“frammenti di storia arenati su uno strato calcificato di scorie”
(by ATC Batter)
L’aureola solare appariva già offuscata ancor prima del suo far capolino sulla linea del’’orizzonte, a Est; e non prometteva nulla di buono.
In un clima di silenzio pietrificato, e rumoroso e assordante quanto insolito e tenebroso per la mancata emissione di NOTAM sulla possibile riduzione dei servizi ATC al traffico aereo generale e appesantita da rassicuranti dichiarazioni in video, e a mezzo stampa, di alti rappresentati ministeriali che nulla di significativo sarebbe accaduto, iniziava una giornata campale; e non solo per i controllori del traffico aereo.
Era il 19 Ottobre del 1979.
Sordi attori istituzionali, forza armata (AM) e titolari della relativa funzione terminale d’istituto adottavano maschere di scena su una quinta dove nulla era davvero ciò che sembrava; fu inevitabile il collasso della struttura portante con conseguente caos direttivo e gestionale; indelebile restò il trillo dei telefoni e intonso il gracchiare delle ricetrasmittenti nelle sale operative, e mai mancarono le dovute “risposte”; il resto silenzio peso. Accadde di tutto e di più, ma non si manifestò alcuna espressione parossistica; non si registrò alcun “accident,”ma non mancarono degli “incident” che restarono sommersi sotto il cumulo di cenere del giorno infuocato. E non è cosa di poco conto, altre parevano essere le priorità: in primis, la caccia alle ”streghe”; matrice per altro già collaudata e sperimentata in precedenza su una “base” di comodo, e precostituita a tavolino, creando un effetto fumogeno che dissimulava la realtà.
A quarant’anni di distanza resta viva l’immagine del vissuto, in diretta e in frequenza, dell’inaudita
turbolenza ed è raccolta in Francobolli del tempo: 19 ottobre 1979; una pleiade di ricordi.
Raccontare Il passato aiuta a comprendere il presente e condiziona, sempre positivamente, l’architrave del futuro; conoscerlo, e rileggerlo, pare sempre utile e funzionale; pare sempre buona ragione, non la ragione.
E la buona ragione del Controllore del Traffico Aereo di allora si riversò in una arrampicata, senza funi di sicurezza, alla ricerca di una dignitosa soluzione al variegato stato di precarietà, prevalente e persistente, del proprio rapporto di lavoro, delle relative funzioni e della propria identità professionale. E non fu azione priva di sofferenza e amarezza verso la forza armata; e l’azione dirompente fu ineluttabile; ma fu buona malia, e la nuvola della speranza non si dissolse. Permane sempre incomprensibile il riscontro di un’ottusa avversione all’ascolto, inanellata da troppi, delle rimostranze pacate e antecedenti, derubricate come fossero quelle di un gregge di rane gracidanti al chiaro di luna a spasso su un felpato guanciale azzurro.
Ma non si trattava di una famiglia di Anuri e, tanto meno, di guanciale felpato: era semplicemente una “famiglia” un po’ disorientata dalla guida di genitori in ipossia e con bulbo oculare ancora sano ma trattato con atropina, in auto medicamento e senza prescrizione medica, che non permetta loro di vedere le cose con nitore. Una cosa è certa: in quel dì, e da quel dì, è emersa con forza dirompente una diffusa subsidenza dei valori percepiti come doveri; e ha intaccato tutti. Poi ogni selezione di merito è lasciata alla libera e individuale capacità di intendere del lettore: revolution ??? evolution ??? 19 ottobre 2019
Allegato
Francobolli del tempo: 19 ottobre 1979: (by ATC Batter)
Blind transmission on VHF radio 121.5 MHz. “ …. cose sulle quali s’ha da investigare gli eventi della giornata; e del seguito”. (rife: Guicciardini; Cutinelli - Rèndina; A. Manzoni; U. Eco; C. Sgorlon; M. Giannin; O, Fallaci)
Tempesta in aria chiara
Paiono ricordi incanalati su un sentiero ormai screpolato dal tempo e da un comodo riporre in più oscure latebre: Venerdì, 19 ottobre 1979.
Ma non è così per tutti. I ricordi, nel loro insieme, recano si la testimonianza dell’assillo per la fondatezza di ogni nota, e dei dubbi continui che persistono, ma rappresentano indicazione ritenuta necessaria per risolverli: fatti e vicende così come sono comprese e vissute; e non manca il piacere saporoso di sottrarli alla rovina del tempo. Ricordi di fatti concreti, note di cronaca e ripercussioni pesanti per l’utenza e per i protagonisti di una azione eclatante giunta a maturazione sotto gli occhi di tutti, già nota a tutti, e che nessuno ha saputo, e voluto, assumersi la paternità e la guida di una gestione, alla luce del sole, efficace; un non voler vedere ciò che era visibile a occhi chiusi; un vero obbrobrio istituzionale; una deprecabile metamorfosi dell’arma azzurra, e delle istituzioni, che, poi, si è trascinata per anni e anni all’insegna di un orgoglio ormai defunto, puerile e difficile da difendere e giustificare; un monumento di idee ed espressioni confuse dove non mancava nemmeno chi voleva confonderle per fini suoi. E bastava ben poco per assopire l’accaldato manifestarsi di un disagio reale e creare le basi di una azione evolutiva ragionata; ma anche quel poco mancò e il tutto degenerò in un turbinio di azioni non proprie. Oggi è una cartolina del passato ma, se affrancata con il lessico mediatico ricorrente, si avvilupperebbe con facilità su una similare struttura portante di architettura morandiana e sulle relative relazioni di Comitati tecnico-amministrativi del Provveditorato alle opere pubbliche, e del seguito; e non manca nemmeno un annullo speciale legato al recente caso della nave “Diciotti” della Guardia Costiera (2018;, e poi ancora altri, purtroppo, a seguire.
