe “davvero sorprendente” (come vedremo) pretendere, come sembra sostenere il D.G. di ENAC, che possa essere la Torre di Controllo (o meglio i suoi Addetti) a segnalare (a chi, poi? Forse al Gestore?) i danneggiamenti degli aeromobili dovuti agli incidenti ed agli “inconvenienti” (all’italiana) – “incidents” o “occurences” (in inglese) che avvengono “in rampa” e sui piazzali di sosta e rifornimento. Manca quindi sempre e comunque la presenza dello Stato a sorvegliare e coordinare l’ordinato svolgersi delle operazioni degli aeromobili e dei mezzi al suolo, compito che prima era svolto dagli Uffici del Traffico del Direttore di Aeroporto. Manca infatti tuttora, anche su quei due aeroporti sui quali è stato istituito quell’ibrido servizio di “Ramp Control” nei quali si è lasciata ingenuamente coinvolgere ENAV la quale così, talvolta, subisce pretese di risarcimento da parte di danneggiati, per danni avvenuti magari su aree di parcheggio decentrate e ben lontane dalla sede fisica di tale “Controllo”, che controllo non è, ma che dev’essere solo “coordinamento”.
D’altra parte, fino a che l’ENAC non certificherà i singoli “operatori aeroportuali” autorizzati ad accedere agli aeroplani, sempre così sarà, perché, come è stato denunciato al Convegno, la formazione e l’addestramento del personale non è sufficiente e non istruisce tale personale ad identificare le parti critiche degli aeroplani, anche se solo “sfiorate”, non diciamo poi se colpite o lacerate. Sintomatico il caso delle sonde e delle prese statiche (Pitot tube e Pitot static tube, porte d’accesso e dei bagagliai, ali e code, ecc.).
Ha giustamente e puntualmente rilevato il Dr. Coggi, gran parte degli eventi sono dovuti al fatto che fra il personale di assistenza non-tecnica, manca la “cultura della Safety”, che invece esiste ed è curata tra il personale addetto alle operazioni di assistenza tecnica e di rifornimento del carburante ai velivoli. Purtroppo, non altrettanto approfonditamente avviene per il personale di rampa, comprensivo degli addetti al “catering” ed ai rifornimenti ancillari d’acqua e di scarico del “bottino” (servizi igienici di bordo), oltre che per gli autisti di tutti gli automezzi utilizzati attorno agli aeroplani, nelle complesse e compresse operazioni di handling.
Successivamente sia il neo D. G. di ENAC Dr. Alessio Quaranta che il Presidente di ANSV Prof. Bruno Franchi hanno insistito sul fatto che, per quanto riguarda i rispettivi Enti, la differenza di interpretazione fra incidente/inconveniente e danneggiamento di un aeroplano al parcheggio, durante le operazioni di rampa, sia dovuta soltanto alla stretta applicazione della norma ICAO dell’Annesso 13 che distingue tra situazione di anche solo danneggiamento allorquando a bordo vi sia almeno una persona presente con l’intento di volare e quando invece un tale tipo di persona (membro d’equipaggio o passeggero) non sia presente [ref.:- “Definitions” di accident e di incident nel significato inglese, eventi invece mal tradotti in italiano e DOC 9156 ICAO].
D’altra parte è logico che l’ICAO non s’interessi nell’Annesso 13 del fatto che nella circostanza di aeromobile fermo al parcheggio, senza che vi sia a bordo quanto meno un membro dell’equipaggio assegnato a quel volo, venga danneggiato, in quanto il personale aeronavigante prenderà possesso dell’aeromobile, coadiuvato dal personale di assistenza tecnica addetto alla partenza, solo dopo l’effettuazione dell’ispezione interna ed esterna del velivolo per constatarne l’efficienza strutturale e complessiva generale.
Il D. G. Dr. Quaranta ha poi citato il fatto che nel 2006 [28 Luglio – ndr] l’ENAC ha pubblicato la Circolare APT 24 con oggetto “Piazzali aeromobili – APRONS – Unificazione segnaletica”, come se ciò bastasse a prevenire i danneggiamenti, quando a tutt’oggi, la Circolare APT 22 riguardante l’introduzione del SMS – Safety Management System – negli aeroporti, in Italia non è ancora obbligatoria e pertanto neppure la verifica dello stato di addestramento del personale addetto alle operazioni di rampa. E, di conseguenza, tanto meno entra in vigore la ri-certificazione degli aeroporti nazionali, senza l’effettiva introduzione del Sistema di Gestione della Sicurezza in aeroporto. Comunque, rimane il fatto che non basta aver provveduto alla certificazione di Gestori e di Handlers aeroportuali, ma bisogna provvedere anche alla verifica dell’addestramento di ogni singolo addetto alle operazioni di rampa e degli autisti alla guida dei relativi automezzi, per similitudine a come si certifica, in materia di formazione di sicurezza (AFS), il personale aeronavigante.
Il Presidente di ANSV Prof. Franchi ha convenuto che impartire al personale di handling una preparazione ed un addestramento puramente basato su informazioni di sicurezza relativa all’incolumità sul posto di lavoro assegnato non è tuttavia sufficiente per risolvere il problema dei danneggiamenti dovuti a “distrazione umana”, in quanto a quel personale manca un’adeguata conoscenza degli aeromobili e delle loro aree critiche e sensibili. Inoltre, a mio modesto avviso, non viene affatto praticata una visita medico-attitudinale, anche ricorrente, sull’idoneità e sulla salute del personale addetto alle delicate operazioni di rampa (vista – udito – agilità - abitudini di vita – ecc.). Infine il Prof. Franchi concludeva che in merito alla carenza di dati omogenei in merito ai danneggiamenti degli aeromobili durante le operazioni di rampa, in Italia coloro che conoscono la maggior mole di dati, sono forse soltanto gli Assicuratori ! Il che dimostra quanto ci sia da fare in materia di prevenzione degli incidenti e dei danneggiamenti, ottenibile soltanto, secondo lo scrivente, attraverso l’applicazione anche al personale di questo settore della “Cultura del reporting”, ovvero, in definitiva, della Just Culture.
Infine il rappresentante dell’ENAV, il Dr. Di Carlo, in sostituzione del neo-nominato Presidente, ha giustamente lamentato la pretesa di addossare ad ENAV il compito della sorveglianza dei piazzali di sosta degli aeromobili e ha chiesto a chi competa la comunicazione degli eventi che colà avvengano a danno degli aeromobili durante le convulse operazioni di rampa. Ha provocatoriamente invitato ad andare sulle Torri di Controllo a vedere che cosa si possa effettivamente osservare in merito alle operazioni che si svolgono attorno ad un solo aeromobile dopo l’arrivo e durante la breve sosta di transito prima della partenza,
Non si può non rilevare l’assenza al congresso del rappresentante di Assaereo.
A questo punto sono seguiti i vari interventi degli sponsors del Convegno, tra Assicuratori e Produttori di mezzi di tutti i tipi per le operazioni di assistenza agli aeromobili in rampa. Tra questi interventi, sicuramente il più interessante ai fini pratici è stato l’intervento, ben documentato da proiezioni molto nitide ed illustrate con dovizia di particolari dal Presidente del Gruppo AVIOGEI Ing. Franco Cesarini.
Infine, il Presidente di IFSC Comandante Marco Alberti, avendo compreso che la gran mole di informazioni prodotte dai vari oratori (in primis dal Relatore Com.te Borgna) necessitavano di un momento di riflessione sullo spinoso argomento, ha sagacemente annunciato di aver deciso di rinunciare al dibattito successivo nel corso della prevista “Tavola rotonda”, rimandando il tutto ad un prossimo Convegno di IFSC, da tenersi a breve termine, per esaminare e valutare le posizioni e le proposte espresse e per poter trarre in definitiva ponderate e fattive conclusioni e suggerimenti per migliorare la sicurezza aeroportuale in generale e sui piazzali (aprons) in particolare. 28 ottobre 2009
Commenti del Com.te Renzo Dentesano
sulle notizie successive al disastro del volo AF 447. Blood Priority. The more blood is spilled, the more corrective action is taken. The less blood is spilled, the less corrective action that’s taken.
Il sito “RadioCockpit” è un sito di professionisti dell’aviazione civile francese ed “EuroCockpit.com” è il loro sito informatico.
Qui di seguito vi proponiamo l’articolo pubblicato il 28 Settembre 2009 per commentare la notizia del cambio dell’attuale Direttore del BEA (Bureau d’Enquétes et d’Analyses) pour la Sécurité de l’Aviation Civile – Dr. Paul Louis Arlasian, che per moltissimi anni è stato il criticatissimo – dai piloti civili francesi – deus ex machina dell’organo investigativo sui disastri e sugli incidenti aerei dell’aviazione civile francese.
Le critiche sono piovute sulla testa del Direttore del BEA in diverse occasioni nel corso degli anni, ma si sono vieppiù accentuate a seguito dell’incidente al volo AF 447, precipitato in mezzo all’Atlantico fra le coste del Brasile e quelle del Senegal lo scorso 1 Giugno. Soprattutto per l’atteggiamento di difesa degli interessi industriali del costruttore delle sonde dei tubi di Pitot installate sugli aeromobili fabbricati da Airbus Industries e di velati accenni all’incapacità dei piloti, deceduti nel disastro, a fronteggiare un malfunzionamento delle indicazioni di velocità a bordo del velivolo che già si trovava in difficoltà nell’affrontare le severe turbolenze dovute all’incontro con il fronte intertropicale di convergenza dell’Atlantico.
Tanto per chiarire possibili dubbi, diremo soltanto che il sospetto, dopo il reiterarsi di diversi ASR (Air Safety Report) di molti equipaggi di Airbus sui malfunzionamenti dovuti al ghiacciamento d’acqua o di cristalli di ghiaccio all’interno di queste sonde, è dovuto agli ultimi messaggi automatici partiti dall’aeromobile pochi istanti prima di precipitare nell’Oceano con il suo carico di 228 persone a bordo.
La contaminazione del triplice sistema delle prese d’aria in statica e in dinamica che forniscono i dati di velocità agli strumenti di volo ed ai sistemi automatici di condotta (Autopilota/Automanetta e Flight Management System) può causare i malfunzionamenti già riportati da diverse fonti operative di vari vettori che utilizzano gli aeromobili Airbus delle serie A320, A330 e A340. Aggiungiamo soltanto che Henri Pitot ha stabilito fin dalla metà del 1700 i principi scientifici per la misurazione della pressione del flusso di qualsiasi fluido, tra cui l’aria, dal quale ricavarne la velocità, che in seguito è stata utilizzata dell’aviazione per fornire ai piloti un’attendibile informazione della velocità all’aria del proprio velivolo.
In questo articolo, tradotto al meglio da alcuni amici, dopo i sottili commenti sul pensionamento del Direttore responsabile del BEA francese - l’equivalente della nostra ANSV - emergono 2 osservazioni sulla realtà della metodica dell’investigazione degli incidenti di volo in Francia (spesso citata a modello anche nel nostro Paese):
1.La mancanza di trasparenza e di obiettività a conclusione di alcune Relazioni finali d’inchiesta: Habsheim, S.te Odile, Gonesse, Cayenne, Toronto, Douala, Rio;
2.La mancata lettura e quindi valutazione delle denunce fatte tramite ASR (Air Safety Report) da parte dei piloti, utenti di aeromobili Airbus.
In particolare si fa notare, come asserisce Eurocokpit, che è consuetudine dell’organo investigativo della Francia di incolpare i piloti e/o i controllori di volo nel caso d’incidenti gravi; nello stesso tempo gli estensori dei commenti sul sito denunciano il mancato approfondimento di alcuni inconvenienti avvenuti negli ultimi anni a carico delle sonde dei tubi di Pitot che avrebbero potuto prevenire l’incidente dell’Airbus Air France, precipitato al largo delle coste brasiliane, in posizione ancora non accertata.
E’ una denuncia ferma e chiara che deve far riflettere sull’importanza dell’investigazione accurata degli eventi di pericolo e sulla Just Culture allorquando si affrontano problematiche di sicurezza volo.
Ricordiamo succintamente i casi più eclatanti sui quali si è puntata la critica di EuroCockpit:
Habsheim-Molhouse 26 JUN 1988 A320 3 morti
Ste Odile – (Strasburgo) 20 JAN 1992 A320 87 morti
Gonesse – (Charles de Gaulle) 25 JUL 2000 Concorde 109 morti
Cayenne – (Guiana) 25 MAJ 2001 A340 danni minori
Toronto – (Canada) 02 AUG 2005 A340 distrutto
Douala - (Cameroon) 19 FEB 2006 A340 danni sostanziali
Volo Rio – Parigi (AF 447) 1 JUN 2009 A330 228 morti disperso
Ed ecco l’articolo pubblicato da Eurocockpit.
Un po’ di champagne molto caro!
Articolo pubblicato il 28/09/2009 da Eurocockpit
Come da noi annunciato un mese fa, sarebbe stato confermato che il Direttore del BEA, Paul Louis Arlasian, “va in pensione (ma non c’entra niente)” nel prossimo mese di ottobre.
Abbiamo letto e sentito delle indiscrezioni sulla fine della carriera degli “X65” (laureati nel 1965 al Politecnico) ma il risultato è evidente, conformemente a quanto da noi annunciato, prova ne sia che il potere politico ha ancora interessi in materia aeronautica e ciò non dispiace ai (quasi) inossidabili tecnocrati.
La Francia ha una possibilità (ed una sola) di finirla con le inchieste sugli incidenti che conducono sistematicamente alla colpa dei piloti o dei controllori, come nel caso di S.te Odile per esempio, in cui sono state sospettate e provate manomissioni di documenti.
Forse la finiremo così con le coordinate geografiche false di un punto d’impatto, in un rapporto ufficiale, solo perché ciò conviene a chi redige un rapporto d’incidente.
Forse dal 5 ottobre prossimo le ASR (Air Safety Report) che riguardano problemi così importanti (e ricorrenti) come quelli delle sonde dei Pitot saranno letti e trattati come devono esserlo e che saranno prese misure correttive prima che altre 228 persone debbano pagarne l’insopportabile alto prezzo.
Habsheim, S.te Odile, Cayenne, Gonesse, Toronto, Douala, Rio….- Tante relazioni d’inchiesta o assenza di relazioni che rendono bene l’idea di quale sia il quadro aeronautico attuale e quello della ricerca per la prevenzione ed il miglioramento della sicurezza.
Abbiamo visto recentemente la BEA-mare lanciarsi nelle spiegazioni più fumose per spiegare il naufragio del Bugaled Breizh, questo peschereccio di 24 m, secondo la versione ufficiale, incagliato su un banco di sabbia, sparito subito dopo che l’imbarcazione è affondata, mentre è stato stabilito che un sottomarino si era impigliato nelle sue reti da pesca … sembrerebbe di leggere un rapporto della BEA aeronautica sull’incidente di S.te Odile.
E’ ora che, sul piano aeronautico, la Francia torni ad essere credibile su scala internazionale e l’ora di ringraziare gli amici della X65 e quelli che s’ispirano a loro; è ora di girare pagina.
Un ultimo appunto: molto stranamente Eurocockpit non è stato invitato fin dall’inizio. Non siamo raffinati in fatto di galateo ma non per questo ci comportiamo da maleducati.
Nessun dubbio che gli amici X65 porranno rimedio a questa “omissione” e che noi saremo dunque invitati fin dall’inizio per quanto riguarda l’evento in Air France. Così come avevamo annunciato un mese fa, già che c’è il pensionamento (ma non c’entra niente). D’altronde alcuni hanno già ricevuto il loro invito per bere un po’ di champagne nella classe superiore (vedi telex).
Questo è l’ironico articolo di Eurocockpit, di commento finale alla raccomandazione di “upgrading” sul volo AF 229 del 16 Aprile, originata dalla Direzione Generale dell’Air France di Parigi, diretta al proprio Caposcalo ed al “responsabile degli imbarchi”, in favore del Direttore del BEA.
