Interrogazione a risposta scritta 4-12096 presentato da FAVA Claudio
testo di Lunedì 15 febbraio 2016, seduta n. 569
FAVA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia . — Per sapere – premesso che:
il 5 maggio 1972 si verificava, in contrada Montagnalonga, in territorio di Carini (in provincia di Palermo), un disastro aereo che cagionava il decesso di 115 persone;
in esito al disastro, la procura di Catania, competente territorialmente in quanto a bordo dell'aereo si trovava anche un magistrato in servizio presso gli uffici giudiziari di Palermo, ha, a suo tempo, avviato un procedimento penale per disastro e omicidio colposo, conclusosi con l'assoluzione di tutti gli imputati;
le conclusioni dell'inchiesta hanno stabilito che la strage di MontagnaLonga dovesse essere archiviata come una tragica sciagura attribuibile a cause naturali o a errori umani dei piloti;
nel 1976 un rapporto giudiziario a firma del vice questore di Trapani Giuseppe Peri indicava taluni elementi che consentirebbero di ipotizzare che la causa del disastro possa essere attribuita a un attentato;
nel rapporto si faceva «espresso riferimento alla caduta dell'aereo come episodio inquadrabile nella c.d. strategia della tensione ed espressione di un vero e proprio attentato finalizzato ad indebolire la credibilità dello Stato»;
altre circostanze, certamente degne di approfondimento, sono state offerte nel corso di spontanee dichiarazioni alla procura della Repubblica di Palermo dai familiari di alcune delle vittime;
in particolare:
il nastro della scatola nera dell'aereo era stato sostituito il 30 aprile 1972 e contestualmente strappato in modo da non potere più ricostruire le fasi antecedenti all'incidente, come risulta dalla sentenza della corte di appello di Catania, sez.l, del 13 giugno 1983 in cui, in relazione alla scatola nera, si afferma che «risulta che il nastro è stato trovato strappato in corrispondenza di un tempo di volo di circa sette ore dalla installazione»;
non era stata svolta una perizia balistica sui corpi delle vittime;
alcuni passeggeri erano stati ritrovati disintegrati, mentre altri, che sedevano nella parte della coda dell'aereo, erano integri;
i piloti dell'ANPAC non avevano potuto visionare gli altimetri di bordo ed altri pezzi del relitto dell'aereo, perché il direttore dell'aeroporto di Boccadifalco non li aveva posti a loro disposizione;
le perizie svolte ed acquisite nell'ambito del processo erano tra loro contraddittorie su vari punti, ed in particolare sulla ricostruzione dei percorsi e del piano di volo, come risulta dalle sentenze del tribunale penale di Catania, sez.I del 27 aprile 1982 e della corte di appello di Catania, sez.1, del 13 giugno 1983;
l'inchiesta ministeriale fu svolta in appena nove giorni ed apparve fortemente sommaria nelle conclusioni a cui giunse;
vi era stata anche la cancellazione e la manomissione dei nastri registrati dalla torre di controllo con cui il velivolo era in contatto;
numerose testimonianze raccolte subito dopo i fatti convenivano sul fatto che si sarebbe verificato un incendio a bordo dell'aeromobile, evento perfettamente compatibile con l'esplosione a bordo di un ordigno, o con l'abbattimento dell'aeromobile da parte di ignoti;
le numerose istanze per una riapertura dell'indagine, presentate nel corso degli anni dai familiari di alcune delle vittime, sono fondate su una serie, a giudizio dell'interrogante, assolutamente convergente, di prove dichiarative e di elementi fattuali;
nessun seguito è stato offerto a queste istanze, nonostante l'imprescrittibilità dell'eventuale reato ipotizzato di strage;
sarebbe opportuno effettuare, al fine di accertare l'eventuale matrice dolosa del disastro, ulteriori accertamenti e approfondimenti tecnici, chiesti dai familiari, e in particolare:
1) esame dei rilievi di sopralluogo: i monconi, qualora l'aereo fosse giunto integro all'impatto con la montagna, si sarebbero dispersi su un'area relativamente ristretta, in caso di esplosione su un'area più ampia; in quest'ultimo caso, peraltro, anche i corpi dei passeggeri sarebbero stati oggetto di una «dispersione» di tipo casuale che potrebbe non seguire necessariamente la disposizione dei passeggeri secondo i posti assegnati all'imbarco;
2) esame dei rilievi cadaverici e degli esami autoptici dei piloti all'epoca espletati, per verificare la lesività riscontrata e la natura delle lesioni, nonché di apprezzare eventuali segni indicativi di caduta dall'alto, proiezione o propulsione fuori dal mezzo;
3) esame dei resti dell'aeromobile e del terreno, onde verificare lo stato dei resti (ad es., dei sedili, per accertare l'eventuale presenza di frammenti metallici di natura ultronea) ed effettuare indagini strumentali per la determinazione di eventuali residui di esplosivi;
4) esame dei bagagli ed effetti personali delle vittime, per valutare lo stato al momento dell'impatto, nonché condurre esami tesi a verificare la presenza di eventuali residui di esplosivi;
5) esame dei cadaveri, applicando tecniche medico-legali di indagine radiologica (Rx, TC spirale, RMN), ai tempi del disastro non in uso, onde accertare se nei corpi siano reperibili eventuali frammenti metallici o materiali ultronei ritenuti nelle varie sedi corporee;
6) ricostruzione del volo sulla base di tutti i dati disponibili e su tecniche moderne di simulazione e algoritmi di calcolo aereomeccanico al fine di verificare tempi e rotta dell'aeromobile e modalità spazio temporali del disastro –:
se risulti al Governo se su uno o più atti relativi al disastro di Montagnalonga sia stato posto il vincolo del segreto di Stato;
se siano state disposte indagini amministrative ulteriori in ordine alle cause del disastro aereo, e quali ne siano eventualmente gli esiti;
se il Governo non intenda fornire alla magistratura ogni elemento utile in suo possesso, al fine di ogni iniziativa di competenza volta a chiarire la tragica vicenda.