Un mix di necessità inevase, funzioni istituzionali evanescenti e alla deriva; e così appare perché non si trovano le veline di presunti ordini mai ordinati: burocrazia miope, interessi di parte e politica auto referente impantanata in uno strato melmoso di pura ideologia; e, poi, un esondare di spavalda altezzosità, direttiva e funzionale, completa la scenografia. E ogni effetto binario, in proiezione, appare ricco di una devastante metamorfosi gestionale in copia conforme; un revival non certo gratificante, ma così è; e oggi, 2019, cosa succede all’interno delle Forze Armate, chiamate in causa ma senza “causa”?
Disorientate le linee di comando che perdono la logica del naturale riferimento ministeriale senza comando credibile; effervescente il sottocomando movimentato, ancora, da forze in ombra; come nel 79.
Intrighi capziosi e segreti di Pulcinella
Poi si tesse un cavilloso ordito dal sapore “penale” annodato, a tempo, su una trama amministrativa
relativa a fogli di viaggio, per annebbiare figure, non certo apicali, chiamate a rappresentare lo “stato di fatto” a seguito dell’evento principe. A seguire le storielle dei “segreti”; e nel nostro contesto del segreto di Stato fatto pesare sulle operatività degli aeroporti di “allarme” (rife LIMN) condizionando, in modo improprio ed inutile, le operazioni ATC indirizzate al traffico generale. Perché mantenere attivo un “corridoio”, penalizzando centinaia di voli civili senza motivo, sulla base di un ipotetico decollo di intercettori quando era certo che gli intercettori non erano “attivi” e che Il servizio di Controllo del Traffico Aereo Generale era affidato, e garantito, a una struttura operativa dello Stato? Io “disubbidivo” spesso …aggiravo l’ostacolo formale e adottavo un coordinamento succedaneo, quasi coercitivo, che impagliava una “difesa” non sempre in-difesa … e tagliavo e accorciavo”. Il tutto nasceva da incomprensibili posizioni assunte da chi vestiva incarichi operativi intermedi quali responsabili di ciò che della RIV (Regione Informazioni Volo LIMM) era rimasto e/o sopravissuto. Un obbrobrio di stampo istituzionale, in campo AM, che disconosceva, di fatto e per partito preso, la nuova gestione dello spazio aereo affidata alla nuova struttura civile e mal digeriva di dover accettare la “delega” di gestire gli spazi funzionali alla difesa, mai negati e mai condizionati al traffico generale quando motivati. Un imperativo di “difesa aerea” da garantire, e sempre garantito, ma non per questo blindato da un “segreto” di Pulcinella, deleterio, controproducente e senza alcuna contropartita positiva e per la Difesa e per lo Stato, quando il decollo su “scramble” maturava da “azioni e informazioni” frutto di una integrazione di dati condivisi, e complementari, fra ente civile e AM . E tutto dilagò per anni e anni con la compiacenza di troppi saliti, senza fatica alcuna, sul nuovo scafo per aggrapparsi al suo ipotetico e lusinghiero sartiame dal dolce sapore di arra, inizialmente utopico, poi …..; troppi i silenzi; assurde le accettazioni; deplorevoli i comportamenti non conformi.
Disfunzioni temporali e metamorfosi del sistema ATC
Inaccettabile il discrimine, poi, dei “ritardi” (copiosi), lamentati prevalentemente dalla voce, forte, del vettore di bandiera, addebitandoli, indistintamente, al sistema ATC anche quando era palese la manifestazione di una inadeguata disciplina operativa prevalentemente a capo della compagnia e, poi, del gestore aeroportuale (es. volo Linate/Mosca RWY 18, operazioni de-icing, spazzamento neve, imbarchi, ect. ect.); una manifestazione superba di menti che agivano (e forse agiscono), senza capire, arroccate su un declivio vistosamente franoso, e avviticchiate in ombre che venivano dal nulla e andavano verso il nulla; e pur di galleggiare, fra il secondo e terzo millennio, si sottoscrivevano accodi per accaparrarsi “grazie” promettendo “grazie” ( sconti tariffari in cambio di benevoli attenzioni dedicate): un mercimonio stomachevole rigettato, spontaneamente, da pochi. Mai una analisi seria e capillare sui ritardi; solo dichiarazioni di parte e, spesso, improprie; e non mancavano silenzi assordati di chi aveva il dovere di spiegare e chiarire; e riemergeva il nulla; il nulla.
Disfunzioni direttive e populismo esasperato
Sul proscenio, apparentemente diviso a settori, si sviluppava poi una plurima rappresentazione direttiva, figlia di una arroganza ereditata, che creava ancora danno alla comunità in nome e per conto di una perversa interpretazione di dispositivi e norme legate alla conduzione di un Commissariato e di una Azienda Autonoma. Situazione complessa e raggomitolata in fretta che, in un baleno, divenne fomite di arbitrarietà funzionale inaccettabile: prima un “travaso”, di persone e cose (beni), intriso di becero populismo e di gran lunga superiore alla bisogna del momento, poi nuove assunzioni, alcune ancora “populiste” e altre macchiate da un degenerativo trascinarsi di contrapposizioni fra organi istituzionali blindati da una cieca ideologia burocratica; e nell’intermezzo, ancora all’insegna della stessa matrice, una scomposta revisione di titoli professionali e una altrettanto scomposta azione di professionalizzazione ad ogni costo e omnicomprensiva. E il vertigo non fu solo “azzurro”; anche le corporazioni, in qualche modo organizzate, hanno agito in proprio, e senza soluzione di continuità, contando su una inesauribile fideiussione dello sponsor politico di riferimento che facilitava anche l’incasso di “cambiali” a suo tempo sottoscritte da occasionali prestatori di firma; e il giochino continua. E’ la storia che necessita essere visitata in ogni sua piega rimasta in ombra; è la storia del nuovo Controllo del Traffico Aereo “nato” da quel dì del 19 ottobre 1979; è la matrice storica dell’ ENAV di oggi, portatrice sana anche di difetti genetici, trattabili se individuati in tempo utile, sia come evoluzione da “Commissariato” a “Azienda Autonoma” a “Ente” e a ”Società per Azioni”, sia come “mission” arricchitesi di recente.