Per il resto ci fermiamo qui, anche se abbiamo intenzione di cercar di approfondire qualcosa in merito ai segnalati malfunzionamenti delle sonde di Pitot montate sui velivoli Airbus, ma soprattutto sull’altrettanto segnalata incapacità di questi aeroplani di mantenere funzionanti correttamente e collegati gli automatismi di condotta del volo, sia in crociera che in avvicinamento strumentale. 17 ottobre 2009
Da notizie che arrivano addirittura dalla prestigiosa “U. K. Royal Aeronautical Society – RAeS” e più precisamente da una Conferenza internazionale dedicata all’addestramento dei membri di condotta degli equipaggi di volo dell’aviazione civile, tenutasi a Londra sotto il patronato del predetto organo scientifico inglese, il Capo degli scienziati e Consulente tecnico della Federal Aviation Administration Dr.ssa Kathy Abbott ed il Comandante John Cox del Comitato Operazioni della RAeS hanno concordemente messo in discussione la largamente reputata credenza che un genere di sofisticata automazione non sia molto lontana dall’assumere il ruolo ora svolto dai piloti umani.
Partendo e confermando l’assunto che il termine ora abusato di “pilot error”, è adoperato generalmente a sproposito, questi studiosi di sicurezza in aviazione ricordano anzitutto che le cronache di incidenti e sinistri aeronautici possono registrare “errori umani”, ma moltissime altri eventi che vedono voli commerciali in gravi difficoltà tecniche sono stati salvati dai normali equipaggi di condotta delle aerolinee civili senza che venga data alcuna pubblicità, salvo casi come quello dell’ammaraggio dell’Airbus A. 320 della U. S. Airways nel fiume Hudson di New York, solo perché documentati da riprese cinematografiche o televisive.
La Dr.ssa Abbott ha affermato che gli archivi aeronautici mostrano che almeno il 30% di tutti i modi di avaria dei sistemi automatizzati di bordo che stavano producendo un incidente non sono stati previsti dagli ingegneri, tanto che non esistono apposite checklists per affrontarli.
La deduzione logica che ne consegue è che i piloti umani hanno saputo gestire circa il 70% di avarie non previste, a parte quelle per le quali esistevano adeguate checklists.
Come sostenevo di recente in un mio articolo pubblicato nella mia rubrica di “AeroHabitat” che commentava il testo del Collega in servizio Comandante Capuano, pubblicato sul n. 27/28 dell’Agenzia aeronautica Air Press, riguardante le problematiche degli aeromobili con cabine di pilotaggio “glass cockpit”, personalmente avanzavo il dubbio che«… si continui a percorrere la strada dell’automazione più esasperata a tutto scapito delle risorse umane e dell’addestramento dei piloti professionisti», all’insegna d’un risparmio che finisce per non pagare.
A conferma di quanto sopra, arriva ora il commento al fatto d’un equipaggio di condotta d’un Boeing B. 737-300, il quale durante un avvicinamento all’aeroporto di Bournemouth (U. K.) ha consentito che la velocità del velivolo decadesse pericolosamente e ne quasi perdesse in controllo.
La Compagnia aerea coinvolta ha condotto una campagna di controllo sui propri piloti, trovando che pochi piloti presentano una scansione degli strumenti di volo seriamente insufficiente, anche nei casi in cui le loro prestazioni sarebbero state giudicate come buone da un pilota esaminatore in cabina di pilotaggio. La deduzione scientifica è che alcuni piloti di aerolinee civili, forse in tutte le Compagnie aeree, stanno volando soltanto perché non sono mai tecnicamente incorsi in problemi durante i loro controlli periodici.
Ma il guaio - sostengono coloro che hanno effettuato questi test – risiede nel fatto che questo comportamento non sarebbe correggibile anche qualora questi piloti venissero sottoposti ad un periodo di nuovo addestramento, in quanto i soggetti portatori di tale difetto tenderebbero a “retrogredire” [termine usato in psicologia applicata – ndr] nuovamente, in seguito, nei comportamenti per loro naturali, perché acquisiti fin dall’inizio della professione.
Dunque il problema per l’industria del trasporto aereo risale al reclutamento e perfino alle visite mediche attitudinali d’idoneità, in quanto, se è vero che la scansione degli strumenti di volo s’impara con la pratica durante le lezioni di pilotaggio ed al simulatore, è anche vero che nei candidati piloti assolutamente non devono esserci difetti né visivi né neurologici.
Ed invece, mentre l’aspetto oculistico viene abbastanza ben controllato, quello neurologico specifico dei collegamenti funzionali tra vista e cervello e viceversa viene abbastanza trascurato in campo medico in sede di reclutamento.
Ciò assume ora maggior importanza sui moderni velivoli dotati di “glass cockpit” rispetto alle cabine di pilotaggio dotate di strumenti analogici, in quanto se ora la scansione strumentale, utile ad un pilota per assumere le informazioni necessarie alla condotta manuale (già di per sé poco praticata) o al controllo del volo gestito dagli automatismi (che però possono fallire in qualsiasi momento, né più né meno del pilota, in quanto anch’essi soggetti all’errore umano dei progettisti, oltre alle avarie), è senz’altro facilitata perchè le informazioni indispensabili sono ora concentrate e addirittura condensate negli strumenti digitali rappresentati su degli schermi televisivi (display) alfanumerici multicolorati, ma che richiedono un’alta capacità di definizione sia visiva che cerebrale di quanto viene presentato.
E quest’aspetto, a quanto pare, viene molto trascurato sia in occasione dei controlli medici d’idoneità che successivamente durante le sedute di addestramento strumentale, sia iniziale che avanzato.
In materia di percezione e comprensione delle informazioni strumentali, ricavate dai moderni strumenti digitali multicolorati, v’è poi da segnalare la notizia proveniente dalla U. K. CAA - Civil Aviation Authority – che annuncia l’introduzione di un sistema computerizzato per la valutazione delle eventuali deficienze visive dei colori per i candidati piloti civili, con l’intenzione di promuoverne l’adozione quale standard medico-legale internazionale.
La CAA si dichiara preoccupata per il fatto che gli esistenti requisiti di visione dei colori all’interno ed all’esterno delle cabine di pilotaggio possa essere insufficiente per i più moderni compiti assegnati ai piloti civili.
In particolare, l’attenzione dello studio condotto allo scopo, è stato quello rivolto ai compiti più critici per la sicurezza assegnati ai piloti, che indicativamente sono stati individuati sia all’interno che all’esterno del cockpit stesso.
All’interno delle cabine di pilotaggio riguardano appunto la percezione e la comprensione delle informazioni provenienti dagli strumenti digitali che adoperano colori distinti per diversificare le informazioni necessarie molto condensate all’interno della raffigurazione di ciascuno strumento, mentre per quanto attiene all’esterno, si fa esplicita menzione alla comprensione delle informazioni provenienti dai sistemi degli indicatori del corretto sentiero di precisione (PAPI), indicatori che adoperano luci rosse e bianche per guidare a vista i piloti sul corretto angolo verticale verso il contatto con la pista. Questo senza però escludere altri segnali luminosi aeroportuali esterni altrettanto importanti, come, ad esempio, il codice-colore delle luci di pista per le operazioni ogni-tempo.
Come si può constatare, il problema della visione, percezione e comprensione dei colori e delle luci colorate usate in aviazione dai piloti è molto più ampio ed esteso di quanto possa apparire a prima vista ! 25 settembre 2009
Sull’ultimo numero di “Tecnologia e Difesa” – rubrica “UAV” - ho trovato queste notizie, che non posso esimermi dal commentare.
· La prima:- «La NASA ha assegnato ad “Aurora Flight Sciences” un contratto per lo sviluppo di un sistema di guida, navigazione e controllo di tipo innovativo mirante ad aumentare l’affidabilità degli UAV nella fase d’atterraggio, una di quelle più critiche nella condotta delle operazioni. La maggior parte degli incidenti avviene infatti nella fase di richiamata immediatamente precedente l’atterraggio quando il velivolo [e NON “aeromobile” – ndr] viene fatto rallentare subito prima di toccare il suolo. “Aurora” intravede due possibilità per risolvere il problema. La prima riguarda la messa a punto di un sistema di controllo e pianificazione della richiamata sui propri UAV. La seconda si riferisce all’applicazione dei progressi compiuti in base alla teoria del controllo sia dei velivoli pilotati, che di quelli non-pilotati».
Così questi “mezzi-aerei”, come non mi stancherò di definire questi aeroveicoli (com’erano definiti in origine), così utili nelle operazioni belliche, avrebbero la pretesa, con tutte le loro attuali limitazioni d’affidabilità, d’utilizzare gli spazi aerei non-segregati o riservati e quindi di poter atterrare come qualsiasi traffico di Aviazione Generale sugli aeroporti civili, anche quelli più congestionati?
· La seconda notizia:- « USAF: Problemi di personale per gli UAV.
Secondo fonte USAF oltre un terzo dei Predators impegnati in missione in Iraq e Afghanistan è andato perduto, essenzialmente per cause tecniche; negli ultimi 18 mesi gli incidenti hanno portato alla perdita di 70 velivoli, anche se il rateo degli incidenti è calato a fronte di un consistente numero delle ore di volo. Secondo alcuni piloti, i sistemi di pilotaggio remoto sono complessi ed alcuni comandi sono pericolosamente vicini uno all’altro, come il pulsante d’apertura del fuoco e quello che provoca lo spegnimento del propulsore. Inoltre i piloti sono sottoposti a turni estenuanti [sì, perchè ci si stanca anche stando a terra o su di un simulatore – ndr] dato che alla sempre maggior richiesta di UAV in teatro [di operazioni – ndr] non corrisponde un adeguato incremento del personale, tanto che gli USA hanno dovuto richiamare in servizio personale da poco congedato. Per cercare di risolvere il problema gli USA hanno lanciato una campagna addestrativa per formare piloti in grado di gestire i velivoli via satellite dall’America ! Le unità dell’Air National Guard impegnate con questo tipo di velivoli sono state richiamate in servizio per alleggerire il lavoro del personale effettivo. E’ iniziato l’addestramento di personale con esperienza di pilotaggio molto limitata, per ovviare alle resistenze dei piloti “veri” che non intendono lasciare il Martin Baker per trasferirsi di fronte allo schermo di un computer! Le missioni giornaliere sono infatti triplicate nel corso degli ultimi due anni e ciò è dovuto al fatto che gli UAV si sono dimostrati il sistema più efficace per contrastare gli insorgenti grazie alla loro persistenza nella zona di operazioni ed alla loro capacità di risposta [bellica – ndr] immediata.
La flotta dell’USAF è oggi di 195 Predators e di 28 Reaper (che compiono in media 34 missioni di pattugliamento al giorno nei due teatri operativi, tre volte quelle volate nel 2006, trasmettendo 16.000 ore di video al mese), mentre complessivamente, considerando anche i mini-UAV, i sistemi non-pilotati [espressione molto equivoca quest’ultima – ndr] impiegati dagli USA sono passati dai 167 del 2001 a oltre 5.500».
A fronte di queste notizie poco tranquillizzanti, che si commentano da sole, per quanto attiene specificamente gli UAV militari della NATO in Europa rimando a quanto ha asserito il Direttore Generale di Eurocontrol riferendo delle richieste in materia e che ho riportato nell’articolo «L’Europa aumenta la posta …» di Agosto c. a.. Questo scritto è la continuazione del sopraccitato articolo e del precedente del mese di Febbraio «Base degli UAV della NATO in Italia». Quest’ultimo ben più preoccupante per le notizie che annunciano l’apertura, a breve volgere di tempo, degli spazi aerei italiani aperti ai voli commerciali dell’Aviazione Civile Internazionale agli UAV ISR (Intelligence, Surveillance, Reconnaissance) per tutta la NATO.
Tutto questo è ben diverso dal panorama tranquillizzante che ci è prospettato dall’Agenzia di stampa aeronautica “Air Press”, che sul numero 33/34, con il titolo «Il Predator dell’A. M. ha dimostrato di essere un sistema “ultrasafe”», pubblica le dichiarazioni del Comandante del 32° Stormo dell’A. M., che impiega anche i Predators italiani in Afghanistan dalla base di Herat, il quale sul Predator conclude:- «Un velivolo come tutti gli altri, operando in piena sicurezza e dimostrando di essere un sistema “ultrasafe”».
Dopo aver letto le notizie riportate da “Tecnologia e Difesa” – rubrica “UAV” si può concludere che i “manovratori” di UAV dell’USAF sono più scarsi dei nostri, ma tanto ottimismo sembra un po’ incauto, proprio perché provenente da un Pilota militare che possiede anche un’ottima preparazione di sicurezza del volo, tanto da esser stato anche Direttore dell’Istituto Superiore per la Sicurezza del Volo e Direttore delle rivista “Sicurezza del volo” dell’A. M.; incarichi che ha ricoperto con grande capacità.
La nuova frontiera che si prospetta è quella annunciata del controllo remoto a lunga distanza via satellite per tutti i voli militari di UAV che finora erano effettuati in “line of sight”, oppure entro appositi corridoi riservati, anche via controllo remoto da satellite.
In questo quadro, mi preme sottolineare, quello che risulta ancora una volta anomalo ed è “l’assordante silenzio” su questa materia da parte delle nostre Associazioni professionali di Piloti e Controllori. Ma si sentono davvero così tranquilli e sicuri ? 17 settembre 2009
le considerazioni tecniche del Com.te Renzo Dentesano.
Ho molto apprezzato l’articolo sul n. 27/28 di Air Press sui problemi dei piloti degli aeromobili con glass cockpit a firma del Collega in servizio Com.te Capuano e le sue considerazioni professionali in merito al fatto che «… chi vola con glass cockpit dovrebbe effettuare più sessioni di addestramento al simulatore rispetto a quelle previste …».
Ma ancora una volta mi trovo costretto a domandare e a chiedere:- Ma siamo sicuri che l’industria abbia imboccato e continui a percorrere la strada dell’automazione più esasperata, a tutto scapito delle risorse umane dei piloti professionisti, sia in termini di skills necessari a navigare e pilotare un aeroplano con passeggeri paganti a bordo e sempre a rischio che nel momento cruciale in cui i sistemi collassino o degradino, le capacità e la prontezza di reazione del pilota, da tempo ridotto a programmatore e a sorvegliante dei sistemi, non bastino e siano invece necessarie capacità e cognizioni di “pilotaggio antico” d’una volta ?
In merito personalmente ricordo epici “scontri” dialettici sostenuti con l’illustre Collega dr. Marcello Ralli, allora comandante Alitalia ed attuale titolare di “Ralli Associates”, quando tra la fine degli anni ’80 e ’90 abbiamo a lungo dibattuto, all’Istituto Italiano di Navigazione allora presieduto dal compianto Ammiraglio Machiavelli, sulla bontà o meno dell’automazione “spinta” a bordo degli aerei di linea, volta a surrogare la tendenza dell’industria a continuar a diminuire il numero dei membri d’equipaggio sugli aeromobili da pubblico trasporto di passeggeri, al fine precipuo di risparmiare sui relativi costi d’esercizio.
Ma, come abbiamo visto, la crisi delle maggiori Compagnie aeree d’una volta era iniziato con la deregulation e ben prima dell’attuale crisi finanziaria mondiale e che l’avvento sia dell’automazione che delle Compagnie low cost e con equipaggi ridotti all’osso non è che siano stati conseguiti i benefici sperati soprattutto in termini di sicurezza del volo nel trasporto pubblico. Talché ritengo che la mia domanda continui a rimanere valida.
Infatti, mentre un certo progresso tecnologico ha comportato un netto miglioramento della “situational awareness” a bordo, mostrando ai piloti la navigazione dell’aereo su di un piano tridimensionale esplicito, l’automazione di altre funzioni tipiche di pilotaggio attivo hanno conseguito, a mio avviso, un risultato molto deleterio in termini di capacità gestionale e di manovra da parte del pilota. E se ciò ha comportato un risparmio nelle ore di apprendimento della macchina e di addestramento al simulatore, ciò è stato ed è continuamente pagato in termini di capacità e professionalità complessiva del pilota.
Ed allora ripeto, siamo sicuri di essere sulla strada giusta ? 08 settembre 2009
Considerazioni del Com.te Renzo Dentesano
L’Ispettore Generale del Dipartimento dei Trasporti USA aveva presentato, meno di un mese prima della collisione in volo avvenuto l’otto agosto tra un aeroplano da turismo ed un elicottero in volo turistico sopra il fiume Hudson di New York, una relazione con precise critiche nei confronti della Federal Aviation Administration – FAA – responsabile di tutta l’aviazione civile statunitense, per la gestione del Controllo del Traffico Aereo, accusando tale amministrazione aeronautica di «una significativa indebolita sorveglianza sull’industria dei “voli a domanda” rispetto a quella esercitata sull’industria delle aerolinee commerciali».
