Con il comunicato Stampa n. 21/2016, il 30 marzo scorso ENAC "ha pubblicato sul proprio portale - www.enac.gov.it - i Dati di Traffico del 2015: sono 156.965.253 i passeggeri che sono transitati negli aeroporti nazionali, con un aumento del 4,5% rispetto al 2014". "Il Direttore Generale dell’ENAC, Alessio Quaranta - riporta lo stesso comunicato - nel commentare i dati ha evidenziato: “Con i dati positivi del 2015 si è consolidato il trend di ripresa del traffico aereo nazionale che ci auguriamo riesca a trainare anche l’economia dei territori serviti dagli aeroporti, a beneficio della crescita del sistema Paese”.
I media hanno variamente ripreso i dati presentati, ma nessuno ha rilevato il riscontro più inquietante: i passeggeri low cost hanno superato quelli delle aerolinee tradizionali con risultato incontrovertibile e decisivo per analizzare e valutare la capacità manageriale dei "gestori aeroportuali" e responsabili "governativi" dell'aviazione commerciale italiana.
Dalla classifica (nazionale + internazionale) si evince tale rapporto, ecco le prime 10 posizioni:
Vettore Nazionalità N. passeggeri
1. Ryanair Irlanda 29.706.675
2. Alitalia CAI (*) Italia 22.987.134
3. Easyjet Gran Bretagna 14.363.022
4. Vueling Airlines Spagna 5.304.079
5. Deutsche Lufthansa Germania 4.336.318
6. Wizz Air Ungheria 3.168.232
7. British Airways Gran Bretagna 3.036.624
8. Meridiana Fly (**) Italia 2.803.712
9. Air France Francia 2.790.046
10. Air Berlin Germania 1.750.422
Solo le quattro aerolinee low cost prevalenti dall'elenco soprastante, e precisamente:
1. Ryanair Irlanda 29.706.675
3. Easyjet Gran Bretagna 14.363.022
4. Vueling Airlines Spagna 5.304.079
6. Wizz Air Ungheria 3.168.232,
raccolgono e movimentano oltre 72 milioni di passeggeri transitati e perciò corrispondenti - sottoposti ad accordi di co-marketing tra aziende, società e soggetti territoriali delle varie Regioni sedi degli aeroporti dai quali operano i vettori low cost.
Il Rapporto ENAC 2015 calcola per le low cost rileva un volume di traffico di 75.943.424 passeggeri pari al 48.38% con un incremento del 10.33% sul 2014. Alle aerolinee tradizionali invece 81.021.829 passeggeri, pari a 51.62% con una riduzione del -0.,48% sull'anno precedente.
E' possibile quindi affermare che quasi metà del traffico dei passeggeri "italiani" sono stimolati, sostenuti, incentivati - a fronte della liberalizzazione del mercato, di strategie competitive e politiche di rilancio e di riposizionamento degli scali aerei, minori e maggiori, hub e di breve-medio-lungo raggio - sono il risultato di ingenti investimenti di co-marketing?
Le nuove e consolidate rotte di numerosi aeroporti italiani, la loro frequenza e stagionalità - senza alcuna dubbio - sono sottoposte a rigorose perizie-consulenze atte a verificare: studi di bacino, valutazione socio- economiche dei singoli mercati ritenuti più interessanti, elaborazione di Business Plan, studi di comunicazione per il lancio di nuove rotte, organizzazione eventi e attività per lo start-up della nuova rotta e monitoraggio dell’andamento della nuove rotte.
Le ricadute e l'impatto locale economico-commerciali-turistiche sono inevitabilmente qualificate come vantaggiose e misurate in x di euro ogni passeggero trasportato e confermate da società di analisi del mercato.
A quanto sommano tali incentivi/anno? Alcune interrogazioni parlamentari riferiscono di almeno 200 milioni/euro anno. Ma il dato sembrerebbe sottostimato.
Gli accordi - al momento sono segretati e/o confidenziali - perciò non disponibili e si può solo stimare una cifra derivata da quanto hanno riferito i media per un aeroporto del nordItalia. Uno scalo nel quali qualche anno addietro i media avevano riferito di una quota di co-marketing tra 20-24 euro a passeggero trasportato.
Se tale parametro risultasse quello medio intercorso negli accordi di co-marketing applicato nel Belpaese l'incentivazione ai voli annua - per quasi 76 milioni di passeggeri - ammonterebbe a una forbice tra 1.5-18 miliardi di euro.
E' un riscontro sorprendente se commisurato agli effetti sul territorio e turismo locale ma ancor più singolare qualora fosse rapportato - come rilevato da alcune società di consulenza e studi relativi - uno stimato moltiplicatore del PIL: pari a 9 volte superiore al costo del biglietto.
In Puglia - ad esempio - la ricaduta economica equivalente, a fronte di circa dieci milioni di euro/anno con "...oggetto la promozione del territorio pugliese", attraverso il sito della compagnia irlandese - è stata stimata una ricaduta economica che ammonta a circa 312 milioni l’anno.
Sono comunque evidenze che pongono innanzitutto una domanda interlocutoria: senza co-marketing, quale sarebbe il traffico passeggeri in Italia? Con quali mancate ricadute e riflessi sul PIL?
E infine un riscontro finale è anch'esso inevitabile: anche nel 2015 il traffico low cost è aumentato di oltre il 10% a fronte della riduzione (-0.48%) della concorrenziale - ma non troppo - flotta dei voli "tradizionali".
A questo punto sono indispensabili una serie di considerazioni aggiuntive.
L'evoluzione del traffico low cost , del modello di business "incentivato" da finanziamenti "pubblici", quindi, a fronte dell’analisi dei benefici economici apportati sul territorio dal flusso turistico generato dagli aeroporti interessati dalle low cost, occorre enfatizzarlo, non rappresenta un risultato generato da quello che ancora qualcuno continua a ritenere un libero mercato competitivo.
Questi meccanismi di ascesa delle compagnie low cost sembrerebbe, infatti, contraddire la liberalizzazione avvenuta in questo settore.
ll servizio low cost ha sicuramente rivoluzionato il modo di intendere il trasporto aereo. Ha condizionato il mercato del settore del trasporto aereo e delle infrastrutture aeroportuali in Europa ma a chi bisogna assegnare il merito e/o la responsabilità? Al modello competitivo delle aerolinee low cost e/o agli ingenti investimenti pubblici con cui sono stati attivati e che continuano a supportarli?
Gli scenari del traffico aereo low cost in Italia, probabilmente, non potranno che continuare a crescere, ma esclusivamente in rapporto alla capacità di incentivazione agli stessi voli. Il costo "sociale" agli investimenti, invece, sembrerebbero configurare solo altre considerazioni: probabilmente minori.