Puntualizzazioni del Com.te Renzo Dentesano
To whom it may concern
ovvero quanto c’è da dire in merito ad una Interrogazione Parlamentare
sul disastro di Montagna Longa (PA) del 1972.
Dalle notizie di Avionews del 19/2/16, leggo con somma meraviglia di un’interrogazione parlamentare rivolta alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Ministro della Giustizia da part del deputato C. Fava della Sinistra-SEL.
Il lungo testo dell’interrogazione è molto articolata e chiaramente scritta da un legale che si è avvalso di atti del Tribunale di Catania che nel 1976 aveva condotto un processo a carico di certi imputati, poi tutti assolti. E’ chiaramente volto a rinvangare argomenti triti e ritriti, già in voga negli anni successivi al “disastro di Montagna Longa” sovrastante l’aeroporto di Palermo Punta Raisi, sulla quale si infranse il volo Roma Palermo del 5 maggio 1972 (DC 8/43 I-DIWI, da poco declassato ai trasporti nazionali)con la perdita di 115 persone tra passeggeri e membri dell’equipaggio.
Ho partecipato a questa inchiesta con la qualifica di Ufficiale alla Sicurezza dei Voli per conto del Ministro dell’Aviazione Civile (già, perché allora l’Aviazione Civile italiana era dotata di un Ministro ad hoc, con tanto di Commissione tecnico-formale per le inchieste sugli incidenti aeronautici, a norma del Codice della Navigazione – Parte Aerea), presieduta dall’allora famoso Colonnello Lino per il successivo libro bianco sugli aeroporti italiani (che portò a tanti miglioramenti sulle infrastrutture e relative dotazioni aeroportuali e di navigazione allora esistenti). A suo tempo ho seguito le polemiche sorte a proposito di certi fatti che indussero la Procura catanese ad aprire un processo indiziario a carico di certi presunti possibili mandanti di fantomatici attentati, come ho riferito in apertura di questo scritto, mi meraviglio ancora come si possa tentare di riaprire presunte piste criminali su un fatto che si rivelò palesemente come un tragico errore umano, di cui l’Alitalia di allora e la sua assicurazione, dovettero risarcire i congiunti delle vittime.
Adesso con questa interrogazione, a distanza di 44 anni dall’evento, si tenta di coinvolgere la responsabilità dello Stato in modo da mungere un’altra volta le sue esauste casse, così come si continua a fare dopo oltre 36 anni con l’altro incidente, noto come “Strage di Ustica”.
Tanto premesso, mi accingo, per amor di verità, a commentare soltanto quelle parti dell’interrogazione Fava che chiaramente mi constano, basate soltanto su illazioni e sospetti interessati e non obiettivi.
L’interrogazione esordisce dichiarando che la Procura di Catania, competente in
quanto a bordo dell’aereo si trovava un Magistrato di quella Procura, aveva avviato un
procedimento penale per disastro ed omicidio colposo, conclusosi con l’assoluzione degli imputati (non nominati), mentre nel capoverso successivo si parla di conclusioni
dell'inchiesta che avrebbe stabilito che la strage di Montagna Longa dovesse essere archiviata come una tragica sciagura attribuibile a cause naturali o ad errori umani dei
piloti, con evidente contraddizione dei termini utilizzati.
Nel successivo capoverso si rammenta che nel 1976, un rapporto giudiziario (di
chiaro stampo poliziesco) a firma del Vicequestore di Trapani, tale G. Peri, ipotizzava che la causa del disastro potesse essere attribuita ad un attentato, inquadrabile nella strategia della tensione e finalizzato ad indebolire la credibilità dello Stato. A sostegno
si citano dichiarazioni spontanee dei familiari delle vittime del disastro, che non si vede cosa ne potessero sapere di strategie della tensione e quant’altro. Tuttavia l’interrogazione prosegue nominando alcuni particolari, secondo l’estensore, adatti a
spiegare l’evento.