Il Presidente del National Transportation Safety Board – NTSB – aveva inoltre dichiarato che «tale relazione ha chiaramente indicato che vi è un disparato livello di sorveglianza» fra i due tipi d’attività aeronautiche.
Nel mese di luglio la FAA aveva emesso la nuova politica disciplinare interna nei confronti dei Controllori di volo, annunciando di «voler andare oltre la cultura della colpa e della punizione, pur ribadendo che il Controllore rimane responsabile delle proprie azioni».
Tutto ciò nello spirito dell’acquisita consapevolezza che «per scoprire i problemi e trarre insegnamento dagli “incidents” un’informativa qualificata è solo quella che può provenire direttamente dagli addetti alla prima linea, cioè i Controllori in servizio».
Così l’Amministratore della FAA aveva annunciato d’aver disposto con decorrenza immediata che il nome dei Controllori del Traffico Aereo coinvolti in un “incident” oppure autori di una segnalazione riservata od anonima di un evento di sicurezza del volo a loro conoscenza, non avessero più a figurare negli atti ufficiali interni riguardanti gli errori operativi involontariamente commessi. Solo dopo che sia emerso inequivocabilmente, dall’investigazione interna e da quella del NTSB, la negligenza grave o comportamento penalmente perseguibile, gli atti risultanti verranno d’ufficio trasmessi alla competente Autorità giudiziaria, proprio come chiaramente stabilito anche dal principio fondamentale della Just Culture.
Alla luce di quanto avvenuto in America, non si può far a meno di rilevare che in Italia manca un tale tipo di sorveglianza sulle funzioni della nostra amministrazione aeronautica cioè l’ENAC, pur se contemplato dalla nostra legislazione.
La cancellazione della funzione di sorveglianza sulla gestione operativa dell’ENAC da parte del Dipartimento dell’Aviazione Civile del Ministero dei Trasporti, sorveglianza che prima del Decreto legislativo n. 250 del 25 luglio 1997 istitutivo dell’Ente era specificamente demandata a detto Dipartimento e non, come poi, attribuita ad una generica “vigilanza e controllo” da parte del Ministero dei Trasporti.
Se si comprende che l’ENAC ha non solo il compito di regolamentazione tecnica, autorizzazione, certificazione e sorveglianza su tutta l’Aviazione Civile nazionale ed anche (più recentemente) di dettare le norme sul Controllo del Traffico Aereo gestito dall’ENAV – Ente Nazionale per l’Assistenza al Volo – e della sorveglianza sul suo operato tecnico, si può ben comprendere coma la mancanza di un Ente tecnico di supervisione, sovraordinato ad ENAC, sia ravvisata come una lacuna preoccupante. Ciò risalta significativamente all’attenzione di chiunque sia a conoscenza di ciò che è realizzato a favore della sicurezza del volo in altri Paesi aeronauticamente evoluti, che pure presentano quantità e livelli d’attività ben maggiori di quelli dell’Aviazione Italiana.
Come conseguenza dello scontro aereo sopra l’Hudson River, il 14 agosto è stato emesso un comunicato che informa la pubblica opinione degli USA che «le Autorità hanno sospeso dal servizio il Controllore che al momento della fatale collisione stava al telefono di servizio impegnato in una conversazione telefonica».
La FAA da parte sua ha affermato che il Controllore dell’aeroporto di Teterboro nel New Jersey era impegnato al telefono «in una conversazione apparentemente “inappropriata”» e che il Supervisore di Torre non era nell’edificio, come avrebbe dovuto, al momento del fatto.
Ha inoltre comunicato di aver dato inizio ad un procedimento disciplinare nei confronti del Controllore che gestiva il piccolo aeroplano che si è scontrato con l’elicottero, anche se adesso non vi sia ragione di credere che tale attività “inappropriata” del Controllore abbia potuto contribuire al sinistro che ha ucciso nove persone.
Gli Investigatori del NTSB e della FAA hanno appreso della conversazione telefonica “inappropriata” mentre esaminavano le registrazioni del telefono che collega la Torre con gli altri enti dell’aeroporto di Teterboro.
Infine l’Associazione Nazionale dei Controllori ha comunicato che appoggia una completa indagine in merito alla tesi accusatoria, prima che siano pronunciati giudizi sommari.
Dunque, tutti comportamenti pubblici che differiscono in modo esemplare da ciò che invece accadde al tempo del disastro del 8 ottobre 2001 sull’aeroporto di Linate, dove l’unico Controllore di Torre – settore “Ground”– fu criminalizzato da subito ed anche dal Collegio giudicante, mentre stava gestendo un intenso volume di traffico in presenza di fitta nebbia.
Il Capoturno e Supervisore di Torre, a turno appena iniziato, era invece assente dalla Torre, seppur sostituito da altro Controllore presente in Torre.
Questi non fu mai indagato e tanto meno rinviato a giudizio dalla Magistratura subito intervenuta a bloccare tutte le attività d’investigazione tecnica, che furono poi ammesse.
L’investigazione ANSV è stata in seguito espletata in parallelo al CTU Consulente Tecnico d’Ufficio dell’Inquirente - in origine investigatore ANSV – con i seguenti quesiti:
Il risultato del procedimento penale fu di una condanna per il controllore, assieme a tutti gli altri imputati.
Contrariamente a quanto dispone l’ICAO in merito, cioè di tener separata l’investigazione tecnica dall’indagine penale».
Ecco due modi diversi di gestire, almeno inizialmente, gli accadimenti aeronautici dovuti al sospetto di colpa grave:-
- da una parte ciò che accade negli USA dove l’investigazione tecnica ha il suo corso fino a quando sia provata che una negligenza o un comportamento scorretto ed inadeguato abbia potuto causare in disastro;
- dall’altra ciò che è avvenuto e continua ad avvenire in Italia e che comporta che una documentazione tecnica ufficiale dell’ANSV (Relazione d’inchiesta su l’incidente del 24 febbraio 2004 – Cessna Citation 500 volo Ciampino - Cagliari) sia stata emessa soltanto dopo cinque anni dal fatto, giustifichi in pieno l’operato dei due Controllori, nel frattempo condannati in primo grado di giudizio, per l’impatto contro gli ostacoli orografici di un aeroplano il cui pilota aveva dichiarato di procedere secondo le regole del volo a vista e di separarsi autonomamente dagli ostacoli verso la sua destinazione all’aeroporto di Cagliari. 06 settembre 2009
Notizie poco note commentate dal Com.te Renzo Dentesano.
A quanto pare i turisti italiani hanno la memoria corta oppure “ non perdono mai … il vizio”.
Almeno tre (per quanto si sa finora) i turisti italiani tra gli otto passeggeri del velivolo BN-2A “Islander”, un piccolo bimotore con motori a pistoni, marche venezolane YV-212T, il cui pilota di 66 anni, il pomeriggio di domenica 16 agosto alle ore 17.30 locali, è stato costretto ad un ammaraggio forzato nel Mar dei Carabi (di solito infestato dai pescecani) mentre si trovava in avvicinamento all’aeroporto internazionale di Caracas – Maiquetia.
L’aeroplano, che proveniva dall’arcipelago di Los Roques, è finito a mare ad Ovest dell’aeroporto, a soli 150 metri dalla costa della località di Porto Viejo, dalla quale sono partiti i primi soccorsi.
Per quanto è dato di sapere tutti i nove occupanti sono stati salvati, anche se non sono note le loro condizioni fisiche.
Come forse qualcuno ancora ricorderà in Italia (a parte i familiari degli scomparsi), il 4 gennaio 2008 un bi-turboelica LET 410-UVP della Compagnia venezolana “Transaven”, decollato da Caracas-Maiquetia e diretto a Los Roques con un numero indeterminato di passeggeri a bordo, tra i quali anche otto cittadini italiani, era dato per precipitato nel Mar dei Carabi. Ma da allora nessuno ha trovato il relitto del velivolo né traccia dei suoi occupanti.
Ma gli italiani continuano … a frequentare ! 21 agosto 2009
Cosa è accaduto al largo dell’arcipelago di Fernando de Norohna il 1 giugno 2009?
Aerohabitat propone una seconda, autorevole analisi, stavolta quella del com.te Renzo Dentesano. Il documento è del 9 giugno 2009.
Cherchéz le timon et les sondes
Studio del Com.te Renzo Dentesano,
Investigatore d’incidenti aeronautici.
Il volo Air France 447 - velivolo A 330-200 - del 31 Maggio da Rio de Janeiro a Parigi è bruscamente terminato intorno alle ore 02.15/UTC del 1 Giugno 2009 nell’Oceano Atlantico, poco sopra l’altezza dell’Equatore, tra le posizioni di ORATO (02°14’8”N – 30°55’4W) e quella di TASIL (04°00’3”N – 29°59’4”W) sulla rotta oceanica UN 873, tra Recife (Brasile) e Dakar (Senegal), mentre volava al livello di crociera 350 (35.000 piedi) con 228 persone a bordo.
Al momento, oltre alle notizie fornite dalla Compagnia armatrice sui messaggi automatici di molteplici avarie trasmessi dall’ACARS di bordo – Airborne Communications Addressing and Reporting System – invero piuttosto significativi ma non probanti come potrebbero essere i dati delle registrazioni del DFDR – Digital Flight Data Recorder – di bordo, finora si sa per certo che sono stati recuperati i cadaveri di 16 persone e di alcuni relitti dell’aereo, indicanti inequivocabilmente la loro appartenenza al velivolo scomparso. Tra quest’ultimi, al momento, i più indicativi risultano essere un’estremità alare e soprattutto l’intera deriva divelta dell’impennaggio verticale di direzione.
Ho definito indicativi questi due rottami chiaramente collassati in volo, tra i quali il più importante risulta essere proprio la deriva del timone di coda dell’aereo, la quale ha già dato in passato dimostrazione di essere particolarmente vulnerabile sull’intera serie d’aeromobili derivati dal capostipite di questo modello di produzione Airbus: vale a dire il velivolo A 300. Hanno fatto seguito tutte le serie prodotte, dall’A 340, che non ha incontrato i favori delle Aerolinee, all’A 330 di cui ci stiamo occupando.
L’A 330 è un aeromobile a lungo raggio (con la fusoliera dell’A 340 accorciata), dotato di due reattori e governato dai comandi di volo del tipo “Fly-by-wire” (cioè a fibre ottiche ed attuatori elettrici) alimentati dalla corrente elettrica dei generatori di bordo e, in emergenza, anche da una speciale elica che, mossa dal flusso d’aria in cui si muove l’aeroplano, può fornire un certo ammontare d’energia elettrica e altre energie ausiliarie.
Ma vediamo un po’ di cronistoria di questo prodotto aeronautico, che può aiutarci ad ipotizzare che cosa possa essere accaduto al volo AF 447.
IL 30 Giugno 1994 (15 anni orsono) un A 330-221 veniva sottoposto ad un volo di collaudo sull’aeroporto di Toulouse, nel corso della sua certificazione con installati reattori Pratt & Whitney, dopo la serie già approvata con reattori General Electrics nel 1992.
Su quel volo di collaudo – velivolo marche F-WWKH – oltre ai tre membri dell’equipaggio e a due tecnici della stessa ditta costruttrice, erano presenti anche due piloti italiani, colà recatisi in visita culturale, inviativi dal sindacato professionale della categoria ed ospitati a richiesta su quel volo come passeggeri. Durante la seconda manovra di decollo di quel giorno, i piloti ai comandi, con autopilota inserito, a causa d’un eccessivo assetto di beccheggio dell’aeroplano indotto dall’automatismo di controllo, non furono in grado né di contenere il rapido decadimento della velocità e neppure di neutralizzare il successivo rollìo indotto, finendo con il precipitare ai margini della pista, causando la morte di tutti e sette gli occupanti. Fin qui la versione ufficiale dell’inchiesta tecnica.
Ma … c’è qualcosa che l’inchiesta non ha stabilito o quanto meno non ha reso pubblico. Secondo fonti attendibili, il mancato recupero dal rollìo finale seguito all’eccessivo assetto longitudinale assunto dall’aeroplano nella circostanza, fu dovuto anche all’insufficiente autorità del timone di direzione, in quanto sottodimensionato per la spinta dei nuovi motori e per la fusoliera accorciata rispetto al progetto dell’A 340 dal quale l’A 330 derivava. Tale difetto fu accuratamente tenuto nascosto, in quanto la casa costruttrice s’era impegnata, oltre che a pagare un lauto indennizzo ai famigliari delle Vittime, anche a migliorare la parte caudale verticale dei successivi velivoli in produzione.
La fusoliera dell’A 340 era più lunga di oltre una quindicina di metri rispetto a quella che fu poi adottata per l’A 330. Dopo il grave incidente del 1994 si scoprì appunto che la fusoliera accorciata richiedeva una velatura verticale di coda più estesa e si decise quindi di allungare la deriva ed il rispettivo timone di direzione per renderli più efficienti. Già, … ma gli attacchi di quel timone alla fusoliera erano ancora …. gli stessi! Quelli cioè del capostipite della serie:- l’A 300.
A 300-B4 che subì un grave incidente durante il decollo dall’aeroporto di New York – Kennedy il 12 Novembre 2001 dopo essere entrato nella scia turbolenta di un B. 747 decollato un minuto e mezzo prima da un’altra pista.
Il Co-pilota dell’A 300 che era ai comandi, per ovviare agli effetti perturbatori della scia del B 747, agì bruscamente e violentemente sul timone di direzione per raddrizzare il proprio velivolo, in modo tale da provocare la rottura e la separazione dal velivolo dell’intero impennaggio verticale di coda, così facendo precipitare fuori controllo l’aeromobile con tutte le 251 persone a bordo su di un quartiere residenziale costiero, dove si contarono altre nove vittime tra gli abitanti del luogo.
Nel 2007 poi il costruttore scoprì che le sonde dei tubi di Pitot, indispensabili per fornire una corretta pressione totale dell’aria alla capsula barometrica che distribuisce i valori di velocità ai vari computers di bordo, erano difettose e pertanto informò, con un apposito bollettino di servizio, tutti gli utenti di provvedere alla sostituzione di questi indispensabili sistemi di rivelazione della velocità. Air France, uno dei maggiori clienti del velivolo costruito in Francia, ovviamente inizia la campagna di sostituzione graduale di questi impianti ad iniziare dai modelli a corto-medio raggio e rinviando nel tempo quella sui modelli a lungo raggio, più recenti.
Nel frattempo, il 7 Ottobre 2008, un A 330 dell’australiana Quantas in volo da Singapore a Perth (Australia), mentre sorvolava l’Oceano al livello di crociera 370 (37.000 piedi) con 303 passeggeri, 9 membri di cabina e tre membri di condotta, in aria calma, improvvisamente ebbe il distacco non comandato dell’autopilota che governava la rotta, fatto inatteso che fu accompagnato da vari indicatori d’avaria di vari sistemi ed impianti di bordo. Mentre i piloti ai comandi stavano valutando la situazione pilotando manualmente, ancor più inaspettatamente il velivolo ebbe un improvviso e violento momento a picchiare, raggiungendo un assetto a muso verso il basso di oltre 8 gradi così perdendo 650 piedi (200 metri circa) di quota. I piloti, sempre manualmente, riportarono l’aeroplano al livello di volo assegnato ed iniziarono le azioni necessarie a correggere gli svariati messaggi di avaria annunciati sull’ED – EICAS Display. Soltanto tre minuti più tardi il velivolo iniziò una seconda picchiata non comandata di circa 3 gradi e mezzo a muso basso, durante la quale perse nuovamente altri 400 piedi. Questi due eventi inaspettati e sconcertanti provocarono il ferimento grave di un assistente di volo e di ben 13 passeggeri, accomodati prevalentemente nella parte posteriore della fusoliera, oltre ad un certo numero di contusi tra chi non aveva le cinture di sicurezza allacciate, costringendo l’equipaggio di condotta ad effettuare un dirottamento sul primo aeroporto australiano disponibile.
Il successivo esame dei dati registrati sul DFDR portò a stabilire che nel momento in cui l’autopilota si auto escluse vi fu un guasto registrato a carico di uno degli “air data reference computers” – ADIRU - di bordo delegati a fornire i dati di velocità al sistema di governo dei comandi di volo gestiti dagli impianti “fly-by-wire”.