D-day
Giornata drammatica quel “19” sotto il profilo istituzionale, e per chi assolse “in frequenza” a tutte le funzioni demandate, sotto il profilo operativo, abbandonato a se stesso e privato di ogni conforto e supporto direttivo; le funzioni di comando intermedie, sembravano espressioni dettate da un latente stato letargico e indirizzate solo a salvare la faccia; i superiori referenti, per lo più vaneggianti e in “fuga” apparivano allergici ad ogni azione direttiva (operativa) propositiva; un frenetico immobilismo che si arrovellava su un nulla esausto; un folto rovinoso avviticchiato da erbe parassite; un allucinante negazionismo di ruoli e status che non poteva, e non doveva, essere partecipe di controversie operative.
Non si doveva, di certo, assecondare le richieste, comunque formulate, ma era opportuno ascoltare; ma non si ascoltava; non si voleva ascoltare (prerogativa, decisamente negativa, tramandata alla nuova organizzazione e mantenuta in vita per decenni, certamente fino al 30 novembre 2005); già statue di sale a contemplare l’incendio di Sodoma e Gomorra e la migrazione di Lot verso una nuova terra promessa; un buio lacerante che pareva ombra dell’8 Settembre del non lontano passato remoto.
Giudizi compulsivi e trattamenti ad personam
Poi un orgoglioso rigurgito, marchiato AM, espressione di un primitivismo culturale: la scure del giudizio di merito, individuale; ovvero, per chi ne fosse a digiuno, delle “note caratteristiche”, molte anche fuori tempo, propedeutiche e funzionali all’avanzamento di “grado”, anche se ormai depotenziato e non più significativo sotto il profilo funzionale, visto la già avviata procedura di congedo sistemico per confluire in una diversa organizzazione; ma allo “spirito” fa male, fa molto male. Già in un non lontano pozzo del passato ( primi anni ’70) si pescò con la stessa metodologia e su non pochi addetti ( Charlie § Mike, due per tutti) calò una rete impietosa e dagli effetti decisamente più devastanti: si imbastirono azioni delegittimanti, frutto di conclusioni affrettate e subdole, su una trama e un ordito ipocrita e filisteo non immune da perfidia; fu azione brutalmente inanellata, propedeutica alla interruzione del rapporto di dipendenza con AM alla prima scadenza utile applicabile, da superiori diversamente “superiori”, auto referenziati e farciti di smisurata supponenza, che imperavano in altezzosa simbiosi in Area Lombarda.
Dopo il manifestarsi del 19 Ottobre non si mancò neppure di gratificare qualche figliol prodigo, dichiaratosi disposto ad accettare ancora la famiglia d’origine, lasciando ampio spazio ad accomodamenti ad personam, nonostante le dimissioni dalle funzioni ATC precedentemente presentate per tentare di forzare un pretesa.
Un mercato tipico del suk: concedere, convinti di non cedere, per soddisfare ai desiderata, mantenendo intatto il “vestire” e immacolato il giudizio. E così alcune dimissioni precedenti, e anche alcune datate Ottobre 1979, furono sottoposte ad un processo di sublimazione, previo accordi e concessioni duali (do ut des), ovvero come dicono a Napoli:< Io do ‘na cosa a te, tu dai ‘na cosa a me>; anche se la “cosa” aveva un indirizzo prevalente: il Tevere; non si escludeva il guado del “Volturno” ma erano predilette le aree di golena del “divino”; una volta lasciato il Po’ alle spalle con prua Sud era sempre una conquista. E’ l’aquila reale che cede il potere del suo richiamo al tarabuso. Ecco entrare in gioco ”l’accountability”, ovvero la credibilità di una forza responsabile; metodologia deficitaria, foriera di consensi sporadici e limitati, frutto di interpretazioni occasionali favorite da una stato letargico in ipossia.
Coscienza professionale
Ma impegno e dignità non hanno mai subito alcuna alterazione anche a fronte di ingrati giudizi e di
manifestazioni tipiche di un mercimonio. Poi, si è visto come i soggetti cataloganti “inferiori alla media”, secondo le valutazioni di merito, postume, dell’A.M., abbiano risposto, quel giorno, e in seguito, alle esigenze operative; e sul “vedo retro” pure. Non c’è alcun sentimento avverso; c’è solo commiserazione verso quegli “addetti” che, loro malgrado, furono indotti ad interpretare un “disegno” propinato da una presunta normativa datata, logora, evanescente e che non concedeva spazio ad alcuna evoluzione di funzione maturata nel tempo e all’impegno profuso; il superiore andava “ascoltato” anche quando, di fatto, si vestiva di una divisa avviluppata, e pronto a riporla in soffitta, e continuava a sentenziare giudizi da uno scranno traballante e senza prospettive future se non evanescenti, disarticolate e riduttive sotto il profilo professionale. Questo era il “mondo”, tinto di azzurro, di quegli anni; mondo ottenebrato. Quanta amarezza! Quanta amarezza!