Si parla di “nastro della scatola nera dell’aeromobile”, mentre l’apparato del Flight Data Recorder a quei tempi era costituito da uno speciale rotolo di carta argentata speciale, sul quale una corretta punta lasciava impressi soltanto quattro parametri essenziali del volo, oltre al tempo di funzionamento dell’apparato stesso.
Ora l’apparato stesso era stato sì sostituito dalla manutenzione di Fiumicino cinque giorni prima della sciagura, ma la banda della carta argentata che doveva scorrere dentro l’apparato si era soltanto accartocciata e ne aveva bloccato il funzionamento poche ore dopo l’intervento manutentivo di cinque giorni prima del sinistro.
Prosegue poi citando il fatto che i corpi dei passeggeri dell’aereo disintegratosi nell’urto contro il crinale di Montagna Longa, che si affaccia sul sottostante abitato di
Carini, erano in parte gravemente offesi ed altri erano integri, come integri erano gli impennaggi di coda ed il troncone posteriore rimasto sul crinale dell’impatto, il tutto per poi avanzare il sospetto che potesse essersi trattato di un’esplosione a bordo d’un ordigno, con conseguente incendio in volo.
Mentre è vero che gli occupanti del velivolo erano stati in parte espulsi dal velivolo stesso al momento dell’impatto con il crinale ed erano stati catapultati lungo il
sottostante vallone che si apre verso Carini, altri invece erano stati sfracellati nell’impatto contro le rocce del crinale. Pertanto i primi avevano riportato anche delle bruciature dovute alla deflagrazione del carburante fuoriuscito dai serbatoi disintegratisi nell‘urto ed incendiatosi nebulizzato a causa dei motori distaccatisi ancora in piena funzione e precipitati assieme a piccole parti della struttura lungo il pendio del vallone già citato.
Infine si conclude criticando il fatto che l'inchiesta ministeriale fosse stata conclusa in appena nove giorni ed agli occhi dell’interrogante apparirebbe fortemente sommaria nelle conclusioni a cui giunse.
Orbene, sull’argomento, io so solo questo:- nella tarda serata del 5 Maggio 1972 fui convocato all’aeroporto di Fiumicino, dove trovai il Presidente e i componenti la Commissione ministeriale pressoché al completo e dopo un briefing su quanto al momento noto ci imbarcammo con le nostre attrezzature su di un DC 9 dell’Alitalia alla volta dell’aeroporto di Palermo Punta Raisi. Al nostro arrivo, dopo un altro briefing di aggiornamento anche sulle carte topografiche della zona, ci imbarcammo su alcune Campagnole militari che ci condussero alle prime luci dell’alba in cima a Montagna Longa, dove ebbe inizio il nostro lavoro di ricognizione e di raccolta delle evidenze disponibili sul campo. Così disposti a raggiera, scendemmo lentamente lungo il ripido canalone, per poi, una volta giunti alla base pianeggiante, risalire un’altra volta fino alla cima, raccogliendo ancora quanto già prima segnato come utile all’inchiesta e fotografando tutto accuratamente con la collaborazione di fotografi messi a disposizione dalle Forze dell’Ordine che avevano presidiato la zona fin dalla notte. Nei
giorni successivi e in ore serali corrispondenti vennero effettuati anche voli di prova e
di controllo a Punta Raisi, con la collaborazione di alcuni testimoni attendibili ed altri ancora anche a Fiumicino.
Infine lavorando incessantemente ogni giorno, dopo nove lunghi giorni, la Commissione, supportata anche da esperti della Douglas Aircraft e da motoristi del fabbricante dei motori, la Commissione fu in grado di stilare le conclusioni dell’inchiesta tecnico-formale, come da mandato; conclusioni volte, si badi bene, a stabilire le cause del mortale incidente onde prevenirne l’eventuale ripetizione ed a firmare all’unanimità il relativo verbale, compreso il rappresentante dell’ANPAC, chiamato a farne parte.
Che cosa abbia disposto la Magistratura competente in merito ad una propria indagine
sul disastro non era nostro compito.
Che adesso, a distanza di ben 44 anni dall’evento, in base a considerazioni veramente tendenziose e volta a coinvolgere la responsabilità dello Stato, che poi dovrebbe risponderne risarcitoriamente, non sarebbe affare mio, ma il desiderio di far finalmente desistere da questi tentativi di strategia della tensione, sempre in atto fin da quei tempi, mi ha spinto a provare a mettere i puntini sulle i, per quanto di mia conoscenza.
Del resto anche tra gli altri Colleghi Commissari dell’epoca ci devono essere ancora dei viventi (io ne so per certo almeno di uno). Spero proprio che qualcuno, fra le attuali Autorità competenti, sia in grado di fornire elementi utili a far cessare questa strategia di assalto alla diligenza.