Le condizioni meteorologiche favorevoli, la prontezza dei piloti ai comandi, regolarmente legati ai propri sedili ed una certa dose di buona sorte nella circostanza avversa fecero sì che non ci fossero più serie conseguenze sull’integrità della macchina se non quelle subite dagli sfortunati feriti a bordo. Questo fu il primo documentato incidente di estrema gravità, che in definitiva non faceva che confermare quanto la casa costruttrice aveva già ritenuto doveroso di comunicare all’utenza quale possibile fonte di guai:- il sistema delle sonde della velocità degli aeromobili Airbus, soggette ad improvvisi difetti che potevano compromettere gravemente la sicurezza dei voli, suggerendone pertanto l’immediata sostituzione.
Termino questa carrellata documentale sull’aeroplano protagonista di questa tragedia, almeno per quanto è possibile conoscere fino al momento attuale.
La scomparsa del volo AF 447 – aeromobile A 330 serie 200 – ha scatenato una ridda d’ipotesi alcune fantasiose, altre senz’altro più interessanti, quali quelle delle analisi delle condizioni meteorologiche incontrate dall’aeroplano, che, nell’ultima radiocomunicazione effettuata dall’equipaggio, denunciava una situazione di forte turbolenza convettiva. Tra le analisi dei vari centri meteorologici sulle condizioni di quella notte nella zona di convergenza intertropicale della rotta oceanica UN 873, sebbene abbastanza contraddittorie fra loro in quanto variano da quelle emanate da un centro meteo di previsione oceanica francese che le definiva come condizioni ben poco attive e per nulla preoccupanti ad altre che considerano invece tali condizioni come d’estrema pericolosità. Ne abbiamo analizzata una che sembra molto accurata ed approfondita (tanto da raccogliere molti consensi da parte degli addetti del settore, piloti inclusi), che qui sintetizziamo per sommi capi nella sua parte conclusiva più significativa.
Il seguente estratto di analisi molto documentata (e tradotta ad hoc), conclude la parte operativa relativa alla fase del volo, esaminata nel seguente modo:- «La distanza tra il punto INTOL, sorvolato alle ore 01.33/UTC e la posizione dell’ultimo riporto ACARS alle ore 02.14/UTC di 331 miglia nautiche, percorsa in 41 minuti, permetterebbe di stabilire che al livello di volo 350 comportava una velocità al suolo di 485 nodi e di conseguenza una velocità indicata di 288 KIAS (nodi indicati) o Mach indicato 0.841. Però questa risulterebbe un po’ eccessiva in quanto il volo AF 447 aveva dichiarato una velocità di crociera corrispondente a M. 0.82, che poi si sarebbe dovuta ridurre a M. 0.80 per rispettare la velocità di miglior penetrazione della turbolenza in nubi. Inoltre, sulla base dell’esame delle carte dei venti in quota, il volo avrebbe incontrato una componente di vento contrario di circa 10 nodi per gran parte di questo segmento di rotta, il che farebbe ridurre la velocità media sulla tratta, [se la velocità indicata a bordo era corretta e non già deteriorata marginalmente dal malfunzionamento delle sonde anemometriche – ndr]. Comunque, siccome la posizione denunciata dall’ultimo messaggio ACARS giace leggermente ad Ovest della rotta UN 873, ciò suggerisce che forse l’equipaggio di condotta aveva deviato volontariamente di qualche grado verso Nord/Ovest la propria rotta, nell’intento di evitare la zona più perturbata. Infatti, era la cellula temporalesca situata in prossimità della rotta oceanica UN 873 quella che produceva una sommità delle nubi temporalesche intorno a 56.000 piedi (17.000 metri!)»; questo, mentre l’aeromobile volava alla quota di 11.700 metri.
Di più, al momento, non è dato di sapere, nella fiduciosa attesa che arrivi la buona novella che i copiosi mezzi di ricerca che stanno ancora affluendo nella zona riescano ad individuare esattamente e quindi a recuperare almeno il DFDR, che trasmetterà ancora il suo radiosegnale di localizzazione, captabile dai Sonar marini, fino alla fine del corrente mese di Giugno. 25 giugno 2009
Considerazioni sugli UAS negli spazi aerei controllati
Da un’attenta lettura della stampa specializzata constatiamo delle inarrestabili pressioni che l’ingegneria e l’industria aerospaziale internazionale e nazionale stanno facendo per consentire, tra il 2009 ed il 2025, l’introduzione oltre che degli UAS - Unmanned Aircraft Systems – militari anche di quelli civili e commerciali in progettazione ed in sperimentazione, negli spazi aerei non-segregati utilizzati dall’Aviazione Civile internazionale.
Abbiamo altresì appreso che, con molto buon senso, l’Aeronautica Militare nazionale attualmente gestisce alcuni UAS entro spazi aerei segregati e corridoi aerei riservati ed attivati a tempo ed entro altitudini ben definite soltanto quando necessario. Informazioni certamente preziose per la conoscenza delle problematiche che l’immissione di questi nuovi “aspiranti ospiti” negli spazi aerei controllati comportano, nel rispetto delle norme dell’Aviazione Civile Internazionale – ICAO.
Ma, ahimé, apprendiamo anche, con preoccupazione, che queste norme internazionali, in vigore pur continuamente aggiornate fino ai nostri giorni dalla loro promulgazione avvenuta nel 1944, ora non basterebbero più, sebbene già anticipassero fin nel testo della Convenzione di Chicago le regole anche per gli “aeromobili senza piloti a bordo” !
La FAA negli USA ed Eurocontrol in Europa, sotto la pressione industriale dei costruttori di questi “mezzi- aerei” stanno «attivamente lavorando per trovare la soluzione al problema» ed anche l’ICAO ha attivato «un Gruppo di Lavoro, l’UAS Study Group che ha il compito di individuare le modifiche necessarie ai vari Annessi ICAO “per poter far volare gli UAV” (UAS)» negli spazi aerei controllati, come ha confermato il Vice Direttore di ENAC su Air Press. Come a dire, regole operative e di certificazione ben diverse da quelle degli altri aeromobili che utilizzano lo spazio aereo controllato !
Ed ancora «Eurocontrol ha una propria Operational Air Traffic Air Force …» il cui «obiettivo finale è il programma europeo SESAR, dove l’UAS è considerato a pieno titolo».
Orbene, per quanto risulta allo scrivente, il programma SESAR si basa sul concetto che il Traffico Aereo in rotta del futuro si possa svolgere secondo i princìpi del “Free Flight”, ovvero che gli aeromobili saranno in grado di scegliersi la rotta preferita e più conveniente economicamente, in quanto il sistema che sarà in atto consentirà l’auto-separazione di ciascun aeromobile dall’altro traffico in rotta a mezzo di sistemi di bordo e di navigazione satellitare. La sorveglianza in rotta da parte del Controllo del Traffico Aereo sarà “passiva” ed interverrà soltanto nei confronti di chi venisse a trovarsi in difficoltà operative al fine di evitare le collisioni e comunque non più come ora dove il Controllo è attivo ed addirittura preventivo per facilitare i flussi e gestire i picchi di traffico (Air Traffic Flow Management).
In definitiva, con il suo programma europeo SESAR «… punta in sostanza ad operazioni UAS identiche a quelle di aeromobili con equipaggio a bordo, inserendo sia i “manned” che gli “unmanned” in un “SESAR Target ATM Concept», comunque tutto da provare !
Fin qui le meraviglie promesse dalla tecnologia dell’automazione (che parecchie volte ha fallito, come nel caso dell’allunaggio del LEM nel 1969) che però, mi permetto di sottolineare, è anch’essa progettata e gestita da esseri umani e come tali “fallibili” come lo sono i piloti ed i Controllori del Traffico Aereo, quando commettono qualche errore lavorando però “in prima linea” ed in organizzazioni spesso tutt’altro che perfette. Tecnologia che può pertanto avere insiti al proprio interno degli “errori latenti”, pronti a scatenarsi non appena ci sia una minima opportunità. Ma questa volta, nel caso degli UAS, l’essere umano che tante volte ha rimediato al degrado della tecnologia dell’automazione, non sta a bordo. Colui che “governa” il “mezzo aereo” da terra si avvale di una tecnologia che, nell’ambito dello spazio aereo controllato, manca della capacità del “see and avoid”. Usufruisce del collegamento in “data-link” per gestire una macchina in volo magari oltre la linea dell’orizzonte e quindi gestita via radio-collegamenti satellitari, soggetti a possibili interferenze sia ambientali che di malintenzionati.
Prima di approfondire l’argomento ho un’altra notizia (che concerne i cieli sopra le nostre teste), che mi preme di esaminare.
Nell’affannosa ricerca di energie alternative non-inquinanti, la notizia viene data sotto il titolo “Il futuro dell’eolico: aquiloni in alta quota!”, che appresso riporto testualmente.
«Già oggi, nelle zone molto ventose, l’energia eolica può essere più conveniente del petrolio. Se però si riuscisse a sfruttare il vento che soffia in quota (molto più intenso e regolare che in superficie), il vantaggio sarebbe ancora maggiore. Già, ma come fare ?
La risposta è stata trovata da un gruppo di ricercatori del Politecnico di Torino … si potrebbe costruire un impianto azionato da aquiloni che raccolgono il vento anche a diversi km di quota, con costi limitati e rendimenti altissimi. L’idea [manco a dirlo ! – ndr] è diventato un progetto europeo: KiteGen. Così è stato realizzato un prototipo che genera 25 KiloWatt a 800 metri di quota … e sono già in programma impianti da 10 MegaWatt, capaci di alimentare una piccola città. Impiantii che prevedono il decollo ed il ritiro automatico degli “aquiloni” in volo a 1.300 metri con una traiettoria controllata elettronicamente a forma di “8”, che consente il rendimento energetico più efficiente.
Con questo impianto si potrebbe produrre energia al costo industriale di 25 Euro/MW/ora, contro gli 80 Euro/MW/ora, ad esempio, del carbone.
Il vantaggio economico può ancora migliorare con impianti più grandi, in cui molti “aquiloni” azionano una grande turbina.
Con 200 aquiloni che fanno girare una turbina con diametro di 1,6 Km [!] alla velocità di rotazione di 15 giri all’ora, si potrebbe generare 1 GigaWatt. Cioè l’equivalente d’una centrale nucleare di media potenza e questo progetto sarebbe realizzabile entro tre anni».
Oh, bella questa ! Ma allora anche questi «aquiloni che raccolgono il vento che soffia in quota … molto più intenso e regolare che in superficie … anche a diversi Km di quota …» sono a tutti gli effetti «aeromobili», al pari (niente di più e niente di meno) degli «aerostati», “aeromobili più leggeri dell’aria, secondo la definizione internazionale di aeromobile”, tra i quali sono annoverati … appunto «i palloni frenati», che, dall’epoca dei fratello Montgolfier ed attraverso l’impiego bellico nella Iª e IIª Guerra mondiale sono giunti fino ai nostri giorni.
Ed allora ne vedremo delle belle, anche se limitatamente alle zone aero-terrestri nelle quali tali impianti dovessero essere realizzati.
Dicevamo che gli attuali UAV/UAS non hanno la capacità di “percepire, vedere ed evitare” il traffico di altri aeromobili, né quello di variare automaticamente ed improvvisamente la propria traiettoria di volo per evitare le collisioni; nei loro voli “controllati” da una stazione a terra non danno la garanzia sia dei collegamenti via radio-comunicazione in voce che via data-link; nei voli “autonomi” non danno la garanzia dei collegamenti satellitari di sorveglianza (basta una piccola avaria o interferenza elettro/elettronica per renderli completamente “invisibili”). Sono gestiti da “aviators” e comunque da manovratori non sottoposti ai severi controlli medici e psico-fisici dei piloti d’aereo (e dei Controllori del T. A.); basta la “piantata” dell’unico motore di cui dispongono (per economia di costi) per renderli “ingovernabili” ed infine non hanno a bordo piloti che rischiano la pelle (assieme ai loro passeggeri o al loro carico, nel caso del cargo), piloti militari e civili che se soli a bordo sono pronti a sacrificare le loro vite pur di non causare vittime al suolo verso il quale stanno precipitando in caso di avarie non umanamente governabili !
Queste sono le preoccupazioni di chi si occupa dei problemi di sicurezza del volo, che sono poi anche quelle delle organizzazioni professionali quali quelle dei piloti di aerolinee dell’ALPA statunitense o dell’IFALPA mondiale e perfino del National Transportation Safety Board degli USA, che a seguito dell’incidente di un UAV così si esprime:- « Oct. 16th, 2007 - NTSB recommandations on Unmanned Aerial System – UAV – “Predator B” crash on April 2006 near Nogales, Arizona – make it clear that significant design and operational safety improvements MUST BE MADE BEFORE UAS can safely share airspace with airliners carrying passengers, cargo and crews or fly above populated areas».
Così tra il 29 Aprile ed il 1 Maggio 2008, al “UAS Safety Forum” indetto dal NTSB sugli UAS, l’ALPA degli USA, ribadendo le preoccupazioni già espresse nel Novembre del 2006, quando criticò aspramente la Federal Aviation Administration per aver consentito che un “Global Hawk” (un UAS dall’apertura alare delle dimensioni simili a quelle di un B. 737) dell’USAF partisse da una base aerea californiana per una missione di volo completamente programmata in automatico, interessando lo spazio aereo nazionale – NAS – diretta senza scalo fino ad una base aerea in Australia. La FAA ha permesso che un UAS fosse immesso nello spazio aereo non-segregato, quando ciò non era consentito da alcuna Regola federale e senza alcuna speciale “gestione” precauzionale da parte del Controllo del Traffico Aereo (gestito dalla stessa FAA) a salvaguardia del traffico aereo commerciale che si stava regolarmente svolgendo in tutta l’area interessata di pertinenza territoriale degli USA e dello spazio aereo sovrastante l’alto mare che veniva interessato dalla complessa traversata plurioceanica di quel UAS militare che, fortunatamente, in volo di crociera, volava a 60.000 piedi di altitudine ed oltre.
Così sull’onda di quell’azzardato successo e quello ottenuto sui campi di battaglia in Afghanistan ed in Irak, l’industria aeronautica internazionale sia degli USA che europea sta premendo a tutti i livelli possibili affinché questa vada a modificare gli Annessi tecnici internazionali relativi alla certificazioni ed alle operazioni di questi “mezzi-aerei” negli spazi aerei controllati onde consentire loro di operare “come gli altri aeromobili”, pur non avendone i requisiti di sicurezza richiesti.
E questo, a mio parere, si chiama voler rischiare sulla pelle della gente queste nuove macchine ideate per i campi di battaglia e che ora vorrebbero prendere il posto degli aeromobili finora adibiti a delicati compiti quali il trasporto di passeggeri e di beni, per il lavoro aereo, la sorveglianza di territori anche urbani e comunque popolati e comunque al fine di entrare negli spazi aerei a condizioni ben diverse da quelle richieste agli altri aeromobili, che però hanno anche i piloti a bordo. Piloti che devono corrispondere a ben precise caratteristiche di efficienza psico-fisica e di capacità professionale guadagnata attraverso severe selezioni e oneroso addestramento. Così, ancora il 28 Gennaio 2009 l’ALPA statunitense era costretta a ribadire le proprie ragioni con il comunicato che segue e che preferisco riportare nella lingua nella quale è stato formulato:-
Unmanned Aircraft System (UAS)
The much-publicized success of Unmanned Aircraft Systems (UAS) in combat operations has created a large potential market for the use of these aircraft by commercial enterprises. Many are also in use domestically by government agencies (law enforcement, customs, agriculture, etc). As the number of these aircraft increase, and the potential for business use increases, so does pressure to allow their unrestricted operation in the National Airspace System (NAS). However, before UAS can be authorized to occupy the same airspace as airlines, or operate in areas where UAS might inadvertently stray into airspace used by commercial flights, there needs to be in place a standard or combination of standards that will ensure the same high level of safety as is currently present in the NAS.
UAS are aircraft that range in size from as small as a bird, to as large as a Boeing 737. They are flown remotely from an operational centers or control stations that can be located at the launch and recovery site or thousands of miles away. Some are capable of “autonomous operation” meaning they follow pre-programmed instructions without direct operator control. Their pilots/operators are not currently required to be FAA licensed pilots. Most of the current designs were developed for the Department of Defense (DoD) for use in combat areas and so are not necessarily designed, built, maintained or operated in the same manner as other aircraft in the National Airspace System. As a result, today they are typically flown in segregated airspace, i.e. military restricted airspace or equivalent.