Sbandamenti, fermezze e compiacenze “tesserate”
Non è mancato neppure il gioco baro, e a nascondino, interpretato da qualcuno in quel fatidico giorno, in attesa del “segnale più conveniente” per trarne maggiore convenienza e sfuggire da ogni “giudizio”. Può anche non piacere, e allo scrivente non piacque di certo, ma così fu. La debolezza umana ha una forza ingestibile ed è di natura indigesta; questa strada fu battuta, poi, per anni e anni ancora (evidenti le malformazioni genetiche). Tutto ciò non ha mai intaccato il dovuto e doveroso rispetto delle dichiarazioni formulate con l’atto del giuramento prestato, in divisa, al momento delle assunzioni delle funzioni demandate, poi riformulato in veste civile e mantenuto in fede fino alla quiescenza; e la riconoscenza alla primaria istituzione della Patria, pure. E non è retorica; è un ricordare, passo dopo passo, a chi oggi pare essere preparato a “guardare in alto” ma poco attento e poco persuaso sulla necessità di guardare, prima al passato; capire e comprendere il passato aiuta ad individuare un orizzonte certo e libero da valenze presuntuose ed arroganti; solo così il futuro potrà essere migliore. E, ancora, non è affatto retorica rammentare che il seguito, cioè il postmilitare, ha utilizzato, forse per passatismo o per mera incapacità, la stessa metodologia annoverando, però, come valenza meritocratica primaria l’essere “tesserato” in funzione armonica con i tempi e capace, anche, di produrre arra senza scadenza di termini, compreso “grassaggio e scorrettezze” a spettro allargato, emerse dal galleggiamento di spavaldi accomodamenti in culle materne, a cavallo del secondo e terzo millennio; e non solo nelle acque del Tevere. Non sono allucinazioni personali ma riscontri documentati da indagini preliminari espletate da organi competenti e da effetti collaterali derivati da silenziosi e discreti soffocamenti in famiglia finalizzati a salvaguardare il sacro tempio, sulla consolare del sale, diversamente attento, intaccato da tarli ruspanti già radicati nella vecchia cava di tufo in perenne stato di subsidenza protetta da una copertura stratificata di nubi lugubre e fagocitante. Già, la storia! La storia di un dispenser di pasta dentifricia e di colluttori sanificanti; e fu piattaforma distorta e edulcorata per anni; una metamorfosi del consolidato per consolidare ciò che è sgradevole consolidare; vestigia di ruggine corrosiva fattasi fedele guardiana di uno scalone, quasi reale, in ambiente ormai saturo di odore e sapore di cosa stantia. Di fatto, la stessa penna e lo stesso relatore conformato, senza battere ciglia, alla nuova opportunità; distorsione, senza alcun dubbio, deplorevole ed espressione di una manifestazione apicale, spesso distratta, concepita come un fatto di natura e non di capacità; e la natura difettò; e difettò a seguire. Massimiliano, il Cencelli, appare come ideologo insignificante ed eretico, pur essendo manifesto di comoda eresia, quasi certa, sposata e potenziata dal tesserato medesimo allucinato da una istintualità perversa. Poi ad ogni atto di furbizia creativa, che crea un interesse deviato di varia natura, si tende ad accreditare valenza occasionale, non significativa; mai un ipotesi diversa. Mai. E tutto si dimentica in fretta.
Testimonianze , distorsioni e impudenze
Il “D-day della smilitarizzazione del Controllo del Traffico Aereo; “Forzature, sordità, incertezze e speranze”, “Aquile dalle penne caduche”, e altro, in tema, pubblicato da Aerohabitat (locandina ATC Batter) e già proposti in passato, possono aiutare a capire. Non c’è alcuna pretesa di vestire la “tunica” del saggio rendiconto dei fatti, secondo un profilo rigorosamente ancorato ad una valenza metodologica dell’istorismo: è semplice testimonianza del vissuto, e del conosciuto; testimonianza diretta a supporto di quattro decenni vissuti intensamente a garanzia di un servizio messaggero ed esecutore materiale, in primis, di SICUREZZA, ordine e speditezza del Traffico aereo ( fonte ICAO, Doc 4444). Le fronde moderne tendono ad enfatizzare “economia” e “speditezza”, anche a livello direttivo gestionale e comunitario, come elementi primari e fondanti, per promuovere campagne pubblicitarie con valenza economica. Non dimenticano, di certo, la “sicurezza” ma troppo spesso viene relegata, e menzionata, in subordine, foriera, nel futuro immaginario europeo, di memorabili incrementi migliorativi percentuali a più cifre (????....facce toste .. che significa ???); in seguito anche la “pubblicità nazionale” ritrova, a volte, il senso logico e funzionale dell’ordine inscindibile della “mission”; ogni subordine della “sicurezza” non è mai, mai, accettabile; non può essere accettata. E non può essere accettata la garanzia di “sicurezza delle cose di casa”, reclamando l’esistenza di procedure operative di sistema, succedanee, tese a ripristinare il “sicuro” ordine delle cose, richiamate in essere da interessati di parte o da comoda politica gestionale (parallela e, purtroppo, subordinata), in occasione di eventi noti non certo qualificanti, e in termini di “garanzia operativa” e di “correttezza comportamentale”, registrati nel recente passato (2001/2007); comunque in questo terzo millennio. E non può, di certo, essere accettata, ancora, quale garanzia di correttezza comportamentale, una qualsivoglia “sentenza”, di per se sempre rispettabile, già propriamente emanata in ogni grado di giudizio possibile. E non c’è ragione che tenga coerenza, sul piano funzionale, un rigetto (non accettazione), certamente legittimo sotto il profilo del diritto, di sentenza di prescrizione, quando il supporto e il sostegno materiale è strettamente avvinghiato ad apparati e corporazioni che spandono ideologia pura e manifestano uno status intoccabile e di impunità superiore a ogni limite morale; è ampiamente noto che la legge non ha confini interpretativi e che ogni borderline ha traccia opalescente.
