A cura di ATC BATTER
L’inevitabile e naturale rincorrersi delle stagioni, almeno fino al momento in cui l’uomo saprà fare uso consapevole, cosciente e rispettoso delle risorse naturali, fissa ed evidenzia anche delle ricorrenze storiche significative quali, ad esempio: la rivoluzione Francese, la Rivoluzione d’Ottobre e il Settembre ’43.
Distanziate nel tempo e negli intenti fondamentali. E non sempre supportate da convinzioni certe. La seconda, in modo particolare, espressione delle tipiche brumose giornate autunnali. E fioriscono, sistematicamente contrapposizioni e verità di parte quasi fosse l’appartenenza ideologica a dettare la trama. Ed è noto che la storia è fonte sistemica anche del vivere contemporaneo.
E’ in questo contesto stagionale che trova collocazione un tragico evento aeronautico senza pari in termine di perdita di vite umane, dal dopoguerra ad oggi, sul suolo nazionale. E non sono mancati, e non a caso, neppure eventi e sollecitazioni improprie di natura “gestionale” di “cosa dello Stato” che in sintonia con la brumosità tipica della stagione autunnale hanno lasciato segni tutt’ora visibili (19 Ottobre 1979).
E non sempre segni positivi. Ma il “ricordo” serve anche a non farci cadere nell’oblio. Ed è per questo che, all’approssimarsi di tali ricorrenze, si ritiene utile formulare alcune considerazioni sui fatti trattati dai preposti alla ricerca della “verità”.
Pare ormai assodato che nella ricerca della “verità” di un qualsiasi evento, anche disastroso, ci si debba barcamenare fra “verità” appartenenti a espressioni diverse, purtroppo di parte e, come tali in conflitto di interesse, poco inclini ad evidenziare il vero filo conduttore dell’evento.
E’ ciò che appare ogni qual volta il “mondo che ci circonda” viene chiamato ad indagare, informare, descrivere, valutare e sentenziare responsabilità sull’accaduto.
In questo ultimi trent’anni, in casa nostra e nel comparto “aviation”, non sono mancati, purtroppo, eventi seri e disastrosi che hanno innescato una giusta e doverosa ricerca della “verità” a garanzia del Diritto Civile e Penale di ogni cittadino. E senza dimenticare eventuali “ritocchi” tecnico/operativi utili per il futuro a prevenire e tutelare la pubblica incolumità.
I percorsi processuali, però, ci lasciano alquanto perplessi. E paiono discostarsi, decisamente ed in modo significativo, dal reale evolversi degli eventi strettamente concatenati con “l’ambiente” operativo spesso non compreso a fondo.
E la base di partenza è radicalmente focalizzata su almeno tre livelli di “verità”:
- la verità dei fatti;
- la verità giudiziaria;
- la verità dei media.
E ci fermiamo qui per non ingarbugliare troppo la matassa di per sé già aggrovigliata.
Appare quasi sistematico che la “verità” giudiziaria guardi alla “verità” dei fatti anteponendo, molto spesso, necessità della “dottrina del diritto” a scapito della piena e completa comprensione della effettiva realtà. E a volte anche il “diritto” subisce delle distorsioni, di fatto, incomprensibili ai più.
E’ accaduto con il percorso processuale relativo al disastro di Ustica 1980 e di Linate 2001 e 2003. E di Cagliari 2004.
Produrre una simile “verità” non rappresenta certo la vera natura dei fatti e non ha alcuna funzione propedeutica per il futuro. E così anche la giustizia pare inciampare.
Con tutto il rispetto dovuto, e doveroso, all’Organo Giudiziario e ai gruppi organizzati in “memoria” non pare che il percorso alla ricerca della “ verità e della giustizia” abbia portato alla chiara ed inequivocabile individuazione delle reali responsabilità. lasciando, di fatto, senza risposta il pur nobile e condiviso presupposto dell’intento sollecitativo affinché un fatto similare “non abbia a ripetersi in futuro”.
Un esplicito e forte richiamo sul tema lo presenta con “Giustizia e verità” il Generale e già Senatore Vincenzo Ruggero Manca, nel trentennale della tragedia di Ustica. Spiega “la prevalente disinformazione con un immaginario collettivo alimentato da false verità risultate prive di riscontri processuali”. Si chiede: perché la giustizia non ha prodotto la verità? E si interroga del danno causato dalla mancanza di verità. E non esita ad attribuire a tutto ciò un “impatto devastante sulla società” (rife n°7 Aeronautica 2010).
E ciò si ripete, ancora, con i fatti del terzo millennio
Si sono sistematicamente manifestate ripetute ipotesi di reato in nome del “diritto” e tentativi di sovrapposizione di “verità” diverse in nome della giustizia (quale?). Non sono mancati conflitti fra Organi, Enti e Società d’Istituto. E non sono mancate, purtroppo, squallide contrapposizioni testimoniali per “dirottare” indagini su fatti e azioni di natura gestionale con il semplice obiettivo di “scaricare sugli altri” pesi ingombranti e non sempre propri di una sana gestione (Linate 2001).
Si attivano consulenze tecnico/investigative che, poi, si rivelano incestuose e se ne fa, spesso, arbitrio sulle valutazioni delle stesse, ignorando di fatto rilievi e considerazioni anche significative.
Sempre in nome del diritto. Sempre in nome della giustizia. Sempre in nome e per conto della verità (quale?)
E senza offesa per alcuno, e con una grande stretta al cuore, quanto accaduto nella ricerca della “verità” nei fatti ricordati pare decisamente essere frutto associabile a una tipica commedia all’italiana che il noto regista Mario Monicelli nel 1966 portò sugli schermi: Armata Brancaleone. Locuzione intesa solo come comune antonomasia della lingua italiana: ovvero un “gruppo” inconcludente e male assortito che detta verità in palese contrasto con la “verità”.