The UAS industry is currently focused on the rapidly growing DoD UAS application but is moving toward adapting current UAS to civil use. There is growing pressure by the UAS industry to gain access to the NAS as for commercial applications. In order to guarantee and “equivalent level of safety” for UAS in the NAS, extensive study of all potential hazards and ways to mitigate those hazards must be undertaken. The pressure for rapid integration into the NAS must not result in incomplete safety analyses prior to any authorization to operate.
ALPA believes that in commercial aviation, a well-trained and well-qualified pilot is the most important safety component of the commercial aviation system. The role of the pilot is a major area of concern within the UAS and piloted aircraft communities. These pilots should be trained, qualified, and monitored to the same standards as pilots that operate aircraft from within the aircraft. ALPA will continue to work to protect the safety and integrity of the NAS and ensure the introduction of UAS operations will not compromise the safety of our members, passengers, cargo or the public at large.
ALPA is in full support of the former FAA Associate Administrator for Aviation Safety Mr. Nick Sabatini, when he “that UAS should do no harm,” when referring to their potential integration into the NAS. The standards for design, construction, maintenance and operation of UAS must be developed to the point where they operate with the same high level of safety we all expect of commercial aviation before they are allowed unrestricted access to the NAS.
Da parte nostra auspichiamo quindi che si applichino a questi nuovi mezzi le stesse regole già scritte a livello internazionale per gli attuali aeromobili che solcano i nostri cieli e si individuino attraverso una severa selezione ed un efficace addestramento gli aviators (manovratori) in grado di mantenere quell’elevato grado di sicurezza ottenuto, a costo di elevati sacrifici, negli anni dalla nostra Aviazione sia militare che civile. 6/5/09
Se è vero (fino ad eventuale prova scientifica contraria) che i terremoti non sono prevedibili, allo stato dell’arte della scienza umana attuale, gli eventi di pericolo e di rischio, perlomeno in aviazione, sono abbastanza prevedibili, anche se non con una precisa data … di scadenza. Questo perché certe situazioni che si sono già verificate, benché investigate ed analizzate, ma non completamente rettificate o emendate dei fattori latenti lasciano trasparire delle tracce individuabili da chi abbia le conoscenze idonee e collaudate. Conoscenze che fanno parte del bagaglio culturale di esperienze che costituiscono la base indispensabile per coloro che sono addetti alla sicurezza dei voli del trasporto aereo e dell’aviazione civile in generale.
Quindi, quando un “esperto” (purché non auto referenziato) esprime le sue idee, non è per fare del “catastrofismo immotivato” a buon mercato, bensì per cercar di evitare lacrime e sangue ed i successivi falsi cordogli da parte di coloro che fino al giorno prima della sciagura d’un disastro o di un evento più fortunato, cioè non catastrofico, irridevano coloro che cercavano, con la loro opera, di prevenire appunto lutti e sciagure. Perché prevenire significa anche ragionare e far ragionare la collettività addetta ad un settore, quando tale settore sia ormai identificato dall’esperienza come potenzialmente critico e lesivo per l’incolumità della persona umana, sia essa utente od “operatore” d’un sistema.
E veniamo al tema di cui intendo discutere. In una presentazione orale tenuta al SAT Expo- Europe di Roma (19-21 marzo), il Vice Direttore Generale dell’ENAC, Ing. S. Sciacchitano, ha trattato l’argomento degli “Aeromobili a Pilotaggio Remoto – APR” (come purtroppo sono stati stoltamente definiti, in Italia per primi, questi “mezzi-aerei”), inizialmente nati come “Unmanned Aerial Vehicles – UAV”, cioè “Veicoli aerei senza pilota (autonomo o pilotato a distanza)”.
Egli ha ricordato la storia per cui - a partire dal 1997, quando cioè l’Ente che dirige era appena nato dalle passate glorie del RAI (Registro Aeronautico Italiano) - ha preso ad interessarsi degli UAV (Unmanned Aerial Vehicles), per decidere «se l’UAV fosse o meno un “aeromobile” da un punto di vista giuridico» ed ha affermato che “l’UAV è effettivamente un aeromobile ai sensi della definizione ICAO”.
Orbene, sotto la pressione della Forza Armata dello Stato che stava acquisendo alcuni di tali esemplari dai Costruttori statunitensi e successivamente da parte dell’industria aeronautica nazionale che incominciava ad interessarsi a quel prodotto, inizialmente squisitamente bellico, il “parere tecnico-giuridico” dell’ENAC fu favorevole e di conseguenza, a breve, il Parlamento nazionale dell’epoca, approvò la definizione della tesi “APR = aeromobile”.
Né l’ICAO nei suoi Annessi, né l’EASA nell’A-NPA 16/2005, hanno mai usato il termine “aeromobile” ma continuano ad usare il termine UAV o il più recente UAS.
Però, come ora riconosce l’Ing. Sciacchitano, e come a suo tempo cercai di far notare all’Ing. C. Cifaldi allora incaricato della trattazione del problema tecnico-giuridico della questione, allora «non esistevano regole, né tecniche (aeronavigabilità), né operative (di pilotaggio remoto e di “spazio aereo”) da poter applicare» né, aggiungo, norma attinente alla “novità” che si stava introducendo in Italia, contemplata che fosse dalle “Regole dell’Aria” dell’ICAO, eccetto proprio un paio di regole (tuttora vigenti), contemplate dalla Convenzione di Chicago sull’Aviazione Civile internazionale, che è necessario esaminare subito, per poter comprendere dove sta il pericolo che proprio dette norme intendevano finora scongiurare. Tanto per chiarezza, sarà bene richiamare tali norme cogenti utilizzando testualmente la traduzione ufficiale in lingua italiana del testo della Convenzione citata.
La prima regola è contenuta nell’Articolo 3:-
Article 3
Civil and State aircraft
d) The contracting States undertake, when issuing regulations for their state aircraft, that they will have due regard for the safety of navigation of civil aircraft.
Aeromobili civili e aeromobili di Stato
d) «Nell’emanare le norme applicabili ai loro aeromobili di Stato, gli Stati contraenti s’impegnano a tener debitamente conto della sicurezza della navigazione degli aeromobili civili ».
La seconda è quella sancita nell’articolo 8:-
Article 8
Pilotless aircraft
No aircraft capable of being flown without a pilot shall be flown without a pilot over the territory of a contracting State without special authorization by that State and in accordance with the terms of such authorization. Each contracting State undertakes to insure that the flight of such aircraft without a pilot in regions open to civil aircraft shall be so controlled as to obviate danger to civil aircraft.
Aeromobili senza pilota
«Nessun aeromobile manovrabile senza pilota può sorvolare senza pilota il territorio di uno Stato contraente, salvo autorizzazione speciale di detto Stato e conformemente alle condizioni di questa. Ogni Stato contraente si impegna a provvedere affinché il volo senza pilota di un tale aeromobile nelle regioni aperte agli aeromobili civili sia controllato in modo da evitare qualsiasi pericolo agli aeromobili civili ».
Infine, il più esplicito di questi obblighi è quello del successivo articolo 12:-
Article 12
Rules of the air
Each contracting State undertakes to adopt measures to insure that every aircraft flying over or manoeuvring within its territory and that every aircraft carrying its nationality mark, wherever such aircraft may be, shall comply with the rules and regulations relating to the flight and manoeuvre of aircraft there in force. Each contracting State undertakes to keep its own regulations in these respects uniform, to the greatest possible extent, with those established from time to time under this Convention. Over the high seas, the rules in force shall be those established under this Convention.
Each contracting State undertakes to insure the prosecution of all persons violating the regulations applicable.
Regole dell’Aria:-
« Ogni Stato contraente si obbliga a prendere provvedimenti per garantire che ogni aeromobile che sorvola il suo territorio o che manovra al disopra di esso, come pure ogni aeromobile munito di contrassegno della sua nazionalità, dovunque si trovi, si conformi alle norme e ai regolamenti vigenti in quel territorio al volo e alle manovre degli aeromobili. Ogni Stato contraente si obbliga ad uniformare, per quanto possibile, i suoi regolamenti sulla navigazione aerea a quelli che potrebbero essere stabiliti in applicazione della presente Convenzione. Le norme vigenti per la navigazione aerea in alto mare sono quelle fissate in applicazione della presente Convenzione. Ogni Stato contraente s’impegna a perseguire tutte le persone che violino i regolamenti applicabili ».
Da quanto sopra fedelmente riportato, possiamo affermare che dall’epoca della Convenzione (1944), ratificata in Italia con Legge n. 561/1956, esiste la definizione internazionale di “aeromobile” con la semplice distinzione di “pilotato” oppure “senza pilota”, ma non quella di UAV “veicolo aereo senza pilota (autonomo o pilotato a distanza)”, ma che fu inizialmente ed appropriatamente adottato proprio nel Paese (gli USA) dove veniva costruito, usato ed impiegato nei teatri di guerra mediorientali per identificare questi nuovi “mezzi-aerei”, che non solo non venivano “diretti”, ma addirittura, in certe missioni, venivano programmati per volare completamente autonomi, senza alcun controllo “diretto” da terra, arrivando perfino a volare in tali condizioni autonome dagli USA all’Australia.
Ma la domanda che preme, alla luce delle prese di posizione sull’argomento da parte dei responsabili internazionali della sicurezza di IFALPA e di IFATCA è:- «Ma, almeno per ora, quali sono i regolamenti nazionali applicabili, posto che siano conformi agli standards internazionali dell’ICAO ?».
A me, come estensore di queste considerazioni, di regolamenti nazionali ne risulta soltanto uno, approvato con Legge n. 178 del 14 Luglio 2004, nella quale si stabilisce che agli APR (ormai definiti aeromobili) in dotazione alle Forze Armate dello Stato, è permesso volare entro spazi aerei “determinati” [leggasi:- segregati – ndr]. Ed è appunto quello che la nostra Aeronautica Militare sta facendo entro i corridoi aerei (cfr. pag. 491 e ssgg. del n. 13 di Air Press) attivati nei tempi e nei modi previsti dalle norme ICAO relative al Servizio Informazioni Aeronautiche – AIS ed ampliamenti illustrati nel Documento Tecnico-Operativo congiunto tra A. M. ed ENAC, pubblicato da Air Press.
Però, come precisa l’Ing. Sciacchitano:- « A partire dal 1997 l’ENAC ha cominciato a lavorare, prima a livello nazionale e poi a livello internazionale, per fornire un quadro regolamentare nell’ambito del quale l’industria [aeronautica] italiana potesse sviluppare i propri prodotti.» Lodevolissima iniziativa.
Così è avvenuto che l’industria ha prodotto non più e non solo “piattaforme belliche”, ma anche prototipi per l’impiego civile, nel presupposto di poterli impiegare dovunque, a partire (anche autonomamente) dagli aeroporti nazionali e con il programma di arrivare nel futuro a sostituire gli aeromobili di linea per passeggeri e merci, rigorosamente senza “piloti” a bordo. Intanto l’EASA, il soggetto sopranazionale che si occupa della certificazione di navigabilità degli aeromobili, ha ipotizzato, proprio per l’aeronavigabilità, una avanzata proposta di emendamento A-NPA 16/2005 (che non è uno standard tecnico). Tuttavia, come precisato puntualmente dall’Ing. Sciacchitano «dal punto di vista operativo la situazione più problematica è quella relativa all’impiego [ovviamente sollecitato dalle industrie costruttrici e dagli utilizzatori di questi “mezzi-aerei” – ndr] in spazi aerei non-segregati».
Nel testo di questa A-NPA di EASA risultano citate le norme prodotte dalla CAA-UK in merito alla certificazione degli UAVs, ma non esiste alcuna menzione della pretesa accettazione delle norme dell’ENAC, come asserito dall’Ing. Sciacchitano.
Già, devo precisare, perché esiste sempre lo scoglio di conformarsi da parte degli Organi dello Stato italiano alle norme della Convenzione di Chicago, che, tradotte nel basilare concetto di sicurezza del volo, impongono che tutti gli aeromobili si attengano alle “Regole dell’Aria” così come contemplate dall’Annesso 2 dell’ICAO, che, in definitiva, si traducono semplicemente nel rispetto del principio d’esser capaci di «percepire, vedere ed evitare» le collisioni, esattamente come si pretende sia assicurato da ogni pilota che vola al comando di un aeromobile ! Qualora poi questo “pilota” non ci sia, questo fondamentale “precetto di capacità” dev’essere rispettato (e preventivamente dimostrato) da chi sia addetto a gestire ed a “manovrare” (a terra ed in volo) questo nuovo “mezzo-aereo” che va in volo nello spazio aereo “non-segregato”, ovvero assicurato e garantito dallo stesso “mezzo-aereo”, qualora esso venga programmato per missioni di volo autonome e senza “guida e sorveglianza” da stazioni di controllo. Chiaro, no ?
Ma a questo punto l’Ing. Sciacchitano continua dicendo:- «Infine va evidenziato che l’ICAO … ha attivato un Gruppo di Lavoro, l’UAS-Study Group [già, perché adesso l’UAV si definisce anche negli USA come UAS – Ummaned Aircraft System – ndr], che ha il compito di “individuare le modifiche necessarie ai vari Annessi ICAO, per poter far volare gli UAV”»!
Perbacco ! Ma come ? Non sono più gli aeromobili, TUTTI gli aeromobili, a doversi conformare alla Convenzione di Chicago ed ai relativi Annessi tecnici, che vengono continuamente aggiornati ai progressi tecnici e non a regressi nel campo della sicurezza ! E tutto nel rispetto dei sacri principi e concetti di sicurezza del volo che, per quanto riguardano gli aeromobili, impongono ai rispettivi piloti di evitare le collisioni non solo con altri utenti dello spazio aereo (aerostati, aerodine, con e senza motore), ma perfino con gli ostacoli al suolo e con quelli aeroportuali.
Solo gli UAV, si pretenderebbe, saranno “liberi” di volare “ciecamente”, senza curarsi di «percepire, vedere ed evitare» l’altro traffico aereo e gli ostacoli ?
Già, perché sarebbe stato più onesto precisare che, almeno finora, queste capacità le “piattaforme UAV/UAS” (come vengono altrimenti definiti in gergo più militaresco questi “mezzi-aerei”) NON le hanno !
Ed a chi dovesse obiettarmi che anche i piloti alle volte non sono capaci di evitarsi e/o non evitano gli ostacoli perché commettono errori, per i quali vengono perseguiti e condannati spesso e volentieri assieme ai Controllori del Traffico Aereo, adesso non è che modificando «vari Annessi ICAO» si risolva il problema degli errori umani. TUTTI gli esseri umani sono proni all’errore, inclusi quelli che progettano e realizzano i «mezzi-aerei», oppure i “manovratori” che li gestiscono, oppure ancora, quei “normatori” che, in rappresentanza dei poteri degli Stati contraenti la Convenzione di Chicago, deliberano e decidono certe regole, piuttosto di altre più indirizzate verso la cautela ed il rispetto della vita umana !
O si pensa forse che permettendo a dei “mezzi-aerei” attualmente “ciechi” (per certi versi) e comunque non autoreattivi a certi stimoli a loro esterni e dei quali sono responsabili esseri umani che non sono a bordo e quindi non “rischiano” anche la propria pelle, si possa impunemente mettere a rischio la sicurezza del trasporto aereo e di tutti coloro che volano negli spazi aerei controllati secondo un sistema di Aviazione Civile e di Navigazione Aerea messo a punto a fatica e con molte lacrime, sangue e spese a carico di chi vola ?
Chissà se c’è qualcuno che vorrà cimentarsi a darmi almeno una risposta sensata sull’argomento.
Infine, se mi dichiaro preoccupato del progetto di utilizzo degli UAV/UAS negli spazi aerei non-segregati, non è tanto per quelli attualmente gestiti dall’A. M. per i quali lo SMAM ha fatto conoscere a tutti le regole alquanto ferree per il loro impiego tuttora segregato entro aree e corridoi attivati ad hoc, quanto invece per quanto potrà avvenire con l’industria nazionale, che, sulle orme degli USA sta già sfornando i primi esemplari di UAV civili, con tanto di marche nazionali e di “permit to fly” rilasciato sa ENAC, oppure da parte di utilizzatori di prodotti militari impiegati da basi mediterranee della NATO, che, sulle orme dell’USAF, potranno esser indotti ad utilizzare degli “aviators” per far volare i “mezzi-aerei” da ricognizione e da offesa.