A seguire, poi, anche un esondare di spavalda e malcelata impudenza, sbocciata in spontanea autocertificazione all’alba del 5 maggio 2007 in area Lombarda (LIMM), ha evidenziato l’esistenza di presupposti non sostenibili, e per nulla gratificanti, per una professione così qualificata: un’omotetia inversa, degenerativa, con rapporto esponenziale negativo cubico; una manifesta azione, di conduzione operativa, asservita a un populismo finalizzato al mantenimento di consensi associativi e di proselitismo strisciate sulla base di furbizie coperte da una solidarietà amicale tipica del feticismo delle corporazioni storiche in contrapposizione alla nutrita concorrenza dei succedanei. E non serve rincorrere le vidimazioni elettroniche, né firme sul log di servizio, né impronte digitali, serve una semplice e sana deontologia professionale e una coscienza civica che, evidentemente, difetta: un lemma inscindibile. E così la contea della speranza si dissolve, in modo inesorabile, in uno sfasciume sconsiderato e ricco d’insostenibile boria, in una deprecabile gora fangosa da cui riemerge il fantasma ingannevole di una mai sopita arroganza imbastita di bramosia partigiana: vestire d’elettrico, pagato nella quasi totalità da altri, non può essere, mai, cosa qualificante. E, per i nuovi addetti, non è mai qualificante cavalcare l’onda populista ignorando
eventi concreti, registrati negli anni passati, senza averli vissuti; poi i meno giovani, quali partecipi indiscussi, trovano più utile dimenticare; i più vecchi lamenta comode amnesie. E’ un vestire di un opportunismo strisciante che coinvolge tutti e fa strame di ogni valenza deontologica.
Maculopatia ereditaria
Poi questo buttare lo sguardo sul “ recente passato”, ancora oggi, ci riserva delle sorprese a non finire, a parte interessi deviati e partecipazioni improprie: ancora a distanza di anni e anni si legge su un mensile di una associazione tinta d’azzurro, dalla tripla A, valutazioni che pescano solo online in Wikipedia, calpestano fatti reali nella loro completezza e tracciano una linea decisamente vulnerabile sotto il profilo della credibilità; pare una similitudine con le leggende sull’origine della taiga che gli uomini si erano raccontati tra loro poco dopo aver inventato il linguaggio, e quando spiegavano tutte le cose con storie immaginate; e spiace riscontrare, ancora oggi, una lettura troppo semplicistica dei fatti da una così autorevole testata.
Si cita testualmente: “… il 19 ottobre 79 gran parte del personale militare addetto all’assistenza al traffico aereo non prese servizio precipitando …. considerato gravissimo in termini disciplinari, soprattutto perché la smilitarizzazione era stata già decisa” ( n.5 Aeronautica, periodico mensile A.A.A. maggio 2016, pagina 33).
-è una offesa indirizzata a chi non era Controllore del Traffico Aereo ma partecipava attivamente all’assolvimento delle funzioni tecniche e di supporto operativo al CTA; non era certo nelle condizioni di potersi sottrarre alle funzioni propedeutiche demandate e pertanto impossibilitato ad astenersi e/o a “dimettersi”( fatto salvo il congedo); e non ha intrapreso alcuna iniziativa ascrivibile e/o abbinabile a qualsivoglia metodologia tipica di una astensione dal servizio comandato;
-nessun Controllore del Traffico Aereo comandato di servizio, nel mattinale del 19, si “sognò” di non presentarsi in servizio: presente, secondo il rispettivo ODS, per espletare ogni funzione d’istituto a garanzia di ogni volo militare, di Stato, ricerca e soccorso ed emergenze ( sempre garantite ed espletate); attendeva “risposte”, dal competente responsabile della Forza Armata (superiore diretto), sulla impiegabilità in operazioni ATC, diverse da quelle sopracitate, in accordo alla formulata e circoscritta condizione, legata, piaccia o non piaccia, ad una “disponibilità individuale” dissociata dallo status di “categoria/ruolo” militare in essere perché mai esplicitamente chiarita; risposte mai giunte con franchezza e determinazione; e anche il responsabile diretto superiore si trovò solo, suo malgrado;
-“soprattutto perché la smilitarizzazione era stata già decisa”: affermazione fuori luogo, pacchiana, impropria e deviante. Il Controllore del Traffico Aero di allora che “conosce” un progetto credibile, Istituzionale, per risolvere le problematiche del servizio ATC, e del suo rapporto di lavoro con la Pubblica Amministrazione, militare o civile che sia, nella stragrande maggioranza di “complemento”, e quindi in uno “status” di perenne precariato, si sarebbe mai messo ad operare in modo così eclatante? Poi anche chi vantava uno status in spe succedaneo, ovvero senza certificato battesimale “accademico”, aveva qualche cosa da dire. Chiacchiere, solo chiacchiere, senza un supporto fondato e serio, spoglie di ogni substrato utile a disegnare la realtà; una maldestra generalizzazione e un almanaccare fuorviante degli eventi.
Certo, se ne parlava, e se ne sparlava, fuori della Istituzione; e l’Istituzione tergiversava e non disdegnava applicare il classico metodo del “correttivo disciplinare” verso chi tendeva orecchio; una postfazione di “parole parole” con cui la grande Mina, in quegli anni, trascinava un nutrito numero di insospettabili fans; il tutto pareva avviluppato ad una ennesima “lupa” e un agire da “telenovela trasteverina” da dove ne la Forza Armata ne le Istituzioni, in genere, escono, di certo, vincitrici; semplice opinione che confonde l’ordine delle cose e che dimostra una impietosa colpevolezza di coloro che avrebbero dovuto agire in “primis” se, di fatto, depositari di un reale disegno organizzativo di così vasto impatto; va da se che quel “soprattutto” è avverbio fuorviante e decisamente di troppo; un paradosso non razionale: da una premessa non vera non può che derivare un sillogismo non vero. E ancora oggi l’autorevole rivista ( n.3 Marzo 2019 pag.20 “Meteo Pantelleria passa a ENAC”) inciampa in una sommaria citazione di Ente ( ENAC) che non “gestisce” affatto ma coordina passaggi di funzioni fra AM e ENAV.
“Il meteo di Pantelleria passa dalla Aeronautica Militare ad ENAV” così citano altri media; già le consonanti! le consonanti! minano ancora credibilità e conoscenza. Un lapsus? Pare probabile; è certo un lampo di verità: tanta confusione su funzioni di enti e società in casa azzurra. Alla “mamma”, comunque, si concede sempre il tempo di specificare al meglio.
Ottimismo e speranza
I “ma” e i “però”, anche in forma sottintesa, sono una semplice rappresentazione sistemica di un finale, che può non trovare la quadra, nonostante i quarant’anni trascorsi dagli elementi evocati, tragici e salutari.
Tragici e salutari? Si. Era disperato ottimismo, ma era importate crederci. E il pensiero va alle migliaia e migliaia di addetti che, in particolare nella pubblica amministrazione, ancora oggi arrancano in trattamenti di persistente precariato che rendono frustrante l’espressione professionale e le legittime aspettative; e la matassa non si sbroglia e continua ad infeltrire.
Condizioni “ambientali”atipiche e starnazzi trasteverini
Sin dall’inizio non sono mancati gli intoppi lungo un percorso spesso sdrucciolevole, e condizionato, poi, anche dal “Salario”, a sua volta sottomesso da un incipiente e continuo starnazzare di oche capitoline nate in anticipo, e in cattività, allevate in ambienti diversi e ammaestrate, comunque, ad uopo; e questo è il lato negativo del nostro “essere”, di ieri e di oggi; non mancano, comunque, aree di sosta che favoriscono una valenza positiva; e può valere la pena ricordalo ricorrendo, in parte a Epicuro, adattandolo ai nostri tempi e al nostro essere: il Controllore del T.A., libero dalla servitù delle paure e delle passioni, ha iniziato un percorso verso il nuovo, consapevole delle possibili fragilità ed incertezze che l’avvenire avrebbe potuto riservare in quanto il passato non c’era più, il futuro non era che una incognita e il presente non aveva durata. E’ noto che le cose belle sono difficili; ma non impossibili. E, nel complesso, si è trattato di cosa “BELLA”; comunque anche se non proprio con anima omnidirezionale.
Di fatto, non è mancato un contesto anagrafico, e/o funzionale già rivestito in AM, che non abbia segnato riscontro negativo, in funzione e poi in trattamento di quiescenza, nel nuovo soggetto operativo creando un disallineamento con quanto sperato; speranze e pretese fanno parte della vita; e la lettura della “nostra” vita si manifesta, spesso, in contrapposizione: per alcuni “sabbie mobili” e per altri, per molti altri, tanta “manna” edulcorata a dismisura da mani allenate. Non sono mancate neppure le classiche “ciliegine” da gustare in servizio e in pensione. Poi la casistica dei frettolosi “abbandoni” volontari per una quiescenza “certa” di fatto rilevatasi decisamente penalizzante, nonostante l’accattivante e lusinghiero specchietto di reimpiego parallelo.
Forzature, errori e garanzia di mobilità
La vicenda di quel dì si rivelò, poi, essere una azione certamente forzata e impopolare ma risultò efficace anche se inquinata da non pochi errori, e da spinte esogene, e orfana di forze paladine capaci e convincenti.
E da quel giorno, può non piacere, e non piace affatto, non manca una conflittualità continua e permanente ( ancora sicuri e continui errori), che spesso sfocia in azioni penalizzanti e per l’utenza, e per il cittadino; azioni non sempre comprensibili e spesso foriere di forzature inneggianti solo al “potere” costituito, o associativo che sia; e qui è non ci sono dubbi anche sulle azioni di sciopero quasi sempre sproporzionate e, molto spesso, strumentali. Di fatto lo sciopero è una azione che non può, e non deve, essere utilizzata come strumento primario; e in tutte le funzioni di pubblico servizio, ancora di meno. E’ una questione che intacca la cultura professionale troppo spesso declassata a fattore di puro interesse ed egoismo di parte. Forse sproporzionata fu anche l’azione del 19 Ottobre 79 ma alternative diverse non trovarono, in quel momento, ne spazio adeguato ne attenzione attendibile; ciò che si fece, e non si fece, fu chiara espressione di una insipiente politica gestionale, senza alcuna distinzione di parti. Così ieri era; così oggi, ancora, è in diversi settori, significativi e funzionali, della Pubblica Amministrazione (es. comparto sanità, istruzione). Poi la “svendita” del primo tentativo, codificato, di “garanzia di mobilità minima”, datata ai primi anni ’80, frutto (la svendita) di mercimonio fra istituzioni intrise di politica fuorviante e fazioni associate di lavoratori, non ha certo reso un servizio lodevole, e condivisibile, alla società. Poi non è mancata, e tutt’ora non manca, una distorta rappresentazione dei media in fatto di scioperi e disservizi occasionali facendone, spesso, una commistione, in video e in voce, di competenze, responsabilità, funzioni e partecipazioni allucinante; e tutto resta immutato; e questa, purtroppo, non è cosa bella; e non è l’unica. Tutto ciò potrà anche non piacere a tutti, ma per tutti il farsene una ragione è un dovere.