Figurarsi poi quello che potrà avvenire negli spazi aerei di altri Stati contraenti, soltanto sulla carta, della Convenzione di Chicago. Personalmente, non mi sento di lasciare … ai posteri … l’ardua sentenza! 15/4/09
È stato pubblicata la Relazione annuale dell’Associazione “UVS International”, con il titolo «The Global Perspective 2008-2009», per far conoscere le meraviglie ed i progetti futuri sugli Unmanned Aerial Vehicles o Unmanned Aerial Systems – UAV o UAS – come ultimamente amano chiamare quei “mezzi-aerei senza pilota a bordo” i loro padri ideatori ed utilizzatori. Ho scritto “mezzi-aerei” (e non per la prima volta) un po’ traducendo il loro nome primitivo (Aerial Vehicles) ed un po’ perché, a mio modo di vedere, il “mezzo aereo” va in volo senza pilota mentre la cabina di “guida” (pardon! – “ground station”), per manovrare a distanza il “mezzo-aereo” in volo, rimane a terra oppure il mezzo viene lanciato nello spazio aereo comune con un programma di volo completamente autonomo!
Intendo esaminare alcune opinioni espresse nella Relazione in oggetto, scritte da esperti del ramo e talvolta da “Capi” di organismi internazionali civili e militari e/o da professionisti dell’aviazione.
Il primo pezzo che ho scelto per aprire la rassegna è quello firmato dal Direttore del Centro Sperimentale di Eurocontrol, l’Organizzazione sopranazionale europea per la Sicurezza della Navigazione Aerea (come ha deciso di autobattezzarsi), che comprende 38 Stati e che sovrintende al traffico aereo che vola nello spazio aereo superiore degli Stati che vi aderiscono.
Ma prima di entrare nel vivo del testo rilasciato dall’Agenzia intergovernativa del Traffico Aereo, per incominciare a capire che cosa ha fatto nascere il concetto di UAV/UAS (visto con occhi attuali) mi sia consentito di citare quello che è il punto di vista militare espresso dal Generale W. T. Hobbins, responsabile del “Centro comune dei mezzi di sussistenza per la superiorità aerea” della NATO durante la JAPCC Conference nel 2006
Testualmente:-«Noi abbiamo bisogno che gli aeroplani senza pilota a bordo si comportino come gli aeroplani con pilota a bordo. Noi abbiamo bisogno che gli aeroplani senza pilota a bordo possano “lavorare” come gli aeroplani con pilota a bordo. Noi abbiamo bisogno che gli aeroplani senza pilota a bordo siano in grado di volare per colpire in combinazione con incursori aerei pilotati. Abbiamo bisogno di poterli rifornire in volo. Dovremmo essere capaci di far volare assieme aeroplani pilotati e sistemi d’arma (piattaforme) non pilotati, ed includere molte piattaforme non pilotate sotto il controllo di un solo “manovratore” (operator). Abbiamo bisogno che i comandanti abbiano fiducia che mezzi pilotati e mezzi senza pilota a bordo non facciano alcuna differenza, in quanto essi sono ugualmente efficaci».
A mio modesto parere una differenza fondamentale c’è ed è anche la ragione dell’esistenza degli UAV/UAS:- quando in missione si perde un velivolo pilotato usualmente si perde anche uno o più uomini che costituiscono l’equipaggio di volo, mentre quando nel corso di missioni estremamente pericolose si manda un UAV/UAS si perde soltanto un costoso sistema d’arma, ma senza alcuna perdita umana !
Orbene, su queste esigenze militari dapprima l’industria e gli alti Comandi militari hanno ottenuto di far volare gli aeroveicoli in spazi aerei riservati nei Paesi d’origine per poi impiegarli effettivamente nelle varie campagne operative in giro per il mondo. Ma l’industria non si è accontentata delle forniture militari e fiutando l’affare polposo, anche su richiesta di imprese civili, ha finito per proporre e produrre aeroveicoli civili ed ora intende farli volare, come quelli militari, negli spazi aerei controllati e non, finora utilizzati da aeromobili civili e militari e dalla attività di volo minori (volo a vela, antincendio, aeroambulanza, ecc. ecc.) con equipaggio a bordo.
1. – La posizione di Eurocontrol.
Allora ecco brani scelti dal testo del Direttore summenzionato, offerti per lo più in originale, onde non perdere nulla del pensiero concettuale, però poi con commento dal quale non potevo esimermi.
Esordio:- «Considering the pace of technologies progress, UAS will be required to operate in “non-segregated airspace” in near future» ovvero «considerando il ritmo del progresso tecnologico, il “Sistema di volo senza pilota” richiederà nel prossimo futuro d’esser utilizzato nello spazio aereo non-segregato».
Ed ancora:- «More advanced systems are now emerging allowing UAS to “learn and adapt its behaviour” based on information gained from the external environment», ovvero «Sistemi sempre più progrediti stanno ora emergendo, consentendo agli UAS di “imparare e di adattare il proprio comportamento” basandosi sulle informazioni ricavate dall’ambito esterno».
Ed aggiunge, a corollario dell’introduzione:-«EUROCONTROL is also considering that UAS challenger for ATM of tomorrow are quite similar to the challenger raised by the small aircraft an the very light jet», ovvero «Eurocontrol sta considerando che le richieste degli UAS nei riguardi della gestione del traffico aereo del domani sono completamente simili a quelle sollevate dai piccoli velivoli e dagli aeroplani leggeri propulsi a reazione». Senza volersi evidentemente rendere conto che esiste una basilare differenza:- anche i piccoli aeroplani ed i reattori “leggeri” sono sempre governati da almeno un essere umano a bordo, che per quanto limitato sia, ha pur sempre la capacità di adattamento e di improvvisazione alle situazioni non programmate e non pianificate e di provvedere allorquando le cose incominciano ad andar male, prima che diventino ingestibili. Capacità che, comunque, computer e robot non possiedono, né ora né mai !
Queste le premesse.
Gli UAV/UAS, inizialmente sono stati progettati come piattaforme d’arma per scopi militari da impiegare in missioni altamente rischiose ed in seguito per operare anche come sistemi di “intelligence” sopra territori ostili e/o esclusivamente “entro spazi aerei segregati” che escludevano qualsiasi interazione con aeroplani pilotati da esseri umani osservanti le Regole dell’Aria dell’ICAO. Le successive derivazioni progettate per missioni civili degli UAS/UAV hanno fatto sorgere l’esigenza di poter operare negli spazi aerei non-segregati (o spazi aerei comuni all’aviazione generale), a fianco (?) di tutti gli altri utenti dello spazio aereo, pur avendo delle limitazioni intrinseche che gli altri utenti non hanno. Ad esempio quella fondamentale che gli UAV/UAS non sono in grado di adattare la propria traiettoria in caso di pericolo di collisione cambiando la propria altitudine, ma cambiando solo la loro direzione,
Comunque quelle esaminate più sopra sono le tesi di base del 2008 avanzate dall’Associazione dei Costruttori di questi aeroveicoli senza pilota a bordo e fatte completamente proprie dal Direttore del Centro sperimentale di Eurocontrol.
Ora, secondo questa visione prospettica puramente industriale e commerciale dell’utilizzo nell’ambito dello spazio aereo comune degli UAS/UAV per scopi civili, questa rivendicazione basata sulla rivoluzione tecnologica e robotica che consentirebbe (?) agli UAV/UAS di volare in sicurezza perfino in modalità completamente autonoma e pre-programmata (e quindi senza neppure una guida ed un controllo a distanza) , comprenderebbe la capacità di evitare «qualsiasi collisione con qualsiasi altro genere di aeroveicolo pilotato o non pilotato o con qualsiasi genere di infrastruttura al suolo», come sostiene l’Autore dell’articolo in esame. Si spera però che, nel concetto dell’ultima parte della frase riportata, siano inclusi pure gli ostacoli orografici e gli edifici prominenti del paesaggio urbano o territoriale.
Si ritiene utile sottolineare ciò, in quanto, secondo l’esponente di Eurocontrol, la pretesa capacità di «rilevare, percepire ed evitare» l’altro traffico e gli ostacoli dovrà essere la base di questo futuro impiego degli UAS per operare in tutte le classi dello spazio aereo. Sempre lo stesso esponente aggiunge:-« Gli UAS potranno essere fatti volare sia sotto “controllo a distanza”» ovvero, [con testuale espressione che allo scrivente suona molto ambigua – ndr] «con “operator” input, provided from a UAS ground station», oppure «in modalità completamente autonoma “non-controllata” da alcuna stazione terrestre».
Frase nella quale però il sostantivo inglese “operator” può essere attribuito ambiguamente (come avviene in Italia da parte di ENAC dell’equivalente termine “operatore”) sia ad un “manovratore” cui sia affidata la guida ed il controllo a distanza d’un aeroveicolo o addirittura ad un “Esercente commerciale” che gestisca questo sistema di sevizi di trasporto aereo, come appunto nel caso dell’Esercente di linea aerea. Ecco perché, personalmente, da tempo vado raccomandando che nell’uso dei termini tecnici aeronautici ed in quello delle relative traduzioni dall’inglese in italiano, siano usati soltanto gli appropriati termini corretti, esistenti da sempre anche nella lingua italiana:- “Esercente” quando s’intenda un’impresa e “addetto, incaricato, agente o impiegato” quando si voglia intendere e riferirsi ad una persona che opera o che agisce in precise mansioni operative.
Per mascherare in qualche modo l’eccessiva dose di ottimismo riposta nelle prospettive intuite nella tecnologia in materia e quindi riversata sulla certezza della sicurezza offerta dalla tecnologia robotica al controllo del traffico che sia automatizzato secondo le sue vedute (perché di questo alla fine si tratta), il Direttore del Centro sperimentale di Eurocontrol si rifugia su delle frasi molto ad effetto come quella che merita d’essere qui testualmente tradotta:- «L’utilizzo flessibile dello spazio aereo [che del resto è già in vigore con l’adozione del concetto ATM – ndr] un aerospazio dinamico o ”morfico” [da “morfismo”, concetto matematico sulle proprietà degli spazi topologici – ndr] può essere un promettente percorso per avere il primo UAS in operazioni di gestione del traffico aereo (ATM), in presenza d’una normativa specifica». Anche a voler prescindere dal fatto che pare che costui voglia vendere la pelle dell’orso prima d’averlo catturato.
Ma ci sono ancora un paio di perle che meritano d’essere commentate.
Una prima presa di posizione suona a questo modo:- «Recent development and experimentation [in ambiente teorico simulato e pratico, ma segregato – ndr] showed that UAS technologies have now reached a remarkable level of maturità. European UAS menufacturer are now pursuing opportunities to demonstrate and assett the ability of UAS to operate in non-segregated airspace [che però si guarda bene dal nominare – ndr]». E più in là nel testo osserva:- «These new technologies are opening several major revolutionary shifts in ATM such as:-
Ma nessun accenno viene fatto ai problemi riguardanti le necessarie garanzie che il sistema ATM, congiuntamente a quello di bordo degli UAS deve dare e cioè di essere immune e reso sterile dagli eventuali attacchi di interferenze esterne ai canali di comunicazione adoperati.
E prosegue con un colpo basso:- «Self separation developed for UAS could be generalized for all kind of traffic being manned or unmanned. This could be seen as support in the transition to one man cockpits (like metro – High Speed Trains, etc.). Later on, this would be enable a fully automated aircraft airborne separation which would revolutionise the role of the pilot, … but also the role of Air Traffic Controller».
Ecco fatto, questo è il primo annuncio funebre per la … silenziosa dipartita dal mondo del lavoro della professione del Pilota, ma anche di quella dei Controllori del Traffico Aereo.
Ma forse pentito di essersi spinto troppo in là con i suoi voli onirici, continua come segue:- «As a consequence, the ATM of the future would be highly automated with the autonomous aircraft (be it manned or unmanned) and highly predictable trajectory prediction. The Air Traffic Controller [carota, prego, dopo il bastone ! – ndr] would become more managing the resources as Flow Management (opening, closing flow, flow timing management) or airspace management (opening, closing flexible managing airspace areas)».
Insomma qualche Controllore lo salva, bontà sua, in quanto i Controllori dovrebbero essere una specie di portinai dello spazio aereo ! Ma ancora non basta:- «Nevertheless, safety management will remain under his/her responsibility, with the ability of solving highly complex situation or finding quick solution in case of system-malfunction»!
Ecco la solita trovata finale dei signori fautori dell’automazione che più spinta non si può:- quando gli automatismi incominciano ad andare male, così come si è pensato ed attuato di fare per l’automazione che ha colpito le cabine di pilotaggio degli aeroplani, riducendo drasticamente la capacità dei piloti di governare manualmente, di pilotare effettivamente l’aeroplano, ma confidando in essi per salvare la situazione allorquando tutti i sistemi automatici vanno in tilt o non funzionano più (magari semplicemente per mancanza d’energia elettrica e/o idraulica a bordo). Quando le cose dovessero mettersi male e tutta l’automazione (o anche solo parte di essa) dovesse smettere di funzionare, allora ecco il ricorso all’essere umano, uomo o donna, Pilota o Controllore che sia, non più allenato a fare il proprio mestiere, basato sull’allenamento “al pezzo”, che viene chiamato a subentrare all’automazione danneggiata ed a salvare “capra e cavoli”, anche se senza più la disponibilità di dati essenziali forniti dai computers, diventati ciechi e sordi. Se in volo, lasciando al Pilota soltanto qualche strumento analogico di emergenza e se a terra lasciando il Controllore soltanto con le classiche “strips” di progresso del volo, magari senza carta e senza matite (genere di oggetti ormai sconosciuto con l’automazione), come del resto è già accaduto in un non certo lontano passato non a Timbuctu, ma in Italia, sia al Centro Regionale di Controllo di Roma che a quello di Milano ! E non credo che neppure in Olanda, terra natale del Direttore del Centro di Eurocontrol o anche in Francia, simili avarie non siano mai accadute e non possano accadere ancora.
Ed infine, se al Centro sperimentale di Eurocontrol sono davvero così bravi, perché non provvedono innanzitutto a sostituire loro stessi ed i Controllori del Traffico Aereo con dei robot, capaci secondo progetto di adattare i propri piani ed i propri comportamenti sulla base delle informazioni ottenute dall’ambiente del traffico aereo continuamente in divenire, almeno fino a quando non manchi l’elettricità ed anche i robot debbano funzionare … a lume di candela !
Cerchiamo ora di tornare seri e vediamo, ad un anno di distanza, che cosa ne pensano gli esponenti internazionali ed europei delle Federazioni delle Associazioni professionali di Piloti e Controllori.
2.- La posizione dell’IFALPA (Fed.ne delle Ass.ni dei Piloti di Linee Aeree).
Vediamo ora la posizione assunta quest’anno per l’IFALPA dal Capt. T. Milderberger, responsabile per il settore “automazione” della Federazione internazionale predetta.
L’attacco, come prevedibile, non si fa attendere.
Esordisce riferendo che risulta diffusa, in certi ambienti abituati a lavorare a tavolino, l’ipotesi concettuale che lo stato dell’arte raggiunto dall’industria elettronica e dell’automazione sia ormai maturo al punto che la richiesta della capacità d’intervento dell’essere umano a bordo d’un velivolo sia diminuita, in verità non sia più affatto un “requisito operativo”.
Risponde prontamente il rappresentante dell’IFALPA che questa tesi è fondamentalmente ingiustificata per la semplice ragione primaria che la rimozione del pilota da bordo dell’aeroplano non elimina l’errore umano dall’equazione di sicurezza sulla quale si basa l’aviazione civile.
Ed aggiunge che quella riferita è soltanto una bella asserzione che si lascia fare a costo zero, perché la storia del volo umano sia in aviazione che in astronautica [la quale pure ha avuto i suoi caduti non certo per colpa degli esseri umani che stavano a bordo ! – ndr] è vero che è disseminata di relitti d’incidenti di aeroplani pilotati e non pilotati, causati da errori umani, tanto che molte volte abbiamo sentito o letto la frase ad effetto mediatico «colpa del pilota», salvo poi, in seguito ad approfondite indagini, si è potuto stabilire che, mentre l’ultimo anello della catena dell’evento era stato un errore umano commesso in cabina di pilotaggio, però, in effetti, il fallimento doveva essere attribuito o all’addestramento impartito (indifferentemente se dall’industria o dalla regolamentazione statale), oppure alle procedure operative o, infine, alle condizioni ambientali.