Controllori del Traffico Aereo
Poi, un dovuto e convinto inciso rafforzativo: non si dimentichi che quel Venerdì, di quel lontano Ottobre, furono i Controllori del Traffico Aereo, e solo loro, a riformulare un “request” a ”Mamma Aeronautica” apparsa poco attenta e non all’altezza delle funzioni demandate. Non centrano ne “addetti” ne piazze frequentate da “movimenti” composti da succedanei auto apparentati, nonostante i ripetuti tentativi di infiltrazione, e ancor meno improprie professioni presunte parallele in seguito coniate per colorare, con fantasia, la cronaca; colorazione che, purtroppo, sussiste ancora e condiziona oltre misura anche molti addetti ai lavori, AM compresa; e questa è una valenza decisamente negativa. Soprasedere, e rinunciare, a una precisa formulazione professionale tipica, funzionale e di dipendenza, a favore di colorite e imprecise etichette non conformi, patrimonio di un comune linguaggio coniato e promosso dai media, fuorviati anche da una traccia spesso opalescente, non potrà mai essere un valore aggiunto; dunque, solo e soltanto, Controllore del Traffico Aereo, e poi correlate proprie senza distorsioni ( AM, AAAVTAG poi ENAV e poi ENAV S.p.A., fatti salvi i vari commissariamenti in funzione propedeutica). Di certo fu non solo forzatura palese ma anche occulta (ossimoro apparente) la scelta del mese di Ottobre, padrino della rivoluzione francese, prima, e di quella bolscevica dei primi del 900’, poi, quasi a rimarcare un istinto rivoluzionario ancora vivo e capace di promuoversi con guida autoctona e forza “popolare”. La guida, poi, è risultata essere a guinzaglio di datori “stellati” e di “buchi rossi”, e la forza anche manipolata, e non di poco; un tentativo di “lezione di Bolscevismo” a tanti fuoricorso, in maggioranza non in regola con la retta annuale, perché mai iscritti e mai simpatizzanti, e un manifestare di stigma ormai prossimo al punto di rugiada; una distorsione del vero per trasformarlo in verosimile con allusioni e leganti ideologici più reali del reale: ancora un agito forzato e palese; molti annuiscono ma non si va oltre; l’espressione mimica resta orfana di ogni vocalizzazione ed è accompagnata da uno stentato labiale, viatico di un silenzio assordate; indelebile opportunismo; non c’è spazio per distinguo personali, soffocati, purtroppo, da un prevalere tipico di una “tiratura a comando”. Ma siamo ancora a questo punto? Purtroppo sì, nonostante il passare degli anni e il perverso derubricare di ciò che è base, e fondamenta, di quanto oggi ci è dato vedere. E’ una partita atipica, senza tempo e con arbitri occasionali, a rotazione, e designati da un “fare” estemporaneo ma rigorosamente spartitivo, in cui si giocano i supplementari da quarant’anni; e nulla lascia intendere che si ricorra ai rigori: non sono previsti; e non c’è aria di sfinimento. Nel frattempo i “francobolli tradizionali” paiono essere introvabili e ogni tentativo di recapito alternativo resta impantanato, spesso, in quella marea cartacea, per lo più pubblicitaria, che tutti i giorni riempie la nostra casella postale; ma non è il caso di desistere: informare (testimoniare) è un dovere; selezionare è una doverosa opportunità che rinfranca il diritto di ognuno; sono lievito e additivo della storia, sempre maestra di vita.
Non è, questo, un ricordo cangiante; è semplicemente un “ghiribizzo” che asseconda la definizione di un tal Roberto Ridolfi (riflessione solitaria, materiale e, forse, controcorrente; quasi una riflessione condotta in una direzione diversa dalla politica nota e posta in atto per quattro decenni ed espressione di modi e scontrosità anche sentenziose): forse un commentario; certamente una parresia.
Fatti e azioni operative del giorno
……. addì 19 ottobre 1979, ore 10.48 UTC; sala controllo Milano ACC Area: verticale TOP/VOR
Contatti TBT: am/Milano ACC, sett WEST 132,9 Mhz Aeromobili interessati: BA 560 ( Ba 111 da Londra a Linate TOP/VOR 10.48 FL 130, in discesa da FL 250, rotta Monte Bianco/TOP/VOG/LIM , autorizzazione limite TOP/VOR). I 2020 (C119 da Ramstein a Cameri
TOP/VOR 10.49 FL 110 rotta Lione/TOP , autorizzazione limite CAM/NDB via TOP/VOG) ; I (INDIA) 2020 , in apnea per le note prestazioni di am non pressurizzato, chiedeva di scendere a FL90 e autorizzazione per CAM/NDB da TOP via VOG; gradita ogni azione di vettoramento radar per un diretto e conseguente discesa; BA 560 trovandosi incappata, suo malgrado, in una confusa e disarticolata conduzione operativa ATC era indecisa se rientrare a Londra, dirottare a Torino Caselle o proseguire per la destinazione iniziale di Milano Linate; ne Caselle ne Linate erano in condizione di confermare, con chiarezza, l’accettazione del volo; il caos regnava; i coordinamenti erano del tutto scoordinati e senza soluzione; mancava una gestione univoca; ogni operatore ATC agiva in proprio e, anche lui, in apnea; era evidente una desolante mancanza di valori cognitivi tesi a porre rimedio a ciò che, caparbiamente, non era stato predisposto: NOTAM informativo, sulle possibili/probabili indisponibilità del servizio ATC.
In sala ACC un crescente e appiccicoso nervosismo determinava un agire spasmodico ed affannoso; Il trasponder di I 2020 era OFF e il complesso del sistema del radar d’Area generava “angeli”; troppe le “variabili” fuori controllo, troppe le incertezze, troppe …………. non c’era nulla che non fosse di troppo
Risultato: marcata sottoseparazione dei due am sulla tratta TOP/VOG; come? … ancora oggi non mi è dato capacitarmi …. certa una autorizzazione, impropria, a scendere a BA 560 ….; ricordo bene, invece, la traccia unica di un labile “primario” e di un “secondario” sovrapposto che non quadrava affatto … era giornata di “angeli”…. la lavagna luminosa, continuamente aggiornata dall’assistente radar (a cui si riserva un doveroso ringraziamento) parlava chiaro: erano due gli aeromobili; di tanto in tanto mi si ripresenta, ancora, come immagine nitida di una traccia unica che, poi … poi, si sdoppiò; fu grande il sospiro liberatorio non mancò, neppure, una sofferenza tenuta fortunatamente a freno dalla certezza che Loreto, e la famiglia associata, un qualche rilievo lo deve aver avuto. … era davvero giornata di “angeli”.
I 2020 non ha visto niente e ha ringraziato per il successivo, “taglio” diretto Cameri; BA 560 non si è accorta di niente, o forse ha fatto finta di non accorgersi e, in forma certamente inusuale, ha espresso un “tank you” alquanto significativo per l’autorizzazione ricevuta a proseguire, finalmente, per Milano Linate dopo un’attesa su TOP, e a scendere inizialmente a FL 90, ignorando ciò che tutti ignoravano: quando sarebbe potuta ripartire per Londra? Ma questo non era un problema rilevante; importante era “mettere le ruote a terra. …. e intorno alle 13.24 UTC, ultima comunicazione TBT, per trasferire il controllo a Ginevra ACC dell’ultimo a/m civile ancora in contatto sulla 132.9 … verticale TOP/VOR”.