Vi sono stati numerosi casi nei quali l’errore umano è avvenuto prima che nella cabina di pilotaggio, ad esempio, durante le operazioni di manutenzione o forse ancora prima, quale conseguenza d’un errore di codifica da parte d’un tecnico programmatore, durante la fase di sviluppo progettuale, in fabbrica !
Un esempio significativo per tutti:- nel programma spaziale statunitense degli anni ’60 il primo allunaggio dell’uomo arrivò ad un passo dal fallimento totale a causa d’un errore di codifica nella programmazione del computer principale di guida del modulo lunare LEM. Solo per la prontezza dei due astronauti Neil Armstrong e Buzz Aldrin, che furono costretti ad effettuare manualmente l’allunaggio, la missione si concluse felicemente.
Di contro, recentemente, si è verificata la perdita di un UAV B-Hunter che ha causato al suolo la morte d’una donna. La successiva analisi della sequenza degli eventi ha potuto stabilire che la squadra di “manovratori” addetti alla stazione di controllo a terra, in conseguenza della perdita di consapevolezza situazionale, riteneva che l’aeroveicolo fosse a terra e spense il suo motore, facendolo precipitare fuori controllo.
In conclusione, il fattore umano è appunto presente tanto sugli aeromobili pilotati che sugli aeroveicoli senza pilota a bordo.
Il fatto è che questi errori ed altri centinaia uguali ad essi avvengono perché esiste un potenziale rischio di fallimento concettuale in qualsiasi sistema operativo ed ambientale complesso, in quanto questo fattore viene appunto esaltato dalla complessità insita in sistemi come quello aeronautico. Infatti, aeromobili e sistemi che hanno funzionato perfettamente per molti anni, talvolta manifestano avarie e malfunzionamenti gravi e nuovi che lasciano perplessi e sbalorditi gli ingegneri e gli altri tecnici a commentare «… ma questo non l’avevamo MAI visto prima !». Naturalmente questi problemi possono essere facilmente incontrati sia sugli aeromobili pilotati che sugli aeroveicoli senza pilota a bordo.
Nel modo aeronautico esiste infatti un aforisma d’origine inglese, noto come “Legge di Murphy” che sentenzia:- «Ciò che può andare storto … prima o poi andrà storto !».
Come abbiamo visto, qualsiasi aeromobile o sistema impiegato avrà dei difetti a causa di errori dell’elemento umano. Ma che cosa si può fare per mitigare gli effetti della “Legge di Murphy” ?
Ovviamente, la cosa più importante è quella di eliminare quanti più difetti del sistema sia possibile. Poi vi è l’addestramento che svolge un ruolo fondamentale per evitare gli errori, come pure l’osservanza delle procedure operative approvate, ma, alla fine, qual è effettivamente la difesa definitiva contro gli incidenti ?
L’esperienza insegna che l’introduzione e l’utilizzo degli automatismi sugli aeroplani pilotati [oltre all’adozione avvenuta di altra strumentazione che facilita la consapevolezza situazionale – ndr] molto ha fatto per migliorare la sicurezza [impianti tra i quali ricordiamo particolarmente quelli anti-stallo di ultima generazione – ndr]. Nei modi normali d’utilizzo e di funzionamento normale, l’automazione di bordo è capace di fare un lavoro preciso nel pilotare l’aeromobile [a scapito però dell’allenamento del pilota – ndr], lasciando libero l’equipaggio di concentrarsi nella gestione del progresso del volo [fino a quando un complesso di avarie non imponga però, proprio nel periodo più critico, di staccare l’automazione e di procedere manualmente nel pilotaggio ! – ndr]. Gestione del volo che pur essendo “automatica”, deve comunque essere programmata da qualche essere umano, o in volo oppure a terra !
Pertanto, va riconosciuto che quando viene a trovarsi in situazioni ambientali non-normali [ovvero non-previste e non-codificate dalle procedure – ndr] il pilota umano è lasciato a sé stesso ed alla sua capacità di ragionare e di escogitare soluzioni tempestive ed idonee al momento di crisi dell’automazione e degli impianti di bordo.
Come già detto, i sistemi sintetici non sono capaci di gestire le situazioni in rapida evoluzione, che possono avvenire in conseguenza di avarie importanti dei sistemi di bordo. Infatti tali sistemi «mancano dell’abilità d’imparare e di ragionare».
E questo è un, anzi, il limite dell’automazione [visto con l’esperienza in corpore vivi fatta dai piloti professionisti – ndr] e dei suoi progettisti umani, che non riescono a riprodurre nell’automazione anche la “parte buona” del cervello degli esseri umani.
Prendiamo dunque in esame il concetto dell’incapacità di imparare da parte dell’automazione rispetto all’essere umano, con un esempio di fatto accaduto:- la categoria degli aeromobili da trasporto è progettata con ridondanza dei sistemi critici, passibili di avarie multiple [esclusi i motori che, purtroppo sono ormai ridotti a due soli, come del resto i membri d’equipaggio di condotta, prima composto da almeno tre membri, quale conseguenza dell’automazione introdotta – ndr]; tuttavia, alcune modalità di avaria, contemplate dagli automatismi di bordo, sono così estreme, che il sistema automatico non è in grado di risolvere.
Esaminiamo ad esempio un’avaria idraulica totale su di un grande aeroplano da trasporto. Certo questo non è uno scenario ragionevole da riprodurre in addestramento quello di tre impianti idraulici completamente indipendenti e contemporaneamente in avaria assieme alla mancata disponibilità d’una sorgente di potenza di riserva, funzionante anche quando tutti tre i motori siano funzionanti.
Eppure … è accaduto il 19 Luglio 1989. Un DC 10 in volo perse tutti tre i suoi impianti idraulici a seguito d’una incontenuta avaria interna ad uno dei suoi tre motori (quello di coda) e di conseguenza i comandi di volo rimasero bloccati fuori centraggio rispetto al flusso aerodinamico in linea di volo, comandando l’aeroplano in una continua dolce virata verso destra, che rendeva difficoltoso virare a sinistra. Ma il suo equipaggio di condotta, composto da tre membri, ai quali si aggiunse un altro pilota fuori servizio che si trovava a bordo ed accorso a collaborare in cabina di pilotaggio, riuscì ad effettuare un atterraggio di fortuna proprio sull’aeroporto di Sioux City, che aveva scelto come meta assieme al Controllo del Traffico Aereo che lo assisteva, dopo la devastante avaria subita. Usando alternativamente con abili dosaggi della spinta i due motori sub-alari rimasti efficienti, riuscì così a salvare la vita di ben 186 persone delle complessive 296 che erano a bordo dell’aeroplano, andato completamente distrutto nel fuori-pista.
Più recentemente, l’equipaggio di un aeromobile cargo civile che fu colpito da un missile terra-aria subito dopo il decollo da Bagdad provocando la perdita di tutto l’impianto idraulico generale (essenziale per i comandi di volo), riuscì a mantenere sotto controllo l’aeromobile stesso ed a farlo atterrare felicemente, utilizzando ancora una volta la tecnica non codificata della spinta differenziata dei due motori funzionanti. Ovviamente questa “tecnica” non viene insegnata né praticata durante l’addestramento impartito da nessuna Aerolinea, ma era successo che il Comandante di questo volo avesse visto solo poco tempo prima alla televisione un documentario sull’incidente di Sioux City !
Ebbene, credeteci oppure no, applicando la “lezione” assimilata soltanto guardando la ricostruzione del caso fatta in quel documentario, costui riuscì nell’impresa di salvare l’aeroplano ed il suo equipaggio.
Insomma, mentre è indubbio che l’automazione abbia avuto anche un effetto positivo sulla sicurezza dell’aviazione commerciale (e si tratta d’una influenza sicuramente notevole), l’automazione stessa ad oggi non ha la capacità di eguagliare, in termini di flessibilità, la logica operativa del cervello umano!
Il redattore di questa presa di posizione dell’IFALPA conclude:
Del resto gli esempi di avarie e malfunzionamenti dei cosiddetti “programmi informatici intelligenti” in ambito critico per la sicurezza operativa sono purtroppo numerosi e spesso semplicisticamente attribuiti ad errore dell’equipaggio di condotta che non avrebbe compreso il cambiamento di modo dell’automazione, lasciando però il legittimo dubbio se fosse stato l’equipaggio a non capire l’automazione in atto oppure se fosse quest’ultima ad essere andata fuori logica, a causa di qualche errore o difetto di programmazione commesso in volo oppure in fase di progettazione del sistema di software dell’impianto di guida.
Comunque esiste una lunga lista di esempi di programmi elettronici dell’automazione di bordo rivelatisi impazziti durante il funzionamento in operazioni reali.
Finora però l’operatore umano che utilizzava il sistema - Pilota o Controllore che fosse – nella maggior parte dei casi riusciva a scoprire per tempo ed a contenere gli effetti di questi errori latenti esistenti nel programma del sistema usato, correggendolo o escludendolo.
Così, in futuro, anche per gli aeroveicoli (incautamente in Italia definiti “aeromobili”) un essere umano sarà sempre presente in qualche anello della catena operativa, a seconda del livello di autonomia raggiunta ed adottata dalla tecnologia. Ma nel caso degli aeroveicoli, siamo sicuri che quell’essere umano sia, nel caso avvenga qualcosa d’imprevisto, al posto giusto ? E soprattutto, nel caso, avrà egli a portata di mano e di conoscenza tutte le informazioni necessarie per controllare la situazione ?
È ben noto che il valore o l’importanza delle informazioni derivate dagli stimoli sensoriali hanno per l’essere umano un enorme valore per la sua capacità di percezione situazionale.
Ma in questo un “manovratore” di UAS, collocato a distanza dal mezzo aereo che deve controllare, ha sicuramente un grosso svantaggio rispetto alla sua controparte che in volo si trovi in una cabina di pilotaggio. Il “pilota di UAS “ è costretto ad avvertire la privazione, almeno parziale di certe percezioni visive, in quanto il suo campo visivo è limitato alla visione dello schermo della telecamera che si trova a bordo e, rispetto al suo collega a bordo di un aeromobile in volo, nella sua stazione di controllo al suolo è totalmente privato sia della visione periferica che di qualsiasi percezione sonora od olfattiva, come pure delle sensazioni fisiche dovute alla turbolenza incontrata o ancora delle percezioni dovute alle variazioni della velocità, accelerazioni positive o negative, di variazioni della temperature e/o dell’umidità, ovvero tutti elementi che per un pilota in volo possono essere il primo segnale di qualcosa di “diverso” che succede a bordo dell’aereo in volo.
Ma soprattutto il pilota in volo è in grado di notare una diversa entità di velocità o di accelerazione “attraverso la sensazione trasmessagli dal suo fondo schiena”, che è in grado di sollecitare in lui un più attento controllo incrociato di tutti gli strumenti e gli avvisatori di bordo.
Di contro al “manovratore” di UAS, oltre a soffrire di tutti i naturali limiti umani, è negata l’abilità di utilizzare tutte le sue facoltà per analizzare e per occuparsi di una situazione inattesa e non codificata, non potendo configurare il proprio cervello alle informazioni sopra citate (che gli sono negate) onde poter dirimere una situazione ambigua e per poter adottare quella creatività adatta alla soluzione del problema che è proprio la caratteristica saliente che fa dell’aviazione “pilotata da esseri umani” uno dei mezzi di trasporto di massa tra i più sicuri esistenti, particolarmente in quelle parti del mondo nelle quali il gradiente gerarchico oppure quello puramente autoritario non sono assurdamente predominanti tra i componenti la categoria dei piloti.
Aviazione commerciale che, purtroppo, in alcuni Stati, annovera ancora un “nemico” molto potente:- si tratta di quei Procuratori di Giustizia che, in varie parti del mondo (purtroppo anche in Italia) impediscono l’opera di prevenzione che può avvenire soltanto se l’investigazione tecnica sull’evento può essere condotta, urgentemente, da esperti Investigatori del ramo aeronautico onde poter determinare la/e causa/e e quindi a mettere in atto i dovuti interventi correttivi. Ed invece gli interventi in nome della Giustizia, che potrebbero venir procrastinati senza alcun nocumento di ordine sociale a quando l’investigazione tecnica, pur scrupolosamente seguita dalla Polizia Giudiziarie, induce certi “Prosecutors” ad ordinare il sequestro ed il conseguente blocco di tutte le evidenze relative al caso, registratori di volo e di terra in primo luogo, oltre naturalmente al relitto ed al sito dell’accadimento. Con quale utilità, non è dato conoscere, visti gli errori giudiziari che vengono commessi in nome di una fretta che non ha motivo di esistere, nei modi che abbiamo sobriamente appena descritto. Errori che poi vengono riconosciuti a distanza di anni, quando … ingiustizia è stata commessa.
Ma la prima conseguenza di queste modalità di procedere da parte di chi ha il potere di farlo - non riconoscendo quanto meno la pari dignità utilitaristica e sociale all’investigazione tecnica - è il danno che viene prodotto all’accertamento tecnico delle cause ed alla relativa opera di prevenzione a favore della sicurezza del volo !
3. La posizione di IFATCA – Federazione Int.le delle Assoc.ni dei Controllori del Traffico Aereo.
Ed esaminiamo infine la posizione espressa dal Presidente dell’IFATCA, Marc Baumgartner, a nome della Federazione delle Associazioni dei Controllori del Traffico Aereo, forse la voce più qualificata ad esprimere un parere professionale ed operativo sulla presente e sulla futura utilizzazione dello spazio aereo “comune”, da parte degli UAVs/UASs, vista con l’occhio, la tecnica e l’esperienza di chi conosce bene la “prima linea”.
In verità, il Presidente Baumgartner nel suo testo del 2008 non fa che reiterare la policy ed il punto di vista generale e sugli aspetti particolari del problema, già ampiamente trattati nella sua Relazione del 2007, ma comunque sempre interessanti. Per chi non l’avesse ancora letto, riteniamo più completo ed esaustivo il testo pubblicato su “UVS International 2007”, mentre che nel testo di quest’anno, viene subito al sodo, esordendo come segue:-«L’IFATCA riconosce il rapido sviluppo del segmento delle “Piattaforme Aeree senza pilota a bordo – UASs” e ritiene che la crescita delle richieste di operazioni con gli UAS continueranno inevitabilmente ad aumentare e con esse le pressioni affinché tali operazioni possano avvenire negli spazi aerei non-segregati». E sottolinea che l’IFATCA già in precedenza ha sviluppato una precisa linea di condotta al riguardo di tali operazioni, posizione che è la seguente:-«Tutte le operazioni degli UAVs negli spazi aerei non-segregati [ovvero:- “comuni” all’Aviazione Generale - ndr] devono avvenire nella più completa osservanza dei requisiti tecnici dell’ICAO in materia. Inoltre i Controllori del T. A. non devono gestire un UAV in modo diverso dagli altri aeroplani ai quali forniscono il servizio».
In definitiva, ribadisce che l’IFATCA si rende conto che gli Esercenti di UAV desiderano accedere a tutte le classi di spazio aereo, incluso lo spazio aereo controllato, ma tale accesso richiede completo adeguamento a tutti i requisiti imposti a tutti gli altri utenti dello spazio aereo.
E questo, aggiungo io, come punto fisso, al di là dei voli pindarici e futuristici del Responsabile del Centro Sperimentale di Eurocontrol in materia.
In seguito il Presidente Baumgartner ci tiene a precisare che il Controllo del Traffico Aereo è responsabile di garantire un «sicuro, ordinato ed efficiente scorrimento del traffico aereo», mentre la sicurezza rimane il parametro di assoluta priorità del Servizio ATS. Il punto dell’IFATCA insomma è il seguente:- se gli UAS intendono operare in tutti gli spazi aerei devono prima dimostrare di non mettere in pericolo la sicurezza degli altri utenti dello spazio aereo. Ora, per poter operare in spazi aerei non-segregati ed in particolare nello spazio aereo controllato, è necessario che le operazioni degli UAS siano in grado di dimostrare, secondo i requisiti ICAO del “SMS – Safety Management System” – riguardanti qualsiasi variazione tattica nella gestione del traffico aereo (ATM) in atto, che la sicurezza di tutte le operazioni nello spazio aereo non venga mai messa in pericolo e che il livello di sicurezza programmata sia ottenuto. Tutto ciò richiederà non solo accurate analisi pre-operative, ma anche una sorveglianza “in itinere” per garantire sempre la sicurezza.