Nuovo giorno e speranze recondite
E’ finita bene; ma la giornata non finì qui: per chi iniziava il turno, alle 13.00 UTC, restava da assistere l’eventuale traffico a garanzia quale: militare, soccorso, emergenze e …….. E poi? Poi alle 23.00 UTC ci si incammina verso il “nuovo”; è ancora “buio” ma un brillio intenso di stelle, immaginario messaggero di un nuovo sorgere del sole di li a poco, infondeva speranza. E sarà un nuovo giorno; il primo nuovo giorno del nuovo lungo cammino verso una nuovo approdo ancora indecifrabile e coperto da copiosi strati di fuliggine; e tale resterà, ancora, per anni e anni.
Volendo completare “ il conoscere”si può consultare il sussidiario storico che ci ricorda quando ancora al Salario si vendeva dentifricio in viale dell’Università si disponeva in “appalto” le funzioni di manutenzione di apparati radar e correlati con cessione, trasferimento, smilitarizzazione del personale addetto; questo spiaggiamento in area civile fu predisposto e favorito da significative figure apicali della politica e della forza armata; operazione probabilmente necessaria e inderogabile ma che, di fatto, segna una considerevole perdita potenziale della casa madre; e tante polemiche. Poi cambia la casa, cambia la politica e cambiano gli apicali addetti e quelle funzioni appaltate verranno “ricomprate in toto”, circa quarant’anni dopo, dallo Stato per il tramite del braccio operativo legato all’assistenza al volo; braccio che oggi paga, e paga bene tutto e tutti; ma troppi non se ne avvedono. Com’è strana la vita: prima si paga per dare in l’appalto un servizio, poi si paga per riportare a casa il servizio appaltato. Reazioni? Distinguo? Perplessità? Costi? Opportunità? Sola cortina fumogena soporifera.
Ma la forza della speranza è vita, e quella che ti porti dentro, che ti anima e ti sostiene, è dettata dalla convinzione di non aver mai tradito il giuramento di fedeltà prestato alle istituzioni del nostro ordinamento nazionale, e sigilla ogni ipotetica avversità; il resto può anche essere un semplice contare per ricordare eventi chiacchierando: “Sciopero”??!! …. “Ammutinamento”??!! …. Movimenti! … Note caratteristiche !!!
…. ect. ect. ; uno scialo infinito di cose anche con apparente poca sostanza; non un arruffio disordinato di pensieri ma reali pensieri di un vissuto reale forse diversamente ordinato.
“… e tenete a mente questo ricordo, perché molti errano”. …. (il Guicciardini)
E, poi, sulla scia di ciò che custodisce ogni angolo nascosto del nostro essere, vale la pena sfogliare, ancora, le pagine dei Ricordi dello stesso Francesco: e sarà un “libro aperto”; e svelerà l’essenza del proprio ”IO”, oltre ogni barricata auto-protettiva. Sarà un tormento personale? Forse; ma, sarà immagine speculare di un’essenza umana impegnata, in proprio, a considerare le cose.
“Tutto quello che è stato per el passato e è al presente, sarà ancora in futuro; ma si mutano e’ nomi e la superficie delle cose in modo, che chi non ha buono occhio non le riconosce, ne’ sa pigliare regola o fare giudizio per mezzo di quella osservazione” “E filosofi e teologi e tutti gli altri che scrutano le cose sopra natura o che non si veggono, dicono mille pazzie: perché in effetto gli uomini sono al buio delle cose, e questa indagazione ha servito e serve più a esercitare gli impegni che a trovare la verità”
L’insufficienza della ragione, del venir meno delle normative, della regole e dei modelli e persino, al limite, una certa sfiducia nei confronti della stessa “discrezione”, è la riflessione con cui scegliere, con lealtà e coscienza professionale, il proprio futuro, coscienti delle responsabilità proprie. E’ quanto avvenne il 19 ottobre 1979: l’equivalersi della ragione e del suo contrario, fede o pazzia che lo si voglia definire. Non fu azione contro ogni ragione; fu azione spinta da spontanea ragione derubricata, con troppa superficialità dalle autorità preposte, a pretesa non ammissibie; e per “partito” preso; fu il “particulare” di una irrepetibile singolarità anche se i suoi cassetti erano pieni di incognite.
“Non si potendo ottenere le cose grande senza qualche pericolo, si debbono le imprese accettare ogni volta che la speranza è maggiore che la paura”.
E’ libera ogni varietà, libertà e arbitrarietà su ciò che ha caratterizzato quel giorno, anche se appariva, sin dall’inizio, incerta ogni verità del presente e sul futuro ( libera interpretazione e libero adattamento del “de futuris contingentibus non est determinata veritas”, usata dal Guicciardini ma attribuita ad Aristotele).
Certezze, dimenticanze e ricordi
Una cosa è certa: è mancata la capacità di attenzione di chi aveva il dovere, la responsabilità e la funzione di capire la necessità del “variare delle cose”; e la cosa continuò per decenni ancora.
Si può dire altro? Si: la “dimenticanza” è una cosa dolce come il riposo, ma si addice solo a chi considera il riposo unica soluzione; Il ricordo non è sugo del passato, è realtà viva, e leggere se stessi rimane sempre una opportunità positiva che da forza. Poi, da non dimenticare: ogni manifestazione in succinto, anche se non condivisibile e non conforme alle convinzioni proprie, necessita comunque una esplorazione suppletiva che evidenzia e contempla una riflessione e dei “GRAZIE” e, anche, una significativa dose di sana nostalgia; e aiuta a riflettere.
Poi giunge, inesorabile, anche il momento in cui il vecchio “abito” dei ricordi sgualcisce, ma non dimentica. “At parking area, switching off” … Game over.……….. quarant’anni dopo quell’ Ottobre lontano.
19 ottobre 2019