Poi, affinché gli UAVs/UASs possano operare in un modo “ordinato” nello spazio aereo “comune”, la posizione dell’IFATCA è che gli aeroveicoli o piattaforme volanti debbano conformarsi alle procedure esistenti ed applicabili a tutti gli altri utenti dello spazio aereo.
Ad esempio, esistono procedure pubblicate nel caso di “perdita del collegamento radio” negli spazi aerei controllati, applicabili anche agli UAVs/UASs. Ma con tali mezzi-aerei si sono già avuti dei casi in cui, a causa della perdita di tale collegamento essenziale, il comportamento programmato di tali aeroveicoli è stato quello di mettersi in orbita d’attesa fino a quando non si è riusciti a ristabilire il radio-collegamento. Ma questa non è una risposta accettabile, perché il mezzo-aereo non è rimasto ad orbitare sopra una particolare località geografica, ma fu trasportato nel letto del vento predominante con il risultato di violare numerose aerovie attive. In tal modo riuscendo a penalizzare le operazioni di altri utenti dello spazio aereo e fatti simili non possono essere considerati da nessuno come un esempio di gestione “ordinata” dello spazio aereo.
Ed ancora, uno dei compiti dell’ATC è quello di fornire un servizio “efficiente” e per ottenere ciò, nello spazio aereo controllato, l’ATC deve spesso intervenire a modificare la traiettoria degli aeroplani. Ma, per quanto riguarda gli UAVs/UASs questi hanno una particolarità di progettazione:- non sono stati progettati per ricevere modificazioni della loro traiettoria e ciò non può certo costituire negli spazi aerei controllati un requisito di invariabilità della traiettoria per il Controllo del Traffico Aereo. E poi, la generica definizione di UAV/UAS in realtà riguarda un così vario spettro di aeroveicoli e mezzi-volanti da richiedere senza alcun dubbio una ben più chiara definizione, in quanto questa nuova categoria di nuovi aspiranti utenti allo spazio aereo controllato varia da esemplari di micro-veicoli volanti lanciati anche a mano fino a stazze di aeroveicoli che arrivano alla grandezza dimensionale e di massa di velivoli commerciali a reazione di medio raggio !
In certi Paesi l’ATC ha già accolto da anni le operazioni degli UAVs/UASs, ma ancor’oggi un particolare aspetto preoccupa l’IFATCA riguardo tale tipo di traffico e cioè il/la «collision avoidance layer – configurazione per l’elusione delle collisioni», così come descritta nell’ICAO DOC 9854 – Global ATM Operational Concept. Finora le norme ICAO sull’elusione delle collisioni in volo hanno compreso in tutte le classi di spazio aereo i principi del «see and avoid – vedere ed evitare» e quello strettamente collegato del «right of way – diritto di precedenza o di via libera». In merito l’IFATCA ritiene che le norme riguardanti il concetto di «vedere ed evitare» sia un punto cruciale da risolvere per poter introdurre le operazioni degli UAVs/UASs negli spazi aerei non-segregati.
Un altro aspetto critico delle operazioni degli UASs è quello delle operazioni sugli aeroporti controllati, operazioni nelle quali è necessaria l’assoluta interazione tra il traffico dei velivoli pilotati e quello degli aeroveicoli senza pilota a bordo.
In particolare, l’utilizzo delle piste e delle vie di rullaggio da parte degli UAVs richiede l’osservanza della segnaletica aeroportuale, delle stop-bars e delle istruzioni ATC, quali, ad esempio, quella di «hold short of an active runway». Inoltre la separazione degli aeromobili in certe parti dell’aeroporto [ad es.:- i piazzali ed i loro raccordi – ndr] rimane una responsabilità unica del Pilota e non del Controllore.
Pertanto questa ed altre operazioni degli UAVs/UASs [quali, ad es., l’aeronavigabilità e le liste degli equipaggiamenti minimi – ndr] richiedono l’attenzione e la regolamentazione da parte dei Legislatori e delle Autorità di normazione. Anche su questi argomenti la posizione dell’IFATCA è quella che anche nelle aree che non sono di stretta competenza ATC, gli aeroveicoli siano richiesti di ottemperare alle norme applicabili alle operazioni degli aeromobili con pilota a bordo.
In conclusione, uno dei più rilevanti aspetti che devono essere affrontati in materia e prima che gli UASs/UAVs possano entrare negli spazi aerei non-segregati e sugli aeroporti controllati è senza alcun dubbio la capacità di «sense and avoid – percepire ed evitare», assieme alle relative tecnologie e procedure applicabili per consentire le operazioni di tali mezzi-aerei negli spazi aerei non-segregati.
In definitiva una posizione decisa che non fa altro che ribadire quella già chiaramente espressa nella Relazione per UVS International dell’anno precedente.
4. La posizione ICAO – International Civil Aviation Organization.
L’ICAO, spronata dagli interessi industriali, sull’argomento UAS/UAV da introdurre negli spazi aerei controllati assume un atteggiamento molto più prudente, anche se un po’ ponziopilatesco, di quello di Eurocontrol, e riconosce l’esigenza più immediata che è quella di trovare un armonico sviluppo dei termini, delle strategie e dei principi riguardanti la struttura regolamentare di quei “mezzi volanti” che accetta di definire, per la prima volta, “Unmanned Aircraft Sistems - UAS”, ovvero per noi, in italiano, «Piattaforme Aeromobili senza Pilota a Bordo».
Ciò scaturisce dal secondo Meeting ICAO del 2007 tenutosi sull’argomento UAS, che ha portato nell’Aprile del 2008 a formare un «Unmanned Aircraft Systems Study Group», del quale fa parte anche un rappresentante dell’ENAC. Tale Gruppo, si è riunito a Montreal per eleggere 2 Co-Presidenti (in carica un anno ciascuno, a rotazione), uno di FAA/USA e l’altro di Eurocontrol ed un Segretario dell’ICAO stessa.
Questo Gruppo ha ricevuto dalla Commissione per la Navigazione Aerea – ICAO il seguente incarico di lavoro e di studio, che si riporta testualmente:-
Come si può vedere, e ciò è molto grave, nemmeno una parola in merito alla definizione dei compiti e dell’addestramento dei “manovratori” addetti alla guida e sorveglianza del “mezzo aereo” che va nello spazio aereo e neppure riguardo a quelli del personale addetto alla programmazione ed alla preparazione a terra del volo di tali mezzi.
Più sopra inoltre ho definito “ponziopilatesco” l’atteggiamento assunto dall’ICAO in quanto anziché incaricare direttamente il proprio Air Navigation Bureau di stilare delle norme regolamentari da proporre all’approvazione dell’Assemblea plenaria, avvalendosi nel lavoro appunto anche dagli esperti del neo-costituito Gruppo di Studio per gli UAS, ha preferito, fin dall’Aprile 2008, dichiarare di non essere «the most suitable body to lead the effort to develop specifications» in materia di regolamentazione per l’entrata degli UAS civili nello spazio aereo controllato e di attendersi invece delle specificazioni tecniche originate da organizzazioni tecniche internazionali quali FAA/USA, Eurocontrol (che, come abbiamo visto, smania per mettersi in prima linea con il suo Centro sperimentale), oltre ad ITU (International Telecommunications Union) ed ovviamente le industrie costruttrici.
In definitiva il G.d.S. è incaricato, solamente, di aiutare il Segretariato dell’ICAO nel coordinare gli sforzi tecnici delle altre organizzazioni internazionali ed industriali e di proporre lo sviluppo di SARPS (Standards and Recommended Practices), di procedure e di materiale informativo per gli UAS civili da introdurre nello spazio aereo non-segregato e sugli aeroporti controllati !
A questo punto però è d’obbligo far notare che anche l’ICAO ha accettato che questi mezzi-aerei senza pilota a bordo cambino la dizione da “UAV – Unmanned Aerial Vehicles” o “aeroveicoli senza pilota a bordo“ a quella di “UAS – Unmanned AIRCRAFT Systems” o “aeropiattaforme senza pilota a bordo”.
Così giunge notizia che ciò sia avvenuto anche in seno alle forze aeree belliche dell’USAF, dove il Capo di Stato Maggiore in carica ha annunciato l’abbandono, da parte militare, dell’acronimo “UAV” per quello di “UAS”, onde sottolineare l’inserimento di queste “aeropiattaforme” belliche in un più ampio concetto di “sistema” (d’arma ?), nel quale la parte “piattaforma” che va in volo è soltanto una componente, essendo l’altra, quella che rimane a terra, la stazione di controllo del volo, mentre nelle missioni completamente autonome e pre-programmate sarà limitata al ruolo di sorvegliante passiva, senza poter intervenire sull’aeropiattaforma allorquando questa si trovi al di fuori della portata ottica della stazione stessa. Come si vede, concetti puramente militari da “campo di battaglia”, per il quale le piattaforme, probabilmente, rappresentano “il meglio” in termini di risparmio di vite umane.
Ben diverso dovrebbe essere il principio a cui si debbano ispirare gli UAS per impieghi civili sopra territori anche densamente popolati.
5. La posizione dell’USAF.
Comunque, la vera novità in materia, rivelata dal Capo di S. M. dell’USAF nell’annunciare l’apertura della prima Scuola per addetti alla gestione operativa degli UASs, è data dal fatto che nella “stazione di guida e controllo” non ci saranno “Pilots” (= Piloti), bensì gli Addetti saranno “Aviators”, cioè “Aviatori” (termine che in italiano, genericamente, è sinonimo di “Pilota” o di “Aeronavigante”), ma che personalmente non condivido in quanto non definisce correttamente il loro reale impiego, che è più corrispondente a quello che ho sempre usato nei miei scritti, cioè quello di “manovratori” a distanza del mezzo aereo loro affidato, mentre stanno a terra.
Altrimenti, in italiano, potrebbero meglio definirsi “avviatori” [proto, con due “V”, prego – ndr] del “sistema” che deve andare in volo, “sistema” che, comunque, almeno a terra sull’aeroporto, necessita di qualcuno che avvii il “sistema” al rullaggio ed alla partenza.
Ma l’annuncio, come ha pubblicato Air Press [cfr. n. 9 – pag. 321]- «l’USAF ha deciso di creare una nuova generazione di “operatori” di questi “mezzi aerei”, “operatori” che non saranno più “Pilots”, bensì “Aviators”» perché, come ha voluto spiegare il Capo di S. M. dell’U. S. Air Force statunitense, «… gli “Aviators” che dovranno operare gli “Unmanned Aircraft” non dovranno avere le “in-cockpit skills” del Pilota di “manned aircraft”, ma dovranno avere ciò che egli ha definito “the smarts and multi-tasking capabilities” per ottenere la massima efficienza di un UAS». Cioè, come a dire che basta che costoro abbiano la capacità di un utente informatico e di un “tastierista” d’una consolle di regia televisiva, per far “rendere” la piattaforma bellica e per il resto … non importa ! Infatti precisa ancora:-«Deve conoscere lo spazio aereo, deve saper tutto sul coordinamento aria-terra [ben inteso entrambe le cose in senso militare, relativo ad un campo di battaglia – ndr], deve infatti saper riconoscere la differenza tra un “bersaglio non ostile” ed un “bersaglio ostile”»!
Come si può vedere una visione prettamente militare da “zona di operazioni di guerra” e non certo per personale che sia preparato a gestire il “mezzo aereo” negli spazi aerei controllati, comuni con l’aviazione civile internazionale, nell’utilizzo dei quali questi “Aviators” sarebbero completamente impreparati in tema di conoscenza delle “Regole dell’Aria” e di conoscenza delle norme della Navigazione Aerea, come previsto per tutti gli utenti dell’aria, non solo Piloti, ma perfino “Dispatchers” o Assistenti tecnici alle operazioni delle Compagnie Aeree.
Così, negli “UAS Fundamental Course” per la qualifica di “Aviators” dell’USAF, nel corso di sole quattro settimane gli “student aviators” saranno dotati degli «elementi fondamentali delle tattiche d’impiego di piattaforme UAS e sulle armi da esse trasportate».
Non rimane che sperare che nessuno di questi “Aviators” sia mai dislocato sull’aeroporto siciliano di Sigonella futura base degli UASs della NATO !
Infatti non si può ignorare quanto sta già avvenendo negli USA, dove l’industria delle costruzioni di questi “mezzi-aerei” sta premendo pesantemente e costantemente sulle Autorità di normazione, sia di certificazione che di controllo del traffico aereo, (la F.A.A.), in ciò spronata anche dagli utilizzatori militari e civili di UASs/UAVs, affinché si arrivi al più presto alla “liberalizzazione” per l’entrata nello spazio aereo controllato di tali aeroveicoli, ora conosciuti come “piattaforme aeromobili senza pilota a bordo”.
Fin dalla fine del mese di Aprile 2008, durante un apposito raduno di costruttori tenutosi a Washington presso la FAA sul tema della richiesta di “liberalizzazione”, denominata “UAV Autonomy”, nello spazio aereo controllato, vi fu una cocente delusione nell’apprendere quanto dichiarava il Direttore dell’Ufficio della FAA per il “Unmanned Aircraft Programmme”. Costui ha affermato «… di dover prevedere “tempi lunghi” affinché l’industria ottenga un sistema impiantistico di bordo certificato e in grado di assicurare la funzione di “individuazione, percezione ed elusione delle collisioni” sugli “unmanned aircraft” nei confronti degli altri utenti dello spazio controllato». La dichiarazione continuava pressappoco come segue:- «Credo che la capacità di cui stiamo parlando sarà disponibile, nel senso di “compilare un piano di volo e di poterlo volare con un UAV nello spazio aereo controllato”, in una data compresa tra il 2020 ed il 2025» !
Il che ha gelato le aspettative sia dei militari, che da tempo si battono per un ordinario libero accesso degli UAS nel sistema dello spazio aereo nazionale degli USA (NAS) (accesso che ora avviene sulla base di una speciale “autorizzazione” della FAA rilasciata su domanda, caso per caso) richiesta entro il 2012, sia dei costruttori di UAS sia militari che civili che contavano di conseguire affari ed introiti pure prima di tale data. Così il Direttore di uno dei maggiori costruttori di UAS ha tuonato di non ritenere che i costruttori possano attendere diecine d’anni per poter “integrare” tale tipo di “sistemi di volo” nello spazio aereo nazionale. Di conseguenza le cinque principali ditte di costruzioni di UAS degli USA, pur concorrenti, si sono unite proprio sotto l’acronimo “UNITE”, dalle iniziali delle parole “Unmanned air vehicles National Industry TEam”, onde ottenere dalla FAA una accelerazione del processo.
Molti ostacoli devono ancora essere superati sia nei campi della guida e controllo delle piattaforme sia di fattori umani sia per gli addetti alla manovra delle stesse piattaforme sia da parte del Controllo del Traffico Aereo per il NAS nord-americano, sia per le garanzie di sicurezza da interferenze nei collegamenti con questi mezzi sia infine sotto il profilo strettamente regolamentare riguardante le Regole dell’Aria in vigore per tutti gli utenti dell’Aviazione Civile internazionale.
Nessuno di questi problemi è altrettanto difficile da risolvere, sia in termini di tempo occorrente che di spese da affrontare, di quello di sviluppare un sistema impiantistico di bordo intelligente e capace di evitare automaticamente ed autonomamente le collisioni, sistema per ora conosciuto soltanto come “programma di percezione ed elusione”. Infatti, va precisato, che non si tratta solo di un TCAS adattato, ovvero di creare “un sistema anticollisione”, bensì si tratta di garantire una vera e propria «assicurazione di separazione» dal resto del traffico.
Infine non si può ignorare quanto continua a sottolineare l’IFALPA in merito alle differenze fisio-psicologiche che contraddistinguono i “manovratori” del “sistema” rispetto ai Piloti che vanno in volo, che riproponiamo testualmente:-
«Compared with an on board colleague, the UAS “aviator” confined into the ground control station experiences total deprivation of senses of sound and smell. In addition they are unable to experience sensations of jolts or changes in velocity …, all of which may be early indicators of something amiss with the aircraft. … Like his cockpit counterpart, the UAS “aviator” suffer from all the shortcomings of being “human being”, yet he is further denied the ability to use all his faculties to analyse and deal with an abnormal situation and, as result, is hampered in the ability to use the upside of the human element, because, as asserted earlier, it remains true that the human brain is yet to be matched operating in an ambiguous situation – generally speaking – it might be this that makes aviation safe».
Non credo rimanga da dire altro ai Signori che intendono regolamentare e decidere:- Pensateci bene ! 15/3/09